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MARCO GIUNIANO GIUSTINO

EPITOME DELLE STORIE FILIPPICHE DI POMPEO TROGO

(Sintesi parziale)

Il testo è preceduto da una serie di prologhi che hanno funzione di indice del contenuto dei quarantaquattro libri delle Storie Filippiche di Pompeo Trogo di cui Giustino compose l'epitome:

Libro I : Impero assiro da Nino a Sardanapalo. Regno dei Medi da Arbace a Astiage. Ciro conquista il regno dei Medi. Ciro sconfigge Creso. Cambise conquista l'Egitto. Dario diviene re di Persia.
Libro II : Scizia e Ponto prima della conquista persiana. Guerra persiana contro Atene. Maratona. Re di Atene prima di Pisistrato. Guerra di Serse contro la Grecia.
Libro III : Artaserse. Eraclidi. Guerre argoliche e messeniche.
Libro IV : La Sicilia fino alla spedizione ateniese.
Libro V : Guerra Decelaica. I Trenta Tiranni di Atene. Guerra di Sparta contro Artaserse.
Libro VI : La guerra di Sparta contro i Persiani. Le guerre corinzia e beotica. Guerre sociali.
Libro VII : Macedonia.
Libro VIII : Macedonia.
Libro IX : Macedonia. Guerra persiana
Libro X : Guerra persiana
Libro XI : Imprese di Alessandro Magno fino alla morte di Dario
Libro XII : Imprese di Alessandro Magno fino alla sua morte. Antipatro, Archidamo, Alessandro Molosso. Digressione sulle origini dei popoli italici.
Libro XIII : Diadochi, spartizione dell'impero. Antipatro, Perdicca, Eumene. Re di Cirene.
Libro XIV : Antigono e Eumene. Cassandro.
Libro XV : Demetrio figlio di Antigono. Cassandro e Poliperconte. Tolomeo, Lisimaco, Seleuco. Antigono. Cleonimo di Sparta.
Libro XVI : Demetrio, Pirro, Seleuco. Tolomeo. Lisimaco.
Libro XVII : Lisimaco, Agatocle, Arsinoe. Seleuco. Tolomei. Pirro prima del passaggio in Italia. Re dell'Epiro.
Libro XVIII : Pirro in Italia.
Libro XIX : Imprese cartaginesi in Africa e Sicilia.
Libro XX : Dionisio il Vecchio.
Libro XXI : Dionisio il Giovane, successore del padre, sconfitto e cacciato da Dione. Durante la guerra contro i Cartaginesi Timoleonte libera Siracusa. Nuove sedizioni e signoria di Agatocle.
Libro XXII : Agatocle, guerre in Sicilia e Africa.
Libro XXIII : Guerra di Agatocle contro i Calabresi. I Mamertini. Intervento di Pirro in Sicilia. Pirro sconfitto dai Romani.
Libro XXIV : Guerre in Asia fra i figli dei Diadochi. I Galli in Grecia.
Libro XXV : I Galli in Asia. Guerre di Pirro al suo ritorno dall'Italia. Fine di Pirro.
Libro XXVI : Antigono Gonata, Arato e i Tolomei.
Libro XXVII : Guerra fra Seleucidi e Tolomei.
Libro XXVIII : Alessandro figlio di Pirro. Demetrio re di Macedonia, suo figlio Filippo Antigono. Cleomene di Sparta. Guerra illirica dei Romani contro Teuta.
Libro XXIX : Filippo di Macedonia.
Libro XXX : Filippo di Macedonia.
Libro XXXI : Nabide di Sparta contro Achei e Romani.
Libro XXXII : Guerra fra Achei, Spartani e Messeni. I Romani contro i Galli in Asia e in Illirico. Pannoni e Daci. Vicende dei Seleucidi.
Libro XXXIII : Guerra dei Romani contro Perseo e lo Pseudo Filippo.
Libro XXXIV : Guerra acaica. Eumene. Antioco di Siria e Tolomeo d'Egitto. Demetrio. Ariarate e Oroferne. Attalo.
Libro XXXV : Guerra fra Creta e Rodi. Demetrio. Tolomeo Filometore. Diodoto Trifone.
Libro XXXVI : Trifone, Demetrio, Antioco Sidete. Ircano e i Giudei. Attalo.
Libro XXXVII : Mitridate re del Ponto.
Libro XXXVIII : Mitridate re del Ponto. Tolomeo Filometore, Cleopatra, Demetrio.
Libro XXXIX : Antioco Sidete, Demetrio, Alessandro Zabineo. Antioco Ciziceno. Tolomeo Latiro.
Libro XL : Fine degli Antochi. Tigrane Armeno occupa la Siria. Morte di Pompeo. Cesare, Cleopatra, Marco Antonio.
Libro XLI : Storia della Partia e della Battriana.
Libro XLII : Parti e Armeni.
Libro XLIII : Storia arcaica di Roma.
Libro XLIV : Spagna e Cartagine

Prefazione


Trogo Pompeo volle scrivere una storia dei Greci in latino come molti altri autori avevano composto in greco la storia dei Romani.
Giustino ha riassunto l'enorme opera di Trogo Pompeo traendone un "mazzetto di fiori" che con questa breve introduzione dedica all'imperatore Antonino.


Libro I


I) Nei tempi più antichi i re non cercavano di estendere il proprio regno. Il primo a muovere guerra ai paesi vicini fu Nino re degli Assiri.
Nino combattè a lungo conquistando un vasto impero, l'ultima sua guerra fu contro Zoroastro re di Battriana ucciso il quale morì egli stesso lasciando il regno al giovane figlio Ninia e alla moglie Semiramide.
II) Temendo che i sudditi non avrebbero rispettato il potere di una donna, Semiramide si travestì da uomo spacciandosi per un figlio di Nino e perché il suo travestimento passasse inosservato ordinò che tutti, come lei, nascondessero il proprio aspetto con una tiara e dei veli, usanza che gli Assiri mantennero anche in seguito.
Quando ebbe compiuto molte gloriose imprese, Semiramide rivelò la propria identità suscitando grande ammirazione per il coraggio dimostrato.
Costruì e fortificò Babilonia, conquistò l'Etiopia e penetrò in India fin dove solo Alessandro Magno sarebbe in seguito arrivato. Infine tentò di unirsi al figlio e questi la uccise dopo quarantadue anni di reggenza.
Da parte sua Ninia non intraprese nuove guerre e condusse un'esistenza pacifica e riservata mostrandosi molto raramente al popolo. L'esempio fu seguito dai successori.
L'impero degli Assiri durò complessivamente milletrecento anni.
III) L'ultimo re degli Assiri fu l'effeminato Sardanapalo che fu deposto dal prefetto Arbace e si suicidò. Con Arbace l'impero passò ai Medi.
IV) Dopo molte generazioni fu re Astiage. Gli fu predetta la perdita del potere a causa di un nipote e perciò decise di far sposare la figlia ad un uomo di modeste condizioni. Quando la giovane partorì Astiage incaricò un suo funzionario di nome Arpago di esporre il neonato, Arpago a sua volta affidò l'incarico ad un pastore. In un primo momento il bambino fu salvato ed allattato da una cagna, poi dalla moglie del pastore che "presa da compassione" preferì scambiare il reale trovatello con il proprio neonato.
V) Il bambino crebbe e fu chiamato Ciro. Un giorno, giocando con i coetanei, si comportò in modo tanto autoritario che i genitori dei suoi compagni se ne lamentarono presso Astiage per il quale l'episodio fu occasione per riconoscere il nipote.
Per punire Arpago che gli aveva disobbedito, Astiage ne fece uccidere il figlio, ma non agì contro Ciro ritenendo che la sua condizione servile lo rendesse innocuo.
Anni dopo Ciro seppe tutta la verità sulle proprie origini da Arpago che aveva a lungo covato il desiderio di vendicare il figlio.
VI) Ciro ricevette la lettera rivelatrice di Arpago e gli fu ordinato in sogno di ribellarsi ad Astiage scegliendo come compagno per l'impresa il primo uomo incontrato. Il destino gli indicò un servo di nome Sibari che Ciro liberò e con il quale si recò a Persepoli dove facilmente gli riuscì di sollevare il popolo contro Astiage.
L'esercito di Astiage resistette valorosamente agli insorti ma fu infine sconfitto dai Persiani che, anche grazie alle esortazioni delle loro donne, seppero combattere in modo irresistibile.
Ciro catturò Astiage e si limitò a deporlo mettendolo a capo della provincia degli Ircani.
Finì così l'impero dei Medi durato trecento cinquanta anni.
VII) Ciro premiò il suo compagno Sibari facendogli sposare una sua sorella e rendendolo compartecipe al potere, ma presto molti dei suoi sudditi si ribellarono e fra questi il potente Creso re di Lidia.
Ciro li sconfisse ma trattò i vinti con grande moderazione. A Creso, oltre la vita, lasciò parte del patrimonio e la città di Barce. La clemenza di Ciro evitò una guerra con gli alleati greci di Creso ma qualche tempo dopo i Lidi si ribellarono e questa volta vennero disarmati; si lasciarono andare a costumi depravati.
Prima di Creso i Lidi avevano avuto altri re memorabili fra cui Candaule che era talmente innamorato della moglie da mostrarla nuda agli amici. Offesa la donna divenne amante di Gige e i due uccisero Candaule impadronendosi del regno.
VIII) Ciro fece guerra agli Sciti la cui regina Tomiri lo lasciò penetrare nel paese. Ciro si accampò presso un fiume e più tardi finse di essere fuggito. Penetrati nell'accampamento persiano deserto, gli Sciti vi trovarono molto vino e si ubriacarono, durante la notte i Persiani ne fecero strage uccidendo anche il figlio della regina.
Tomiri si vendicò attirando gli invasori in un'imboscata e massacrandone duecentomila. Ciro venne decapitato e la sua testa fu immersa in un otre pieno di sangue umano. Aveva regnato trent'anni.
IX) Gli successe il figlio Cambise che conquistò l'Egitto dove profanò molti templi. Quando sognò di essere spodestato dal fratello Smerdi, Cambise lo fece uccidere da un certo Comete, quindi morì egli stesso per una ferita che si era procurato accidentalmente.
Con grande tempismo Comete sostituì il defunto Smerdi con il proprio fratello Oropaste che fu incoronato grazie ad una notevole somiglianza con il principe che trasse tutti in inganno.
Il nobile Ostane, tuttavia, scoprì l'inganno e organizzò una congiura nella quale il falso Smerdi rimase ucciso.
X) Eliminato l'usurpatore, i congiurati decisero di affidare al giudizio del Sole (considerato una divinità dai Persiani) la scelta di quale di loro dovesse regnare. Si accordarono per trovarsi all'alba. Quello il cui cavallo fosse stato il primo a nitrire sarebbe stato re.
Vinse Dario figlio di Istaspe con un espediente: durante la notte il suo cavallo fu portato sul luogo dell'appuntamento per montare una cavalla e al sorgere del sole, riconoscendo il luogo e ricordando l'esperienza, prese subito a nitrire.
Divenuto re, Dario sposò la figlia di Ciro per consolidare e legittimare il proprio potere.
Gli Assiri si ribellarono ed occuparono Babilonia che era molto difficile da espugnare. Uno dei compagni di congiura del re di nome Zopiro decise di sacrificarsi e fattosi frustare e mutilare si presentò al nemico fingendosi un disertore. Guadagnata la fiducia degli Assiri, Zopiro ne assunse il comando e prese a combattere contro i Persiani riportando anche alcune vittorie, ma quando fu certo del suo potere consegnò l'esercito e la città nelle mani di Dario.

Libro II


Dagli Sciti ebbero origine i regni dei arti e dei Battriani, dalle loro donne quello delle Amazzoni.
Da sempre si è discusso se gli Sciti fossero più antichi deghli Egizi. Questi sostenevano che il loro paese dal clima temperato è probabilmente stato il primo ad ospitare la vita, quelli che la Scizia emerse per prima dall'Oceano primordiale perché più alta o dal fuoco primordiale perché più fredda.
Confini della Scizia sono il Ponto, i monti Ripei, l'Asia e il fiume Fasi.
Gli Sciti vivono di allevamento e sono nomadi, usano carri appositamente adattati pre fungere da abitazioni. Di costumi semplici e primitivi, non hanno leggi ma rispettano la giustizia per naturale inclinazione e disprezzano le ricchezze.
Gli Sciti respinsero Dario, trucidarono Ciro e sconfissero Zopirone ufficiale di Alessandro Magno.
Il primo a muovere loro guerra fu il faraone Sesostri che fu messo in fuga ed inseguito; le paludi impedirono agli Sciti di penetrare in Egitto ed essi fecero conquiste in Asia. Tornando a casa dopo otto anni scoprirono che le loro mogli, ritenendosi vedove, avevano sposato gli schiavi; fecero quindi strage dei loro servi mentre le donne si uccisero spontaneamente.
Il partito degli ottimati cacciò dalla Scizia gli avversari che si trasferirono in Cappadocia e depredarono le popolazioni locali. Quando furono sconfitti le loro donne formarono una repubblica femminile detta delle Amazzoni per l'abitudine di privarsi del seno destro che le impacciava nel tiro con l'arco.
Nominarono due regine: Marpesia e Lampedone che divisero fra loro il comando. Lampedone fece grandi conquiste in Euroipa e in Asia mentre Marpesia rimase a guardia dei confini ma fu sconfitta e uccisa dai barbari. Le successe la figlia Orizia che governò insieme alla sorella Antiope.
Per ordine di Euristeo, Ercole attaccò le Amazzoni per conquistare la cintura della loro regina e ne uccise molte. Fece prigioniere fra le altre Menalippe e Ippolita, sorelle di Antiope. Ippolita divenne schiava di Teseo e partorì Ippolito mentre Ercole restituì Menalippe ad Antiope in cambio della cintura.
Quando Orizia, che era impegnata in una guerra esterna, rientrò in patria, decise di vendicare la Amazzoni cadute e liberare le prigioniere ma a causa di discordie interne le Amazzoni furono sconfitte dagli Ateniesi e ripararono presso gli Sciti subendo poche perdite.
A Orizia succedette Pentesilea che fu alleata dei Troiani dando prova di grande valore ma infine fu uccisa ed il suo esercito disfatto.
Il regno delle Amazzoni durò fino ai tempi di Alessandro Magno. L'ultima regina, il cui nome era Miniizia o Talestri, si unì ad Alessandro per averne figli.
Daria mosse guerra agli Sciti perché il loro re Gianciro gli aveva rifiutato la mano della figlia, invase la Scizia con un immenso esercito ma poichè non riusciva ad attirare gli Sciti in battaglia e temeva che gli tagliassero i ponti alle spalle tornò indietro rinunciando a conquistare il paese. Combattè quindi in Asia e in Macedonia e giunse a scontrarsi con gli Ateniesi.
Atene è una città dalle nobili origini fondata dagli abitanti stessi del luogo. Il primo re fu Cecrope al quale successe Cranao dalla cui figlia Atti prese nome l'Attica.
Regnò quindi Anfizione ai tempi del diluvio e di Deucalione che in realtà fu un re di Tessaglia che aiutò gli alluvionati.
Fu re di Atene Eretteo, poi Egeo padre di Teseo, quindi Teseo e suo figlio Demofonte. Quando regnò Codro i Dori vollero far guerra ad Atene e l'oracolo li avvertì che avrebbero vinto se avessero risparmiato il re nemico. Saputolo Codro si confuse fra i soldati e fece in modo di farsi uccidere.
Codro fu l'ultimo re, dopo di lui furono eletti magistrati annuali e Solone dettò le leggi della repubblica.
Dopòo una lunga guerra con Megara per il possesso di Salamina, gli Ateniesi decisero di mandare a morte chiunque proponesse di combattere ancora ma Solone, per poter parlare in pubblico rimanendo incolume, finse di essere impazzito ed arringò fino a convincere i concittadini a recuperare l'isola.
Per rappresaglia i Megaresi tentarono di rapire le donne di Atene alle feste eleusine ma furono sconfitti da Pisistrato, allora comandante, che con un espediente mise in pericolo la stessa Megara. Forte del prestigio di questa vittoria e fingendo di essere stato aggredito dalla nobiltà, Pisistrato portò il popolo dalla sua parte, conquistò il potere e governò per trentatre anni.
Dopo la morte di Pisistrato suo figlio Diocle fu assassinato dal fratello di una giovane che aveva stuprato. Costui denunciò quindi a Ippia, fratello dell'ucciso, molti amici del tiranno come suoi complici per farli condannare.
Ippia fu poi bandito da Atene e si rifugiò presso Dario alleandosi con lui contro i suoi concittadini. Si venne a battaglia presso Maratona e gli Ateniesi comandati da Milziade pur essendo molto meno numerosi dei Persiani riportarono una grande vittoria.
Nella battaglia cadde anche Ippia, Dario morì poco dopo mentre si preparava a combattere ancora.
Il figlio maggiore di Dario, Artamene, pretendeva il regno ma il fratello Serse si opponeva in quanto era il primo ad essere nato quando Dario era già sul trono e perché, diversamente da Artamene, discendeva da Ciro in linea materna.
Alla fine fu chiamato a giudicare lo zio paterno Artaferne che assegnò il trono a Serse senza per questo suscitare la lite fra i due contendenti.
Serse spese cinque anni nei preparativi della guerra ma un esule spartano di nome Demarato trovò il modo di informarne i concittadini. Quando l'enorme esercito persiano mosse all'invasione della Grecia trovò il passo delle Termopili sbarrato dal re spartano Leonida con quattromila uomini.
Dopo tre giorni di combattimento Leonida (al quale un oracolo aveva indicato il sacrificio come sola via per salvare Sparta) congedò quanti fra i suoi uomini non erano spartani.
Durante la lotta Leonida con soli seicento uomini penetrò nel campo nemico e per tutta la notte i Persiani che non erano preparati a combattere caddero a migliaia sotto i colpi degli Spatani che soltanto all'alba furono sopraffatti.
Serse fece devastare e incendiare Atene ed altre città ma le trovò deserte perché Temistocle aveva convinto gli abitanti a trasferirsi sulle isole e sulle navi.
Durante la battaglia di Salamina Serse dimostrò la propria viltà mentre la sua alleata Artemisia regina di Alicarnasso combattè con grande coraggio. I Persiani furono di nuovo messi in fuga e Serse decise di tornare in patria affidando la guerra al generale Mardonio al quale lasciò trecentomila uomini.
Gli Ateniesi progrettarono di tagliare il ponte di Abido sul quale i Persiani dovevano passare ma Temistocle, preoccupato dall'eccessivo numero dei nemici, avvertì segretamente Serse in modo che affrettasse la fuga.
Il re si dileguò in incognito mentre gli ufficiali riportarono in patria l'esercito con una marcia estenuante durante la quale molti morirono per stanchezza o per le malattie.
Anche Mardonio fu sconfitto e dai suoi accampamenti i Greci ricavarono un ricchissimo bottino.
Gli Ateniesi cominciarono a costruire la città ma la nuova cinta di mura destò sospetti negli Spartani che protestarono ufficialmente.
Temistocle promise di recarsi a Sparta con altri ambasciatori per discutere la questione ma intanto esortò i concittadini perché completassero rapidamente l'opera e si adoperò per prendere il maggior tempo possibile. Quando le mura furono complete Temistocle lo dichiarò agli Spartani respingendo con sdegno le loro proteste e le loro minacce.
Gli Spartani attaccarono i confini persiani ma il loro comandante Pausania tradì e prese accordi con Serse. L'ateniese Aristide scoprì il tradimento e Pausania venne condannato.
Serse riprese la guerra ma il nuovo comandante, l'ateniese Cimone figlio di Milziade, lo sconfisse di nuovo.

Libro III


Serse fu ucciso dal luogotenente Artabano che prese ad eliminare anche i figli del re, ma uno di questi, Artaserse, riuscì ad uccidere l'infedele luogotenente.
Nello stesso periodo in Grecia scoppiava la guerra fra Atene e Sparta.
Sparta era amministrata con le leggi dettate da Licurgo quando aveva la reggenza per il nipote Carilao ancora minore. Licurgo aveva imposto severamente la frugalità abolendo gli scambi d'oro e di argento e la circolazione della moneta.
Stabilì un'economia basata sulla ridistribuzione delle ricchezze e sottomise i giovani a un'educazione particolarmente rigida.
Fece giurare agli Spartani che non avrebbero cambiato le leggi fino al suo ritorno e andò in esilio volontario per il resto della vita.
Durante una festa i cittadini di Messene stuprarono alcune vergini spartane. Gli Spartani reagirono assediando Messene ma inaspettatamente dopo dieci anni di assedio la città non era ancora caduta.
La guerra e l'assenza dei mariti da Sparta stava facendo diminuire la popolazione, così gli Spartani decisero di rimandare un patria un gruppo di loro con licenza di fecondare quante più donne potevano.
I nati da questi connubi furono detti Partenii e dopo trent'anni, non avendo la possibilità di ereditare i patrimoni patrerni, decisero di partire in gruppo in cerca di fortuna.
Dopo molte peripezie conquistarono la rocca di Taranto e vi si stabilitrono.
Messene fu conquistata e rimase sottoposta agli Spartani per ottant'anni, quindi i Messeni si ribellarono ai conquistatori che seppero dall'oracolo che per vincere la guerra dovevano scegliere un comandante ateniese. In dispregio agli Spartani, gli Ateniesi mandarono il poeta Tirteo, inesperto e zoppo.
Tirteo subì tante sconfitte che i re spartani dovettero arruolare gli schiavi promettendo loro le spose e i beni dei nemici uccisi, ma al momento dello scontro decisivo il poeta seppe infondere tanto entusiasmo con i suoi versi che gli Spartani vinsero una sanguinosa battaglia.
Dopo un certo tempo i Messeni ripresero la guerra e questa volta gli Spartani rifiutarono l'aiuto di Atene per sfiducia. Offesi, gli Ateniesi sequestrarono il tesoro di Delo per impedire agli Spartani di impadronirsene e gli Spartani reagirono scatenando la guerra del Peloponneso.
Impegnati in una spedizione in Egitto, gli Ateniesi si trovarono in difficoltà e furono sconfitti ma successivamente recuperarono e furono gli Spartani a trovarsi impegnati contro i Messeni e contro di loro.
Gli Spartani coinvolsero i Tebani mentre Atene divideva le proprie forze fra due comandanti, Pericle e il tragediografo Sofocle, che presero a devastare i territori dei Lacedemoni.
Gli Spartani firmarono una tregua di trent'anni ma dopo quindici la rupopero ed invasero l'Attica ma Pericle attaccò direttamente Sparta arrecando danni più gravi di quelli subiti da Atene. Pochi giorni dopo gli Spartani furono sconfitti e messi in fuga anche in una battaglia navale.
Si giunse ad una nuova tregua di cinquant'anni ma dopo sei la guerra riprese spostandosi in Sicilia.

Libro IV


In questo libro si parla della Sicilia, isola straordinaria la cui terra sembra "atta a fomnentare il fuoco" forse per ricchezza di zolfo e di bitume, divisa dal continente da uno dei bracci di mare più tormentati del mondo.
La Sicilia si chiamò Trinacria, poi Sicania. Fu abitata dai Ciclopi, quindi se ne impadronì un certo Cocalo dopo il quale ogni città ebbe il suo tiranno. Fra i tiranni fu Anassilao, famoso per moderazione e giustizia.
I Cartaginesi tentarono di conquistare la Sicilia lottando contro i tiranni prima di essere sconfitti dai Romani.
La città di Reggio era in preda alla discordia fra due parti una delle quali chiamò in aiuto i Veterani di Imera ma questi trucidarono sia i nemici sia i loro alleati e si impadronirono della città.
Catania, soggetta a Siracusa, chiamò in aiuto gli Ateniesi chge mandarono un'armata condotta da Lamponio il quale aveva il segreto ordine di tentare la conquista dell'isola.
La spedizione di Lamponio ebbe successo contro i Siracusani e gli Ateniesi mandarono una seconda armata comandata da Lachete e Cariade ma i Catanesi conclusero la pace con Siracusa e l'armata tornò in patria.
Dopo qualche tempo Siracusa violò la pace e Catania inviò ancora ad Atene degli ambasciatori che riuscirono a suscitare la compassione del popolo e ad ottenere nuovi aiuti il cui comando fu affidato a Nicia, Alcibiade e Lamaco. Alcibiade dovette tornare in Atene per rispondere di accuse che gli venivano mosse (per empietà) mentre Nicia e Lamaco assediavano Siracusa.
I Siracusani chiesero aiuto agli Spartani che mandarono Gilippo il quale liberò Siracusa ed uccise Lamaco. Per sostituire Lamaco da Atene furono mandati Demostene e Eurimedonte, anche gli Spartani inviarono nuovi rinforzi e in pratica la Guerra del Peloponneso riprese in Sicilia.
Gli Ateniesi furono sconfitti più volte da Gilippo. Eurimedonte cadde in battaglia, Demostene si suicidò e Nicia cadde prigioniero.

Libro V


Alcibiade era accusato di aver divulgato il culto segreto di Cerere, lasciò la Sicilia ma non andò a Atene per subire il processo e preferì l'esilio volontario.
Saputosi condannato passò gli Spartani e li convinse a fare guerra a Atene. All'iniziativa aderirono molte città e anche il re di Persia Dario.
L'invidia e la diffidenza procurarono ad Alcibiade nemici anche fra gli Spartani ed egli prese contatti con Tisaferne, prefetto di Dario, allontanandolo dalla causa degli Spartani. Riprese contatti con Atene, fu nominato comandante e destituì il governo dei Quattrocento, quindi attaccò di nuovo Sparta.
Si scontrò con la flotta spartana comandata da Mindoro e Farnabazo e vinse la battaglia, pochi giorni dopo ottenne un'altra vittoria in uno scontro terrestre.
Alcibiade riconquistò le città che si erano ribellate e altre ne acquisì al dominio ateniese quindi, avendo ristabilito la propria reputazione, tornò in patria dove fu accolto festosamente.
Gli Spartani nominarono Lisandro supremo comandante mentre il satrapo Tisaferne veniva sostituito da Ciro il Giovane nel governo della Ionia e della Lidia. Con gli aiuti ricevuti da Ciro il Giovane gli Spartani attaccarono improvvisamente Alcibiade che questa volta fu sconfitto e andò di nuovo in esilio volontario. Fu sostituito da Conone.
Conone si trovò in gravi difficoltà a causa della carenza di uomini atti alle armi. Reclutò i più anziani e i più giovani, poi gli stranieri, gli schiavi, i detenuti, ma ogni suo sforzo fu vano e dopo l'ennesima sconfitta abbandonò la guerra e si rifugiò a Cipro presso il re Evagora.
Gli Spartani assediarono Atene e quando gli abitanti si arresero per fame pretesero l'abbattimento delle mura del Pireo e la consegna delle navi, incaricarono Lisandro si instaurare un governo d'occupazione e fu così istituito il governo dei Trenta Tiranni.
I tiranni si dotarono di una guardia in armi ed eliminarono subito i potenziali oppositori, a cominciare da Alcibiade.
Anche uno dei Trenta, Teramene, non approvando il comportamento dei colleghi, venne ucciso. Molti lasciarono Atene per trasferirsi a Argo e a Tebe, fuori dal controllo spartano.
Un fuoriuscito ateniese di nome Trasibulo raccolse intorno a se i concittadini in esilio e si portò ai confini dell'Attica dove si impadronì del castello di File. Di qui intraprese altre azioni militari sconfiggendo i Trenta che si ritirarono in città con la scorta di soldati stranieri. Negli scontri che seguirono caddero Crizia e Ippoloco, i più crudeli dei Trenta.
Infine i Trenta furon o deposti e confinati a Eleusi, venne instaurato il governo dei Dieci i quali non esitarono a comportarsi spietatamente come i predecessori.
Gli Spartani fecero intervenire il loro re Pausania che depose ed esiliò anche i Dieci.
In quel periodo morì Dario re di Persia e il trono passò al figlio Artaserse mentre l'altro figlio Ciro ebbe solo alcune province. Ciro si preparò a muovere guerra a Artaserse ma questi lo catturò ed evitò di ucciderlo solo per intercessione della madre.
Successivamente i due fratelli si scontrarono e Ciro cadde in battaglia. L'esercito greco di diecimila uomini che aveva combattuto per Ciro riuscì a tornare in patria incolume.

Libro VI


Incoraggiati dalla vittoria sugli Ateniesi, gli Spartani decisero di espandersi in Asia ed affidarono a Dercilide il comando di una spedizione contro i Persiani. Dercilide trovò un accordo con il satrapo Tisaferne ma l'accordo fu denunciato a Artaserse da un altro satrapo di nome Farnabazo che propose al re di nominare comandante contro gli Spartani l'ateniese Conone che viveva in esilio a Cipro.
Dal canto loro gli Spartani ricevettero aiuti e rinforzi dagli alleati ed affidarono i comando a Agesilao. Conone ebbe problemi con i soldati che si ammutinavano perché non ricevevano il ssalario, ma una volta convinto Artaserse a soddisfare le loro richieste attaccò direttamente il territorio degli Spartani i quali si affrettarono a richiamare Agesilao dall'Asia.
Intanto Pisandro che governava Sparta per delega di Agesilao, organizzò la difesa e tutti combatterono con grande coraggio ed abnegazione. Infine Conone conquistò la vittoria ed il presidio spartano fu rimosso da Atene.
Contro gli Spartani si armarono anche i Tebani comandati da Epaminonda. Sparta fu di nuovo sconfitta, Lisandro fu ucciso e Pausania accusato di tradimento ed esiliato.
Quando finalmente Agesilao rientrò dalla sua spedizione sconfisse in battaglia i Tebani ma rimase gravemente ferito. In aiuto ai Tebani venne un esercito ateniese comandato dal giovane Ificrate, inoltre Conone rientrò dall'Asia e devastò le campagne di Sparta.
Ad Atene Conone fu accolto trionfalmente e destinò il bottino a ricostruire quanto gli Spartani avevano distrutto e a riparare i danni della guerra.
Artaserse intimò a tutte le città della Grecia di cessare ogni combattimento perché aveva bisogno di concentrare tutte le sue risorse in una nuova guerra contro l'Egitto. Stanchi di combattere i Greci accettarono inaugurando una pace che fu disturbata solo da un breve conflitto fra Spartani e Arcadi.
Dopo qualche tempo Epaminonda attaccò di nuyovo Sparta e tentò di prenderla di notte ma, pur essendo gli uomini validi impegnati altrove, i vecchi e gli invalidi si armarono per difendere le mura e tennero impegnati i Tebani fino all'arrivo di Agesilao.
Lo scontro successivo fu vinto dai Tebani ma Epaminonda fu gravemente ferito e morì dopo pochi giorni. Con lui ebbe fine anche la gloria dei Tebani.
Frugale, moderato ed onestissimo, Epaminonda non aveva cercato onori o ricchezze ed aveva amato la filosofia. Aveva consolato la sua agonia il sapere che Tebe aveva vinto la battaglia e che il suo scudo non era in mano al nemico.
Morto Epaminonda i costumi dei Tebani si rilassarono e così quelli degli Ateniesi, ne trassero vantaggio i Macedono e il loro re Filippo che nel giro di pochi anni ridussero la Grecia in servitù.

Libro VII


Anticamente la Macedonia si chiamava Emazia dal nome del re Emazione. Il suo territorio corrispondeva all'attuale contrada di Peonia abitata da gente di stirpe pelasgica. Regnò sulla Peonia anche Pelegono padre di Asteropeo che fu valoroso alleato dei Troiani.
La regione fu quindi occupata da Carano che venne dalla Grecia con i suoi compagni seguendo un gregge di capre secondo il dettato di un oracolo. Carano unì le genti della regione in un'unica popolazione e con lui ebbe inizio il regno di Macedonia.
Regnò quindi Perdicca (Giustino omette Coino e Tirimno citati da Diodoro Siculo). Dopo aver governato virtuosamente per molti anni, in punto di morte Perdicca indicò il luogo dove voleva essere sepolto predicendo che i suoi discendenti avrebbero conservato il potere finché si fossere fatti seppellire nello stesso luogo. Questa tradizione si interruppe con Alessandro che in effetti fu l'ultimo re della schiatta di Carano.
Argeo figlio di Perdicca successe al padre, regnò con moderazione e fu amato dal popolo. Lasciò il trono a Filippo (Filippo I), suo figlio, che morì prematuramente. Aeropo, figlio di Filippo, ereditò il trono quando era ancora nella culla. Ne approfittarono gli Illiri per attaccare e sconfiggere i Macedoni ma questi ebbero la loro rivincita quando decisero di combattere portando il re neonato nelle retrovie.
A Aeropo succedette Aminta (Giustino omette Alceta citato da Diodoro Siculo). Durante il regno di Aminta il re di Persia Dario I conquistò la Tracia ed avviò trattative con Aminta perché accettasse di diventare suo cliente. Durante il banchetto offerto da Aminta agli ambasciatori persiani, questi presero troppe licenze con le donne presenti e Alessandro, figlio del re, li fece trucidare. L'incidente non ebbe serie conseguenze grazie alla parentela di Alessandro con il generale persiano Bubare che aveva sposato una sorella del principe.
Morto Aminta Alessandro divenne re di Macedonia ed entrò nelle grazie di Serse che gli donò vasti territori.
Ad Alessandro succedette Aminta (si tratta di Aminta III, vengono omessi Perdicca II, Archelao, Oreste, Aminta II) che combattè contro Illiri e Olinzii. Dalla prima moglie Euridice, Aminta ebbe tre maschi, Alessandro, Perdicca e Filippo, e una femmina di nome Eurinoe. Dalla seconda moglie Gigea nacquero Archelao, Archideo e Menelao. Euridice tramò per uccidere Aminta ma Eurione scoprì e svelò l'insidia. Aminta la perdonò per rispetto dei figli che avevano avuto.
Quando Aminta morì lasciò il trono al figlio maggiore Alessandro. Per pacificare il suo regno Alessandro mandò il fratello Filippo come ostaggio prima presso gli Illiri poi a Tebe. Qui Filippo fu ospite per tre anni di Epaminonda e ricevette una raffinata educazione.
Euridice continuò a tramare e fece morire i suoi figli Alessandro e Perdicca. Filippo divenne tutore del figlio di Perdicca e, spinto dal popolo, assunse il governo del regno.
Ancora giovane e inesperto fu costretto ad affrontare una situazione difficile per le molte guerre che incombevano. Ne evitò alcune con la diplomazia e con il denaro ed affrontò le altre. Sconfisse gli Ateniesi ma non recò loro alcun danno, combattè contro gli Illiri e conquistò Larissa. Conquistò la Tessaglia ed unì al suo esercito la famosa cavalleria tessala.
Sposò Olimpiade, figlia del defunto re dei Molossi Neottolemo. Al matrimonio si oppose Arriba zio paterno e tutore di Olimpiade che finì spodestato da Filippo e fu esiliato.
Durante l'assedio della città di Metona, Filippo fu colpito da una freccia e perse l'occhio destro.

Libro VIII


I Tebani accusarono gli Spartani e i Focesi di aver compiuto saccheggi in Beozia e il consiglio generale della Grecia condannò i Focesi al pagamento di una mullta troppo esosa per le loro finanze. I Focesi reagirono muovendo guerra ai Tebani dopo aver saccheggiato il tempio di Delfi per finanziare un esercito.
Nei primi scontri perì Filomelo, comandante dei Focesi, e fu sostituito da Onomarco. I Tebani si rivolsero a Filippo di Macedonia che sgominò rapidamente i Focesi e si glorò di aver vendicato il saccheggio sacrilego.
Per evitare che i Macedoni penetrassero in Grecia, gli Ateniesi presidiarono il passo delle Termopili mentre Filippo occupava le città alleate come se fossero nemiche, sequestrava beni e rendeva schiavi i cittadini.
Passò quindi a distruggere le città di Olinto dove si erano rifugiati i suoi fratelli che voleva eliminare come potenziali rivali.
Filippo condusse trattative segrete con i Focesi e con i Tebani fingendo di accogliere le istanze di pace degli uni e quelle di guerra degli altri, quindi firmò un a pace con gli Ateniesi, alleati dei Focesi ed occupò le Termopili. Compreso l'inganno i Focesi tentarono di reagire ma presto si arresero alla sovrastante potenza macedone.
Filippo non rispettò le condizioni di resa e, fatta strage dei Focesi, disperse i superstiti in vari luoghi del suo regno.
Tornato in Macedonia, Filippo decise di eliminare il suocero Arriba re d'Epiro e con questo fine chiamò a se il giovane Alessandro, fratello di Olimpiade, e lo rese suo amasio facendogli sperare di ereditare il regno, infatti più tardi depose Arriba e affidò l'Epiro a Alessandro.

Libro IX


Volendo conquistare tutta la Grecia, Filippo decise che gli sarebbe stato molto utile impadronirsi di Bisanzio per farne la sua base, ma la città gli chiuse le porte e Filippo dovette impegnarsi in un lungo assedio. Per coprire le spese ricorse alla pirateria.
Ates re della Scizia chiese aiuto a Filippo per la guerra contro gli Istriani promettendo di ricompensarlo e nominarlo suo successore ma mentre Filippo inviata i soldati in Scizia il re degli Istriani morì e Ates, non essendo più minacciato, rinnegò le promesse. Filippo reagì attaccando e sconfisse gli Sciti portando via molti schiavi e molto bottino, ma sulla via del ritorno i Macedoni furono aggrediti dai Triballi che ferirono gravemente Filippo e si impadronirono della preda.
Una volta guarito Filippo attaccò Atene e nonostante la resistenza dei cittadini e dei loro alleati riuscì a conquistare l'intera Grecia. Il vincitore si comportò con moderazione nei confronti degli Ateniesi mentre incrudelì con i Tebani mandandone molti a morte e molti altri in esilio.
Filippo convocò tutte le città a Corinto ed impose loro le condizioni di resa e i contributi militari per affrontare la guerra che intendeva muovere ai Persiani. Inviò quindi in Asia un primo contingente comandato da tre suo ufficiali: Parmenione, Aminta e Attalo, di quest'ultimo aveva sposato la sorella dopo aver ripudiato Olimpiade.
Filippo, posto sul trono d'Epiro Alessandro figlio di Arriba, gli fece sposare la propria figlia Cleopatra. Durante i festeggiamenti per il matrimonio un giovane di nome Pausania si avventò improvvisamente contro Filippo e lo uccise. Questo Pausania era stato violentato da Attalo e dai suoi amici e aveva più volte chiesto soddisfazione per l'offesa a Filippo senza mai ottenerla. L'incarico in Asia che il re aveva affidato al suo stupratore aveva esasperato Pausania spingendolo al regicidio. Ma alcuni pensavano che Pausania fosse stato convinto a compiere il suo gesto da Olimpiade che era stata ripudiata o da Alessandro che aveva litigato con il padre per il sospetto che un figlio della matrigna potesse contendergli il trono ed era andato a vivere in Epiro con la madre.
Quando Olimpiade seppe della morte di Filippo tornò in Macedonia, rese onori funebri a Pausania che era stato crocifisso e costrinse Cleopatra al suicidio dopo averle ucciso una figlia.
Filippo morì a quarantasette anni lasciando, oltre ad Alessandro, molti figli naturali fra i quali Arrideo nato da una danzatrice.

Libro X


Artaserse re di Persia ebbe tre figli legittimi: Dario, Ariarate e Occo, oltre a molti figli naturali. Associò al potere il primogenito Dario ma questi cospirò per uccidere il padre che non aveva voluto cedergli una concubina. Fu scoperto e giustiziato insieme ai fratellastri che lo avevano supportato ma Artaserse ne morì di dolore.
Il regno passò a Occo (Artaserse III Oco) che per evitare insidie sterminò la parentela. Alla sua morte salì al trono Codomano, già governatore dell'Armenia, che si era distinto nelle campagne militari del predecessore (Giustino omette il breve regno di Artaserse IV).
Per legittimare l'incoronazione Codomano (che apparteneva ad un ramo minore degli Achemenidi) assunse il nome di Dario III.
Dario III combattè a lungo contro Alessandro Magno e infine, sconfitto, fu ucciso dai propri parenti.

Libro XI


La morte di Filippo lasciò la Macedonia in una situazione delicata a causa delle guerre in corso e delle potenziali rivolte, ma Alessandro prese subito le redini del regno con grande sicurezza nonostante avesse appena vent'anni.
Celebrate le esequie del padre ed eliminato il rivale Carano, figlio della matrigna, Alessandro domò sul nascere alcune sedizioni, quindi convocò le città greche in Corinto per ottenere conferma del suo potere.
Mentre Alessandro preparava la spedizione contro i Persiani, i Tebani e gli Ateniesi, fomentati dall'oratore Demostene, si ribellarono ma l'azione con cui i Macedoni invasero la Grecia fu talmente rapida da indurre immediatamente gli Ateniesi a chiedere la pace. I Tebani, invece, tentarono di combattere ma furono subito sconfitti e ridotti in schiavitù, tutti i loto beni furono confiscati e la loro città data alle fiamme.
Prima di partire per la Persia Alessandro fece uccidere tutti i parenti della matrigna e molti dei propri per evitare che in sua assenza si verificassero tentativi di usurpazione.
L'esercito di Alessandro era modesto (32.000 fanti e 4.500 cavalieri) e per la maggioranza composto da veterani di Filippo. Dopo aver fatto imprigionare Alessandro Lincista che, rimasto al governo della Macedonia, cospirava contro di lui, Alessandro proseguì per la città di Gordio (in Frigia) dove si custodiva il gioco del carro del primo re con un nodo inestricabile. Unaa profezia diceva che solo che fosse riuscito a sciogliere quel nodo avrebbe potuto conquistare l'Asia. Gordio, il re eponimo, era stato incoronato per indicazione di un oracolo ed aveva consacrato il suo carro nel tempio di Giove.
Conquistata la città, Alessandro esaminò il nodo e non trovando altro modo per scioglierlo lo tagliò con la spada.
Avuta notizia che Dario marciava contro di lui con un grande esercito, Alessandro si portò a Tarso e qui porese ad organizzare lo scontro, ma si ammalò per un bagno nelle acque gelide di un fiume. Si affidò al medico Filippo nonostante questi fosse sospettato di essersi lasciato corrompere da Dario e guarì in pochi giorni.
Nonostante la disparità delle forze l'esercito di Alessandro dopo una lunga battagli riuscì a mettere in fuga i nemici e a impadronirsi del loro campo. Dario, sia pur ferito, riuscì a mettersi in salvo e Alessandro si comportò con clemenza verso la sua famiglia.
Affascinato dalle ricchezze dei Persiani, il Macedone iniziò ad indulgere ai banchetti e ai piaceri del lusso, prese con se la schiava Barsine ed ebbe da lei un figlio che chiamò Ercole.
Affidò a Parmenione il compito di rintracciare Dario e passò in Siria dove molte città si consegnarono spontaneamente. Resistette Tiro che fu espugnata con la forza. Senza combattere si impadronì anche di Rodi, dell'Egitto e della Cilicia.
Olimpiade aveva confessato a Filippo di aver concepito Alessandro accoppiandosi con un enorme serpente e per questo motivo era stata ripudiata. Alessandro consultò in merito l'oracolo del tempio di Ammone dal quale seppe di essere figlio di Giove destinato a dominare il mondo. Da allora il conquistatore divenne superbo e pretese di essere onorato da tutti come un dio. Edificò Alessandria ed ordinò che fosse capitale dell'Egitto.
A Dario che cercava di trattare offrendogli gran parte del regno e la mano di una figlia, Alessandro rispose più volte negativamente fino a che Dario rinunciò alla pace e raccolse un nuovo enorme esercito.
La battaglia fu ancora più cruenta della precedente e alla fine Dario fu costretto a fuggire dai suoi parenti mentre avrebbe preferito morire come tanti suoi soldati., Con quella battaglia Alessandro conquistò l'impero persiano e nei giorni successivi prese Susa e Persepoli.
Quanto a Dario risultava scomparso, dopo varie ricerche fu trovato in fin di vita nascosto in un carro e fece in tempo a dire di essere stato colpito dai propri congiunti. Con le sue ultime parole rese omaggio alla grandezza d'animo del vincitore che aveva risparmiato le sue figlie.
Alessandro fece celebrare esequie regali e le spoglie di Dario furono poste nel sepolcro dei suoi predecessori.

Libro XII


Alessandro fece seppellire i soldati caduti e distribuì premi ai sopravvissuti. Concentrò il bottino in Ecbatana e lo affidò a Parmenione.
Fu informDDato della rivolta delle città greche capeggiate dal re di Sparta Agide III e repressa dal suo generale Antipatro. Seppe anche che la popolazione della Scizia aveva fatto strage di un esercito macedone e del suo comandante Zopirione che l'aveva attaccata senza ragione.
Alessandro re d'Epiro, fratello di Olimpiade, accolse la richiesta dei Tarantini di combattere per loro e si recò in Italia; combattè contro Apuli, Lucani e Bruzii e strinse alleanza con altre popolazioni, infine cadde in combattimento.
Molti Macedoni desideravano ormai tornare in patria ma Alessandro volle completare la conquista soggiogando l'Ircania e i Mardi.
Alessandro ricevette la visita della regina della Amazzoni Telesiri (o Minizia) che aveva compiuto un lungo viaggio per avere figli da lui. Ripartita la regina Alessandro adottò l'abbigliamento e le usanze dei Persiani suscitando dure critiche da parte dei suoi uomini. Insistette, tuttavia, perchè i suoi ufficiali sposassero donne persiane e stabilì che i loro figli fossero educati nei campi militari per sostituire in futuro i padri.
Ma l'opposizione al comportamento di Alessandro rimaneva forte e il re incrudelì nella repressione facendo giustiziare fra gli altri il vecchio generale Parmenione e suo figlio Filota ed infliggendo molte altre punizioni.
Catturato Besso che aveva tradito ed ucciso Dario lo consegnò al fratello di quyesti perché ne traesse vendetta. Fondò quindi la città di Alessandria sul fiume Tanai ed altre città in Battriana e Sogdiana.
Durante un banchetto si adirò contro un vecchio ufficiale di nome Clito che aveva lodato le imprese di Filippo più delle sue ed uccise il malcapitato per subito pentirsene al punto di voler morire egli stesso. I suoi amici gli impedirono di compiere l'insano gesto ma Alessandro digiunò per quattro giorni meditando sulle crudeltà commesse in passato, infine cedette alle preghiere dei soldati e degli amici fra i quali era anche il filosofo Callistene che insieme a lui era stato allievo di Aristotele. Tuttavia Alessandro tornò presto alla superbia e alla crudeltà e pretese di essere adorato mandando a morte quanti non accettavano di farlo, compreso Callistene.
Accingendosi a passare in India, Alessandro fece ricoprire d'argento gli scudi e chiamò i suoi soldati Argiraspidi che significa, appunto, "scudi d'argento".
Durante il viaggio si unì ad una regina locale di nome Cleofide alla quale restituì i domini che le aveva conquistato e ne nacque un figlio che fu chiamato Alessandro e regnò sull'India.
Procedendo si scontrò con il valoroso re Poro che lo sfidò a duello. Poro fu sconfitto ma per il coraggio dimostrato fu graziato da Alessandro che lo lascò tornare sano e salvo dalla sua gente.
Alessandro fondò due città chiamandone una Nicea e l'altra Bucefale dal nome del suo cavallo Bucefalo. Avanzò conquistando altri territori finchè i suoi soldati, ormai esausti, non lo pregarono di porre fine alle sue imprese per far finalmente ritorno a casa. Alessandro accettò e cominciò il viaggio di ritorno durante il quale estese ancora le sue conquiste ed affrontò nuovi scontri. Fu ferito gravemente ma riuscì a riprendersi e decise di proseguire via mare con un piccolo seguito affidando l'esercito a Poliperconte.
Durante un altro combattimento molti suoi uomini, fra i quali il generale Tolomeo, furono colpiti da frecce avvelenate ma Alessandro li salvò somministrando loro un'erba che gli fu indicata in sogno. Giunto alla foce dell'Indo proseguì via terra fino a Babilonia dove fece giustiziare quanti fra i suoi funzionari avevano vessato la popolazione. Sposò quindi Statira figlia di Dario III e fese sposare nobili persiane a molti suoi ufficiali.
Tardando Alessandro0 nel congedare i veterani si verificarono sedizioni ma quando il re prese ad arruolare soldati persiani per la sua guardia personale i Macedoni, non tollerando l'offesa, si rimisero alla sua volontà ed egli accolse questa decisione lascciando partire undicimila veterani. Fra i congedati era anche il suo amico Cratero che Alessandro volle porre al governo della Macedonia al posto di Antipatro al quale ordinò di raggiungerlo con nuove reclute.
Alessandro raggiunse Babilonia nonostante un indovino lo avesse avvisato di non entrare in quella città. Durante un banchetto, dopo aver bevuto da una coppa di vino, cadde trafitto da dolori insopportabili.
Ad avvelenare Alessandro con la complicità di chi doveva servire le bevande era stato Antipatro che sospettava di essere in pericolo e voleva vendicare la morte di alcuni suoi amici e parenti eliminati dal re.
Dopo quattro giorni di sofferenze, Alessandro prese congedo dai soldati e dagli amici. Quando gli chiesero chi dovesse succedergli rispose solamente "il più degno". Subito i suoi amici cominciarono a contendere fra loro e a cercare l'appoggio dei soldati. Dopo due giorni Alessandro, che ormai non poteva più parlare, riportò la calma consegnando il suo anello a Perdicca.
Morì all'età di trentatre anni e un mese. Non era mai stato sconfitto in guerra, ma alla fine fu vinto dal tradimento dei suoi.

Libro XIII


I sudditi piansero Alessandro, anche quelli delle nazioni che aveva conquistato ma verso le quali si era comportato con umanità. Non lo piansero però i suoi soldati stanchi della ferrea disciplina e dei continui pericoli della guerra, e i suoi ufficiali di più alto grado che aspiravano tutti al trono e in effetti si trattava di personaggi sceltissimi, tutti dotati di grande carisma e di grandi capacità. Ovviamente la competizione per il potere causò da subito grande tensione.
Perdicca propose di attendere che Rossane, che era quasi al termine della gravidanza, partorisse il figlio di Alessandro; Meleagro obiettava che esisteva già un figlio del defunto re, Ercole nato da Barsine, oppure si poteva scegliere Arideo fratello minore di Alessandro.
Tolomeo si opponeva alla scelta di Arideo perché era di salute cagionevole e figlio di una meretrice. Infine prevalse il parere il Perdicca e tutti giurarono di rispettare la decisione di attendere il parto di Rossane. I soldati e i cavalieri, tuttavia, offesi per non essere stati consultati, proclamarono re Arideo. Ne nacquero tumulti che Perdicca riuscì a calmare parlando ai soldati con grande eloquenza e prospettando loro gli orrori della guerra civile. Commossi, i militari affidarono il comando a Perdicca, ma il giorno seguente quest'ultimo fece segretamente eliminare i responsabili della sedizione.
Passò quindi a distribuire le province ai principali ufficiali: l'Egitto a Tolomeo, la Siria a Laomedonte da Mitilene, la Cilicia a Filota, la Frigia Maggiore a Antigono, la Frigia Minore a Leonnato, la Caria a Cassandro, la Tracia a Lisimaco, Paflagonia e Cappadocia a Eumene, e le province minori furono distribuite fra altri ufficiali.
Seleuco ebbe il supremo tribunato del campo, Cassandro figlio di Antipatro fu eletto capitano della guardia del re.
Intanto i Grecia Ateniesi ed Etoli preparavano una rivolta. Allestito un esercito di trentamila uomini, gli Ateniesi attaccarono Antipatro che governava la Grecia e lo assediarono in Eraclea. In quel periodo Demostene che si trovava esule a Megara indusse Argo, Sicione e Corinto ad allearsi ad Atene e fu premiato con il richiamo in patria.
Durante l'assedio fu ucciso Leostene comandante degli Ateniesi e Antipatro riuscì ad inviare richieste di aiuto a Leonnato che venne in suo soccorso ma fu ucciso in combattimento. Con i rinforzi di Leonnato, comunque, Antipatro potè liberarsi dall'assedio e tornare in Macedonia.
Perdicca mosse guerra a Ariarate re di Cappadocia e lo vinse ma senza trarne vantaggio perché gli sconfitti distrussero i loro beni prima di suicidarsi in massa. Pensò quindi di dare lustro alla sua condizione sposando Cleopatra sorella di Alessandro ma poiché aveva chiesto di sposare anche la figlia di Antipatro finì col non concludere alcun fidanzamento.
Antigono e Cratero conclusero la pace con Atene e posero Poliperconte al governo di Grecia e Macedonia in opposizione a Perdicca. Scoppiò una guerra che vide Perdicca alleato con Arideo, Eumene ed altri contro Antigono, Cratero e Tolomeo.
Tolomeo aveva avuto successo in Egitto, si era procurato il favore del popolo e dei governanti vicini ed aveva annesso al suo regno la città di Cirene (in Libia).
A questo punto Giustino introduce una breve digressione sull'origine della città di Cirene che era stata fondata da Aristeo detto Batto a causa della balbuzie su indicazione di un oracolo. In quel sito, secondo una leggenda, Apollo aveva amato la bella Cirene figlia di Ipseo e concepito un altro Aristeo che regnò in Arcadia ed insegnò l'apicoltura.
Tolomeo, dunque, si preparava a fronteggiare l'attacco di Perdicca. Questi per la sua arroganza era inviso anche ai suoi alleati e fra le sue file si verificarono disordini ed ammutinamenti.
Neottolemo, che doveva supportare Eumene, disertò e tentò di portare al nemico i soldati di Eumene, scoperto e sconfitto si rifugiò presso Antipatro. Neottolemo e Poliperconte attaccarono di nuovo Eumene ed entrambi persero la vita.
Con queste vittorie il potere di Eumene aumentò ma dopo la morte di Perdicca fu dichiarato nemico dai Macedoni che incaricarono Antigono di muovergli guerra.

Libro XIV


Eumene, informato delle decisioni dei Macedoni contro di lui, chiese conferma della fedeltà del suo esercito concedendo ai soldati che non volevano combattere contro Antigono di lasciarlo ma tutti rimasero con lui anche grazie alle manifestazioni di solidarietà di Cleopatra sorella di Alessandro nei confronti di Eumene.
Antigono attaccò Eumene, lo sconfisse e lo assediò in un castello dove Eumene congedò molti soldati per non rendere più difficili le condizioni dell'assedio.
Antigono tolse l'assedio quando seppe che Antipatro intendeva intervenire contro di lui ed Eumene, che senza esercito non aveva molte possibilità, rifugiò presso gli Argiraspidi, i veterani di Alessandro che lo accettarono solo come pari grado e non come comandante, ma col tempo e con molta accortezza riuscì comunque a conquistare un certo grado di autorità.
Tuttavia quando Antigono attaccò, gli Argiraspidi non eseguirono gli ordini di Eumene e furono duramente sconfitti. Furibondi contro Eumene che consideravano la causa di questa sventura trattarono per consegnarlo a Antigono in cambio dei prigionieri e dei loro beni presi dal nemico.
Eumene chiese di poter morire di propria mano ma non gli fu concesso. Gli Argiraspidi lo consegnarono ad Antigono e si unirono all'esercito del vincitore ottenendo la restituzione di quanto era stato loro sottratto. Eumene fu affidato alla custodia delle guardie.
Intanto Cassandro, d'accordo con Euridice moglie del re Arrideo, attaccava ed assediava molte città greche. Euridice, approfittando della malattia del marito (demenza) aveva ordinato a Poliperconte in nome del re di consegnare l'esercito a Cassandro. Ma quando Olimpiade con l'aiuto di Poliperconte e di Eacida re dei Molossi tornò in Macedonia dall'esilio in Epiro, grazie alla prestigiosa memoria del figlio e del marito ottenne il sostegno popolare, riprese il potere e fece uccidere Arrideo e Euridice.
Neanche il regno di Olimpiade durò a lungo perché poco dopo fu assediata a Pidna da Cassandro. Quando si arrese e si consegnò al vincitore la crudeltà che aveva dimostrato contro le persone vicine ad Arrideo e Euridice dopo il suo ritorno le avevano alienato le simpatie e il rispetto dei Macedoni che decisero di farla morire.
Olimpiade affrontò il carnefice con grande coraggio e dignità. Dopo la sua morte Cassandro pose sotto vigilanza nella fortezza di Anfipoli Rossane e suo figlio.

Libro XV


A questo punto si sarebbe detto che le contese fra i successori di Alessandro fossero concluse ma Antigono rifiutò di spartire il regno con i suoi alleati Tolomeo, Cassandro e Lisimaco i quali, unendosi a loro anche Seleuco, gli dichiararono guerra.
La situazione vedeva Tolomeo in possesso dell'Egitto, dell'Africa, di Cipro e della Fenicia; Cassandro governava Macedonia e Grecia e Antigono aveva l'Asia e tutte le province orientali.
Tolomeo sconfisse presso Gamala Demetrio figlio di Antigono ma lo trattò con grande generosità.
Cassandro invece incrudelì contro la famiglia di Alessandro facendo uccidere in segreto Ercole figlio del re e sua madre Barsine, dopo qualche tempo eliminò anche Rossane e l'altro figlio di Alessandro.
In una nuova battaglia Demetrio sconfisse Tolomeo e lo lasciò riparare in Egitto ricambiando la sua precedente generosità.
Tolomeo, Casssandro ed i loro alleati decisero di incontrarsi per organizzare azioni comuni contro Antigono e Demetrio. Cassandro, impossibilitato ad intervenire da altri affari, delegò Lisimaco.
Questi era un nobile macedone che si era distinto per il suo coraggio nelle campagne di Alessandro. Aveva sfidato la collera del re uccidendo il filosofo Callistene per liberarlo dalle torture alle quali era stato condannato e Alessandro lo aveva destinato ad essere sbranato da un leone, ma Lisimaco aveva avuto la meglio sulla belva e da allora era diventato il più apprezzato degli ufficiali di Alessandro.
Anche Seleuco era un valoroso combattente, era figlio di Antioco, generale di Filippo II, ma la madre Laodice raccontava di aver sognato di unirsi ad Apollo che le faceva dono di un anello con un sigillo a forma di ancora e si diceva che Seleuco fosse nato con una macchia a forma di ancora sulla coscia, segno che portarono anche molti suoi discendenti.
Seleuco riportò Babilonia sotto il controllo macedone, sconfisse i Battriani quindi passò in India dove un certo Sandrocotto, dopo la morte di Alessandro, si era impadronito del regno.
Seleuco strinse alleanza con Sandrocotto che lo aiutò a combattere Antigono. Nella battaglia Antigono venne ucciso e Demetrio messo in fuga ma di nuovo i vincitori non riuscirono ad accordarsi e si formarono nuovi schieramenti: Seleuco e Demetrio contro Tolomeo e Lisimaco.

Libro XVI


Morirono Cassandro e il figlio Filippo, Tessalonica vedova di Cassandro fu uccisa dal figlio Antipatro. Alessandro, fratello di Antipatro, gli fece guerra per vendicare la morte della madre con l'aiuto di Demetrio. Quando i fratelli stavano per riconciliarsi con la mediazione di Lisimaco, Demetrio che mirava al regno di Macedonia uccise a tradimento Alessandro e sostenendo di aver fatto vendetta dei delitti di Cassandro riuscì a farsi proclamare re di Macedonia.
Lisimaco per evitare la guerra gli consegnò la parte della Macedonia che era toccata a suo genero Antipatro ma quando Demetrio decise di occupare l'Asia, Lisimaco si alleò con Tolomeo e con Seleuco per combatterlo. Si unì a loro anche Pirro re dell'Epiro che riuscì a mettere in fuga Demetrio e a occupare la Macedonia.
Lisimaco per evitare la guerra gli consegnò la parte della Macedonia che era toccata a suo genero Antipatro ma quando Demetrio decise di occupare l'Asia Lisimaco si alleò con Tolomeo e con Seleuco per combatterlo. Si unì a loro anche Pirro re dell'Epiro che riuscì a mettere in fuga Demetrio e a occupare la Macedonia.
Lisimaco uccise Antipatro ed imprigionò la propria figlia Euridice, Demetrio si arrese a Seleuco, Tolomeo che aveva già ceduto il trono al figlio morì di malattia.
Lisimaco cacciò Pirro dalla Macedonia e fece guerra alla Tracia e alla città di Eraclea.
Eraclea era stata fondata dai Beoti e dedicata a Eracle su indicazione dell'oracolo di Delfi. Dopo le guerre persiane Eraclea rifiutò di versare tributi a Atene, si raccontava che un'improvvisa tempesta distrusse le navi degli Ateniesi andati ad esigere i tributi con la forza.
Quando la nobiltà di Eraclea si trovò in pericolo per una sollevazione della plebe richiamò dall'esilio Clearco e gli affidò la città. Clearco ne divenne tiranno, fu prima alleato poi nemico di Mitridate, ebbe il potere dalla nobiltà e poi divenne capo della plebe, fece arrestare tutti i senatori che non riuscirono a fuggire dopo averli privati dei loro averi e li fece uccidere.
Si comportò, insomma, come il peggiore dei despoti sfogando senza limiti la propria smodata crudeltà. Infine fu ucciso a due giovani, Chioe e Leonide, allievi di Platone, che furono a loro volta trucidati dalle guardie. Il loro sacrificio non liberò Eraclea che passò sotto la tirannide di Satiro, fratello di Clearco.


Libro XVII


Lisimaco fece avvelenare il proprio figlio Agatocle dalla matrigna Arsinoe. Fece quindi trucidare quanti protestavano per la morte di Agatocle, finché i suoi sudditi si ribellarono e si rivolsero a Seleuco. Lisimaco aveva settantaquattrro anni, Seleuco settantasette ma erano ancora entrambi assetati di potere, la loro fu l'ultima guerra fra i compagni di Alessandro.
Lisimaco, che aveva perduto quindici figli in varie battaglie, morì combattendo. Seleuco conquistò così la Macedonia ma dopo sette mesi fu ucciso a tradimento da Tolomeo, cognato di Lisimaco. Questo Tolomeo [figlio di Tolomeo I Sotere ma diverso da Tolomeo II Filadelfo che aveva ereditato il regno] cercò l'alleanza dei figli di Lisimaco e chiese di sposarne la vedova Arsinoe (che era anche sua sorella).
Tentò di procurarsi l'amicizia di Nicomede e di Pirro. In quei giorni Pirro organizzava la sua spedizione in Italia per aiutare i Tarentini contro i Romani e chiedeva navi a Antigono, finanziamenti a Antioco, soldati macedoni a Tolomeo. Tolomeo gli fornì quanto richiesto e Pirro sposò sua figlia.
A proposito del regno di Epiro viene introdotta una digressione. Era in origine abitato dai Molossi fra i quali si stabilì Pirro figlio di Achille che sposò Lanassa nipote di Ercole e ne ebbe otto figli. Pirro cedette il regno dei Caoni e Andromaca sua preda di guerra a Eleno figlio di Priamo. Poco dopo fu ucciso da Oreste figlio di Agamennone. Fu suo successore il figlio Pialo e dopo di questi il figlio minore Arriba che aveva studiato ad Atene e fu il primo a dare leggi e istituzioni a quel popolo.
Da Arriba nacque Neottolemo (che fu padre di Olimpiade madre di Alessandro Magno) e Alessandro che fu suo successore in Epiro, combattè in Italia e morì in Abruzzo. Il regno passò a Eacide che odiato dal popolo venne esiliato. Suo figlio Pirro fu portato al sicuro fra gli Illiri e venne allevato da Beroe sua parente. Il re Glaucia, marito di Beroe, adottò Pirro e lo difese contro Cassandro. A undici anni Pirro fu richiamato in Epiro ed ebbe il regno sotto tutela. Divenuto adulto fu un famoso guerriero.

Libro XVIII


Accogliendo le preghiere dei Tarentini, Sanniti e Lucani e mosso dalla speranza di conquistare l'Italia, Pirro affidò il regno al figlio quindicenne Tolomeo e sbarcò a Taranto, il console Levino fu subito pronto ad affrontarlo. I Romani avrebbero vinto la battaglia se la vista degli elefanti di Pirro non li avesse atterriti. Gli Epiroti vinsero ma riportarono gravi perdite e lo stesso Pirro venne ferito. Dopo alcuni giorni, affrontando un altro esercito mandato da Roma, Pirro vinse di nuovo.
I Cartaginesi, temendo che Pirro avesse mire sulla Sicilia, offrirono aiuto ai Romani ma il Senato rifiutò. Fabrizio Luscino, in veste di ambasciatore, concluse la pace con Pirro che in seguito inviò a Roma Cinea per ratificare il trattato ma per l'opposizione di Appio Claudio il senato respinse la pace.
Invitato dai Siciliani, Pirro traghettò il suo esercito nell'isola.
Cartagine traeva origine dai Fenici che a causa di frequenti terremoti si erano trasferiti fondando Sidone. Molti anni più tardi avevano costruito un'altra città sull'isola di Tiro. Qui si verificò una rivolta degli schiavi che trucidarono i loro padroni, soltanto uno ebbe pietà che suo che si chiamava Stratone e lo risparmiò tenendolo nascosto con il figlio.
Compiuta la rivolta gli schiavi decisero di nominare re il primo che avesse visto sorgere il sole e lo schiavo benevolo, su consiglio di Stratone, attese l'alba guardando verso occidente. Fu così che vide per primo la luce solare riflettersi sugli edifici più alti della città. I suoi compagni compresero che quell'idea non poteva essere sua ed egli confessò la verità, Stratone venne perdonato insieme al figlio e nominato re dell'isola.
Molto più tardi Alessandro Magno conquistò la città e in memoria di quella strage fece crocifiggere tutti gli abitanti ad eccezione dei discendenti di Stratone. In seguito Tiro divenne molto ricca e potente e quando morì il re Mutgone lasciò il regno al figlio Pigmalione mentre la figlia Elisa sposò lo zio Acerba che, si sapeva, custodiva grandi ricchezze.
Per avidità Pigmalione uccise il cognato ma non trovò il suo tesoro. Lo trovò Elisa e lo gettò in mare come sacrificio alla memoria del marito e partì avendo come compagni molti senatori, portò con se gli oggetti rituali di Acerba che era stato sacerdote di Ercole.
I fuggischi sostarono a Cipro dove il sacerdote di Giove si unì a loro con la sua famiglia. Elisa fece rapire ottanta ragazze che praticavano la prostituzione sacra per farle sposare ai suoi compagni.
Pigmalione fu indotto dagli indovini a desistere dall'inseguimento così Elisa e i suoi seguaci giunsero indisturbati in Africa dove acquistarono un terreno dalla gente del luogo con la quale cominciarono a commerciare.
Si unirono ad Elisa anche legati di Utica, colonia fenicia, e d'accordo con gli Africani si iniziò la costruzione di una nuova città dove venne rinvenuto il teschio di un cavallo, simbolo di un popolo potente e guerriero.
Qualche tempo dopo Iarba re dei Massitani chiese di sposare Elisa minacciando la guerra in caso di rifiuto. I ministri di Cartagine costrinsero Elisa ad accettare per salvare la città ma prima delle nozze la regina si uccise davanti al rogo dei sacrifici offerti al marito.
Cartagine fu fondata settantadue anni prima di Roma. Gloriosa in guerra, fu sempre tormentata da discordie interne e spesso dalla peste che i Cartaginesi cercavano di allontanare offrendo sacrifici umani.
I Cartaginesi combatterono a lungo in Sicilia, poi passarono in Sardegna dove furono sconfitti. Per questo esiliarono il comandante Malco con i suoi soldati ma questi reagirono asssediando Cartagine.
Malco espugnò la città e mandò a morte quanti lo avevano esiliato oltre a suo figlio che gli aveva mancaro di rispetto presentandosi a lui esule con ricchi paramenti sacerdotali.
Non molto tempo dopo, tuttavia, Malco venne eliminato e sostituito da Magone che accrebbe i confini del dominio cartaginese.
Libro XIX


I. Magone fu il fondatore della potenza cartaginese, quando morì lasciò il potere ai figli Asdrubale e Amilcare, degni eredi del suo nome e della sua grandezza.
Questi combatterono in Sardegna e risolsero un contenzioso con gli Africani che pretendevano un tributo per il suolo occupato da Cartagine liquidandoli con una somma di denaro, senza combattere.
Asdrubale fu ucciso in Sardegna dopo aver coperto undici dittature e celebrato quattro trionfi.
La sua morte incoraggiò i Siciliani che chiedendo aiuti a Sparta intrapresero una lunga guerra contro Cartagine.
In quel periodo ambasciatori di Dario re di Persia arrivarono a Cartagine con la richiesta di aiuti militari contro la Grecia, che il re si preparava ad attaccare, e con un decreto che proibiva di sacrificare esseri umani, di mangiare carne di cane ed ordinava di bruciare i cadaveri invece di seppellirli.
I Cartaginesi declinarono la richiesta di aiuti in quanto - dissero - troppo impegnati a combattere con i vicini ma, per dimostrarsi disponibili, accettarono di buon grado le disposizioni del decreto.

II. Anche Amilcare morì in battaglia in Sicilia lasciando tre figli: Imilcone, Annone e Giscone.
I tre figli di Asdrubale si chiamavano Annibale, Asdrubale, e Saffo (probabilmente nome corrotto).
Con tanti generali fu ritenuto opportuno istituire un collegio di cento giudici scelti fra i senatori ai quali i comandanti dovevano render conto del proprio operato in guerra.
In Sicilia prese il comando Imilcone che riportò molti successi ma perse improvvisamente gran parte dell'esercito a causa di un'epidemia. Questa notizia portò angoscia e lutto a Cartagine dove le cerimonie religiose e gli affari pubblici e privati vennero sospesi.

III. Imilcone tornò a Cartagine con i pochi suoi uomini sopravvissuti alla pestilenza e dopo aver manifestato il proprio dolore si chiuse nella sua casa e si tolse la vita.

Libro XX


I. Temendo che l'ozio indebolisse il suo esercito, Dionisio decise di portarlo in Italia dove si scontrò con i Greci della costa e poi con i loro vicini. Questi coloni avevano occupato molti luoghi dell'Italia.
Gli Etruschi che abitavano le coste della Toscana venivano dalla Lidia, i Veneti della costa adriatica erano venuti da Troia sotto la guida di Antenore.
La città di Adria era fondazione greca, come la vicina Arpi costruita da Diomede.
Erano di origine greca anche Pisa, Tarquinia, Spina in Umbria, Perugia, Nola e molte altre città del Lazio, della Campania e del Bruzio.
Taranto fu fondata dagli Spartani, Turii da Filottete: vi si conservavano ancora un suo monumento e, nel tempio di Apollo, le frecce di Eracle.

II. Nel tempio di Minerva a Metaponto si conservavano gli attrezzi usati da Epeo per costruire il cavallo di Troia.
Metaponto si alleò con Sibari e Crotone progettando di prendere il controllo di tutte le colonie greche in Italia. Le tre città conquistarono Siris uccidendo cinquanta giovani supplici sotto la statua di Minerva ed il sacerdote della dea.
Colpiti da un'epidemia, i Crotoniati ed i Metapontini dovettero, in base ad un'oracolo, dedicare statue e sacrifici alla dea ed ai mani degli uccisi.
Tornata la salute i Crotoniati assediarono Locri che aveva aiutato Siris ed i Locresi chiesero aiuto agli Spartani, fu loro risposto di rivolgersi a Castore e Polluce. Lungi dall'offendersi gli ambasciatori consultarono quelle divinità ed ottenuti buoni auspici tornarono contenti a casa.

III. Sia Crotoniati che Locresi consultarono l'oracolo di Delfi e votarono ad Apollo i primi la decima parte del bottino, i secondi la nona.
Al momento dello scontro i Locresi, che erano in forte minoranza, decisero di combattere per una morte gloriosa, invece inaspettatamente vinsero la battaglia, anche grazie all'intervento di due misteriosi cavalieri di forza straordinaria prodigiosamente apparsi fra loro.

IV. Dopo questa sconfitta i Crotoniati abbandonarono le loro velleità di conquista e sarebbero passati a vita dissoluta se non fosse stato con loro il filosofo Pitagora.
Nato in Samo dal ricco mercante Demarato, Pitagora aveva studiato l'astronomia in Egitto e a Babilonia. A Creta e a Sparta aveva esaminato le leggi di Minosse e di Licurgo.
Si era infine trasferito a Crotone dove aveva autorevolmente promosso costumi frugali. I suoi insegnamenti spinsero tutti alla temperanza, tanto che le donne offrirono i loro ornamenti a Giunone per vestire abiti più modesti.
Dopo aver trascorso vent'anni a Crotone, Pitagora finì i suoi giorni a Metaponto, fra l'ammirazione dei cittadini che fecero un tempio della sua casa.

V. Dionisio conquistò Locri, quindi attaccò i Crotoniati ancora provati dalla guerra precedente che, tuttavia, resistettero validamente.
Intanto ambasciatori dei Galli che poco prima avevano devastato Roma portarono a Dionisio una proposta di alleanza che egli gradì.
I Galli erano stati spinti verso l'Italia dalle continue discordie nel loro paese. Sconfitti gli Etruschi avevano fondato Milano, Como, Brescia, Verona, Bergamo, Trento e Vicenza.
Gli Etruschi scacciati si trasferirono sulle Alpi dove diedero origine al popolo dei Reti.
Dionisio fu costretto a tornare in Sicilia dall'arrivo dei Cartaginesi che venivano a riprendere una guerra interrotta in precedenza a causa di un'epidemia.
Comandante supremo dei Cartaginesi era Annone.
Dionisio fu avvertito dell'arrivo dell'esercito nemico da Suniato, un nemico di Annone che gli inviò una lettera in greco. Quando Suniato venne scoperto il senato cartaginese proibì per il futuro lo studio del greco ai cittadini.
Poco tempo dopo Dionisio venne ucciso a tradimento dai suoi.

Libro XXI


I. Morto Dionisio i Siciliani affidarono il potere al figlio maggiore Dionisio il Giovane. Agli inizi del governo il nuovo tiranno si procurò il favore popolare liberando prigionieri e condonando tributi, ma poi eliminò i propri fratelli e tutti i parenti che avrebbero potuto minacciare il suo trono.

II. Governò con brutalità ed ingiustizia finché la popolazione si ribellò e lo costrinse a fuggire. Fu accolto dai cittadini di Locri quasi come se fosse il loro re ma presto ricominciò a compiere abusi ed atti di crudeltà, ad esiliare i cittadini più ricchi per impadronirsi dei loro beni.
III. I Locresi avevano giurato agli dei di far prostituire le loro donne se avessero vinto la guerra contro Reggio. Ne approfittò Dionisio il Giovane ordanizzando un ignobile festino ed ancora una volta escogitando nuovi modi per depredare i cittadini con la tortura e con il ricatto.
Cacciato dopo sei anni da Locri tornò in Sicilia e, giocando sulla sorpresa, riuscì a riprendere Siracusa.
IV Intanto a Cartagine anche Annone tramava per prendere il potere. Con il pretesto delle nozze della figlia organizzò un banchetto in cui intendeva avvelenare tutti i senatori. Il progetto fu sventato per la delazione della servitù, un altro tentativo di strage fallì ed Annone si chiuse in un castello fortificato con ventimila uomini.

V. Di nuovo spodestato a Siracusa, Dionisio andò in esilio a Corinto dove prese a vivere in modo misero cercando di nascondere il proprio passato a quanti disprezzavano la tirannia.

VI. Preoccupati per le imprese di Alessandro Magno, i Cartaginesi inviarono Amilcare detto Rodano a spiarne le intenzioni nei loro confronti.
Amilcare si spacciò per un esule e chiese di essere arruolato nell'esercito macedone, quindi cominciò a mandare in patria messaggi cifrati sulle attività di Alessandro.
Dopo la morte del re tornò a Cartagine ma i suoi concittadini, invidiosi del suo successo, lo trattarono come se li avesse traditi e lo fecero morire.

Libro XXII


I. Agatocle di Siracusa era di umili origini. In gioventù, approfittando della propria avvenenza, era vissuto prostituendosi a uomini e donne. Successivamente praticò il furto, quindi entrò nella milizia siracusana e qui, essendo forte e buon parlatore, divenne presto tribuno dei soldati.
Si distinse nelle guerre contro gli Etnei e contro i Campani e quando il suo comandante morì ne prese il posto e ne sposò la vedova.
Tentò due volte di prendere il potere a Siracusa ma venne esiliato.

II. Dall'esilio raccolse truppe sufficienti per assediare i Siracusani i quali chiesero aiuto ad Amilcare, comandante delle forze cartaginesi in Sicilia, ma Agatocle trattò con Amilcare chiedendogli di fare da arbitro e riuscì a tornare a Siracusa e ad essere nominato pretore.
Poco dopo, con cinquemila uomini fornitigli da Amilcare, prese il potere eliminando ogni possibile oppositore.

III. Arruolato un esercito, Agatocle prese a molestare le città vicine comprese quelle alleate dei Cartaginesi che si rivolsero a Cartagine protestando contro di lui e contro Amilcare.
Il senato cartaginese decise di condannare Amilcare ma questi morì prima che la sentenza venisse eseguita.
Agatocle mosse guerra ai Cartaginesi ma venne sconfitto due volte da Amilcare figlio di Giscone.

IV. Amilcare di Giscone assediò Siracusa ed Agatocle decise di portare la guerra direttamente in Africa. Reclutò il maggior numero possibile di uomini e con loro si imbarcò alla volta di Cartagine.

V. Partì con i figli Arcagato e Eraclida, era nel settimo anno del suo regno.
Giunto alle coste africane espose alle truppe il suo progetto che consisteva nello sconfiggere i Cartaginesi per liberare la Sicilia ed unificarla sotto il suo dominio.

VI. Affrontò Agatocle il generale Annone con trentamila soldati. Nella battaglia perirono duemila Siciliani e tremila Cartaginesi fra i quali lo stesso Annone.
I Siracusani conquistarono diverse città e fortezze e si accamparono nei pressi di Cartagine cominciando a ricevere aiuti da città tributarie dei Cartaginesi, liete di vedere i loro dominatori in difficoltà.

VII. Quando si seppe che Antandro fratello di Eraclide aveva sconfitto gli assedianti di Siracusa, il re di Cirene Ofella, già alleato dei Cartaginesi, si accordò con Agatocle stabilendo che a guerra finita avrebbe avuto l'Africa ed il tiranno siracusano la Sicilia. Tuttavia quando l'esercito messo a disposizione da Cirene si fu unito al suo, Agatocle se ne impadronì uccidendo Ofella a tradimento.
Con le nuove risorse inferse al nemico una nuova sconfitta. I Cartaginesi ne incolparono il loro re Bomilcare che venne crocifisso.

VIII. Lasciando il comando al figlio Arcagato, Agatocle trascorse un periodo in Sicilia dove molte città gli si sottoposero spontaneamente, ma al suo ritorno in Africa trovò le sue truppe in rivolta per non aver ricevuto il salario. Ripristinò a stento la disciplina ma al primo combattimento fu tragicamente battuto e perse molti uomini. Fuggì in seguito in Sicilia abbandonando anche i figli che furono uccisi dai soldati quindi le sue truppe si arresero ai Cartaginesi.
Successivamente Agatocle concluse la pace con i comandanti del nuovo esercito cartaginese giunto in Sicilia per mettere fine alla guerra.

Libro XXIII


Soggiogate varie città della Sicilia, Agatocle passò in Italia dove i primi nemici da affrontare erano i Bruzii, popolo particolarmente feroce. Discendevano dai Lucani che usavano allevare i bambini secondo i costumi spartani in condizione estremamente dure per abituarli fin da piccoli alle sofferenze della guerra.
Inizialmente i Bruzii furono un gruppo di pastori e di servi dei Lucani che si ribellò e, ottenuta l'indipendenza, fece guerra alle città vicine e sconfisse Alessandro re dell'Epiro sopraggiunto per aiutare le città greche.
Avuta notizia delle intenzioni di Agatocle, i Bruzii avevano mandato ambasciatori a proporgli amicizia ma Agatocle aveva evitato di incontrarli e aveva passato lo stretto. La sua permanenza in Italia tuttavia fu breve perché una grave malattia lo costrinse a rientrare. Il figlio ed erede designato (Agatocle II) venne ucciso da un nipote (Arcagato, diverso dal primogenito di Agatocle) che usurpò il regno. Per metteli al sicuro Agatocle mandò la moglie Teossena e i figli avuti da lei (Teossena d'Egitto e Arcagato di Libia) in Egitto e poco dopo morì.
Alla notizia della morte di Agatocle i Cartaginesi si affrettarono a sbarcare in Egitto e a occupare diverse città. Anche Pirro passò in Sicilia e, operate varie conquiste, si fece proclamare re dell'isola quindi affrontò i Cartaginesi sconfiggendoli rapidamente. Quando gli giunsero pressanti appelli dall'Italia dove i suoi alleati stavano cedendo ai Romani, traghettò di nuovo l'esercito ma così facendo deluse i Siciliani che si ribellarono togliendogli il regno appena conquistato.
In Italia fu sconfitto dai Romani e dovette tornare in Epiro con una miserevole ritirata.
In Sicilia salì al potere Gerone che ebbe il comando contro i Cartaginesi. Una leggenda sul suo conto diceva che era stato esposto perché nato da una schiava ed era stato nutrito dalle api. Questo e altri prodigi avevano preannunciato dall'infanzia il suo regale destino.

Libro XXIV


Su iniziativa degli Spartani molte città della Grecia si allearono per recuperare la libertà approfittando della guerra fra Tolomeo Cerauno, Antioco e Antigono. Con un pretesto attaccarono gli Etoli alleati di Antigono ma furono sconfitti.
Nel frattempo Tolomeo aveva cacciato Antigono impadronendosi della Macedonia e aveva fatto pace con Antioco. Tolomeo progettò di eliminare i nipoti ai quali aveva usurpato il regno e, con questo fine, convinse con falsi giuramenti la loro madre Arsinoe vedova di Lisimaco, che era sua sorella, a sposarlo malgrado i sospetti di lei. Una volta celebrato il matrimonio, Tolomeo occupò la città di Cassandria che apparteneva a Arsinoe e fece uccidere Lisimaco e Filippo figli di lei.
Arsinoe andò in esilio in Samotracia e poco dopo Tolomeo morì prigioniero dei Galli.
Essendo troppo numerosi per il loro paese, trecentomila Galli erano partiti per conquistare nuove terre, una parte in Italia e una parte in Pannonia. Dopo molti anni dalla Pannonia mossero contro la Grecia e la Macedonia.
Mandarono ambasciatori a Tolomeo per offrirgli di comprare la pace ma Tolomeo li respinse con arroganza e pochi giorni dopo i Macedoni furono massaacrati, Tolomeo catturato e decapitato. Fra la disperazione dei Macedoni uno di loro, di nome Sostene, prese il comando e riuscì a respingere gli invasori. Per il suo valore fu proclamato re dall'esercito.
Brenno, comandante dei Galli, mosse contro la Macedonia con centocinquantamila uomini, troppi per i soldati di Sostene che furono costretti a chiudersi nelle città mentre i Galli saccheggiavano le campagne. Quindi Brenno decise di saccheggiare il tesoro del santuario di Delfi sul monte Parnaso.
Il santuario era circondato da vigneti e tenute in cui era custodito molto vino. Brenno commise l'errore di consentire ai suoi di riposare prima dell'assalto e quelli si gettarono sul vino dando tempo agli abitanti di Delfi e ai loro alleati di organizzare delle difese.
I Galli attaccarono ancora confusi dai fumi del vino bevuto e mentre tentavano di scalare il Parnaso i difensori li bersagliavano con le pietre e con le armi. Gli indovini urlavano di aver evocato il nume, improvvisamente un terremoto fece crollare le pareti del monte travolgendo l'esercito dei Galli e una tempesta si abbattè sui sopravvissuti.
Straziato dalle ferite Brenno si uccise e solo poche migliaia di Galli intrapresero una dolorosa ritirata durante la quale quasi tutti perirono per gli stenti e i pericoli.

Libro XXV


Intanto i Galli rimasti in Grecia mandarono ambasciatori a Antigono per offrirgli di comprare la pace. Antigono mostrò loro grandi ricchezze, le sue navi e i suoi elefanti, ma invece di spaventarli come sperava aumentò il loro appetito di conquista.
La notte successiva infatti i Galli assaltarono gli alloggiamenti di Antigono ma li trovarono deserti e svuotati delle ricchezze viste dagli ambasciatori, passarono allora alla spiaggia per saccheggiare le navi ma qui furono massacrati dai rematori e dai soldati che li aspettavano nascosti.
Nel frattempo dalla Sicilia Pirro mandava messaggeri a Antigono per chiedere rinforzi minacciando di attaccarlo in caso di rifiuto. Quando Antigono rispose negativamente Pirro tornò in Epiro affidando la rocca di Taranto al figlio Eleno. Passato in Macedonia sconfisse Antigono che fuggì a Tessalonica e occupò il suo regno.
Antigono tentò di rifarsi con un esercito di mercenari galli ma fu ancora sconfitto da Tolomeo figlio di Pirro e si ritirò in esilio.
Pirro si volse contro la Grecia ed attaccò Sparta. Fu sconfitto e suo figlio Tolomeo fu ucciso mentre combatteva con temerità come era solito. Passò quindi ad assediare Argo dove si trovava Antigono e qui morì colpito da una pietra lanciata dalle mura.
Pirro, a detta di molti scrittori, fu un campione di giustizia e un grande esperto di strategia militare, tanto che riportò vittorie contro gli eserciti più forti del suo tempo e rese famoso il suo paese in precedenza oscuro e quasi sconosciuto.

Libro XXVI


Dopo la morte di Pirro scoppiarono molte guerre in Grecia e in Asia, il tiranno Aristotimo ne approfittò per impadronirsi di Elea e commettere ogni abuso, mandò a morte o in esilio gli avversari, ne imprigionò le mogli, fece stuprare le figlie ed uccidere i figli.
Un anziano cittadino di nome Ellanico organizzò una congiura e Aristotimo fu ucciso dopo aver tenuto il potere per cinque mesi.
Intanto Antigono si preparava ad attaccare i Galli e questi, visti gli orribili presagi degli indovini, decisero di sacrificare le proprie famiglie per propiziare gli dei e massacrarono le mogli e i figli. Ovviamente questo eccidio non servì ad evitare loro la sconfitta e furono sterminati dai soldati di Antigono come se anche gli dei avessero combattuto contro di loro.
Dopo questa vittoria Antigono volse le armi contro gli Ateniesi ma dovette tornare in patria per frontaggiare Alessandro re dell'Epiro il quale aveva attaccato la Macedonia per vendicare la morte del padre Pirro. Fu però abbandonato dai suoi soldati e perse il regno che fu recuperato da suo figlio Demetrio il quale riuscì a conquistare anche l'Epiro deponendo Alessandro.
Più tardi Alessandro riprese il trono d'Epiro con l'aiuto dei suoi alleati.
Morì Magas re di Cirene che aveva promesso la figlia Berenice [Berenice II Evergete] a suo fratello Tolomeo [Tolomeo II Filadelfo] contro la volontà della moglie Arsinoe [Apama II figlia di Antioco I]. Questa, rimasta vedova, chiamò Demetrio fratello di Antigono [detto Demetrio il Bello] e gli offrì il regno di Cirene e la mano di Berenice.
Demetrio accorse a Cirene dove non fu gradito ai soldati e al popolo che preferivano Tolomeo. Divenne amante di Arsinoe e proprio mentre si trovava nel suo letto venne ucciso da congiurati mentre Arsinoe fu risparmiata per intercessione di Berenice.

Libro XXVII


Alla morte di Antioco II re della Siria prese il potere il figlio Seleuco II Callinico il quale, d'accordo con la madre Laodice, ordinò subito di uccidere Berenice prima moglie del padre e il figlioletto di lei.
Berenice cercò rifugio nella città dai Dafne ma venne comunque raggiunta e uccisa dai sicari di Seleuco (246 a.C.) prima che il fratello Tolomeo III riuscisse a portarla in salvo. Il misfatto procurò a Seleuco la perdita di molte città che vollero passare a Tolomeo ma questi fu costretto a tornare in patria per sedizioni locali e Seleuco mise a punto un'armata per punire le città ribelli ma fece naufragio perdendo la flotta e gran parte dei soldati.
La ribellione rientrò ma Seleuco volendo vendicarsi di Tolomeo chiese aiuto al fratello Antioco detto Ierace (avvoltoio) per la sua avidità il quale, con il vero obiettivo di estendere il proprio dominio a spese dei fratelli, intervenne con un esercito di marcenari galli. Antioco sconfisse Seleuco ma i Galli si rivoltarono contro di lui che per salvarsi se li fece alleati.
Di questa situazione approfittò Eumene re di Bitinia che attaccò il vincitore Antioco e i suoi mercenari e li sconfisse occupando buona parte dell'Asia. Antioco e Seleuco, tuttavia, continuarono a combattere fra loro.
Sconfitto, Antioco errò a lungo e infine si consegnò a Tolomeo che lo fece imprigionare, riuscì ancora a fuggire ma fu ucciso durante la fuga.
Negli stessi giorni Seleuco morì cadendo da cavallo.

Libro XXVIII


Olimpiade figlia di Pirro rimasta vedova dello sposo e fratello Alessandro assunse la tutela dei figli Pirro e Tolomeo. Per avere difesa dagli Etoli fece sposare la figlia Ftia a Demetrio re di Macedonia ma poiché questi era già sposato con la sorella di Antioco re di Siria ne derivò una guerra fra Demetrio e Antioco.
Intanto gli Etoli continuavano a minacciare Acarnania ed Epiro e cacciarono insultandoli gli ambasciatori romani venuti in missione di pace.
Olimpiade perse in breve tempo i figli Pirro e Tolomeo e lei stessa morì per il dolore. Della stirpe regale epirota rimasero soltanto Nereide che sposò Gelone figlio del tiranno siciliano e Laodamia che fu uccisa da un uomo impazzito che poi si suicidò in modo orrendo.
Morì anche Demetrio il cui figliio Filippo fu affidato a Antigono che sposò la vedova e cercò di avere il trono, ma qualche tempo dopo, minacciato dai variabili umori del popolo, rinunciò alla corona. Poco dopo fece guerra agli Spartani che si difesero eroicamente ma furono sconfitti. Il re Cleomene fuggì in Egitto con la famiglia e fu accolto con onore da Tolomeo ma quando questi morì il figlio eliminò Cleomene e i suoi parenti.
Antioco evitò di saccheggiare Sparta e perdonò i superstiti. Morì poco dopo lasciando il potere al figlio quattordicenne Filippo.

Libro XXIX


In quel periodo si verificarono molti cambiamenti sui troni: in Macedonia Filippo prese il posto di Antigono, in Asia Antioco sostituì Seleuco, in Cappadocia Ariamene abdicò in favore del figlio Ariarate, il trono d'Egitto fu occupato da Tolomeo dopo aver ucciso il padre e la madre.
A Sparta Cleomene, fuggito in Egitto, fu sostituito da Licurgo; in Africa il comando fu affidato a Annibale ancora molto giovane.
Demetrio re degli Illiri che era stato vinto dal console Paolo se ne lamentò con Filippo e lo convinse a far guerra ai Romani. Filippo era certo che una volta conclusa la guerra fra Roma e Cartagine il vincitore avrebbe attaccato la Grecia e la Macedonia.
Seguendo gli eventi di quella guerra sepper di due sconfitte subite dai Romani e dichiarò loro guerra mentre mandava a Annibale proposte di alleanza.
Il pretore Levino, inviato in Grecia per bloccare la flotta di Filippo in partenza per l'Italia, riuscì a convincere gli Etoli a prendere le armi contro Filippo e fece alleanza con il re Attalo. I Dardani approfittarono della situazione per attaccare le terre macedoni loro confinanti e Levino prese a saccheggiare città greche. Demetrio continuava a fare pressioni e Filippo, non riuscendo a controllare la situazioone, concluse la pace con i Romani.
Libro XXX


In Egitto Tolomeo [Tolomeo IV Filopatore] dopo essersi impossessato del regno ed aver eliminato i fenitori, si dedicava all'ozio e alla lussuria, abitudini alle quali molti suoi cortigiani si erano volentieri adeguati.
Antioco [Antioco III re di Siria] pensò di approfittare della sua debolezza e attaccò l'Egitto ma Tolomeo corse ai ripari assoldando un grosso esercito di mercenari grec i che respinse rapidamente l'invasione.
Tornato al suo ozio Tolomeo uccise la moglie Euridice per dedicarsi all'amante Agatoclia. Questa divenne tanto potente che in breve insieme alla madre e a un fratello prese a dirigere nell'ombra le sorti del regno.
In quei giorni Tolomeo morì [205 a.C.] lasciando un figlio di cinque anni [Tolomeo V Epifane]. Agatoclia tenne a lungo segreta la morte del re mentre si impossessava del tesoro ma infine il popolo insorse, suo fratello fu ucciso, lei e la madre vennero crocifisse.
Gli Alessandrini invitarono i Romani ad assumere la tutela del piccolo Tolomeo e la difesa del regno contro Antioco e Filippo. I Romani che desideravano vendicare i problemi creati da Dilippo durante la guerra punica accettarono di buon grado, inviarono Marco Lepido come tutore di Tolomeo e intimarono a Antioco e Filippo di non molestare l'Egitto.
Ambasciatori di Rodi e del re Attalo denunciarono al senato romano le violenze di Filippo e i Romani dichiararono senz'altro guerra alla Macedonia. Filippo, aggredito anche da molte altre città greche, chiese la pace e fu stabilita una tregua per le trattative. Il Senato non accettò la pace e l'esercito macedone fu sconfitto da quello del console Flaminino. Filippo mantenne il regno di Macedonia ma fu privato di tutte le città greche.
Gli Etoli che avrebbero desiderato la Macedonia si ritennero offesi e persuasero Antioco a far guerra ai Romani.

Libro XXXI


Morto Tolomeo Filopatere, Antioco occupò la Fenicia e varie città sottoposte all'Egitto. I Romani inviarono ambasciatori per dissuaderlo dalla guerra ma non ottenendo risultati con mezzi diplomatici lo attaccarono sconfiggendolo immediatamente. Prolungarono quindi il comando a Flòaminino perché liberasse le città greche occupate dal tiranno Nabi alleato di Antioco.
Preoccupati da voci su una segreta alleanza di Annibale con Antioco, i Romani inviarono in Africa Gneo Servilio per indagare e, se possibile, eliminare Annibale, ma Annibale presentì il pericolo e partì alla volta della Siria.
Intanto Flaminino aveva liberato le città greche sconfiggendo Nabi ma non appena l'esercito romano fu rientrato in Italia Nabi aggredì nuovamente quelle città. Reagirono gli Achei affidando il comando a Filopemene che si dimostrò abilissimo comandante.
Annibale convinse Antioco a finanziare una nuova impresa contro Roma fornendogli navi e soldati e quindi inviò un messo a Cartagine per ottenere altrewttanto ma qui i suoi personali avversari avvertirono i Romani della sua iniziativa. Ambascitori romani convinsero allora Antioco che Annibale intendesse tradirlo.
Annibale insisteva che i Romani andavano combattuti in Italia per privarli delle loro risorse alla fonte ma i generali del re e lo stesso Antioco dissentivano perché gelosi di un eventuale successo del cartaginese. Tuttavia quando subì una sconfitta contro il console Acilio, Antioco si pentì di non aver ascoltato Annibale e sperò che l'arrivo annunciato di una flotta romana potesse essere occasione di riscossa.
Annibale ebbe il comando ma i soldati di Antioco non erano all'altezza dei Romani ed egli riuscì soltanto a limitare le perdite.
Fu eletto console Lucio Scipione che passò in Asia con il fratello Scipione Africano come luogotenente. Antioco, che aveva in precedenza catturato un figlio di Scipione, tentò di offirlo per ingraziardi il generale romano ma questi non accettò di confondere i propri drammi familiari con lòe sue funzioni politiche e militari.
Antioco rifiutò di deporre il potere come chiedevano i Romani e si venne alla guerra, alla prima battaglia Antioco fu costretto ad arrendersi e chiedere di nuovo la pace.
Libro XXXII


Dopo la sconfitta di Antioco anche gli Etoli furono sottomessi dai Romani. Scoppiò una guerra fra Achei e Messeni e Filopemene famoso guerriero acheo fu fatto prigioniero. I Messeni mostrarono per lui grande rispetto e ammirazione, infine lo condussero in carcere e gli porsero il veleno che egli bevve senza opporre resistenza. Poco dopo Licotra prese il comando degli Achei e sconfisse i Messeni vendicando Filopemene.
Antioco tentò di derubare il tempio di Giove Elimeo e sorpreso dai custodi venne ucciso.
Filippo di Macedonia inviò a Roma il figlio Demetrio a difenderlo delle accuse mosse dalle città greche. Il giovane tacque confuso di fronte alle molte accuse e i senatori, apprezzando la sua modestia, decisero l'assoluzione del padre, tuttavia questo successo procurò a Demetrio la gelosia del fratello Perseo e l'indignazione dello stesso Filippo che non gradì di essere stato perdonato per le virtù del figlio e non per la sua regalità.
Perseo congiurò con dei delatori e calunniò Demetrio fino a convincere il padre a condannarlo a morte. Più tardi Filippo si rese conto dell'inganno e morì di crepacuore prima di aver punito Perseo. Questi sfrutto i preparativi bellici del padre per far guerra ai Romani alleandosi con gli Scordisci.
Dopo la pace fra Antioco e i Romani, che prevedeva anche la consegna di Annibale, il Cartaginese si rifugiò presso il re Prusia e poi nell'isola di Creta. Anni dopo tornò da Prusia e lo aiutò a sconfiggere il re Eumene con un insolito espediente: fece gettare sulle navi nemiche dei vasi di terra piene di serpenti che portarono lo scompiglio fra gli equipaggi.
I Romani funsero da mediatori fra Prusia e Eumene e richiesero ancora la consegna di Annibale ma questi li prevenne togliendosi la vita con il veleno.
Libro XXXIII


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Libro XXXIV


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Libro XXXV


Ottenuto il regno di Siria, Demetrio I Sotere si volse ad ampliare i confini del suo dominio e si propose di aiutare Oroferne contro il fratello Ariarate che lo aveva cacciato dal regno di Cappadocia.
Tuttavia Oroferne si alleò con i ribelli di Antiochia proprio contro Demetrio che lo fece catturare e lo tenne prigioniero mentre gli Antiochiesi ricevevano aiuto da Ariarate, Attalo di Pergamo e Tolomeo d'Egitto.
La lega così formata sostenne un certo Bala di infima origine come rivale di Demetrio e per dar lustro al personaggio gli impose il nome di Alessandro.
Demetrio era odiato da tutti e Alessandro Bala dispose di tali forze alleate che rapidamente lo sconfisse e lo uccise impadronendosi del trono dei Seleucidi.
Demetrio aveva affidato due figli ad un amico per preservarli dal pericolo e più tardi il maggiore dei due attaccò Alessaandro Bala con l'aiuto dei Cretesi. Anche gli Antiochiesi passsarono a Demetrio II disgustati della superbia e dell'inettitudine del nuovo re e Bala fu a sua volta abbattuto ed ucciso.


Libro XXXVI


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Libro XXXVII


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Libro XXXVIII


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Libro XXXIX


Morto Antioco, suo fratello Demetrio fu liberato dai Parti e riprese il potere. Su proposta della suocera Cleopatra II decise di fare guerra al fratello di lei Tolomeo VIII ma durante la sua assenza il popolo della Siria si ribellò.
Tolomeo, sperando che i Siriani avrebbero accolto volentieri un pretendente al trono in sostituzione di Demetrio, inviò un giovane egiziano che sostenne di essere stato adottato dal re Antioco morto in Partia. Proprio in quei giorni arrivò in Siria la salma di Antioco e il giovane, che si faceva chiamare Alessandro [Alessandro III Zabina], ne curò personalmente le esequie guadagnando la simpatia popolare.
Con l'esercito egiziano che lo scortava, Alessandro sconfisse Demetrio che fuggì a Tiro ma venne trucidato.
Suo figlio Seleuco [seleuco V Filometore] si autoproclamò re di Siria e fu fatto uccidere dalla madre Cleopatra Tea per non aver rispettato la sua autorità, quindi Cleopatra Tea fece incoronare l'altro figlio Antioco VIII Gripo ma in realtà intendeva detenere personalmente il potere.
Alessandro occupò il regno di Siria ma si comportò con superbia e arroganza anche nei confronti di Tolomeo e questi, riconciliatosi con la sorella, decise di eliminarlo.
Tolomeo mandò grossi aiuti a Antioco Gripo e gli fece sposare la propria figlia Cleopatra Trifena. Incoraggiati dal vedere Gripo sostenuto dagli Egiziani, i sudditi di Alessandro si ribellarono ed egli fuggì in Antiochia dove commise sacrilegio derubando un tempio di Giove. Poco dopo fu catturato e consegnato a Gripo che lo fece uccidere.
Cleopatra Tea, constatato che il figlio Gripo ormai deteneva il potere e l'aveva esautorata, tentò di ucciderlo ma Gripo la costrinse a bere il veleno che lei gli porgeva.
Dopo otto anni di tranquillità scoppiò la guerra fra Antioco VIII Gripo e il fratellastro Antioco IX Ciziceno.
Morì Tolomeo lasciando alla moglie [Cleopatra III] la facoltà di scegliere il suo successore fra uno dei suoi figli [Tolomeo IX Latiro e Tolomeo X Alessandro]. Il popolo la costrinse a scegliere il figlio maggiore che prima di avere il regno dovette ripudiare la moglie Cleopatra e sposare Selene, Cleopatra sposò allora Ciziceno e questi, con risorse militari fornite dalla moglie, fece guerra a Gripo.
Sconfitto, Ciziceno si rifugiò a Antiochia, dove fu assediato. Durante l'assedio Trifena moglie di Gripo cercò Cleopatra e pretese che fosse uccisa nonostante la contraria volontà di suo marito. Più tardi fu Ciziceno a far uccidere Trifena.
Cleopatra (moglie di Tolomeo VIII) suscitò una rivolta contro il figlio (Tolomeo IX Latiro), gli tolse la moglie Selene e lo mandò in esilio richiamando l'altro figlio (Tolomeo X Alessandro), quindi mandò aiuti a Ciziceno contro Gripo per timore che quest'ultimo aiutasse Tolomeo IX.
Più tardi Tolomeo X Alessandro, minacciato dalle trame della madre, la fece morire (101 a.C.).

Libro XL


Il regno di Siria era stremato dalle lotte interne e dalla guerra di successione, perciò il popolo decise di ricorrere a un sovrano straniero. Si pensò a Mitridate del Ponto ma lo si escluse perché impegnato nella guerra contro i Romani, furono esclusi anche i Tolomei in quanto nemici storici della Siria, alla fine fu scelto Tigrane d'Armenia il quale ricevette il regno e lo governò per diciotto anni pacificamente.
Quando un terribile terremoto uccise centosettantamila persone e distrusse molte città gli indovini lo interpretarono come presagio di grandi cambiamenti, infatti il generale romano Lucullo depose Tigrane e proclamò re di Siria Antioco [Antioco XIII Asiatico] (69 a.C.).
Pompeo, tuttavia, ritenendo indegno di regnare Antioco che era rimasto nell'ombra durante gli anni di regno di Tigrane lo depose e ridusse la Siria a provincia romana. (65 a.C.).

Libro XLI


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Libro XLII


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Libro XLIII


Questo libro nell'opera di Trogo trattava la storia arcaica di Roma in modo molto sintetico.
I primi abitatori d'Italia furono gli Aborigeni che vivevano in perfetta eguaglianza sotto il re Saturno, la parità dei loro diritti era ricordata a Roma con le feste saturnali durante le quali la condizione dei servi veniva pareggiata a quella dei padroni.
L'Italia in quei tempi si chiamò Saturnia e il monte dove il re aveva la sua dimora ebbe il nome di Monte Saturnio, poi mutato in Campidoglio.
Il terzo re fu Fauno (viene omesso Pico) che ricevette in Italia Evandro venuto dall'Arcadia e gli assegnò terreni sul colle da lui chiamato Palatino. Qui Evandro dedicò una statua al dio Pan (per i Romani Luperco) dalla quale ebbero origine le feste lupercali.
Ercole stuprò una figlia di Fauno e ne nacque Latino che regnava nel Lazio all'arrivo di Enea. Latino volle associare Enea al suo regno e gli fece sposare sua figlia Lavinia ma poi dovettero combattere insieme contro Turno re dei Rutuli, già fidanzato con Lavinia.
In questa guerra morirono Turno e Latino e Enea, divenuto re di entrambi i popoli, fondò una città che chiamò Lavinio in onore della moglie.
Enea morì combattendo contro l'etrusco Mezenzio e gli successe il figlio Ascanio fondatore di Albalonga che fu capitale del regno. Dopo una serie di re il trono andò a Numitore ma fu usurpato dal fratello Amulio il quale, per evitare che Numitore avesse eredi maschi, costrinse la figlia Rea Silvia a farsi vestale.
Rimasta comunque incinta, forse per opera di Marte, Rea Silvia partorì due gemelli che Amulio fece esporre.
La fortuna volle che i due neonati fossero allattati da una lupa finché non li trovò il pastore Faustolo che li adottò chiamandoli Remo e Romolo.
I gemelli divennero molto forti ma un giorno Remo fu rapito dai ladri che egli stesso insieme a Romolo aveva più volte scacciato e fu accusato davanti a Amulio di derubare il gregge di Numitore. Amulio consegnò Remo al fratello ma il tempestivo intervento di Faustolo convinse Numitore che i gemelli erano suoi nipoti.
I due giovani uccisero Amulio, rfestituirono il trono a Numitore ed edificarono Roma, istituirono il senato e rapirono le Sabine per compensare la carenza di donne. Presto Roma ebbe la supremazia sui popoli vicini.
Ai tempi di Tarquinio Prisco una spedizione di Focesi approdò alla foce del Tevere e strinse rapporti amichevoli con i Romani quindi, continuando a navigare, giunse al mare della Gallia. Proti, uno dei capi della spedizione, sposò Gitti figlia di Nanno re dei Segobrigi ed ebbe un territorio alla foce del Rodano dove fondò Marsiglia.
I Greci di Marsiglia combatterono a lungo contro i Liguri che non tolleravano la loro vicinanza, infine li sconfissero e fondarono altre colonie. La presenza greca nella regione avviò un processo di civilizzazione dei Galli che cominciarono ad accantonare i loro costumi barbarici.
Morto Nanno divenne re il figlio Comano il quale, istigato dai Liguri, attaccò Marsiglia a sorpresa durante la festa per la dea Flora ma venne sconfitto ed ucciso. In seguito i Marsigliesi combatterono ancora contro i Liguri e i Galli riportando diverse vittorie, combatterono anche contro i Cartaginesi per questioni mercantili, li sconfissero e conclusero la pace. I Marsigliesi furono sempre leali alleati dei Romani e quando questi subirono l'invasione dei Galli si prodigarono per aiutarli a pagare il riscatto.
Il libro di Pompeo Trogo si concludeva con alcune memorie dei suoi antenati che avevano combattuto con Pompeo contro Sertorio e contro Mitridate e di suo padre che aveva militato sotto Giulio Cesare.

Libro XLIV


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