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IL ROMANZO DELLA VOLPE


Il Romanzo della volpe è in realtà una raccolta di favole che diversi autori rimasti anonimi hanno composto fra il dodicesimo ed il tredicesimo secolo, nella Francia Settentrionale.
In uno stile particolare che si contrappone a quello epico della Chanson de gest e non somiglia a quello della letteratura francese, vengono narrate le avventure della volpe Renard in un contesto di animali "umanizzati" nel quale gli esseri umani compaiono raramente e sempre con ruoli marginali.
Principale antagonista di Renardo è il lupo Insegrino del quale Renardo ha sedotto la moglie Ersenta, Insegrino e suo fratello Primasso subiscono continuamente le ruberie di Renardo e le sue beffe spesso atroci cadendo, causa la loro ingenuità, in trappole, tagliole, agguati verso i quali l'eloquenza e l'astuzia della volpe di volta in volta li sospingono.
Molto spesso il "movente" di Renardo è la fame: per fame ruba prosciutti e pollame, per fame tenta di mangiare il gallo Cantachiaro e divora la nidiata del passero Dorino ed un'intera famiglia di Nibbi.
Tuttavia Renard può agire anche per altri stimoli come il desiderio di vendetta o di rivalsa verso chi lo ha a sua volta giocato o accusato, come la pura voglia di avventura o, più semplicemente, la noia.
Fa da sfondo una comunità "borghese" di famiglie animali dove non mancano personaggi singolari (e qui la satira è più evidente) come il cammello giurista che farnetica in latino o come il somaro Bernardo, arciprete.
In questa comunità il potere è rappresentato dal re della foresta (ovviamente un leone) che vede la pace che ha solennemente decretato per il suo regno continuamente turbata dalle bravate della volpe.
Se quando si trova alle prese con monaci o contadini armati di bastone Renardo trova sempre la salvezza nella velocità delle sue zampe, quando deve fare i conti con la giustizia ricorre all'astuzia e all'eloquenza.
Più volte trascinato in giudizio (per la sua relazione con Ersenta, per l'uccisione della gallina Picchietta "vergine e martire" e per altre malefatte), Renard sfoggia un profondo pentimento ottenendo sempre che la condanna alla forca venga commutata in altre pene come partire per la crociata o farsi monaco. Ma sono episodi di breve durata, appena può Renard si da di nuovo alla macchia deridendo ed esasperando il re e tutti i suoi cortigiani.
Infine Renardo elude l'ultima chiamata in giudizio facendo credere a tutti di essere morto. Ci riesce con l'ennesima astuzia, approfittando della fresca sepoltura di un contadino suo omonimo ed ottenendo "alla memoria" il perdono ed il compianto generali.