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Publio Terenzio Afro
IL PUNITORE DI SE STESSO
(Heautontimorumenos)
Personaggi:
Cremete
Menedemo
Clitifone
Clinia
Siro (servo di Cremete)
Dromone (servo di Menedemo)
Bacchide
Antifila
Sostrata
Cantara
Frigia (una serva)
Nel prologo, che veniva recitato dal direttore della compagnia,
Terenzio
non anticipa l'argomento della commedia della quale si limita ad annunciare la novità nel senso che nessun autore latino ha in precedenza ripreso l'originale greco di riferimento.
Il prologo afferma di essere il
difensore
dell'autore sostenendo la correttezza del procedere per
contaminatio
come avevano già fatto molti illustri commediografi e soprattutto negando l'accusa che
Terenzio
sia solo un prestanome degli influenti personaggi che lo proteggono.
ATTO PRIMO
Il vecchio Menedemo è intento al lavoro nei campi quando riceve la visita del vicino Cremete che la notato la sua alacrità ed è curioso di conoscerne la ragione. Menedemo confida a Cremete di aver abbandonato una vita agiata ed aver scelto il duro lavoro agricolo per punire se stesso. La colpa che Menedemo non riesce a perdonarsi consiste nel non aver avuto comprensione per suo figlio innamorato di una giovane e nell'averlo rimproverato così duramente da spingerlo a partire per l'Asia in cerca di fortuna. Venduta la sua casa e molti altri beni, Menedemo ha comperato il campo dove ora si massacra di lavoro.
Tornato a casa, Cremete viene a sapere dal figlio Clitifone che Clinia, il giovane figlio di Menedemo, è rientrato in città e si trova nella loro casa. Preoccupato dell'ira paterna e dubbioso dell'amore della fidanziata, Clinia ha chiesto aiuto ed ospitalità all'amico Clitifone.
Cremete sa che Clinia non ha nulla da temere dal padre ma, per il momento, decide di tacere.
ATTO SECONDO
Clitifone è segretamente innamorato della cortigiana Bacchide, ma non ottiene dal padre i mezzi per soddisfare i desideri e le richieste di lei.
Secondo uno schema molto usato nella commedia antica è un servo a darsi da fare per risolvere i problemi amorosi dei personaggi: in questo caso si tratta di Siro, servo di Cremete. L'uomo, che è andato a chiamare Antifila (la ragazza amata da Clinia) e Bacchide ha ordito un piano per il quale è necessario che Clinia finga di amare Bacchide mentre Antifila sarà nascosta presso la madre di Clitifone. Per il momento il servo rifiuta di spiegare il suo progetto ma raccomanda che ognuno reciti la propria parte alla perfezione.
ATTO TERZO
Il terzo atto è giocato sugli equivoci. Cremete decide di svelare il ritorno di Clinia a Menedemo ma quando questi si dichiara disposto a dilapidare ogni avere pur di accontentare il figlio, Menedemo gli consiglia di far credere di essere truffato da qualcuno invece di mostrarsi troppo generoso.
Del resto Cremete, evidentemente ingannato da Siro, crede che la ragazza amata da Clinia sia Bacchide e non Antifila ed attribuisce la condizione di Bacchide (che è una cortigiana) alla solitudine ed alla miseria in cui si sarebbe trovata dopo la partenza di Clinia.
Rivolgendosi a Siro, invece, Cremete lo invita ad escogitare un inganno per fare in modo che Clinia ottenga dal padre il denaro necessario per esaudire i desideri della sua amata. Siro non esita a parlare della sua idea: Bacchide, dice, aveva prestato mille dracme ad una vecchia di Corinto. Ora che la vecchia è morta chi pagherà la somma avrà la sua giovane figlia che costituiva il pegno (si tratta di Antifila): Siro intende convincere Menedemo a pagare il riscatto.
ATTO QUARTO
Riconoscendo un anello che Antifila porta al dito, Sostrata, moglie di Cremete, comprende che la giovane è sua figlia. A suo tempo, infatti, Cremete aveva deciso di non allevare la neonata ed aveva ordinato di esporla a Sostrata, questa tuttavia l'aveva affidata ad una donna di Corinto, la "vecchia" che più volte è stata citata in precedenza come madre di Antifila.
. Cremete è colpito dalla rivelazione ma finisce per accettarla volentieri.
A questo punto Siro decide che sia il momento di allontanare Bacchide dalla casa di Cremete e convince Clinia a portarla con se presso Menedemo ed a svelare al padre come stanno veramente le cose. Siro spera che Cremete non creda che Bacchide sia l'amante di Clitifone ma che sia disposto a pagare per fornire la dote alla figlia ritrovata.
Una volta trasferita la cortigiana con tutte le sue serve a casa di Menedemo, Siro dice a Cremete di "aver fatto credere" a Menedemo quello che in effetti è la verità, cioè che Bacchide è l'amica di Clitifone il quale l'avrebbe fatta trasferire per celare la cosa a Cremete. Inoltre Clinia dirà ("fingerà") di essere innamorato di Antifila e di volerla sposare per ottenere da Menedemo il denaro per i gioielli e per il corredo.
E' da notare che Clinia dice la verità ma Siro lo riferisce a Cremete come se il giovane Mentisse per ingannare Menedemo.
Poichè Cremete, credendo che il progetto matrimoniale sia una finzione, rifiuta di collaborare Siro "cambia strada" e lo convince a sborsare il riscatto che, secondo la storia che lui stesso ha fatto circolare, Bacchide dovrebbe ricevere per Antifila.
Cremete consegna questo denaro a Clitifone, opportunamente istruito da Siro.
Intanto Clinia è tornato a casa e Menedemo gioisce nel rivedervo e nell'apprendere che vuole sposare la casta Antifila. Cremete cerca di convincerlo che si tratta di una finzione, ma poiché Menedemo ribadisce di essere disposto a lasciarsi ingannare pur di compiacere Clinia, Cremete da il suo consenso alle nozze, convinto di partecipare a quanto ha tramato Siro.
ATTO QUINTO
Cremete continua a pensare che Clinia inganni il padre e sia l'amante di Bacchide ma è costretto a ricredersi quando Menedemo lo informa di aver visto Clitifone chiudersi in camera da letto con la cortigiana.
Cremete si infuria e decide di diseredare (o finge di decidere) Clitifone, acconsente invece al matrimonio fra Clinia ed Antifila promettendo di versare una cospicua dote.
Nelle ultime scene della commedia Cremete sfoga la sua ira sul figlio che arriva a dubitare che Cremete e Sostrata siano i suoi veri genitori ma infine, grazie all'intercessione di Sostrata e di Menedemo, Clitifone viene perdonato a condizione che prenda moglie ed abbandoni la cortigiana.
Articolata in una complessa serie di equivoci, la commedia fu rappresentata con successo nel 163 a.C.
Gli scarsi frammenti pervenutici del modello menandreo non consentono di paragonare pienamente la commedia di
Terenzio
con l'originale greco. L'esplicito riferimento alla
contaminatio
nel prologo ed il fatto che la figura di Menedemo, protagonista delle prime scene, passi in secondo piano durante lo svolgimento della trama hanno fatto pensare, tuttavia, ad una limitata fedeltà al testo di
Menandro
.
Come nella commedia
I fratelli
,
Terenzio
mette in scena due coppie di anziani ed i rispettivi figli. La punizione che il vecchio Meneddemo si infligge per essere stato troppo severo con il figlio, argomento che da il titolo alla commedia, perde di rilevanza quando entra in scena Siro e, secondo un canone classico della palliata, comincia a tramare una serie di inganni per sottrarre denaro ai vecchi ed aiutare i giovani.
Chiaramente si giunge al lieto fine: Menedemo si riconcilia con il figlio, questi può sposare l'amata Antifila che, a sua volta, ha da rallegrarsi per aver ritrovato i veri genitori; Cremete finisce per perdonare il figlio Clitifone ed il servo Siro che lo hanno turlupinato. Tuttavia, analogamente a quanto avviene nel finale de
I fratelli
, per almeno un personaggio il finale non è lieto (e questa potrebbe essere cifra personale di
Terenzio
), in questo caso si tratta di Clitifone che per evitare di essere diseredato e ridotto a dipendere dalla sorella, è costretto a dimenticare la cortigiana ed a sposare un'altra donna gradita ai genitori.