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SAN GIROLAMO

Vita di Ilarione


Con un'invocazione allo Spirito Santo, Girolamo inizia questa agiografia e premette che la sua non sarà opera da poco ... anche Omero gli avrebbe invidiato l'argomento. Consapevole che su Ilarione ha già scritto un elogio funebre Epifanio vescovo di Salamina di Cipro, egli intende proseguirne ed approfondirne l'opera, incurante delle critiche dei suoi detrattori.
Ilarione nacque da genitori pagani a Tabatha, presso Gaza in Palestina.
Studiò ad Alessandria presso un grammatico. Fin dalla prima gioventù manifestò un'ardente fede cristiana e quando gli parlarono di Antonio lo volle conoscere e si trattenne per due mesi nel deserto presso di lui.
Quando aveva quindici anni i suoi genitori morirono ed egli divise fra i suoi fratelli ed i poveri la sua parte di eredità per ritirarsi nel deserto senza possedere nulla.
Si cibava pochissimo e per respingere le tentazioni ed i desideri lussuriosi si sottoponeva a durissimi digiuni e penitenze.
Il diavolo gli inviava allucinanti visioni per terrorizzarlo, per indurlo in tentazione o per distrarlo dalla preghiera.
Fino a vent'anni visse in una piccola capanna di giunchi e foglie che si era costruito, dormì per tutta la vita sulla nuda terra ed imparò a memoria le Sacre Scritture.
Girolamo si sofferma sulle forme di alimentazione che Ilarione adottò nel corso della vita, sui rigidi digiuni, sulle diete a base di pane e vegetali senza condimenti prima di proseguire nel racconto delle vicende dell'asceta.
A diciotto anni ricevette la visita dei briganti che infestavano il deserto ma nel vedere il suo coraggio e la sua fede i malviventi non osarono nuocergli.
A ventidue per la prima volta un fedele cercò il suo aiuto: era una donna che non riusciva ad avere figli e stava per essere ripudiata dal marito, si rivolgeva ad Ilarione perché era già diventato famoso per la sua santità.
Ilarione, che non vedeva una donna da anni, fu turbato dall'incontro ma infine la benedisse ed incoraggiò. Dopo un anno seppe che aveva avuto un bambino.
Ma il miracolo che consacrò la celebrità di Ilarione fu la guarigione di tre figli di una nobildonna cristiana. La famiglia aveva fatto visita ad Antonio e durante il viaggio di ritorno i tre si erano gravemente ammalati per una febbre che stava uccidendoli. La donna si recò da Ilarione, che da anni non metteva piede in un luogo abitato, e lo scongiurò fino a convincerlo ad intervenire. Bastò che Ilarione pregasse presso i malati che questi immediatamente guarirono.
Molti monaci andarono a vivere presso Ilarione e una volta gli presentarono una donna egiziana cieca da anni che l'asceta guarì immediatamente.
Liberò un auriga indemoniato ed un giovane straordinariamente robusto che, posseduto da un demone, andava compiendo atti di inaudita violenza.
Il ricco e ragguardevole Orione era abitato da una legione di demoni, attaccò la persona di Ilarione e questi, dopo un singolare corpo a corpo, lo liberò dalla possessione. Rifiutò i doni che Orione intendeva offrirgli ordinando di distribuirli ai poveri.
Un certo Italico, cristiano ed allevatore di cavalli da corsa, aveva come avversario un pagano che non esitava a ricorrere a fattucchieri e pratiche magiche per vincere le gare.
Italico si rivolse ad Ilarione che gli consegnò un bicchiere d'acqua con il quale aspergere i cavalli ed il loro recinto e Italico vinse la gara mentre i cavalli del rivale rimanevano bloccati ai loro posti.
Una volta purificò una vergine che aveva fatto voto di castità ma era stata invasa da un demone a causa di un sortilegio che un vicino di casa innamorato di lei si era procurato per concupirla.
Un germanico, guardia del corpo dell'imperatore Costanzo, soffriva dall'infanzia per un demone che lo tormentava. Avendo sentito parlare di Ilarione ottenne un salvacondotto imperiale ed andò a far visita al santo eremita che immediatamente lo liberò.
Poiché il diavolo ricorreva ad ogni mezzo per tormentare gli uomini, Ilarione ebbe a che fare anche con un cammello che la possessione aveva reso un feroce distruttore ed anche in questo caso, ovviamente, ebbe ragione del demone.
Per le guarigioni che aveva operato, Ilarione era amato anche dai pagani e quando capitò nella città di Elusa il popolo lo acclamò chiedendo la sua benedizione e non lo lasciarono partire prima che tracciasse il contorno della chiesa che sarebbe dovuta sorgere.
Periodicamente lasciava il suo eremo seguito da migliaia di seguaci per un giro di visite ad altri anacoreti. Una volta un fratello avaro mise delle guardie alla vigna per evitare che i seguaci di Ilarione mangiassero la sua uva mentre un altro lo invitò spontaneamente a servirsi. Nonostante la gran folla che si nutrì la vigna del generoso produsse quell'anno un raccolto triplo rispetto al solito mentre l'avaro ebbe poca uva ed il suo vino mutò in aceto.
Ilarione detestava l'avarizia (il timore del futuro indica mancanza di fede) e quando un monaco che si era dimostrato avaro per farsi perdonare gli offrì verdura del suo orto disse di sentirla maleodorante e la fece gettare ai buoi che a loro volta fuggirono.
Arrivato ai sessantatre anni, Ilarione soffriva per la folla che ormai non lo lasciava più e desiderava tornare alla vita di un tempo.
Quando decise di partire per trasferirsi presso Antonio, Ilarione fu bloccato da migliaia di persone che volevano impedirgli di allontanarsi. Dichiarò che non avrebbe più mangiato nè bevuto e solo dopo sette giorni di inedia i suoi fedeli lo lasciarono andare.
Durante il viaggio visitò altri eremiti e religiosi confinati in vari luoghi per volere di Costanzo che era favorevole all'arianesimo.
Giunto nelle vicinanze della sede di Antonio, Ilarione predisse l'imminente fine del santo e dichiarò di voler vegliare nel luogo della sua fine.
E così fu. Ilarione visitò con grande commozione i luoghi dove era vissuto Antonio, accompagnato dai discepoli del defunto. Girolamo descrive una località amena ai piedi di una montagna, presso un ruscello ricco di palme, una minuscola cella ed altre due, scavate nella roccia, in cima al monte per i momenti di più intensa meditazione.
Dopo queste visite Ilarione si trattenne nella zona in compagnia di due soli fratelli ma la sua fama, la notizia dei suoi miracoli, attirarono nuova folla e l'eremita partì di nuovo diretto ad Alessandria.
Sostò per un giorno presso conoscenti alla periferia della città ma partì improvvisamente durante la notte prevedendo che l'indomani lo avrebbero cercato per arrestarlo, era infatti stato condannato a morte insieme al discepolo Esichio su richiesta di una fazione palestinese anticristiana.
Ilarione rimase nel deserto ancora un anno e dopo la morte di Giuliano raggiunse la costa e si imbarcò per la Sicilia con un solo discepolo.
Durante il viaggio guarì un ragazzo posseduto da un demone ma fece giurare ai genitori del paziente di non rivelare la sua identità. In Sicilia raggiunse un luogo remoto dove nessuno lo conosceva e si mise a raccogliere legna per guadagnarsi il cibo.
Ma anche qui non riuscì a rimanere a lungo tranquillo: fu un demone a svelare il suo nascondiglio mandandogli un uomo posseduto da esorcizzare e presto l'eremita fu di nuovo circondato dalla folla.
Esichio non smise mai di cercare Ilarione e dopo due anni gli giunse la notizia di un vecchio che faceva miracoli in Sicilia. Senza esitare si imbarcò e raggiunse la Sicilia dove finalmente riuscì a gettarsi piangente ai piedi del suo maestro.
Ma Ilarione intendeva partire di nuovo per andare dove nessuno lo conoscesse e comprendesse la sua lingua.
Si recò ad Epidauro in Dalmazia ma anche qui, dopo un breve soggiorno, dovette compiere un miracolo per liberare la popolazione di un orribile boa che divorava animali e persone.
Qualche tempo dopo si verificò un tremendo terremoto e un'onda gigantesca stava per travolgere Epidauro, ma il mare si fermò di fronte ad Ilarione che dal lido tendeva le mani e di questo grande miracolo in Dalmazia si serbò memoria per molto tempo.
Ancora imponendo le mani Ilarione fermò due imbarcazioni di pirati che stavano per attaccare la nave da carico sulla quale si stava dirigendo a Cipro, avendo dovuto lasciare anche Epidauro.
Neanche a Cipro l'asceta trovò la desiderata tranquillità. Mandò Esichio a visitare i fratelli in Palestina e quando Esichio tornò Ilarione voleva di nuovo partire ma il discepolo trovò per lui un luogo molto remoto sui monti di Cipro.
Il posto era ameno e molto isolato, inoltre un antico tempio abitato dagli spiriti che sorgeva nei pressi terrorizzava la gente che si asteneva dal salire fino alla nuova dimora di Ilarione. Così l'eremita godette di cinque anni di pace ma quando uno storpio si trascinò fino alla sua cella e Ilarione lo guarì la gente vinse fatica e paura e riprese ad assediare il vecchio.
Infine ad ottanta anni si ammalò ed annunciò che stava per morire. A quanti lo andavano a trovare chiedeva di seppellirlo appena morto (per evitare un culto delle sue reliquie.
Quando si spense il suo ultimo desiderio fu esaudito ed i fedeli ciprioti presero a montare la guardia alla sua sepoltura, nell'orticello dove aveva trascorso gli ultimi anni.
Con grande pericolo, dieci mesi dopo, Esichio riuscì a trafugare la salma e lo portò in Palestina. Dicono che il corpo era ancora intatto e profumava intensamente.