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Mastro Adamo



Personaggio del XIII secolo, probabilmente bolognese. Fu indotto da Guido, Aghinolfo e Alessandro dei conti Guidi a produrre fiorini falsi e per questo crimine fu condannato al rogo a Firenze nel 1281.
Nel XXX canto dell'inferno viene presentato con il frequente tema della nostalgia del mondo terreno: lui che visse nell'abbondanza desidera ora un goccio d'acqua ed è tormentato dal pensiero ricorrente dei ruscelli del Casentino affluenti dell'Arno. Ma più ancora dell'acqua Mastro Adamo desidera vedere i conti Guidi tormentati dalle pene infernali, loro che furono la causa della sua rovina in terra e dannazione dopo la morte.
Dante gli chiede chi siano i due dannati a lui vicini che "fumano come le mani bagnate d'inverno". Si tratta di due falsari di parola, la moglie dei Putifarre che accusò ingiustamente Giuseppe, e di Sinone, il greco che ingannò i Troiani convincendoli ad accettare il cavallo di legno nella loro città. Sono puniti dalla febbre acuta che provoca il loro fetore.
Sentendosi nominare, Sinone reagisce contro Adamo colpendolo sul ventre gonfio per l'idropisia e Adamo ricambia colpendolo sul viso. Ne nasce una rissa che Dante segue con attenzione finché non viene duramente rimproverato da Virgilio perché voler ciò udire è bassa voglia. Dante non riesce a rispondere ma la sua evidente vergogna è sufficiente a placare l'ira di Virgilio.


Riferimenti letteratura:
  • Divina Commedia - Inferno


  • Indice sezione