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Regni Romano Barbarici
L'ultimo imperatore romano d'Occidente fu
Romolo Augustolo
. Era solo un ragazzo, come dimostra il diminuitivo del solenne titolo imperiale con il quale è passato alla storia. A metterlo sul trono era stato suo padre
Flavio Oreste
.
Nativo della
Pannonia
,
Flavio Oreste
aveva fatto carriera alla corte di
Attila
, il famoso re degli
Unni
, ne era diventato segretario ed in questo ruolo aveva svolto missioni diplomatiche a
Costantinopoli
. Erano infatti gli anni in cui i terribili
Unni
stavano espandendosi con incredibile rapidità in
Europa
e la
Pannonia
era sotto il loro completo controllo. Ma nel
453 d.C.
Attila
morì improvvisamente: che sia stato ucciso dalla moglie durante il sonno come sostiene il
conte Marcellino
, un cronista latino che ne scrisse alcuni decenni più tardi, o che sia morto soffocato da un'improvvisa ed irruenta epistassi come affermò
Prisco
(che di
Attila
era contemporaneo), qui poco conta; morto il loro capo gli
Unni
non seppero trovare un uomo in grado di continuare le sue imprese, il loro potere svanì rapidamente e quanto
Attila
aveva organizzato intorno a se non ebbe più ragione di essere.
Così
Flavio Oreste
si trovò "disoccupato" ma con una certa esperienza di cose militari, politiche e diplomatiche, esperienza che mise a disposizione dell'imperatore romano d'Occidente
Giulio Nepote
, entrando a far parte del suo esercito.
Giulio Nepote
era un generale dalmata imparentato con l'imperatore d'Oriente
Leone I
il quale lo aveva posto sul trono occidentale nel
474
per liquidare l'usurpatore
Glicerio
.
La nomina che rese
Flavio Oreste
Magister Militum
, cioè comandante dell'intero esercito, rientrava nel quadro di una revisione generale delle più alte cariche statali intrapresa da
Nepote
il quale, attirando l'ostilità della nobiltà romana, aveva spesso sostituito funzionari di origine italica con personaggi di provenienza barbarica. La scelta di
Flavio Oreste
fu un errore che
Nepote
pagò caro. Insediato per volere dell'imperatore d'Oriente,
Nepote
non godeva infatti di particolari simpatie in
Italia
nè da parte della popolazione nativa nè da parte della componente germanica. In questo stato di cose non fu difficile per il barbaro
Oreste
ottenere l'appoggio del suo esercito impegnandosi, come si usava in questi casi, a fare ricche elargizioni ai militari in caso di successo.
Con queste truppe
Oreste
mosse verso
Ravenna
per deporre
Nepote
, ma quando vi arrivò non trovò l'imperatore che era fuggito via mare riparando in
Dalmazia
.
Oreste
dunque proclamò imperatore il proprio figlio
Romolo
ed ottenne il riconoscimento della nomina da parte del Senato ma non dall'imperatore di
Bisanzio
che continuò a considerare
Nepote
detentore del trono occidentale. In ogni caso
Oreste
prese a governare in nome del figlio e si trovò subito a dover fronteggiare le richieste di quelle stesse truppe che lo avevano aiutato ad ascendere al potere.
Il reclutamento di barbari nell'esercito imperiale era costume consolidato da tempo ed infatti i soldati di
Oreste
provenivano prevalentemente dall'
Europa
Occidentale ed erano a conoscenza del fatto che in molte province i loro connazionali e colleghi avevano ottenuto considerevoli assegnazioni di terra. Il precedente più eclatante in questo senso risaliva ad alcuni decenni prima quando, sotto
Onorio
, i
Visigoti
avevano ottenuto i due terzi delle terre coltivabili in
Gallia
.
La richiesta che fu presentata a
Flavio Oreste
prevedeva infatti l'assegnazione di un terzo dei terreni della Penisola ai barbari che vivevano in
Italia
. Non sappiamo se questa richiesta corrispondesse in qualche misura alle promesse con cui il generale aveva ottenuto l'adesione dei soldati al suo colpo di stato, comunque
Oreste
non la accolse. Su questa decisione si è molto scritto e discusso. Le distribuzioni nelle altre province, per quanto ingenti, non avevano mai espresso il significato politico che avrebbe avuto consegnare ai barbari un terzo della Penisola. Secondo
Gibbon
Oreste
, che pure era un barbaro, sentì che questa decisione avrebbe comportato la definitiva "deromanizzazione" dell'impero d'Occidente, fenomeno al quale sarebbe presto seguita la caduta di quell'antica istituzione nei confronti della quale provava egli stesso rispetto o soggezione.
Altri hanno ritenuto che il rifiuto di
Oreste
volesse essere, più concretamente, una temeraria prova di forza per indurre l'interlocutore a proseguire la trattativa con ridimensionate pretese, oppure che il potere così rapidamente conquistato avesse esaltato l'uomo, persuadendolo di possedere un'autorità sull'esercito e sull'impero che in realtà era tutta da verificare.
Ciò che è certo è che
Oreste
non aderì alle richieste delle truppe, perdendone la simpatia, e presto la rabbia dei soldati delusi cominciò a salire di livello. Al malcontento dei soldati, in quelle circostanze potenzialmente così esplosive, si sommava probabilmente tutta l'insoddisfazione (per non parlare di disperazione) della gente che viveva in quel paese depauperato dei reiterati saccheggi e dall'incessante conflittualità civile.
Prese in mano la situazione, convogliando l'energia della ribellione latente verso un fine preciso,
Flavio Odoacre
che assunse energicamente il comando.
Questi era figlio di
Edicone
, un nobile degli
Eruli
che, come
Flavio Oreste
, aveva vissuto alla corte di
Attila
. Dal 469 alla testa di un esercito mercenario di suoi connazionali,
Odoacre
si era messo al servizio dell'impero romano e nel 475 aveva partecipato all'occupazione di
Ravenna
da parte di
Oreste
.
Postosi a capo delle milizie ribelli,
Odoacre
attaccò
Flavio Oreste
che, subita una prima sconfitta a Lodi, si barricò a
Pavia
. Per catturare ed uccidere
Oreste
,
Odoacre
ed i suoi uomini distrussero ed incendiarono la città . Per evitare che i cittadini, esasperati per le sofferenze subite a causa sua, lo massacrassero,
Oreste
fu condotto altrove e venne giustiziato a Piacenza.
Più clemente il vincitore si mostrò con il giovane
Romolo Augustolo
. Nel racconto di uno dei pochi cronisti dell'epoca, detto Anonimo Valesiano, si legge che
Odoacre
fu impietosito dall'età del ragazzo e colpito dalla sua bellezza. Decise quindi di lasciarlo vivere e lo confinò in Campania assegnandogli un cospicuo vitalizio. Il luogo del confino era il "Castello di Lucullo" che poco dopo fu trasformato in monastero ed accolse le spoglie di San
Severino
che vi furono trasportate dal Norico fra il 492 ed il 496.
Non sappiamo con certezza quanto e come visse
Romolo Augustolo
in esilio, ma da un passo di Cassiodoro sembra lecito ritenere che riuscì a vedere la fondazione del monastero e a conoscerne il primo abate Eugippo.
Forse fu proprio
Odoacre
ad ordinare la traslazione delle reliquie di
Severino
in
Italia
. Si racconta, infatti, che in gioventù egli aveva fatto visita al sant'uomo, che era abate nel Norico dove svolgeva un'intensa attività di evangelizzazione, e si era sentito predire che sarebbe divenuto re in
Italia
. L'Anonimo Valesiano, che racconta questa vicenda, aggiunge che
Odoacre
rimase in corrispondenza con il monaco e ne serbò un ricordo affettuoso.
Quanto al castello, sito del confino, si trattava in realtà della villa che Lucullo, il generale romano dei tempi di Pompeo proverbiale per i suoi lussi, si era fatto costruire presso Napoli, sull'isolotto di Megaris e che successivamente fu demolito per lasciare spazio al più famoso Castel dell'Ovo, sede dei regnanti di Napoli dai Normanni agli Angioini.
Come si è detto in apertura, la morte di
Oreste
e l'allontanamento di
Romolo Augustolo
non dovettero rappresentare per i contemporanei un evento inusitato e sconvolgente, la vita quotidiana, sotto
Odoacre
, continuò praticamente inalterata, si continuò a nominare i magistrati, ad amministrare la giustizia, ad emanare leggi e battere moneta.
Del resto quella generazione aveva visto avvicendarsi al potere un tale numero di imperatori che un nuovo cambiamento non poteva essere fonte di stupore o di panico. Una novità , tuttavia, c'era ed era una novità importante:
Odoacre
non intendeva sostituire
Augustolo
proclamandosi imperatore o nominandone uno da lui facilmente controllabile come tanti avevano fatto in precedenza. Il suo intento era quello di riunire all'impero di Oriente quello di Occidente che ormai, dopo l'indipendenza della
Gallia
Settentrionale proclamata nel
461
, era ridotto ad una parte relativamente piccola dell'
Europa
che comprendeva l'
Italia
, la
Provenza
, parte del
Norico
e della
Rezia
. Con questo fine
Odoacre
volle che il Senato richiedesse ufficialmente all'imperatore di Occidente
Zenone
di assumere il potere sull'
Italia
e sulle province occidentali e spedì a
Bisanzio
le insegne imperiali di
Augustolo
. Quanto a se stesso richiedeva a
Zenone
di concedergli il titolo di patrizio e, soprattutto, di nominarlo vicario imperiale, incarico che gli avrebbe permesso di governare con un titolo di legittimità nei confronti del Senato.
Zenone
, il quale aveva recentemente ripreso il potere dopo l'usurpazione di Basilisco, invitò
Odoacre
ed il Senato a riconoscere il titolo imperiale di
Giulio Nepote
, che era ancora vivo, esule in
Dalmazia
, ma questo invito risultò puramente formale:
Odoacre
, infatti, a titolo di compromesso riconobbe Nepote, fece anche coniare delle monete in suo onore, ma continuò a detenere il comando mentre Nepote rimaneva fuori dall'
Italia
senza che
Zenone
intervenisse in alcun modo.
Contemporaneamente
Odoacre
riceveva dal suo seguito il titolo di
rex gentium
che doveva essere considerato come un'investitura nei confronti delle genti barbariche stanziate in
Italia
e non nei confronti dell'
Italia
stessa la quale rimaneva di diritto parte dell'impero e come tale soggetta a
Zenone
.
Ottenuto, sia pure in via non ufficiale, il titolo di patrizio da parte dell'imperatore d'Oriente,
Odoacre
cominciò a governare.
Prima di esporre gli eventi successivi è il caso di soffermarsi a considerare più a fondo gli atti compiuti da
Odoacre
nel prendere il potere ed in generale l'atteggiamento che egli assunse in quei giorni. Risparmiare la vita di
Augustolo
, rimettere le insegne a
Zenone
, assumere il nome di "
Flavio Odoacre
" e gratificare la nobiltà romana con cariche di prestigio sono tutti atti che denotano un profondo rispetto, da parte di quest'uomo d'armi barbaro, verso la civiltà romana. In altri termini non sarebbe corretto considerare
Odoacre
un "nemico" di
Roma
, egli infatti prese il potere "dall'interno", utilizzando e comandando risorse militari che, pur essendo composte quasi totalmente di elementi non latini, erano formalmente e fattualmente l'esercito dell'impero d'Occidente. Non si trattò dunque di conquista ma di colpo di stato. Più complesso sarebbe analizzare i processi che avevano preceduto quel fatidico 4 settembre 476. Si è discusso di "germanizzazione dell'impero" e di "romanizzazione" dei barbari e forse questi sono fenomeni che si verificarono simultaneamente per effetto dei nuovi equilibri nascenti fra le tradizioni antiche di un impero ormai esangue e le energie emergenti dei popoli germanici.
Quelle insegne che
Odoacre
spedì a
Costantinopoli
e che a
Costantinopoli
rimasero finché Ivan il Terribile non le trasferì a Mosca proclamandosi Zar, rappresentavano allora e rappresentarono per mille anni ancora il simbolo di un potere che nel momento in cui cessava di esistere si trasformava in mito, proprio per il contributo del sentire germanico diveniva paradigma fascinante e terribile di una logica di dominio che, purtroppo, venne reiterandosi nei secoli e forse non è ancora del tutto sbiadita.
Del modello romano, si è visto,
Odoacre
conservò con rispetto regole ed istituzioni e così fecero in generale quanti gli successero nel governare l'
Italia
. In particolare il diritto, creazione grande ed originale del mondo romano, conoscerà un temporaneo crepuscolo solo molto più tardi sotto i re longobardi.
Tuttavia il mondo era cambiato, come il monaco
Severino
aveva forse capito, e la
Roma
dei fasti consolari e dei
Fori Imperiali
era tramontata per sempre. Ma questi grandi cambiamenti presentano a volte nella storia particolari bizzarri di ripetizione delle azioni con inversione dei ruoli. Se per secoli le terre d'
Italia
avevano conosciuto il lavoro servile degli schiavi, dei prigionieri di guerra, quando
Odoacre
le espropriò distribuendole ai suoi militari, questi con grande entusiasmo si dedicarono a coltivarle risanando le sorti di un'agricoltura che da tempo languiva per carenza di braccia. Ancora una volta, quindi, le pianure e le colline italiane venivano arate e seminate da una mano straniera, non più quella coatta o rassegnata del vinto, ma quella fiera e soddisfatta del vincitore. Strano effetto di specchio destinato nel tempo ad invertirsi e ancora ripetersi.
Probabilmente per rendere più stabile il proprio controllo sui territori che governava e poterne meglio difendere i confini,
Odoacre
rinunciò alla
Pannonia
cedendola ai
Visigoti
nel
477
.
Trattò con il potente
Genserico
, re dei
Vandali
, e riuscì ad ottenere pacificamente l'intera
Sicilia
(ad eccezione della fortezza di
Lilibeo
) accettando di corrispondere un tributo annuale. Questa estensione del proprio dominio sulla
Sicilia
da parte di
Odoacre
che già governava l'intera penisola ha fatto si che alcuni autori abbiano considerato l'Erulo come il primo "re di
Italia
".
La situazione si mantenne stabile per alcuni anni durante i quali
Odoacre
fu a capo di un governo le cui cariche amministrative erano ricoperte prevalentemente da competenti membri della nobiltà romana.
La distribuzione delle terre fu operata da
Odoacre
con grande accortezza, sembra che tralasciò di verificare se si assegnasse un terzo o altra precisa frazione dei terreni coltivabili, la sua preoccupazione fu quella di garantire che i suoi soldati, per altro non troppo numerosi, fossero soddisfatti nelle loro aspettative. Così riuscì a contenere il danno subito dalla popolazione italica, gli espropri furono limitati alla regione di
Ravenna
e colpirono prevalentemente i latifondisti che furono in parte indennizzati tramite agevolazioni fiscali.
Intanto si preoccupava di assicurarsi un consenso sempre più ampio in tutte le classi della popolazione: la nobiltà romana fu gratificata con cariche prestigiose in ambito amministrativo che andavano in qualche modo ad edulcorare l'estromissione degli Italici dalle alte sfere militari. Del resto è da considerare che fra i suoi
Eruli
, probabilmente,
Odoacre
avrebbe trovato ben pochi individui dotati dell'esperienza politica e della cultura necessaria per gestire, ad esempio, le finanze dello stato.
Anche il clero vide di buon occhio questo nuovo dominatore che, pur essendo ariano, dimostrò grande rispetto per le cose della Chiesa cattolica ed evitò sempre di interferire nell'elezione di vescovi e pontefici.
Non mancarono nel suo governare anche degli atti di liberalità : volle ad esempio aiutare gli abitanti di
Pavia
e li sollevò dai tributi per indennizzarli dai danni subiti dalla loro città quando aveva assistito allo scontro fra le truppe di
Odoacre
e quelle di
Oreste
. Meno ufficiale ma forse più sentito fu il comportamento del re quando scrisse a
Severino
offrendogli di esaudire un suo desiderio. Il monaco chiese la grazia per un suo amico che si trovava in esilio e venne accontentato.
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