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Lucio Anneo Seneca

Consolazione a Elvia


Dal 41 al 49 d.C., Lucio Anneo Seneca fu esiliato perché sospettato di aver preso parte ad una congiura nella quale era coinvolta anche Agrippina Minore.
La sentenza di esilio, emanata sotto Claudio, era stata provocata da Messalina e solo dopo la morte di questa Seneca riuscì a rientrare a Roma.
Durante gli anni dell'esilio Seneca dedicò alla madre Elvia questa Consolazione.

L'inizio del testo è diretto e drammatico, Seneca supera le sue esitazioni nel rivolgersi alla madre certo che lei, che nulla mai gli negherebbe, non vorrà resistergli quando si tratterà di dare tregua al proprio dolore.
Ed Elvia non è donna ignara di sofferenze: orfana neonata, cresciuta da una matrigna, aveva perso presto gli affetti più cari ed aveva perso il marito, Lucio Anneo Seneca detto il Retore, morto prematuramente, aveva perso tre nipoti (fra i quali un figlio di Seneca del quale nulla sappiamo) poco prima che Seneca stesso fosse esiliato.
Consapevole di aver aggredito direttamente e senza mezzi termini la sofferenza di Elvia, Seneca si affretta a rassicurarla e, facendolo, esprime un concetto pregnante: egli sta bene, non soffre alcun male. Sofferenze come questa, dice, capitano solo a coloro i quali nella buona ventura si illudono di aver acquisiti benefici duraturi e non a chi è consapevole dell'instabilità della sorte.
L'esilio, continua Seneca, è soltanto un "cambiamento di luogo" ed il trasferirsi, il migrare è da sempre per l'uomo un evento comune e naturale. In ogni paese si trovano infatti residenti di origine straniera e la storia è piena di grandi migrazioni, di racconti di viaggio, di odissee.
Non necessariamente, inoltre, l'esilio disonora che lo subisce: a sostegno di questa affermazione Seneca porta l'esempio dell'anticesariano Marco Claudio Marcello che, dopo Farsalo, si era ritirato in esilio volontario a Mitilene nell'isola di Lesbo. La grande dignità, la cultura e la forte personalità di Marcello avevano impressionato sia Giulio Cesare - che gli aveva concesso una grazia non richiesta su esortazione del Senato - sia Bruto che gli aveva fatto visita a Mitilene.
Per quanto concerne l'indigenza che la sua condizione di esule comporta, Seneca rifiuta di ammettere che sia un vero problema, del resto è noto che i suoi costumi, conformemente alla filosofia stoica, erano sempre stati estremamente frugali.
L'argomentazione procede con altri esempi, tendendo a dimostrare ad Elvia che il destino toccato al figlio non è tanto doloroso e tanto disonorevole quanto lei potrebbe credere, ma quando questo tema è ormai esaurito, il discorso di Seneca cambia sapientemente di tono ed egli si rivolge alla madre toccando tasti più sensibili e personali.
Seneca parla dei suoi familiari, dei suoi fratelli che sono rimasti vicini ad Elvia e che faranno di tutto per consolarla. Invita Elvia a pensare ai nipoti e con frasi particolarmente delicate descrive l'infantile allegria del nipotino Marco, quel Marco Anneo Lucano che sarà autore della Pharsalia e che, come Seneca, dovrà togliersi la vita per ordine di Nerone. Le parla della nipote Novatilla che presto sarà madre e che egli considera come una figlia.
Viene poi ricordata la sorella di Elvia amatissima dal filosofo che ripensa con affetto ai momenti della sua infanzia e della sua gioventù nei quali questa zia era stata presente, la ricorda assisterlo in una malattia, incoraggiarlo negli studi.
Questa donna aveva tragicamente perso il marito Gaio Galerio prefetto d'Egitto dal 16 al 31. Una tempesta aveva affondato la nave che riportava a Roma lei ed il marito dopo anni di permanenza in Egitto, l'uomo era morto nel naufragio e la donna ne aveva trattenuto il cadavere per impedire che la forza della burrasca lo disperdesse in mare.
A questi affettuosi ed esemplari parenti Seneca, congedandosi, affida la madre e le raccomanda ancora di non pensarlo afflitto e sofferente, egli infatti è felice di poter coltivare i suoi studi, di poter comunque contemplare grandezze e misteri dell'universo e di poter lasciar spaziare il proprio spirito "per tutti i secoli che furono e saranno".