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ALESSANDRO GHERARDI

LA GUERRA DEI FIORENTINI CON PAPA GREGORIO XI DETTA GUERRA DEGLI OTTO SANTI



Capitolo I - Origine della guerra


Nel giugno 1375 la compagnia di Giovanni Acuto (che era al servizio della Chiesa) entra nel territorio di Firenze, i Fiorentini considerano il fatto una minaccia e stabilita una tregua a pagamento con Acuto, decidono di dichiarare guerra alla Chiesa.
Antefatti. Il papato era da settanta anni in Avignone, i legati pontifici governavano i possedimenti italiani della Chiesa in modo tirannico.
Pochi anni prima il cardinale di Bourges Pietro d'Estaing si era impadronito di Perugia, allarmando i Fiorentini.
A Firenze gli Albizzi erano favorevoli al papato mentre i Ricci erano suoi avversari. Prevalse la fazione che votava la guerra; ovviamente i Ricci cercavano con l'occasione di superare politicamente gli Albizzi.
Le accuse erano dirette soprattutto a Gregorio XI e al Cardinale di Bologna che si era sempre dimostrato ostile ai Fiorentini, ma la tensione fra Firenze e la Chiesa dipendeva anche dall'aver i Fiorentini negato aiuti finanziari al Papa nella guerra contro i Visconti.


Capitolo II - Lega dei Fiorentini con Bernabò Visconti e coi Comuni di Toscana


Il 24 luglio 1375 si concluse un trattato fra Firenze e Bernabò Visconti. Subito dopo Firenze avviò trattative cercando l'alleanza di molti stati italiani e stranieri, ma nessuno voleva aderire per rispetto al papa o per odio al Visconti o per reciproche ostilità fra i potenziali alleati.
In particolare Firenze teneva all'alleanza con gli altri comuni toscani (per proteggere i passi e i territori limitrofi) ma anche qui si incontrarono problemi, come il contrasto fra Senesi e Aretini per il castello di Lucignano in Valdichiana. Infine Siena ed Arezzo aderirono.
Pisani e Lucchesi esitarono a lungo ma infine aderirono alla lega (marzo 1376). Nel successivo mese di maggio Bernabò ratificò i trattati con i nuovi alleati.


Capitolo III - Ribellioni negli Stati della Chiesa


Venne istituito un Consiglio degli Otto per dirigere in accordo con la Signoria tutte le attività relative alla guerra.
I membri:
  • del quartiere di Santo Spirito: Alessandro de' Bardi, Giovanni Dini,
  • del quartiere di Santa Croce: Giovanni Magalotti, Andrea Salviati,
  • del quartiere di Santa Maria Novella: Tommaso Strozzi, Guccio Gucci,
  • del quartiere di San Giovanni: Matteo Soldi, Giovanni di Mone.
    I consiglieri per popolare entusiasmo furono detti gli Otto Santi, da qui il nome dato alla guerra.
    Il consiglio degli Otto e la Signoria decisero di sobillare rivolte negli Stati della Chiesa, approfittando del malcontento verso i legati pontifici.
    Firenze mandava aiuti ai ribelli ed interveniva diplomaticamente quando altri signori aiutavano i legati (come Galeotto Malatesta da Rimini, i Trinci di Foligno, ecc.)
    Fra le prime città a ribellarsi furono Viterbo e Città di Castello.
    Per sedare queste rivolte la Chiesa distolse le truppe da Perugia che ne approfittò per ribellarsi a sua volta.
    Governava Perugia Gherardo Dupuy abate di Marmoutier detto Abate di Mommagiore il quale andò a rinchiudersi in una fortezza per arrendersi poco dopo e il 1 gennaio 1376 abbandonò Perugia lasciandola libera.
    L'esempio di Perugia fu presto seguito da Gubbio, Sassoferrato, Urbino, Todi, Amelia, Terni, Forlì e molte altre città, tutte ebbero aiuti dai Fiorentini.
    Più difficile fu la liberazione di Bologna. Un disordine a Granarolo (probabilmente provocato dagli Otto) fece allontanare Acuto e le sue truppe. La notte del 20 marzo 1376 il conte Antonio da Bruscolo entrò in Bologna con bande di montanari che si unirono ai ribelli cittadini e in poche ore sopraffecero i presidi pontifici.
    Alcune città ribelli come Perugia e Bologna si organizzarono come repubbliche, altre divennero signorie di chi aveva organizzato la ribellione, generalmente con il consenso popolare: il prefetto di Roma Francesco da Vico occupò Viterbo, gli Ordelaffi Forlì, il conte Antonio da Montefeltro, Urbino, ecc.


    Capitolo IV - Difese opposte dagli ecclesiastici durante le ribellioni


    La Chiesa trattò con Acuto per farlo tornare al suo servizio, i Fiorentini gli offrirono una rendita per distrarlo dalle proposte del papa. Prevalse la Chiesa, offrendo di più.
    Firenze si tutelò procurandosi altri soldati con l'aiuto di Bernabò Visconti che mise a disposizione truppe comandante da Giannotto Visconti e Lucio di Lando.
    Intanto Gregorio XI da Avignone scriveva molte lettere: ai Fiorentini per tranquillizzarli sulle intenzioni dei suoi rappresentanti in Italia, all'Imperatore per chiedergli di intervenire contro le città ribelli, a Genova e ad altri stati per chiedere aiuti.
    Preoccupato per le ribellioni, il papa decise di cercare un accordo con la mediazione del doge di Genova e della regina Giovanna che si fecero rappresentare rispettivamente da Bartolomeo Giacoppi e Nicola Spinelli.
    La diplomazia non funzionò e Gregorio XI aprì un processo contro i Fiorentini con numerosi capi d'accusa fra i quali l'usurpazione di territori della Chiesa, maltrattamenti a prelati, istigazione alla rivolta, ecc.


    Capitolo V - Censure del Papa contro i Fiorentini


    Il 31 marzo 1376 si tenne ad Avignone il processo contro Firenze, accusatore Iacopo di Ceva, difensori Donato Barbadori e Alessandro dell'Antella.
    I difensori tentarono di invalidare il processo per vizi di forma, ma il papa sdegnato scomunicò i Fiorentini che riteneva responsabili della situazione e colpì con l'interdetto la città di Firenze, scagliando anatemi contro i cittadini ed i loro discendenti. Gli effetti di questo procedimento danneggiarono gravemente i commerci dei Fiorentini che fecero ogni tentativo diplomatico per farlo revocare.
    Anche Bologna entrò a far parte della Lega.
    I Fiorentini posero una taglia su Gomezio Albornoz governatore di Ascoli che si era rinchiuso nella cittadella.


    Capitolo VI - La compagnia dei Bretoni


    Il 27 maggio 1367 Gregorio XI fece partire da Avignone la Compagnia dei Bretoni comandata da Roberto da Ginevra per attaccare Firenze.
    Per controllare la situazione gli Otto concordarono una tregua con Galeotto Malatesta e con altri sostenitori della Chiesa e rinnovarono i tentativi di far passare dalla loro parte Acuto e le sue truppe di Inglesi. Intanto arruolavano nuove milizie e si sforzavano di ottenere aiuti militari da tutti gli alleati.
    Procedendo verso Firenze, Roberto da Ginevra transitò nel Bolognese dove i Bretoni uccisero e devastarono mentre il cardinale scriveva a Firenze proposte di pace.
    Assunse il comando delle forze della lega Rodolfo da Varano dei signori di Camerino che fu inviato a Bologna per contrastare gli attacchi e le manovre della Chiesa.
    Bologna fu assediata ma resistette, cinque congiurati scoperti a trattare col nemico vennero giustiziati.


    Capitolo VII - Partenza del Papa per Roma e atti dei Fiorentini durante il suo viaggio


    Da tempo Gregorio XI progettava di riportare la sede pontificia a Roma ma le contese fra Francia e Inghilterra ed il desiderio suo e di molti cardinali di rimanere in patria gli avevano sempre fatto rimandare il trasferimento.
    In quel periodo Santa Caterina da Siena si trovava in Avignone dove si era recata per tentare di ristabilire la pace fra la Chiesa e Firenze. I consigli e le esortazioni di Caterina influenzarono fortemente Gregorio XI che, superato ogni esitazione, il 13 settembre 1376 partì per Roma.
    A questa notizia i Fiorentini intensificarono le loro attività difensive (comprarono dalla compagnia dei Bretoni la promessa di non molestare la loro città) e offensive, concentrando le forze su Ascoli che fu finalmente espugnata.
    Ma i costi della guerra ed i danni ai commerci causati dall'interdetto stavano esaurendo le risorse finanziarie fiorentine. Si decise allora di vendere forzatamente gli immobili del territorio di Firenze appartenenti alla Chiesa ed al Clero. Il decreto prevedeva una restituzione molto differita del valore degli immobili a coloro che ne venivano privati e limitava il provvedimento per non ledere il decoro delle chiese cittadine.


    Capitolo VIII - Pratiche per la pace e contrari effetti che ne risultano


    Il 17 gennaio 1377 Gregorio XI giunse a Roma accolto con entusiasmo dai cittadini che giurarono di essergli fedeli.
    Il 26 gennaio ricevette tre ambasciatori fiorentini che avevano il mandato di trattare la pace.
    Agli ambasciatori il papa comunicò le proprie condizioni: esigeva un enorme indennizzo (due milioni di fiorini) da Firenze e dai membri della lega e vietava a Firenze di intervenire in futuro in favore delle città che si erano ribellate allo Stato Pontificio.
    I Fiorentini respinsero queste condizioni e propagandarono il fatto che il Papa, pur professandosi favorevole alla pace, permetteva che accadessero orrendi fatti di sangue come la recente strage di Cesena.
    Erano infatti accaduti dei disordini in quella città a causa delle razzie compiute dai Bretoni che Roberto di Ginevra vi aveva condotto per trascorrere l'inverno. Il Cardinale aveva mostrato di voler risolvere la situazione pacificamente ma poi aveva chiamato gli inglesi di Acuto ordinando una carneficina dei cittadini.
    Acuto si rese conto che l'arrivo in Italia di Gregorio XI e di Roberto da Ginevra avrebbe limitato la sua autonomia ed i suoi introiti, quindi nell'aprile del 1377 passò alla lega con tutta la sua compagnia a fronte di un lauto compenso.
    Se questo era un successo per i Fiorentini, non lo fu certamente l'uscita dalla lega di Bologna che, con un accordo stipulato con Roberto da Ginevra e confermato con una bolla di Gregorio XI del 21 agosto 1377, si arrese e tornò sotto il dominio della Chiesa.
    Anche Rodolfo da Varano defezionò. L'Autore ne indica le ragioni: voleva tenere per se i territori conquistati per conto della lega a Fabriano e voleva recuperare i possedimenti di Tolentino e Sanginesio che il Papa gli aveva tolto.
    Gregorio XI inviò a Firenze due frati a leggere un suo comunicato al popolo nel quale accusava gli Otto di corruzione e avidità, ma il tentativo non ebbe successo.
    Nel consiglio degli Otto Simone Peruzzi sostituì Magalotti che era deceduto mentre era ancora in carica.
    Rodolfo da Varano fu incaricato di riprendere Ancona ma i Fiorentini, indignati per il tradimento, gli mandarono contro il meglio delle loro troppe comandate da Lucio di Lando che riportò la vittoria.
    Intanto Acuto sconfiggeva i bretoni che avevano assediato Grosseto.
    Anche la condotta politica dei Fiorentini nei confronti della Chiesa si fece più dura: furono assegnati premi a quanti collaboravano alle attività belliche, fu ordinato al clero fiorentino di riaprire le chiese senza tener conto dell'interdetto, si decretò che non si sarebbero portate avanti trattative di pace finché il Papa non avesse ritirato tutti i suoi provvedimenti contro Firenze e la sua cittadinanza.


    Capitolo IX - La Pace


    Gregorio XI invitò Bernabò Visconti a farsi mediatore per la pace. Il Visconti aderì e venne convocato il congresso di Sarzana.
    Rappresentavano Firenze Pazzino Strozzi, Alessandro dell'Antella, Benedetto Alberti, Andrea Salviati e Simone Peruzzi. Per il Papa erano presenti il cardinale di Amiens, l'arcivescovo di Narbona ed il vescovo di Pamplona.
    Parteciparono anche oratori veneziani e francesi mentre la regina Giovanna di Napoli era rappresentata dal marito Ottone di Brunswick.
    Santa Caterina si era recata a Firenze per esortare alla pace ma, secondo l'Autore, fu decisivo l'intervento di Bernabò per convincere i Fiorentini a partecipare al congresso di Sarzana.
    Probabilmente gli Otto avrebbero finito con l'accettare le richieste della Chiesa che prevedevano fra l'altro la restituzione degli immobili confiscati e delle città ribelli ma il 27 marzo 1378 Gregorio XI morì ed il congresso venne sciolto per permettere ai legati pontifici di partecipare all'elezione del suo successore.
    Il 1 maggio divenne gonfaloniere di Firenze Salvestro de' Medici, un uomo onesto che si adoperò a favore della pace mandando otto ambasciatori a Roma presso il nuovo pontefice e facendo cessare ogni forma di ostilità.
    Il nuovo papa Urbano VI (Bartolomeo Prignano) aveva già iniziato un'energica riforma della Chiesa non gradita dai cardinali francesi i quali, riunitisi in Anagni, cercavano di invalidare la sua elezione con il pretesto che il conclave aveva subito pressioni del popolo romano perché scegliesse un italiano.
    Gli avversari di Urbano avevano l'appoggio di Carlo re di Francia e della regina Giovanna di Napoli. In questa situazione il papa aveva tutto l'interesse a concludere la pace con i Fiorentini, ciò che fece il 28 luglio a Tivoli.
    Le condizioni del trattato di pace, che vengono riportate in dettaglio dall'Autore di questo saggio, comportavano in sostanza il ritorno alla situazione precedente la guerra. Siglato l'accordo Urbano revocò l'interdetto scagliato da Gregorio XI ma temporeggiò nell'emettere la bolla di assoluzione nell'attesa che i Fiorentini rispettassero la promessa di inviargli certe truppe in suo aiuto.
    I cardinali ribelli dichiararono Urbano VI scomunicato e deposto e il 20 novembre 1378 elessero papa Roberto di Ginevra con il nome di Clemente VII.
    Il 29 ottobre 1378 furono pubblicate le bolle con le quali Urbano VI assolveva i Fiorentini che presto ne diffusero la notizia in tutto il mondo cattolico.
    Dal canto loro i Fiorentini mantennero la promessa di restituire i beni alla Chiesa ricomprandoli da chi li aveva acquistati, ma con molti anni di ritardo a causa delle difficoltà finanziarie del Comune. Per quanto riguardava gli impegni che non comportavano esborsi in denaro, invece, Firenze li rispettò fin dall'inizio della pace e nel successivo periodo dello scisma rimase sempre fedele ad Urbano VI.