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GIUSEPPE COLUCCI
ANTICHITA' PICENE
DISSERTAZIONE PRIMA - DEI PRIMI ABITATORI DEL PICENO
I) I
Siculi
furono i primi abitatori del
Piceno
. L'indagine parte da
Plinio
che attribuisce ai
Siculi
la fondazione di
Numana
, quindi di
Ancona
.
II) Ancora
Plinio
parla dei
Siculi
e dei
Liburni
come primi abitatori dei territori
Adriano
,
Pretuziano
e
Palmese
prima dell'arrivo dei
Sabini
. Per
Colucci
si tratta dei "
Siculi
antichissimi" e non di Siracusani.
Plinio dice che cha a
Siculi
e
Liburni
successero gli
Umbri
, quindi gli
Etruschi
ed infine i Galli.
III)
Colucci
respinge la tesi della provenienza dei
Siculi
dalla regione padana.
Se fossero provenuti da nord si sarebbero stabiliti in zone disponibili lungo l'
Appennino
oppure, ammesso che preferissero regioni costiere, avrebbero incontrato il litorale della
Romagna
prima di quello del
Piceno
.
IV) Sulla base di
Plinio
e di autori a lui contemporanei,
Colucci
cerca di definire i confini dei territori
Adriano
, Pretuziano e Palmese.
V) Ancora sull'origine dei
Siculi
:
Colucci
indaga du un passo di
Dionigi di Alicarnasso
che alcuni avevano interpretato come prova dell'origine ligure dei
Siculi
e dimostra che
Dionigi
intendeva dire l'esatto contrario, cioè che
Siculi
e Liguri erano genti diverse.
Dionigi
,
Virgilio
ed altri autori attestano che i
Siculi
occuparono il
Lazio
proveniendo da altri territori:
Colucci
ritiene che provenissero dal
Piceno
del quale sarebbero stati i primi abitatori.
VI) I
Siculi
fondarono
Numana
e
Ancona
.
Strabone
attribuisce la fondazione di
Ancona
ai Siracusani allontanatisi dalla loro città durante la tirannia di
Dionisio il Vecchio
o di
Dionisio il Giovane
ma già
Sciliace di Caranda
, vissuto prima di
Erodoto
, parlava di
Ancona
fondata dai
Siculi
molto tempo prima delle tirannidi di Siracusa.
A sostegno della sua tesi sull'antichità di
Ancona
,
Colucci
introduce un altro argomento: i presunti coloni siracusani non sarebbero riusciti a fondare una città in un territorio occupato solo pochi anni prima dai
Galli Senoni
ma avrebbero incontrato insuperabili resistenze da parte dei Galli stessi e dei
Piceni
, l'esistenza di
Ancona
doveva quindi essere una realtà consolidata ai tempi di
Dionisio il Vecchio
.
Reperti numismatici dimostrano che in
Ancona
si batteva moneta con incisioni in greco. Questa lingua non poteva essere stata importata dai Galli, dagli
Umbri
o dai
Sabini
ma soltanto dagli antichi
Siculi
che dovevano provenire dalla Grecia.
VII) Basandosi su
Dionigi di Alicarnasso
e su altre fonti,
Colucci
confuto l'opinione di quanti ritengono i
Siculi
indigeni italici e nota che gli autori antichi che definivano "
Italici
" i
Siculi
si riferivano non alla loro origine ma al loro re Italo.
Citando le stesse fonti, l'autore contesta anche l'identificazione dei
Siculi
con gli
Umbri
.
VIII) Un tentativo di datazione della migrazione dei
Siculi
:
Dionigi di Alicarnasso
parla di Siculo come il capo che guidò i
Siculi
in Italia ma anche come di quello che li condusse prima nel
Lazio
poi in Trinacria: di tratta evidentemente di due diverse migrazioni e di due diversi condottieri con lo stesso nome.
I primi
Siculi
sbarcarono sulla costa fra il fiume Pescara ed il Rubicone: un tratto di costa molto lungo che certamente non fu popolato in una sola generazione.
Fondarono
Rimini
,
Pesaro
,
Ancona
,
Numana
e Ascoli. Si trasferirono poi nel
Lazio
prima che questo fosse occupato dagli Aborigeni e dai Pelasgi, evento che in genere si concorda nel datare sette secoli prima della fondazione di Roma.
IX) Sull'origine della nautica gli antichi si espressero molto variamente, in genere attribuendone l'invenzione a divinità o eroi.
Per
Colucci
il più antico natante fu l'arca di Noè, ma il senso del discorso tende a dimostrare che popolazioni antecedenti ai Pelasgi avevano la possibilità di navigare suffragando la tesi dell'arrivo dei
Siculi
dal mare sulle coste del
Piceno
.
X) L'autore si chiede da quale regione greca provenissero i
Siculi
e tende a credere che fossero originari della
Tessaglia
o della
Macedonia
perch´ da queste regioni è più facile accedere all'
Adriatico
attraverso lo
Ionio
.
Una volta vicini alle coste italiche furono forse spinti dai venti e dalle correnti a risalire l'
Adriatico
fino al
Piceno
.
DISSERTAZIONE SECONDA - DELL'ORIGINE DEI PICENI
I) Livio e
Plinio
parlavano di Adria, il primo dicendola città degli
Etruschi
, il secondo dei
Liburni
. Alcuni ne deducevano che i
Liburni
fossero di stirpe etrusca, ma secondo l'autore si trattava di due città diverse: Adria Veneta e Adria Picena.
II) Secondo l'autore nelle fonti antiche non si trovano prove che gli
Etruschi
abitarono il
Piceno
.
Per quanto riguarda l'archeologia, gli unici monumenti etruschi nel
Piceno
sono i templi di Cupramontana e Cupra Marittima ma ciò non dimostra uno stanziamento etrusco nella regione perch´ è noto che gli artefici etruschi, per la loro rinomata perizia, venivano a volte chiamati in altra città per curare costruzioni di questo tipo.
III) Del resto non è provato, nonostante se ne parli in un passo di
Strabone
, che i templi suddetti siano stati veramente costruiti dagli etruschi. Studiosi contemporanei del
Colucci
preferivano attribuirli ai
Piceni
o ai
Siculi
.
IV) Da
Plinio
e Livio si ricava che gli
Etruschi
costruirono un tempio di Gionone Argiva nei pressi di Ripatransone (presso Ascoli
Piceno
), così almento interpretava l'abate Gianfrancesco Lancellotti deducendone che gli
Etruschi
occuparono per un periodo il
Piceno
.
Tuttavia l'autore di questa dissertazione esamina i passi citati, propone alcune correzioni al testo e alla punteggiatura e conclude con una diversa interpretazione, ecludendo ogni parentela dei
Piceni
con
Etruschi
e Palasgi.
V) Mons. Mario Guarnacci leggeva in
Plinio
l'origine etrusca della città di Archippe nei pressi del
Lago Fucino
, ma questa città si trovava nel territorio dei Marsi e non nel
Piceno
.
VI) Dall'analisi delle fonti risulta che gli
Etruschi
occuparono tre regioni: l'Etruria "di mezzo" (
Toscana
), la
Lombardia
e la
Campania
. Un'affermazione di Livio riguardante il dominio etrusco sull'Italia non deve essere interpretata in senso letterale; lo storico intendeva che la fama della potenza etrusca aveva raggiunto l'intera penisola, non che tale potenza avesse soggiogato l'intero paese.
VII) Secondo una tradizione citata da Silio Italico e da
Dionigi di Alicarnasso
, i
Piceni
discendevano dal re Pico, figlio di Fauno. Ma si tratta soltanto di un mito.
VIII) Sull'autorità di
Plinio
e
Strabone
, l'autore di questa dissertazione afferma con sicurezza che i
Piceni
discesero dai
Sabini
.
IX) Viene respinta l'ipotesi di chi considera i
Sabini
discendenti dagli Opici.
X) Come
Plinio
afferma con chiarezza i
Piceni
discesero dai
Sabini
per un voto di primavera sacra.
XI) Il rito consisteva nel consacrare agli dei i bambini nati durante una determinata primavera che, una volta divenuti adulti, venivano inviati a cercare nuove terre e fondavano nuove colonie.
XII) Il rito della primavera sacra non era prerogativa dei
Sabini
ma veniva praticato da molte popolazioni antiche.
XIII) Fra i primi a praticare la primavera sacra furono gli Aborigeni come attesta
Dionigi di Alicarnasso
. Altrettanto fecero i Pelasgi, che provenivano dalla Grecia. Si ritiene infatti che il rito fosse in uso anche nella Grecia arcaica.
E' comunque vero che dai
Sabini
questo rito fu praticato più frequentemente e che ne derivarono i
Piceni
, i Sacrani, i
Sanniti
e dai
Sanniti
i Mamertini.
XIV) Il rito della primavera sacra si celebrava a scopo votivo per scongiurare carestie, epidemie ed altre catastrofi, oppure per risolvere problemi di eccessiva popolazione.
XV) La primavera sacra aveva inizio con sacrifici di animali e varie cerimonie. E' opinione dell'autore che l'uso sia stato istituito per abrogare i sacrifici umani sostituendo la morte delle vittime con il loro esilio perenne così da mitigare la barbarie dei costumi senza provocare lo sdegno degli dei.
XVI) L'effettiva espulsione dalla patria dei prescelti era considerata indispensabile, pena la punizione divina contro le comunità che non avevano correttamente e completamente adempiuto il proprio voto.
XVII) Gli esuli fondavano nuove città, si univano a popolazioni esistenti o le scacciavano per occupare il loro territorio.
Ad esempio i Sacrani cacciarono Liguri e
Siculi
, i
Sabini
sopraffecero gli Opici, i
Sanniti
-Mamertini giunti in Sicilia si unirono agli abitanti di
Messina
. Inizialmente furono accolti amichevolmente per l'aiuto prestato in guerra ai Messinesi, più tardi violarono i patti e si comportarono da conquistatori.
XVIII) Generalmente gli esuli della primavera sacra assumenvano una denominazione diversa da quella originaria così gruppi di
Sabini
divennero Sacrani,
Sanniti
,
Piceni
e così un gruppo di
Sanniti
prese il nome di Mamertini. Spesso questi giovani esuli venivano consacrati a
Marte
perch´ li aiutasse nell'uso delle armi di cui avrebbero avuto certamente bisogno.
XIX) Presso i Romani l'uso della primavera sacra mutò e si ridusse all'offerta sacrificale di capi di bestiame nati in primavera.
XX) Parlando della primavera sacra dalla quale ebbero origine i
Piceni
,
Plinio
non ne indica le ragioni ma l'autore ritiene che si trattò dell'eccesso della popolazione, considerando le numerose migrazioni dei
Sabini
avvenute per lo stesso motivo.
XXI) Come sempre la migrazione dei futuri
Piceni
iniziò con una cerimnoni, sacrifici e grande dolore di quanti partivano e dei loro cari che restavano.
Gli esuli valicarono gli
Appennini
e trovarono una terra fertile e salubre che si estendeva fino all'
Adriatico
. Avanzarono fino al luogo dove, prima di ogni altra città, fondarono Ascoli, quindi seguirono il corso del Tronto fino al mare. Giunti alla costa si divisero in due schiere e con il tempo si estereso fino a Interamnia (Teramo) e lungo il litorale: Cupra Marittima, Fermo, S. Elpidio (Cluana),
Ancona
a
Numana
. Con le generazioni successive occuparono anche l'entroterra e fondarono nuove città.
Il percorso dei primi
Piceni
sarebbe stato dunque corrispondente a quello seguito dai Romani per costruire la via Salaria.
XXII) Questi coloni presero quasi certamente il nome dal picchio (picus), uccello sacro a
Marte
che probabilmente fu avvistato durante le pratiche augurali precedenti la partenza.
XXIII) Si tenta di definire l'epoca di questa migrazione. Da
Dionigi di Alicarnasso
si apprende che i
Sabini
derivarono dagli
Umbri
a seguito di una guerra con i Pelasgi.
Non si trova traccia dei
Piceni
nelle fonti antiche che sia relativa ad epoche preromane. La prima citazione del nome
Piceni
è in Livio e si riferisce all'anno 454 di Roma.
Da tutto ciò l'autore deriva che la migrazione dei
Piceni
è evento relativamente recente, avvenuta molto più tardi di quella dei
Siculi
e degli
Umbri
.
XXIV) Distinguendo periodi della storia antica dell'Italia era comunemente indicato:
- Italia etrusca e pelasga, anteriore alla fondazione di Roma,
- Italia gallica, primi cinque secoli di Roma,
- Italia romana,
- Italia costantiniana.
Considerando la definizione del primo periodo troppo generica ed imprecisa, l'autore della dissertazione propone una diversa suddivisione in cinque epoche:
- Italia aborigena, umbra e sicula,
- Italia pelasga e etrusca,
- Italia gallica e greca,
- Italia romana,
- Italia costantiniana.
XXV) Tenendo presente quanto sopra, l'autore colloca all'inizio della seconda epoca la formazione della nazione sabina, derivata dagli
Umbri
, e la migrazione da cui ebbero origine i
Piceni
all'inizio della terza epoca.
Più tardi dai
Piceni
ebbero origine i Picentini.
In conclusione l'autore fissa l'origine dei
Piceni
"non molto dopo la fondazione di Roma".
XXVI) Quanto alle epoche precendenti, riepilogando: si ha da
Plinio
che i
Siculi
abitarono i territori
Palmense
, Pretuziano a
Adriano
e fondarono
Numana
e
Ancona
. E' possibile che in epoche successive Greci provenienti dalla Sicilia abbiano fondato colonie nella regione, ma ciò nulla toglie alla sicurezza della presenza di
Siculi
molto più antichi nella regione.
XXVII) Ancora da
Plinio
si ricava la testimonianza di insiediamenti minori dei
Liburni
.
XXVIII) All'occupazione dei
Siculi
successe l'insediamento degli
Umbri
come si trova in
Sciliace
citato da
Dionigi di Alicarnasso
.
XXIX) In conclusione l'autore ritiene che i colonizzatori Sabini da cui trassero origine i
Piceni
si insediarono inizialmente in una zona disabitata o, al più, ottennero pacificamente il terreno sul quale stabilirsi.
Solo più tardi, quando il loro numero fu molto aumentato, è possibile supporre che abbiano espulso altre genti dal
Piceno
.
DISSERTAZIONE TERZA - DEI VARI CONFINI DEL PICENO
Nel tempo il susseguirsi delle occupazioni, il dominio romano e molte altre cause variarono i confini del
Piceno
.
EPOCA PRIMA: Confini del
Piceno
dalla venuta dei
Siculi
alla discesa degli
Umbri
.
I) Molto difficile tabilire le dimensioni del territorio occupato dai
Siculi
e dai
Liburni
in epoche molto remote.
Interpretando un passo di
Plinio
è lecito ipotizzare che occupassero le tre zone più volte citate: agro
Adriano
, Pretuziano e
Palmense
fra i fiumi Matrino (Piomba) e Chienti, ipotesi ragionevole per la vicinanza alle coste dove probabilmente approdarono.
Aumentando il loro numero occuparono progressivamente i territori dell'entroterra ancora disabitati e si estesero lungo le coste fino al Rubicone.
II) Verosimilmente al loro arrivo i
Siculi
si stanziarono lungo la costa dove era più facile disboscare il terreno da coltivare e dove il mare offiva possibilità di fuga in caso di pericolo.
In conclusione la massima espansione dell'insediamento siculo della prima epoca fu compresa fra il Matrino e il Rubicone.
III) Quanto asserito nel paragrafo precedente è confermato da
Plinio
quando parla dei primi abitatori dei già citati agri.
EPOCA SECONDA: Confini della provincia dopo la discesa degli
Umbri
.
I) I
Siculi
si estesero occupando tutto il territorio fra il Rubicone ed
Ancona
ma più tardi sopraggiunsero altri coloni, gli
Umbri
, che li cacciarono costringendoli a migrare verso il
Lazio
.
E' opinione dell'autore che i
Siculi
furono completamente espulsi ed i loro territori occupati tutti dagli
Umbri
. Ciò crea difficoltà nel distinguere il confine esistente in quell'epoca fra il
Piceno
ed i territori confinanti già abitati dagli
Umbri
in precedenza.
EPOCA TERZA: Confini del
Piceno
dopo l'arrivo dei
Sabini
.
I) Probabilmente il primo gruppo di coloni sabini rimase unito (la divisione in due gruppi di cui si è parlato sarebbe avvenuta molti anni dopo) e si stabilì nella parte settentrionale della provincia (agro Palmese).
E' fra l'altro attestato da molte fonti antiche che i
Sabini
, per certe loro credenze, preferivano sempre la sinistra alla destra e, andando verso il mare, avevaqno appunto il nord a sinistra ed il sud a destra.
II) La regione del primo insediamento dei
Piceni
andava in larghezza dal mare gli
Appennini
, in lunghezza dal Tesino ad
Ancona
. I limiti di lunghezza cambiarono spesso mentre quelli di larghezza si mantennero costanti.
EPOCA QUARTA: Confini del
Piceno
dopo la discesa dei
Galli Senoni
.
I) Col tempo dai
Piceni
ebbero origine i Picentini e gli Irpini.
All'epoca di Tarquinio Prisco, intorno al
600 a.C.
, iniziò la discesa in Italia dei Galli comandati da Belloveso.
Le invasioni galliche compresero quelle dei Galli Boi e dei Lingoni che si stabilirono nell'Italia Settentrionale cacciandone
Etruschi
ed
Umbri
. Seguirono i
Senoni
che occuparono la zona fra i fiumi Viri e Esi poi detta
Gallia Senonia
.
Quest'ultima invasione spinse i
Piceni
a estendersi verso sud superando il Tronto ed annettendo gli agri Pretuziano e
Adriano
. Così il confine meridionale del
Piceno
si spostò al Matrino oltre il quale vivevano i Vestini, stanziati fino al fiume Aterno oggi Pescara.
II, III) I Vestini, diversi dai Pretuzii, si allearono con i
Sanniti
e parteciparono alla ribellione contro Roma nel IV secolo a.C. e furono sconfitti dal cosnole Giunio Bruto Sceva.
Se a quei tempi erano in grado di resistere all'esercito romano, i Vestini dovevano essere stanziati nella loro regione già in epoca molto anteriore, quindi
Colucci
ritiene più probabile che il confine meridionale del
Piceno
in epoca gallica fosse il Matrino e non l'Aterno.
IV) Si tenta ora di stabilire quando i
Piceni
, inizialmente stanziati nel solo agro Palmese, passarono ad occupare anche il Pretuziano e l'
Adriano
.
Si esclude l'ipotesi di collocare l'evento in età imperiale basandosi su vari argomenti fra cui una pagina di
Plinio
che riprende la descrizione dell'Italia fatta da
Augusto
nella quale i
Piceni
sono già citati come abitatori della zona limitata dall'Aterno.
V) Secondo
Colucci
sussiste la tesi della provenienza dei Picentini dai
Piceni
, ma non quella dell'estnsione del
Piceno
ad inglobare il territorio picentino fino alla costa tirrenica.
Le fonti che ne parlano (
Strabone
) vanno intese nel senso che dopo le guerre sannitiche una colonia di
Piceni
dedotta nella regione del Silaro prese il nome di Picentini.
EPOCA QUINTA: Confini del
Piceno
dopo la cacciata dei
Senoni
.
I) Dopo aver cacciato i
Galli Senoni
, i Romani si impadronirono di tutti i loro territori fino al Rubicone, territori che almeno in un primo tempo furono probabilmente annessi al
Piceno
, infatti alcune fonti antiche fra cui Eutropio ed Orosio mostrano di considerare
Senigallia
e
Rimini
come città del
Piceno
. Anche
Polibio
, vissuto molto prima e dunque più vicino ai fatti, conferma questa teoria.
L'annessione dei territori dei Galli all'Umbria avvenne soltanto in un secondo momento.
II) Del resto l'annessione al
Piceno
fu una pura formalità. I teritori dei Galli rimasero sotto il controllo romano ed i
Piceni
, al più, vi avranno mandato ad abitare gruppi di persone.
EPOCA SESTA: Confini del
Piceno
nella divisione dell'Italia fatta da
Augusto
.
I) Nella divisione di
Augusto
il
Piceno
era la quinta regione e giungeva fino al Matrino comprendendo tutto l'agro
Adriano
.
II) Nella stessa divisione l'ex territorio dei Galli passò dal
Piceno
all'Umbria.
EPOCA SETTIMA: Divisione del
Piceno
sotto
Adriano
.
I) La ripartizione di
Augusto
fu modificata da
Adriano
e successivamente da Marco Aurelio e da Macrino.
Il
Piceno
fu diviso da
Adriano
in due province:
Piceno
Annonario a nord e
Piceno
Subburbicario a sud, divise dal fiume Esi.
II) Questa suddivisione, di carattere puramente amministrativo e giudiziario, non fu mai trattata approfonditamente dagli autori antichi perché di scarsa rilevanza storica.
DISSERTAZIONE QUARTA - DEI VARI POPOLI CHE HANNO ABITATO IL PICENO
ARTICOLO PRIMO: DEI
SICULI
I) In epoca molto remota il
Piceno
era disabitato ed inospitale, i suoi confini terrestri quasi invalicabili lo rendevano raggiungibile solo dal mare e dal mare, come si è visto, vennero i primi abitatori, i
Siculi
provenienti dalla Grecia, forse dalla
Tessaglia
.
Se non è certo il periodo in cui i
Siculi
giunsero nel
Piceno
è noto quello in cui ne furono cacciati, circa cinque secoli prima della fondazione di Roma.
Successivamente i
Siculi
passarono in quello che sarebbe divenuto l'agro gallico, poi nel
Lazio
ed infine in Sicilia.
II) I
Siculi
del
Piceno
furono probabilmente gente barbara e rozza. Inesperti di cose militari furono facilmente sopraffatti.
ARTICOLO SECONDO: I
LIBURNI
.
I) Oltre ai
Siculi
furono fra i primi abitatori del
Piceno
i
Liburni
, gente di origine altrettanto oscura.
Ai tempi di
Plinio
rimaneva di loro la sola città di Truento.
II) Fra la varie ipotesi sull'origine dei
Liburni
,
Colucci
ritiene verosimile che provenissero dall'Illirico e che qui fossero giunti dalla Grecia.
III) Diversamente da altri sctorici suoi contemporanei,
Colucci
ritiene che i
Liburni
arrivassero nel
Piceno
navigando attraverso l'
Adriatico
.
IV) Sembra che, prima dell'arrivo degli
Umbri
,
Siculi
e
Liburni
convivessero pacificamente nel
Piceno
.
Colucci
avanza la poco credibile ipotesi che vivessero in un "secolo d'oro" in cui gli uomini non erano ancora presi dalla cupidigia. Probabilmente, comunque, erano genti pacifiche come dimostrerebbe la facilità con cui furono cacciati dagli Umbri.
V) Sembra che lasciato il
Piceno
i
Liburni
si spostarono nell'Italia Meridionale dando origine ad altre popolazioni ma, considerata la povertà delle notizie,
Colucci
rinuncia ad approfondire l'argomento.
ARTICOLO TERZO: DEGLI UMBRI.
I) Gli Umbri occuparono il
Piceno
con la forza estendendosi, secondo
Sciliace
, fino alla Daunia.
II) Gli Umbri erano una popolazione antichissima di orifine incerta. Secondo Solino ed altri autori provenivano dalla Gallia ma anche in questo caso
Colucci
si astiene dal prendere posizione.
III) Secondo molti autori l'antico dominio degli Umbri andava dall'
Adriatico
al Tirreno, dall'Arno al Nera e fu poi ridimensionato dall'espansione etrusca
IV) Come già detto l'invasione del
Piceno
da parte degli Umbri si colloca generalemtne nel XIII secolo a.C. e fu causata dalla pressione dei Pelasgi giunti nel
Lazio
. Fu probabilmente una migrazione molto lenta che durò forse secoli. Comunque sette secoli dopo l'arrivo dei Pelasgi nel
Lazio
,
Sciliace di Caranda
parlava di
Ancona
come città degli Umbri dimostrando che questo popolo si trattenne a lungo nel
Piceno
.
ARTICOLO QUARTO: DEGLI
ETRUSCHI
.
I) Premesso che gli
Etruschi
non ebbero mai il dominio dell'intero
Piceno
, è comunque possibile che giunsero ad occuparne alcune zone quando mossero in armi contro gli Umbri. E' opinione comune che gli
Etruschi
fossero di origine orientale.
II) Concordando con altri autori suoi contemporanei,
Colucci
data al XIII secolo a.C. l'arrivo degli
Etruschi
in Italia.
III) Approdarono sulle coste tirreniche dell'Italia Meridionale e a poco a poco approdarono territori fino all'
Adriatico
.
Si distinguono tre divisioni dell'Etruria, la prima si trovava lungo la riva del Tevere opposta a quella occupata dai Romani, la seconda più a sud e comprendeva
Capua
e Nola e la terza era situata oltre l'
Appennino
verso l'
Adriatico
.
IV)
Colucci
calcola che l'espansione degli
Etruschi
dai primi insediamenti all'occupare quasi tutta l'Italia, richiese circa un secolo e mezzo a cavallo della fondazione di roma.
Gli
Etruschi
arrivarono alla pianura padana poco prima dei Galli che valicarono le
Alpi
durante il regno di Tarquinio Prisco.
Quanto al superamento dell'Appennivo verso la costa adriatica da parte degli
Etruschi
, è evento che
Colucci
colloca dopo la fondazione di Roma, interpretando una frase di Livio (
ante romanum imperium
) come riferimento non alla fondazione di Roma, ma al raggiungimento del suo totale dominio sul Mediterraneo.
V) Stabilito quanto Sopra, l'autore ritiene che l'entrata degli
Etruschi
nel Piceno sia considerevolmente successiva alla fondazione di Roma e che essi occuparono la regione che successivamente fu tolta loro dai
Galli Senoni
. Il loro insediamento in quella regione sarebbe avvenuto ai danni degli Umbri per compensare la perdita di territori nella regione padana causata dalla discesa dei Galli.
VI) Gli
Etruschi
non dominarono mai l'intero Piceno, infatti i calcoli fin qui descritti portano a collocare il loro arrivo dopo quello dei Sabini-Piceni, ma non risulta che la presenza prevalente di questi si sia mai interrotta.
Al massimo l'area occupata dagli
Etruschi
comprendeva l'Agro Gallico e l'
Adriano
o il Pretuziano.
VII) La presenza di nomi
Etruschi
nel Piceno (Cupra era il nome etrusco di Giunone) prova soltanto un fenomeno di contaminazione delle lingue piuttosto frequente a quei tempi.
ARTICOLO SESTO: DEI
GALLI SENONI
.
Ai tempi della XLV Olimpiade (circa
600 a.C.
), un gruppo di Focesi si stabilì sulla costa el Mar Ligure fondando
Marsiglia
. Osteggiati dai Salluvii, furono aiutati dai Galli di Belloveso che in seguito migrarono in Italia.
Da questa migrazione a quella dei
Galli Senoni
, stando a Livio, trascorsero circa duecento anni. I
Senoni
vennero dalla regione della Senna fra il
430
ed il
400 a.C.
Secondo le fonti presero Roma nel
390 a.C.
e nello stesso anno furono sconfitti da
Camillo
a Gubbio, valicarono quindi l'
Appennino
e si stabilirono nel Piceno, nella zona fra
Ancona
e il fiume Urente, cacciandone gli
Etruschi
e fondando
Senigallia
.
Circa trent'anni dopo i Galli tentarono di nuovo la sconfitta di Roma e furono respinti dal
dittatore
Gaio Servilio Ahala. Ancora dodici anni dopo furono sconfitti dal console
Lucio Furio Camillo
, figlio del famoso
Camillo
.
Trascorsi altri tredici anni, conclusero un trattato di pace con i Romani che durò trent'anni, finché i Galli non lo violarono per saccheggiare le campagne romane insieme agli
Etruschi
ed ai Galli Transalpini.
Quarant'anni dopo, con
Sanniti
ed
Etruschi
, combatterono contro il
propretore
Lucio Scipione ed il console
Publio Decio Mure
si sacrificò per rovesciare le sorti della battaglia in favore dei Romani.
Ancora dieci anni più tardi parteciparono con Lucani,
Sanniti
ed
Etruschi
all'assedio di Arezzo, sconfissero il console Lucio Cecilio facendo strage dei Romani. I Romani affidarono il comando a Mario Curio Dentato che invece di attaccare i Galli ad Arezzo penetrò nel loro territorio in
Gallia Senonia
e lo devastò.
Per rappresaglia i
Galli Senoni
si portarono di nuovo contro Roma ma furono sterminati dal console Publio Cornelio Dolabella.
ARTICOLO SETTIMO: DEI ROMANI
I Romani ebbero i Piceni come confederati, in seguito gli accordi furono rotti ed i Romani sottomisero la provincia.
Molte famiglie romane si trasferirono come coloni nel Piceno e col tempo si fusero con la popolazione locale.
DISSERTAZIONE TERZA - DEI VARI NOMI DATI AL PICENO
Con le dissertazioni precedenti si è stabilito che l'origine dei Piceni risale al primo secolo di Roma. La loro nazione iniziò ad espandersi nel terzo.
ARTICOLO PRIMO.
Era antico costume che una regione derivasse il proprio nome dai popoli che l'abitavano. Per questo motivo il Piceno, in età arcaica, si chiamò Sicilia, dal nome dei Siculi che vi si erano stabiliti, come si evince anche da un passo di Servio.
ARTICOLO SECONDO.
Successivamente, occupata dagli Umbri, la regione si chiamò Umbria e questo fu il nome usato da
Sciliace
, nonostante ai suoi tempi si fosse già verificata la migrazione sabina.
ARTICOLO TERZO.
La regione si suddivise in tre parti dette Agro
Adriano
, Pretuziano e
Palmense
, che probabilmente prendevano i nomi dalle loro maggiori città.
Mentre i nomi di Sicilia e Umbria furono definitivamente sostituiri dal nome "Piceno", le tre parti mantennero invariate le loro denominazioni.
ARTICOLO QUARTO.
La migrazione sabina che fu origine del nome Piceno, come si è visto, fu contemporanea o poco anteriore alla fondazione di Roma.
Il nome
Picenum
derivò dal picchio, uccello sacro a
Marte
venerato dai
Sabini
.
Colucci
precisa l'etimologia:
Pici
e
Cenus (Genus>
, ciè gente del picchio. La sostituzione della "G" con "C" in
Genus - Cenus
è fenomeno piuttosto comune nel latino antico.
ARTICOLO QUINTO.
Le fonti antiche usavano in genere il vocabolo
Piecentes
per indicare le genti picene ed il vocabolo
Picenus
riferendosi alle cose del Piceno.
Errato, invece, è usare il termine "Picentini" riferito agli abitanti del Piceno (come faceva
Strabone
) in quanto i Piecentini erano un popolo derivato dai Piceni che si stabilì in
Campania
.
ARTICOLO SESTO.
Come si è visto nella terza dissertazione, l'imperatore
Adriano
rivide la divisione dell'Italia in province. In quall'occasione il Piceno venne distinto in due regioni divise dal corso del fiume Esi.
La prima fu chiamata Piceno Annonario ed era una delle province italiane, la seconda Piceno Suburbicario ed era considerata appartenente alla giurisdizione territoriale della città di Roma.
L'attributo "annonario" derivava dal termine "annona" che indicava i tributi da versare all'impero per il mantenimento dell'esercito sotto forma di frumento, carne, vino, sale ed altri generi.
DISSERTAZIONE SESTA - DELLE VARIE METROPOLI DEL PICENO
Tutti i popoli antichi costruivano città che divenivano il centro politico ed amministrativo del loro territorio.
Si distingueva fra metropoli regionali e di governo, le seconde ospitavano gli organi governativi e potevano anche trovarsi al di fuori della regione.
Colucci
intende distinguere la sua disanima delle metropoli picene in tre epoche: la prima amdrà dalle origini all'arrivo dei
Sabini
, la seconda fino alla guerra con i Romani, la terza fino alla caduta dell'impero.
EPOCA PRIMA.
Per metropoli gli antichi non intendevano la città dove risiedeva il sovrano o chiunque avesse il potere, ma la città più grande, ricca e famosa, primato spesso conteso fra varie città della stessa nazione.
La metropoli dei primi tempi del Piceno fu
Ancona
. Vi si celebrava il culto di Diomede che attirava molte genti ed accresceva la popolazione.
Città più antica della regione, già nota a
Sciliace
,
Ancona
fu certamente la prima metropoli del Piceno.
Anche le trincipali città dei tre Agri furono probabilmente considerate metropoli. Lo fu Andria e forse anche i capoluoghi per noi ignoti degli agri Pretuziano e
Palmense
.
EPOCA SECONDA.
Dopo l'arrivo dei
Sabini
,
Ancona
fu soppiantata da Ascoli che era in posizione più centrale rispetto ai territori occupati dai
Sabini
stessi.
La parte che in un primo periodo i
Sabini
non occuparono aveva come capitale
Senigallia
, città dei
Galli Senoni
.
EPOCA TERZA.
Sotto i Romani la situazione cambiò. Il governo della regione fu affidato a un prefetto inviato da Roma e la città di Fermo, ove i conquistatori dedussero una colonia, divenne metropoli regionale. Dal canto suo Ascoli, nonostante le due ribellioni antiromane di cui fu probabilmente origine, mantenne sempre importanza e prestigio di metropoli.
Col tempo i Romani dedussero altre colonie civili e militari che accrebberi l'importanza di altri centri e nel Piceno Suburbicario si contarono diverse città importanti: Adria,
Ancona
, Ascoli, Fermo, Osimo.
Secondo il costume romano i governatori di una provincia non risiedevano stabilmente in un città ma avevano l'obbligo di trasferirsi frequentemente.
Anche il tribunale supremo che giudicava le cause pià gravi veniva spesso trasferito da una città all'altra e nelle province più grandi venivano istituiti più tribunali secondo una ripartizione territoriale in zone che da Costantino in poi presero il nome di Diocesi.
Questa situazione interessò il Piceno oltre il fiume Esi, Piceno Annonario, le cui città più importanti furono Gubbio,
Pesaro
e Senigallia.
Una lapide del quinto secolo attesta che
Ravenna
fu capitale e metropoli del Piceno. Ciò dipende evidentemente da una revisione dei confini regionali in forza della quale parte dell'Emilia passò al Piceno.
DISSERTAZIONE SETTIMA - DELLE CONDIZIONI DELLE CITTA' PICENE PRIMA CHE SI ASSOGGETTASSERO AL POPOLO ROMANO
ARTICOLO PRIMO. Condizioni delle città nel loro materiale.
Le abitazioni arcaiche del Piceno erano semplici capanne costruite con canne, vimini e creta, solo successivamente si cominciò a costruire case in muratura e pietra, disposte casualmente e distanziate fra loro.
Questi agglomerati di casevenivano in genere circondate da un fossato e da un terrapieno per tenere lontani gli animali selvatici.
Con l'andare del tempo le costruizioni si fecero più grandi, si cominciò ad aggiungere ornamenti estetici ed i fossati vennero progressivamente sostituiti da cinte di mura.
I centri abitati di Siculi,
Liburni
ed Umbri erano sempre molto piccoli e mai simmetrici, più curati ed eleganti quelli delle zone abitate dagli
Etruschi
e dai primi Sabini.
ARTICOLO SECONDO. Condizione delle città rispetto al formale.
Le occupazioni dei primi abitatori erano l'agricoltura, la caccia e la pesca. Per svolgere queste attività durante il giorno lasciavano gli abitati.
Unica occasione in cui gli abitati vedevano una maggior concentrazione di persone erano le riunioni periodiche al fine di commerciare.
Con l'aumentare della popolazione cominciarono ovunque ostilità di confine e guerre di conquista. Si ebbero così, come si è visto, le migrazioni dei Siculi e dei
Liburni
. Questi coloni vissero un lungo periodo di tranquillità ma poi, per difendersi da quanti cercavano di conquistare i loro territori, furono costretti ad armarsi e a imparare a combattere. Ciò avvenne in particolare quando gli
Umbri
penetrarono nel Piceno e, più esperti delle cose della guerra, ebbero il sopravvento.
ARTICOLO TERZO. Sistema politico di tali città.
A giudizio di Colucci gli abitatori del Piceno preromano godevano di perfetta libertà civile, organizzati in piccole repubbliche.
Eleggevano probabilmente dei capi civili e militari le cui cariche erano limitate nel tempo e che potevano essere deposti in caso di comportamento inadeguato.
E' probabile che i capi così eletti fossero monarchi la cui autorità era improntata al modello patriarcale come avveniva in genere nelle popolazioni più antiche.
Ogni città eleggeva il proprio re e non esistevano organismi politici comuni.
Silio Italico parla di un re del Piceno di nome Efi (
Aefis
) di origine pelasgica ed alcuni autori antichi e moderni ritengono attendibile la notizia, ma Colucci la respinge perché i Pelasgi non arrivarono mai nel Piceno e per altre considerazioni.
Ancora Silio parla di un Pico re degli Aborigeni che sposò Pomona e rifiutò l'amore di Circe la quale si vendicò trasformandolo in picchio.
A prescindere dal racconto mitologico, Pico, figlio di
Saturno
e padre di Fauno, potrebbe essere un antico re del
Lazio
al tempo degli Aborigeni ma ogni suo riferimento al Piceno è generato da una confusione di nomi e viene respinto da Colucci.
Nel terzo secolo di Roma tutta l'Italia vide l'abolizione delle monarchie. Il fenomeno interessò anche il Piceno e nel quinto secolo di Roma nella regione non esistevano più stati monarchici.
A riprova di quanto affermato Colucci cita il passo di Livio in cui i romani, nell'anno 444 ab Urbe condita, avviarono trattative di alleanza con la città umbra di
Camerino
e gli ambasciatori discussero con un senato, non con un re.