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GIUSEPPE COLUCCI

ANTICHITA' PICENE





DISSERTAZIONE PRIMA - DEI PRIMI ABITATORI DEL PICENO


I) I Siculi furono i primi abitatori del Piceno. L'indagine parte da Plinio che attribuisce ai Siculi la fondazione di Numana, quindi di Ancona.
II) Ancora Plinio parla dei Siculi e dei Liburni come primi abitatori dei territori Adriano, Pretuziano e Palmese prima dell'arrivo dei Sabini. Per Colucci si tratta dei "Siculi antichissimi" e non di Siracusani.
Plinio dice che cha a Siculi e Liburni successero gli Umbri, quindi gli Etruschi ed infine i Galli.
III) Colucci respinge la tesi della provenienza dei Siculi dalla regione padana.
Se fossero provenuti da nord si sarebbero stabiliti in zone disponibili lungo l'Appennino oppure, ammesso che preferissero regioni costiere, avrebbero incontrato il litorale della Romagna prima di quello del Piceno.
IV) Sulla base di Plinio e di autori a lui contemporanei, Colucci cerca di definire i confini dei territori Adriano, Pretuziano e Palmese.
V) Ancora sull'origine dei Siculi: Colucci indaga du un passo di Dionigi di Alicarnasso che alcuni avevano interpretato come prova dell'origine ligure dei Siculi e dimostra che Dionigi intendeva dire l'esatto contrario, cioè che Siculi e Liguri erano genti diverse.
Dionigi, Virgilio ed altri autori attestano che i Siculi occuparono il Lazio proveniendo da altri territori: Colucci ritiene che provenissero dal Piceno del quale sarebbero stati i primi abitatori.
VI) I Siculi fondarono Numana e Ancona. Strabone attribuisce la fondazione di Ancona ai Siracusani allontanatisi dalla loro città durante la tirannia di Dionisio il Vecchio o di Dionisio il Giovane ma già Sciliace di Caranda, vissuto prima di Erodoto, parlava di Ancona fondata dai Siculi molto tempo prima delle tirannidi di Siracusa.
A sostegno della sua tesi sull'antichità di Ancona, Colucci introduce un altro argomento: i presunti coloni siracusani non sarebbero riusciti a fondare una città in un territorio occupato solo pochi anni prima dai Galli Senoni ma avrebbero incontrato insuperabili resistenze da parte dei Galli stessi e dei Piceni, l'esistenza di Ancona doveva quindi essere una realtà consolidata ai tempi di Dionisio il Vecchio.
Reperti numismatici dimostrano che in Ancona si batteva moneta con incisioni in greco. Questa lingua non poteva essere stata importata dai Galli, dagli Umbri o dai Sabini ma soltanto dagli antichi Siculi che dovevano provenire dalla Grecia.
VII) Basandosi su Dionigi di Alicarnasso e su altre fonti, Colucci confuto l'opinione di quanti ritengono i Siculi indigeni italici e nota che gli autori antichi che definivano "Italici" i Siculi si riferivano non alla loro origine ma al loro re Italo.
Citando le stesse fonti, l'autore contesta anche l'identificazione dei Siculi con gli Umbri.
VIII) Un tentativo di datazione della migrazione dei Siculi: Dionigi di Alicarnasso parla di Siculo come il capo che guidò i Siculi in Italia ma anche come di quello che li condusse prima nel Lazio poi in Trinacria: di tratta evidentemente di due diverse migrazioni e di due diversi condottieri con lo stesso nome.
I primi Siculi sbarcarono sulla costa fra il fiume Pescara ed il Rubicone: un tratto di costa molto lungo che certamente non fu popolato in una sola generazione.
Fondarono Rimini, Pesaro, Ancona, Numana e Ascoli. Si trasferirono poi nel Lazio prima che questo fosse occupato dagli Aborigeni e dai Pelasgi, evento che in genere si concorda nel datare sette secoli prima della fondazione di Roma.
IX) Sull'origine della nautica gli antichi si espressero molto variamente, in genere attribuendone l'invenzione a divinità o eroi.
Per Colucci il più antico natante fu l'arca di Noè, ma il senso del discorso tende a dimostrare che popolazioni antecedenti ai Pelasgi avevano la possibilità di navigare suffragando la tesi dell'arrivo dei Siculi dal mare sulle coste del Piceno.
X) L'autore si chiede da quale regione greca provenissero i Siculi e tende a credere che fossero originari della Tessaglia o della Macedonia perch´ da queste regioni è più facile accedere all'Adriatico attraverso lo Ionio.
Una volta vicini alle coste italiche furono forse spinti dai venti e dalle correnti a risalire l'Adriatico fino al Piceno.


DISSERTAZIONE SECONDA - DELL'ORIGINE DEI PICENI


I) Livio e Plinio parlavano di Adria, il primo dicendola città degli Etruschi, il secondo dei Liburni. Alcuni ne deducevano che i Liburni fossero di stirpe etrusca, ma secondo l'autore si trattava di due città diverse: Adria Veneta e Adria Picena.
II) Secondo l'autore nelle fonti antiche non si trovano prove che gli Etruschi abitarono il Piceno.
Per quanto riguarda l'archeologia, gli unici monumenti etruschi nel Piceno sono i templi di Cupramontana e Cupra Marittima ma ciò non dimostra uno stanziamento etrusco nella regione perch´ è noto che gli artefici etruschi, per la loro rinomata perizia, venivano a volte chiamati in altra città per curare costruzioni di questo tipo.
III) Del resto non è provato, nonostante se ne parli in un passo di Strabone, che i templi suddetti siano stati veramente costruiti dagli etruschi. Studiosi contemporanei del Colucci preferivano attribuirli ai Piceni o ai Siculi.
IV) Da Plinio e Livio si ricava che gli Etruschi costruirono un tempio di Gionone Argiva nei pressi di Ripatransone (presso Ascoli Piceno), così almento interpretava l'abate Gianfrancesco Lancellotti deducendone che gli Etruschi occuparono per un periodo il Piceno.
Tuttavia l'autore di questa dissertazione esamina i passi citati, propone alcune correzioni al testo e alla punteggiatura e conclude con una diversa interpretazione, ecludendo ogni parentela dei Piceni con Etruschi e Palasgi.
V) Mons. Mario Guarnacci leggeva in Plinio l'origine etrusca della città di Archippe nei pressi del Lago Fucino, ma questa città si trovava nel territorio dei Marsi e non nel Piceno.
VI) Dall'analisi delle fonti risulta che gli Etruschi occuparono tre regioni: l'Etruria "di mezzo" (Toscana), la Lombardia e la Campania. Un'affermazione di Livio riguardante il dominio etrusco sull'Italia non deve essere interpretata in senso letterale; lo storico intendeva che la fama della potenza etrusca aveva raggiunto l'intera penisola, non che tale potenza avesse soggiogato l'intero paese.
VII) Secondo una tradizione citata da Silio Italico e da Dionigi di Alicarnasso, i Piceni discendevano dal re Pico, figlio di Fauno. Ma si tratta soltanto di un mito.
VIII) Sull'autorità di Plinio e Strabone, l'autore di questa dissertazione afferma con sicurezza che i Piceni discesero dai Sabini.
IX) Viene respinta l'ipotesi di chi considera i Sabini discendenti dagli Opici.
X) Come Plinio afferma con chiarezza i Piceni discesero dai Sabini per un voto di primavera sacra.
XI) Il rito consisteva nel consacrare agli dei i bambini nati durante una determinata primavera che, una volta divenuti adulti, venivano inviati a cercare nuove terre e fondavano nuove colonie.
XII) Il rito della primavera sacra non era prerogativa dei Sabini ma veniva praticato da molte popolazioni antiche.
XIII) Fra i primi a praticare la primavera sacra furono gli Aborigeni come attesta Dionigi di Alicarnasso. Altrettanto fecero i Pelasgi, che provenivano dalla Grecia. Si ritiene infatti che il rito fosse in uso anche nella Grecia arcaica.
E' comunque vero che dai Sabini questo rito fu praticato più frequentemente e che ne derivarono i Piceni, i Sacrani, i Sanniti e dai Sanniti i Mamertini.
XIV) Il rito della primavera sacra si celebrava a scopo votivo per scongiurare carestie, epidemie ed altre catastrofi, oppure per risolvere problemi di eccessiva popolazione.
XV) La primavera sacra aveva inizio con sacrifici di animali e varie cerimonie. E' opinione dell'autore che l'uso sia stato istituito per abrogare i sacrifici umani sostituendo la morte delle vittime con il loro esilio perenne così da mitigare la barbarie dei costumi senza provocare lo sdegno degli dei.
XVI) L'effettiva espulsione dalla patria dei prescelti era considerata indispensabile, pena la punizione divina contro le comunità che non avevano correttamente e completamente adempiuto il proprio voto.
XVII) Gli esuli fondavano nuove città, si univano a popolazioni esistenti o le scacciavano per occupare il loro territorio.
Ad esempio i Sacrani cacciarono Liguri e Siculi, i Sabini sopraffecero gli Opici, i Sanniti-Mamertini giunti in Sicilia si unirono agli abitanti di Messina. Inizialmente furono accolti amichevolmente per l'aiuto prestato in guerra ai Messinesi, più tardi violarono i patti e si comportarono da conquistatori.
XVIII) Generalmente gli esuli della primavera sacra assumenvano una denominazione diversa da quella originaria così gruppi di Sabini divennero Sacrani, Sanniti, Piceni e così un gruppo di Sanniti prese il nome di Mamertini. Spesso questi giovani esuli venivano consacrati a Marte perch´ li aiutasse nell'uso delle armi di cui avrebbero avuto certamente bisogno.
XIX) Presso i Romani l'uso della primavera sacra mutò e si ridusse all'offerta sacrificale di capi di bestiame nati in primavera.
XX) Parlando della primavera sacra dalla quale ebbero origine i Piceni, Plinio non ne indica le ragioni ma l'autore ritiene che si trattò dell'eccesso della popolazione, considerando le numerose migrazioni dei Sabini avvenute per lo stesso motivo.
XXI) Come sempre la migrazione dei futuri Piceni iniziò con una cerimnoni, sacrifici e grande dolore di quanti partivano e dei loro cari che restavano.
Gli esuli valicarono gli Appennini e trovarono una terra fertile e salubre che si estendeva fino all'Adriatico. Avanzarono fino al luogo dove, prima di ogni altra città, fondarono Ascoli, quindi seguirono il corso del Tronto fino al mare. Giunti alla costa si divisero in due schiere e con il tempo si estereso fino a Interamnia (Teramo) e lungo il litorale: Cupra Marittima, Fermo, S. Elpidio (Cluana), Ancona a Numana. Con le generazioni successive occuparono anche l'entroterra e fondarono nuove città.
Il percorso dei primi Piceni sarebbe stato dunque corrispondente a quello seguito dai Romani per costruire la via Salaria.
XXII) Questi coloni presero quasi certamente il nome dal picchio (picus), uccello sacro a Marte che probabilmente fu avvistato durante le pratiche augurali precedenti la partenza.
XXIII) Si tenta di definire l'epoca di questa migrazione. Da Dionigi di Alicarnasso si apprende che i Sabini derivarono dagli Umbri a seguito di una guerra con i Pelasgi.
Non si trova traccia dei Piceni nelle fonti antiche che sia relativa ad epoche preromane. La prima citazione del nome Piceni è in Livio e si riferisce all'anno 454 di Roma.
Da tutto ciò l'autore deriva che la migrazione dei Piceni è evento relativamente recente, avvenuta molto più tardi di quella dei Siculi e degli Umbri.
XXIV) Distinguendo periodi della storia antica dell'Italia era comunemente indicato:
- Italia etrusca e pelasga, anteriore alla fondazione di Roma,
- Italia gallica, primi cinque secoli di Roma,
- Italia romana,
- Italia costantiniana.
Considerando la definizione del primo periodo troppo generica ed imprecisa, l'autore della dissertazione propone una diversa suddivisione in cinque epoche:
- Italia aborigena, umbra e sicula,
- Italia pelasga e etrusca,
- Italia gallica e greca,
- Italia romana,
- Italia costantiniana.
XXV) Tenendo presente quanto sopra, l'autore colloca all'inizio della seconda epoca la formazione della nazione sabina, derivata dagli Umbri, e la migrazione da cui ebbero origine i Piceni all'inizio della terza epoca.
Più tardi dai Piceni ebbero origine i Picentini.
In conclusione l'autore fissa l'origine dei Piceni "non molto dopo la fondazione di Roma".
XXVI) Quanto alle epoche precendenti, riepilogando: si ha da Plinio che i Siculi abitarono i territori Palmense, Pretuziano a Adriano e fondarono Numana e Ancona. E' possibile che in epoche successive Greci provenienti dalla Sicilia abbiano fondato colonie nella regione, ma ciò nulla toglie alla sicurezza della presenza di Siculi molto più antichi nella regione.
XXVII) Ancora da Plinio si ricava la testimonianza di insiediamenti minori dei Liburni.
XXVIII) All'occupazione dei Siculi successe l'insediamento degli Umbri come si trova in Sciliace citato da Dionigi di Alicarnasso.
XXIX) In conclusione l'autore ritiene che i colonizzatori Sabini da cui trassero origine i Piceni si insediarono inizialmente in una zona disabitata o, al più, ottennero pacificamente il terreno sul quale stabilirsi.
Solo più tardi, quando il loro numero fu molto aumentato, è possibile supporre che abbiano espulso altre genti dal Piceno.


DISSERTAZIONE TERZA - DEI VARI CONFINI DEL PICENO


Nel tempo il susseguirsi delle occupazioni, il dominio romano e molte altre cause variarono i confini del Piceno.

EPOCA PRIMA: Confini del Piceno dalla venuta dei Siculi alla discesa degli Umbri.

I) Molto difficile tabilire le dimensioni del territorio occupato dai Siculi e dai Liburni in epoche molto remote.
Interpretando un passo di Plinio è lecito ipotizzare che occupassero le tre zone più volte citate: agro Adriano, Pretuziano e Palmense fra i fiumi Matrino (Piomba) e Chienti, ipotesi ragionevole per la vicinanza alle coste dove probabilmente approdarono.
Aumentando il loro numero occuparono progressivamente i territori dell'entroterra ancora disabitati e si estesero lungo le coste fino al Rubicone.
II) Verosimilmente al loro arrivo i Siculi si stanziarono lungo la costa dove era più facile disboscare il terreno da coltivare e dove il mare offiva possibilità di fuga in caso di pericolo.
In conclusione la massima espansione dell'insediamento siculo della prima epoca fu compresa fra il Matrino e il Rubicone.
III) Quanto asserito nel paragrafo precedente è confermato da Plinio quando parla dei primi abitatori dei già citati agri.

EPOCA SECONDA: Confini della provincia dopo la discesa degli Umbri.
I) I Siculi si estesero occupando tutto il territorio fra il Rubicone ed Ancona ma più tardi sopraggiunsero altri coloni, gli Umbri, che li cacciarono costringendoli a migrare verso il Lazio.
E' opinione dell'autore che i Siculi furono completamente espulsi ed i loro territori occupati tutti dagli Umbri. Ciò crea difficoltà nel distinguere il confine esistente in quell'epoca fra il Piceno ed i territori confinanti già abitati dagli Umbri in precedenza.

EPOCA TERZA: Confini del Piceno dopo l'arrivo dei Sabini.
I) Probabilmente il primo gruppo di coloni sabini rimase unito (la divisione in due gruppi di cui si è parlato sarebbe avvenuta molti anni dopo) e si stabilì nella parte settentrionale della provincia (agro Palmese).
E' fra l'altro attestato da molte fonti antiche che i Sabini, per certe loro credenze, preferivano sempre la sinistra alla destra e, andando verso il mare, avevaqno appunto il nord a sinistra ed il sud a destra.
II) La regione del primo insediamento dei Piceni andava in larghezza dal mare gli Appennini, in lunghezza dal Tesino ad Ancona. I limiti di lunghezza cambiarono spesso mentre quelli di larghezza si mantennero costanti.

EPOCA QUARTA: Confini del Piceno dopo la discesa dei Galli Senoni.
I) Col tempo dai Piceni ebbero origine i Picentini e gli Irpini.
All'epoca di Tarquinio Prisco, intorno al 600 a.C., iniziò la discesa in Italia dei Galli comandati da Belloveso.
Le invasioni galliche compresero quelle dei Galli Boi e dei Lingoni che si stabilirono nell'Italia Settentrionale cacciandone Etruschi ed Umbri. Seguirono i Senoni che occuparono la zona fra i fiumi Viri e Esi poi detta Gallia Senonia.
Quest'ultima invasione spinse i Piceni a estendersi verso sud superando il Tronto ed annettendo gli agri Pretuziano e Adriano. Così il confine meridionale del Piceno si spostò al Matrino oltre il quale vivevano i Vestini, stanziati fino al fiume Aterno oggi Pescara.
II, III) I Vestini, diversi dai Pretuzii, si allearono con i Sanniti e parteciparono alla ribellione contro Roma nel IV secolo a.C. e furono sconfitti dal cosnole Giunio Bruto Sceva.
Se a quei tempi erano in grado di resistere all'esercito romano, i Vestini dovevano essere stanziati nella loro regione già in epoca molto anteriore, quindi Colucci ritiene più probabile che il confine meridionale del Piceno in epoca gallica fosse il Matrino e non l'Aterno.
IV) Si tenta ora di stabilire quando i Piceni, inizialmente stanziati nel solo agro Palmese, passarono ad occupare anche il Pretuziano e l'Adriano.
Si esclude l'ipotesi di collocare l'evento in età imperiale basandosi su vari argomenti fra cui una pagina di Plinio che riprende la descrizione dell'Italia fatta da Augusto nella quale i Piceni sono già citati come abitatori della zona limitata dall'Aterno.
V) Secondo Colucci sussiste la tesi della provenienza dei Picentini dai Piceni, ma non quella dell'estnsione del Piceno ad inglobare il territorio picentino fino alla costa tirrenica.
Le fonti che ne parlano (Strabone) vanno intese nel senso che dopo le guerre sannitiche una colonia di Piceni dedotta nella regione del Silaro prese il nome di Picentini.

EPOCA QUINTA: Confini del Piceno dopo la cacciata dei Senoni.
I) Dopo aver cacciato i Galli Senoni, i Romani si impadronirono di tutti i loro territori fino al Rubicone, territori che almeno in un primo tempo furono probabilmente annessi al Piceno, infatti alcune fonti antiche fra cui Eutropio ed Orosio mostrano di considerare Senigallia e Rimini come città del Piceno. Anche Polibio, vissuto molto prima e dunque più vicino ai fatti, conferma questa teoria.
L'annessione dei territori dei Galli all'Umbria avvenne soltanto in un secondo momento.
II) Del resto l'annessione al Piceno fu una pura formalità. I teritori dei Galli rimasero sotto il controllo romano ed i Piceni, al più, vi avranno mandato ad abitare gruppi di persone.

EPOCA SESTA: Confini del Piceno nella divisione dell'Italia fatta da Augusto.
I) Nella divisione di Augusto il Piceno era la quinta regione e giungeva fino al Matrino comprendendo tutto l'agro Adriano.
II) Nella stessa divisione l'ex territorio dei Galli passò dal Piceno all'Umbria.

EPOCA SETTIMA: Divisione del Piceno sotto Adriano.
I) La ripartizione di Augusto fu modificata da Adriano e successivamente da Marco Aurelio e da Macrino.
Il Piceno fu diviso da Adriano in due province: Piceno Annonario a nord e Piceno Subburbicario a sud, divise dal fiume Esi.
II) Questa suddivisione, di carattere puramente amministrativo e giudiziario, non fu mai trattata approfonditamente dagli autori antichi perché di scarsa rilevanza storica.


DISSERTAZIONE QUARTA - DEI VARI POPOLI CHE HANNO ABITATO IL PICENO


ARTICOLO PRIMO: DEI SICULI

I) In epoca molto remota il Piceno era disabitato ed inospitale, i suoi confini terrestri quasi invalicabili lo rendevano raggiungibile solo dal mare e dal mare, come si è visto, vennero i primi abitatori, i Siculi provenienti dalla Grecia, forse dalla Tessaglia.
Se non è certo il periodo in cui i Siculi giunsero nel Piceno è noto quello in cui ne furono cacciati, circa cinque secoli prima della fondazione di Roma.
Successivamente i Siculi passarono in quello che sarebbe divenuto l'agro gallico, poi nel Lazio ed infine in Sicilia.
II) I Siculi del Piceno furono probabilmente gente barbara e rozza. Inesperti di cose militari furono facilmente sopraffatti.

ARTICOLO SECONDO: I LIBURNI.

I) Oltre ai Siculi furono fra i primi abitatori del Piceno i Liburni, gente di origine altrettanto oscura.
Ai tempi di Plinio rimaneva di loro la sola città di Truento.
II) Fra la varie ipotesi sull'origine dei Liburni, Colucci ritiene verosimile che provenissero dall'Illirico e che qui fossero giunti dalla Grecia.
III) Diversamente da altri sctorici suoi contemporanei, Colucci ritiene che i Liburni arrivassero nel Piceno navigando attraverso l'Adriatico.
IV) Sembra che, prima dell'arrivo degli Umbri, Siculi e Liburni convivessero pacificamente nel Piceno.
Colucci avanza la poco credibile ipotesi che vivessero in un "secolo d'oro" in cui gli uomini non erano ancora presi dalla cupidigia. Probabilmente, comunque, erano genti pacifiche come dimostrerebbe la facilità con cui furono cacciati dagli Umbri.
V) Sembra che lasciato il Piceno i Liburni si spostarono nell'Italia Meridionale dando origine ad altre popolazioni ma, considerata la povertà delle notizie, Colucci rinuncia ad approfondire l'argomento.

ARTICOLO TERZO: DEGLI UMBRI.

I) Gli Umbri occuparono il Piceno con la forza estendendosi, secondo Sciliace, fino alla Daunia.
II) Gli Umbri erano una popolazione antichissima di orifine incerta. Secondo Solino ed altri autori provenivano dalla Gallia ma anche in questo caso Colucci si astiene dal prendere posizione.
III) Secondo molti autori l'antico dominio degli Umbri andava dall'Adriatico al Tirreno, dall'Arno al Nera e fu poi ridimensionato dall'espansione etrusca
IV) Come già detto l'invasione del Piceno da parte degli Umbri si colloca generalemtne nel XIII secolo a.C. e fu causata dalla pressione dei Pelasgi giunti nel Lazio. Fu probabilmente una migrazione molto lenta che durò forse secoli. Comunque sette secoli dopo l'arrivo dei Pelasgi nel Lazio, Sciliace di Caranda parlava di Ancona come città degli Umbri dimostrando che questo popolo si trattenne a lungo nel Piceno.

ARTICOLO QUARTO: DEGLI ETRUSCHI.

I) Premesso che gli Etruschi non ebbero mai il dominio dell'intero Piceno, è comunque possibile che giunsero ad occuparne alcune zone quando mossero in armi contro gli Umbri. E' opinione comune che gli Etruschi fossero di origine orientale.
II) Concordando con altri autori suoi contemporanei, Colucci data al XIII secolo a.C. l'arrivo degli Etruschi in Italia.
III) Approdarono sulle coste tirreniche dell'Italia Meridionale e a poco a poco approdarono territori fino all'Adriatico.
Si distinguono tre divisioni dell'Etruria, la prima si trovava lungo la riva del Tevere opposta a quella occupata dai Romani, la seconda più a sud e comprendeva Capua e Nola e la terza era situata oltre l'Appennino verso l'Adriatico.
IV) Colucci calcola che l'espansione degli Etruschi dai primi insediamenti all'occupare quasi tutta l'Italia, richiese circa un secolo e mezzo a cavallo della fondazione di roma.
Gli Etruschi arrivarono alla pianura padana poco prima dei Galli che valicarono le Alpi durante il regno di Tarquinio Prisco.
Quanto al superamento dell'Appennivo verso la costa adriatica da parte degli Etruschi, è evento che Colucci colloca dopo la fondazione di Roma, interpretando una frase di Livio (ante romanum imperium) come riferimento non alla fondazione di Roma, ma al raggiungimento del suo totale dominio sul Mediterraneo.
V) Stabilito quanto Sopra, l'autore ritiene che l'entrata degli Etruschi nel Piceno sia considerevolmente successiva alla fondazione di Roma e che essi occuparono la regione che successivamente fu tolta loro dai Galli Senoni. Il loro insediamento in quella regione sarebbe avvenuto ai danni degli Umbri per compensare la perdita di territori nella regione padana causata dalla discesa dei Galli.
VI) Gli Etruschi non dominarono mai l'intero Piceno, infatti i calcoli fin qui descritti portano a collocare il loro arrivo dopo quello dei Sabini-Piceni, ma non risulta che la presenza prevalente di questi si sia mai interrotta.
Al massimo l'area occupata dagli Etruschi comprendeva l'Agro Gallico e l'Adriano o il Pretuziano.
VII) La presenza di nomi Etruschi nel Piceno (Cupra era il nome etrusco di Giunone) prova soltanto un fenomeno di contaminazione delle lingue piuttosto frequente a quei tempi.

ARTICOLO SESTO: DEI GALLI SENONI.

Ai tempi della XLV Olimpiade (circa 600 a.C.), un gruppo di Focesi si stabilì sulla costa el Mar Ligure fondando Marsiglia. Osteggiati dai Salluvii, furono aiutati dai Galli di Belloveso che in seguito migrarono in Italia.
Da questa migrazione a quella dei Galli Senoni, stando a Livio, trascorsero circa duecento anni. I Senoni vennero dalla regione della Senna fra il 430 ed il 400 a.C.
Secondo le fonti presero Roma nel 390 a.C. e nello stesso anno furono sconfitti da Camillo a Gubbio, valicarono quindi l'Appennino e si stabilirono nel Piceno, nella zona fra Ancona e il fiume Urente, cacciandone gli Etruschi e fondando Senigallia.
Circa trent'anni dopo i Galli tentarono di nuovo la sconfitta di Roma e furono respinti dal dittatore Gaio Servilio Ahala. Ancora dodici anni dopo furono sconfitti dal console Lucio Furio Camillo, figlio del famoso Camillo.
Trascorsi altri tredici anni, conclusero un trattato di pace con i Romani che durò trent'anni, finché i Galli non lo violarono per saccheggiare le campagne romane insieme agli Etruschi ed ai Galli Transalpini.
Quarant'anni dopo, con Sanniti ed Etruschi, combatterono contro il propretore Lucio Scipione ed il console Publio Decio Mure si sacrificò per rovesciare le sorti della battaglia in favore dei Romani.
Ancora dieci anni più tardi parteciparono con Lucani, Sanniti ed Etruschi all'assedio di Arezzo, sconfissero il console Lucio Cecilio facendo strage dei Romani. I Romani affidarono il comando a Mario Curio Dentato che invece di attaccare i Galli ad Arezzo penetrò nel loro territorio in Gallia Senonia e lo devastò.
Per rappresaglia i Galli Senoni si portarono di nuovo contro Roma ma furono sterminati dal console Publio Cornelio Dolabella.

ARTICOLO SETTIMO: DEI ROMANI

I Romani ebbero i Piceni come confederati, in seguito gli accordi furono rotti ed i Romani sottomisero la provincia.
Molte famiglie romane si trasferirono come coloni nel Piceno e col tempo si fusero con la popolazione locale.


DISSERTAZIONE TERZA - DEI VARI NOMI DATI AL PICENO


Con le dissertazioni precedenti si è stabilito che l'origine dei Piceni risale al primo secolo di Roma. La loro nazione iniziò ad espandersi nel terzo.

ARTICOLO PRIMO.

Era antico costume che una regione derivasse il proprio nome dai popoli che l'abitavano. Per questo motivo il Piceno, in età arcaica, si chiamò Sicilia, dal nome dei Siculi che vi si erano stabiliti, come si evince anche da un passo di Servio.

ARTICOLO SECONDO.

Successivamente, occupata dagli Umbri, la regione si chiamò Umbria e questo fu il nome usato da Sciliace, nonostante ai suoi tempi si fosse già verificata la migrazione sabina.

ARTICOLO TERZO.

La regione si suddivise in tre parti dette Agro Adriano, Pretuziano e Palmense, che probabilmente prendevano i nomi dalle loro maggiori città.
Mentre i nomi di Sicilia e Umbria furono definitivamente sostituiri dal nome "Piceno", le tre parti mantennero invariate le loro denominazioni.
ARTICOLO QUARTO.

La migrazione sabina che fu origine del nome Piceno, come si è visto, fu contemporanea o poco anteriore alla fondazione di Roma.
Il nome Picenum derivò dal picchio, uccello sacro a Marte venerato dai Sabini. Colucci precisa l'etimologia: Pici e Cenus (Genus>, ciè gente del picchio. La sostituzione della "G" con "C" in Genus - Cenus è fenomeno piuttosto comune nel latino antico.

ARTICOLO QUINTO.

Le fonti antiche usavano in genere il vocabolo Piecentes per indicare le genti picene ed il vocabolo Picenus riferendosi alle cose del Piceno.
Errato, invece, è usare il termine "Picentini" riferito agli abitanti del Piceno (come faceva Strabone) in quanto i Piecentini erano un popolo derivato dai Piceni che si stabilì in Campania.

ARTICOLO SESTO.

Come si è visto nella terza dissertazione, l'imperatore Adriano rivide la divisione dell'Italia in province. In quall'occasione il Piceno venne distinto in due regioni divise dal corso del fiume Esi.
La prima fu chiamata Piceno Annonario ed era una delle province italiane, la seconda Piceno Suburbicario ed era considerata appartenente alla giurisdizione territoriale della città di Roma.
L'attributo "annonario" derivava dal termine "annona" che indicava i tributi da versare all'impero per il mantenimento dell'esercito sotto forma di frumento, carne, vino, sale ed altri generi.


DISSERTAZIONE SESTA - DELLE VARIE METROPOLI DEL PICENO


Tutti i popoli antichi costruivano città che divenivano il centro politico ed amministrativo del loro territorio.
Si distingueva fra metropoli regionali e di governo, le seconde ospitavano gli organi governativi e potevano anche trovarsi al di fuori della regione.
Colucci intende distinguere la sua disanima delle metropoli picene in tre epoche: la prima amdrà dalle origini all'arrivo dei Sabini, la seconda fino alla guerra con i Romani, la terza fino alla caduta dell'impero.

EPOCA PRIMA.

Per metropoli gli antichi non intendevano la città dove risiedeva il sovrano o chiunque avesse il potere, ma la città più grande, ricca e famosa, primato spesso conteso fra varie città della stessa nazione.
La metropoli dei primi tempi del Piceno fu Ancona. Vi si celebrava il culto di Diomede che attirava molte genti ed accresceva la popolazione.
Città più antica della regione, già nota a Sciliace, Ancona fu certamente la prima metropoli del Piceno.
Anche le trincipali città dei tre Agri furono probabilmente considerate metropoli. Lo fu Andria e forse anche i capoluoghi per noi ignoti degli agri Pretuziano e Palmense.

EPOCA SECONDA.

Dopo l'arrivo dei Sabini, Ancona fu soppiantata da Ascoli che era in posizione più centrale rispetto ai territori occupati dai Sabini stessi.
La parte che in un primo periodo i Sabini non occuparono aveva come capitale Senigallia, città dei Galli Senoni.

EPOCA TERZA.

Sotto i Romani la situazione cambiò. Il governo della regione fu affidato a un prefetto inviato da Roma e la città di Fermo, ove i conquistatori dedussero una colonia, divenne metropoli regionale. Dal canto suo Ascoli, nonostante le due ribellioni antiromane di cui fu probabilmente origine, mantenne sempre importanza e prestigio di metropoli.
Col tempo i Romani dedussero altre colonie civili e militari che accrebberi l'importanza di altri centri e nel Piceno Suburbicario si contarono diverse città importanti: Adria, Ancona, Ascoli, Fermo, Osimo.
Secondo il costume romano i governatori di una provincia non risiedevano stabilmente in un città ma avevano l'obbligo di trasferirsi frequentemente.
Anche il tribunale supremo che giudicava le cause pià gravi veniva spesso trasferito da una città all'altra e nelle province più grandi venivano istituiti più tribunali secondo una ripartizione territoriale in zone che da Costantino in poi presero il nome di Diocesi.
Questa situazione interessò il Piceno oltre il fiume Esi, Piceno Annonario, le cui città più importanti furono Gubbio, Pesaro e Senigallia.
Una lapide del quinto secolo attesta che Ravenna fu capitale e metropoli del Piceno. Ciò dipende evidentemente da una revisione dei confini regionali in forza della quale parte dell'Emilia passò al Piceno.



DISSERTAZIONE SETTIMA - DELLE CONDIZIONI DELLE CITTA' PICENE PRIMA CHE SI ASSOGGETTASSERO AL POPOLO ROMANO


ARTICOLO PRIMO. Condizioni delle città nel loro materiale.
Le abitazioni arcaiche del Piceno erano semplici capanne costruite con canne, vimini e creta, solo successivamente si cominciò a costruire case in muratura e pietra, disposte casualmente e distanziate fra loro.
Questi agglomerati di casevenivano in genere circondate da un fossato e da un terrapieno per tenere lontani gli animali selvatici.
Con l'andare del tempo le costruizioni si fecero più grandi, si cominciò ad aggiungere ornamenti estetici ed i fossati vennero progressivamente sostituiti da cinte di mura.
I centri abitati di Siculi, Liburni ed Umbri erano sempre molto piccoli e mai simmetrici, più curati ed eleganti quelli delle zone abitate dagli Etruschi e dai primi Sabini.

ARTICOLO SECONDO. Condizione delle città rispetto al formale.
Le occupazioni dei primi abitatori erano l'agricoltura, la caccia e la pesca. Per svolgere queste attività durante il giorno lasciavano gli abitati.
Unica occasione in cui gli abitati vedevano una maggior concentrazione di persone erano le riunioni periodiche al fine di commerciare.
Con l'aumentare della popolazione cominciarono ovunque ostilità di confine e guerre di conquista. Si ebbero così, come si è visto, le migrazioni dei Siculi e dei Liburni. Questi coloni vissero un lungo periodo di tranquillità ma poi, per difendersi da quanti cercavano di conquistare i loro territori, furono costretti ad armarsi e a imparare a combattere. Ciò avvenne in particolare quando gli Umbri penetrarono nel Piceno e, più esperti delle cose della guerra, ebbero il sopravvento.

ARTICOLO TERZO. Sistema politico di tali città.
A giudizio di Colucci gli abitatori del Piceno preromano godevano di perfetta libertà civile, organizzati in piccole repubbliche.
Eleggevano probabilmente dei capi civili e militari le cui cariche erano limitate nel tempo e che potevano essere deposti in caso di comportamento inadeguato.
E' probabile che i capi così eletti fossero monarchi la cui autorità era improntata al modello patriarcale come avveniva in genere nelle popolazioni più antiche.
Ogni città eleggeva il proprio re e non esistevano organismi politici comuni.
Silio Italico parla di un re del Piceno di nome Efi (Aefis) di origine pelasgica ed alcuni autori antichi e moderni ritengono attendibile la notizia, ma Colucci la respinge perché i Pelasgi non arrivarono mai nel Piceno e per altre considerazioni.
Ancora Silio parla di un Pico re degli Aborigeni che sposò Pomona e rifiutò l'amore di Circe la quale si vendicò trasformandolo in picchio.
A prescindere dal racconto mitologico, Pico, figlio di Saturno e padre di Fauno, potrebbe essere un antico re del Lazio al tempo degli Aborigeni ma ogni suo riferimento al Piceno è generato da una confusione di nomi e viene respinto da Colucci.
Nel terzo secolo di Roma tutta l'Italia vide l'abolizione delle monarchie. Il fenomeno interessò anche il Piceno e nel quinto secolo di Roma nella regione non esistevano più stati monarchici.
A riprova di quanto affermato Colucci cita il passo di Livio in cui i romani, nell'anno 444 ab Urbe condita, avviarono trattative di alleanza con la città umbra di Camerino e gli ambasciatori discussero con un senato, non con un re.