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Luciano di Samosata - Immagini



Immagini



Licino e Polistrato
Licino confida a Polistrato di essere rimasto colpito dalla bellezza di una donna che ha incontrato e Polistrato, conoscendo le preferenze omosessuali dell'amico, si dice molto sorpreso. Per descrivere tanta bellezza, Licino decide di usare "immagini" prese in prestito da Apelle, Zeusi, Parrasio, Fidia, Alcamene e altri grandi artisti. Paragona l'aspetto della bella sconosiuta a quello della Venere di Cnido opera di Prassitele, al viso della Venere di Alcamene, alla simmetria dei lineamenti dell'Atena Lennia di Fidia. Il collo era come quello dell'Amazzone appoggiata all'asta di Fidia - racconta Licino - il sorriso era quello della Sosandra di Calamide.
Per i colori Licino ricorre alle immagini dei pittori: la chioma della Giunone di Efranore, le sopracciglia, le gote e le vesti della Cassandra di Polignoto, e ancora si serve di opere di Apelle e di Aezione.
Dai versi di Omero prende i grandi occhi dalle palpebre screziate di viola e infine definisce la sconosciuta simile a Venere più di Briseide. L'aveva vista procedere conversando con quanti l'accompagnavano e sorridere con i suoi denti di straordinaria bellezza.
Dalla descrizione del corteo di servitori Policrate comprende che l'amico sta parlando della moglie dell'imperatore che si chiama Pantea come la moglie di Abradate nella Ciropedia di Senofonte. E' ora il turno di Policrate di descrivere le virtù della donna, le sue caratteristiche di magnanimità, modestia, bontà e così via. Prosegue con la lode sperticata della voce di Pantea, del suo canto, del suo modo di suonare la cetra, della sua piacevole conversazione.
Ma non solo ... ella è immagine del senno e della sapienza come Aspasia di Mileto, la donna di Pericle, come Teano, Saffo e Diotima.
E passando a un'altra immagine Policrate parla della bontà e umanità di Pantea che per questo è simile a Arete o Nausica mentre per l'amore che porta al marito è come Penelope modesta e saggia.
Un'ultima immagine è dedicata alla gentilezza della donna che nonostante il suo rango si mostra sempre cordiale e modesta con chi le rivolge la parola.
In conclusione le immagini che Licino ha fatto in rilievo del corpo di Pantea e quella dipinta da Polistrato dell'animo di lei, raccolte in un libro formerebbero un'opera degna dei più grandi artisti.

Sopra le immagini



Polistrato e Licino
Licino ha descritto la bellissima Pantea in un libro usando le "immagini" di cui al dialogo precedente e i libro è stato pubblicato. Polistrato riferisce a Licino che la donna ha gradito l'omaggio ma ha trovato eccessivo essere paragonata a Venere e Giunone, ha temuto di offendere le dee e vorrebbe che i passi che contengono questi riferimenti fossero eliminati. Non c'è nulla di male, osserva Polistrato, nel modificare un libro già pubblicato, anche Fidia apportò qualche modifica al suo Zeus Olimpico dopo aver ascoltato e considerato le critiche della gente.
Alle parole di Polistrato, Licino obietta che è stato pronunciato un giudizio senza dare all'imputato la possibilità di difendersi, vuole quindi discolparsi "in appello" e chiede all'amico di riferire a Pantea quanto dirà. Inizia affermando che le osservazioni di Pantea sul libro denotanto una modestia che si aggiunge a tutte le altre sue doti, quindi prosegue con due argomenti: egli ha lodato la bellezza e le virtù di Pantea ma senza adulazione perché l'adulatore in genere mente descrivendo qualità inesistenti mentre Licino è certo della verità e della sincerità delle sue affermazioni. Il secondo argomento dovrà tranquillizzare la donna che teme di offendere le dd: Licino ha paragonato la sua bellezza con quella delle statue di Fidia e Prassitele e non c'è nulla di blasfemo nel paragonare un essere umano con le opere di altri esseri umani, mentre il vero aspetto di Venere e Giunone rimane sconosciuto e non immaginabile.
L'arringa di difesa è terminata e Polistrato, come promesso, si affretta a andarla a riferire a Pantea.

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