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Mosè



039.Moses Comes Down from Mount Sinai
Mosè scende dal Sinai - G. Dorè
Uno dei personaggi principali dell'Antico Testamento, Mosè è il liberatore del popolo ebreo che si trovava in Egitto da secoli in condizione di schiavitù. Si trattata dei discendenti dei figli di Giacobbe che si erano stabiliti in Egitto a causa della carestia che aveva colpito le loro terre e lo avevano fatto da uomini liberi accolti dal re per compiacere a Giuseppe, figlio di Giacobbe e suo prezioso consigliere, come si legge nella Genesi. Col passare del tempo, tuttavia, la situazione era cambiata e sotto i successori del faraone che li aveva accolti la condizione degli Ebrei era via via peggiorata fino alla schiavitù.
Sarà Mosè a liberare il suo popolo e a condurlo in Palestina con una migrazione che durerà tutta la sua vita. La figura di Mosè è anche quella del legislatore, considerato autore di parte delle Sacre Scritture e dei libri della Legge che lasciò al suo popolo. La vicenda di Mosè è narrata nell'Esodo per quanto riguarda la partenza dall'Egitto e il viaggio nel deserto e in Numeri e Deuteronomio per la descrizione della legge mosaica.

Il racconto nella Bibbia

Mosè nacque in Egitto dal nobile ebreo Amram e da sua moglie Iochebed.
Secondo Giuseppe Flavio la sua nascita è da collocarsi circa quattrocento anni dopo gli eventi che portarono Giacobbe e la sua gente a stabilirsi in Egitto.
Nella tradizione biblica, Mosè (salvato dalle acque) fu affidato alla corrente del Nilo dai genitori, nel tentativo di salvarlo dall'ordine del faraone di uccidere tutti i neonati maschi, una profezia diceva infatti che un nato in quella generazione sarebbe stato molto pericoloso per il trono, e comunque il Faraone e la sua corte erano preoccupati per la continua crescita della comunità ebraica in Egitto.
Fu salvato dalla principessa Tharmut, figlia del Faraone e da questa affidato a Miriam, sorella del neonato che aveva seguito di nascosto la cesta contenente il corpicino. Miriam portò il bambino a casa dove fu allattato da Iochebed per essere riconsegnato, una volta svezzato, alla principessa.
Divenne un giovane molto bello e precoce e Tharmut lo presentò al re, che non aveva figli maschi, proponendolo come erede.
Visse a corte acquisendo molto prestigio. Divenuto capo dell'esercito sgominò gli Etiopi che tentavano di invadere l'Egitto, li inseguì nel loro paese e conquistò la loro capitale, quindi sposò la principessa Tharbi, figlia del re degli Etiopi.
Non tollerando i maltrattamenti ai quali vedeva sottoposti gli Ebrei che vivevano in Egitto come schiavi, un giorno uccise un soldato egiziano che maltrattava uno di loro. Mosè nascose il cadavere ma l'evento si venne a sapere e fu costretto a fuggire nel deserto di Madian per sfuggire alla condanna a morte che il faraone aveva pronunciato.
Arrivato nei pressi del Mar Rosso conobbe il sacerdote Jethro e sposò una delle sue figlie, Safforah, dedicandosi alla pastorizia. Da Safforah ebbe due figli, Gherson e Eleazar.
Un giorno, portando le greggi a pascolare sul monte Oreb, ebbe una visione: Dio gli ordinò di tornare in Egitto per liberare la sua gente.
Provenienza immagine: dalla rete
Michelangelo Buonarroti - Mosè
Roma, San Pietro in Vincoli

Poiché Mosè esitava dubitando di saper convincere gli Ebrei, Dio gli mostrò i prodigi che avrebbe fatto, come il suo bastone che diventava serpente o l'acqua del fiume che diventava sangue. Dio gli assicurò che tutti i suoi nemici in Egitto erano già morti e Mosè partì con la famiglia ma presto rimandò indietro la moglie e i figli per essere più libero nelle sue azioni.
Per volere di Dio, Mosè ritrovò Aronne che si unì a lui e arrivati in Egitto annunciarono al popolo la loro missione e Mosè dimostrò di essere veramente ispirato dal Signore tramite i prodigi che Dio gli aveva indicato.
Ora si doveva vincere l'ostacolo della vigilanza egiziana, e Mosè chiese al faraone il permesso di condurre il popolo per tre giorni nel deserto ad offrire sacrifici, ma il faraone negò il suo consenso e infuriato ordinò di non dare più paglia agli Ebrei per fabbricare i mattoni: avrebbero dovuto procurarsela da soli ma senza per questo diminuire la produzione, e ciò ovviamente comportava un grosso aumento del lavoro. Gli Ebrei ne incolparono Mosè.
Nulla sembrava poter convincere il faraone che più volte ripeté la promessa di lasciar partire il popolo se Mosè avesse fatto cessare i flagelli con cui il Signore colpì l'Egitto ma mai rispettò l'impegno preso.
L'Egitto fu colpito da dieci calamità che nella Bibbia vengono definite prodigi e nella tradizione popolare piaghe: trasformazione dell'acqua in sangue, rane, zanzare, mosche velenose, mortalità del bestiame, ulcere, grandine, locuste, tenebre, morte dei primogeniti. Il faraone lasciò andare gli Ebrei solo dopo aver visto morire tutti i primogeniti, suo figlio compreso, ma anche questa volta cambiò idea e prese ad inseguirli con l'esercito per sterminarli.
E' a questo punto che Dio compie uno dei miracoli più spettacolari della Bibbia facendo aprire le acque del Mar Rosso per permettere agli Ebrei di passare e poi lasciandole richiudere travolgendo ed annegando il faraone e il suo esercito.
Durante il lungo viaggio attraverso il deserto si ripetono disordini fra gli Ebrei scontenti per la carenza d'acqua o di cibo o per altri simili motivi. Questi racconti che sono evidentemente a scopo di ammaestramento e di esempio per il lettore ripetono sempre lo stesso schema: il popolo si lamenta e incolpa del suo disagio Mosè per averlo portato fuori dall'Egitto, il Signore indignato per l'empietà e l'ingratitudine degli Ebrei minaccia lo sterminio, Mosè prega e si umilia e il Signore, commosso, perdona e soddisfa le richieste. Scaturisce acqua dalle rocce, arrivano stormi immensi di quaglie e, soprattutto, piove la manna ogni giorno per tutta la durata della lunga migrazione.
In Esodo 17,8 la grande carovana degli Ebrei viene aggredita dagli Amaleciti. Costoro erano, secondo la Bibbia, discendenti di Amalek nipote di Esau, quindi appartenevano alla stessa etnia delle loro vittime. In realtà si crede che gli Amaleciti fossero nomadi di stirpe araba e, a prescindere da queste relazioni, l'episodio in cui dei nomadi attaccano e depredano una carovana che attraversa il loro territorio appare molto credibile. Gli Ebrei, che erano in molti e che sapevano combattere, si difendono sotto il comando di Giosuè, e anche questo sembra ragionevole, frutto di fantasia è invece in questo caso il ruolo di Mosè che osservando il combattimento dall'altro di una montagna deve tenere le braccia alzate in atto di supplica per ottenere che la battaglia volga a favore del suo popolo mentre se per stanchezza le abbassa un istante subito gli aggressori hanno il sopravvento !
Col passare del tempo e con l'aumento della popolazione, Mosè si rese conto che le sue forze cominciavano ad essere insufficienti per risolvere tutti i problemi ed esprimersi su ogni controversia grande o piccola che nasceva tra gli Ebrei. Su consiglio del suocero Jetro che si era unito a lui con tutta la sua gente, Mosè suddivise il popolo in gruppi e per ogni gruppo nominò dei giudici ai quali delegò quelle incombenze.
Il popolo era accampato nel deserto del Sinai presso un monte. Chiamato dal Signore, Mosè salì sulla cima e il Signore gli parlò del patto che intendeva stabilire con gli Ebrei: sarebbe stato il suo popolo prediletto e condizione di rispettare sempre le sue leggi. Mosè convocò il popolo e riferì quanto gli era stato detto e il popolo accettò con entusiasmo il patto d'alleanza. Il profeta salì di nuovo sulla montagna e questa volta il Signore lo informò che si sarebbe manifestato al popolo facendo udire la propria voce dall'interno di una nube tenebrosa. La voce dettò i Dieci Comandamenti che Mosè trascrisse nel libro della legge. Trovandosi ancora sul Monte Sinai, Mosè ricevette l'ordine di fabbricare il tabernacolo e l'Arca dell'Alleanza, con dettagliate istruzioni in merito.
Intanto a valle gli Ebrei, ancorché reduci dall'esperienza della voce dalla nube, stanchi di aspettare costrinsero Aronne a fabbricare un idolo, un vitello d'oro che presero ad adorare con rituali certamente diversi da quelli dettati da Mosè per i sacrifici. Secondo molti commentatori l'episodio del vitello d'oro adombra le credenze politeiste che gli Ebrei ebbero in tempi antecedenti a quelli narrati nella Bibbia.
Prima che Mosè discendesse dal monte il Signore lo informò dell'atto blasfemo compiuto dal popolo dalla dura cervice, non di meno la vista dell'idolo e della sua gente che lo adorava fece perdere il controllo a Mosè che reagì in modo alquanto singolare:
Quando si fu avvicinato all'accampamento, vide il vitello e le danze. Allora si accese l'ira di Mosè: egli scagliò dalle mani le tavole e le spezzò ai piedi della montagna.
Poi afferrò il vitello che quelli avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell'acqua e la fece trangugiare agli Israeliti.
(Esodo 32. 19 e 20).
Ma questa punizione non era sufficiente per espiare un così grave peccato, quindi Mosè chiamò intorno a se quanti si erano mantenuti fedeli al Signore e fu circondato dai Leviti ai quali ordinò di commettere un'orrenda strage passando a fil di spada i propri amici, i parenti, i figli. Quando migliaia di Ebrei furono morti, Mosè si congratulò con i Leviti che avevano senz'altro guadagnato una speciale benedizione, quindi risalì ancora una volta la montagna per pregare il Signore di perdonare ai superstiti.
Durante questo incontro, Mosè chiese al Signore di mostrargli il suo volto. La richiesta fu parzialmente delusa perché il volto divino non poteva essere visto da un essere umano, tuttavia per accontentarlo, il Signore concesse a Mosè di vederlo di spalle.
Quanto al popolo per il quale Mosè chiedeva il perdono, Dio confermò la promessa di dargli la terra dove scorrono latte e miele ma annunciò che di lì in avanti non avrebbe più guidato personalmente il popolo, delegando questo compito ad un angelo, minaccia che poco dopo ritrattò per compiacere Mosè. Ordinò comunque di spostare fuori dal campo il tabernacolo, cioè il padiglione dove si svolgevano i Suoi incontri con Mosè perché non gradiva più la vicinanza del popolo 'dalla dura cervice'.
Durante questo secondo soggiorno di quaranta giorni sul Sinai, Mosè ebbe dal Signore due nuove tavole delle leggi in sostituzione di quelle che aveva infranto in un impeto d'ira alla vista del vitello d'oro. Quando discese dal monte, Mosè aveva il volto irradiato di mistico splendore. La luce che emanava incuteva timore ed egli prese a velarsi il viso quando doveva parlare al popolo.
Fu costruito un nuovo tabernacolo, Aronne fu consacrato sommo sacerdote e si tenne un censimento.
Il viaggio riprese ma poco dopo gli Ebrei, stanchi di mangiare sempre e solo manna, presero a lamentarsi di tanta monotonia e a protestare con Mosè il quale parlò ancora con il Signore, questa volta mostrando i segni della propria stanchezza. Il Signore gli ordinò di scegliere settanta anziani ai quali concesse doti profetiche così che potessero parlare al popolo alleviando l'impegno di Mosè. Il giorno successivo il vento portò presso l'accampamento un enorme stormo di quaglie con cui gli Ebrei si nutrirono per un mese e più (Numeri 11), tuttavia quanti lamentandosi avevano detto di rimpiangere la loro vita in Egitto furono uccisi da un'improvvisa pestilenza.
Aronne e sua sorella Miriam mormorarono contro Mosè e mettendone in dubbio le virtù, arrabbiatissimo l'Eterno colpisce Miriam con la lebbra che dovrà portare per sette giorni rimanendo fuori dal campo.
Quando degli esploratori inviati da Mosè tornarono al campo degli Ebrei raccontarono di aver effettivamente visitato un paese meraviglioso ma abitato da popoli potenti. Gli Ebrei, a questa notizia, persero coraggio e come al solito iniziarono a mormorare contro Mosè. Questa volta Dio decise di sterminarli e solo le preghiere di Mosè lo convinsero a commutare la condanna in esilio: quanti erano partiti dall'Egitto sarebbero rimasti per quarant'anni nel deserto in modo che nessuno di loro avrebbe visto con i propri occhi la Terra Promessa.
Core della tribù di Levi, insieme a Datan e Abiram della tribù di Ruben insorsero contro Mosè e Aronne seguiti da altri duecentocinquanta uomini, tutti molto rispettabili. Accusavano Mosè e Aronne di essersi arrogati il potere senza averne il diritto: Dio era in mezzo agli Israeliti e si manifestava loro, quindi tutti gli Israeliti erano santi e non soltanto loro due. Mosè disse loro di presentarsi al mattino con gli incensieri per offrire profumi ma quando il Signore si manifestò ordinò a Mosè e a Aronne di allontanarsi perché intendeva sterminare la comunità. Per le preghiere dei due fratelli il Signore si limitò a colpire i ribelli: la terra si aprì sotto i piedi di Core, Datan e Abiram e delle loro famiglie, furono inghiottiti e scesero ancora vivi negli inferi. Subito dopo un fuoco divorò i duecentocinquanta che avevano aderito alla ribellione mentre stavano ancora offrendo l'incenso. Quindi il Signore volle che tutti i capi lasciassero il proprio bastone nella tenda della Testimonianza ed il mattino successivo il bastone di Aronne era fiorito per dimostrare la missione sacerdotale dei Leviti.
Il popolo minacciò ancora di ribellarsi per mancanza di acqua e Mosè fece sgorgare una fonte dalla roccia con il tocco del suo bastone ma il Signore osservò che Mosè e Aronne avevano dubitato di poter compiere questo prodigio e per punirli stabilì che non sarebbero entrati nella Terra Promessa.
La marcia proseguì con una lunga deviazione dovuta al re di Edom che negò agli Ebrei il permesso di attraversare il suo paese. Quando giunsero al monte Or Dio disse a Mosè che per Aronne era giunto il momento di morire. Istruito dal Signore Mosè accompagnò Aronne e suo figlio Eleazaro sul monte e tolti i paramenti sacerdotali al padre li fece indossare al figlio di fronte al popolo riunito. Compiuta questa cerimonia Aronne morì serenamente.
Riprendendo il cammino gli Israeliti si avvicinarono alla città di Arad il cui re li affrontò in armi e li sconfisse. Offrendo sacrifici al Signore, gli Israeliti giurarono di votare allo sterminio Arad e la sua gente se fossero riusciti a sconfiggere quel re, il Signore ascoltò la loro preghiera e i Cananei di Arad furono sterminati.
Più avanti nel viaggio (Numeri 21,4-8), il popolo si lamentò di nuovo per la stanchezza e per la monotonia del cibo, il Signore mandò serpenti velenosi che uccisero molti Israeliti. La gente pregò Mosè di trovare un rimedio e Mosè ricevette dal Signore l'ordine di fabbricare un serpente di bronzo, una sorta di amuleto la cui vista bastava a guarire quanti erano stati morsi.
Giunti al paese degli Amorrei chiesero il permesso di attraversare il regno di Sicon il quale non solo rifiutò ma uscì in armi nel deserto contro gli Ebrei. Mosè guidò il popolo in battaglia e i nemici furono sconfitti, Sicon ucciso e il suo regno conquistato. Analogo rifiuto oppose Og re di Basan che fu a sua volta sconfitto ed ucciso.
Le tribù di Ruben, Gad e metà della tribù di Manasse chiesero a Mosè il permesso di stabilirsi nella terra in cui si trovavano, prima del passaggio del fiume Giordano. Mosè li autorizzò a patto che prima di stabilirsi oltrepassassero il fiume con lui ed aiutassero le altre tribù a trovare ciascuna un appropriato territorio.
Prosegue il racconto dell'avvicinamento alla Terra Promessa: In Numeri 22,23,24, il re di Moab Balak, intimorito dall'avvicinarsi degli Israeliti al suo regno, ricorre al mago Balaam perchè questi li maledica, ma Balaam, parlando sotto l'influenza divina, invece di maledire gli Ebrei li benedice e profetizza la loro vittoria.
Quando gli Israeliti entrano in contatto con i Madianiti, alcuni di loro passano al culto idolatra. Per questo motivo l'Eterno decreta che i Madianiti vengano trattati da nemici ed in Numeri 31 ordina la guerra contro di loro. Da parte sua Mosè si sincera che la conseguente strage dei Madianiti sia capillare e che anche donne e bambini vengano trucidati, quindi fa impiccare quanti si erano lasciati andare all'idolatria dei Madianiti e ai loro costumi inverecondi.
Al termine del lungo vagabondare nel deserto Mosé e la sua gente giungono al limitare della Terra Promessa ma entrarvi è proibito a Mosè per aver dubitato del Signore nell'espisodio delle Acque di Meriba. Gli è concesso salire su una montagna, il Monte Nebo, da dove può ammirare il paese destinato alla sua gente. Fatto ciò egli ripete al popolo i dettami della legge e ne affida l'osservanza ai sacerdoti. Impone le mani a Giosuè conferendogli il comando e dopo aver benedetto ancora una volta la sua gente si ricongiunge serenamente ai suoi padri.
La Bibbia racconta così la morte di Mosè:
Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l'ordine del Signore.
Fu sepolto nella valle, nel paese di Moab, di fronte a Bet-Peor; nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba.
Mosè aveva centoventi anni quando morì; gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno.
Gli Israeliti lo piansero nelle steppe di Moab per trenta giorni; dopo, furono compiuti i giorni di pianto per il lutto di Mosè.
Giosuè, figlio di Nun, era pieno dello spirito di saggezza, perché Mosè aveva imposto le mani su di lui; gli Israeliti gli obbedirono e fecero quello che il Signore aveva comandato a Mosè
(Deut. 34:5-9)




Mosè è citato da Dante fra gli spiriti che Cristo, dopo la Resurrezione, trasse dal Limbo e portò in Paradiso.





Riferimenti letteratura:
  • Bibbia - Esodo
  • Bibbia - Levitico
  • Bibbia - Numeri
  • Bibbia - Deuteronomio
  • Bibbia - Libro di Giosuè
  • Giuseppe Flavio - Antichità Giudaiche
  • Giovanni Zonara - Storia del mondo
  • Rodolfo il Glabro - Storie
  • Divina Commedia - Inferno
  • Niccolò Machiavelli - Discorsi sulla prima decade di Tito Livio


  • Riferimenti Genealogici

  • Padre: Amram
  • Madre: Iochebed
    Fratelli e sorelle:
  • Aronne
  • Miriam
    Matrimoni - Unioni:
  • Tharbi
  • Safforah
    Figli:
  • Eleazar
  • Gherson


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