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NICCOLO' MACHIAVELLI
DISCORSI SULLA PRIMA DECA DI TITO LIVIO
DEDICA A
ZANOBI BUONDELMONTI
E
COSIMO RUCELLAI
Machiavelli
dedica l'opera agli amici
Zanobi Buondelmonti
e
Cosimo Rucellai
i quali, come si evince dalla dedica stessa, hanno vivamente sollecitato lo scrittore a raccogliere in libro le sue conoscenze ed il suo pensiero a proposito della storia romana.
PROEMIO A
Nelle arti e nelle scienze l'uomo moderno segue continuamente l'esempio degli antichi. Così avviene anche nella politica, l'arte di reggere uno stato, nella quale i
Romani
sono stati maestri.
Tuttavia nel leggere gli autori antichi molti lettori sembrano non tener conto di quanto sopra: essi apprezzano quanto leggono ma non pensano ad imitarlo.
Per correggere questo errore l'Autore ha deciso di analizzare a fondo quanto è rimasto dell'opera di
Tito Livio
(i libri dal 21 al 45 saranno rinvenuti solo nel
1527
).
Questo brano corrisponde alla prima redazione del proemio.
PROEMIO B
Seconda e definitiva redazione del proemio.
Mentre le sculture antiche vengono grandemente apprezzate e soprattutto imitate, l'Autore si rammarica che molti lodino ma pochi cerchino di imitare i costumi e le leggi dell'antichità. In realtà tutte le scienze e tutto il diritto moderno discendono dalla sapienza degli antichi, nonostante pochi se ne rendano conto. Più che dalla corruzione e dalla debolezza, ciò deriva dalla scarsa conoscenza della storia. Per questo motivo
Machiavelli
si propone di divulgare e di chiarire quanto resta dell'opera di
Tito Livio
.
I
Tutte le città sono state fondate dai nativi del luogo o da forestieri. Nel primo caso l'origine della fondazione è la volontà di riunire le forze per vivere più sicuri, migliorando le possibilità di difesa e l'organizzazione. Ne sono esempi
Atene
e
Venezia
.
Nel secondo caso può trattarsi di iniziativa di uomini liberi oppure, più frequentemente, della volontà di un'altra città, come fu nel caso di
Firenze
e di tutte le numerosissime colonie fondate dai
Romani
.
In genere i fondatori sono uomini liberi quando sono stati costretti da una guerra, da una carestia o altro a trasferirsi fuori dalla propria città, come avvenne per
Mosè
o per
Enea
.
Sebbene un sito sterile e difficile stimoli l'operosità e la creatività degli abitanti, sono stati più saggi coloro che hanno scelto, per fondare città, luoghi fertili ed ameni, sopperendo con una saggia legislazione ai problemi che una vita troppo comoda avrebbe potuto provocare.
Quanto a
Roma
sarà considerata fondata da stranieri se si risale ad
Enea
, fondata da nativi del luogo se si pensa a
Romolo
. In ogni caso è città nata libera, senza dipendenza da alcuno.
II
Quanti hanno osservato la struttura dei possibili stati (si allude a
Polibio
) hanno indicato tre forme di governo: il principato, il governo degli ottimati ed il governo popolare.
Altri indicano sei forme di governo includendo le degenerazioni delle prime tre in quanto il principato può diventare tirannide, quello degli ottimati può divenire "governo dei pochi" e quello popolare "sanza difficultà in licenzioso si converte".
I governi più antichi furono principati e, in generale, i primi principi furono governanti saggi ed onesti in quanto venivano scelti proprio per queste capacità. Via via che si formava l'abitudine di trasmettere il governo in maniera ereditaria invece che elettiva, il principato decadde in tirannide a causa dell'avidità dei nuovi principi.
Per reazione alla tirannide, tramite congiure e ribellioni, si passa al governo degli ottimati. Prendono cioè il potere quei gruppi dotati di una coerenza politica che ha permesso loro di rovesciare il monarca. Anche in questo caso si ha inizialmente un buon governo, ma con l'eredità - come nel caso dei principi - succedono ai padri dei figli che, non avendo conosciuto le passate sofferenze, indulgono più facilmente al piacere, all'ambizione e all'avarizia; così il governo dei migliori diviene governo dei pochi.
Anche contro il governo aristocratico prima o poi la popolazione si solleva, ne deriva la democrazia che presto degenera in "licenza" per eccesso di libertà. Per rimettere ordine si ritorna al principato ed il ciclo ricomincia. Raramente questo ripetersi continua per lunghi periodi perché spesso le repubbliche, indebolite dai loro travagli interni, cadono sotto il potere di uno stato vicino, più solido ed organizzato.
I più saggi legislatori dell'antichità, considerando questi processi, crearono governi misti in cui il potere era suddiviso fra monarchi, ottimati e popolazione. Vi riuscì così bene
Licurgo
che le sue leggi ressero
Sparta
per circa otto secoli. Meno bene
Solone
il cui governo per eccessiva tendenza alla democrazia durò molto meno e fu interrotto dalla tirannide di
Pisistrato
.
Nel caso di
Roma
si ebbe all'inizio una monarchia che, prima di degenerare, seppe emanare leggi giuste. I re furono sostituiti dai
consoli
ed il loro potere suddiviso fra questi ed il
Senato
.
Nel periodo seguente alla caduta della monarchia si ebbe quindi un ibrido fra principato e governo degli ottimati, che escludeva la popolazione dalla gestione del potere.
Questa situazione portò alla lunga a famose lotte fra
patriziato
e
plebe
che videro la nobiltà costretta a cedere parte del potere. Il culmine del processo fu, per
Machiavelli
, l'istituzione dei
tribuni della plebe
, con la quale la repubblica romana conseguì la definitiva stabilità perchè raggiunse un equilibrio fra le tre forme di governo.
III
Alla caduta dei
Tarquini
i nobili presero il potere e lo gestirono correttamente per qualche anno ma quando, morto l'ultimo
Tarquinio
, fu dissolto qualunque pericolo di restaurazione i nobili si fecero arroganti nei confronti della
plebe
.
Machiavelli
spiega il fenomeno con l'innata malvagità e cupidigia umana che possono essere tenute a freno solo dalla necessità e dal pericolo. Le lotte sociali che seguirono portarono, come si è detto, all'istituzione dei
tribuni della plebe
.
IV
Machiavelli
sottolinea che i tumulti e le lotte sociali che portarono alla creazione del
tribunato
furono sostanzialmente eventi positivi, "prima causa del tenere libera
Roma
", raramente ebbero conseguenze tragiche come esilii o spargimenti di sangue. In generale portarono all'istituzione di "leggi ed ordini in beneficio della pubblica libertà".
Il popolo romano era dunque nel suo pieno diritto quando rifiutava il lavoro o boicottava la leva, quando cioè esercitava gli strumenti in suo potere per ottenere legittimi benefici.
Machiavelli
prende in sostanza posizione contro i detrattori di
Roma
che ai suoi tempi ritraevano la repubblica romana come eternamente afflitta dalla discordia, in generale per motivi propagandistici a favore del modello veneziano.
V
Perché una repubblica duri è necessario tutelare la libertà. In alcuni casi come
Sparta
e
Venezia
questo compito fu affidato alla nobiltà, nell'antica
Roma
toccò alla
plebe
. L'autore discute su quale dei due modelli sia il più sicuro: secondo l'opinione di alcuni affidare la giustizia ai nobili evita abusi da parte degli "animi inquieti della
plebe
". Secondo altri la
plebe
ha maggior interesse, quindi maggior cura, nel tutelare la libertà del cittadino. Il problema può porsi in altri termini: sono più pericolosi "quelli che desiderano di acquistare o quelli che temono di perdere l'acquistato?".
Quando
Caio Menio
e
Marco Folio
(
314 a.C.
-
Livio IX 26
) furono nominati rispettivamente
dittatore
e maestro di cavalleria ed incaricati di indagare su una congiura antiromana della nobiltà di
Capua
, essendo
plebei
furono accusati dai nobili di curare ambizioni personali e finirono per deporre la carica.
VI
Machiavelli
confronta ancora l'ordinamento politico romano con quello di
Sparta
e di
Venezia
.
Sparta
ebbe un re (in effetti erano due) ed un piccolo
senato
(i ventotto geronti).
Venezia
non distinse varie cariche politiche ma affidò tutti i poteri ai "Gentiluomini".
Quando i cittadini di
Venezia
consolidarono il loro stato chiusero l'accesso al potere ai nuovi cittadini (Serrata del Maggior Consiglio) e questo assetto aristocratico durò stabilmente per molto tempo.
Anche a
Sparta
la
plebe
fu esclusa dal potere ma la distribuzione delle ricchezze operata dalla costituzione di
Licurgo
contribuì alla stabilità del governo. Aiutò la durata anche la limitata dimensione dello stato, nonché il fatto che
Sparta
non consentiva immigrazione di stranieri.
Se
Sparta
e
Venezia
furono durature quindi fu in grazia della loro "chiusura", ma
Roma
- se si fosse chiusa - non avrebbe potuto costruire il suo impero. Paradossalmente l'ostilità fra la
plebe
e il
patriziato
viene vista come una delle causee prime della potenza di
Roma
.
Un piccolo popolo per il quale siano precluse le possibilità di crescere vivrà stabile e tranquillo ma senza speranza di potenza ed esposto alle aggressioni, viceversa uno stato grande potrà essere potente ma conoscerà fatalmente lotte intestine ed ostilità politiche.
La storia ha dimostrato che quando
Sparta
decise di espandere il suo dominio non seppe mantenere il governo degli stati conquistati e cadde quando Tebe si ribellò. Analogo destino subì
Venezia
con i territori da lei conquistati o acquistati in
Italia
, quando si scontrò (15 maggio
1509
) con la Lega di Cambrai e fu costretta a rinunciare a tutti i suoi domini sulla terraferma.
In conclusione
Machiavelli
ritiene che solo il suo assetto sociale permise a
Roma
di espandersi e resistere nel tempo.
VII
Altro strumento atto a garantire pace e libertà in una repubblica è l'amministrazione della giustizia, cioè la possibilità di accusare in tribunale chi commette un reato. Questa possibilità scoraggia molti crimini con il timore della punizione ed evita tumulti tesi a fare sommariamente giustizia.
A
Roma
ne fu esempio
Coriolano
, portato in tribunale dai
tribuni della plebe
per aver tentato di non far distribuire al popolo il grano importato dalla
Sicilia
in occasione di una grande carestia. Senza la possibilità di composizione giudiziaria, dice
Machiavelli
, l'episodio avrebbe certamente originato gravi tumulti.
Esempio in negativo fu invece la vicenda di Francesco Valori a
Firenze
. Capo della fazione dei "Piagnoni" costui arrivò fra il
1494
e il
1498
a governare
Firenze
ma provocò scontri di parte danneggiando l'intera comunità.
Ancora: il governo di
Piero Soderini
a
Firenze
(
1502
-
1512
) comportò problemi che si sarebbero potuti risolvere in casa, l'assenza di adeguati strumenti giuridici portò invece ad una situazione instabile che infine comportò l'intervento degli Spagnoli e la restaurazione dei Medici.
Infine viene citato l'episodio liviano in cui l'etrusco Arunte chiama i
Galli
contro la sua stessa città (
Chiusi
) per vendicarsi di un oltraggio subito da sua moglie. Anche in questo caso una giustizia regolare avrebbe dato soddisfazione all'offeso che non sarebbe ricorso al tradimento.
VIII
Se le accuse ed i processi possono essere utili alla repubblica, le calunnie sono sempre dannose. Viene citato l'esempio di Manlio Capitolino che, invidioso della popolarità acquisita da Camillo dopo la cacciata dei
Galli
, lo calunniò e fomentò la
plebe
con insinuazioni sulla sorte del tesoro recuperato. Fu necessaria la nomina di un
dittatore
(Aulo Cornelio Cosso) per reprimere la sedizione di Manlio Capitolino.
Il caso di Manlio e Camillo viene paragonato con quello fiorentino di Giovanni Guicciardini, ingiustamente calunniato di corruzione.
IX
Secondo
Machiavelli
l'ordinamento di una repubblica (o la sua globale riorganizzazione) può riuscire giusto e funzionale solo se a concepirlo sia una sola mente. E' invece necessario il governo di più persone quando si tratta di mantenere in vigore la costituzione già emanata. Queste ragioni giustificano quindi
Romolo
che uccise
Remo
e non impedì la morte del collega
Tito Tazio
, "giustificando i suoi mezzi" il fine meritorio di poter emanare da solo una saggia legislazione. Ciò fatto, per altro,
Romolo
istituì subito un
Senato
che lo affiancasse nel governo.
Fra i vari esempi di legislatori che potrebbe citare a sostegno di questa tesi, l'Autore sceglie gli Spartani Agide IV e Cleomene. Il primo volendo restaurare i rigori della costituzione di
Licurgo
he si erano attenuati nel tempo fu ucciso dai suoi avversari politici. Il secondo, successore di Agide, volendo conseguire lo stesso risultato intuì che poteva riuscire solo operando con totale autorità, quindi fece uccidere gli Efori (magistrati) e chiunque potesse ostacolarlo. Cadde a sua volta vittima della potenza macedone.
La conclusione è quindi che
Romolo
debba essere assolto dai suoi delitti, giustificati entrambi da fini lodevoli.
X
Ora
Machiavelli
propone una sorta di classifica dei meriti in uno stato:
- al primo posto i capi e gli ordinatori delle religioni
- al secondo i fondatori di repubbliche o regni
- al terzo i capi militari che abbiano ampliato i confini della patria
- al quarto gli intellettuali.
Seguono tutti gli altri cittadini per quanto di meritorio possono realizzare nell'ambito della loro attività.
Per contro sono esecrabili:
- i distruttori delle religioni
- i dissipatori dei regni o delle repubbliche
seguono gli empi, i violenti, gli ignoranti.
In sostanza nulla in politica è più deprecabile della tirannide.
Non devono trarre in inganno ad esempio, le lodi tributate a
Cesare
dai suoi contemporanei in quanto quegli scrittori, oppressi dal tiranno, non potevano esprimersi liberamente.
E' dunque necessario leggere fra le righe di alcuni autori la verità: per esempio le lodi a Bruto erano una metafora contro gli oppressori. Imperatori illuminati come Tito,
Nerva
,
Traiano
,
Adriano
,
Antonino
e
Marco Aurelio
furono amati dal popolo e dal
Senato
, mentre le
legioni
non bastarono a salvare
Caligola
,
Nerone
e
Vitellio
dall'odio popolare.
La storia dunque insegna: su ventisei imperatori da
Cesare
a Massimiano sedici furono uccisi e, salvo una o due eccezioni, quei sedici furono tutti governanti tirannici. Ancora: quasi tutti gli imperatori che ereditarono il regno per successione naturale furono dei degenerati mentre i migliori furono scelti o adottati dal predecessore.
XI
Importantissima a
Roma
fu la religione. Fu
Numa Pompilio
, secondo la tradizione, ad inculcare nei
Romani
un senso religioso così profondo da entrare a far parte determinante della vita politica dello stato e del codice morale dei cittadini.
Numa simulò di essere guidato dalla ninfa Egeria per sostenere le sue leggi con un'autorità divina, analogamente si comportarono altri grandi legislatori come
Licurgo
e
Solone
.
In conclusione
Machiavelli
afferma l'importanza politica della religione come mezzo di coesione popolare e come strumento per ordinare la repubblica. Uno strumento più efficace con la gente semplice, come i
Romani
del tempo di Numa, e più duraturo della vita di un principe.
XII
Machiavelli
insiste sul valore politico della religione come forza di coesione dello stato e prescrive ai governanti la massima cura nel sostenere i riti ed i culti religiosi. E' strategico anche accreditare i miracoli e qualunque evento possa consolidare le credenze religiose: così fecero i governanti romani ogni volta che si parlò di prodigio. Questi argomenti offrono a
Machiavelli
l'occasione per polemizzare contro la Chiesa e la sua politica alla quale viene attribuita la reponsabilità della mancata unificazione dell'
Italia
. La Chiesa, dice l'autore, non ha avuto sufficiente potenza politica per unificare l'
Italia
sotto il suo governo, per contro ne ha provocato la frammentazione chiamando di volta in volta alleati per contrastare quanti tentavano di creare uno stato italiano.
XIII
I
Romani
si servirono della religione per evitare tumulti e riordinare la città in vari episodi della loro storia.
Machiavelli
cita alcuni esempi in questo senso traendoli da
Livio
: tutti casi in cui si sfruttò la credulità popolare per far apparire leggi e decisioni come volute dagli dei.
XIV
I
Romani
tenevano in grande considerazione gli auguri e gli
aruspici
che venivano consultati prima di ogni decisione importante. Ad esempio i Pullarii osservando il comportamento dei polli predicevano l'esito delle battaglie.
Quando la ragione con coincideva con il verdetto degli
aruspici
si cercava di interpretare il secondo in modo conforme alla prima, senza mai mostrare disprezzo per il responso.
Lucio Papirio Cursore
(
Livio X, 40
) nel
293 a.C.
combatteva presso Aquilonia con i
Sanniti
. Il capo dei Pullari, per non contrariarlo, gli aveva tenuto nascosto il responso negativo dei polli. Saputolo Papirio fece combattere l'
augure
in prima fila e quando questi fu ucciso dichiarò che l'esercito era stato purificato con la morte del bugiardo.
Al contrario
Publio Clodio Pulcro
, console nel
249 a.C.
, fu sconfitto a
Trapani
dai Cartaginesi dopo aver rifiutato il responso negativo dei polli. L'esecrazione che venne al console dai
Romani
non fu causata tanto dalla sconfitta quando dal sacrilegio. In sostanza, dice
Machiavelli
, il trarre auspici dal pollame era un espediente per tenere alto il morale delle truppe prima del combattimento.
XV
Anche i
Sanniti
tentarono di salvare le sorti della loro guerra contro i
Romani
ricorrendo ad un terribile giuramento sacro al quale obbligarono tutti i loro combattenti. Vennero sconfitti ma
Machiavelli
cita l'episodio come ulteriore esempio di come lo scrupolo religioso possa essere accortamente e vantaggiosamente usato in politica.
XVI
Quando un popolo abituato al governo di un principe diventa libero difficilmente riesce a conservare a lungo la libertà.
Fra le varie cause di questo fenomeno è l'ostilità di quanti dalla caduta del principato sono stati lesi nei loro interessi e privilegi.
Del resto, dice
Machiavelli
, i vantaggi della libertà sono evidenti solo quando vengono a mancare.
Chi governi una repubblica o un principato senza tentare di procurarsi l'accordo con gli avversari, costituisce uno stato destinato a non durare. Il popolo soggetto ha sempre due desideri: vendicarsi degli oppressori e recuperare la libertà. Il principe può esaudire il primo desiderio, come fece Clearco di Eraclea (
IV secolo
) che facendo strage dei nobili si procurò l'appoggio del popolo.
Quanto al secondo, che è sostanzialmente desiderio di sicurezza, potrà soddisfarlo solo con leggi che garantiscano i cittadini.
Abbattuta la monarchia, il popolo romano che era "ancora non corrotto" seppe consolidare la raggiunta libertà, appunto, eliminando i fautori della tirannide e dandosi una legislazione stabile.
XVII
Che un popolo corrotto una volta ottenuta la libertà non possa mantenerla è dimostrato con vari esempi, a cominciare dalle vicende che seguirono all'uccisione di
Cesare
.
Quando una città è corrotta (si intende dalle rivalità politiche interne) un principe forte può mantenere l'ordine e la libertà ma la durata della vita del principe non basterà a risanare la corruzione dei cittadini che, se non passeranno al governo di un nuovo principe determinato e virtuoso, ricadranno quanto prima negli stessi disordini ed errori.
XVIII
In una città corrotta, anzi "corrottissima" è praticamente impossibile mantenere o ripristinare la libertà in quanto gli ordinamenti che erano stati creati in clima di giustizia e lealtà non saranno più efficaci nella nuova situazione di decadenza. L'unico metodo per ristabilire l'ordine in queste circostanze è la violenza, violenza politica usata da un "principe" per prendere in mano il potere.
Machiavelli
avverte tuttavia la contraddizione di fondo di questa operazione: il principe così "cattivo" da poter usare tale violenza raramente lo farà a fin di bene, cioè a vantaggio della libertà, più frequentemente agirà per il proprio tornaconto. Viceversa il principe "buono", animato da giusti e legalitari propositi, raramente sarà capace o disposto ad usare mezzi coercitivi.
XIX
La serie dei primi re di
Roma
iniziò con il bellicoso
Romolo
cui seguì il pacifico
Numa Pompilio
, quindi
Tullo Ostilio
che era, di nuovo, un uomo d'armi. Il quarto re,
Anco Marzio
, era tendenzialmente pacifico ma fu costretto a combattere dalle circostanze. Questa alternanza fu, secondo
Machiavelli
, fortunata e permise il consolidarsi da un lato dell'ordine, dall'altro della potenza militare di
Roma
, come non sarebbe stato possibile altrimenti.
XX
Dopo il governo dei re le virtù e le capacità dei
consoli
, eletti liberamente fra i migliori cittadini, servirono a portare
Roma
all'apice della potenza in un periodo relativamente breve.
XXI
Machiavelli
biasima i principi e gli stati che si lasciano cogliere impreparati dalla guerra. Anche dopo un lungo periodo di pace è possibile in uno stato ben governato organizzare un esercito senza ricorrere a mercenari, come dimostrano
Tullo Ostilio
, Leonida ed
Epaminonda
.
XXII
L'episodio degli
Orazi e Curiazi
serve a
Machiavelli
come pretesto per annunciare tre argomenti:
- non si deve rischiare tutto contando solo sulle proprie forze
- non è opportuno in una città bene ordinata compensare fra loro meriti e colpe
- non sono mai sane quelle decisioni il cui esito possa essere compromesso dall'inosservanza di una delle parti.
XXIII
Non è dunque cosa avveduta rischiare tutti contando solo sulle forze di pochi, non lo fu la decisione di
Tullo
e Mezio riguardo al duello decisivo e non lo è quella di chi in genere si ostina a difendere i luoghi più impervi e difficili come i passi montani.
XXIV
Proseguendo nel trattare gli argomenti enunciati, l'Autore passa ad esaminare il caso dell'Orazio superstite, premiato e festeggiato per aver vinto il duello e subito processato per aver brutalmente ucciso la sorella. Il concetto è che i meriti devono essere premiati ma senza permettere che chi li ha conseguiti si senta autorizzato dal suo prestigio a non osservare la legge. Esempio analogo a quello di Orazio fu quello di Manlio Capitolino che salvò eroicamente il
Campidoglio
dai
Galli
ma più tardi, colpevole di sedizione, venne giustiziato.
XXV
Saggiamente i
Romani
mantennero nei primi tempi della repubblica alcune usanze che risalivano all'età monarchica. Il numero dei littori non fu aumentato per non dare la sensazione di maggior potere intorno ai
consoli
. Per poter continuare a svolgere quei riti che erano stati prerogativa del monarca fu istituita la figura del
Re Sacrificulo
che aveva mansioni esclusivamente religiose ed era sottoposto all'autorità del
Pontefice Massimo
.
XXVI
Chi diventa re di uno stato conquistato, insegna la storia, dovrà stravolgerne gli ordinamenti e gli equilibri sociali per garantirsi la piena autorità ed il totale controllo su coloro ai quali affiderà pubbliche responsabilità. Così fece, per esempio,
Filippo di Macedonia
padre di
Alessandro Magno
.
XXVII
Gli uomini non sono capaci di essere del tutto buoni o del tutto cattivi. L'affermazione viene sostenuta con l'episodio di Giampaolo Baglioni, un condottiero che tiranneggiava Perugia e si arrese al papa Giulio II entrato in città praticamente disarmato non osando opporsi all'autorità del pontefice.
XXVIII
A
Roma
, dai tempi della cacciata dei re fino a quelli di
Mario
e
Silla
non si registrarono tentativi di tirannia. Ne conseguì che non vi furono casi di "ingratitudine" (persecuzione politica) verso i cittadini come avvenne ad
Atene
dopo la tirannide di
Pisistrato
. ma questa situazione sarebbe stata ben diversa se fossero avvenuti "accidenti" simili a quelli ateniesi. Lo dimostrano le sventure di Collatino (colpevole solo di essere parente dei
Tarquini
) ed i problemi che
Valerio Publicola
dovette affrontare quando fu ingiustamente accusato di aspirare al potere assoluto.
XXIX
Di esempi di ingratitudine è piena la storia.
Antonio Primo
dopo aver aiutato
Vespasiano
nell'ascesa al trono imperiale fu da questi privato di ogni carica ed autorità.
Anche Consalvo Ferrante (Gonzalo Fernandez de Cordubra), nonostante le sue molte vittorie sui
Francesi
per il regno di
Napoli
, fu richiamato in
Spagna
e messo in disparte. Queste vicende sono in genere causate dal sospetto che il benemerito nutra doppi fini, così nei principi come nei popoli.
Vero è - dice
Machiavelli
- che il popolo romano fu tra i meno ingrati e cita quelli di
Scipione
,
Coriolano
e Camillo fra i rari esempi di ingratitudine romana.
XXX
Il principe che vorrà evitare di dimostrarsi ingrato non ha altra via che condurre personalmente le campagne militari in modo da guadagnare per se gloria e bottino.
Quanto al comandante vittorioso che vorrà evitare l'ingratitudine del principe, egli potrà lasciare l'esercito oppure mostrarsi umile e sottomesso, oppure eliminare al più presto il principe stesso.
Una repubblica non potrà fare a meno dei comandanti e allora il modello romano sarà il migliore per evitare l'ingratitudine. Nell'avvicendamento frequente alle massime cariche dello stato molti potranno acquisire gloria ed onori senza essere invidiati e sospettati.
XXXI
Anche verso gli errori dei comandanti, i
Romani
si dimostrarono relativamente indulgenti. L'autore apprezza questo atteggiamento che a suo avviso tende a non gravare ulteriormente sulla posizione di chi ha già molte preoccupazioni. Vengono citati gli esempi di
Manio Sergio Fidenate
e
Lucio Virgino
, tribuni militari nel
402 a.C.
che furono sconfitti dai Veienti a causa dei loro dissidi, quello di Gaio Terenzio Varrone, console nel
216 a.C.
sconfitto da
Annibale
a
Canne
, e quello di Fabio Massimo Rulliano,
Magister Equitum
nel
325 a.C.
che fu denunciato per insubordinazione dal
dittatore
Lucio Papirio Cursore e perdonato dal popolo romano.
XXXII
Il governante accorto non deve attendere il momento del pericolo per beneficiare il popolo. E' vero che ciò avvenne a
Roma
in alcune occasioni ma giovava alla buona disposizione popolare la gioventù dello stato ed il ricordo recente degli abusi dei monarchi.
XXXIII
Quando la potenza di
Roma
fu pericolosamente cresciuta tutte le città confinanti si coalizzarono contro di lei (intorno al
500 a.C.
).
Fu un errore perchè i tentativi di ostacolare un potere emergente rischiano spesso di moltiplicarlo, come dimostrano gli esempi di
Cesare
e
Pompeo
e, in tempi moderni, di Cosimo de' Medici.
Roma
, per fronteggiare il nuovo pericolo, elesse per la prima volta un
dittatore
.
XXXIV
Sulla dittatura a
Roma
. Secondo
Machiavelli
la figura del
dittatore
giovò e non nocque allo stato romano in quanto si trattava di un magistrato di breve carica, nominato in circostanza particolari e seguendo regole che ben garantivano la repubblica.
XXXV
Nonostante venisse creato con suffragi pubblici e liberi, il decemvirato fu pericoloso per la libertà dei
Romani
in quanto ebbe la facoltà di annullare e sostituire ogni altra istituzione repubblicana.
I
decemviri
furono nominati nel
451 a.C.
con pieni poteri per un anno per promulgare nuove leggi (le
Dodici Tavole
), l'anno successivo la nomina fu prorogata perché la codifica delle leggi non era ancora completa,
Appio Claudio
, uno dei
decemviri
, con mire tiranniche tentò di prendere il potere.
XXXVI
Nel
481 a.C.
furono
consoli
Marco Fabio e Cneo Manilio i quali vinsero un'importante battaglia contro i Veienti. In quella battaglia perì Quinto Fabio, ex console, fratello di Marco.
Machiavelli
lo addita come esempio del saggio costume romano per il quale chi aveva ricoperto la massima carica non disdegnava di tornare a servire.
XXXVII
L'ambizione, che non si contenta mai, è tipica della natura umana. Così la
plebe
non paga di aver ottenuto l'istituzione dei
tribuni
, pretese di più. Ne nacquero le lotte per le leggi agrarie che segnarono profondamente i destini della Repubblica.
La legge agraria prevedeva un limite alla proprietà privata dei terreni e disponeva che le terre di conquista fossero distribuite al popolo. La nobiltà ne era ovviamente danneggiata e si adoperava per differire con ogni mezzo la promulgazione di queste norme, occasionalmente cedendo come nel caso delle deduzioni della colonia di
Anzio
che, per altro, lasciò la
plebe
insoddisfatta.
Questa tensione durò fino al completamento della conquista della penisola poi parve allontanarsi finché non fu riaccesa dai Gracchi. <> Allora la situazione degenerò e ciascuna delle fazioni decise di procurarsi un capo. La
plebe
scelse
Mario
, la nobiltà
Silla
ed iniziarono le guerre civili. Prevalse la nobiltà. Più tardi capo della fazione popolare divenne
Cesare
che prevalse su
Pompeo
e
Roma
non fu mai più libera.
Dunque, conclude
Machiavelli
, la lotta per le leggi agrarie, cioè per la "roba", nell'arco dei secoli tolse la libertà a
Roma
ma il processo sarebbe stato più rapido se le parti in lotta non si fossero controbilanciate. L'errore dei Gracchi, infatti, è stato proprio quello di stimolare lo scontro sociale quando una politica temporeggiatrice lo avrebbe forse evitato.
XXXVIII
Volsci
ed
Equi
approfittarono di una pestilenza che aveva colpito i
Romani
per attaccare Latini ed
Ernici
. Questi chiesero aiuto ai
Romani
ed il senato rispose che - non potendo affrontare i nemici a causa dell'epidemia - i
Romani
li autorizzavano a difendersi da soli.
Un precedente trattato, infatti, vietava ai vinti di armarsi o difendersi senza l'esplicita autorizzazione di
Roma
.
Per
Machiavelli
la risposta del senato fu particolarmente opportuna e coerente: in questo modo
Roma
"sceglieva di autorizzare" ciò che non avrebbe potuto impedire in quelle circostanze preservando quindi prestigio ed autorità.
Machiavelli
propone quindi degli esempi in negativo di questo concetto tratti dalla storia dei suoi tempi.
Di ritorno dalle sue conquiste in
Emilia ed in Romagna
, il duca
Valentino
chiese ai
Fiorentini
il permesso di attraversare con l'esercito il loro territorio. I
Fiorentini
risposero negativamente ma il duca, molto più armato di loro, avanzò tranquillamente senza che lo potessero ostacolare.
Nel
1500
Luigi XII re di Francia
, dopo aver preso
Milano
, si rivolse contro
Pisa
per la quale i
Fiorentini
gli avevano offerto cinquantamila ducati. L'esercito francese comandato da Monsignor Beumonte si accampò presso
Pisa
e il comandante ricevette dai
Pisani
l'offerta di consegnare la città se il re si fosse impegnato a non darla a
Firenze
prima di quattro mesi. I
Fiorentini
respinsero la proposta per scarsa fiducia nei confronti del re ma l'assedio che seguì non ebbe successo.
Più tardi fu
Arezzo
a ribellarsi ai
Fiorentini
che di nuovo si rivolsero al re di
Francia
il quale questa volta inviò Monsignor Imbalt. Questi, di fronte ad una proposta analoga a quella dei
Pisani
, non diede ascolto al rifiuto dei
Fiorentini
e prese
Arezzo
.
XXXIX
In qualunque stato ed in qualunque epoca i desideri e gli umori del popolo rimangono gli stessi e ciò dovrebbe aiutare a prevedere i problemi e a porvi rimedio in tempo, ma se chi governa non tiene conto di questa realtà finisce col ripetere sempre gli stessi errori.
Quando Firenze perse
Pisa
fu istituito il consiglio dei "Dieci della Guerra" che aveva il compito di dirigere le operazioni belliche per il recupero di quanto perduto. La guerra fu difficile e molto dispendiosa, ciò suscitò il malcontento popolare e il consiglio venne abrogato con pessime conseguenze in quanto Firenze, oltre a non recuperare
Pisa
, perse anche
Arezzo
e molti altri luoghi e quando i
Fiorentini
si resero conto che "la cagione del male era la febbre e non il medico" ricostituirono la magistratura dei Dieci.
Per un'analoga situazione la plebe romana protestava contro l'ufficio dei consoli che sembrava un modo di permettere ai nobili di opprimere in guerra e fuori città quegli stessi
plebei
che in patria erano difesi dai tribuni della plebe.
Il tribuno
Terentilio Arsa
propose l'istituzione di un organo di controllo sull'operato dei consoli, proposta che i nobili respinsero indignati, si giunse quindi al compromesso di sostituire i consoli con i tribuni militari con potestà consolare (che erano da tre a sei e in parte
plebei
) e solo dopo un lungo periodo i
Romani
riconobbero l'errore e tornarono al consolato.