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AMMIANO MARCELLINO
STORIE
Sintesi parziale
LIBRO QUATTORDICESIMO
I primi tredici libri dell'opera di
Ammiano Marcellino
sono per noi perduti. Il quattordicesimo ha inizio con le vicende di
Gallo Cesare (Flavio Claudio Costanzo Gallo)
, figlio di
Giulio Costanzo
che venne improvvisamente ed inaspettatemente innalzato alle cariche imperiali e che abusò del suo potere fino a progettare l'usurpazione. La crudeltà di
Gallo
era incentivata dalla moglie
Costantina
, figlia di
Costantino
e vedova di
Annibaliano
.
Il primo capitolo è dedicato alla crudeltà di
Gallo
e
Costantina
che commettevano ogni sorta di abuso contro la cittadinanza di
Antiochia
condannando arbitrariamente a morte o all'esproprio dei beni con il supporto di delatori reclutati per spiare, calunniare, inventare accuse.
In quegli anni l'Oriente era afflitto anche dalle continue incursioni di banditi isauri che dai monti della loro regione scendevano spesso sulla costa e nelle pianure per compiere saccheggi.
Ammiano
descrive alcune di queste incursioni nelle quali la conoscenza del territorio e la tattica di guerriglia dei banditi si contrapponevano alla disciplina ed alla tecnica militare dei soldati romani. Quando gli
Isauri
tentarono di conquistare la città di
Seleucia
Gallo
inviò un grande esercito e bastò la notizia di questa mobilitazione per mettere in fuga i banditi.
Un altro pericolo era costituito dai
Persiani
. Il loro re
Sapore II
progettò un attacco contro la regione di Batne, affollatissima nel periodo annuale del mercato, ma l'impresa fallì per la defezione di molti soldati
persiani
che temevano la potenza romana.
Ammiano
accenna rapidamente anche ai Saraceni, nomadi che abitavano le regioni fra l'
Assiria
e l'
Egitto
vivendo di incursioni e di caccia.
Intanto in occidente regnava
Costanzo
che il 10 ottobre
354
festeggiò solennemente ad
Arles
il trentesimo anno della sua nomina imperiale. Anche sotto
Costanzo
vigeva il terrore: perseguitato dalla fobia di complottti a suo danno,
Costanzo
accoglieva ogni delazione condannando senza giudizio molti onesti cittadini a morte o all'esilio.
Quanto alla città di
Roma
non avvenivano in quegli anni fatti di rilievo.
Ammiano
ne attribuisce la causa alla decadenza dei costumi con una digressione sui vizi e il lusso dei nobili e sulle miserie dei nullatenenti dediti ai dadi ed agli spettacoli invece cha al lavoro. Una satira di gusto moralistico che contrappone la decadenza dell'
Urbe
alle sue antiche glorie, il malcostume attuale alla sobrietà di una volta.
Costanzo
venne informato della condotta di
Gallo
e lo convocò in Occidente.
Gallo
temporeggiava e, a poco a poco, si rese conto che
Costanzo
lo stava privando con vari pretesti di risorse militari e stava collocando presso di lui uomini di sua fiducia. Intanto continuavano proscrizioni e condanne a morte, disordini e uccisioni.
In
Gallia
gli
Alemanni
si ribellarono ma poi chiesero la pace e
Costanzo
la concesse per poi ritirarsi a
Milano
nei quartieri d'inverno. Qui decise di risolvere il problema rappresentato da
Gallo
. I soliti cortigiani delatori si prodigarono nel seminare sospetti nei confronti di
Ursicino
(il generale sotto il cui comando militava
Ammiano
) che era stato incaricato di svolgere indagini sulla situazione e sul conto di
Gallo
.
Era
Ursicino
, dicevano, a sobillare
Gallo
per farlo cadere in disgrazia al fine di fare spazio ai propri figli.
Ursicino
venne convocato da
Costanzo
a
Milano
con il pretesto di studiare azioni difensive contro i
Parti
,
Ammiano
lo seguì. L'insistente invito di
Costanzo
convinse
Costantina
(che era sua sorella) a recarsi a
Milano
, ma durante il viaggio la donna morì di febbre. Questa circostanza aumentò ancora di più i timori e le esitazioni di
Gallo
il quale, tuttavia, sollecitato da
Costanzo
decise infine di presentarsi.
Gallo
partì senza scorta, consapevole del destino che lo attendeva.
Ammiano
drammatizza adeguatamente la situazione: giunto nel
Norico
Gallo
venne preso in consegna dagli ufficiali di
Costanzo
e, condotto a
Pola
sotto strettissima sorveglianza, venne interrogato sul suo operato. Non trovò altra scusa che addossare la responsabilità alla defunta
Costantina
.
Costanzo
decretò la sua morte e a
Gallo
venne mozzata la testa. Aveva ventinove anni e aveva coperto per quattro anni la carica di cesare. Era nato in
Etruria
, figlio di
Flavio Giulio Costanzo
(fratello di
Costantino
) e di
Galla
.
LIBRO QUINDICESIMO
Un certo Apodemio, un agitatore indefesso, trovandosi nel
Norico
prima che
Gallo
venisse giustiziato, rubò i suoi calzari e cavalcando senza sosta li portò a
Milano
per gettarli ai piedi dell'imperatore ed annunciare la rapida e felice soluzione del problema. Apodemio ed altri cortigiani adularono a tal punto
Costanzo
che questi cominciò a firmarsi "Signore di tutto il mondo" e a credersi veramente arrivato a dominare l'universo di fronte al quale la terra è soltanto un puntino.
Dopo la morte di
Gallo
a trovarsi in pericolo fu
Ursicino
che veniva ingiustamente accusato dai calunniatori di essere troppo popolare in oriente dove il suo nome era più considerato di quello di
Costanzo
. Su proposta dell'invidioso consigliere Arbizione
Costanzo
arrivò alla decisione di far uccidere
Ursicino
a tradimento, ma poi la decisione fu temporaneamente rimandata.
Anche
Giuliano
(il futuro imperatore) fu calunniato e tratto in giudizio per connivenza con suo fratello
Gallo
e fu salvato da morte sicura per intercessione dell'imperatrice
Eusebia
. Fu processato anche Gorgonio, ciambellano di
Gallo
, coinvolto in vari crimini di quest'ultimo ma grazie a menzogne e false prove venne assolto.
Intanto ad
Aquileia
si processavano sommariamente amici e funzionari di
Gallo
, accusati di aver eseguito materialmente la condanne ed altre nefandezze ordinate dal defunto cesare. Tutti vennero incatenati e torturati, molti furono esiliati e degradati al più basso rango sociale, gli altri vennero giustiziati. Fra i calunniatori e i delatori si segnalavano Paolo e Mercurio, il primo era detto "Catena" per l'indissolubilità degli intrighi che riusciva ad architettare, il secondo aveva l'abitudine di ascoltare il racconto dei sogni di persone innocenti per farne argomento di delazioni contraffatte ed odiose all'imperatore.
Il governatore della
Pannonia Seconda
Africano offrì un banchetto a
Sirmio
durante il quale, fra i fumi del vino, si parlò male dell'imperatore. Era presente Gaudenzio, un agente segreto di
Costanzo
, che subito corse a denunciare il fatto. Tutti i convitati vennero arrestati, Africano riuscì a togliersi la vita mentre veniva trasferito ad
Aquileia
, gli altri furono incarcerati a
Milano
.
Gli
Alemanni Leziensi
sconfinarono dal loro territorio e presero a saccheggiare i paesi limitrofi.
Costanzo
lasciò
Milano
ed intraprese una spedizione in Rezia. Ammiano descrive la regione ed in particolare il luogo dove il fiume
Reno
confluisce nel lago di Briganzia (Costanza).
I
Romani
caddero in un agguato degli
Alemanni
e subirono una sanguinosa sconfitta ma in una seconda battaglia fecero strage di gran parte dei nemici e misero in fuga i sopravvissuti.
Costanzo
tornò soddisfatto a
Milano
.
Le
Gallie
, da tempo abbandonate a se stesse, erano tormentate dalle scorrerie dei barbari.
Costanzo
inviò il comandante della fanteria Silvano a risolvere questa situazione e Silvano se ne stava occupando quando alcuni suoi avversari, esibendo all'imperatore delle lettere contraffatte, lo accusarono di sedizione e di progetti di usurpazione. Un altro ufficiale di nome Malarico assunse le difese di Silvano ma inutilmente.
Apodemio fu inviato in
Gallia
per convocare Silvano a
Milano
ma, diversamente da quanto gli era stato ordinato, non contattò Silvano ma cominciò a provocare una situazione di torbido sospetto. L'intendente Dinamio, coinvolto nell'inganno delle false lettere, inviò un altro messaggio falsificato a nome di Silvano e Malarico al sovrintendente delle fabbriche d'armi di Cremona ordinando di preparare rapidamente ogni cosa come riferendosi ad un piano segreto. Il sovrintendente scrisse a Malarico per chiedere chiarimenti, ma l'inganno fu svelato, le lettere esaminate più attentamente risultarono false e fu aperta un'inchiesta. Silvano e Malarico vennero scagionati ma i responsabili della congiura non vennero seriamente puniti.
Temendo di essere condannato a morte e ben conoscendo l'influenzabilità di
Costanzo
, Silvano decise di salvare la propria vita ricorrendo a metodi estremi e, spinte le truppe alla ribellione, si proclamò imperatore (11 agosto 355).
Costanzo
convocò immediatamente tutti i suoi consiglieri ma fu subito chiaro che in quella situazione sarebbe stata necessaria l'esperienza di
Ursicino
.
Costanzo
lo convocò ed accolse con benevolenza, chiedendogli di accantonare temporaneamente le accuse che aveva ricevuto e la disputa con i suoi avversari e di mettersi a disposizione per fronteggiare Silvano.
Volendo far credere a Silvano che la sua proclamazione non fosse ancora nota a
Costanzo
, si decise di inviargli una lettera che lo invitasse a cedere il suo posto nelle
Gallie
a
Ursicino
e tornare a
Milano
conservando il suo grado.
Ursicino
partì con il suo seguito nel quale era lo stesso Ammiano Marcellino.
Una volta giunto in
Gallia
Ursicino
si rese conto che l'espediente della lettera non avrebbe funzionato e si comportò in modo da conquistare la fiducia e l'amicizia di Silvano che lo volle con se come consigliere.
Quando ritenne arrivato il momento opportuno
Ursicino
, che aveva scelto un gruppo di soldati semplici che passassero inosservati, li mandò all'alba alla reggia. Questi eliminarono le guardie e, raggiunto Silvano nella sua stanza, lo uccisero a colpi di spada. Moriva così un valido comandante che aveva cercato di salvare la propria vita con metodi estremi contro le cospirazioni dei suoi avversari.
Dopo la morte di Silvano i suoi sostenitori vennero arrestati, torturati e giustiziati.
Il
prefetto di Roma
Flavio Leonzio, persona capace e leale, si trovò ad affrontare sedizione del popolo che represse catturando e punendo gli agitatori.
Nello stesso periodo
Costanzo
fece tradurre a
Milano
il vescovo di
Roma
Liberio che rifiutava di sottoscrivere la condanna di Atanasio vescovo di Alessandria, giudicato colpevole da due sinodi di dedicarsi a pratiche divinatorie proibite dalla religione.
Poichè dopo la morte di Silvano le
Gallie
erano rimaste indifese.
Costanzo
, che considerava troppo pericoloso recarvisi personalmente, dopo lunghe consultazioni con la moglie e i consiglieri, decise di associare al potere il cugino
Giuliano
, reduce dall'Acaia.
Acclamato con grande gioia dal popolo e dall'esercito,
Giuliano
ricevette il titolo di cesare e l'incarico di pacificare le
Gallie
(6 novembre 355).
Molte le ipotesi sulle origini della popolazione delle
Gallie
: discenderebbero dai Celti o da profughi dori o troiani. Secondo un mito dai figli di Ercole che in quella regione avevano amato molte nobili donne. Ancora si pensava agli Ioni (in fuga dai
Persiani
) che avevano fondato
Marsiglia
. Data la quantità e la diversità di opinioni delle fonti, Ammiano evita di prendere posizione.
Il territorio gallico è delimitato dal Mar Tirreno a sud, dal fiume
Reno
a nord, dall'Oceano e dai
Pirenei
a ovest e ad oriente dalle
Alpi
Cozie.
Un re della regione alpina, Marco Giulio Cozio, amico di Ottaviano, svolse grandi lavori per rendere praticabili i valichi di quel tratto delle
Alpi
che da lui prese il nome di
Alpi Cozie
. Le
Alpi Penninne
(
Poenine o Puniche
) presero questo nome quando furono superate dall'esercito di
Annibale
.
Anticamente la
Gallia
era divisa in tre parti abitate da Celti, Belgi e
Aquitani
. Dopo la conquista romana fu divisa in quattro province (Narbonese,
Aquitania
, Germania, Belgica). Ai tempi di Ammiano la
Gallia
era divisa in Germania Prima, Germania Seconda, Belfica Prima e Belgica Seconda. Segue un elenco delle principali città e dei luoghi notevoli delle province galliche.
Alti di statura, di carnagione bianca, occhi chiari e capelli rossi, i
Galli
e le loro donne erano in generale molto bellicosi ed irascibili.
Ottimi combattenti ma dediti al vino e ad altre bevande. Dopo i primi scontri con i
Romani
(Marco Flavio Flacco nel
125
-
123 a.C.
, Sestio Calvino nel
124
-
122 a.C.
, Quinto Fabio Massimo Allobrogico nel
121
-
120 a.C.
) l'intera
Gallia
fu sottomessa da
Cesare
nel
49 a.C.
In Oriente fu nominato
prefetto del pretorio
Musoniano, già consigliere di
Costantino
, avido di guadagno condusse i processi preoccupandosi del suo tornaconto più che della giustizia, come nel caso della morte di Teofilo governatore della
Siria
, fatto a pezzi dalla folla per una denuncia di Gallo Cesare: molti innocenti furono condannati, ma i ricchi colpevoli furono assolti dopo aver sequestrato il loro patrimonio.
Era complice delle ruberie di Musoniano un certo Prospero, comandante della cavalleria, e i
Persiani
razziavano indisturbati i territori romani mentre i due si dedicavano a derubare i cittadini.
LIBRO SEDICESIMO
Il libro si apre con un elogio di
Giuliano
e delle sue imprese in
Gallia
.
Giuliano
viene paragonato a
Tito
, ad
Antonino Pio
, a
Marco Aurelio
.
Studiò filosofia e dai portici dell'
Accademia
passò alle tende militari e riuscì ad ottenere grandi vittorie.
Giuliano
venne a sapere che la città di
Augustoduno (Autun)
era stata conquistata dai barbari ed intraprese, partendo da
Vienna
, una lunga e pericolosa marcia durante la quale dovette più volte respingere gli attacchi di manipoli di barbari. Dopo una sosta a
Tricase (Troyes)
raggiunse Augustoduno ed affrontato lo schieramento nemico ne fece strage.
Da Augustoduno
Giuliano
passò riprendere la
Colonia di Agrippina (Colonia)
che era stata distrutta prima del suo arrivo in
Gallia
. Qui concluse la pace con i re dei
Franchi
quindi si ritirò per l'inverno nella piazzaforte di Senones (Senon).
Giuliano
venne assediato a Senones dagli
Alemanni
. A causa del ritardo della cavalleria nel soccorrerlo non aveva forze sufficienti per far fuggire il nemico ma resistette all'assedio e dopo trenta giorni gli
Alemanni
rinunciarono.
Giuliano
viveva in modo molto semplice, frugale nel cibarsi rifiutava ogni lusso e comodità. Usava dedicare parte della notte ad approfondire gli studi filosofici che non abbandonò mai. Mite e clemente come governante riuscì a diminuire sensibilmente la pressione fiscale nella sua provincia, con grande soddisfazione della popolazione.
Arbizione venne indagato sotto il sospetto di voler usurpare il potere ma quando ci si rese conto che l'inchiesta avrebbe coinvolto tutti i cortigiani il procedimento venne insabbiato.
Marcello, il comandante della cavalleria che non aveva soccorso
Giuliano
durante l'assedio di Senones, fu congedato da
Costanzo
. Per vendetta calunniò
Giuliano
il quale fu salvato dal ciambellano eunuco Euterio che, incaricato di indagare, lo scagionò completamente.
Ammiano
loda Euterio e gli dedica una breve nota biografica: nato in
Armenia
fu catturato e castrato dai barbari che lo vendettero come schiavo alla corte di
Costantino
. Istruito e capace, fece una brillante carriera arrivando al grado di ciambellano senza mai macchiarsi di crimini o delazioni.
Divenuto vecchio si ritirò a vita privata fra l'affetto e la stima di chi lo conosceva. Caso eccezionale, dice
Ammiano
, un eunuco non avido di guadagno e di potere.
Ammiano
racconta una serie di episodi per dimostrare l'avidità dei funzionari di
Costanzo
, in particolare del
prefetto del pretorio
Rufino e del comandante della cavalleria Flavio Arbizione.
Intanto in oriente si ripetevano spesso scorrerie ed azioni di brigantaggio in territorio romano da parte dei
Persiani
.
Musoniano
prefetto del pretorio
ed il suo assistente Cassiano vennero a sapere dagli informatori che ai confini del suo regno il re persiano
Sapore
era tormentato da attacchi e tentativi di invasione di popolazioni nemiche. Contattarono dunque l'ufficiale Tampsapore per far giungere al re una proposta di pace.
Costanzo
volle visitare
Roma
e lo fece seguito da un grande quanto ingiustificato corteo trionfale. Durante il suo soggiorno esplorò ogni quartiere della città rimanendo esterefatto per la magnificenza di monumenti come il
Colosseo
, il
Circo Massimo
, il Foro di Traiano.
Intanto la moglie
Eusebia
tramava contro
Elena
, moglie di
Giuliano
. Lei sterile era invidiosa della fertilità dell'altra e le fece bere con l'inganno una pozione che la faceva abortire ogni volta che rimaneva incinta, oltre ad aver fatto eliminare un neonato corrompendo una levatrice.
Costanzo
si sarebbe volentieri trattenuto a
Roma
ma insistenti messaggi sugli attacchi degli
Svevi
, dei
Quadi
e dei
Sarmati
lo costrinsero a marciare verso l'
Illirico
mentre affidava il comando supremo per l'oriente a
Ursicino
.
L'inverno di
Giuliano
nelle
Gallie
fu molto movimentato. La tribù germanica dei Leti saccheggiò
Lugduno
ma
Giuliano
intercettò i saccheggiatori mentre si allontanavano, ne uccise molti e recuperò gran parte del bottino. Passarono inosservati solo quelli che scelsero le strade la cui sorveglianza era stata affidata a Barbazione, il nuovo comandante della fanteria, che non perdeva occasione per boicottare
Giuliano
.
Altri barbari occuparono le isole lungo il corso del
Reno
e Barbazione incendiò le imbarcazioni disponibili per impedire a
Giuliano
di raggiungerli. Con l'arrivo dell'estate tuttavia
Giuliano
e i suoi soldati riuscirono a guadare il fiume e debellare i barbari che avevano occupato le isole.
Giuliano
passò quindi a ricostruire la fortezza di
Tre Taverne (Savona)
, distrutta da un precedente assedio, per utilizzarla come base per le sue forze e impedire ai barbari di penetrare oltre nelle
Gallie
. L'opera gli riuscì in breve tempo nonostante i continui boicottaggi di Barbazione.
I
Germani
, risolte alcune loro controversie interne organizzarono un grande esercito: ne facevano parte re, nobili e numerosi ufficiali ma il comando supremo era nelle mani del re che aveva già compiuto nelle
Gallie
innumerevoli saccheggi e devastazioni.
Questo esercito si scontrò con quello romano nei pressi della città di Argentarato in una lunga battaglia che
Ammiano
descrive con abbondanza di particolari a volte macabri.
Nonostante i
Galli
fossero estremamente più numerosi, l'esperienza e la tecnica dei
Romani
prevalsero ampiamente e dopo un intero giorno di battaglia i
Germani
fuggirono. Secondo l'autore i
Romani
persero meno di duecentocinquanta uomini, i
Galli
oltre seimila senza contare quanti nella fuga annegarono tentando di attraversare il
Reno
.
Il capo nemico Cnodomario, catturato con pochi seguaci, chiese clemenza a
Giuliano
e fu mandato prigioniero a
Roma
dove dopo qualche tempo morì di vecchiaia.
Da parte sua
Costanzo
sfruttò la vittoria per vantarsene in discorsi ed editti senza riconoscere a
Giuliano
gli onori dovuti.
LIBRO DICIASSETTESIMO
Sepolti i caduti e congedati gli ambasciatori,
Giuliano
tornò a
Tre Taverne
. Fece concentrare a Mediomatrici (Metz) bottino e prigionieri, quindi si apprestò a superare il
Reno
per cercare i barbari nel loro territorio; a causa della stagione invernale i soldati si opposero ma
Giuliano
li convinse grazie alla sua facondia e al suo carisma.
Oltrepassato il fiume i
Romani
incontrarono ambasciatori dei barbari che assicuravano il rispetto dei patti e chiedevano la pace ma poco dopo ne giunsero altri a minacciare di attaccare i
Romani
se non si fossero ritirati.
I
Romani
presero a devastare il territorio mettendo in fuga i barbari che approfittarono della loro conoscenza dei luoghi per mettersi in salvo mentre i soldati saccheggiavano le fattorie e distruggevano le case.
Giuliano
avanzò per dieci miglia giungendo a un bosco dove aveva saputo che i barbari avevano preparato insidie. Si procedette allora a restaurare una fortezza costruita da Traiano sul territorio degli
Alemanni
e a dotarla di difensori e di provviste. La rapidità di queste operazioni impressionò i barbari che mandarono ambasciatori a chiedere la pace.
Giuliano
concesse una tregua di dieci mesi durante la quale pensava di potenziare la fortezza.
Mentre i
Romani
operavano nel territorio degli
Alemanni
, i Franchi devastavano altre località e occupavano due fortezze precedentemente evacuate dai
Romani
.
Giuliano
decise di non lasciare quelle fortezze in mano ai nemici, fece costruire intorno una trincea e per cinquantaquattro giorni (dic.
357
- gen.
358
) assediò gli occupanti che infine si arresero e furono mandati alla corte di Costanzo mentre
Giuliano
tornava a Parigi per trascorrervi l'inverno.
Contrastando il
prefetto del pretorio
Fiorenzo,
Giuliano
impedì l'aumento delle tasse a carico dei
Galli
, inoltre ottenne di seguire personalmente l'amministrazione della Seconda Belgica "schiacciata da disgrazie di vario genere".
A
Roma
, durante la seconda prefettura di Orfito (
357
-
359
) fu eretto un obelisco nel Circo Massimo.
La città di Tebe detta "dalle cento porte", subì un assalto da parte dei Cartaginesi e nel 525 a.C., già rimessa in sesto, fu attaccata e saccheggiata dal persiano Cambise il quale si ferì gravemente cadendo dal cavallo durante il saccheggio.
Cornelio Gallo
, prefetto d'Egitto sotto Ottaviano, depredò la città compiendo numerosi furti ma fu scoperto e si tolse la vita (26 a.C.)
Gli obelischi venivano realizzati tagliando enormi blocchi di pietra e si elevavano a grandi altezze assottigliandosi a poco a poco. Su tutti i lati sono decorati con segni detti geroglifici che costituiscono la scrittura degli Egiziani. Ottaviano Augusto aveva trasportato a
Roma
due obelischi dalla città di Eliopoli e ne aveva esposto uno al Circo Massimo e l'altro al Campo di Marte, ma non aveva toccato un terzo obelisco che si trovava nello spazio sacro di un tempio di Ammone a Tebe.
Costantino
lo aveva invece fatto sradicare e trasportare a Alessandria, qui fu caricato su un'enorme nave appositamente allestita. Il trasferimento fu sospeso per la morte di
Costantino
, ma in seguito l'enorme monolite fu portato alla foce del Tevere e con grande fatica fu trascinato fino al Circo Massimo dove fu innalzato con un grandissimo e complicatissimo insieme di macchinari.
Ammiano
riporta, tratta dal libro di un certo Ermapione non altrimenti noto, la traduzione in greco dei geroglifici dell'obelisco che contengono formule encomiastiche nei confronti del re Rameste amato dal sole.
Il re dei Persiani
Sapore
, avendo avuto notizie sulla disponibilità dei
Romani
a trattare la pace, scrisse a Costanzo una lettera con cui chiedeva la restituzione dei territori occupati in
Armenia
e in Mesopotamia come condizione per stabilire la pace tra i due imperi, suggeriva a Costanzo di privare il suo stato di una piccola parte per continuare serenamente a governare il resto.
Costanzo rispose che pur desiderando la pace non intendeva cedere alcun territorio, tanto più che sconfitti gli usurpatori (Magnenzio, Decenzio, Silvano), l'impero era particolarmente solido e sereno. Alla risposta Costanzo fece seguire una delegazione comprendente il filosofo Eustazio che aveva lo scopo di distogliere
Sapore
dai preparativi di guerra.
Contro gli Iutungi che devastavano la Rezia fu inviato Barbazione, nominato comandante della fanteria al posto di Silvano (355) che riuscì ad abbattere molti barbari, Allo scontro prese parte anche Flavio Nevitta che fu console nel 362.