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Innocenzo VIII papa



Giovan Battista Cibo (o Cybo) nacque a Genova nel 1432 da una famiglia di rango senatoriale imparentata con i Doria.
Suo padre Aronne, pur essendo stato rappresentante diplomatico di Genova presso gli Angiò, quando su questi prevalsero gli Aragonesi ottenne prestigiosi incarichi alla corte di Alfonso il Magnanimo e si stabilì a Napoli dove Giovan Battista trascorse l'infanzia e l'adolescenza.
Divenuto adulto il giovane Cibo si trasferì a Padova e poi a Roma per completare gli studi ma prima di lasciare Napoli ebbe due figli naturali, Teodorina e Franceschetto, che riconobbe.
Dopo la morte del padre avvenuta nel 1457 o nel 1458, Giovan Battista prese i voti e si stabilì alla corte papale di Callisto III che aveva conferito ad Aronne Cibo il titolo di Senatore di Roma.

Nel 1466 Paolo II lo nominò vicario di Savona ma la scelta non piacque al duca di Milano la cui ostilità spinse Cibo a cercare la protezione del potente cardinale di San Pietro in Vincoli, Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II. La carriera ecclesiastica di Giovan Battista procedette speditamente sotto Sisto IV che nel 1473 gli concesse il titolo di cardinale anche per favorire il suo protettore Della Rovere e mitigare la fiera ostilità fra questi e i suoi cugini Riario, in contesa per la supremazia nel Sacro Collegio.
Come cardinale, Cibo svolse missioni diplomatiche e fu mediatore fra Firenze e Siena dopo la congiura dei Pazzi.
Quando Sisto IV morì il 12 agosto 1484 la situazione a Roma si fece estremamente tesa: il conte Girolamo Riario fu costretto dalla rivolta dei Colonna a lasciare Roma, poco dopo anche i Colonna lasciarono la città mentre il duca di Milano ed il re di Napoli comunicavano ai cardinali la loro opposizione ai candidati di Giuliano della Rovere.
Il 26 agosto 1484 si aprì il conclave e il Della Rovere, troppo giovane per proporsi personalmente, fece confluire i suoi voti sul cardinale veneziano Marco Barbo, nipote di Paolo II. I consensi ottenuti da Barbo preoccuparono l'opposta fazione che cercò una mediazione per evitare l'elezione di un pontefice che non sarebbe certamente stato favorevole a Milano e Napoli.
Le trattative si svolsero rapidamente e il 29 agosto venne eletto Giovan Battista Cibo che scelse il nome di Innocenzo VIII.
Il nuovo papa era di carattere mite e di salute cagionevole, i contemporanei lo descrivono soggiogato dalla volontà di Giuliano della Rovere, inoltre la disastrosa situazione finanziaria in cui Sisto IV aveva lasciato il Vaticano lo ostacolava in qualsiasi iniziativa.
Giuliano della Rovere si nominò suo consigliere e fece avere ai fratelli Giovanni e Bartolomeo i più importanti posti di comando. Nell'ottobre 1484, su consiglio del Della Rovere, Innocenzo VIII respinse la richiesta di Alfonso di Aragona duca di Calabria di trasferire al regno di Napoli le città di Pontecorvo, Benevento e Terracina. Questa decisione rischiò di scatenare la guerra e Innocenzo VIII cercò l'aiuto dei Veneziani, aiuto che ottenne revocando le censure poste da Sisto IV durante la guerra di Ferrara.
Nel 1485 la tensione si aggravò quando Ferrante d'Aragona rifiutò di versare al papa il tributo annuale per l'investitura. Intanto Giuliano Della Rovere stringeva rapporti ed accordi con i nobili filofrancesi del regno di Napoli con il chiaro intento di destabilizzare la monarchia aragonese.
Con una bolla del 14 ottobre 1485 Innocenzo VIII dichiarò L'Aquila, che si era ribellata a Ferrante, sotto la protezione pontificia. Contemporaneamente il papa, con il supporto di Genova, organizzava la discesa in Italia di un membro della casa d'Angiò e chiamava a Roma Roberto Sanseverino, comandante delle forze veneziane, per conferirgli il titolo di Gonfaloniere della Chiesa ed incaricarlo di attaccare il regno di Napoli.
Tuttavia gli Aragona avevano agito più tempestivamente: su consiglio e con il finanziamento di Lorenzo dei Medici, Alfonso di Calabria alla testa di un piccolo esercito presto ingrossato dalle milizie degli Orsini si era portato alle porte di Roma.
La resistenza fu organizzata e guidata personalmente da Giuliano della Rovere che con l'aiuto dei Colonna riuscì a tenere sotto controllo i nemici finché Sanseverino non arrivò con il grosso delle truppe veneziane.
Alfonso di Calabria, che si era attestato a Ponte Nomentano, ne fu cacciato nel gennaio 1486, poco dopo venne presa Mentana, base degli Orsini.
Mattia Corvino re d'Ungheria, genero del re di Napoli, inviò rinforzi a Ferrante d'Aragona mentre Innocenzo VIII si rivolgeva all'imperatore Federico III ma senza ottenere risultati concreti.
Il papa insisteva perché Carlo VIII re di Francia sostenesse militarmente e finanziariamente Renato II d'Angiò spingendolo a tentare la conquista di Napoli, ma il regno di Francia non disponeva dei mezzi necessari e la spedizione non ebbe luogo.
Di fronte a questa situazione gli alleati del papato, fra cui Venezia e Genova, iniziarono a indietreggiare e quando Giuliano della Rovere si trattenne a lungo a Genova per caldeggiare i preparativi di quell'impresa nella quale ancora sperava, Innocenzo VIII non seppe o non volle portare avanti il progetto bellico.
Nel maggio 1486 Alfonso di Calabria sconfisse Sanseverino, intanto gli alleati di Napoli sobillavano rivolte nello stato pontificio e gli Orsini tormentavano la cittadinanza romana con le loro scorrerie.
Rassegnandosi davanti a tutte queste difficoltà, Innocenzo VIII aprì i negoziati e il 9 agosto 1486 fu siglato in Vaticano un trattato preliminare fra il papa ed il re di Napoli che risultava assolutamente onorevole per il pontefice, ma Ferrante trasgredì immediatamente gli accordi ed il 13 agosto fece arrestare i nobili ribelli ai quali aveva promesso il perdono e nel giugno 1487 dichiarò di considerare non valido il trattato e rifiutò nuovamente di versare il tributo alla Chiesa.
Colpito dalla slealtà dell'Aragonese e deluso dal comportamento degli alleati, il papa trovò un nuovo interlocutore in Lorenzo il Magnifico che subito volle cementare l'intesa fra Firenze e la Chiesa facendo sposare la propria figlia Maddalena con Franceschetto Cibo, figlio di Innocenzo VIII. Il matrimonio fu celebrato il 20 gennaio 1488.
Franceschetto e Maddalena ebbero tre figli: Innocenzo, Caterina e Lorenzo.
Il 9 marzo 1489, Innocenzo VIII creò cardinale il giovane Giovanni dei Medici, figlio di Lorenzo, che sarà papa Leone X.
Fedele alla sua politica tesa a mantenere l'equilibrio fra gli stati italiani, Lorenzo aiutò il papa a recuperare Osimo ma impedì il formarsi di una lega antiaragonese che riuscisse a scuotere il trono di Ferrante.
Nel 1488 il conte Girolamo Riario fu ucciso in una congiura e il dominio di Forlì sarebbe passato direttamente alla Chiesa se Innocenzo non fosse stato indotto dai Riario a nominare vicario pontificio Ottaviano Riario figlio del defunto.
Nello stesso anno i Baglioni di Perugia cacciarono gli Oddi loro rivali e con un colpo di Stato si impadronirono del governo cittadino, la completa indipendenza di Perugia dalla Chiesa fu evitata dall'intervento di Francesco Tedeschini Piccolomini, il fututo papa Pio III, cardinale di Siena, che riuscì a trovare un accordo diplomatico con i Baglioni.
Nel settembre 1489 Innocenzo VIII convocò un concistoro e dichiarò decaduto dal trono Ferrante d'Aragona, si rivolse quindi a Carlo VIII invitandolo a scendere in Italia per prendere possesso del regno di Napoli. Il re di Francia declinò la proposta ma ancora una volta la diplomazia di Lorenzo de' Medici riuscì ad evitare conseguenze belliche dell'ostilità fra Napoli e la Chiesa.
Intanto continuava ad incombere sul Mediterraneo la minaccia turca: il sultano Bajazet II aveva invaso la Moldavia, tutte le città italiane sull'Adriatico erano esposte al pericolo di un'occupazione turca e Ferrante d'Aragona aveva lasciato intendere di essere disposto a chiamare in suo aiuto i Turchi nella guerra contro il papa.
Innocenzo VIII aveva tentato più volte ma senza successo di indire una crociata e rendendosi conto delle difficoltà nel risolvere il problema militarmente trovò un'altra via per avere la situazione sotto controllo. Il fratello minore di Bajazet, Djem, si trovava a Rodi in ostaggio dopo essere sfuggito al fratello col quale era in lotta per ragioni di successione. Lo aveva catturato Pierre d'Aubusson gran maestro dell'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni che aveva concluso un accordo con Bajazet per continuare a custodire Djem tenendolo fuori dal sultanato.
Nominando cardinale l'Aubusson e facendogli altre concessioni, nel 1489 Innocenzo VIII riuscì a farsi consegnare Djem che venne ospitato con grande lusso nel Palazzo Apostolico.
Per Innocenzo VIII fu un grande successo perché Djem godeva in patria di un vasto seguito e la minaccia che fosse lasciato libero di agire contro di lui bastò a tenere Bajazet sotto scacco.
Nel 1490 Innocenzo convocò un grande congresso degli stati europei, ennesimo tentativo di organizzare una crociata ed ancora una volta incassò un nulla di fatto ma la carta Djem aveva grande valore e Bajazet inviò ambasciatori in Vaticano per promettere la pace in cambio dell'impegno di non liberare il fratello.
Fra il 1499 e il 1491 Ferrante reiterò provocazioni sobillando rivolte negli stati pontifici ed inviando minacce al papa il quale reagì con la scomunica del re e con l'interdetto sul regno e ventilando la prospettiva di ritirarsi ad Avignone a disdoro degli alleati italiani così tiepidi nel sostenerlo.
Resosi conto che Milano, Venezia e Firenze non avevano interesse a scontrarsi con il regno di Napoli, nel 1491 Innocenzo, ormai seriamente malato, aprì trattative di pace con Ferrante d'Aragona il quale, lieto di scongiurare ulteriori appelli della Francia, si mostrò disponibile ad una soluzione.
L'accordo fu portato a termine dall'umanista Giovanni Pontano, segretario di Ferrante, e costituì un rilevante cambiamento dello scenario italiano anche perché di lì a poco (8 aprile 1492) morì Lorenzo il Magnifico la cui diplomazia era stata per anni in grado di mantenere l'equilibrio.
Il 3 giugno 1492 don Luigi d'Aragona nipote di Ferrante sposò Battistina Usodimare nipote del papa e il 4 giugno fu emanata la bolla di investitura del regno di Napoli per i discendenti di Ferrante.
Fra gli effetti dell'accordo fu un'alleanza fra Napoli e la Chiesa in funzione antiturca. Il 2 gennaio 1492 i re cattolici di Spagna avevano conquistato Granada, evento che si era celebrato a Roma con una solenne processione e grandi festeggiamenti.
Bajazet rinnovò i suoi segnali di pace inviando al papa la Santa Lancia, una reliquia della Crocifissione che si trovava a Costantinopoli, ma Innocenzo rimase inamovibile ribadendo che se i Turchi avessero minacciato uno stato cristiano avrebbe liberato Djem.
Fu l'ultimo atto ufficiale di Innocenzo VIII che consumato da diversi malanni morì a Roma il 25 luglio 1492.
Innocenzo VIII venne sepolto in San Pietro nello splendido monumento funebre realizzato da Antonio Pollaiolo.
L'accusa di nepotismo che spesso viene mossa a Innocenzo VIII può apparire esagerata se si confronta il suo comportamento con quello dei suoi successori (fra cui Alessandro VI) ma la violazione alla consuetudine di riservatezza a proposito dei figli naturali, il ricevimento in Vaticano che offrì in occasione del matrimonio del figlio e quanto in generale Cibo fece per la prole e per il parentado sono certamente precedenti importanti.


Riferimenti letteratura:
  • Ludovico Antonio Muratori - Annali d'Italia dal principio dell'era volgare

  • Figli:
  • Teodorina Cybo


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