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LUDOVICO ANTONIO MURATORI

ANNALI D'ITALIA DAL PRINCIPIO DELL'ERA VOLGARE

(SINTESI PARZIALE)

Il testo completo dell'opera è disponibile su Google Books. Per le nostre pagine abbiamo estratto, anno per anno, i principali eventi ed i personaggi citati.
Consideriamo storia romana la parte dell'opera riguardante gli anni dal 1 d.C. al 475 d.C.; consideriamo storia italiana la parte che ha inizio con l'anno 476 d.C.

STORIA ROMANA


Anno 1 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Gaio Cesare e Lucio Emilio Paolo
Imperatore: Ottaviano Augusto
Antefatti : Dittatura di Cesare e sua morte, incaricato di restaurare la repubblica, Ottaviano, con grande abilità politica era invece riuscito a impadronirsi del potere assoluto consolidando l'opera di Cesare e fondando l'impero che sarebbe durato per cinque secoli. Marco Vipsanio Agrippa, suo genero e collaboratore e Mecenate, furono suoi amici e preziosi consiglieri. Ottaviano distinse le province fra imperiali e senatorie tenendo per se quelle più esposte a attacchi stranieri o a insurrezioni interne, in questo modo si riservò il massimo comando militare e ottenne il titolo di imperatore (capo supremo dell'esercito). Volle anche la tribunizia potestà a vita e la funzione di pontefice massimo.
Il senato, ormai orientato all'adulazione, gli conferì anche i titoli di Augusto e di Padre della patria. Prestò sempre attenzione a non essere considerato re o dittatore, rimetteva il potere ogni dieci anni nelle mani dei senatori che puntualmente rinnovavano le sue cariche e così fu fino alla fine dei suoi giorni.
In questo primo anno dell'era cristiana, Augusto aveva sessantaquattro anni, non aveva avuto figli maschi e aveva adottato i nipoti Gaio Cesare e Lucio Cesare, figli di Agrippa e di sua figlia Giulia. Uno dei due, Gaio Cesare, era console in quest'anno insieme a suo cognato Lucio Emilio Paolo, marito di Giulia Minore. Gaio era impegnato in Siria contro i Parti, unica guerra in corso in quel periodo.

Anno 2 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Publio Alfeno Varo e Publio Vinicio
Imperatore: Ottaviano Augusto

* Spedizione in Siria di Gaio Cesare
* Missione in Spagna di Lucio Cesare, malattia, morte
* Sul matrimonio di Tiberio e Giulia
* Ritiro di Tiberio a Rodi
Essendo Augusto incline a fare pace con i Parti, Gaio Cesare si incontrò con il re Fraate sull'Eufrate, fiume che segnava il confine tra i due imperi. Fraate parlò a Gaio degli abusi del proconsole Marco Lollio il quale morì poco dopo, forse suicida. Intanto Lucio Cesare andava in Spagna per volontà di Augusto che desiderava familiarizzasse con le legioni ma durante il viaggio si ammalò e morì a soli diciotto anni. Secondo Dione e Tacito si sospettò che questa morte precoce fosse stata causata da Livia moglie di Augusto.
Figlia di Livio Druso, Livia era stata sposata con il nobile Tiberio Claudio Nerone. Augusto aveva convinto Nerone a ripudiarla e l'aveva sposata mentre era già incinta. Aveva già avuto un figlio, Tiberio futuro imperatore, partorì poi Claudio Druso che fu affidato al padre. Tiberio Claudio Nerone ebbe il consolato nel 9 a.C. e morì nello stesso anno.
Agrippa era morto anni prima e Livia fece in modo che la sua vedova Giulia sposasse Tiberio nonostante l'opposizione di questi che non avrebbe voluto ripudiare la moglie Agrippina. Gaio Cesare e Lucio Cesare erano diventati così figliastri di Tiberio ma lo detestavano e non vedevano di buon occhio il rapporto di sua madre con l'imperatore. Per evitare pericoli e per non assistere agli scandali di Giulia, Tiberio si ritirò a Rodi dove visse sette anni.
Dopo questo lungo ritiro Tiberio ottenne con l'intercessione della madre e senza opposizione da parte di Gaio Cesare il permesso di Augusto di tornare a Roma. Ora Gaio Cesare era l'unico ostacolo per la successione di Tiberio.

3 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Lucio Elio Lamia e Marco Servilio
Imperatore: Ottaviano Augusto
Morì Marco Lollio. Augusto inviò Publio Sulpicio Quirinio in Siria come governatore.
Gaio Cesare, che aveva concluso la pace con i Parti, intraprese la sua missione in Armenia incontrando qualche resistenza che superò facilmente. Nominò re il medo Ariobarzane che era gradito alla popolazione e stipulò accordi di alleanza; tuttavia un certo Addo sollevò una ribellione nella città di Artagera contro il nuovo re. Gaio Cesare accorse ad assediare la città e accettò di incontrare il ribelle ma durante il colloquio fu ferito gravemente da Addo e dai suoi compagni. Le legioni reagirono espugnando e distruggendo la città e Addo fu giustiziato.

4 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Sesto Elio Catone e Gaio Senzio Saturnino
Imperatore: Ottaviano Augusto
Il console Saturnino era stato governatore della Siria nell'11 a.C.
La ferita di Gaio Cesare si aggravò e gli ufficiali che erano con lui ne approfittarono per estorcere denaro alla popolazione simulando suoi ordini. Augusto richiamò Gaio Cesare a Roma ma il giovane morì in Licia durante il viaggio. La morte del nipote fu un grande dolore per Augusto che aveva recentemente perso altri due nipoti, Lucio Cesare e Marcello, e che era angustiato dalla condotta della figlia Giulia.
Di queste morti si compiaceva invece Tiberio che vedeva uscire di scena i suoi rivali mentre la madre Livia faceva opera di persuasione presso Augusto perché considerasse Tiberio come suo successore. La donna riuscì nell'intento, infatti Augusto conferì a Tiberio la potestà tribunizia e lo adottò ordinandogli di adottare a sua volta Marco Agrippa, figlio di Giulia e di Marco Vipsanio Agrippa il quale tuttavia fu poco dopo relegato nell'isola di Pianosa. Tiberio dovette inoltre adottare il proprio nipote Germanico figlio di suo fratello Claudio Druso.
Fu scoperta una congiura contro Augusto ordita da Gneo Cornelio Cinna, figlio di una figlia di Pompeo Magno. Su consiglio di Livia, Augusto perdonò i congiurati e fece addirittura avere il consolato a Cinna guadagnandone la lealtà e la gratitudine. Dopo questo episodio nessuno tentò più di nuocere a Augusto.

Anno 5 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Gneo Cornelio Cinna Magno e Lucio Valerio Messalla Voluso (o Voleso)
Imperatore: Ottaviano Augusto
* Guerra in Germania. Tiberio, adottato da Augusto l'anno precedente, viene inviato in Germania, lo accompagna Velleio Patercolo. Soggioga Canninefati, Attuari, Brutteri, Cherusci e Longobardi
* Ambasciatori dei Parti a Roma per chiedere un re ad Augusto. Fraate era stato ucciso da un figlio, gli altri figli erano ostaggi a Roma. Ottengono Orode ma lo uccidono, hanno quindi Vonone che viene ucciso alcuni anni dopo.
* Riforme di Augusto, aumento della paga dei soldati

Altri personaggi citati:
* Dione Cassio

Anno 6 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Marco Emilio Lepido e Lucio Arrunzio
Imperatore: Ottaviano Augusto
* Secondo alcuni i consoli sarebbero stati sostituiti nel corso dell'anno da Gaio Ateio Capitone e Gaio Vibio Capitone
* Aggravio fiscale per compensare l'aumento delle spese militari
* Carestia
* Istituzione di un corpo di vigili del fuoco
* In Boemia il re dei Marcomanni Maroboduo prepara un'offensiva. Tiberio tratta la pace con Maroboduo per fronteggiare una grande rivolta in Pannonia
* Tiberio sconfigge i Pannoni e cattura il loro capo Batone
* Azioni militari contro i Dalmati
* Viaggio a Roma di Archelao figlio di Erode il Grande (morto nel 4 a.C.) che aveva ottenuto da Augusto il titolo di etnarca di Giudea, Idumea e Samaria. Viene convocato a Roma e deposto per i suoi metodi tirannici, è esiliato a Vienna e subisce la confisca dei beni. Giudea, Idumea e Samaria vengono unite alla provincia romana di Siria. Fine del regno di Giuda

Altri personaggi citati:
* Velleio Patercolo
* Dione Cassio

Anno 7 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Quinto Cecilio Metello Cretico Silano e Aulo Licinio Nerva Silano
Imperatore: Ottaviano Augusto
* Alle calende di Luglio i consoli vengono sostituiti da Publio Cornelio Lentulo Scipione e Tito Quinzio Crispino Valeriano
* Augusto manda a Tiberio in Pannonia rinforzi comandati da Germanico figlio di Claudio Druso
* Agrippa Postumo esiliato a Pianosa
* Publio Sulpicio Quirino (console del 12 a.C.) governatore della Siria. Si tratta del Quirino (Cirino) del censimento di cui parla il Vangelo di San Luca

Altri personaggi citati:
* Giulia
* San Luca
* Erode il Grande

Anno 8 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Marco Furio Camillo e Sestio Nonio Quintiliano
Imperatore: Ottaviano Augusto
* Alle calende di Luglio i consoli vengono sostituiti da Lucio Apronio e Aulo Vibio Abito
* In Pannonia Batone tratta la pace con Tiberio e denuncia gli abusi dei governatori romani. Fine della rivolta in Pannonia.

Altri personaggi citati:
* Ottaviano Augusto
* Svetonio

Anno 9 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Quinto Sulpicio Camerino e Gaio Poppeo Sabino
* Alle calende di luglio i consoli sono stati sostituiti da Marco Papio Mutilo e Quinto Poppeo Secondo.
* Rientro di Tiberio a Roma.
* Misure di Augusto per scoraggiare il celibato.
* Nuove rivolte in Pannonia. Attaccati da Tiberio e Germanico i ribelli si arrendono. Trionfo di Tiberio.
* Disfatta di Varo. Arminio. Lutto di Augusto.
* Ovidio esiliato a Tomi.

Altri personaggi citati:
Dione Cassio
Segimero
Tacito
Nonio Asprenate
Apollinare Sidonio
Giulia
Giulia Minore


Anno 10 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Publio Cornelio e Gaio Giunio Silano.
* Alle calende di luglio uno dei consoli viene sostituito da Servio Cornelio Lentulo Maluginese.
* Spedizione di Tiberio e Germanico in Gallia.

Altri personaggi citati:
Salomè sorella di Erode
Livia
Augusto
Arminio
Dione
Velleio Patercolo

Anno 11 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Marco Emilio Lepido e Tito Statilio Tauro
* Il console Emilio Lepido viene sostituito alle calende di luglio da Lucio Cassio Longino.
* Incursioni di Tiberio e Germanico in Germania.
* Misure di Augusto contro gli astrologi.
* Augusto associa Tiberio al governo.

Altri personaggi citati:
Svetonio
Velleio Patercolo
Augusto
Tacito

Anno 12 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Germanico, Gaio Fonteio Capitone
* Germanico ottiene il consolato e gli ornamenti trionfali.
* Nelle calende di Luglio Capitone è sostituito da Gaio Visellio Varrone.
* Rientro di Tiberio a Roma, celebra il trionfo e dedica il Tempio della Concordia.
* Misure di Augusto contro il lusso eccessivo.
* Malferma salute di Augusto.
* Nascita di Caligola, figlio di Germanico e di Agrippina (31 agosto).

Altri personaggi citati:
Batone
Dione
Gaio Cesare
Lucio Cesare
Agrippa
Giulia


Anno 13 d.C.
Imperatore Cesare Ottaviano Augusto
Consoli: Gaio Silio e Lucio Munazio Planco
* Formale conferma decennale dei poteri di Augusto.
* Dibattito sugli aggravi fiscali degli anni precedenti.

Altri personaggi citati:
Tiberio
Germanico
Druso


Anno 14 d.C.
Imperatore Tiberio
Consoli: Sesto Pompeo e Sesto Apuleio.
* Censimento
* Augusto scrive un compendio delle sue gesta
* Morte di Augusto a Nola il 19 agosto. Sospetti su Livia perché Augusto aveva fatto visita ad Agrippa Postumo.
* Considerazioni di Muratori sulla figura e sull'operato di Augusto.
* Livia e Tiberio fanno uccidere Agrippa Postumo prima di divulgare la notizia della morte di Augusto.
* Esequie di Augusto
* Nomina di Tiberio
* Panegirico di Velleio
* Le legioni romane in Pannonia si ribellano al loro comandante Giulio Bleso, rivolta sedata da Druso.
* Ammutinamenti delle legioni in Gallia che intendono proclamare imperatore Germanico, che rifiuta.
* Odio di Tiberio per Germanico.
* Giulia lasciata morire di fame.
* Ucciso anche Sempronio Gracco, ex amante di Giulia in esilio.

Altri personaggi citati:
Eusebio
Svetonio
Dione
Germanico
Tiberio
Druso figlio di Tiberio
Elio Seiano
Agrippina


Anno 15 d.C.
Imperatore Tiberio
Consoli: Druso Cesare e Gaio Norbano Flacco
* Moderazione di Tiberio nei primi tempi del suo regno, rifiuta il titolo di Padre della Patria ed usa raramente gli altri titoli ereditati da Augusto.
* Gira con poco seguito e senza ostentazione. Nelle riunioni del senato non pretende di prevalere.
* Moderazione e giustizia anche nel governare.
* Contiene l'autorità e l'influenza della madre Livia.
* Deliberato il trionfo di Germanico che sarà celebrato l'anno successivo.
* Arminio in lite con Segeste, un altro capo al quale ha rapito una figlia.
* Guerra contro i Catti.
* I Romani catturano la moglie di Arminio, insorgono i Cherusci di Inguiomero, zio di Arminio.
* Coraggiosa azione di Agrippina che impedisce si tagli un ponte sul Reno. Tiberio non gradisce la notizia e parla in senato contro di lei, fomentato da Seiano.
* Tiberio prende la carica di Pontefice Massimo.

Anno 16 d.C.
Imperatore Tiberio
Consoli: Sisenna Statilio Tauro e Lucio Scribonio Libone
* Libone viene sostituito alle calende di Luglio da Publio Pomponio Grecino.
* Due scontri in Germania con esito favorevole per i Romani.
* Germanico avrebbe concluso la guerra se Tiberio, per gelosia, non lo avesse richiamato a Roma con il pretesto del trionfo.
* Tiberio comincia a permettere processi basati su delazioni non provate.
* Misure contro l'astrologia e contro il lusso.
Altri personaggi citati:
Arminio
Gaio Silio
Ennio
Plauto
Marcello

Anno 17 d.C.
Imperatore Tiberio
Consoli: Lucio Pomponio Flacco e Gaio Celio Rufo
* Problemi in oriente. I Parti detronizzano Vonone ed incoronano Artabano.
* Vonone rifugia in Armenia e ne diviene re, ma si ritira ad Antiochia con un tesoro.
* Viene ben accolto dal governatore Cretico Silano interessato al tesoro, ma strettamente sorvegliato.
* Con un pretesto Tiberio convoca a Roma Archelao re di Cappadocia che non gli aveva reso onore durante il suo periodo a Rodi. Archelao muore a Roma per cause non note e la Cappadocia viene ridotta a provincia.
* Morte di Antioco di Commagene e Filopatore di Cilicia, i disordini che seguono sono occasione per Tiberio di allontanare Germanico.
* Tiberio sostituisce il governatore della Siria Cretico Silano con Gneo Calpurnio Pisone.
* Druso figlio di Tiberio inviato nell'Illirico, ma deve intervenire in Germania a causa dell'ostilità fra Arminio e Maroboduo.
* Un terremoto devasta dodici città in Asia fra le quali Efeso e Sardi.
* Sollevazione di Tacfarinas in Africa.
* Morte di Ovidio.
* Morte di Tito Livio.

Altri personaggi citati:
Plancina
Livia Augusta
Agrippina
Furio Camillo proconsole in Africa

Anno 18 d.C.
Imperatore Tiberio
Consoli: Claudio Tiberio Nerone e Germanico Cesare.
* Dopo pochi giorni Tiberio viene sostituito da Lucio Seio Tuberone, alle calende di Luglio Germanico da Gaio Rubellio.
* Germanico visita la Grecia, a Lesbo Agrippina partorisce Giulia Livilla.
* In Armenia Germanico depone Orode (in realtà si tratta di Vonone I) e affida il trono a Zenone (Artaxias III) figlio del re del Ponto Polemone.
* Germanico nomina governatori per Cappadocia e Commagene.
Altri personaggi citati:
Plancina

Anno 19 d.C.
Imperatore Tiberio
Consoli: Marco Giunio Torquato Silano e Lucio Torquato Norbano Flacco .
* Viaggio in Egitto di Germanico
* Malattia di Germanico, si sospetta che Pisone e Plancina lo abbiano avvelenato.
* Germanico muore a trentaquattro anni.
* Figli di Germanico e di Agrippina: Nerone, Druso, Gaio Caligola, Agrippina, Drusilla, Livilla.
* Pisone sostituito da Gneo Senzio Saturnino, si oppone ma viene respinto.
* Maroboduo si rivolge a Tiberio e viene relegato a Ravenna (dove morirà nel 35 d.C.).
* Arminio ucciso dai suoi a trentasette anni.
* Banditi da Roma i culti egiziani ed ebraici.
* Vonone ucciso da un soldato.

Altri personaggi citati:
Tiberio
Nerone
Agrippa
Giulia
Augusto
Livia
Decio Mundo e Paolina

Anno 20 d.C.
Imperatore Tiberio
Consoli: Marco Valerio Messalla, Marco Aurelio Cotta.
* Roma rende onore alle ceneri di Germanico che vengono riposte nel mausoleo di Augusto.
* Pisone e Plancina accusati per la morte di Germanico. Per evitare il processo Pisone si suicida.
Nuovi scontri con Tacfarinas e i Romani comandati da Lucio Apronio.
* Nerone figlio di Germanico sposa Giulia figlia di Druso.
* Una figlia di Seiano promessa sposa a Druso figlio di Claudio (futuro imperatore), ma Druso muore soffocato da un frutto.

Altri personaggi citati:
Agrippina
Livia
Svetonio


Anno 21 d.C.
Imperatore Tiberio
Consoli: Tiberio e Druso suo figlio
* Tiberio si trasferisce temporaneamente in Campania.
* Giunio Bleso inviato contro Tacfarinas.
* Ribellione in Tracia sedata da Publio Velleio (forse lo storico).
* Ribellione in Gallia: Giulio Floro e Giulio Sacroviro. Sconfitti da Visellio Varrone e Gaio Silio, si uccidono entrambi.

Altri personaggi citati:
Svetonio
Dione
Seiano
Severo Cecina
Germanico


Anno 22 d.C.
Imperatore Tiberio
Consoli: Decimo Aterio Agrippa e Gaio Sulpicio Galba
* Alle calende di Luglio i consoli vengono sostituiti da Marco Cocceio Nerva e Gaio Vibio Rufino.
* Tiberio chiede la potestà tribunizia per suo figlio Druso.
* Malattia di Livia
* Tacfarinas avanza pretese minacciando la guerra. Tiberio ordina di catturarlo ma Giunio Bleso non riesce ad eseguire l'ordine.
Altri personaggi citati:
Galba imperatore
Nerva imperatore
Tacito
Vespasiano
Asinio Solonino
Vipsania


Anno 23 d.C.
Imperatore Tiberio
Consoli: Gaio Asinio Pollione e Lucio Antistio Vetere.
* Alle calende di Luglio Asinio Pollione è sostituito da Quinto Giunio Bleso.
* Morte di Druso, forse avvelenato da Seiano.
* Trame di Seiano: relazione con Giulia Livilla, moglie di Druso e sorella di Germanico.
* Seiano istiga Tiberio contro i figli di Germanico e Livia contro Agrippina.
* Tiberio caccia da Roma i commedianti.

Altri personaggi citati:
Tacito
Dione
Apicata
Plinio


Anno 24 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore Tiberio
Consoli: Servio Cornelio Cetego e Lucio Visellio Varrone.
* Publio Dolabella sconfigge e uccide Tacfarinas.
* Persecuzione dei nobili che avevano pianto Germanico
* Valerio Grato governatore della Giudea sostituito da Ponzio Pilato.

Altri personaggi citati:
Nerone e Druso figli di Germanico.
Tolomeo figlio di Giuba


Anno 25 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore Tiberio
Consoli: Marco Asinio Agrippa, Cosso Cornelio Lentulo.
* Cremuzio Cordo, autore di una storia delle guerre civili, sotto accusa per aver lodato Bruto e Cassio, si lascia morire di fame.
* Seiano chiede in moglie Giulia Livilla vedova di Gaio Cesare e di Druso.
* Secondo il Vangelo di Luca in questo anno Giovanni Battista inizia a predicare.

Altri personaggi citati:
Seiano
Giulio Cesare
Augusto
Marcia
Tacito


Anno 26 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore Tiberio
Consoli: Gaio Calvisio Sabino, Gneo Cornelio Lentulo Getulico
* Alle calende di Luglio i consoli sono sostituiti da Quinto Marcio Barea e Tito Rustio Nummio Gallo.
* Insurrezione in Tracia contro il re Remetalce, debellata da Poppeo Sabino.
* Condanna di Claudia Pulcra cugina di Agrippina.
* Tiberio si ritira in Campania.
* Libidine di Tiberio. Morbo Gallico.
* Fra i pochi cortigiani che Tiberio porta con se sono Seiano e Cocceio Nerva .

Anno 27 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore Tiberio
Consoli: Marco Licinio Crasso, Lucio Calpurnio Pisone.
* Tiberio si stabilisce a Capri.
* Seiano cospira contro Agrippina e suo figlio Nerone.
* Crollo dell'anfiteatro di legno di Fidene costruito dal liberto Atilio.
* Incendio sul Celio.
* Liberalità di Tiberio in favore delle vittime.

Anno 28 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore Tiberio
Consoli: Appio Giunio Silano e Silio Nerva.
* Latinio Laziare, uomo di Seiano, induce Tizio Sabino a lamentarsi della situazione per poterlo tradire. Tizio viene arrestato e giustiziato.
* Morte di Giulia, figlia di Giulia, in esilio da venti anni.
* Ribellione in Frisia, i ribelli sconfiggono Lucio Apronio che perde oltre mille uomini.
* Per volontà di Tiberio Agrippina Minore sposa Gneo Domizio Enobarbo, da questa unione nascerà Nerone.


Anno 29 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio
Consoli: Lucio Rubellio Gemino, Gaio Fufio Gemino.
* Secondo alcuni letterati è questo l'anno della Passione di Cristo, lo confermano Tertulliano, Lattanzio, Girolamo, Agostino, Severo Sulpicio e il Crisostomo.
* Morte di Livia Drusilla.
* Tiberio limita gli onori decretati dal senato per la defunta.
* Lettera di Tiberio al senato contro Agrippina e Nerone. Agitazione della plebe.
* Tiberio manda Agrippina in esilio a Pandataria. Il figlio Nerone relegato a Ponza, il figlio Druso detenuto nei sotterranei del palazzo imperiale.


Anno 30 d.C.
Papa: Pietro. - Imperatore: Tiberio
Consoli: Lucio Cassio Longino e Marco Vinicio.
* Nelle calende di Luglio i consoli sono sostituiti da Gaio Cassio Longino e Lucio Nevio Sordino.
* Il caso di Asinio Gallo che aveva sposato Vipsania prima moglie di Tiberio. Tiberio fa in modo che il senato ordini il suo arresto e lo lascia languire sotto custodia fino alla morte.
* Velleio Patercolo scrive le sue storie.

Anno 31 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio
Consoli: Tiberio imperatore, Lucio Elio Seiano.
* Il 9 maggio i consoli vengono sostituiti da Fausto Cornelio Silla e Sestidio Catullino che a loro volta, nel corso dello stesso anno, sono sostituiti da Lucio Fulcinio Trione e Publio Memmio Regolo.
* Tiberio si rende conto delle mire e delle macchinazioni di Seiano ma come sempre decide di agire con prudenza anche perché il ruolo di prefetto del pretorio assicura a Seiano l'appoggio molto pericoloso dei pretoriani.
* Tiberio revoca la carica a Seiano passandola a Nevio Sutorio Macrone, e manda Seiano a Roma allontanandolo da se e rendendo palese che sta perdendo il suo favore.
Seiano che riceve un consolato, il pontificato e solide speranze di ottenere la potestà tribunizia, non nutre sospetti e conta di sposare Giulia Livilla imparentandosi con la famiglia regnante.
Intanto muore in esilio a Ponza Nerone figlio di Germanico, forse per fame, forse ucciso da un sicario di Tiberio.
Il 18 ottobre Macrone assume il comando dei pretoriani e dopo aver letto in senato una lunga accusa di Tiberio fa arrestare Seiano.
Nello stesso giorno Seiano viene condannato a morte e decapitato. La plebe fa scempio del cadavere e lo getta a Tevere.
Vengono uccisi anche i figli di Seiano. La moglie si suicida dopo aver denunciato con una lettera l'adulterio commesso da Seiano con Livilla moglie di Druso.
Alla fine di Seiano segue una persecuzione dei suoi sostenitori, molti dei quali muoiono giustiziati o suicidi.

Anno 32 d.C.
Papa: Pietro.
Imperatore: Tiberio
Consoli: Consoli Gneo Domizio Enobarbo, Marco Furio Camillo Scriboniano.
* Il console Domizio Enobarbo è il marito di Agrippina Minore e padre di Nerone.
* Camillo Scriboniano muore durante l'anno e viene sostituito da Aulo Vitellio.
* Tiberio incrudelisce nelle persecuzioni. Cresce l'adulazione dei senatori.
* Tiberio lascia Capri ed arriva nei pressi di Roma ma non entra in città e poco dopo torna sull'isola.
* Licenziosità ed immoralità dei piaceri di Tiberio.
* Muore il prefetto di Roma Lucio Pisone e viene sostituito da Lucio Elio Lamia. Muore anche l'oratore Cassio Severo in esilio a Serifo.

Anno 33 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio
Consoli: Lucio Sulpicio Galba e Lucio Cornelio.
* Il console Galba è il futuro imperatore il cui prenome, a seconda delle iscrizioni, è Lucio o Servio.
* Alle calende di Luglio Galba viene sostituito da Lucio Salvio Otone, padre del futuro imperatore Otone.
* Tiberio fa morire di fame Druso figlio di Germanico, muore di fame anche Agrippina, non è chiaro se volontariamente.
* L'unico figlio superstite di Germanico, Gaio Caligola, sa farsi benvolere da Tiberio e lo ha accompagnato a Capri.
* Tiberio fa morire Sesto Mario e la figlia accusandoli di incesto.
* Muore il prefetto Elio Lamia e viene sostituito da Cosso.
* Il giureconsulto Marco Cocceio Nerva si lascia morire di fame.


Anno 34 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio
Consoli: Paolo Fabio Persico e Lucio Vitellio.
* Lucio Vitellio è il padre di Aulo Vitellio, futuro imperatore. Dopo il consolato otterrà il governo della Siria.
* Continuano condanne a morte ed abusi operati anche da Macrone.
* Pomponio Labeone, accusato di corruzione, si suicida. Si suicida anche Mamerco Emilio Scauro autore di una tragedia che stava portandolo in tribunale per allusioni critiche a Tiberio.
* Secondo Tacito in quest'anno viene avvistata la Fenice in Egitto.


Anno 35 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio
Consoli: Gaio Cestio Gallo e Marco Servilio Noniano.
* Caligola sposa Claudilla figlia di Marco Silano.
* Fulcinio Trione, accusato di essere stato amico di Seiano, si uccide. Altrettanto fa Poppeo Sabino.
* I Parti, all'insaputa di Artabano, mandano ambascerie a chiedere la sostituzione del re con Fraate (figlio di Fraate IV). Tiberio invia Fraate ma questi muore poco dopo. Invia allora Lucio Vitellio contro Artabano che minaccia l'Armenia e la Cappadocia. A Vitellio si uniscono gli Iberi ed i Sarmati.
* Artabano invia contro il re degli Iberi Farasmane il proprio figlio Orode che viene sconfitto ed ucciso mentre Mitridate, fratello di Farasmane, si insedia sul trono d'Armenia.
* Sapendo dell'imminente arrivo delle legioni di Vitellio, Artabano si ritira.


Anno 36 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio
Consoli: Sesto Papinio Allenio, Quinto Plauzio
* Quando Vitellio passa l'Eufrate, Artabano fugge ed i Romani insediano Tiridate sul trono dei Parti.
* Una fazione di nobili parti è tuttavia favorevole ad Artabano, lo richiama e lo sostiene militarmente contro Tiridate.
* A Roma un'alluvione ed un incendio provocano molte vittime, Tiberio soccorre generosamente la popolazione.
* Erode Agrippa, residente in Roma, diventa amico di Caligola. Un giorno parlando con Caligola Agrippa si lascia sfuggire parole irriverenti sul conto di Tiberio, denunciato dal suo liberto Eutico viene messo in carcere e vi resterà fino alla morte dell'imperatore.


Anno 37 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Caligola
Consoli: Gneo Acerronio Proculo, Gaio Petronio Ponzio Nigrino.
* Macrone macchina altre persecuzioni, ne rimane vittima fra gli altri il consolare Lucio Arrunzio che si uccide.
* Tiberio, dopo essersi trattenuto per alcuni mesi nei dintorni di Roma senza mai entrarvi, torna a Capri.
* Durante il viaggio Tiberio si ammala e deve fermarsi al castello di Lucullo. Informatone, Macrone comincia ad organizzare le cose per far succedere Caligola a Tiberio.
* I tre possibili successori sono Caligola, Tiberio Gemello nipote di Tiberio e Tiberio Claudio fratello di Germanico. Caligola si adopera per procurarsi l'appoggio di Macrone e della moglie di lui Ennia Nevia.
* Il 16 marzo Tiberio ha un grave malore e viene creduto morto ma si riprende. Secondo alcuni viene quindi soffocato da Macrone, comunque muore in quello stesso giorno.
* Le esequie sono sobrie perché Tiberio era troppo odiato.
* Ignorando i suoi vizi il popolo ama Caligola in quanto figlio di Germanico. Viene subito confermato imperatore.
* Eseguendo i legati di Tiberio, Caligola elargisce al popolo ed ai soldati i lasciti del defunto ed aggiunge somme di tasca sua.
* Si mostra rispettoso del senato, richiama gli esuli e libera i prigionieri. Alle calende di Luglio Caligola e lo zio Claudio sostituiscono i consoli.
* Caligola recupera a Ponza le ceneri della madre Agrippina e del fratello Nerone per tumularle nel mausoleo di Augusto.
* Libera Erode Agrippa e lo nomina tetrarca di Giudea.
* Restituisce la Commagene ad Antioco.
* Conclude la pace con Artabano re dei Parti.


Anno 38 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Caligola
Consoli: Marco Aquilio Giuliano e Publio Nonio Asprenate.
* Presto l'atteggiamento di Caligola muta e si abbandona a crapule, conviti ed altre dissolutezze. Nel mese di ottobre si ammala gravemente. Guarito si dimostra irrazionale e crudele. Fa uccidere Tiberio Gemello.
* Caligola ripristina alcuni sovrani orientali: Soemo in Arabia, Cotys in Armenia, Remetalce in Tracia, Polemone nel Ponto.
* Irritato dai consigli di Macrone decide di farlo morire. Macrone lo previene uccidendosi insieme alla moglie Ennia Nevia.
* Ripudia Claudilla ed induce il suocero Marco Giunio Silano al suicidio. Incarica di accusare Giunio Silano il senatore Giulio Grecino e poiché questo si scusa dell'iniquità alla quale è costretto deve morire a sua volta.
* Commette incesto con le tre sorelle Drusilla, Agrippina e Livilla.
* Toglie Drusilla al marito Lucio Cassio Longino e la tiene come sua consorte. Drusilla muore in quest'anno e riceve onori divini.
* Come impazzito, Caligola fa un rapido viaggio fino a Siracusa e torna a Roma dove manda a morte molte persone con l'accusa di non aver rispettato il lutto per Drusilla.
* Invitato alle nozze di Gaio Calpurnio Pisone con Livia Orestilla, si invaghisce della sposa e la pretende per poi ripudiarla dopo pochi giorni. Due anni dopo, venendo a sapere che Orestilla è tornata con Pisone condanna entrambi all'esilio.
* Sposa Lollia Paolina e poco dopo la ripudia ordinandole di non unirsi mai più ad una altro uomo.
* Sposa Cesonia Milonia che partorisce il giorno stesso delle nozze una bambina, Giulia Drusilla, che Caligola riconosce per sua.
* Amante dei giochi gladiatori e di altri spettacoli violenti, costringe spesso i nobili a prendervi parte.
In quest'anno si verifica una violenta rivolta in Giudea ed in Egitto.

Anno 39 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Caligola
Consoli: Caligola e Lucio Apronio Cesianio
Caligola tenne il consolato per il solo mese di gennaio, poi subentrò Quinto Sanquinio Massimo (Muratori scrive Marco ma confonde con il padre), Lucio Apronio fu sostituito alla fine di Giugno da Gneo Domizio Corbulone.
Secondo Dione, Caligola degradò i consoli e fece rompere i loro fasci (grave disonore) per non aver indetto i festeggiamenti per il suo compleanno.
In quest'anno Caligola revocò al popolo il diritto di convocare comizi e comminò molte condanne a morte quando si verificarono "rumori" contro le spie e i delatori. Condannò anche nobili e ricchi per confiscare le loro sostanze. Domizio Africano, che aveva sostituito uno dei consoli deposti, dedicò a Caligola una statua con un'iscrizione che voleva essere un elogio ma Gaio fraintese e la interpretò come un'accusa. Gaio portò la questione in tribunale e pronunciò un'orazione che aveva preparato con grande cura. Domizio, ottimo oratore e uomo molto accorto, elogiò l'eloquenza dell'imperatore e se ne dichiarò vinto rinunciando a difendersi e rimettendosi alla clemenza di Caligola. Questi, inorgoglito dal successo, lasciò cadere le accuse.
Peggiorando continuamente le sue condizioni mentali, Caligola dilapidava enormi somme in spettacoli sempre più sontuosi. Faceva servire a tavola con stoviglie d'oro il suo cavallo Incitato e per dimostrare di essere capace di cavalcare sul mare fece costruire un ponte di barche fra Baia e Pozzuoli sul quale sfilare con ornamenti trionfali. A questa messa in scena seguì un festino e nei fumi del vino molti furono gettati in mare per divertimento, alcuni annegarono.
Fra le false accuse montate per confiscare i beni degli abbienti, rischiò la vita il filosofo Seneca del quale Caligola invidiava l'eloquenza. Si salvò grazie alla diceria che sarebbe presto morto di tisi.
Negli ultimi mesi di quest'anno, Gaio partì con un esercito di duecentomila uomini alla volta della Germania ma una volta arrivato al Reno fu vinto dalla paura e si limitò a una battaglia simulata contro nemici inesistenti. In questa occasione un principe britannico cacciato dal padre si mise sotto la sua protezione e Gaio ne scrisse al senato come se avesse conquistato la Britannia.
Colpì anche gli abitanti della Gallia con confische e inusitate tassazioni e fece uccidere molti possidenti.
Le sorelle di Gaio, Agrippina e Livilla, congiurarono insieme a Marco Emilio Lepido, loro parente e amante, contro la vita dell'imperatori. Scoperti, Lepido fu giustiziato e le due donne furono confinate a Ponza.
Prima di rientrare in sede, fece trasportare da Roma tutte le masserizie e i trofei che si trovavano nel palazzo imperiale per venderli all'incanto in Gallia.

Anno 40 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Caligola
Consoli: Gaio Caligola
Caligola rivestì da solo il consolato perché l'altro console designato morì prima dell'investitura. Nella confusione che seguì i senatori si riunirono senza convocazione per offrire sacrifici adempiendo il rituale di inizio del nuovo anno.
il 12 gennaio Caligola giunse a Lione e rinunciò al consolato, entrarono quindi in carica i consoli suffetti Lucio Gellio Publicola e Marco Cocceio Nerva che alle calende di luglio furono sostituiti da Sesto Giulio Celere e Sesto Nonio Quintiliano ma Muratori precisa che questi nomi vengono da congetture e non da prove certe infatti non se ne trova riscontro in altri autori, attualmente si ritiene che i consoli suffetti di quest'anno furono Gaio Lecanio Basso e Quinto Terenzio Culleone (dal 13 gennaio a giugno); Lucio Annio Viniciano e Gaio Unmidio Durmio Quadrato (da luglio a dicembre)

Soggiornando in quei giorni Caligola a Lione, si tennero i giochi e le gare di eloquenza greca e latina nelle quali chi perdeva doveva pagare il premio dei vincitori oltre a subire una serie di penitenze fisiche.
Giunse a Lione Tolomeo figlio di Giuba e cugino di Caligola. Dopo averlo degnamente ricevuto, Caligola lo mandò in esilio e poco più tardi lo fece uccidere, forse per gelosia o per desiderio delle ricchezze di quel principe.
Prima di rientrare a Roma l'imperatore raggiunse la costa dell'Oceano con l'esercito. Molti credettero che volesse attaccare la Britannia, ma Caligola ordinò ai soldati di raccogliere conchiglie da portare sul Campidoglio come trofei delle sue vittorie sull'Oceano. Trovandosi in Gallia inoltre, Caligola progettò di fare strage delle legioni che molti anni prima si erano sollevate contro suo padre Germanico. I suoi consiglieri riuscirono a dissuaderlo ma non del tutto: Caligola decise infatti di decimare quelle legioni, tuttavia quando vide che i soldati si armavano e si preparavano a resistere abbandonò il proposito e ripartì per l'Italia.
I senatori che non godevano del favore dell'imperatore erano indecisi sull'accoglienza da riservargli al suo rientro a Roma, temendo di provocare la collera del volubile principe. Alla fine gli tributarono un'ovazione il 31 agosto, giorno del suo compleanno. Per questa occasione Gaio mostrò alcuni prigionieri tedeschi e delle Gallie e distribuì donativi al popolo.
Il senatore Scribonio Proculo fu redarguito da Protogene, consigliere di Caligola, che lo accusò di odiare l'imperatore. Gli altri senatori si scagliarono subito su Scribonio, lo uccisero con gli stiletti per scrivere e ne fecero a pezzi il corpo. Questo ed altri gesti della più vile adulazione servirono a migliorare i rapporti dell'imperatore con il senato.
Caligola ordinò la costruzione di templi in suo onore a Mileto e a Roma pretendendo gli fosse tributato culto divino. I Giudei, che rifiutavano di venerarlo, patirono per questo molte pene.
Gaio prese a vestirsi come Ercole, Bacco e infine come Giove. Venerarlo e pregarlo come un dio servì a Lucio Vitellio (padre del futuro imperatore) a salvarsi la vita ed entrare nel circolo degli amici di Caligola.
La paura di Caligola lo portava a continui cambi di umore, ad amare e odiare la stessa persona e a comportarsi in modo sempre più irrazionale.

Anno 41 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Caligola
Consoli: Gaio Caligola e Gneo Senzio Saturnino
Il 7 gennaio Caligola rinunciò al consolato e fu sostituito da Quinto Pomponio Secondo.
Nonostante le sue stravaganze e i suoi abusi, Caligola era ben protetto dalle guardie pretoriane che gradivano molto la sua liberalità, ciò non di meno non mancò chi congiurasse contro l'imperatore. Cassio Cherea e Marco Vinicio Minuciano (n.b. il testo porta Marco Annio Vinuciano), tribuno militare il primo, uomo di alta nobiltà il secondo, furono i più coraggiosi cospiratori, a loro si unirono Callisto liberto di Gaio e Valerio Asiatico ricco possidente.
Fu stabilito di agire durante i giochi che si sarebbero svolti a partire dal 21 gennaio. Il 24 gennaio, Gaio assistette ai giochi mangiando e bevendo fino al termine della mattinata quando lasciò l'anfiteatro per andare a pranzare. Cherea, con il pretesto di chiedergli la parola d'ordine di quel giorno, lo avvicinò e improvvisamente lo colpì al capo con la spada. Cornelio Sabino e altri congiurati lo finirono con una pioggia di colpi. Intervennero le guardie del pretorio e nella rissa che seguì persero la vita Publio Nonio Asprenate ed altri.
Il tribuno Giulio Lupo, su incarico di Cherea, uccise Cesonia e Giulia, moglie e figlia di Caligola.
Nel disordine generale il senato si riunì in Campidoglio e il console Saturnino propose di non eleggere un nuovo imperatore a di tornare ai tempi della repubblica. Intanto Nerone Claudio Druso, fratello di Germanico, si era nascosto e temeva per la propria vita. I soldati lo trovarono, lo salutarono imperatore e lo condussero nel loro quartiere. Il mattino seguente, mentre il senato continuava a discutere sul da farsi, Claudio dopo lunghe esitazioni accettò il titolo imperiale che gli veniva offerto. Il re Erode Agrippa che si trovava a Roma svolse un'ambasciata da parte dei senatori per chiedere a Claudio di ritirarsi ma in privato gli suggerì di resistere e di prendere il potere. Il popolo insistentemente richiedeva l'elezione di un nuovo principe, i sostenitori di Cherea, i vigili, i gladiatori e tutti i militari presenti in città si schierarono con Claudio e i senatori, vedendosi isolati, decisero di ratificare la nomina.
Per opportunità politica, Claudio condannò a morte Cassio Cherea e alcuni altri congiurati (Cornelio Sabino, benché graziato, si diede la morte), non tentò di punire quanti avevano desiderato di tornare alla repubblica e neanche coloro che lo avevano offeso durante la sua precedente vita da privato.
In Germania Sulpicio Galba respinse coloro che volevano nominarlo imperatore, procurandosi l'amicizia di Claudio che già lo ammirava per le sue vittorie in Germania e in Gallia.
Timoroso per la propria persona, Claudio prese misure di sicurezza come far perquisire chi doveva avvicinarlo e muoversi sempre con una scorta. Vietò le denunce per lesa maestà richiamando chi era stato esiliato per questa accusa, abolì molte imposte stabilite da Caligola e rimborsò quanti erano stati spogliati dei loro beni da Caligola o da Tiberio.
Detestando i delatori e gli schiavi o liberti ribelli ai loro padroni, ne condannò molti a combattere con le belve negli anfiteatri.
Non consentì che gli si dedicassero templi, statue e altri onori.
Aveva due figlie: Antonia che sposò Gneo Pompeo, nata da Elia Petina e Ottavia nata da Valeria Messalina che fu promessa a Lucio Silano ma poi sposò Nerone. In quest'anno Messalina partorì anche un maschio che ebbe nome Britannico.
Claudio fu benevolo e rispettoso verso consoli e senatori, liberale nei confronti dei re sudditi come Agrippa, Erode, Antioco e Mitridate d'Armenia. Richiamò dall'esilio Agrippina e Giulia Livilla che erano state relegate nell'isola di Ponza dal loro fratello Caligola.

Anno 42 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli Tiberio Claudio Germanico Augusto e Gaio Cecina Largo
Claudio depose la dignità consolare alla fine di febbraio ma non si sa chi subentrò (in seguito i nomi dei consoli suffetti furono chiariti, vedere Cronologia dei magistrati romani).
L'imperatore giurò e fece giurare ai senatori l'osservanza delle leggi di Augusto.
I popoli della Mauretania si erano sollevati quando Caligola aveva fatto morire il loro re Tolomeo. In quest'anno furono sconfitti da Svetonio Paolino.
Claudio ordinò la costruzione di un nuovo grande porto alla foce del Tevere, un'opera grandiosa che Giulio Cesare aveva considerato e poi abbandonato a causa dell'enorme spesa necessaria. Plinio racconta che durante la costruzione del porto fu catturato con grande difficoltà un mostro marino detto orca che si era avvicinato al cantiere.
Claudio sarebbe potuto essere un buon governante se non avesse subito la pessima influenza della moglie Messalina e del liberto Narciso. Costoro fecero credere a Claudio di aver entrambi sognato che sarebbe morto per mano di Appio Silano, un senatore colpevole soltanto di non essersi lasciato sedurre da Messalina. Il racconto dei sogni bastò a Claudio per far immediatamente sopprimere Silano. In più occasioni le persone più vicine a Claudio lo ingannarono inducendolo a pronunciare condanne estremamente ingiuste.
Episodi come quello di Silano suscitarono una congiura contro Claudio animata da Annio Minuciano che aveva avuto la sua parte nella morte di Caligola. Aderì alla cospirazione Furio Camillo Scriboniano comandante di alcune legioni in Dalmazia che si preparò ad attaccare Roma facendosi precedere da una lettera piena di ingiurie e minacce con la quale intimava a Claudio di rinunciare all'impero. Quando Furio Camillo ordinò alle sue legioni di mettersi in marcia si incontrarono difficoltà nel prendere le insegne che, come d'uso, erano conficcate nel terreno. Interpretando il fatto come un presagio negativo, le legioni rifiutarono di muoversi e Camillo fuggì in un'isola dove fu ucciso da un soldato.
Fu aperta un'inchiesta per individuare i partecipanti alla congiura, alcuni furono giustiziati, altri si uccisero e fra questi Minuciano. Tra i sostenitori di Furio Camillo era anche il consolare Cecina Peto la cui moglie Arria si rivolse a Messalina ma non avendo ottenuto aiuto si uccise con un pugnale che agonizzando porse al marito perché si uccidesse a sua volta.
A governare la Dalmazia fu inviato Lucio Otone (padre dell'Otone che in seguito fu imperatore) il quale fece giustiziare alcuni soldati che avevano ucciso gli ufficiali favorevoli a Furio Camillo Scriboniano.

Anno 43 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli: Tiberio Claudio e Lucio Vitellio
Dopo due mesi Claudio rinunciò al consolato e forse subentrò Publio Valerio Asiatico (notizia non corretta). Il console Vitellio era il padre del futuro imperatore Vitellio.
Claudio ridusse il numero di giorni festivi, tolse cariche pubbliche a chi le aveva ottenute da Caligola senza essere idoneo e le conferì a chi ne era degno.
Fu sedata una rivolta in Licia e i ribelli furono privati della cittadinanza romana, privilegio che fu invece accordato a persone di tutti i tipi che lo richiedevano pagando Messalina o i liberti che si adoperavano anche per avere cariche militari o il governo di province.
Stando a Giovenale, Messalina si prostituiva in incognita nei lupanari e spingeva molte matrone a fare altrettanto mentre l'ingenuo marito rimaneva all'oscuro di queste perversioni.
In quest'anno gli inganni di Messalina costarono la vita a due principesse della famiglia imperiale: Giulia figlia di Druso Cesare figlio di Tiberio e Giulia Livilla sorella di Caligola e di Agrippina. Il filosofo Seneca pagò con l'esilio in Corsica la sua amicizia con Livilla.
Ai tempi di Claudio la Britannia, poi detta Inghilterra, non era ancora suddita di Roma. Un certo Berico, esule dall'isola, consigliò a Aulo Plauzio governatore della Germania Inferiore di tentare la conquista della Britannia. Claudio ne fu informato e approvò il progetto.
Sfruttando la sorpresa, Plauzio sbarcò in Britannia mettendo in fuga i popoli della costa che ripararono all'interno. Giunto al Tamigi si fermò e scrisse a Claudio informandolo sull'esito dell'impresa e sulle vittorie sue e dei suoi ufficiali Gaio Osidio Geta (il nome corretto è Gneo Osidio Geta) e Vespasiano (il futuro imperatore). Claudio decise di partecipare personalmente alla conquista dell'isola e affrontò il lungo viaggio, parte in mare e parte per terra, fino a raggiungere Plauzio.
Superato il Tamigi, Claudio sconfisse i Britanni e prese la città di Camaloduno, residenza del re Cinobellino (Cinobelino). Tornò a Roma dopo sei mesi di assenza e il senato decretò il trionfo per la felice impresa in Britannia e conferì molti onori allo stesso Claudio, a suo figlio che ebbe in quell'occasione il nome di Britannico, e a Messalina.

Anno 44 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli: Lucio Quinto Crispino e Marco Statilio Tauro (i nomi corretti sono Tito Statilio Tauro e Gaio Sallustio Crispo Passieno)
Cerimonie, giochi e festeggiamenti per il rientro di Claudio a Roma.
Claudio restituì al senato le province di Grecia e Macedonia che Tiberio aveva attribuito ai suoi ufficiali.
Marco Giunio Cozio che possedeva un ampio territorio nella regione alpina che dalla sua famiglia prendeva il nome di Alpi Cozie, ebbe da Claudio un ampliamento del suo dominio con l'insolito titolo di re.
L'imperatore tolse agli abitanti di Rodi il diritto di avere un proprio governo perché avevano crocifisso alcuni cittadini romani.
Morì Erode Agrippa re della Giudea e Claudio affidò il governo della provincia al cavaliere romano Cuspio Fado.

Anno 45 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli: Marco Vinicio e Tito Statilio Tauro Corvino
Per decisione di Claudio, furono rimosse da Roma molte statue. Poiché ognuno poteva erigerne liberamente, questo onore aveva perso di importanza e significato, perciò Claudio stabilì che per collocare una statua in luogo pubblico fosse necessario il consenso del senato.
In quest'anno furono riviste le norme che regolavano l'ufficio dei governatori provinciali.
Il primo di agosto, compleanno dell'imperatore, era prevista un'eclissi di sole. Una comunicazione di Claudio informò il popolo sulla natura del fenomeno per evitare che la coincidenza aumentasse la superstizione.

Anno 46 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli: Decimo Valerio Asiatico (nel testo è chiamato Publio Valerio Asiatico) e Marco Giunio Silano
Il console Valerio Asiatico rinunciò in luglio alla sua carica, probabilmente per evitare di offrire giochi a sue spese.
Marco Vinicio, già marito di Giulia Livilla, fu avvelenato da Messalina.
Asinio Pollione, figlio di Vipsania Agrippina, fu mandato in esilio da Claudio perché trafficava in modo maldestro per prendere il potere.
Remetalce re della Tracia fu ucciso dalla moglie e Claudio fece del suo regno una provincia romana.

Anno 47 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli: Claudio Augusto e Lucio Vitellio
Per gli ottocento anni dalla fondazione di Roma, Claudio offrì i giochi secolari, sebbene fossero passati solo sessantaquattro anni dalla precedente edizione offerta da Augusto. Assistettero ai giochi Britannico figlio di Claudio e Lucio Domizio, il futuro imperatore Nerone.
Contro l'abitudine di confinare nell'isola Tiberina gli schiavi malati abbandonandoli al rischio di morire di fame, Claudio stabilì con una legge che gli schiavi cacciati si intendessero liberi e non obbligati a tornare a servire e che chi uccideva i propri schiavi fosse perseguito per omicidio.
L'imperatore rivide l'elenco dei senatori escludendo quanti erano troppo poveri per "sostenere la dignità senatoria" e regolò le tariffe degli avvocati. Credendo alle calunnie di Messalina, Claudio fece uccidere Gneo Pompeo marito di sua figlia Antonia e i genitori di lui, Crasso Frugi e Scribonia. Antonia sposò quindi Cornelio Silla Fausto fratello di Messalina.
In collaborazione con il console Vitellio, Messalina fece condannare a morte Valerio Asiatico perché invidiava le sue ricchezze e voleva appropriarsi dei suoi meravigliosi giardini. Fra le vittime delle delazioni di Messalina fu anche Poppea, madre della Poppea che fu moglie di Nerone.
Fu ucciso Artabano re dei Parti e mentre i suoi figli combattevano per la successione Claudio mandò Mitridate fratello di Farasmane re dell'Iberia a prendere possesso dell'Armenia già occupata dai Parti.
Gneo Domizio Corbulone ebbe il comando delle legioni in Germania, ripristinò la disciplina dei soldati e soggiogò i Cauci e i Frisoni che si erano ribellati. Un ordine di Claudio gli vietò di passare il Reno e compiere altre imprese.

Anno 48 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli: Aulo Vitellio e Lucio Vipstano Publicola Messalla
Gli abitanti della Gallia Comata chiesero di essere ammessi a concorrere per tutte le cariche della repubblica, compresa la carica dei senatori. Fra le diverse opinioni prevalse quella di Claudio che si rifece all'esempio degli antichi.
Claudio indusse alcuni senatori indegni a dimettersi e rifiutò il titolo di Padre del Senato proposto dal console Vipstano. Reggendo Claudio in quest'anno l'ufficio di censore, si tenne il censimento e risultò che quanti godevano della cittadinanza romana, compresi coloro che non vivevano a Roma erano 6.944.000 persone.
Durante un'assenza di Claudio da Roma, Messalina celebrò il proprio matrimonio con il nobile Gaio Silio, benché vivente il marito. Riuscì quindi a convincere Claudio che si trattava di una finzione per stornare un pericolo annunciato dagli indovini.
Evidentemente Messalina mirava a far diventare Silio imperatore e questa eventualità indusse il potente liberto Narciso ad aprire gli occhi di Claudio. Facendolo parlò non soltanto dello scandalo attuale ma di molti casi precedenti in cui Messalina si era lasciata andare alla più turpe libidine. Consultati da Claudio, alcuni senatori confermarono le accuse di Narciso. Mentre Messalina e Silio si divertivano nelle feste di Bacco, giunse la notizia che Claudio era al corrente del comportamento della donna e stava tornando a Roma per punirla.
Messalina andò incontro a Claudio con i figli e lo accolse con preghiere e lamenti, ma Narciso accompagnò l'imperatore a vedere nella casa di Silio tutti i preziosi arredi donati da Messalina, quindi lo portò al quartiere dei pretoriani i quali, precedentemente istruiti, domandarono gridando chi dovesse essere punito.
Silio fu giustiziato per primo, lo seguirono altri amanti di Messalina tra cui il famoso attore Mnestore. Quella sera, mentre cenava, Claudio mandò l'ordine a Messalina di presentarsi il giorno seguente per discolparsi, ma Narciso, temendo che la donna riuscisse per l'ennesima volta ad ingannare il marito, la fece uccidere fingendo che l'ordine venisse dall'imperatore.
Quando seppe che Messalina era morta, Claudio continuò a cenare con tranquillità e nei giorni seguenti nulla del suo comportamento tradì i suoi sentimenti, mentre Narciso e altri liberti gioivano per la morte della pericolosa rivale.

Anno 49 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli: Quinto Veranio Nipote e Gaio Pompeo Longo Gallo
Rimasto vedovo, Claudio affermò che non si sarebbe più risposato ma l'osservanza di questo proposito fu di breve durata e presto l'imperatore scelse una nuova moglie tra le molte matrone che aspiravano a sposarlo. La preferita fu Giulia Agrippina figlia di Germanico, che aveva già avuto due mariti: Gneo Domizio Enobarbo e Crispo Passieno. Agrippina era oltremodo ambiziosa e aspirava all'impero per suo figlio Lucio Domizio Enobarbo, il futuro imperatore Nerone.
Con l'aiuto del censore Lucio Vitellio, la donna calunniò Lucio Silano, genero di Claudio, fino a provocarne la rovina. Silano perse la carica di senatore, quella di pretore e, soprattutto, fu annullato il suo matrimonio con Ottavia figlia di Claudio che Agrippina voleva sposasse suo figlio Nerone.
Poiché Claudio era zio paterno di Agrippina, fu necessario il consenso del senato per il loro matrimonio, consenso che servilmente i senatori si affrettarono ad esprimere. Il giorno stesso delle nozze Silano si tolse la vita.
Subito Agrippina pretese gli stessi onori che venivano tributati all'imperatore e prese a ordire inganni e calunnie per entrare in possesso di grandi ricchezze. Fu concluso il fidanzamento tra Nerone e Ottavia e il filosofo Lucio Anneo Seneca fu richiamato dall'esilio e nominato precettore di Nerone.
Con le sue calunnie Agrippina riuscì a mandare in esilio Lollia Paolina, sua rivale nei confronti di Claudio, e confiscò gran parte del suo patrimonio.
Claudio ampliò il pomerio, evento considerato di grande importanza, ed emanò un editto di espulsione degli Ebrei da Roma.

Anno 50 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli: Gaio Antistio Vetere e Marco Suillio Nerullino
Agrippina convinse Claudio ad adottare suo figlio Lucio Domizio Enobarbo, il cui nome divenne Nerone Claudio Cesare Druso Germanico, e a conferirle il titolo di Augusta e altri onori.
Da quel momento la donna fece di tutto per denigrare Britannico e con vari pretesti fece morire il suo precettore Sosibio e altre persone a lui vicine.
Agrippina mandò alcune migliaia di veterani in Germania a fondare la colonia di Colonia Agrippina (l'attuale città di Colonia), nel luogo in cui ella stessa era nata durante una campagna militare del padre Germanico.
In quest'anno Publio Ostorio Scapula ampliò la conquista romana in Britannia e catturò il re Carataco il quale, condotto a Roma, parlò lealmente con Claudio che gli restituì la libertà. Un'altra colonia fu dedotta nella città di Camaloduno (Colchester) in Britannia.
Una ribellione di Catti in Germania fu sedata dal governatore Lucio Pomponio Secondo (Il nome corretto è Publio Pomponio Secondo).

Anno 51 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli Tiberio Claudio Augusto e Servio Cornelio Salvidieno Orfito
Nerone prese la toga virile prima di aver raggiunto l'età legale, ebbe il titolo di principe della gioventù e la podestà consolare fuori Roma Questi onori, per iniziativa di Agrippina, furono celebrati con giochi e donativi alla plebe e ai soldati. Intanto Britannico veniva allevato come un plebeo e Agrippina fece allontanare alcuni militari che avevano commiserato la condizione del ragazzo.
Per l'insistenza di Agrippina vennero deposti due prefetti del pretorio a lei non graditi e sostituiti da Afranio Burro .
A Roma si verificarono disordini a causa della carestia e Claudio si adoperò per far giungere rifornimenti in città.

Anno 52 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli: Publio Cornelio Silla Fausto (Festo Cornelio Silla Felix) e Lucio Salvio Otone Tiziano
Il console Otone Tiziano era il fratello del futuro imperatore Otone. Nelle calende di luglio i consoli furono sostituiti da Barea Sorano e Marco Licinio Crasso Muciano.
Furio Scriboniano, figlio di Camillo Scriboniano che si ribellò in Dalmazia contro Augusto, fu esiliato per aver consultato gli astrologi il merito alla durata della vita dell'imperatore e morì poco dopo in esilio per cause sconosciute. Fu pubblicato in questa occasione un editto di espulsione degli astrologi dall'Italia. Un altro editto fu emanato per evitare matrimoni di donne libere con gli schiavi. Se ne attribuì la preparazione al liberto Pallante, uno dei preferiti di Claudio, al quale vennero tributati onori che accettò e premi in denaro che rifiutò per vantarsi della sua modestia.
Claudio intraprese un enorme progetto di bonifica della zona del Lago del Fucino impiegando per undici anni migliaia di operai per canalizzare le acque del lago. Prima dell'apertura delle chiuse fu offerto lo spettacolo di un combattimento navale sul lago e molti dei partecipanti (tutti condannati a morte) persero la vita combattendo mentre i superstiti furono graziati. Aperte le chiuse, la potenza dell'acqua distrusse in più punti le muraglie di contenimento e lo stesso Claudio rischiò di annegare. Claudio ordinò ulteriori lavori per adeguare il canale ma non visse abbastanza per vederli compiuti, in seguito Nerone, Traiano e Adriano ritentarono l'impresa ma nessuno di loro riuscì a prosciugare il lago. Miglior esito ebbe la costruzione di un grande acquedotto iniziato da Caligola e completato sotto Claudio che portò a Roma acque sorgive da una distanza di quaranta miglia.
Il liberto Antonio Felice o Claudio Felice fratello di Pallante ebbe il governo della Giudea e commise reati e iniquità confidando di poter operare senza essere giudicato. Fu il governatore che tenne in prigione per due anni San Paolo Apostolo.

Anno 53 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Tiberio Claudio
Consoli: Decimo Giunio Silano Torquato e Quinto Aterio Antonino
Secondo Tacito in quest'anno fu celebrato il matrimonio di Nerone con Ottavia mentre Svetonio colloca questo evento nel 51 d.C.. Agrippina e Seneca vollero che Nerone dimostrasse le sue capacità di oratore perorando la causa di ambasciatori troiani venuti a Roma per chiedere esenzioni fiscali. Con un'orazione in greco (certamente scritta da Seneca), Nerone ricordò l'origine di Roma da Troia e le vicende di Enea e fu concesso ai postulanti quanto avevano chiesto.
Nerone sostenne davanti all'imperatore anche la richiesta degli abitanti di Bologna che necessitavano di aiuti dopo il terribile terremoto che li aveva colpiti e quelle degli abitanti di Rodi che volevano recuperare la libertà di cui Claudio li aveva privati.
L'imperatore accordò esenzioni fiscali anche a Apamea, Bisanzio e Coo.
Statilio Tauro, che possedeva dei bei giardini desiderati da Agrippina, fu spinto al suicidio dalle calunnie della donna.

Anno 54 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Marco Asinio Marcello e Manio Acilio Aviola
Domizia Lepida, sorella di Gneo Domizio Enobarbo primo marito di Agrippina, era ricchissima e parente di Augusto, inoltre come zia di Nerone se ne procurava l'affetto con frequenti regali. Tutto ciò non piaceva a Agrippina che montò false accuse contro di lei e riuscì a farla condannare a morte dal senato nonostante l'opposizione del potente libero Narciso, il quale si vendicò sostenendo Britannico contro Nerone e svelando a Claudio varie trame di Agrippina.
Claudio divenne più affettuoso nei riguardi di Britannico e fu sentito dire "che per destino egli aveva dovuto avere soltanto mogli impudiche, per poi punirle". Tanto bastò perché Agrippina decidesse di uccidere Claudio servendogli dei funghi avvelenati con una pozione preparata dalla fattucchiera Locusta. Claudio spirò nelle prime ore del giorno 13 ottobre ma Agrippina tenne la sua morte segreta per qualche ora mentre disponeva le cose per far succedere Nerone nell'impero.
A mezzogiorno Nerone, accompagnato dal prefetto Burro fu presentato ai pretoriani che lo acclamarono imperatore e poco dopo la nomina venne confermata dal senato.
Il senato decretò per Claudio gli stessi onori che erano seguiti alla morte di Augusto e Nerone pronunciò l'orazione funebre preparata da Seneca. Agrippina fece in modo che le ultime volontà del defunto imperatore non fossero lette in senato.

Anno 55 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Nerone Claudio Augusto e Lucio Antistio Vetere>
Agrippina diffidava di Giunio Silano allora proconsole in Asia che aveva rapporti di parentela con la casa di Augusto e che avrebbe potuto vendicare la morte di suo fratello Lucio Silano. Lo fece dunque avvelenare con discrezione e si liberò anche del liberto Narciso, fedele a Claudio e sostenitore di Britannico, che venne imprigionato e quindi ucciso.
A contrastare Agrippina erano Afranio Burro prefetto del pretorio e Seneca maestro di Nerone che riuscirono a poco a poco a contenere i suoi abusi e i suoi eccessi. Quanto a Nerone, Burro e Seneca gli lasciavano sfogare i suoi "bollori" con canti e danze in compagnia di coetanei sperando che con il tempo adottasse più seri costumi. Nel frattempo i due ministri governavano con saggezza e moderazione.
Per il suo primo intervento in senato, Nerone lesse un'orazione preparata da Seneca in cui dichiarava i giusti principi sui quali intendeva basare il suo governo, orazione che entusiasmò i senatori.
In quest'anno Aristobulo e Soemo furono dichiarati re rispettivamente dell'Armenia Minore e della provincia di Sofene. Agrippa re di parte della Giudea e Antioco re di Commagene si unirono ai Romani per combattere i Parti i quali si ritirarono dall'Armenia per effetto delle discordie nate tra il re Vologese e suo fratello Vardane. Il governo dell'Armenia Maggiore fu affidato a Domizio Corbulone. Vologese propose la pace a Corbulone e a Ummidio Durmio Quadrato governatore della Siria.
In questo periodo cominciarono a guastarsi i rapporti fra Nerone e sua madre per diverse ragioni fra cui la relazione del giovane imperatore con la liberta Atte.
Per ordine di Nerone, Britannico venne avvelenato e il suo corpo fu subito bruciato per impedire di accertare le cause della morte. L'evento mostrò a Agrippina di cosa fosse capace il figlio e certamente la donna se ne preoccupò seriamente. Per prepararsi a ogni eventualità Agrippina cercò di procurarsi nuovi e potenti amicizie mentre Nerone la privava della scorta di pretoriani e la trasferiva dal palazzo imperiale al palazzo di Antonia.
Come spesso accade il mutare della fortuna comportò l'isolamento di Agrippina e l'abbandono da parte degli adulatori. Giunia Silana, ex amica di Agrippina, fece sapere a Nerone che la madre tramava per sconvolgere lo stato. Nerone, che diede ascolto alla delazione mentre era ubriaco, avrebbe voluto far morire immediatamente la madre ma il buon senso di Seneca lo calmò e lo convinse a controllare le accuse prima di agire. Il risultato fu l'esilio per l'accusatrice Giunia Silana. Subì l'esilio anche un delatore che aveva accusato Burro e Pallante di tramare per cambiare imperatore.

Anno 56 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Quinto Volusio Saturnino e Publio Cornelio Scipione
Nerone adottò abitudini notturne scandalose com frequentare postriboli travestito da servo, svaligiare botteghe e picchiare i passanti in compagnia di alcuni amici. Questi comportamenti furono presto imitati e Roma di notte divenne molto pericolosa. A volte lo stesso Nerone riportava ferite durante le sue imprese notturne, fu il caso di Giulio Montano che reagì violentemente all'aggressione e che presto fu condannato a suicidarsi. Da allora Nerone si fece proteggere dai soldati durante le sue scorribande. Amava assistere anche ai disordini che talvolta accadevano tra il pubblico del teatro e prendervi parte personalmente.

Anno 57 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Nerone Claudio Augusto e Lucio Calpurnio Pisone
Nerone fece un donativo al popolo e abrogò l'imposta sulla vendita degli schiavi. Proibì ai governatori delle province di offrire spettacoli gladiatori perché erano spesso pretesto per coprire spese eccessive o acquisire guadagni illeciti.
Pomponia Grecina, accusata di seguire un culto straniero (probabilmente era cristiana) secondo un'antica tradizione fu sottoposta al giudizio del marito Aulo Plauzio, processata in famiglia e assolta.
Si tennero a Roma numerosi spettacoli con belve e gladiatori. Nerone cominciò ad essere stanco dei precetti di Burro e di Seneca e continuò a coltivare i suoi vizi ma, per il momento, senza danno per la repubblica.

Anno 58 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Nerone Claudio Augusto e Valerio Messalla
Marco Suilio, già noto avvocato e grande accusatore sotto Claudio, si ostinava a tessere una fitta rete di accuse contro Seneca, per contro lo stesso Suilio fu colpito da gravi accuse in senato e Nerone lo mandò in esilio. Anche Cornelio Silla, console nel 52 e marito di Antonia figlia di Claudio fu confinato a Marsiglia perché sospettato di cospirazione e nel 62 venne ucciso.
Pomponio Silvano accusato di estorsione durante il governo della provincia d'Africa ottenne i migliori difensori promettendo di citarli nel suo testamento e venne assolto ma gli aspiranti eredi furono tutti delusi perché morirono prima di Silvano.
Contro gli abusi degli esattori Nerone varò provvedimenti e concesse benefici fiscali.
In quest'anno ebbe inizio la relazione di Nerone con la bella e nobile Poppea Sabina, già moglie di Rufrio Crispino e poi di Otone. La prima volta che Nerone vide Poppea decise di volerla e Otone fu presto liquidato con l'incarico di governatore della Lusitania.
Ripresero le ostilità di Roma con i Parti per il dominio dell'Armenia. Il generale Domizio Corbulone rinfrescò le sue milizie con nuove leve, quindi si impadronì di Artaxata e Tigranocerta espellendo dall'Armenia Tiridate fratello del re dei Parti Vologese.

Anno 59 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerpne Claudio
Consoli: Gaio Vipstano Aproniano e Gaio Fonteio Capitone

Nacque presto una forte rivalità tra Poppea e Agrippina le quali, desiderando controllare le scelte di Nerone, si calunniavano reciprocamente presso l'imperatore. Sulle trame delle due donne e sul coinvolgimento di Seneca le testimonianze di Tacito e di Dione non sono del tutto concordi.
Stanco della situazione, Nerone tentò di tenere Agrippina lontana dalla corte e infine decise di farla morire. Dopo alcuni tentativi non riusciti, Nerone concordò con il liberto Aniceto di eliminare la madre facendola navigare con una nave dotata di un dispositivo micidiale. La galea che fu costruita in Campania era fatta in modo da rompersi e affondare una volta in mare.
In occasione delle feste Quinquatrie, Nerone finse di volersi riconciliare con Agrippina e la invitò a Anzio per un convito. Quando la donna decise di tornare alla sua villa, fu imbarcata sulla nave che si sfasciò poco dopo la partenza. Agrippina e la sua dama d'onore Acerronia Polla si salvarono aggrappandosi ai relitti, nella confusione i marinai uccisero a colpi di remi Acerronia credendola Agrippina mentre questa, leggermente ferita, si salvò a nuoto. L'indomani, tornata al suo palazzo, Agrippina intuì la verità ma decise di dissimulare e fece avvertire il figlio di essersi salvata da un grave incidente, Nerone accusò il messo della donna, di nome Agerino, di aver tentato di ucciderlo procurandosi così il pretesto per eliminare Agrippina.
Infatti, mentre Agerino veniva arrestato e soppresso, Aniceto si recò da Agrippina con due ufficiali e la uccise a colpi di spada. Il corpo venne cremato in quella stessa notte e si fece credere che la donna si fosse uccisa perché il suo sicario Agerino aveva fallito.
I senatori, mostrando di credere alla versione di Nerone, decretarono ringraziamenti agli dei, decisione che solo il senatore Trasea Peto evitò di approvare.
Sembra che Nerone fu preso dal rimorso e dal terrore delle erinni materne ma i suoi cortigiani lo incoraggiarono ed egli ritrovò il controllo.

Anno 60 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Nerone Claudio Augusto e Cosso Cornelio Lentulo
Morta la madre, Nerone si diede ai suoi divertimenti "sconvenevoli a un imperatore": i cavalli, la cetra e il canto. Seneca e Burro non riuscirono a contenere la vanità di Nerone che prese a esibirsi in pubblico coinvolgendo anche personaggi di ordine equestre e senatorio che a loro volta danzavano e cantavano negli spettacoli e nei giochi indetti frequentemente dall'imperatore.
Il passaggio di una cometa fu interpretato come presagio della morte imminente di Nerone. Molti pensarono, come possibile successore, a Rubellio Claudio imparentato con la famiglia di Giulio Cesare. Quando Nerone ne venne informato a Rubellio convenne ritirarsi in una sua tenuta in Asia con la famiglia ma due anni dopo fu fatto uccidere da Nerone.
Morì Quadrato governatore della Siria e la provincia passò a Corbulone.
Tigrane nipote di Archelao di Cappadocia fu nominato re d'Armenia.

Anno 61 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Publio Petronio Turpiliano e Lucio Cesennio Peto
Il senatore Valerio Fabiano con un falso testamento tentò di impadronirsi dell'eredità del defunto Domizio Balbo ma, scoperto, venne degradato.
Pedanio Secondo, prefetto di Roma, fu ucciso da un suo schiavo e secondo le leggi vigenti tutti i suoi quattrocento schiavi dovevano essere giustiziati. Un'adunanza di plebei tentò di difenderli, il senato discusse la questione e confermò la condanna.
Si verificarono problemi in Britannia per il ripristino di sanzioni contro i debitori che Claudio aveva abrogato. Boendicia o Bunduica (Boudicca), vedova del re Prasutago, sollevò una rivolta antiromana approfittando dell'assenza del governatore Svetonio Paolino e guidò un esercito di centoventimila uomini all'assalto della nuova colonia di Camaloduno. Petilio Ceriale sopraggiunse con una legione contro i ribelli ma fu duramente sconfitto. Le città di Londra e Verulamio furono conquistate e la popolazione fu massacrata. Svetonio Paolino fu costretto dalla mancanza di viveri ad affrontare una battaglia disponendo di soli diecimila uomini. L'esperienza e la disciplina dei Romani prevalsero infine sull'enorme numero degli avversari. Boendicia morì poco dopo di malattia o forse suicida, mentre il paese rientrò sotto il controllo romano.

Anno 62 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Publio Mario Celso e Lucio Asinio Gallo
I consoli furono sostituiti nelle calende di Luglio da Lucio Anneo Seneca e Trebellio Massimo (questi consoli suffetti non risultano dagli studi attuali).
Il pretore Antistio Sosiano fu accusato di aver composto versi contro Nerone e molti senatori chiesero la pena di morte per questo reato, soltanto Trasea Peto propose di limitare la pena all'esilio e al sequestro dei beni e con le sue parole convinse la maggioranza. Nerone, pur dichiarandosi molto offeso da quei versi, rimise la decisione al senato e Sosiano fu bandito. Lo stesso Trasea propose misure contro la corruzione dei governatori provinciali.
Morì Burro, secondo Svetonio e Dione fatto uccidere da Nerone, al suo posto furono nominati due prefetti del pretorio: Fenio Rufo e Sofonio Tigellino. Diffidando di questi personaggi e della loro influenza su Nerone, Seneca chiese il permesso di ritirarsi in campagna e Nerone glielo negò con espressioni di affetto e di gratitudine. Seneca dovette quindi limitarsi a non ricevere visite e ad uscire poco di casa adottando abitudini molto sobrie.
Poppea Sabina ottenne con la sua insistenza che Nerone ripudiasse la moglie Ottavia con il pretesto della sterilità, inoltre montò contro la rivale accuse di adulterio che Tigellino comprovò con dichiarazioni delle ancelle estorte con la tortura.
Ottavia fu relegata in Campania sotto sorveglianza ma poiché il popolo mormorava contro questo confino, Nerone la fece tornare a Roma. Il popolo festeggiò e nell'entusiasmo generale furono abbattute le statue di Poppea. Questa persuase Nerone che il favore popolare di cui godeva la moglie poteva essere pericoloso. Con la collaborazione di Aniceto, già uccisore di Agrippina, furono montate accuse di adulterio e di aborto volontario ai danni di Ottavia che fu esiliata a Pandataria e poco dopo venne uccisa a soli ventidue anni. La sua testa fu portata a Roma per ordine di Nerone per dimostrare la sua morte a Poppea. Aniceto fu confinato in Sardegna ma con buon trattamento fino a concludere serenamente la vita.
Il liberto Pallante morì in quest'anno, forse avvelenato per ordine di Nerone che ne ereditò le grandi ricchezze

Anno 63 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Gaio Memmio Regolo e Lucio Verginio Rufo
Vologese re dei Parti iniziò la guerra contro Tigrane per l'Armenia per le insistenze del fratello Tiridate che aspirava a regnare su quella regione. Corbulone inviò due legioni in aiuto a Tigrane e scrisse a Nerone chiedendo un generale in grado di operare in Armenia. Fu inviato Lucio Cesennio Peto.
Intanto i Parti assediavano Tigrane in Artasata e Corbulone inviò un ambasciatore a Vologese per diffidarlo dall'agire contro un regno dipendente dai Romani. Vologese trattò per la pace chiedendo a Nerone di nominare re di Armenia suo fratello Tiridate. La proposta fu accettata a condizione che venisse tolto l'assedio di Artasata, ma nè i PartiTigrane si allontanarono dall'Armenia e la guerra riprese.
Peto occupò alcune fortificazioni sul monte Tauro ma non riuscendo a resistere a Vologese scriveva a Corbulone per chiedere aiuto. Corbulone si mise in movimento ma non giunse in tempo perché Peto si arrese ai Parti accettando di sgomberare l'Armenia. Ambasciatori di Vologese giusero a Roma per chiedere l'incoronazione di Tiridate, ma Nerone e il senato erano stati informati su quanto avveniva in Armenia, Cesennio Peto fu richiamato e sollevato dall'incarico e a Corbulone fu ordinato di far guerra ai Parti, ordine che venne subito eseguito con grande energia. Tiridate incontrò Corbulone con proposte di pace, chiese di essere ricevuto a Roma per ottenere la corona dalle mani di Nerone e Corbulone favorì le sue speranze.
In quest'anno nacque una figlia di Nerone a Poppea: la neonata e la madre ebbero il titolo di Augusta ma la bambina visse soltanto quattro mesi.

Anno 64 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Gaio Lecanio Basso e Marco Licinio Crasso
Nerone andò a Napoli per esibirsi come cantante di fronte a un grande pubblico. Dopo che tutti ne furono usciti il teatro crollò, fortunatamente senza fare vittime.
Nerone citò in giudizio Torquato Silano con accusa pretestuose ma Silano si uccise prima di essere condannato. Offrì un banchetto allestito sul lago di Agrippa (Tacito) o nell'anfiteatro appositamente allagato (Dione Cassio) con ogni genere di lupanari e spettacoli osceni che Muratori pudicamente rifiuta di descrivere.
Scoppiò un terribile incendio il 19 luglio che ebbe inizio nelle botteghe dei venditori d'olio al Circo Massimo e dilagò velocemente in tutta la città facendo molte vittime e danni incalcolabili. Nerone, che si trovava ad Anzio, non si mosse finché non seppe che il fuoco si avvicinava al suo palazzo.
Svetonio e Dione affermano che l'incendio fu appiccato per ordine di Nerone ma Tacito ne dubita come di una voce non confermata. Di fatto Nerone si affrettò a procurare rifugi per gli sfollati, fece diminuire il prezzo del grano e mise molto impegno nella ricostruzione. Incentivò con premi personalmente finanziati chi ricostruiva la propria abitazione, nell'insieme la città fu innegabilmente migliorata e abbellita.
Intraprese quindi la costruzione del suo nuovo palazzo detto "La Casa d'Oro" per incredibile ricchezza degli arredi e per le straordinarie dimensioni. Tutte queste opere prosciugarono le casse statali e Nerone per riempirle varò nuove imposte ed effettuò confische a danno della cittadinanza di Roma e delle province. Depredò i tesori dei templi anche in Grecia e nelle lontane province d'Asia. Per allontanare da se ogni sospetto accusò la già cospicua comunità cristiana di Roma di essere responsabile dell'incendio dando inizio alla prima persecuzione. Numerosissimi cristiani furono fatti morire nei modi più atroci tanto da impietosire anche molti pagani.
La flotta che navigava verso Miseno fu sorpresa da una burrasca che affondò gran parte delle imbarcazioni.

Anno 65 d.C.
Papa: Pietro
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Aulo Licinio Nerva Siliano e Marco Giulio Vestino Attico
Per le calende di Luglio erano consoli designati Plautio Laterano (fondatore della Basilica Lateranense) e Anicio Ceriale.
Ricco, nobile e famoso avvocato, Gaio Calpurnio Pisone ordì una congiura per eliminare Nerone e farsi imperatore, furono coinvolti il tribuno militare Subrio Flavio, Marco Anneo Lucano nipote di Seneca e autore della Farsalia e molti altri romani che per vari motivi odiavano l'imperatore. I congiurati decisero di agire il 12 aprile mentre si celebravano nel circo giochi dedicati a Cerere, ma uno di loro, Flavio Scevino, tradì e avvertì del pericolo Nerone che fu preso dal terrore. Molti furono i congiurati uccisi fra i quali Gaio Calpurnio Pisone e Marco Anneo Lucano.
Fu sospettato anche il filosofo Lucio Anneo Seneca per un suo incontro con il congiurato Antonio Natale e Nerone gli fece sapere che era giunto il momento di uccidersi. Seneca lo fece coraggiosamente tagliandosi le vene ed entrando nel bagno per accelerare l'uscita del sangue. Si svenò anche la moglie Paolina ma fu salvata per ordine di Nerone, visse ancora per pochi anni sempre pallida in volto.
Nerone approfittò dell'occasione per eliminare diversi personaggi a lui non graditi come il console Vestino.
Un certo Cesellio Basso di origine africana informò Nerone di un immenso tesoro in oro non coniato che doveva trovarsi in un grotta nei pressi di Cartagine. Senza prendere ulteriori informazioni Nerone spedì alcune navi in Africa per prelevare il tesoro e prese a offrire giochi e banchetti per festeggiare il colpo di fortuna. Chiaramente l'oro non fu trovato e Cesellio Basso si tolse la vita per sottrarsi alle beffe e alle punizioni.
In quest'anno Nerone cominciò a esibirsi pubblicamente come poeta e come cantore con grande entusiasmo del popolo che in realtà lo derideva. Il futuro imperatore Vespasiano rischiò la vita perché dormiva durante una di queste esibizioni. La sola a criticarlo fu la moglie Poppea e Nerone la colpì con un calcio all'addome, uccidendola.
Secondo molti studiosi fu in quest'anno, il 29 giugno, che vennero uccisi i santi Pietro e Paolo.
Antonia, figlia di Claudio Augusto e sorella di Ottavia, rifiutò una proposta di matrimonio da parte di Nerone che la fece morire e quindi sposò Statilia Messalina, vedova del console Vestino Attico.

Anno 66 d.C.
Papa: Lino
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Gaio Lucio Telesino e Gaio Svetonio Paolino
Anno funesto per le molte condanne a morte comminate da Nerone allo scopo di confiscare i beni delle vittime. Persero la vita Anneo Mela fratello di Seneca, Gaio Petronio (o Tito Petronio), un favorito di Nerone rovinato dalla gelosia di Tigellino. Petronio lasciò come testamento un resoconto delle iniquità di Nerone. Potrebbe forse trattarsi del Petronio Arbitro autore di un "impurissimo libro", oppure di Petronio Turpiliano console nel 61.
Persero la vita per gli stessi motivi due senatori di specchiata virtù: Trasea Peto e Barea Sorano.
Tiridate fratello di Vologese re dei Parti venne a Roma con ampio seguito per ricevere da Nerone la corona di Armenia come concordato con Corbulone. Per Nerone fu un'occasione per far sfoggio di magnificenza. Tiridate non volle viaggiare in nave per motivi scaramantici e attraversarono Bitinia, Tracia, Illirico e Italia. Ricevette ovunque grandiose e dispendiosissime accoglienze. Incontrò Nerone a Napoli e l'imperatore fu lusingato dell'omaggio di quel "barbaro" inginocchiato al suo cospetto, omaggio ripetuto a Roma dove Tiridate si definì suo schiavo.
Dopo la cerimonia di incoronazione e un lussuoso banchetto, Nerone pensò bene di esibirsi come cantante e di prendere parte a una gara di carri scandalizzando Tiridate. Tutto ciò sommato ai regali che Nerone fece all'ospite costò alle casse statali una vera fortuna.
Scoppiò una rivolta in Giudea che costrinse Nerone a inviare molti rinforzi al governatore di Siria Cestio Gallo, li comandava Vespasiano.
In quest'anno (o nel seguente secondo Dione) morì Corbulone, suicida per ordine di Nerone, mosso come sempre da sospetti e gelosia.

Anno 67 d.C.
Papa: Clemente
Imperatore: Nerone Claudio
Consoli: Lucio Giulio Rufo e Fonteio Capitone
Morì martire papa Lino e fu eletto papa Clemente.
Desideroso di rinnovare i suoi successi di musicista e poeta, Nerone già dal 65 si era recato in Grecia per partecipare ai famosi giochi. Si esibì infatti in diverse città, mascherandosi a volte da divinità, altre volte da donna o comunque lo spettacolo richiedeva. Ovviamente vinse tutti i premi e onorò con la sua tavola gli ambasciatori che glieli consegnavano. Per coprire le enormi spese della sua corte itinerante depredò molti templi e confiscò molti beni pubblici e privati. Mandò anche un liberto ad operare a Roma ulteriori confische a danno dei senatori. Fece posticipare i giochi olimpici per potervi partecipare e, entrando nello stadio, cadde dalla biga, si infortunò e fu costretto per molti giorni a letto: ebbe comunque i premi delle gare. Durante i Giochi Istmici fece strangolare davanti al pubblico un musico che aveva cantato meglio di lui.
Progettò di realizzare un canale a Corinto per unire Ionio e Egeo, legando il suo nome a un'opera stabile. Vibrò personalmente il primo colpo con un piccone d'oro e destinò ai lavori del canale i suoi soldati, i prigionieri e molta altra gente tra cui seimila prigionieri ebrei mandatigli da Vespasiano.
Fu scavato il primo miglio del canale ma i lavori furono interrotti quando Nerone decise di tornare a Roma, avvertito da un liberto di una congiura contro di lui che si stava tramando in città. Entrò a Roma su un carro trionfale tra l'adulazione generale.
Intanto Flavio Vespasiano aveva iniziato a combattere contro gli Ebrei insorti. Sembra che fu fatto prigioniero in questa circostanza lo storico Giuseppe Flavio che fu ben trattato da Vespasiano al quale aveva predetto l'impero.

Anno 68 d.C.
Papa: Clemente
Imperatore: Nerone Claudio, poi Servio Sulpicio Galba
Consoli: Tiberio Catio Asconio Silio Italico e Publio Galerio Tracalo
Il console Silio Italico fu autore di un poema a noi pervenuto. Aveva la brutta abitudine di accusare e far condannare persone per ottenere la simpatia dell'imperatore.
Il console Tracalo trattava cause giudiziarie. Il loro consolato durò un solo mese a causa degli straordinari eventi di quest'anno.
Gaio Giulio Vindice, vicepretore e governatore della Gallia Celtica, sollevò contro Nerone le genti della sua provincia riuscendo ad armare circa centomila persone. Non aspirava personalmente al titolo imperiale e lo offrì a Servio Sulpicio Galba governatore della Spagna Tarraconese. All'inizio di aprile Galba fu proclamato imperatore ma assunse soltanto il titolo di luogotenente della repubblica. Nel frattempo Nerone si trovava a Napoli. Quando fu informato della ribellione di Vindice non ne fu inizialmente allarmato ma continuando a ricevere notizie della sommossa volle tornare a Roma dove riunì i suoi consiglieri. Fu ordinato alle legioni dell'Illirico di muovere contro Vindice. Nerone si disperò solo quando seppe che anche Galba si era ribellato in Spagna ma poi si calmò cantando versi contro i capi della ribellione.
Marco Salvio Otone, governatore della Lusitania, aderì al partito di Galba mandandogli oro e argento per farne monete. Lucio Virginio Rufo, governatore della Germania Superiore, ebbe l'ordine di marciare contro Vindice. La parte della Germania prossima al Reno e l'armata delle Fiandre e Olanda rimasero fedeli a Nerone e si unirono a Virginio il quale passò ad assediare Besançon. Sembra che Virginio e Vindice si accordassero segretamente ma quando i soldati di Virginio giunsero a Besançon attaccarono quelli di Vindice senza attendere altri ordini. La battaglia si concluse con la strage dei Galli e lo stesso Vindice si tolse la vita. Virginio avrebbe potuto accettare il titolo regale che le sue legioni gli offrivano ma lo rifiutò dicendo che l'imperatore doveva essere scelto dal senato e dal popolo. Per questo motivo ottenne l'ammirazione generale e visse tranquillamente fino ad età molto avanzata. Privato del sostegno di Vindice, Galba perse di coraggio e sospese ogni azione.
Nerone decise di intervenire personalmente contro i ribelli e per farlo si attribuì il titolo di console unico, deponendo i consoli in carica. Per finanziare l'impresa istituì nuove e pesanti imposte che aumentarono l'odio della popolazione nei suoi confronti.
Ninfidio Sabino prefetto del pretorio e Tigellino capitano delle guardie decisero che fosse giunto il momento di tradire Nerone. fece credere ai pretoriani che Nerone fosse fuggito per far acclamare Galba imperatore. Durante la notte Nerone, abbandonato da tutti, fu soccorso da un liberto di nome Faonte che lo portò in una sua casa poco distante da Roma. Il mattino seguente, informato che il senato lo avrebbe fatto cercare per flagellarlo ed ucciderlo, Nerone si fece pugnalare da un altro liberto di nome Epafrodito. Morì così Nerone a trentuno o trentadue anni e le sue ceneri furono deposte nel sepolcro dei Domizi.
Furono eletti consoli Gaio Bellico Natale e Publio Cornelio Scipione Asiatico. Servio Sulpicio Galba venne informato che il senato lo aveva nominato imperatore. Aveva settantadue anni, era stato console nel 33 d.C. ed aveva avuto numerosi governi mostrandosi sempre accorto amministratore e valoroso militare.
Galba scelse come suoi consiglieri Tito Vinio e Cornelio Lacone, uomini disonesti e viziosi. Nel viaggio verso Roma, Galba fu accompagnato da Marco Salvio Otone che, considerando l'età del nuovo imperatore, mirava a succedergli. Intanto Ninfidio Sabino, prefetto del pretorio, geloso dei nuovi consiglieri di Galba, tramò per farsi proclamare imperatore ma il tribuno Antonio Onorato seppe mantenere la disciplina dei pretoriani e fece fare a pezzi Ninfidio.
Ancora durante il viaggio, Galba mandò a Roma l'ordine di uccidere Cingonio Varrone e Gaio Petronio Turpiliano per essere stati amici di Nerone.
Varie iniziative prese da Galba quando giunse a Roma non furono gradite alla popolazione e ai soldati, soprattutto deluse per avarizia le aspettative dei pretoriani ai quali Ninfidio aveva promesso ingenti somme.
Intanto proseguiva la guerra condotta da Vespasiano contro i Giudei. I Romani stavano per assediare Gerusalemme, città già tormentata dalle discordie dei Giudei. Quando seppe della rivolta in Gallia e in Spagna e della morte di Nerone, Vespasiano sospese l'assedio di Gerusalemme e mandò a Roma il figlio Tito per garantire a Galba la sua ubbidienza.

Anno 69 d.C.
Papa: Clemente
Imperatore: Servio Sulpicio Galba, Marco Salvio Ottone, Flavio Vespasiano
Consoli: Servio Sulpicio Galba, Tito Vinio Rufino
Galba fece eliminare Clodio Macro che si era ribellato a Nerone, mentre in Germania veniva ucciso Fonteio Capitone sospettato di complottare. Al comando delle armate in Germania fu inviato Aulo Vitellio, uomo pieno di vizi ma ritenuto non pericoloso che fece di tutto per piacere alle milizie.
Le legioni dell'Alta Germania, non contente dell'elezione di Galba, cominciarono a ribellarsi e Vitellio ne approfittò per farsi acclamare imperatore. Si unirono al suo partito Valerio Asiatico legato delle Fiandre e Giunio Bleso governatore della Gallia Lugdunense.
A Roma, Galba aveva delegato molto potere a Tito Vinio console, Cornelio Lacone prefetto del pretorio e Icelo liberto.
Galba decise di adottare Lucio Pisone Frugi Liciniano, giovane nobile dall'ottima reputazione, ma quando comunicò questa decisione ai pretoriani senza accompagnare la notizia con un donativo, non suscitò entusiasmo.
Da parte sua Marco Salvio Otone, che aveva sperato di essere adottato, cominciò ad attirare dalla sua alcuni soldati elargendo denaro. Il 15 gennaio si portò nel foro con un seguito di ventitre soldati, ai quali a poco a poco si unirono altri perché Otone prometteva una grande donativo, e fu a sua volta proclamato imperatore.
Quando a Galba giunse la falsa notizia della morte di Otone, uscì dal palazzo sperando di riconciliarsi con i pretoriani ma fu fatto a pezzi insieme al console Vinio. Furono uccisi anche Pisone e Lacone.
A sera Otone entrò in Senato dove, per adulazione, fu accolto festosamente. Non essendovi più consoli, la carica venne conferita allo stesso Otone e a suo fratello Lucio Salvio Otone Tiziano. Nelle calende di marzo succedettero nel consolato Lucio Virginio Rufo e Vopisco Pompeo Silvano, a loro volta sostituiti a maggio da Tito Arrio Antonio e Publio Mario Celso, a settembre entrarono in carica Gaio Fabio Valente e Aulo Alieno Cecina, quest'ultimo sostituito da Roscio Regolo il 31 ottobre. Infine a novembre venne conferito il consolato a Gneo Cecilio Semplice e a Gaio Quinzio Attico.
Mario Celso, che aveva difeso Galba, rischiò di essere ucciso ma Otone lo fece incarcerare per sottrarlo al furore della gente e il giorno successivo lo liberò, lo lasciò esercitare il consolato e ne fece uno dei suoi generali. Su richiesta del popolo Otone fece morire Sofonio Tigellino.
Otone era riconosciuto a Roma, nell'intera Italia, in Africa, nella Palestina e in Siria. Aderivano a lui anche le legioni della Dalmazia, Pannonia, Mesia, Egitto, Grecia e il resto dell'Oriente. Da parte sua Vitellio contava sulle migliori milizie: Alta e Bassa Germania, Bretagna, Gallia. Formò due eserciti affidando il comando a Fabio Valente e Alieno Cecina che mossero verso Roma passando il primo per la Gallia e per l'Elvezia il secondo. Durante il viaggio raccolsero il consenso per Vitellio di Milano e altre città dell'Italia Settentrionale.
Otone e Vitellio si scambiarono lettere prima amichevoli poi sempre più offensive. Ognuno tentò di eliminare l'altro tramite sicari ma non ebbero successo.
Otone affidò Roma al fratello Tiziano e a Flavio Sabino fratello di Vespasiano e partì alla testa del suo esercito per fermare l'avversario. Lo scontro avvenne a Bedriaco nei pressi di Cremona e la vittoria toccò all'armata di Vitellio e gli ufficiali di Ottone si arresero a Valente e Cecina, i generali di Vitellio. Otone, che sostava a Brescello, fu informato della sconfitta e non volle tentare una rivincita, distribuì denaro a domestici e amici e, il mattino seguente, si uccise pugnalandosi al petto. I soldati che erano rimasti con lui, non riuscendo a far accettare l'impero a Virginio Rufo, si consegnarono ai generali di Vitellio.
Vitellio partì dalla Germania e durante il viaggio venne a sapere della morte di Otone. Giunto a Lione incontrò i suoi ufficiali e quelli sconfitti. Perdonò Tiziano fratello di Otone, conservò il consolato di Mario Celso e concesse la sua fiducia e Svetonio e Procolo che sostenevano di essere gli artefici della vittoria. Condannò a morte Gneo Cornelio Dolabella per questioni personali. Liquidò gradualmente le milizie che erano state di Otone. Passò a Cremona, nel luogo della battaglia dove molti cadaveri giacevano ancora insepolti ma non volle dare l'ordine di seppellirli. Percorse l'Italia con sessantamila soldati e relative famiglie lasciando ovunque segni di rapacità e barbarie. Giunse a Roma alla metà di luglio. Incontrò la madre Sestilia che non si compiacque del titolo di augusta e che morì poco dopo, forse suicida.
Arruolò sedicimila pretoriani e nominò prefetti del pretorio Publio Sabino e Giulio Prisco. Si abbandonò quindi alle sue abitudini di crapulone e, emulo di Nerone, commise molti atti di crudeltà.
Intanto in oriente i soldati cominciarono a proporre l'impero a Vespasiano che, all'epoca, aveva sessant'anni ed era impegnato nella guerra contro i Giudei. Sembra che a convincere Vespasiano ad accettare l'impero fu Licinio Muciano governatore della Siria, mentre il primo a proclamarlo imperatore fu Tiberio Alessandro governatore dell'Egitto, presto imitato dall'armata della Giudea, seguirono la Siria e poi tutte le altre province orientali, mentre si scriveva ai governatori occidentali invitandoli a riconoscere Vespasiano.
Fu stabilito che Muciano, con un esercito, si portasse direttamente in Italia mentre Vespasiano avrebbe prima visitato l'Egitto per raccogliere nuove risorse e altri soldati. Tito, figlio di Vespasiano, sarebbe rimasto a combattere contro i Giudei. Durante la sua marcia Muciano arruolò molti volontari che si univano a Vespasiano per odio contro Vitellio.
A Tolosa Antonio Primo detto Becco raccolse un altro esercito, se ne fece generale e si mise a disposizione di Vespasiano e di Muciano. Senza aspettare ordini calò in Italia e fu festosamente ricevuto in Padova e dintorni, conquistò una vittoria nei pressi dell'attuale Ferrara, si impadronì di Verona e la fortificò. Si unirono a lui Marco Aponio Saturnino con una legione della Mesia e un gran numero di pretoriani licenziati da Vitellio.
Vitellio ordinò a Alieno Cecina di marciare contro Antonio Primo ma, giunto nei pressi di Verona, Cecina passò a Vespasiano e consigliò a tutti i suoi soldati di fare altrettanto. Una parte dei soldati fedele a Vitellio si rivoltò contro Cecina e lo tenne prigioniero a Cremona. Antonio Primo sconfisse le soldatesche di Vitellio il 26 ottobre non lontano dal luogo della battaglia di Bedriaco. Lo scontro proseguì durante la notte a Ostiglia dove si erano stabiliti i soldati di Cecina fedeli a Vitellio. Primo ottenne la vittoria a giorno fatto. I vincitori passarono a Cremona dove furono ostacolati dai trinceramenti costruiti da Otone. I soldati di Primo superarono anche quell'ostacolo e presero la città costringendo i vitelliani alla resa e passando senz'altro al saccheggio. Distrutta dalla brutalità dei saccheggiatori, Cremona fu in seguito ricostruita per volontà di Vespasiano.
Vitellio continuava a oziare a Roma ma quando, sul finire di ottobre, venne a sapere quanto era accaduto, fu preso dal panico. Contro Antonio Primo mandò Giulio Prisco e Alfeno Varo con consistenti truppe a bloccare i passi dell'Appennino. Quest'armata si stabilì a Bevagna dove lo stesso Vitellio la raggiunse, ma quando seppe che l'armata navale del Miseno era insorta tornò a Roma ed inviò il fratello Lucio Vitellio a Terracina per affrontare i ribelli.
Antonio Primo riuscì comunque a superare l'Appennino e quando giunse a Narni ricevette la resa dei soldati di Vitellio. Fabio Valente, generale di Vitellio, fu giustiziato a Urbino; Gallia, Spagna e Bretagna riconobbero Vespasiano imperatore.
Il 18 dicembre Vitellio dichiarò di voler deporre il potere ma i consoli non accettarono le sue dimissioni, intanto senatori e ufficiali erano riunito con Flavio Sabino, fratello di Vespasiano. Quando si seppe che la rinuncia di Vespasiano non era avvenuta, Sabino si recò al palazzo per convincerlo ad abdicare.
Strada facendo Sabino e la sua scorta incontrarono un gruppo di vitelliani e si ebbe uno scontro. Flavio Sabino riparò nella rocca del Campidoglio insieme ad alcuni senatori, ai propri figli Sabino e Clemente e a Domiziano, figlio minore di Vespasiano. I soldati di Vitellio incendiarono la rocca del Campidoglio e catturarono Sabino con il console Quinzio Attico, quest'ultimo si salvò ma Sabino venne trucidato.
Antonio Primo raggiunse finalmente Roma e si combattè a lungo ma infine prevalsero le forze di Vespasiano che occuparono vari luoghi della città e si diedero al saccheggio. Vitellio indossò miseri abiti e tentò di nascondersi ma fu scoperto dal tribuno Giulio Placido che lo portò nella strada con le mani legate e una corda al collo. Deriso e oltraggiato dalla gente, Vitellio fu gettato nelle gemonie, il suo cadavere trascinato al Tevere, la sua testa mostrata in giro per la città. Aveva cinquantasette anni. Lucio Vitellio, fratello del defunto, si arrese con i suoi soldati ma fu comunque ucciso, così Germanico figlio di Vitellio. Scontri e saccheggi durarono ancora a lungo mentre il senato si riuniva per decretare a Vespasiano tutti gli onori.
In Germania e in Gallia era in corso la rivolta provocata da Giulio Civile, c'era guerra nella Giudea, nella Mesia e nel Ponto.

Anno 70 d.C.
Papa: Clemente
Imperatore: Vespasiano
Consoli: Flavio Vespasiano Augusto e Tito Flavio Cesare
Vespasiano e suo figlio Tito furono eletti consoli pur essendo ancora lontani da Roma. A luglio furono sostituiti da Marco Licinio Muciano e Publio Valerio Asiatico e a novembre il consolato passò a Lucio Annio Basso e Gaio Cecina Peto.
Giunto a Roma prima di Vespasiano, Muciano si impadronì del potere e prese ad agire come voleva in nome di Vespasiano, era con lui anche Domiziano Cesare figlio dell'imperatore il quale prendeva molte iniziative ma il potere restava di fatto nelle mani di Muciano, uomo di smodata ambizione. Muciano varò molte disposizioni per risanare le finanze statali non senza arricchire se stesso. Suoi rivali erano Antonio Primo, vincitore di Vitellio, e Arrio Varo prefetto del pretorio. Muciano finse di essere loro amico ma di fatto procurò la loro rovina. Vespasiano si trovava in Egitto e Tito in Giudea, durante l'estate Vespasiano sbarcò a Brindisi dove trovò Muciano venuto a riceverlo. A Benevento incontrò il figlio Domiziano che si comportava indegnamente e non fu punito dal padre per intercessione del fratello Tito. A Roma Vespasiano si mostrò cordiale e benevolo. Partecipò alla cerimonia inaugurale dei lavori di ricostruzione della rocca bruciata del Campidoglio e fece ricercare tutte le copie reperibili dei documenti d'archivio perduti con l'incendio.
Riabilitò i condannati da Nerone e dai suoi successori e fece rientrare gli esuli. Cacciò da Roma gli astrologi. La guerra contro i Giudei era iniziata quando questi avevano sconfitto il governatore Cestio e Vespasiano aveva mandato contro di loro il figlio Tito. Tito aveva assediato Gerusalemme mentre moltissimi Giudei vi si recavano per celebrare la pasqua. Secondo Giuseppe Flavio durante quell'assedio perirono un milione e centomila Ebrei.
Avendo superato due cerchie di mura e non riuscendo a oltrepassare la terza, Tito decise di prendere Gerusalemme per fame. Dopo aver resistito a lungo alla fame e alle malattie, i Giudei furono sconfitti il 22 luglio quando i Romani conquistarono il tempio. Tito ordinò di risparmiare il sacro edificio ma furono gli stessi Giudei a darlo alle fiamme. Entro il mese di settembre tutta la città fu presa e in gran parte distrutta.
Contemporaneamente si svolgeva un'altra guerra che era iniziata in Batavia (oggi Olanda) sotto Vitellio. L'aveva provocata Giulio Civile ribellandosi a Vitellio e sconfiggendo sul Reno il generale romano Aquilio. La ribellione aveva assunto ampie dimensioni coinvolgendo vari popoli della Germania e della Gallia, ma dopo la morte di Vitellio fu inviata sul posto una grande armata comandata da Annio Gallo e Petilio Ceriale e presto le città della Gallia furono sottomesse. Domiziano volle partecipare a questa guerra e Muciano, non fidandosi di lui, lo accompagnò ed evitò che creasse problemi.

Anno 71 d.C.
Papa: Clemente
Imperatore: Vespasiano
Consoli: Flavio Vespasiano Augusto e Marco Cocceio Nerva
Il Nerva console in quest'anno è il futuro imperatore. Nelle calende di Marzo i consoli furono sostituiti da Flavio Domiziano Cesare e Gneo Pedio Casto.
Tito figlio di Vespasiano acquisì molto onore chiudendo vittoriosamente la guerra in Giudea, era benvoluto dai suoi soldati che lo avrebbero voluto imperatore. Quando si seppe che Tito era in viaggio verso Roma il padre lo associò all'impero e alla podestà tribunizia. Durante il viaggio Tito consultò il filosofo Apollonio Tianeo su come governare. Apollonio gli consigliò di seguire l'esempio di suo padre e di dare ascolto al filosofo cinico Demetrio.
Vespasiano e Tito celebrarono insieme il trionfo (primo caso di trionfo condiviso da padre e figlio). Per l'occasione fu costruito l'arco di Tito.
Per celebrare la conclusione della guerra, Vespasiano fece costruire il tempio della Pace e chiuse le porte del tempio di Giano. Per l'intera durata del suo impero Vespasiano si dedicò a riparare gli errori dei predecessori e ad abbellire la città. Rivide l'elenco dei pretoriani liquidando quelli assunti da Vitellio e sostituendoli con uomini di sua fiducia. Affidò la carica di prefetto del pretorio a suo figlio Tito.
Viveva con molta moderazione, era affabile e concedeva udienza a chiunque, esaminava personalmente tutte le richieste che riceveva e ogni giorno consultava familiari e amici, tra i quali era Plinio il Vecchio.
Rispettava il senato con il quale condivideva le decisioni importanti. Spesso amministrava personalmente la giustizia. Era spiritoso e non si offendeva per l'ironia altrui. Apprezzava che si dicesse sempre la verità e aveva il pregio di dimenticare facilmente le offese.

Anno 72 d.C.
Papa: Clemente
Imperatore: Vespasiano
Consoli: Vespasiano Augusto e Tito Flavio Cesare
Vespasiano affidò a Cesennio Peto il governo della Siria incaricandolo di chiarire le voci che parlavano di un accordo segreto tra Antioco re della Commagene e Vologese re dei Parti. Peto si alleò con Aristobulo re di Calcide e con Soermo re di Emesa ed entrò con l'esercito nella Commagene. Antioco si ritirò senza opporre resistenza mentre i Romani prendevano Samosata superando senza difficoltà la debole opposizione di Epifane e Callimaco figli di Antioco.
Antioco fu catturato in Cilicia e sarebbe stato deportato a Roma se Vespasiano non lo avesse proibito. Il re fu dunque sistemato a Sparta e fornito di sostentamento mentre ai figli fu permesso di venire a Roma. Anche Antioco si stabilì a Roma mentre la Commagene, la Tracia, la Cilicia e la Giudea diventavano province romane.
Vologese chiese aiuti a Vespasiano contro gli Alani che minacciavano il suo paese dopo aver occupato la Media e l'Armenia. Vespasiano non volle partecipare alle vicende di quei popoli.
Si combattè nella Britannia il cui governatore Petilio Ceriale fece nuove conquiste.
Vespasiano rivide le liste dei senatori attribuendo i seggi vacanti ai più ragguardevoli cittadini di Roma e delle province, aumentò il numero dei giudici per sbrigare le numerosissime cause che affollavano i tribunali.
In generale il comportamento e la personalità di Vespasiano erano esempio di moderazione e di onestà. Avendo umili origini familiari non tentava di tenerle nascoste e rideva di chi tentava di attribuirgli ascendenti prestigiosi.

Anno 73 d.C.
Papa: Clemente
Imperatore: Vespasiano
Consoli: Flavio Domiziano Cesare, Marco Valerio Messalino
Acaia, Licia, Rodi, Bisanzio, Samo e altre località orientali che in precedenza si governavano autonomamente, a causa delle frequenti sedizioni furono sottoposte al governo di magistrati inviati da Roma. Il filosofo Apollonio Tianeo protestà energicamente per la perdita della libertà di queste località greche ma non ottenne risultati.
I filosofi furono cacciati da Roma. Tra le cause di questo provvedimento fu la condotta di Elvidio Pristo, filosofo storico lodato da Tacito, Arriano, Plinio il Giovane. Costui era genero di Trasea Peto che si era mantenuto serio e coerente ai tempi di Nerone a volte disertando il senato per non dover approvare le iniziative dell'imperatore. Elvidio si vantava di parlare in piena libertà senza riguardo ad alcuno e palesava in pubblio la su avversione per la monarchia in generale e per Vespasiano in particolare. Non mostrava rispetto verso Vespasiano e non perdeva occasione per parlare male di lui. Una volta in senato arrivò allo scontro diretto con l'imperatore e lo attaccò tanto duramente che i tribuni lo fecero arrestare. Vespasiano si limitò a condannarlo all'esilio ma più tardi il senato lo condannò a morte e mandò sicari per eseguire la sentenza. Vespasiano tentò di fermarli ma gli fu detto che i suoi inviati non erano arrivati in tempo. Probabilmente fu Muciano a volere la morte di Elvidio Prisco e in questa occasione convinse Vespasiano a cacciare tutti i filosofi da Roma.

Anno 74 d.C.
Papa: Clemente
Imperatore: Vespasiano
Consoli: Flavio Vespasiano Augusto, Tito Flavio Cesare
Nelle calende di Luglio Tito cedette il consolato al fratello Domiziano. Vespasiano e Tito completarono il censimento, l'ultimo curato da imperatori. Si legge in Plinio che in questo censimento furono trovati diversi ultracentenari residenti tra l'Appennino e il Po (in Emilia Romagna).
Morì Cenide, liberta e amata concubina di Vespasiano.
Il difetto di Vespasiano, forse l'unico, era l'avarizia che lo aveva indotto a aumentare le tasse e a fare commerci indegni di un imperatore. Cenide collaborava in questa attività ascoltando le richieste di chi aspirava a cariche civili o militari. Egli stesso faceva dell'ironia su questo suo vizio e quando Tito si scandalizzò per una tassa sull'orina, gli fece annusare delle monete per dimostrargli che il denaro non ha odore. L'avarizia di Vespasiano non gli impedì, comunque, di spendere per soddisfare i bisogni del popolo e soccorrere chi ne aveva necessità: promosse le arti e le scienze e istituì a Roma scuole di eloquenza greca e latina.
Fece costruire o restaurare molte opere pubbliche a Roma e in altre città dell'impero.

Anno 75 d.C.
Papa: Clemente
Imperatore: Vespasiano
Consoli: Flavio Vespasiano Augusto, Tito Cesare
In luglio i consoli furono sostituiti da Flavio Domiziano e Marco Licinio Muciano.
Muciano godeva di grande favore presso Vespasiano e ne approfittava per pretendere l'ossequio di tutti, Premiava lautamente chi gli mostrava rispetto e poteva rovinare chi non lo avesse fatto. Si vantava pubblicamente di avere il merito dell'incoronazione di Vespasiano. Vespasiano tollerava con grande pazienza il comportamento di Muciano. Si mostrò tollerante anche verso un certo Mettio Pomposiano che diceva che il suo oroscopo gli prometteva l'impero. Costruì e dedicò un nuovo tempio della Pace che fu lodato da Plinio e da Erodiano e che andò distrutto in un incendio sotto Commodo.

Anno 76 d.C.
Papa: Clemente
Imperatore: Vespasiano
Consoli: Flavio Vespasiano Augusto, Tito Cesare
Nelle calende di Luglio i consoli furono sostituiti da Tito Cesare e Tito Plautio Silvano.
In quest'anno nacque Adriano, futuro imperatore e fiorì Quinto Asconio Pediano storico. Giulio Frontino, governatore della Britannia, sottomise i Siluri. Vennero a Roma Agrippa re dell'Iturea con sua sorella Berenice, bellissima giovane già moglie di Erode di Calcide e di Polemone re di Cilicia. Tito si invaghì di Berenice e presto tra i due si stabilì un rapporto di intimità che preludeva al matrimonio ma le leggi vietavano a un romano di sposare donne straniere e la popolazione mormorava contro questa unione. Tito superò la sua passione e fece in modo da rimandare Berenice al suo paese. La vicenda è narrata da Svetonio e da Dione, con qualche differenza cronologica.

Anno 77 d.C.
Papa: Clemente
Imperatore: Vespasiano
Consoli: Flavio Vespasiano Augusto, Tito Cesare
Nelle calende di luglio i consoli vennero sostituiti da Domiziano Cesare e Gneo Giulio Agricola, il suocero di Tacito.
In quest'anno Plinio il Vecchio terminò a sua Storia Naturale e la dedicò a Tito.
Roma fu colpita da una grave epidemia, riferita da Eusebio. Giunsero a Roma due filosofi cinici che, come loro costume, ingiuriarono la popolazione e la famiglia imperiale, uno dei due fu frustato, l'altro giustiziato.
Morì martire il papa Clemente e fu eletto Cleto.

Anno 78 d.C.
Papa: Cleto
Imperatore: Tito Flavio
Consoli Lucio Ceionio Commodo e Decimo Novio Prisco
Il console Lucio Ceionio Commodo potrebbe essere il padre o un antenato di Lucio Vero futuro imperatore.
Gneo Giulio Agricola, console dell'anno precedente, fu inviato in Britannia come governatore in luogo di Giulio Frontino. Iniziò riportando la disciplina tra le milizie, sanando abusi dei predecessori e moderando le imposte. Riconquistò l'isola di Mona i cui abitanti, gli Ordovici, si erano ribellati.
In Gallia il nobile Giulio Sabino che nel 70 aveva provocato una rivolta e si era nascosto nei sotterranei della sua villa facendo credere di essersi suicidato, viveva ancora in quel nascondiglio noto solo alla moglie che le fonti chiamano Peponilla o Epponina o Empona. La donna di tanto in tanto gli faceva visita e durante quegli anni avevano avuto due figli ma lei era riuscita a nascondere le gravidanze e le nascite. Nel 78 furono scoperti per caso, tentarono di impietosire Vespasiano mostrandogli i bambini e narrandogli la loro esperienza ma l'imperatore fu insolitamente crudele e li condannò entrambi a morte.

Anno 79 d.C.
Papa: Cleto
Imperatore: Tito Flavio
Consoli: Flavio Vespasiano Augusto e Tito Flavio Cesare
In quest'anno due dei più importanti personaggi della politica romana tramarono contro Vespasiano e Tito per ragioni non chiare, si trattava di Alieno Cecina e Eprio Marcello. Scoperti, i due congiurati furono rapidamente eliminati da Tito che, nonostante avesse le sue ragioni, fu per questo fatto oggetto dell'odio di molti.
Poco dopo Vespasiano, accusando problemi di salute, volle ritirarsi per un periodo nella cittadina nativa di Aquae Cutiliae per giovarsi delle rinomate acque curative che sgorgavano nella zona, ma le sue condizioni peggiorarono e l'imperatore morì il 23 o 24 giugno all'età di settant'anni.
Il figlio Tito divenne imperatore senza difficoltà in quanto era già associato al potere. Tito era nato nel 41 in una casa modesta ed era cresciuto a corte come paggio di Britannico con il quale aveva stretto una forte amicizia.
Di bell'aspetto, colto e preparato alle cose militari, il giovane Tito riscuoteva la stima di tutti. Partecipò alle campagne del padre in Germania, in Britannia e in Giudea comportandosi sempre con onore.
Sposò Arrecina Tertulla, rimasto vedovo si risposò con Marcia Furnilla ma la ripudiò dopo aver avuto da lei una figlia di nome Giulia Sabina.
Nel mese di novembre si verificò la spaventosa eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei. Plinio il Vecchio che si trovava a Miseno in qualità di comandante della flotta, volle avvicinarsi al luogo dell'eruzione per studiare il fenomeno ma si trattenne troppo a lungo e rimase ucciso dai vapori di zolfo.

Anno 80 d.C.
Papa: Cleto
Imperatore: Tito Flavio
Consoli: Tito Flavio Augusto e Domiziano Flavio Cesare
Insieme alle molte virtù, Tito prima di salire al trono aveva mostrato anche diversi vizi: era ingordo, libidinoso e avido di guadagno, ma divenuto imperatore cambiò radicalmente comportamento con piacevole sorpresa di tutti. Allontanò dalla corte ogni persona di non chiara reputazione, rinunciò alla sua relazione con la regina Berenice e si mostrò sempre moderato, giusto e generoso.
In questo anno completò ed inaugurò il Colosseo e le sue Terme, nei pressi di quell'anfiteatro, e dedicò i nuovi edifici offrendo al popolo splendidi giochi e spettacoli.
Si adoperò in ogni modo per portare sollievo alle popolazioni colpite dall'eruzione del Vesuvio e finanziò ove possibile la ricostruzione.
Poco dopo Roma fu devastata da un enorme incendio che distrusse il tempio di Giove Capitolino, il Pantheon, il Palazzo di Augusto, templi e teatri. Tito si fece carico dell'intero costo della ricostruzione prelevando i fondi dalle sue finanze personali.
Ancora in questo stesso anno la popolazione romana fu colpita da una grave epidemia di peste e ancora l'imperatore impiegò ogni mezzo a sua disposizione per soccorrere quanti soffrivano.
Durante il suo breve regno, Tito si comportò in modo tale che la sua benignità e la sua generosità divennero proverbiali, grazie anche ad alcuni suoi provvedimenti molto popolari come l'abolizione del reato di lesa maestà che aveva causato tante ingiuste condanne sotto i precedenti imperatori.
Fra gli altri eventi dell'anno Muratori ricorda i lavori con cui la via Flaminia fu nuovamente lastricata da Roma a Rimini.

Anno 81 d.C.
Papa: Cleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Lucio Flavio Silva Nonio Basso e Asinio Pollione Verrucoso
Un impostore di nome Terenzio Massimo che si spacciava per Nerone si rivolse al re dei Parti chiedendo aiuto per riprendere il trono.
Tito, che ormai veniva definito delizia del genere umano per le sue virtù, si mostrava sempre più malinconico e decise di recarsi alla villa paterna in Sabina.
Durante il viaggio si ammalò e morì poco dopo (13 settembre). Alcuni attribuirono la causa della morte ai bagni freddi che l'imperatore usava prendere ogni mattino, altri a normali malattie ma non mancò chi sospettò Domiziano di aver avvelenato il fratello.
In effetti Domiziano si affrettò a farsi proclamare imperatore dai pretoriani e, subito dopo le esequie di Tito, pretese che il senato lo onorasse con i titoli di Augusto, pontefice massimo, censore e con la podestà tribunizia.
Poco più tardi ebbe l'appellativo di Padre della Patria e conferì alla moglie Domizia il titolo di Augusta.
Tito era morto a quarant'anni, Domiziano divenne imperatore a trentuno.

Anno 82 d.C.
Papa: Cleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Flavio Domiziano e Tito Flavio Sabino
Il console Flavio Sabino era figlio del Tito Flavio Sabino fratello di Vespasiano, dunque cugino di Domiziano.
Nei primi tempi del suo principato Domiziano si comportò con moderazione e giustizia, curò in particolare il funzionamento dei tribunali punendo severamente i giudici che si lasciavano corrompere e varò diversi provvedimenti per moralizzare i costumi e salvaguardare la dignità del senato e delle altre istituzioni.
Abbellì Roma con nuovo edifici e monumenti fra i quali il tempio della famiglia Flavia, lo stadio, l'odeon e la naumachia per i combattimenti navali.
Durante quest'anno il generale Giulio Agricola riportò vittorie in Britannia.

Anno 83 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Flavio Domiziano e Quinto Petilio Rufo
Morte di papa Cleto e elezione di Anacleto I. ( Secondo gli studi attuali Cleto e Anacleto furono la stessa persona che salì al soglio pontificio come successore di Lino, ma ai tempi di Muratori prevaleva l'opinione che si trattasse di due personaggi distinti.)
Agricola riportò una vittoria in Scozia. Soldati germanici che militavano con Agricola disertarono e tentarono di lasciare l'isola ma naufragarono presso le coste della Germania e i più furono catturati dai soldati e venduti come schiavi.
Intanto a Roma Domiziano offriva al popolo grandiosi spettacoli che comprendevano combattimenti navali in un lago appositamente scavato presso il Tevere.

Anno 84 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Flavio Domiziano e (Gaio Oppio) Sabino
Precisa Muratori che non tutti gli autori erano d'accordo sul prenome e nome di Sabino.
Su prove numismatiche si colloca in quest'anno la guerra di Domiziano contro i Catti. Il pretesto fu la cacciata ad opera dei Catti di Cariomero re dei Cherusci alleato dei Romani. L'imperatore condusse l'esercito nella Gallia fingendo altre intenzioni poi passò improvvisamente il Reno e attaccò i Catti i quali prudentemente si ritirarono senza combattere ma Domiziano, tornato a Roma, si fece comunque accordare il trionfo vantando inesistenti vittorie.

Anno 85 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Flavio Domiziano e Tito Aurelio Fulvo o Fulvio
Il console Tito Aurelio fu nonno dell'imperatore Antonino Pio.
Domiziano celebrò il trionfo sui Catti. Invidioso dei successi di Agricola, Domiziano celò i suoi sentimenti decretando molti onori per il generale ma lo richiamò dalla Britannia con il pretesto di affidarli il governo della Siria. Inviò la patente di governatore a Agricola tramite un liberto ma questi, trovando che il generale aveva consegnato la provincia al successore ed era già partito, tornò a Roma senza aver fatto nulla, proprio come gli era stato ordinato.
Agricola tornò in città con discrezione, fu accolto freddamente da Domiziano e si ritirò a vita privata. Nonostante le trame dei soliti delatori Agricola riuscì a vivere indisturbato fino alla morte. Negli anni successivi alla sua partenza le legioni subirono varie sconfitte in Mesia, Germania, Dacia e Pannonia.

Anno 86 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Flavio Domiziano e Servio Cornelio Dolabella
In quest'anno nacque Antonino Pio.
Domiziano istituì i giochi capitolini che comprendevano anche un agone poetico al quale partecipò senza vincere Stazio con una parte della sua Tebaide.
Offrì altri giochi durante la sua residenza estiva ad Albano e più volte distribuì donativi al popolo per guadagnarne l'affetto ma in questo modo arrecò gravi danni all'erario.

Anno 87 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Flavio Domiziano e Lucio Volusio Saturnino
Probabilmente in questo anno si verificarono i primi episodi della guerra contro i Daci il cui capo Decebalo, un comandante molto esperto, passò il Danubio e cacciò i presidi romani. Contro i Daci di Decebalo mosse il governatore della Mesia Gaio Oppio Sabino che fu sconfitto e decapitato, quindi i ribelli invasero e saccheggiarono la provincia.
Contemporaneamente si sollevò la popolazione africana dei Nasamoni per l'eccessivo carico fiscale. Furono sconfitti da Flacco governatore della Numidia ma Domiziano vantò come sua questa vittoria di fronte al senato.

Anno 88 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Flavio Domiziano e Lucio Minucio Rufo
Domiziano celebrò i giochi secolari nonostante mancassero quasi sessant'anni alla loro ricorrenza. Andò personalmente contro i Daci, respinse gli ambasciatori che Decebalo aveva mandato a proporre la pace, affidò il comando a Cornelio Fusco e tornò a Roma come se avesse debellato il nemico.
Dopo la sua partenza Cornelio Fusco passò il Danubio e dopo alcuni scontri con i Daci rimase sconfitto e ucciso.
In questi anni fiorì a Roma il maestro di eloquenza Marco Fabio Quintiliano che fu istitutore dei nipoti di Domiziano.

Anno 89 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Tito Aurelio Fulvo e Aulo Sempronio Atratino (in altre fonti Marco Asinio Atratino)
Dopo la disfatta di Cornelio Fusco, Domiziano intraprese una nuova campagna contro i Daci ma neanche questa volta affrontò personalmente il nemico, si fermò in Mesia delegando il comando ai suoi generali.
Le armate romane combatterono contro i Daci con esiti alterni ma quando Decebalo propose ancora la pace Domiziano rifiutò di trattare e rivolse le armi contro i Quadi e i Marcomanni colpevoli di non averlo aiutato.
Sconfitto duramente anche dai Marcomanni, Domiziano fu costretto a trattare con Decebalo accettando condizioni di pace piuttosto umilianti fra le quali una regalia annuale in denaro che Roma pagò ai Daci fino a Traiano.
Inviando al senato notizie come sempre contraffatte, Domiziano vantò un'altra vittoria e ricevette ulteriori onori.

Anno 90 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Flavio Domiziano e Marco Cocceio Nerva
Il console Nerva era il futuro imperatore.
Si celebrò un nuovo trionfo di Domiziano sui Daci e si tennero feste e spettacoli fra cui una battaglia navale nella quale perirono quasi tutti i combattenti.
Domiziano coinvolse senatori e cavalieri in bizzarri diverimenti come un banchetto offerto in un ambiente completamente nero con molti macabri particolari.

Anno 91 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Marco Ulpio Traiano e Manio Acilio Glabrione
Il console Traiano è il futuro imperatore.
Il console Glabrione fu costretto da un capriccio di Domiziano a combattere con un leone, riuscì ad abbatterlo rimanendo incolume ma così si procurò l'invidia e l'odio dell'imperatore che in seguito con dei pretesti lo mandò in esilio e poi lo fece uccidere.
Si riaprì il processo alla vestale Cornelia, già in precedenza assolta dall'accusa di incontinenza e Domiziano, atteggiandosi a difensore della religione, la condannò ad essere sepolta viva. Alcuni nobili coinvolti nella vicenda furono frustati a morte. Valerio Liciniano, noto avvocato ed ex pretore, fu processato per aver nascosto una liberta di Cornelia e confessò quanto gli fu segretamente consigliato per ordine dell'imperatore. Soddisfatto per questa confessione Domiziano si limitò a mandare in esilio Liciniano confiscandone i beni anzichè condannarlo a morte.

Anno 92 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Flavio Domiziano e Quinto Volusio Saturnino
Lucio Antonio Saturnino governatore in Germania sapendo di essere in disgrazia presso Domiziano si ribellò e sollevò le sue legioni facendosi proclamare imperatore. La notizia creò a Roma grande timore di una nuova guerra civile e Domiziano decise di muovere contro il rivale ma lo prevenne Lucio Appio Norbano Massimo governatore della Bassa Germania che attaccò improvvisamente Lucio Antonio prima che potesse ricevere aiuti dai Germani con i quali si era accordato. Lucio Massimo sconfisse Lucio Antonio e ne mandò la testa a Roma per dimostrare la vittoria.
In questo stesso anno Domiziano emanò un decreto che vietava di piantare nuove vigne in Italia e ordinava di abbattere metà delle vigne nelle province perché temeva che l'abbondanza di vino favorisse le rivolte. Più tardi tornò sulla decisione e annullò il decreto.

Anno 93 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Pompeo Collega e Cornelio Prisco (Quinto Peduceo Priscino in altre fonti)
In agosto morì Gneo Giulio Agricola, suocero di Cornelio Tacito. Al suo ritorno a Roma Agricola non aveva richiesto altri onori perché diffidava di Domiziano che poco prima aveva fatto morire Civica Ceriale proconsole in Asia sospettato di ribellione.
Dopo la sconfitta di Lucio Antonio, Domiziano esasperò il proprio dispotismo e tutti i suoi vizi, già ben noti, divennero sfrenati e palesi. Fece fra l'altro uccidere suo cugino Tito Flavio Sabino solo perché un banditore, per una svista, lo aveva chiamato imperatore invece di console, condannò a morte Salvio Cocceiano perchè aveva celebrato il genetliaco di suo zio Otone, Sallustio Lucullo per aver dato il proprio nome a un'arma di sua invenzione, Materno Sofista e Elio Lamia Emiliano per frasi non gradite.
Fece di Domizia Longina moglie di Lamia la sua amante e qualche tempo dopo la sposò. Credendo nell'astrologia fece uccidere Mettio Pompusiano per un oroscopo che gli pronosticava l'impero.
In questo anno o nel precedente ebbe inizio la guerra con i Sarmati che avevano trucidato una legione romana.

Anno 94 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Lucio Nonio Torquato Asprenate e Tito Sestio Magio Laterano
La tirannide di Domiziano non aveva più alcun freno e molte persone prive di colpa furono esiliate o eliminate. I delatori erano più attivi che mai, processi e condanne servivano anche a sequestrare i beni degli imputati nel tentativo di alimentare l'erario dissanguato dalle spese folli ed inutili dell'imperatore.
Fra le vittime illustri di queste persecuzioni furono Elvidio il Giovane figlio di Elvidio Prisco sospettato di aver scritto versi che deridevano Domiziano, Erennio Senecione, colpevole di aver scritto una biografia di Elvidio Prisco, per cause simili fu giustiziato anche Giunio Aruleno Rustico.
Fece uccidere anche Marco Arrecino Clemente già prefetto del pretorio sotto Vespasiano e legato a Domiziano da vincoli di parentela.

Anno 95 d.C.
Papa: Anacleto
Imperatore: Flavio Domiziano
Consoli: Flavio Domiziano e Tito Flavio Clemente
Clemente era figlio di Sabino fratello di Vespasiano. Domiziano gli era affezionato ma in quest'anno lo fece morire, probabilmente, perché si era convertito al Cristianesimo. In effetti in quest'anno Domiziano varò una persecuzione contro i cristiani. Flavia Domitilla, moglie di Clemente, fu confinata nell'isola di Pandataria (Ventotene).
Furono fatti uccidere anche Acilio Glabrione, console nel 91, e Epafrodito liberto di Nerone.
Publio Giuvenzio Celso, famoso giureconsulto, fu accusato di cospirazione ma riuscì ad ottenere del tempo per scagionarsi e a sopravvivere fino alla morte del tiranno.

Anno 96 d.C.
Papa Evaristo
Imperatore Nerva
Consoli Gaio Antistio Vetere e Gaio Manlio Valente
Il senato era ridotto al silenzio e approvava passivamente tutto ciò che Domiziano ordinava. Tutti vivevano nel terrore di essere accusati dai delatori con funeste conseguenze.
Ma anche Domiziano soffriva per la diffidenza che nutriva verso tutti, compresa sua moglie Domizia e i suoi più intimi cortigiani Norbano e Petronio Secondo. Anche le predizioni degli astrologhi lo inquietavano indicando l'imminenza della sua morte.
Quando Domizia, Norbano, Partenio e Petronio maestro di camera furono certi del pericolo che correvano decisero di prevenire Domiziano uccidendolo e di elevare all'impero Marco Cocceio Nerva.
Dione racconta che Domizia trovò nella camera dell'imperatore un elenco di persone da eliminare fra le quali compariva lei stessa e ciò affrettò l'azione dei congiurati.
Il 28 settembre, giorno che gli astrologi avevano predetto gli sarebbe stato fatale, Domiziano sostò brevemente nel tribunale quindi si ritirò nelle sue stanze dove ricevette la visita di Stefano liberto del defunto Flavio Clemente. Stefano porse a Domiziano un documento che conteneva una falsa denuncia e mentre l'imperatore leggeva lo pugnalò al ventre. La ferita non era mortale e Domiziano lottò per la sopravvivenza riuscendo a uccidere Stefano prima di essere finito dagli altri congiurati con sette coltellate.
Una nutrice trafugò il corpo di Domiziano, lo bruciò e mischiò le sue ceneri con quelle di Giulia Sabina, figlia di Tito, che Domiziano aveva tolto al marito per tenerla con se more uxorio ma facendola abortire ne aveva causato la morte.
Domiziano morì a quarantacinque anni lasciando indifferente il popolo minuto del quale non si era mai curato. I soldati piansero la sua morte perché li aveva arricchiti e minacciarono reazioni violente. I senatori gioirono, cancellarono tutti i decreti del morto e fecero abbattere tutte le sue statue.
Marco Cocceio Nerva era stato console nel 71 e nel 90, era di irreprensibili costumi, apprezzato e rispettato da tutti ma di salute cagionevole. Fu elevato al trono con l'approvazione del senato e del popolo e si accinse a riportare l'ordine e la serenità dopo le atrocità della tirannide.
Vivente ancora Domiziano, papa Anacleto aveva subito il martirio ed era stato nominato Evaristo. ( Attualmente si ritiene che Anacleto morì di morte naturale nell'88 e il suo successore fu Clemente I ).

Anno 97 d.C.
Papa Evaristo
Imperatore Nerva
Consoli: Marco Cocceio Nerva Augusto e Lucio Virginio Rufo
Nel corso dell'anno il console Lucio Virginio Rufo fu sostituito da Publio Cornelio Tacito, lo storico. Virginio Rufo aveva rifiutato l'impero offertogli dalle legioni nel 68 d.C., era stato due volte console nel 63 e nel 69. Morì in quest'anno per le conseguenze di una caduta accidentale, aveva ottantatre anni.
Nerva richiamò dall'esilio quanti erano caduti in disgrazia sotto Domiziano e annullò tutti i processi di lesa maestà punendo i calunniatori. Vietò anche le accuse di empietà con beneficio di ebrei e cristiani.
Aiutò le persone bisognose, rifocillò l'erario vendendo suoi beni personali e beni demaniali e per due volte durante il suo governo distribuì denaro e grano. Abolì molti giochi e spettacoli per contenere le spese pubbliche, introdusse varie riforme in materia fiscale e fu nel complesso un buon governante ma non mancò chi tramasse contro di lui. Un senatore di nome Calpurnio della famiglia dei Crassi cospirò contro Nerva che si limitò a mandarlo in esilio insieme alla famiglia.
I pretoriani si sollevarono insieme al prefetto Eliano Casperio chiedendo la morte di chi aveva ucciso Domiziano. Nerva rifiutò e i pretoriani uccisero Petronio Secondo, ex prefetto del pretorio, e Partenio ex maestro di camera di Domiziano. Casperio colse l'occasione per oltraggiare l'imperatore costringendolo ad approvare quei delitti. Nerva comprese che a causa della sua età avanzata aveva bisogno di associare all'impero un uomo giovane e determinato, scelse Marco Ulpio Traiano, all'epoca generale in Germania. Lo adottò e gli conferì i titoli di Cesare e di Germanico, lo creò suo collega nell'impero e lo dotò di podestà tribunizia.

Anno 98 d.C.
Papa Evaristo
Imperatore Traiano
Consoli: Marco Cocceio Nerva Augusto e Marco Ulpio Traiano
L'imperatore Nerva morì di febbre, la sua età varia a seconda della fonte da sessantatre a settantuno anni. Lasciò un buon ricordo del suo breve governo durante il quale, come egli stesso diceva, non commise azioni che potessero esporlo al pericolo di vendette. Va a suo merito anche l'aver indicato Traiano come suo successore. Le sue ceneri vennero riposte nel mausoleo di Augusto e Traiano gli dedicò dei templi.
Publio Elio Adriano, amico e parente di Traiano, volle essere il primo ad informarlo della sua nomina mentre si trovavano in Germania. Traiano, che comandava una forte armata, non tornò a Roma nel primo anno di impero ma continuò a rinforzare i confini. I Germani, che ogni inverno superavano il Danubio ghiacciato per penetrare in territorio romano, quest'anno se ne astennero per timore di Traiano.

Anno 99 d.C.
Papa Evaristo
Imperatore Traiano
Consoli: Aulo Cornelio Palma Frontoniano e Quinto Sosio Senecione
Traiano si incamminò dalla Germania verso Roma in primavera. Durante la marcia le legioni che lo seguivano si astennero dal compiere saccheggi e violenze contro la popolazione.
Entrò a Roma a piedi, vestito modestamente, abbracciando e salutando quanti lo avvicinavano, era con lui la moglie Pompea Plotina, altrettanto amata dalla popolazione. Plotina consigliò sempre il marito e in particolare gli segnalò le ingiustizie compiute dai governatori nelle province. Quando giunsero a Roma, Traiano ebbe i titoli di pontefice massimo e di patre della patria e Plotina quello di augusta.
Traiano aveva una sorella di nome Marciana alla quale fu dedicata la città di Marcianopoli nella Mesia, anche Marciana ebbe il titolo di augusta e fu madre di Giulia Sabina, che fu moglie di Adriano, e di Matidia.
Traiano si dimostrò molto liberale con le distribuzioni di grano e con l'assistenza agli orfani che era stata istituita già da Nerva. Curò con particolare attenzione l'annona, istituì il collegio dei fornai. Particolare popolarità gli arrecarono i molti processi istituiti contro i delatori e l'abolizione del reato di lesa maestà.
In quest'anno Traiano fu nominato console per l'anno successivo, tentò di rifiutare la carica e quando la accettò volle giurare nelle mani di un console uscente come avrebbe fatto un privato.

Anno 100
Papa Evaristo
Imperatore Traiano
Consoli: Marco Ulpio Nerva Traiano Augusto e Marco Cornelio Frontone
Nelle calende di settembre i consoli furono sostituiti da Gaio Plinio Cecilio Secondo (Plinio il Giovane) e da Spurio Cornuto Tertullo.
Divenuto imperatore, Traiano non cambiò i suoi costumi e continuò ad essere affabile, modesto e cortese diversamente da molti suoi predecessori. Soleva dire che desiderava comportarsi con gli altri come avrebbe voluto che gli altri si comportassero con lui se fosse stato un privato cittadino. Grazie al suo comportamento era molto amato da tutti e si viveva in un clima di grande serenità. Muratori tratteggia il ritratto di Traiano come uomo gentile, giudice equo, legislatore accorto, insistendo sulle sue differenze con quanti lo avevano preceduto.

Anno 101
Papa Evaristo
Imperatore Traiano
Consoli Marco Ulpio Nerva Traiano e Sesto Articolaio
E' discusso tra gli storici se la guerra di Traiano contro i Daci ebbe inizio nel 101 o nel 102. Traiano rifiutò di pagare a Decebalo re dei Daci il tributo previsto dal trattato di pace firmato da Domiziano. Decebalo iniziò ad armare un esercito e intanto cominciarono a verificarsi atti di ostilità lungo il confine. Nel 102 Traiano si recò personalmente in Dacia e Muratori considera quest'atto come inizio della guerra. Intanto Traiano fece realizzare molte opere pubbliche a Roma e nelle province. Anche con i privati si dimostrava sollecito e munifico e apprezzava la franchezza e l'onestà.

Anno 102
Papa Evaristo
Imperatore Traiano
Consoli: Gaio Sosio Senecione e Lucio Licinio Sura
Il console Sura era un preferito di Traiano perché a suo tempo si era interessato per farlo adottare da Nerva.
In quest'anno Traiano guidò una grande armata contro i Daci. Quando giunse al confine con la Dacia Decebalo gli mandò ambasciatori a proporre la pace ma Traiano non accettò di trattare e si venne ad una grande battaglia che i Romani vinsero al costo di forti perdite. Dopo aver sepolto i caduti, Traiano avanzò fino a Sarmigetusa, capitale della Dacia che in seguito divenne colonia romana con il nome di Ulpia Traiana. Traiano propose ancora la pace a condizione che i Daci smontassero le fortezze e deponessero le armi. Traiano ebbe il titolo di Dacico grazie al buon esito di questa campagna.

Anno 103
Papa Evaristo
Imperatore Traiano
Consoli Marco Ulpio Nerva Traiano e Lucio Appio Massimo
Lucio Appio Massimo ebbe il consolato come premio per essersi segnalato nella guerra dacica dell'anno precedente.
Per ordine di Traiano, Decebalo inviò ambasciatori a Roma per supplicare il senato di concedere la pace, supplica che fu benignamente accolta dal senato. Quindi Traiano celebrò il trionfo sui Daci, secondo Filostrato volle con se sul carro trionfale il filosofo Dione Crisostomo che aveva portato a Roma dalla Dacia. Al trionfo seguirono spettacoli di gladiatori e di ballerini.
A volte Traiano andava a villeggiare nella sua villa di Centocelle (Civitavecchia) trasferendovi le cause più importanti come testimonia Plinio il Giovane. A Centocelle Traiano fece costruire un grande porto a forma di anfiteatro.

Anno 104
Papa Evaristo
Imperatore Traiano
Consoli: Lucio Licinio Sura e Publio Orazio Marcello
In quest'anno ebbe origine la seconda guerra dacica. Dopo aver protestato presso i Romani contro le condizioni della pace già firmata, Decebalo riprese le armi coinvolgendo nelle ostilità anche gli Sciti e altre popolazioni.
Il senato dichiarò nemico pubblico Decebalo e Traiano fece gli opportuni preparativi.
Secondo alcune fonti in quest'anno la Domus Aurea di Nerone fu danneggiata da un incendio.
Plinio il Giovane ebbe il governo del Ponto e della Bitinia come vicepretore con podestà consolare ma alcuni storici datano l'evento più tardi.

Anno 105
Papa Evaristo
Imperatore Traiano
Consoli: Tiberio Giulio Candido e Aulo Giulio Quadrato
In quest'anno Traiano intraprese la sua seconda spedizione contro i Daci e volle guidare personalmente le legioni. Con lui partì il cugino Adriano comandante della legione Minervia che si comportò valorosamente e fu premiato da Traiano con un prezioso anello.
Decebalo mandò dei finti disertori ad uccidere Traiano ma i sicari furono scoperti e puniti. Decebalo riuscì a catturare con un inganno Longino, uno dei migliori generali di Traiano. Non riuscendo ad ottenere informazioni da Longino scrisse a Traiano che lo avrebbe liberato in caso di trattative di pace. Traiano non volle cedere alle pressioni di Decebalo e prese tempo ma Longino riuscì a procurarsi del veleno e si uccise. Decebalo restituì il corpo di Longino e chiese il liberto che dopo aver aiutato Longino si era rifugiato presso i Romani ma Traiano rifiutò di consegnarglielo.
Prima di iniziare a combattere, Traiano fece costruire un ponte sul Danubio per essere certo di potersi ritirare in caso di necessità. Il ponte, progettato dall'architetto Apollodoro di Damasco, fu un'opera grandiosa che viene esaltata da Dione Cassio. In seguito il ponte fu fatto smantellare da Adriano, forse per invidia.
In questo anno il governatore della Siria Aulo Cornelio Palma, console nel 99, sottomise ai Romani l'Arabia Petrea.

Anno 106
Papa Evaristo
Imperatore Traiano
Consoli: Lucio Cejonio Commodo Vero e Lucio Tuzio Ceriale
Il console Commodo Vero fu padre di Lucio Vero che verrà adottato da Adriano.
Completato il ponte, Traiano entrò nel paese nemico dove agì con grande prudenza, la natura montuosa del luogo costrinse l'esercito a grandi fatiche. Alcuni storici ritenevano che in quest'anno fu conclusa la guerra dacica ma Muratori è del parere che il conflitto fu più lungo e si protrasse almeno fino all'anno successivo.

Anno 107
Papa Evaristo
Imperatore Traiano
Consoli: Lucio Licinio Sura e Gaio Sosio Senecione
Nelle calende di luglio i consoli furono sostituiti fa Gaio Giulio Servilio Orso Serviano, marito di Paolina sorella di Adriano e da Surano.
In quest'anno Traiano condusse a termine la seconda guerra dacica impadronendosi della capitale Sarmigetusa. Per evitare la cattura Decebalo si uccise e il suo corpo fu portato a Roma. Prima di morire, Decebalo fece nascondere un tesoro sotto il letto di un fiume e fece morire quanti avevano compiuto il lavoro ma uno dei suoi domestici svelò il segreto a Traiano.
Traiano istituì la provincia di Transilvania deducendovi alcune colonie e stabilendovi un gran numero di persone.

Anno 108
Papa Alessandro
Imperatore Traiano
Consoli: Appio Annio Trebonio Gallo e Marco Atilio Metilio Bradua
Nelle calende di marzo i consoli furono sostituiti da Gaio Giulio Africano e Claudio Crispino.
Traiano rientrò a Roma e celebrò il secondo trionfo sui Daci e il decimo anno del suo impero. Festeggiamenti e spettacoli durarono quattro mesi.
Fu realizzata una strada per le paludi pontine lungo la quale furono costruite case e ponti.
Il papa Evaristo subì il martirio e fu eletto Alessandro I.
Anno 109
Papa Alessandro
Imperatore Traiano
Consoli: Aulo Cornelio Palma e Gaio Calvisio Tullo.
Nelle calende di Luglio i consoli furono sostituiti da Publio Elio Adriano e Lucio Publilio. Adriano rientrò dalla Pannonia dove aveva sedato i disordini provocati dai Sarmati. Traiano non aveva figli e Adriano si sforzava di ottenere la sua fiducia sperando di potergli succedere nell'impero.
In quest'anno morì Lucio Licinio Sura, amico di Traiano e suo consulente nella stesura dei discorsi. Per sostituirlo Traiano ricorse a Adriano e dedicò a Sura un solenne funerale e una statua.
Gaio Plinio Cecilio Secondo, già console nell'anno 100, fu nominato governatore della Bitinia e del Ponto ma non è certo l'anno in cui si recò a prendere possesso della carica.
Traiano rimodernò la via Appia da Roma a Capua arricchendola di ponti e di edifici, perciò quel tratto fu detto Via Traiana. Ancora in quest'anno fu ristrutturato il Circo Massimo.

Anno 110
Papa Alessandro
Imperatore Traiano
Consoli: Servio Salvidieno Orfito e Marco Peduceo Priscinio
Secondo Eusebio si verificò in quest'anno l'incendio che danneggiò gravemente il Pantheon, probabilmente causato da un fulmine.
Anche Traiano, nonostante le sue note virtù, lasciò proseguire le persecuzioni dei cristiani, persecuzioni che i governatori delle province attuarono con accanimento.
Dione accenna a una congiura contro Traiano tramata in quest'anno ma non fornisce particolari. Un cospiratore di nome Crasso nominato da Dione corrisponde forse a un Crasso Frugi ucciso sotto Adriano per aver evaso il confino.

Anno 111
Papa Alessandro
Imperatore Traiano
Consoli: Gaio Calpurnio Pisone e Marco Vettio Bolano
Plinio il Giovane, governatore del Ponto e della Bitinia, scrisse in quest'anno a Traiano la celeberrima lettera sui cristiani con la quale chiedeva all'imperatore come comportarsi in merito alla condanna dei fedeli della nuova religione che si erano rivelati più numerosi del previsto. Traiano rispose di punire quanti venivano denunciati e rifiutavano di rinnegare Cristo, evitando di agire contro altri cristiani e non tenendo conto delle denunce anonime. Ciò nonostante coloro che preferirono morire piuttosto che sacrificare agli dei rimasero molto numerosi.

Anno 112
Papa Alessandro
Imperatore Traiano
Consoli: Marco Ulpio Nerva Traiano Augusto e Tito Sestio Africano
Prima di intraprendere la sua spedizione in Armenia, Traiano eresse in Roma alcune biblioteche e realizzò la piazza nella quale si trova la sua colonna, piazza riccamente ornata di portici, colonne e statue progettata dall'architetto Apollodoro che fu lodata da Ammiano MarcellinoCassiodoro.
Ebbe dunque inizio in quest'anno la spedizione in Armenia. Cosroe re dei Parti aveva posto sul trono d'Armenia un suo uomo di nome Esedare mentre in genere erano gli imperatori romani ad assegnare quel trono. Poiché Cosroe non rispose alla proteste di Traiano, questi mosse con un potente esercito verso Oriente. Cosroe mandò ambasciatori a proporre la pace, Traiano li incontrò a Atene ma respinse le loro proposte e i loro doni e proseguì verso la Siria entrando in Antiochia in ottobre. Secondo Malala nel gennaio dell'anno successivo.

Anno 113
Papa Alessandro
Imperatore Traiano
Consoli: Lucio Publicio Celso e Lucio Clodio Prisciano
Trovandosi in Antiochia, Traiano giudicò il vescovo S. Ignazio e lo mandò a Roma per subire il martirio.
In quest'anno il senato dedicò la Colonna Traiana illustrata con scene della guerra contro i Daci, ancora esistente a Roma, che Traiano non riuscì a vedere prima di morire.
Traiano proseguì con il suo esercito fino al confine con l'Armenia dove ricevette l'omaggio di molti re e principi. Partamasire che i Parti avevano posto sul trono d'Armenia scrisse lettere di sottomissione a Traiano che gli inviò un suo delegato per concludere eventuali accordi, in seguito fu convocato da Traiano e deposto. Tentò di recuperare il trono con le armi ma morì in guerra e Traiano fece dell'Armenia una provincia dell'impero.

Anno 114
Papa Alessandro
Imperatore Traiano
Consoli: Quinto Nonnio Hasta e Publio Manilio Vopisco
Molti autori antichi scrissero della vita e delle gesta di Traiano ma non ci è pervenuto che il compendio dell'opera di Dione Cassio composto da Xifilino che tratta l'argomento in modo sommario e senza precisi riferimenti cronologici. E' certo che in quest'anno o nel precedente Traiano completò la conquista dell'Armenia e molti principi asiatici chiesero la pace e la sua amicizia prestando giuramento di fedeltà.
Dal panegirico di Plinio il Giovane apprendiamo che nei momenti liberi Traiano amava cavalcare, cacciare e remare. Come i suoi soldati marciava a piedi e a piedi guadava i fiumi.
Probabilmente in quest'anno conquistò l'Assiria ma Muratori protende a pensare che questo evento avvenne più tardi.

Anno 115
Papa Alessandro
Imperatore Traiano
Consoli: Lucio Vipsanio Messale, Marco Vergiliano Pedone
Traiano conquistò le città di Nisibi, Singara e Barne in Mesopotamia, e iniziò la penetrazione nel paese dei Parti. Alcuni autori collocano in questo anno la dedicazione della Basilica Ulpia a Roma.
Meboraspe re dell'Adiabene, fingendosi amico, ottenne da Traiano un corpo di soldati per difendersi dai Parti ma tradì e fece prigionieri quei soldati facendone trucidare una parte. Traiano liberò i prigionieri e uccise il traditore.
Completata la campagna in Mesopotamia, Traiano portò l'esercito a svernare in Antiochia ma poco dopo, il 23 dicembre, la città fu colpita da un tremendo terremoto. Numerosissime persone finirono schiacciate dalle macerie o furono gravemente ferite. Lo stesso Traiano rischiò di essere travolto nel crollo di un palazzo e si disse che fu salvato da un essere di statura sovrumana.
Tra le vittime fu anche il console Pedone.

Anno 116
Papa Alessandro
Imperatore Traiano
Consoli: Lucio Elio Lamia e Eliano Vetere
Per penetrare nel territorio dei Parti era necessario superare il Tigri che era ben guardato dai nemici. Dopo aver esaminato e abbandonato il progetto di costruire un canale per disporre di un percorso alternativo, Traiano fece costruire un'enorme quantità di barche che furono trasportate da molto lontano perché sulle sponde del fiume non crescevano alberi. Con una parte di queste barche si formò un ponte e i Parti, stupefatti dalle dimensioni dell'esercito nemico, presero la fuga lasciando incustodite le rive del Tigri.
L'esercito romano, superato il fiume, occupò l'Adiabene, conquistò Arbela e Gaugamela, Ninive, Susa e Babilonia mentre i Parti, ostacolati da loro disordini interni, non opponevano resistenza. A Ctesifonte i Romani razziarono un grande bottino e fecero prigioniera una figlia del re Cosroe, quindi continuarono a procedere fino a raggiungere la costa dell'Oceano, dove si fermarono per svernare.
Quando giunsero a Roma notizie delle vittorie di Traiano, il senato gli attribuì il cognome di Partico e gli tributò vari onori tra cui un arco trionfale.
Traiano fece due province dell'Assiria e della Mesopotamia, vagheggiò di raggiungere l'India ma accantonò prudentemente il progetto. Ordinò la costruzione del porto di Ancona, città in cui gli fu dedicato un arco (tuttora esistente).
In questo periodo i Giudei della Libia e dell'Egitto insorsero contro i Gentili provocando migliaia di vittime soprattutto in Alessandria e in Cirene.

Anno 117
Papa Sisto
Imperatore Adriano
Consoli: Quinzio Nigro e Gaio Vipsanio Arroniano
Morì martire in quest'anno il papa Alessandro I e fu eletto Sisto I. Traiano volle navigare nel Golfo Persico e visitò il luogo dove si credeva fosse morto Alessandro Magno al quale rese onori funebri. Gli fu comunicato che i Parti si erano ribellati e avevano ripreso tutte le terre conquistate in Persia e in Mesopotamia. Traiano inviò Massimo e Lucio Quieto, il primo perse la vita, il secondo conquistò Nisibi e Edessa.
Ericio Claro e Giulio Alessandro conquistarono e saccheggiarono Seleucia. Resosi conto che non sarebbe riuscito a mantenere il controllo su quei Paesi, Traiano scelse tra i Parti un certo Partamaspare e lo nominò re.
Passò nell'Arabia Petrea ma non riuscì a prendere la capitale Atra e procedette verso l'Arabia Felice.
Intanto i Giudei continuavano a ribellarsi in Mesopotamia, Egitto e Cipro. Lucio Quieto, inviato in Mesopotamia fece strage dei Giudei ribelli.
Traiano si propose di tornare in Mesopotamia ma ammalatosi, forse colpito da un attacco di apoplessia, decise di tornare in Italia. Giunto a Antiochia in Siria vi lasciò il cugino Elio Adriano nominandolo governatore e affidandogli l'esercito. Giunto in Selinunte di Cilicia vi morì all'età di sessantuno anni (per alcuni di sessantatre anni).
Lasciò grandi opere a Roma e in altre città dell'impero, riorganizzo il servizio postale istituito da Augusto. Non esente da difetti, a volte esagerava nel bere e fu molto libidinoso ma senza mai fare violenza per questo. Fu particolarmente sollecito verso le popolazioni colpite da terremoti e da altri eventi catastrofici.
Protesse letterati e intellettuali come Cornelio Tacito, Plinio il Giovane e Frontino.
La vedova Plotina tenne segreta la morte di Traiano finché non fu sicura la successione di Publio Elio Adriano. Secondo alcuni Traiano avrebbe preferito altri successori perché non stimava particolarmente Adriano, secondo altri, invece, aveva da tempo progettato di adottarlo come fece ormai in fin di vita. L'artefice della nomina di Adriano fu in realtà Plotina che, secondo Dione, era innamorata di Adriano.
Adriano fu informato il 9 agosto di essere stato adottato e l'11 agosto gli arrivò la notizia della morte di Traiano. Nessuno si oppose alla successione, del resto sarebbe stato pericoloso ostacolare Adriano che aveva il comando dell'intero esercito.
Plotina e altri parenti portarono a Roma le ceneri di Traiano mentre Adriano si tratteneva ad Antiochia per completare quanto stava svolgendo. A Roma le ceneri, trasportate con un carro trionfale, vennero collocate in un'urna d'oro sotto la Colonna Traiana. Per ordine di Adriano furono tributati a Traiano tutti gli onori e gli furono dedicati templi e sacerdoti.

Anno 118
Papa Sisto
Imperatore Adriano
Consoli: Elio Adriano Augusto e Tiberio Claudio Fosco Alessandro
Adriano era nato il 24 gennaio del 76. Sposò Giulia Sabina figlia di Matidia Augusta a sua volta figlia di Marciana Augusta sorella di Traiano.
Il rapporto di Adriano con Traiano si era rovinato a causa della giovanile prodigalità di Adriano, si era poi ricomposto ma Traiano rimase sempre scettico nei suoi confronti e non lo nominò mai suo successore.
Adriano era molto brillante, intelligente e dotato di ottima memoria, conosceva il greco e scriveva in prosa e in versi, era molto colto e desideroso di apprendere sempre nuove nozioni, dipingeva, scolpiva e suonava diversi strumenti. Nei suoi studi era coordinato da Lucio Giunio Vestino, suo segretario e sopraintendente alle biblioteche di Roma. Alla corte di Adriano si trovavano filosofi, artisti e intellettuali. Tra tante doti aveva il difetto dell'invidia nei confronti di chi dimostrava di sapere più di lui e nei confronti dei successi di Traiano.
Quando fu nominato imperatore, Adriano si trovava in Antiochia e volle rimanervi per riordinare le cose in quelle province. Traiano aveva conquistato Mesopotamia, Assiria e Armenia ma Adriano dubitava di poter mantenere il controllo di quelle province così lontane. Cedette Assiria e Mesopotamia a Cosroe re dei Parti e depose Partamaspare che era stato nominato re dei Parti da Traiano.
Creò due prefetti del pretorio, Celio Taziano e Simile. Simile accettò con difficoltà la carica e dopo due anni chiese il congedo per ritirarsi in Campania. Taziano propose ad Adriano di eliminare Bebio Macro prefetto di Roma, Laberio Massimo e Crasso Frugi, personaggi sospettati di essere agitatori ma Adriano non volle iniziare il suo regno con atti di violenza.
Sollevò dai suoi incarichi un ufficiale di nome Lusio Quieto, sospettato di mirare all'impero, mandò Marzio Turbone a sedare un tumulto in Mauritania e affidò il governo della Siria a Catilio Severo.
Giunto a Roma rifiutò il trionfo che il senato gli aveva decretato e volle che fosse invece tributato a Traiano. Iniziò a governare mostrandosi benevolo e generoso, elargì regalie e rimise debiti fiscali delle province e dei privati.
Prese i titoli di Germanico, Dacico e Partico ma rifiutò quello di padre della patria.

Anno 119
Papa Sisto
Imperatore Adriano
Consoli: Elio Adriano Augusto e Quinto Giunio Rustico
Adriano offrì spesso giochi come i combattimenti tra gladiatori e le cacce agli animali feroci. Proibì che donne e uomini entrassero contemporaneamente nei bagni, riorganizzò le poste ed aumentò gli alimenti agli orfani poveri istituiti da Nerva e Traiano, istituì delle pensioni per i senatori meno abbienti e per le nobili donne prive di mezzi.
In quest'anno visitò Gerusalemme per sedare i tumulti dei Giudei: atterrò il tempio e costruì un teatro e altri edifici, cambiò in Elia il nome di Gerusalemme. Queste informazioni sono incerte perché le fonti non concordano sulle date e la distruzione del tempio risale alla guerra di Tito. Pare anzi che questo viaggio non avvenne e che sotto Adriano fu combattuta una sola guerra per mezzo dei generali.

Anno 120
Papa Sisto
Imperatore Adriano
Consoli: Lucio Catilio Severo, Tito Aurelio Fulvo(=Antonino Pio)
Sarmati e Rossolani si arruolarono contro l'impero romano. Contro di loro Adriano mandò l'impero, quindi si portò personalmente nella Mesia fermandosi al Danubio. Quando la cavalleria romana passò a nuoto il Danubio i barbari ne furono terrorizzati e trattarono la pace. I Rossolani protestavano per la diminuzione di un sussidio che erano soliti ricevere dai Romani e ne chiedevano il ripristino. Adriano, che odiava la guerra, li accontentò.
Adriano nominò governatore della Pannonia e della Dacia Marzio Turbone, già governatore della Mauritania. In questo anno fondò in Mesia la città di Adrianopoli. Sparziano e Dione, pur non concordando nei particolari, narrano di una congiura per uccidere Adriano organizzata da Domizio Negrino, Cornelio Palma, Lucio Publicio Celso e Lusio Quieto. I quattro furono scoperti e fuggirono ma furono trovati e uccisi in varie località. Nella sua autobiografia (perduta) l'imperatore sosteneva di non aver dato l'ordine di ucciderli. Anche in altri casi Adriano emanò condanne a morte tra cui quella di Apollodoro Damasceno, sempre attestando di non esserne responsabile.
Apollodoro era un famoso architetto che aveva già realizzato molte magnifiche opere in Roma e nell'impero, ma quando osò contraddire Adriano che si riteneva esperto di architettura, fu mandato in esilio. In seguito Adriano, che aveva realizzato un nuovo tempio di Venere a Roma gli spedì un disegno chiedendogli di giudicare l'opera, Apollodoro rispose criticando vari difetti dell'edificio e poco dopo venne eliminato.
In quest'anno un terremoto distrusse Nicomedia e danneggiò molte città vicine. Adriano inviò grosse somme in aiuto ai terremotati.

Anno 121
Papa Sisto
Imperatore Adriano
Consoli: Lucio Annio Vero e Aurelio Augurino
Adriano era di indole volubile, Muratori dice che era di "costante incostanza". Di solito mite e benevolo passava a volte dall'amore all'odio.
Celio Taziano, che proprio da Adriano era stato nominato prefetto del pretorio, era stato suo tutore e lo aveva aiutato a salire al trono ma in quest'anno gli venne in odio per la sua vanità. Evitò di eliminarlo con la violenza ma gli fece capire quanto fosse per lui opportuno dimettersi. Una volta deposto lo nominò senatore e lo sostituì con Marzio Turbone appositamente richiamato dalla Pannonia.
Si congedò anche l'altro prefetto Simile e prese il suo posto Setticio Claro.
Assisteva alle cause private, accettava gli inviti e andava spesso a trovare gli amici malati. Aiutava spesso chi aveva bisogno ed aveva sempre molti amici alla sua tavola.
Tributò molti onori a sua suocera Matidia Augusta e a Plotina Augusta vedova di Traiano.
Modestia, clemenza e sollecitudine gli procurarono l'affetto della popolazione ed era molto apprezzato per la sua politica che evitava le guerre.
Nel 120 o 121 Adriano intraprese una lunga serie di viaggi fuori dall'Italia.

Anno 122
Papa Sisto
Imperatore Adriano
Consoli: Manio Acilio Aviola e Gaio Corellio Pansa
Il viaggio di Adriano lo portò ad attraversare la Gallia e di qui passò alla Germania dove erano stanziate molte legioni per far fronte a eventuali attacchi dei Germani. Adriano dedicò molta attenzione alle milizie, alle macchine e alle fortificazioni. Premiò chi lo meritava ed eliminò molti abusi ripristinando la disciplina.
Dalla Germania passò alla Britannia. Poiché la parte settentrionale dell'isola non era sotto il dominio dei Romani, Adriano fece costruire un muro lungo ottanta miglia per proteggere il confine.
Adriano fu informato che la moglie Sabina trattava con eccessiva confidenza il segretario Svetonio Tranquillo e il prefetto del pretorio Setticio Claro e sollevò i due funzionari dai loro incarichi.
Quando venne a sapere che tra le città d'Egitto erano sorte ostilità, ripartì dalla Britannia, sostò a Nimes in Provenza dove fece costruire una basilica in onore di Plotina Augusta e quindi passò in Spagna per svernare a Tarragona.

Anno 123
Papa Sisto
Imperatore Adriano
Consoli: Quinto Arrio Petino e Lucio Venuleio Aproniano
Adriano passò l'inverno in Tarragona dove incorse in un pericolo imprevedibile: fu aggredito da un servo impazzito mentre passeggiava in un giardino, sopraffece l'aggressore e lo fece curare senza punirlo.
Riparò a sue spese il tempio di Augusto, incontrò difficoltà ordinando una leva ma riuscì a superare l'ostacolo con le sue capacità dialettiche. Riuscì a risolvere anche qualche disordine che andava formandosi in Mauretania. Trattando con diplomazia il re dei Parti riuscì ad evitare una guerra.

Anno 124
Papa Sisto
Imperatore Adriano
Consoli: Manio Acilio Glabrione e Gaio Bellicio Torquato
Ricostruendo i movimenti di Adriano, nonostante la perdita dell'autobiografia dell'imperatore, si ritiene che in quest'anno visitasse la Grecia.
Il fiume Cefiso straripò inondando Eleusi, Adriano fece costruire un ponte su quel fiume e nuovi argini per evitare ulteriori inondazioni. Passò quindi a visitare Bitinia, Macedonia, Cappadocia, Cilicia, Frigia, Panfilia, Licia, Armenia e altri paesi dell'Asia. Ovunque portò benefici, costruì acquedotti, porti, templi, teatri e altri edifici.
Tornato a Atene vi trascorse l'inverno e volle essere presidente dei pubblici giochi e dei combattimenti che vi si tenevano.

Anno 125
Papa Sisto
Imperatore Adriano
Consoli Publio Cornelio Scipione Asiatico, Quinto Vettio Aquilino
Durante il suo soggiorno in Atene, Adriano volle assistere alle feste di Cerere che si celebravano in Eleusi e volle essere iniziato ai misteri. Da Atene passò in Sicilia dove erogò altri benefici e volle visitare il monte Etna per assistere alla nascita del sole.

Anno 126
Papa Sisto
Imperatore Adriano
Consoli: Marco Annio Vero e Eggio Ambibulo
Il console Annio Vero era parente di Marco Aurelio. Adriano tornò a Roma, forse per celebrare il suo decimo anno di regno. Ripartì qualche tempo dopo per completare il suo progetto di visitare tutte le province dell'impero e passò in Africa. Anche qui elargì regalie e benefici tanto da meritare l'appellativo di Ristoratore dell'Africa inciso sulle monete. Visitate le province di Africa, Mauretania e Libia tornò a Roma per trascorrervi l'inverno.

Anno 127
Papa Telesforo
Imperatore Adriano
Consoli: Tiziano e Gallicano
Morì martire il papa Sisto che fu sostituito da Telesforo. Adriano tornò a visitare la Grecia e festeggiò in Atene il completamento delle nuove costruzioni che aveva ordinato in precedenza. Amava soggiornare in Atene e trascorrere del tempo in compagnia degli eruditi e filosofi della Scuola di Atene. Conobbe ed apprezzò Epitteto e Favorino. Con quest'ultimo ebbe a volte a discutere e Favorino, saggiamente, si dava per vinto. Agli amici che lo criticavano per questo il filosofo rispondeva che non pretendeva di essere più colto "di uno che ha trenta legioni al suo comando".
Adriano scrisse vari libri che pubblicò sotto i nomi dei suoi liberti.

Anno 128
Papa Telesforo
Imperatore Adriano
Consoli: Lucio Nonio Asprenate Torquato e Marco Antonio Libone
Il console Annio Libone era zio paterno del futuro imperatore Marco Aurelio.
Adriano ripassò in Asia per controllare la realizzazione delle opere che aveva ordinato e consacrò diversi templi. Scambiò doni con i re e i principi di quelle regioni. Fu particolarmente generoso con Farasmane re dell'Iberia che in un primo momento aveva rifiutato di incontrarlo. Rimandò a Cosroe re dei Parti la figlia fatta prigioniera da Traiano, punì gli ufficiali che nelle province asiatiche avevano abusato della loro autorità.
In Siria fu in lite con il popolo di Antiochia per motivi sconosciuti. Separò la Fenicia dalla provincia di Siria per diminuire l'importanza di Antiochia come capitale. Visitò un famoso tempio di Giove sul monte Caso, quindi passò in Egitto.

Anno 129
Papa Telesforo
Imperatore Adriano
Consoli: Quinto Giulio Balbo e Publio Giuvenzio Celso
Il console Celso fu un famoso giureconsulto.
Adriano visitò l'Egitto, passò in Arabia e tornò a Pelusio dove fece ricostruire il sepolcro di Pompeo. Navigando sul Nilo perse la vita Antinoo, il giovane e bellissimo favorito di Adriano. Secondo alcuni il giovane fu sacrificato in un rituale blasfemo dall'imperatore. Sparziano attesta che Adriano pianse amaramente Antinoo il quale fu deificato ed ebbe statue e templi in tutto l'impero. Infine Adriano fondò una città nel luogo della sepoltura di Antinoo e la chiamò Antinopoli.

Anno 130
Papa Telesforo
Imperatore Adriano
Consoli: Quinto Fabio Catullino e Marco Flavio Aspro
In Giudea nel 128 si era verificata un'insurrezione contro un editto che proibiva la circoncisione e la situazione rimase a lungo tesa. Nel 130 Adriano fece ricostruire Gerusalemme e in seguito ne cambiò il nome in Elia Capitolina.

Anno 131
Papa Telesforo
Imperatore Adriano
Consoli: Servio Ottavio Lenate Ponziano e Marco Antonio Rufino
Fu completato in Roma un nuovo tempio di Venere e venne dedicato in quest'anno. Si trattava di uno splendido edificio con grandi quantità di marmo e tegole di bronzo che furono riutilizzate per la basilica di San Pietro sotto il papa Onorio I.
Fu pubblicato un editto perpetuo composto dal giureconsulto Salvio Giuliano consigliere di Adriano. Si trattava di una grande raccolta di leggi ed editti che doveva servire ad uniformare l'attività giudiziaria in tutti i tribunali dell'impero.
Adriano lasciò l'Egitto e, attraverso le province di Siria e Asia, tornò in Atene dove trascorse l'inverno.

Anno 132
Papa Telesforo
Imperatore Adriano
Consoli: Sentio Augurino e Arrio Severiano.
Adriano celebrò in Atene il compimento del suo quindicesimo anno di impero. Visitò ancora il santuario di Eleusi, offrì sontuosi giochi e fondò una delle più belle e ricche biblioteche.
Intanto i Giudei preparavano una grande rivolta a causa di un tempio di Giove che era stato costruito a Gerusalemme. Fortificarono diversi siti, scavarono gallerie, predisposero armamenti, propagandarono la ribellione presso le popolazioni confinanti. Quando Adriano si fu molto allontanato dal loro paese cominciarono a disubbidire al magistrati romani.

Anno 133
Papa Telesforo
Imperatore Adriano
Consoli: Marco Antonio Ibero e Nummio Sisena
Adriano continuò a visitare le province dell'impero rendendosi molto popolare con le sue realizzazioni e ricoprendo varie cariche nelle città che visitava.
La tensione continuava a crescere in Giudea e nelle varie comunità ebraiche sparse nell'impero, perciò Adriano decise di intervenire, mandò rinforzi a Tenio Rufo governatore della Giudea e fece in modo che le milizie si concentrassero nella regione.
I Giudei saccheggiarono la Palestina, li comandava un certo Cochebas o Barcochebas il quale tentò senza successo di far proseliti anche tra i cristiani e sfogò nei modi più orribili la sua crudeltà fino all'arrivo degli eserciti romani.

Anno 134
Papa Telesforo
Imperatore Adriano
Consoli: Gaio Giulio Serviano e Gaio Vibio Varo
Il console Serviano era marito di Paolina sorella di Adriano. Terminò in quest'anno la guerra contro i Giudei iniziata l'anno precedente. Scrive Dione che Giulio Severo, generale di Adriano, evitò sempre di affrontare i Giudei in battaglia campale ma li sconfisse tramite una serie di assalti separati e impedendo loro di ricevere viveri. Ancora Dione parla di cinquecentoottantamila morti giudei e racconta che quasi tutta la Palestina fu trasformata in deserto, ma anche i Romani subirono fortissime perdite. Un editto di Adriano proibiva ai Giudei di entrare in Gerusalemme ma non fu rispettato sotto i successori di Adriano.
Giulio Severo fu premiato con il governo della Bitinia, carica che sostenne in modo encomiabile. Gli Alani comandati dal loro re Farasmane saccheggiarono la Media e l'Armenia. Soggiornando ancora in Atene Adriano dedicò il tempio di Giove Olimpio e celebrò con grande magnificenza la festa di Bacco. Tornò quindi finalmente in Italia.

Anno 135
Papa Telesforo
Imperatore Adriano
Consoli: Ponziano e Attiliano
Rientrato a Roma, Adriano offrì nuovi spettacoli, emanò nuove norme fra cui il divieto di uccidere gli schiavi senza averli processati e respinse le eredità lasciategli da persone che non conosceva. Diversamente dai suoi predecessori non concesse alcuna autorità ai suoi liberti. Con grande moderazione non volle che il suo nome fosse scritto sulle numerose fabbriche da lui volute. Ricostruì il Pantheon, lo steccato del Campo Marzio, la Basilica di Nettuno, la piazza d'Augusto, il bagno di Agrippa, sempre facendo scrivere non il suo nome ma quello dell'originale fondatore di ogni opera. Fabbricò il ponte poi chiamato di Sant'Angelo e il suo sepolcro detto in seguito Castel Sant'Angelo.

Anno 136
Papa Telesforo
Imperatore Adriano
Consoli: Lucio Ceionio Commodo Vero e Sesto Vetulano Civica Pompeiano
Il console Lucio Ceionio è quello che fu adottato da Adriano che lo indicò come suo successore nominandolo cesare. Una volta adottato prese il nome di Lucio Elio Commodo. Probabilmente Adriano designò il successore perché la sua salute stava venendo meno.

Anno 137
Papa Telesforo
Imperatore Adriano
Consoli: Lucio Elio Cesare e Lucio Celio Balbino Vibulio Pio.
Se la salute di Adriano si faceva instabile, non migliore era quella del figlio adottivo Lucio Elio, tanto che Adriano avrebbe predetto più volte che sarebbe morto prima di lui. Consigliato dai medici, l'imperatore si ritirò nella sua villa di Tivoli e affidò a Lucio Elio il governo della Pannonia (ma quest'ultima notizia sembra inattendibile per motivi di cronologia).
A Tivoli Adriano fece costruire palazzi ed altri edifici ispirati a quelli visti in Grecia (Accademia, Liceo, Pritaneo, ecc.) dotandoli di gallerie di statue e pitture.

Anno 138
Papa Igino
Imperatore Antonino Pio
Consoli: Camerino e Nigro
Pur non avendo Adriano pubblicato editti contro i cristiani, durante il suo regno molti subirono il martirio per effetto di leggi precedenti, tra questi fu il papa Telesforo al quale succedette Igino.
Anche Lucio Elio Cesare morì in quest'anno, lasciò un figlio di nome Lucio Ceionio Commodo.
Adriano scelse di adottare Tito Aurelio Fulvio Boionio Antonino con la condizione che a sua volta adottasse Marco Aurelio Vero, figlio di Annio Vero fratello di Sabina Augusta moglie di Adriano e Lucio Ceionio Commodo figlio di Lucio Elio Cesare. Il 25 febbraio Adriano adottò Antonino e lo nominò cesare e suo collega nella podestà tribunizia e nel comando proconsolare. Questa decisione non piacque a quei senatori che nutrivano alte ambizioni personali, in particolare al prefetto di Roma Catilio Severo che dovette manifestare il proprio malcontento tanto che Adriano lo privò della carica.
Forse per effetto della sua malattia e dell'età, durante i suoi ultimi tempi Adriano si fece crudele. Fece morire il cognato Serviano e il nipote Fosco sospettati di aspirare all'impero. Secondo Sparziano Adriano fece morire anche altre persone tra cui sua moglie Sabina.
Tormentato dall'idropisia Adriano perse la volontà di vivere e arrivò a chiedere a medici e servi a aiutarlo a morire. Ne fu informato Antonino che da allora lo fece sorvegliare e gli fece credere che segnali sovrannaturali annunciavano la sua guarigione. In un momento di temporaneo sollievo volle essere trasportato a Baia ma qui morì il 10 luglio all'età di sessantadue anni. Secondo Sparziano fu sepolto a Pozzuoli nella villa di Cicerone dove fu costruito un tempio in suo onore ma Capitolino attesta che le spoglie di Adriano furono riportate a Roma e riposte nel suo mausoleo.
Muratori vuole concludere il racconto della vita di Adriano ricordandolo come imperatore letterato, durante il cui regno fiorirono filosofi come Favorino e Epitteto e scrittori come Svetonio e Plutarco.

Anno 139
Papa Igino
Imperatore Antonino Pio
Consoli: Tito Elio Adriano Antonino Augusto e Gaio Bruttio Presente.
Antonino depose il consolato e fu sostituito da Aulo Giunio Rufino, ebbe quindi i titoli di imperatore, augusto e pontefice massimo. Il suo primo nome fu Tito Aurelio Fulvio, apparteneva alla famiglia Aurelia originaria della Gallia, il padre era stato due volte console, il nonno tre. Sua madre Arria Fadilla era figlia di Arrio Antonino, consolare e senatore illustre. Nacque a Lanuvio nell'89, nel 120 ebbe il primo consolato. Di bella presenza ed ingegno penetrante, ebbe vasta cultura. Fu proconsole in Asia e poi membro del consiglio di Adriano sempre dimostrandosi saggio e moderato.
Molti senatori erano offesi dalla crudeltà dimostrata da Adriano negli ultimi tempi e minacciavano di annullare tutti i suoi atti ma Antonino li convinse a tributare gli onori divini al defunto. Distribuì alle milizie e al popolo i regali promessi dal padre e in breve guadagnò la stima e la fiducia del senato che gli assegnò il titolo di Pio e quello di padre della patria mentre la moglie Anna Galeria Faustina ebbe quello di augusta. Antonino ottenne dal grazia per le persone condannate o esiliate da Adriano, confermò le cariche conferite dal predecessore e confermò per diversi anni i governatori provinciali che lo meritavano.
Ebbe da Faustina due figli: Marco Aurelio Fulvo Antonino e Marco Galerio Aurelio Antonino, entrambi morirono giovani. Morì anche la figlia maggiore e gli rimase la seconda, Annia Faustina. Adriano aveva disposto che questa sposasse Lucio Vero ma Antonino preferì darla a Marco Aurelio il quale dovette annullare il matrimonio già contratto con Fabia figlia di Lucio Ceionio Commodo. Marco Aurelio ebbe il titolo di cesare e fu designato console per l'anno seguente.

Anno 140
Papa Igino
Imperatore Antonino Pio
Consoli: Tito Elio Adriano Antonino Pio Augusto e Marco Aurelio Vero Cesare
Da Capitolino, da Dione e dagli scritti di Marco Aurelio si ricava una descrizione di Antonino Pio. Era alto e di bell'aspetto, volto maestoso e insieme dolce, con bella voce, allegro senza eccessi. Fu liberale e buon amministratore dei suoi beni, amava la campagna, la caccia, la pesca e in città gli spettacoli. Anche da imperatore rimase moderato nel mangiare e nel vestire. Lavoratore indefesso, difendeva la repubblica, rimediava a disordini e bisogni e faceva sempre del bene in modo disinteressato.
Tornando al racconto degli eventi, si ricorda in quest'anno una grande inondazione del Tevere in Roma. Lollio Urbico, legato di Antonino, riportò una vittoria sui Britanni e fu costruito un altro muro più avanzato di quello di Adriano.

Anno 141
Papa Igino
Imperatore Antonino Pio
Consoli: Marco Peduceo Siloga Prisciano e Tito Hoenno Severo
Morì Anna Galeria Faustina moglie di Antonino e fu divinizzata, ma sembra fosse stata infedele.
Morì anche il prefetto del pretorio Tazio Massimo e venne sostituito da Fabio Repentino e Cornelio Vittorino.

Anno 142
Papa Pio
Imperatore Antonino Pio
Consoli: Lucio Crespio Rufino e Lucio Stazio Quadrato
Anche sotto Antonino Pio continuò la persecuzione dei cristiani per effetto di decreti precedenti. Morì martire il papa Igino e fu eletto Pio. San Giustino presentò all'imperatore un'apologia in favore dei cristiani che, insieme ad alcune testimonianze dei governatori delle province orientali, indusse Antonino a ordinare che nessuno venisse più condannato solamente perché cristiano.
Capitolino parla di due congiure tramate contro Antonino, quella di Attilio Taziano e quella di Prisciano. Il primo fu punito con il solo esilio, il secondo si uccise prima di essere giudicato. Durante il regno di Antonino soltanto un uomo colpevole di parricidio venne condannato e fu abbandonato su un'isola deserta.

Anno 143
Papa Pio
Imperatore Antonino Pio
Consoli: Gaio Bellicio Torquato e Tiberio Claudio Attico Erode
Il console Erode Attico fu un personaggio famoso di cui parlavano Aulo Gellio e Filostrato. Si raccontava che il padre aveva trovato un grande tesoro che l'imperatore Nerva lo aveva autorizzato a sfruttare ed era divenuto molto ricco. Erode Attico diventò ancora più ricco e fu famoso per la generosità con cui aiutava le persone bisognose. Ottimo oratore, fu governatore di varie province e fu precettore di Marco Aurelio e Lucio Vero, figli adottivi di Antonino Pio.

Anno 144
Papa Pio
Imperatore Antonino Pio
Consoli Publio Lolliano Avito e Massimo
Si diffusero in questi tempi le eresie di Valentino, Cerdone e Marcione.
Antonino Pio vietò di leggere le opere di Cicerone sulla natura degli dei e sulla divinazione perché contrari alla religione ufficiale ma la notizia non è del tutto certa.

Anno 145
Papa Pio
Imperatore Antonino Pio
Consoli: Tito Elio Aurelio Vero Antonino Pio Augusto e Marco Aurelio Vero Cesare
Compiuti quindici anni, Lucio Vero prese la toga virile. Antonino dedicò il tempio di Augusto da lui restaurato. Lasciò memoria del suo regno con molte opere realizzate o restaurate come il tempio di Adriano, la grecostasi da lui ricostruita dopo un incendio, l'anfiteatro di Tito, il sepolcro di Adriano, il tempio di Agrippa, il ponte Sublicio e altre. Sistemò i porti di Gaeta e Terracina, le terme di Ostia, l'acquedotto di Anzio e il tempio di Lanuvio. Pausania cita altri edifici costruiti in Grecia per ordine di Antonino Pio
Anno 146
Papa Pio
Imperatore Antonino Pio
Consoli: Sesto Eructo Claro e Gneo Claudio Severo.
Il regno di Antonino Pio portò un periodo di tranquillità, l'imperatore era amato per la sua modestia, la sua affidabilità e la sua dedizione agli amici. Rispettava il senato al quale sottoponeva tutte le sue azioni e decisioni.
Muratori riporta alcuni aneddoti per dimostrare la semplicità e l'eleganza di Antonino riprendendoli da Capitolino, Filostrato ed altre fonti.

Anno 147
Papa Pio
Imperatore Antonino Pio
Consoli: Largo e Messalino
Antonino Pio volle onorare Marco Aurelio, suo figlio adottivo e genero, conferendogli la podestà tribunizia, l'impero proconsolare fuori Roma e il diritto di accedere alle riunioni del senato. Pur amando anche l'altro figlio adottivo Lucio Commodo, Antonino non gli conferì titoli e dignità perché ne conosceva limiti e difetti.
In quest'anno Antonino Pio condonò tutti i debiti verso il fisco. Ricorrendo il novecentesimo anniversario della fondazione di Roma, furono celebrati i ludi secolari.


Anno 148
Papa Pio
Imperatore Antonino Pio
Consoli Lucio Torquato e Salvio Giuliano
Si celebrò in Roma il decimo anniversario dell'impero di Antonino Pio<.
San Giustino presentò ad Antonino Pio la sua prima apologia in difesa della religione cristiana.

Anno 149
Papa Pio
Imperatore Antonino Pio
Consoli Servio Scipione Orfito e Quinto Nonio Prisco
Una regalia al popolo da parte dell'imperatore ha fatto presumere che si celebrasse il decennale del titolo di cesare conferito a Marco Aurelio

Anno 150
Papa Aniceto
Imperatore Antonino Pio
Consoli Gallicano e Vetere
Morì martire papa Pio e fu eletto Aniceto. Antonino Pio ordinò agli esattori fiscali delle province di svolgere il loro compito senza eccessi di rigore e concesse spesso esenzioni fiscali alle province colpite da carestia, terremoti e altri disastri naturali.
Seguì con grande attenzione anche l'amministrazione della giustizia e compose i suoi editti con l'aiuto di famosi giuristi.
Onorò i filosofi e i maestri di eloquenza e in molti modi meritò l'attributo di principe ottimo che gli fu conferito.

Anno 151
Papa Aniceto
Imperatore Antonino Pio
Consoli Sesto Quintilio Caudiano e Sesto Quintilio Massimo
Fu un anno di carestia ma Antonino Pio soccorse la popolazione con abbondanti approvvigionamenti che acquistò a sue spese e distribuì gratuitamente. Attento all'impiego delle risorse statali, revocò o diminuì molte pensioni che Adriano aveva concesso a chi non le meritava.
Quando voleva erogare un donativo all'esercito lo finanziava mettendo all'asta ornamenti del palazzo e oggetti preziosi. Non accettò mai lasciti da chi aveva figli ed abolì la legge che obbligava chi faceva testamento a lasciare all'erario parte dell'eredità.

Anno 152
Papa Aniceto
Imperatore Antonino Pio
Consoli Marco Acilio Glabrione e Marco Valerio Omulo.
Una lettera di Antonino Pio a varie città dell'Asia ordinava di non perseguire i cristiani per la loro religione e di processarli solo quando commettevano crimini comuni.
Un terremoto distrusse città dell'Asia e dell'isola di Rodi, un grande incendio distrusse a Roma centinaia di edifici, analogo disastro colpì Narbona, Antiochia e Cartagine. In tutte queste circostanze Antonino dimostrò la propria generosità nel soccorrere le popolazioni colpite.

Anno 153
Papa Aniceto
Imperatore Antonino Pio
Consoli Gaio Bruttio Presente e Aulo Giunio Rufino
Antonino non andò mai personalmente in guerra ma ne condusse alcune tramite i suoi generali, come quella in Britannia vinta da Lollio Paolino.
Capitolino parla di numerosi interventi militari sotto Antonino mentre Aurelio Vittore (meno credibilmente) afferma che Antonino governò per ventitre anni senza guerra.

Anno 154
Papa Aniceto
Imperatore Antonino Pio
Consoli Lucio Elio Aurelio Commodo e Tito Sestio Laterano
Il console Lucio Elio Aurelio Commodo era il figlio adottivo di Antonino Pio, era stato educato dai migliori maestri disponibili ai quali era legato da forte amicizia, aveva imparato a comporre versi e orazioni. Più tardi fu imperatore con il nome di Lucio Vero.

Anno 155
Papa Aniceto
Imperatore Antonino Pio
Consoli Gaio Giulio Severo e Marco Giunio Rufino Sabiniano
Una medaglia di quest'anno raffigura la Britannia come una donna triste seduta vicino a una rupe. Forse la medaglia alludeva a disordini avvenuti in Britannia e sedati dalle armi romane.

Anno 156
Papa Aniceto
Imperatore Antonino Pio
Consoli Marco Ceionio Silvano e Gaio Serio Augurino
Antonino celebrò il ventesimo anniversario del suo impero.

Anno 157
Papa Aniceto
Imperatore Antonino Pio
Consoli Barbaro e Regolo
Im una medaglia di questo anno ad Antonino veniva dato il titolo di Romolo Augusto.

Anno 158
Papa Aniceto
Imperatore Antonino Pio
Consoli Tertullo e Claudio Sacerdote
Antonino Pio erogò al popolo un nuovo congiario (distribuzione di olio e di vino), l'ottavo del suo governo.

Anno 159
Papa Aniceto
Imperatore Antonino Pio
Consoli Plautio Quintilio e Stazio Prisco
Antonino Pio festeggiò il ventennale di impero augustale e dedicò il tempio di Augusto dopo averlo restaurato.
Convocato da papa Aniceto, si tenne in Roma un concilio al quale intervenne San Policarpo per decidere il giorno in cui si doveva celebrare la Pasqua.

Anno 160
Papa Aniceto
Imperatore Antonino Pio
Consoli Appio Annio Atilio Bradua e Tito Clodio Vibio Varo
Ambasciate dall'Ircania, dalla Battriana e dall'India vennero a Roma per rendere omaggio a Antonino Pio. Venne a Roma Farasmane re dell'Iberia offrendo ricchi doni all'imperatore. Vologese re dei Parti mosse in armi contro l'Armenia ma bastò una lettera di Antonino Pio per farlo ritirare.

Anno 161
Papa Aniceto
Imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero
Consoli Marco Aurelio Vero Cesare e Lucio Elio Aurelio Vero Commodo
Antonino Pio morì all'età di sessantatre anni nella sua villa di Lorio, dodici miglia lontano da Roma. Spirò il 7 marzo dopo tre giorni di indisposizione.
Nel testamento lasciava alla figlia tutto il suo patrimonio privato e legati a tutta la servitù. Il suo corpo fu collocato nel Mausoleo di Adriano e gli furono decretati onori divini.
Sotto il regno di Antonino fiorirono alcuni letterati come Appiano Alessandrino, Tolomeo, Massimo Tirio ed altri di cui si son perdute le opere.
Ad Antonino successero i figli adottivi Marco Elio Aurelio Antonino detto "il filosofo" e Lucio Elio Aurelio Commodo poi detto Vero. Marco Aurelio nacque il 26 aprile 121. Adriano ne ebbe grande stima e adottando Antonino gli ordinò di adottare Marco Aurelio e Lucio Ceionio Commodo detto Lucio Aurelio Elio Vero.
Molto presto Marco Aurelio si applicò allo studio della filosofia stoica sulla quale scrisse alcuni libri. Ebbe ottimi maestri in ogni campo ma non amò occuparsi di eloquenza o di poesia preferendo studiare le leggi con il famoso giureconsulto Lucio Volusio Meciano. Giovanissimo prese a studiare la filosofia dei costumi e a praticare abitudini austere. Suoi maestri di filosofia furono Claudio Severo, Apollonio di Calcide, Sesto da Cheronea nipote di Plutarco, Giunio Rustico, Claudio Massimo, Cinna Catullo, Basilide, Arriano.
Sposò Faustina, unica figlia di Antonino Pio che in questo anno partorì due gemelli, uno dei quali era Commodo, futuro deprecatissimo imperatore.
Alla morte di Antonino il senato decretò imperatore il solo Marco Aurelio ma questi volle Lucio Elio Commodo per suo collega e gli attribì tutti i titoli spettanti agli augusti. Da quel momento i due imperatori si chiamarono Marco Aurelio Antonino e Lucio Aurelio Vero o Lucio Vero. Distribuirono regalie ai pretoriani e ai soldati, elargirono il congiario al popolo e un donativo in frumento ai fanciulli e alle fanciulle povere.

Anno 162
Papa Sotere
Imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero
Consoli Quinto Giunio Rustico e Gaio Vettio Aquilino.
Il console Rustico fu uno dei maestri di Marco Aurelio. Si ritiene che papa Aniceto subì in quest'anno il martirie e che Sotere fu suo successore. Marco Aurelio e Lucio Vero governavano insieme ma il secondo era subordinato al primo. I caratteri dei due erano molto diversi.
L'impero andò incontro a diverse disavventure: un'inondazione del Tevere recò gravi danni alla città ed al bestiame e provocò una terribile carestia ma i provvedimenti di Marco Aurelio, risolvendo molti problemi, evitarono disordini.
Germania e Britannia erano minacciate dai barbari. Furono inviati Aufidio Vittorino in Germania e Calpurnio Agricola in Britannia ma non è rimasta memoria del loro operato.
La guerra scoppiata già nell'anno precedente contro Vologese re dei Parti fu più importante. Vologese aveva coinvolto molte nazioni orientali e aveva attaccato l'Armenia. A Roma si decise di far intervenire Lucio Vero il quale ritardò la missione ammalandosi durante il viaggio. Ripresosi, continuò a procedere via mare toccando diverse città e sostando in ognuna qualche giorno, sempre in compagnia di cantori e suonatori. Giunse infine in Antiochia dove stabilì il proprio quartiere generale.

Anno 163
Papa Sotere
Imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero
Consoli Leliano e Pastore
Il governatore della Cappadocia Severiano fu incaricato di recare aiuto all'Armenia. Prima di muoversi volle consultare Alessandro, un impostore che si spacciava per profeta. Questi predisse una grande vittoria ma i Parti bloccarono l'armata romana e la massacrarono. Vologese re dei Parti passò ad attaccare la Siria che era governata da Attidio Corneliano e ottenne un'altra vittoria sui Romani.
Intanto giunse ad Antiochia, capitale della Siria, Lucio Vero ma si dedicò al lusso e al piacere preferendo mandare contro i Parti i suoi generali Stazio Prisco, Avidio Cassio e Mezzio Vero che ottennero qualche modesto vantaggio in Armenia.
In quest'anno Lucio Vero sposò Lucilla, figlia di Marco Aurelio alla quale fu conferito il titolo di Augusta. Marco Aurelio accompagnò la figlia a Efeso dove l'attendeva Lucio Vero.

Anno 164
Papa Sotere
Imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero
Consoli Marco Pompeo Macrino e Publio Juvenzio Celso
Stazio Prisco conquistò Artaxata in Armenia e Marzio Vero, nominato governatore, ne fece la capitale della provincia. Fu nominato re degli Armeni un certo Soemo della razza degli Arsacidi. Fu fatto prigioniero Tiridate satrapo che aveva causato torbidi in Armenia e commesso vari delitti ma Marco Aurelio si limitò a mandarlo in esilio in Britannia. Da parte sua Lucio Vero continuava a godere le delizie di Antiochia tenendosi lontano dai luoghi della guerra. Rimase in oriente per quattro anni durante i quali solo due volte arrivò fino all'Eufrate per mostrarsi ai soldati.

Anno 165
Papa Sotere
Imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero
Consoli Lucio Arrio Pudente e Marco Gavio Orfito
Avidio Cassio, comandante dell'armata romana, gettò un ponte sull'Eufrate, passò con l'esercito in Mesopotamia e sottomise quella regione. Conquistò tra l'altro Seleucia sul Tigri, città che contava oltre quattrocentomila abitanti.
La città si arrese senza combattere ma Avidio Cassio trovò pretesti per farla saccheggiare. Superato il Tigri, Cassio entrò in Ctesifonte, capitale dei Parti, dove spianò tutti i palazzi di Vologese, quindi entrò in Babilonia. A Zaugma, presso l'Eufrate, si combattè una grande battaglia in cui i Parti persero centinaia di migliaia di soldati. Per queste vittorie i due imperatori ebbero il titolo di Partico. In quest'anno o nel successivo, Lucio Vero rientrò a Roma.

Anno 166
Papa Sotere
Imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero
Consoli Quinto Servilio Pudente e Lucio Fufidio Pollione
Avidio Cassio continuò a procedere e arrivò alla Media. Si disse che aveva superato il fiume Indo ma probabilmente fu un'invenzione di Luciano per mettere in ridicolo le esagerazioni degli storici. Dione racconta che tornando indietro Avidio Cassio perse molti uomini per malattie e carenza di viveri. Raggiunse la Siria e ne fu nominato governatore.
Marco Aurelio aveva mandato il cugino Annio Libone come suo luogotenente, con grande autorità. Libone si ammalò e morì poco dopo e poiché aveva mostrato poca stima di Lucio Vero, si pensò che questi lo avesse avvelenato. Marco Aurelio non volle credere a questa accusa e accolse il fratello di ritorno a Roma con il suo seguito di buffoni e commedianti.

Anno 167
Papa Sotere
Imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero
Consoli Lucio Elio Aurelio Vero Augusto e Quadrato
I due imperatori celebrarono il trionfo sui Parti e sugli Armeni, Lucio Vero ebbe il consolato. Commodo e Vero, figli di Marco Aurelio furono nominati cesari e furono celebrati pubblici giochi.
Marco Aurelio si dedicava spesso ad amministrare la giustizia intervenendo personalmente in tribunale ed emanando sentenze con l'assistenza dei migliori giureconsulti. Era sempre moderato e clemente nello stabilire le condanne e controllava i giudici per evitare abusi di autorità.
Più che varare nuove leggi preferiva rivedere quelle esistenti, cosa che fece in molti ambiti dall'amministrazione dell'annona alla manutenzione delle strade, dal controllare il comportamento degli esattori fiscali al regolare le spese per gli spettacoli, ecc.
Rientrando a Roma, Lucio Vero portò la peste che i suoi soldati avevano contratto in oriente. Il contaggio dilagò per l'Italia e la Gallia fino al Reno e durò più anni facendo incredibile strage.

Anno 168
Papa Sotere
Imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero
Consoli Aproniano e Lucio Vettio Paolo
Durante il soggiorno in oriente i vizzi di Lucio Vero erano peggiorati. Si faceva preparare pasti abbondanti in privato e voleva che durante la cena si svolgessero davanti a lui combattimenti di gladiatori. Fu il primo a volere fino a dodici convitati ai suoi banchetti, contro un'antica tradizione che limitava a sette il numero dei commensali, e ad ognuno donava oggetti di valore, stoviglie d'oro, gioielli.
Si fece costruire una sontuosa villa in via Clodia dove riuniva amici e liberti per le sue gozzoviglie. Sembra che usasse travestirsi per frequentare di notte taverne malfamate come avevano fatto Caligola e Nerone. Marco Aurelio conosceva e deprecava i costumi del fratello ma li tollerava per non creare discordia. Appassionato delle corse, Lucio Vero amava in modo particolare il suo cavallo Volucre (=uccello) e quando l'animale morì gli fece costruire un sepolcro in Vaticano.
Da tempo nel nord i Marcomanni creavano problemi ai confini dell'impero ma i comandanti romani temporeggiavano per evitare una nuova guerra mentre era in corso quella con i Parti. Al termine dell'impresa in Oriente i Marcomanni con molti altri popoli abitanti di là del Reno e del Danubio, Narisci, Ermonduri, Quadi, Svevi, Sarmati, Vandali, Vittovali, Rossolani, Bastarni, Costobochi, Alani, Jazigi ed altri si erano alleati per la rovina dell'impero. Da parte loro i Romani incontrarono grandi difficoltà nell'armare un esercito a causa della peste che continuava a fare vittime, ma finalmente in quest'anno Marco Aurelio era pronto a muoversi alla testa di un'armata. Volle portare con se anche Lucio Vero per non lasciarlo a Roma a coltivare i suoi vizi.
Anche Avidio Cassio, governatore della Siria, raggiunse i due Augusti a Aquileia dopo essere intervenuto in Egitto per sedare una ribellione.

Anno 169
Papa Sotere
Imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero
Consoli Quinto Sosio Prisco Senecione e Publio Celio Apollinare
L'arrivo ad Aquileia dei due imperatori con l'esercito produsse buoni effetti perché i popoli barbari del Settentrione cessarono ogni ostilità sperando di ottenere l'amicizia dei Romani. In questo clima di pace Lucio Vero chiese a Marco Aurelio il permesso di tornare a Roma, tanto più che la peste aveva raggiunto anche Aquileia, ma Marco Aurelio gli negò il permesso sospettando che la disposizione dei barbari alla pace fosse soltanto finzione. Così Lucio Vero seguì il fratello in Pannonia e nell'Illirico trovando quelle contrade in pace o inducendole alla pace. Tornarono in Aquileia e Lucio Vero riprese a insistere per rientrare a Roma, ma viaggiando in carrozza tra Altino e Concordia, Lucio Vero ebbe un colpo apoplettico che gli tolse la facoltà di parlare. Morì tre giorni dopo in Altino. Questa morte improvvisa provocò le solite maldicenze, si disse che Lucio Vero era stato avvelenato dalla suocera Faustina o dalla moglie Lucilla o da altri parenti o addirittura che fosse stato avvelenato per espressa volontà di Marco Aurelio. Nessuna persona onesta mise in dubbio l'innocenza di Marco Aurelio che godeva della più limpida reputazione. Egli portò a Roma le spoglie del fratello e le fece collocare nel mausoleo di Adriano, chiese quindi al senato gli onori divini per Lucio Vero.
Congedò con regali tutta la corte di Lucio Vero tenendo con se il solo liberto Eletto che sarà l'uccisore di Commodo.

Anno 170
Papa Sotere
Imperatori Marco Aurelio
Consoli: Marco Cornelio Cetego e Gaio Erucio Cloro
I Marcomanni e i loro alleati riaprirono le ostilità nonostante i trattati di pace recentemente conclusi, forse stimolati dal sapere quanti danni le legioni romane avevano sofferto a causa della peste.
A corto di soldati, Marco Aurelio fece concedere la libertà a molti schiavi e li arruolò formando alcune legioni. Arruolò anche i gladiatori, i banditi della Dalmazia e della Dardania e alcune compagnie di Germani.
Per finanziare questa armata senza imporre nuove tasse vendette all'ata i beni preziosi che si trovavano nel palazzo imperiale e molti beni personali.
Mentre si trovava in Palestina, forse per sfuggire alla peste, il suo terzo figlio Vero morì per un tumore. Coerente alla sua figura di imperatore filosofo, Marco Aurelio limitò il lutto a cinque soli giorni e tornò ad amministrare gli affari dello Stato.
Fece risposare la figlia Lucilla, vedova di Lucio Vero con Claudio Pompeiano, ma Lucilla e sua madre Faustina non gradirono la scelta dello sposo avanti con gli anni e non appartenente alla nobiltà.

Anno 171
Papa Eleuterio
Imperatori Marco Aurelio
Consoli Lucio Settimio Severo e Lucio Aufidio Erenniano
Nonostante la sua filosofia, Marco Aurelio permise che sotto di lui continuassero le persecuzioni dei cristiani, infatti in questo anno il papa Sotere subì il martirio come molti altri cristiani nella Gallia e nell'Asia tra cui i santi Policarpo e Giustino. Alla cattedra romana salì Eleuterio
In quest'anno Marco Aurelio iniziò nuove imprese militari ma le notizie in merito sono molto scarse. L'imperatore festeggiò il primo decennio del suo governo.
In questo periodo fioriva il famoso medico Galeno al quale Marco Aurelio affidò la cura di suo figlio Commodo che era malato.
Tra gli ufficiali che combattevano contro i Marcomanni furono Claudio Pompeiano genero dell'imperatore, Avidio Crasso e Elvio Pertinace. Quest'ultimo fu calunniato e Marco Aurelio gli tolse il comando della Dacia, ma Pompeiano lo prese con se ed egli recuperò la sua reputazione al punto di essere nominato senatore.
Combattendo contro i Marcomanni perse la vita il prefetto del pretorio Marco Vindice la cui carica fu meritata da Rufo Basseo, personaggio di umile origine.

Anno 172
Papa Eleuterio
Imperatore Marco Aurelio
Consoli Massimo e Orfito
Marco Aurelio liberò la Pannonia dai Marcomanni, Sarmati e Vandali. L'imperatore condusse la guerra con grande accortezza, sempre sottoponendo le proprie decisioni al parere dei suoi consiglieri. Non volle mai allontanarsi dal fronte per tornare a Roma come gli suggerivano i suoi amici.

Anno 173
Papa Eleuterio
Imperatori Marco Aurelio
Consoli: Marco Aurelio Severo e Tiberio Claudio Pompeiano
Il console Pompeiano è diverso dal genero di Marco Aurelio. I Romani sconfissero gli Jagizi sul Danubio. Avidio Cassio, noto per la sua severità nel mantenere la disciplina, esagerò facendo crocifiggere alcuni soldati che avevano battuto tremila soldati di propria iniziativa.
Marco Aurelio diede un'ulteriore prova di moderazione nel giudicare una causa tra il popolo di Atene e il governatore Erode Attico, suo amico e già suo maestro. Condannò Erode Attico e i suoi liberti a pene molto lievi e indennizzò gli Ateniesi per i torti subiti.

Anno 174
Papa Eleuterio
Imperatori Marco Aurelio
Consoli Gallo e Flacco
L'armata romana guidata dallo stesso Marco Aurelio penetrò nel paese dei Quadi e venne accerchiata dai nemici in una zona priva d'acqua. I barbari non attaccarono sperando che i Romani venissero sopraffatti dalla sete ma una pioggia improvvisa ed abbondante permise ai soldati di raccogliere acqua per bere e abbeverare i cavalli. I Quadi a questo punto attaccarono ma vennero battuti. In favore dei Romani giocò anche il temporale che colpì con i fulmini le schiere dei barbari, tanto che si parlò di evento miracoloso.
Come era usanza in occasione di importanti vittorie, il senato conferì di nuovo il titolo di imperatore a Marco Aurelio che lo riceveva per la settima volta, inoltre l'imperatrice Faustina fu chiamata "madre degli eserciti".

Anno 175
Papa Eleuterio
Imperatori Marco Aurelio
Consoli Calpurnio Pisone e Marco Salvio Giuliano
Sopraffatti Marcomanni e Quadi, Marco Aurelio stabilì presidi fortificati nei loro paesi.
Gli Jagizi resistettero ancora per qualche tempo ai Romani ma finalmente una loro ambasceria ottenne lapace con alcune condizioni tra cui la restituzione dei prigionieri e la consegna di ottomila uomini a cavallo, parte dei quali furono utilizzati in Britannia.
Anche Narici, Buri e altre popolazioni ottennero la pace a condizioni simili. A molti sconfitti Marco Aurelio assegnò terre da abitare in Dacia, Pannonia, Mesia, Germania.
In questo anno Avidio Cassio, tornato dalla guerra con i Marcomanni alla sua provincia in Siria, si ribellò dopo aver a lungo parlato in modo irriverente di Marco Aurelio. A suo tempo Lucio Vero aveva avvisato Marco Aurelio che Avidio Cassio minacciava di creare pericolosi problemi ma l'imperatore rifiutò di agire contro un militare valoroso e utile alla repubblica. Nell'aprile di quest'anno Avidio Cassio diffuse la falsa notizia della morte di Marco Aurelio e si fece proclamare imperatore dai soldati. Al comando delle sue legioni Cassio sottomise la Siria, la Cilicia e l'Egitto.
Avvertito da Publio Marzio governatore della Cappadocia, Marco Aurelio, che si trovava in Germania, scrisse al senato ma per il momento non intervenne nella speranza di evitare una guerra civile.
Commodo compì i quindici anni, vestì la toga virile e ricevette il titolo di principe della gioventù.
Finalmente Marco Aurelio mosse dalla Germania e raggiunse il confine della Siria ma prima che attaccasse Avidio Cassio questi fu ucciso da due soldati fedeli a Marco Aurelio. La ribellione si esaurì così con pochi scontri tra i soldati imperiali e i seguaci di Avidio Cassio. Marco Aurelio non volle svolgere inchieste per individuare i complici del ribelle. Il senato svolse di sua iniziativa alcune indagini ma per intercessione dell'imperatore pochissimi furono condannati a morte e gli altri all'esilio.
Avuta la notizia della morte di Cassio, Marco Aurelio deviò per l'Italia ma non entrò in Roma, ripartì per l'Asia da Capo Miseno portando con se la moglie Faustina e il figlio Commodo.

Anno 176
Papa Eleuterio
Imperatori Marco Aurelio
Consoli Tito Vitrasio Pollione e Marco Flavo Apro
Mentre la famiglia imperiale si trovava in Cappadocia, morì di malattia Annia Faustina Minore, moglie di Marco Aurelio. Poco credibile l'ipotesi avanzata da Dione Cassio che ella si sia lasciata morire perché, coinvolta nella rivolta di Avidio Cassio, temeva di essere punita. La defunta aveva cattiva reputazione per la sua libidine, si diceva che Commodo fosse figlio di adulterio, si sapeva di sue tresche con alcuni liberti e di un suo folle amore per un gladiatore.
Marco Aurelio conosceva l'infedeltà della moglie ma non prese maile adeguate misure, anzi quando morì la pianse e chiese al senato di divinizzarla.
Fabia sorella di Lucio Vero, che in precedenza era stata destinata a sposare Marco Aurelio, sperò a questo punto di diventare sua consorte, ma Marco Aurelio preferì non riprendere mai moglie.
L'imperatore continuò il suo viaggio in Siria, Palestina e Egitto perdonando tutte le città che avevano appoggiato Avidio Cassio. Soltanto Antiochia, che era stata il centro della rivolta, fu punita con la revoca di alcuni diritti politici e civili tipici delle città che potevano governarsi con leggi proprie.
Giunto in Atene volle assistere ai riti di Cerere e concesse benefici alle scuole di filosofia, riprese quindi il mare per tornare in Italia. Entrò in Roma celebrando il trionfo per le vittorie in Germania. Designò Commodo console per l'anno successivo con la dispensa del senato per l'età, offrì al popolo donativi e splendidi spettacoli.

Anno 177
Papa Eleuterio
Imperatori Marco Aurelio
Consoli Lucio Aurelio Commodo e Quintillo
L'imperatore fece sposare il figlio Commodo con Crispina figlia del console Bruttio Presente. A Roma/a> Marco Aurelio moderò le spese per i giochi gladiatorii e ordinò che i gladiatori combattessero con armi non affilate. Emanò norme per contenere il lusso delle matrone e dei giovani nobili. Azzerò i debiti delle province verso l'erario.
Il clima di serenità fu turbato dai Quadi che deposero il re insediato da Marco Aurelio e misero sul trono Ariogeso. Contrariamente alle sue abitudini, Marco Aurelio mise una taglia sul capo di Ariogeso ma quando lo ebbe prigioniero si limitò a mandarlo in esilio a Alessandria.
Disordini si verificarono anche sul Danubio e le milizie inviate sul porto non conseguirono i risultati sperati, perciò Marco Aurelio decise di intervenire personalmente.

Anno 178
Papa Eleuterio
Imperatori Marco Aurelio
Consoli Orfito e Rufo
Marco Aurelio riprese la via per il nord insieme al figlio Commodo e si sa dalle monete che ottenne altre vittorie sulle quali mancarono informazioni.
Per senatoconsulto fu stabilito che i figli adottati da altre famiglie fossero ammessi alla successione delle loro madri.

Anno 179
Papa Eleuterio
Imperatori Marco Aurelio
Consoli Lucio Aurelio Commodo Augusto e Publio Marzio Vero
Continuava la guerra barbarica sul Danubio con la presenza di due imperatori, Marco Aurelio e Commodo. Marco Aurelio ordinò a Terrutenio Paterno di sferrare un attacco con grandi forze, la battaglia durò un'intera giornata e si concluse con la vittoria dei Romani.
In quest'anno la città di Smirne fu devastata da un terremoto. I superstiti furono soccorsi dagli abitanti delle città vicine e Marco Aurelio inviò consistenti somme di denaro per la ricostruzione degli edifici distrutti.

Anno 180
Papa Eleuterio
Imperatori Commodo
Consoli Gaio Bruttio Presente e Sesto Quintilio Condiano
Stando a Erodiano la guerra era praticamente finita, molti dei popoli ribelli si erano sottomessi a Marco Aurelio, si erano accordati con lui o erano fuggiti più lontano.
Nel marzo di quest'anno Marco Aurelio cadde infermo per l'epidemia che aveva colpito la sua armata. Nel sesto giorno della sua malattia parlò agli amici invitandoli a non piangere e raccomandando loro il figlio Commodo. Il settimo giorno spirò, era il 17 marzo 180, all'età di cinquantanove anni. Più tardi corse voce che l'imperatore era stato ucciso dai medici corrotti da Commodo.
Il cordoglio dei soldati e della popolazione fu immenso, le sue ceneri vennero riposte nel Mausoleo di Adriano e fu celebrata la sua divinizzazione. Molte le virtù, pochi i difetti di Marco Aurelio e fra questi l'eccessiva tolleranza con cui sempre mitigò le pene e permise alla moglie di tenere un comportamento indegno. Liberale ma attento nell'amministrazione dei beni pubblici, sempre pronto a soccorrere chi ne aveva bisogno, lasciò le sue memorie in dodici libri scritti in greco.
Sotto Marco Aurelio fiorirono famosi letterati come Luciano di Samosata, Lucio Apuleio, il medico Galeno, Pausania, Aristide, Polieno, Artemidoro, Aulo Gellio, Sesto Empirico, e molti altri. Alla morte di Marco Aurelio il governo dell'impero passò al figlio Lucio Aurelio Antonino Commodo che già da tempo aveva il titolo di imperatore.

Anno 181
Papa Eleuterio
Imperatori Commodo
Consoli Marco Aurelio Antonino Commodo Augusto e Lucio Antistio Burro
Il console Antistio Burro era marito della sorella di Commodo. Commodo assunse il governo. Era nato il 31 agosto 161, aveva avuto ottimi maestri come Onesicrato, Antistio Capella, Atteio Santio. Ben presto si dimostrò crudele e libidinoso.
Quando il padre morì, Commodo si trovava in Ungheria con l'armata, pronunciò un'orazione ed elargì un donativo all'esercito. Avrebbe voluto tornare subito in Italia per evitare che qualcuno a Roma si facesse proclamare imperatore, ma si trattenne ancora per qualche tempo per l'insistenza del cognato Pompeiano. Concluse la pace con alcuni popoli, combattè ancora contro i Germani ma senza eventi di rilievo, comperò la pace con condizioni anche svantaggiose per la fretta di tornare a Roma.
Grazie all'essere figlio diMarco Aurelio e al suo bell'aspetto, fu accolto festosamente a Roma, pronunciò un'orazione in senato, distribuì regalie ai soldati e un congiario al popolo. Ebbe il suo terzo consolato e trionfò sui Germani.

Anno 182
Papa Eleuterio
Imperatori Commodo
Consoli Pomponio Mamertino e Rufo
Come altri prima di lui, Commodo iniziò il suo impero con atti di buon governo rispettando i consiglieri del padre.
Fu scoperto e arrestato Manilio che era stato segretario di Avidio Cassio che promise di rivelare molti segreti ma Commodo rifiutò di ascoltarlo e ordinò di bruciare tutte le sue carte senza leggerle. Commodo si procurò così la simpatia popolare ma chi gli era vicino imparò presto quale fosse la sua vera natura.
Vi furono nuovi combattimenti in Dacia che si conclusero con la vittoria di Albino e Negro, legati dell'imperatore.

Anno 183
Papa Eleuterio
Imperatore Commodo
Consoli Marco Aurelio Antonino Commodo Augusto e Gaio Aufidio Vittorino
Il console Aufidio Vittorino fu uno dei più insigni senatori del suo tempo, già caro a Marco Aurelio, fu prefetto di Roma e due volte console. Governatore della Germania, molti anni prima aveva licenziato un suo legato che accettava regali, analoga vicenda avvenne quando fu proconsole in Africa. Sotto Commodo, sentendosi minacciato dalle persecuzioni dell'imperatore, affrontò apertamente il prefetto del pretorio Perenne per sapere quanto concreto fosse il pericolo. Fu risparmiato e quando morì di morte naturale ebbe l'onore di una statua.
Perenne fu nominato prefetto del pretorio ed entrò nelle grazie di Commodo al punto di influenzarne le decisioni.

Anno 184
Papa Eleuterio
Imperatore Commodo
Consoli Lucio Cossonio Eggio Marullo e Gneo Papirio Eliano
Era iniziata una grande ribellione in Britannia, i barbari avevano superato il muro di Antonino e massacrato il presidio romano. Commodo spedì sul posto Ulpio Marcello, generale integerrimo, che conseguì grandi vittorie per le quali Commodo ebbe il titolo di Britannico.
Il prefetto Perenne trafficò per sostituire i consiglieri di Commodo con loschi personaggi di sua fiducia.
Lucilla, figlia di Marco Aurelio e sorella di Commodo, aveva conservato il titolo di augusta avendo sposato Lucio Vero. Quando Commodo sposò Crispina, Lucilla fu costretta a cederle il suo posto a teatro e altri onori ma lo fece con molta rabbia e decise di vendicare l'offesa. Non ne parlò al marito Pompeiano, ma indusse il suo amante Quadrato a cospirare contro la vita di Commodo. Il ruolo di sicario fu affidato al giovane Quinziano che tese un agguato all'imperatore riuscendo forse a ferirlo, ma non a ucciderlo. Commodo sfuggì all'attentato, Quinziano fu catturato e torturato per ordine di Perenne, rivelò i suoi complici. Lucilla fu confinata a Capri dove dopo qualche tempo venne uccisa, Quinziano e altri congiurati vennero giustiziati. A Commodo rimase un senso maniacale di paura e di sospetto del quale approfittò Perenne per mandare in rovina i suoi avversari ed ereditarne i beni.

Anno 185
Papa Eleuterio
Imperatore Commodo
Consoli Marco Cornelio Negrino Curiazio Materno e Marco Attilio Bradua
Morì in quest'anno il papa Eleuterio ma non è noto se subì il martirio. Fu sostituito da Vittore.
Il potente liberto Antero, che Commodo aveva nominato maestro di camera, fu assassinato per ordine di Tarrutenio Paterno, prefetto del pretorio.
Venuto a conoscenza della responsabilità di Paterno, Commodo lo nominò senatore per privarlo della carica di prefetto ma dopo qualche tempo lo accusò di cospirare insieme a Salvio Giuliano. Paterno, Giuliano e Vitruvio Secondo, segretario delle lettere dell'imperatore, vennero giustiziati. Vettio Rufo, Egnazio Capitone, Emilio Iunto e Attilio Severo, tutti e consoli, accusati diaver partecipato alla congiura, furono esiliati: Quintilio Massimo e Quintilio Caudiano, già consiglieri apprezzati di Marco Aurelio, vennero tolti dal mondo in queste circostanze. Sesto Quintilio, figlio di Quintilio Massimo, scampò alla condanna in modo avventuroso ma molti persero la vita o i beni per averlo aiutato. Anche Didio Giuliano, furuto imperatore, fu processato per questa congiura, ma venne assolto.
Perenne rimase solo a controllare e condizionare l'operato del giovane imperatore, il quale fu ben lieto di dedicarsi ai suoi lussuriosi divertimenti.

Anno 186
Papa Vittore
Imperatore Commodo
Consoli Marco Aurelio Commodo Augusto e Manio Acilio Glabrione
Perenne disponeva di grandissimo potere e di enormi ricchezze che certamente avrebbero aiutato lui e i suoi figli a realizzare un colpo di stato con il supporto dei pretoriani e dell'esercito. All'inizio dei giochi capitolini, uno sconosciuto vestito da filosofo annunciò in pubblico, presente l'imperatore, che Perenne stava preparando un attentato. Nessuna reazione da parte del popolo, il più grande stupore di Commodo che ordinò di bruciare vivo il finto filosofo. L'incidente ebbe però l'effetto di creare gravi sospetti a carico di Perenne che qualche tempo dopo finì con l'essere decapitato per ordine di Commodo. L'imperatore richiamò il figlio maggiore di Perenne che si trovava nell'Illirico per reclutare tra i soldati sostenitori della rivolta che il padre stava preparando, ma in circostante non chiare il giovane fu ucciso durante il viaggio.
Commodo fu proclamato per l'ottava volta imperatore per una vittoria di Clodio Albino oltre il Reno.

Anno 187
Papa Vittore
Imperatore Commodo
Consoli Crispino e Eliano
Eliminato Perenne,un altro personaggio arrivò ad avere poteri eccessivi per la compiacenza di Commodo, si trattava di Cleandro che dalla condizione di schivo arrivò ad essere nominato maestro di camera dell'imperatore, facendo uccidere Saoterio che aveva prima di lui occupato quella posizione.
Dopo aver imprigionato o ucciso alcuni successori di Perenne, Cleandro si fece nominare prefetto del pretorio. Avere un simile comandante permise ai pretoriani e agli altri soldati di commettere le azioni più scellerate mentre Commodo si dedicava esclusivamente ai giochi e alla caccia.
Elvio Pertinace era stato esiliato da Perenne, Commodo lo richiamò e lo nominò suo legato mandandolo quindi in Britannia per riportare la disciplina tra le truppe ammutinate e sediziose. Le truppe della Britannia erano effettivamente in grande disordine e subito proposero a Pertinace di essere proclamato imperatore. Pertinace rifiutò l'offerta e per qualche tempo ripristinò la disciplina finché una legione si sollevò contro di lui.
Ferito più volte, fu creduto morto e seppe vendicarsi più tardi, quando divenne imperatore.
Un certo Materno mise insieme un corpo di disertori e di malviventi con i quali cominciò a saccheggiare Gallia e Spagna. Contro di lui Commodo inviò Pescennio Nigro che, insieme a Settimio Severo governatore di Lione, disperse le bande di Materno ma questi passò in Italia con i suoi compagni superstiti e l'assurdo disegno di uccidere Commodo a Roma. Il progetto di Materno consisteva nell'approfittare delle feste di Cibele per mascherarsi da pretoriani e avvicinare l'imperatore per passarlo a fil di spada. Tradito da un compagno, Materno fu preso e giustiziato. Da allora Commodo evitò frequentemente di comparire in pubblico e spesso abitò nelle sue ville di campagna, lasciando l'amministrazione della giustizia e i suoi doveri di imperatore nelle mani di Cleandro.

Anno 188
Papa Vittore
Imperatore Commodo
Consoli Gaio Allio Fusciano e Duilio Silano
Cleandro vendeva le grazie e le cariche militari o civili. Pagando si poteva ottenere il governo di una provincia, come il richiamo dall'esilio, un liberto poteva accedere alla nobiltà e diventare senatore.
Antistio Burro, cognato di Commodo, volle informare l'imperatore di questi abusi e si procurò così l'odio di Cleandro e le sue calunnie. In breve fu processato con l'accusa di complottare e giustiziato insieme a molti altri supposti suoi complici.
I divertimenti e gli sprechi di Commodo svuotavano le casse dello stato, per riempirle Commodo e Cleandro inventavano sempre nuove tasse, costruivano processi su false accuse e in ogni modo defraudavano la popolazione.
Un fulmine caduto sul Campidoglio incendiò la biblioteca. Più tardi furono costruite le terme di Commodo che ebbero come vero artefice Cleandro il quale voleva guadagnare in popolarità per i suoi fini.

Anno 189
Papa Vittore
Imperatore Commodo
Consoli Silano e Silano
Non sono noti i nomi personali dei due consoli, un'ipotesi è che si chiamassero Giunio Silano e Servilio Silano.
Una grave epidemia si diffuse in Italia infettando persone e animali. Commodo cercò riparo a Laurento mentre all'epidemia seguiva la carestia. Dionisio Papirio presidente dell'annona fece risultare ancora più grave la penuria di viveri sperando di farne ricadere la responsabilità su Cleandro. In effetti, avendo Cleandro ammassato grandi quantità di grano, fu sospettato di volerlo usare per corrompere i pretoriani e impossessarsi dell'impero, tanto bastò per suscitare una sollevazione contro Cleandro il quale fece attaccare gli insorti dalla cavalleria provocando molte vittime. Il popolo ribelle, aiutato da parte dei soldati, ebbe la meglio sulla cavalleria. Commodo, che si trovava nel suo palazzo suburbano intento ai consueti piaceri, fu informato della rivolta e ordinò di decapitare Cleandro per mostrare la sua testa al popolo. Molti gioirono per la fine del perfido ministro e prima che il tumulto si calmasse vennero uccisi anche i suoi due figli e altri parenti. Persero la vita anche alcuni liberti di Cleandro e Commodo fece uccidere anche Dionisio Papirio dando a lui la colpa della penuria di grano.
Cleandro fu sostituito da Giuliano e Regillo mentre Elvio Pertinace ebbe la presidenza dell'annona. Con molto timore Commodo rientrò a Roma ma fu accolto bene dal popolo. Pare che facesse sostituire con la sua testa quella della statua colossale di Nerone.

Anno 190
Papa Vittore
Imperatore Commodo
Consoli Marco Aurelio Commodo Augusto e Marco Petronio Settimiano
Estremamente sospettoso, Commodo faceva uccidere le persone di successo, i nobili, le persone calunniate. Eliminò anche suoi parenti come Petronio Mamertino marito di sua sorella, il di lui figlio Antonino e Annia Faustina cugina di suo padre. Fece uccidere diversi consoli come Duilio e Servilio Silani, Allio Fosco, Celio Falice, Lucio Torquato, Larzio Euripiano, Valerio Bassiano, Patuleio Magno, Sulpizio Crasso, Claudio Lucano, Giulio Proculo e molti altri.
Presto furono ammazzati anche Giuliano e Regillo recentemente nominati prefetti del pretorio. Furono sostituiti da Quinto Emilio Leto.
In Siria un certo Giulio Alessandro si ribellò, fece a pezzi diversi soldati mandati ad ucciderlo, infine si uccise insieme a un suo amasio per non essere catturato.

Anno 191
Papa Vittore
Imperatore Commodo
Consoli Cassio Aproniano e Bradua
Il console Cassio Aproniano fu probabilmente il padre dello storico Dione Cassio.
Un tragico incendio distrusse il Tempio della Pace costruito da Vespasiano e le botteghe vicine e si estese fino a bruciare anche il Tempio di Vesta. Nel Tempio della Pace erano custoditi i cimeli della guerra di Gerusalemme, i manoscritti di molte opere e anche beni preziosi di privati che vi erano depositati perché il tempio era considerato tra i più sicuri di Roma. Il fuoco durò molti giorni senza che si riuscisse a circoscriverlo, fu infine spento da un'improvvisa pioggia. Le Vestali salvarono il Palladio ma le fiamme raggiunsero anche il Palazzo distruggendo molti documenti. Molti attribuirono l'incendio all'ira divina contro Commodo. Questi aveva preso a farsi chiamare l'Ercole Romano per i suoi successi contro le belve del circo, si dichiarò figlio di Giove e volle che Roma si chiamasse Commodiana.

Anno 192
Papa Vittore
Imperatore Commodo
Consoli Marco Aurelio Commodo Augusto e Publio Elvio Pertinace
Spesso Commodo si travestiva da donna, da Ercole con la clava o da Mercurio con il caduceo. Chi osava deriderlo per questo veniva consegnato alle belve.
Si vantava di essere il miglior gladiatore e cacciatore al mondo e in effetti gli storici testimoniano che era molto abile nel misurarsi con le belve. Era forte anche nei combattimenti con i gladiatori, che ovviamente non osavano ferirlo e che in genere si dichiaravano vinti dopo un primo scambio di colpi e chiedevano la grazia della vita.
Annunciò pubblicamente la sua partecipazione ai giochi e alle cacce indette per i Saturnali ma evitò di scendere in campo contro le bestie limitandosi a colpirle da lontano con le frecce. Volle battersi anche con i gladiatori nonostante molti lo pregassero di non farlo per proteggere la dignità imperiale.
Marzia concubina di Commodo, Quinto Emilio Leto prefetto del pretorio e Eletto maestro di camera, sentendosi in pericolo per aver criticato l'imperatore, decisero di eliminarlo. Versarono il sonnifero nel vino di Commodo ma questi se ne liberò vomitandolo, mandarono allora il fortissimo atleta Narciso a strangolarlo. Sparsero poi la voce che fosse morto per un colpo apoplettico. Così morì Commodo all'età di trentun'anni senza lasciare figli.
Prima che Commodo morisse, Clodio Albino che militava in Britannia ricevette la falsa notizia della morte dell'imperatore e parlò ai soldati incitandoli a ripristinare la repubblica e abrogare la monarchia. Lo seppe Commodo e convocò Albino a Roma ma venne ucciso prima che questi giungesse. Molti dei messaggeri inviati nelle province per annunciare la morte di Commodo furono imprigionati dai governatori per il timore che portassero false notizie che avrebbero facilmente provocato disordini.

Anno 193
Papa Vittore
Imperatore Publio Elio Pertinace
Consoli Quinto Sosio Falcone e Gaio Giulio Erucio Claro
Commodo morì nella notte precedente il primo gennaio. Leto e Eletto offrirono l'impero a Elvio Pertinace il quale accettò dopo aver constatato la morte di Commodo. I pretoriani non furono entusiasti della scelta perché temevano che Pertinace revocasse i molti privilegi che Commodo aveva loro concesso e che pretendesse tutt'altra disciplina.
Nato ad Alba Pompea, nel territorio dell'odierno Monferrato da una famiglia povera, Pertinace aveva per qualche tempo insegnato grammatica prima di entrare nella milizia dove era rapidamente salito di grado e aveva svolto prestigiosi impieghi nella Mesia e nella Dacia.
Caduto in disgrazia sotto Marco Aurelio per calunnie, recuperò la sua reputazione grazie a Claudio Pompeiano e fu nominato senatore. Fu console e poi governatore della Siria. Sotto Commodo si ritirò nel suo paese di origine ma dopo la morte di Perenne fu inviato in Britannia e poi in Africa. Tornato a Roma fu prefetto dell'Urbe e di nuovo console. Nato nel 126, aveva allora sessantasei anni. Nonostante i numerosi incarichi ricoperti, era rimasto povero, era onoratissimo ma poco liberale e questo non poteva piacere ai soldati.
Il popolo esultò alla notizia della morte di Commodo, i Senatori si riunirono in quella stessa notte e Pertinace, prudentemente, disse loro di essere troppo vecchio per accettare la nomina proponendo, invece, il nobile Aulo Glabrione o Claudio Pompeiano genero di Marco Aurelio. Pompeiano già da tempo evitava di presentarsi in pubblico adducendo motivi di salute, fu quindi consiglere di Pertinace e quando questi fu morto tornò alla vita privata.
Il senato confermò la nomina di Pertinace e decretò che il corpo di Commodo fosse gettato nel Tevere, ma il cadavere era stato nascosto e più tardi fu traslato nel Mausoleo di Adriano. A Pertinace furono accordati i consueti titoli imperiali e alla moglie Flavia Tiziana il titolo di augusta.
Per pagare il premio promesso ai pretoriani, Pertinace mise in vendita statue, carrozze e gioielli di Commodo. Furono annullate le condanne ingiuste, furono restituiti i beni confiscati da Commodo, richiamati gli esuli e risanati molti abusi commessi sotto il precedente imperatore.
Nell'insieme Pertinace fu un buon governante, ma i soldati, costretti a comportarsi disciplinatamente, non lo amavano. La sua parsimonia lo indusse a respingere molte richieste di amici e conterranei e lo si accusava di sordida avarizia, così che anche la gente comune cominciò a disprezzarlo.
Emilio Leto, pentitosi di aver promosso l'elezione di Pertinace cospirò contro di lui con i pretoriani, Intanto il console Falcone fu accusato di pretendere l'impero ma Pertinace si oppose alla sua condanna. Leto fece uccidere alcuni soldati considerati complici di Falcone e cominciò a diffondersi un clima di terrore. Duecento pretoriani attaccarono il palazzo, Pertinace coraggiosamente parlò loro e riuscì a calmarli ma uno di loro, un certo Tausio, improvvisamente lo ferì nel petto e gli altri lo finirono. Eletto, maestro di camera che si trovava presso Pertinace tentò di difenderlo ma fu ucciso a sua volta. Era il 28 marzo, ottantaseiesimo giorno del governo di Pertinace.
I pretoriani si barricarono nella loro caserma per paura del popolo che andava cercando i responsabili per punirli adeguatamente. Anche molti senatori si chiusero in casa o lasciarono la città. Dopo due giorni di tensione i pretoriani, constatando che nessuno agiva contro di loro, misero in vendita il titolo imperiale. Tra i candidati era Flacco Sulpiciano, suocero di Pertinace e prefetto di Roma, ma la gara fu vinta da Didio Severo Giuliano che offrì una somma maggiore. Giuliano era originario di Milano e vi era stato confinato da Commodo che lo sospettava di aver partecipato alla congiura di Salvio Giuliano. Nato nel 133 aveva ricoperto varie cariche civili e militari, aveva governato province ed aveva avuto da Pertinace il proconsolato in Spagna.
Nominato imperatore prese il nome di Commodo e creò prefetti del pretorio Flavio Geniale e Tullio Crispino. Si presentò in senato scortato dai pretoriani ma affermò di essere venuto solo per sentir confermare la sua elezione dai senatori. In senato molti lo odiavano, ma tutti accettarono il fatto compiuto.
Il mattino seguente, però, il popolo gli gridò contro accusandolo di aver fatto morire Pertinace e di aver usurpato l'impero. Visto che non riusciva a calmare il popolo con promesse di denaro, ordinò ai pretoriani di caricare la folla ma, aumentando la tensione, fuggì nel circo dove trascorse tutta la notte senza mangiare nè bere. Mandò a chiamare Pescennio Nigro, governatore della Siria, con le sue legioni. Calmatesi le acque, Giuliano accettò tutti i titoli imperiali e conferì il titolo di augusta alla moglie Manlia Scantilla e alla figlia Didia Clara al cui marito Cornelio Repentino conferì la prefettura di Roma.
In quel periodo l'impero disponeva di tre eserciti principali quello dell'Illirico e Pannonia comandato da Lucio Settimio Severo, quello della Britannia con Decimo Clodio Albino e quello della Siria con Gaio Pescennio Nigro Quando Pescennio Nigro ricevette la chiamata di Didio Giuliano si fece proclamare imperatore dal suo esercito e dal popolo di Antiochia, ma anche Settimio Severo, forse chiamato segretamente dai senatori contrari a Giuliano, assunse il titolo di augusto in Pannonia. Portò quindi dalla sua parte Clodio Albino con lettere più che amichevoli e con la nomina a cesare. Illirico, Germania e Gallia riconobbero Settimio Severo che si mise subito in marcia verso Roma.
Quando Giuliano venne a sapere che non solo Pescennio Nigro, ma anche Settimio Severo intendevano occupare il suo posto si vide perduto, fece dichiarare nemici pubblici i due dipendenti, fece costruire fortificazioni e trincee interno a Roma,
Fece uccidere Emilio Leto prefetto del pretorio e Marzia autori della morte di Commodo nel timore che si unissero a Severo, ordinò che vestali e sacerdoti andassero incontro a Severo per fermarlo e minacciò di morte i senatori che gli fossero ostili. Cambiando pensiero, fece comporre un decreto che dichiarava Severo suo collega nell'impero ma Severo rifiutò.
Quando i pretoriano abbandonarono Giuliano i senatori lo condannarono a morte come usurpatore dell'impero, dichiararono imperatore Severo e tributarono gli onori divini a Pertinace.
Giuliano fu giustiziato e Severo permise di seppellirlo nella tomba dei suoi antenati. Avvicinandosi a Roma, Severo incontrò una delegazione di cento senatori. Mandò quindi l'ordine ai pretoriani di raggiungerlo senza armi, li fece privare di pugnali e spade, delle vesti e dei cavalli e ordinl oro di rimanere cento miglia lontano da Roma, pena la morte.
Fu accolto da Roma in festa, offrì sacrifici sul Campidoglio e si ritirò per riposare nel palazzo imperiale.

Anno 194
Papa Vittore
Imperatore Settimio Severo
Consoli: Lucio Settimio Severo Augusto e Decimo Clodio Settimio Albino Cesare
Severo era nato in Africa, a Leptis, nell'anno 146. Il padre si chiamava Marco Settimio Geta. Studiò in Africa le lettere latine e greche e la filosofia. A Roma fu allievo di Papiniano e del famoso giurista Scevola.
In gioventù fu arrogante e violento, ebbe incarichi civili sotto Marco Aurelio e fu legato in Africa, governatore in Gallia, proconsole in Pannonia, in Sicilia e infine nell'Illirico.
Entrato a Roma come imperatore, lasciò liberi i suoi soldati di compiere ogni abuso ed accrebbe la guardia imperiale con grave spesa per l'erario.
Unì ai suoi nomi anche quello di Pertinace il cui ricordo era caro ai Romani. Nei primi tempi trattò con rispetto i senatori e giurò che non ne avrebbe fatto morire alcuno, giuramento al quale successivamente non tenne fede. Gli furono attribuiti tutti i consueti titoli imperiali e la moglie Giulia ebbe il titolo di augusta.
Severo riorganizzò l'annona e sbrigò molte cause. Dopo un mese di soggiorno a Roma si mobilitò per far fronte a Pescennio Nigro che si era proclamato imperatore in Siria. Reclutò le truppe nelle province e ordinò alle soldatesche lasciate nell'Illirico di marciare verso oriente.
Severo era pronto nel trovare soluzioni e nel metterle in pratica senza esitazioni, senza badare a spese e conseguenze, indifferente al giudizio altrui. Quando fu pronto partì improvvisamente da Roma.
Gaio Pescennio Nigro, nativo di Aquino, di famiglia equestre, era noto per la sua libidine ma anche per il suo coraggio e per la disciplina che pretendeva dai soldati. Sotto Commodo era arrivato al consolato e poi al governo della Siria. Proclamato imperatore, rimase in Antiochia augurandosi che Giuliano cedesse. Quando però Severo prese il potere, Pescennio corse a radunare truppe e cercare aiuti.
Uscì vincitore da un primo scontro con il nemico aggiudicandosi Tracia, Macedonia e Grecia.
Severo assediò Bisanzio e vi lasciò un presidio, superò lo stretto e si scontrò con Emiliano proconsole dell'Asia, generale di Pescennio, il quale fu sconfitto, catturato e più tardi giustiziato. Un successivo scontro con Pescennio presso Nicea si concluse con la vittoria dei generali di Severo.
A questo punto Severo offrì a Pescennio di andare in esilio incolume e onorato ma Pescennio rifiutò.
I passi sul monte Tauro tra Cappadocia e Cilicia furono sbarrati con fortificazioni da Pescennio e l'ostacolo bloccò l'avanzata di Severo ma dopo alcuni giorni un violento temporale, formando rapidamente dei torrenti, travolse le strutture fabbricate da Pescennio e lasciò libero il transito alle truppe di Severo.

Anno 195
Papa Vittore
Imperatore Settimio Severo
Consoli Scapola Tertullo e Tineio Clemente
Il console Scapola fu il proconsole d'Africa al quale Tertulliano indirizzò il suo Apologetico.
Pescennio si portò con il suo esercito nei pressi della città di Isso dove si scontrò con l'esercito di Severo. Avrebbe probabilmente vinto la battaglia se non fosse iniziata una violenta pioggia dei suoi soldati che si trovavano contro vento. Questo temporale e il precedente sul Monte Tauro furono interpretati come segni della volontà divina che incoraggiarono i soldati di Severo i quali prevalsero facilmente sugli avversari ormai scoraggiati.
Pescennio perse ventimila soldati e si rifugiò in Antiochia, ma la città si arrese e Pescennio fu ucciso dai soldati di Severo che portarono il suo capo reciso all'imperatore.
Severo risparmiò i senatori che erano passati a Pescennio Nigro ma fece strage dei suoi ufficiali e punì severamente le città che lo avevano sostenuto, particolarmente Antiochia che fu privata di ogni diritto e privilegio.
Severo raccolse in Oriente esosi tributi che gli procurarono l'odio di molti anche se ne usò il ricavato per riparare i danni di guerra in molte città.
Albino Cesare inviò contributi in denaro per dimostrarsi sostenitore di Severo ma anche per guadagnare popolarità presso quelle genti. Moglie e figli di Pescennio furono esiliati ma quando scoppiò la guerra con Albino furono uccisi per timore che provocassero disordini.


Anno 196
Papa Vittore
Imperatore Settimio Severo
Consoli Gaio Domizio Destro e Lucio Valerio Messalla Trasia Prisco
Bisanzio era assediata da tre anni dalle forze di Severo. Dopo la sconfitta di Pescennio vi si erano rifugiati molti suoi ufficiali e soldati che collaboravano alla difesa della città assediata. Bisanzio disponeva di solide fortificazioni, mura in marmo e efficaci macchine da guerra fabbricate dall'architetto Prisco di Nicea. Forti di queste strutture, i Bizantini resistettero a oltranza. Quando i loro viveri si esaurirono alcuni tentarono la fuga via mare ma vennero sempre intercettati dalle navi di Severo. Infine la città si arrese, i soldati di Severo entrarono e uccisero tutti i militari, smantellarono le mura, le fortificazioni e gli edifici più belli come il teatro e le terme. Gli abitanti furono privati degli averi, dei diritti e della cittadinanza, Bisanzio fu ridotta a un borgo della città di Perinto.
Intanto Severo si trovava in Mesopotamia per combattere contro i Parti e contro altre nazioni che avevano appoggiato Pescennio. Anche qui l'imperatore riscosse successi finché, superato l'Eufrate, non fu costretto a ritirarsi per l'eccessivo calore.
Il senato lo acclamò imperatore per la settima volta e gli accordò i titoli di Adiabenico, Partico e Arabico. Severio rifiutò il trionfo su Pescennio perché mai si trionfava per una guerra civile. Prevedendo di dover combattere contro Clodio Albino, Severo riportò l'armata in Europa.
Severo dichiarò cesare il proprio figlio Bassiano che mutò il nome in Marco Aurelio Antonino ma per un abito che portava abitualmente fu chiamato Caracalla.

Anno 197
Papa Zefirino
Imperatore Settimio Severo
Consoli Appio Claudio Laterano e Rufino
Decimo Clodio Albino che governava la Britannia e aveva ricevuto il titolo di Cesare, aspirava ad essere dichiarato augusto e secondo alcuni autori si comportava da imperatore. Gradito alla nobiltà, riceveva da alcuni senatori l'invito a recarsi a Roma mentre Severo era impegnato in guerra in Oriente.
Severo spedì in Britannia suoi uomini di fiducia con l'incarico di uccidere Albino, ma i sicari furono scoperti ed impiccati. A questo punto Albino si dichiarò imperatore e passò con un esercito in Gallia dove tentò di guadagnare al suo partito le città che incontrava nella marcia.
Da parte sua Severo, che stava rientrando dalla Siria ordinò di sbarrare i passi alpini per impedire a Albino di entrare in Italia.
Dione racconta il singolare episodio di un certo Numeriano, insegnante di grammatica, che passò in Gallia e facendosi credere un senatore incaricato da Severo, reclutò delle truppe che in più occasioni sconfissero quelle di Albino, inoltre raccolse una notevole quantità di denaro che mandò a Severo. Alla fine della guerra si presentò a Severo per narrargli le sue imprese. Rifiutò i premi offertigli tranne una modesta pensione.
Severo passò in Gallia e trovò le truppe di Albino schierate presso Lione. Dopo alcuni scontri minoori, i due eserciti si affrontarono in battaglia il 19 febbraio e dopo durissimo combattimento Severo prevalse.
Inseguendo i fuggitivi i soldati di Severo entrarono nella città di Lione e la misero al sacco. Albino che si era nascosto in una casa, vedendosi perduto si suicidò.
Severo fece eliminare tutta la famiglia e tutti gli amici di Albino quindi perseguitò a Roma quanti erano stati sostenitori del rivale e. Tornò a Roma con l'intera armata, premiò generosamente i soldati attingendo alle ricchezza confiscate ai seguaci di Albino.
Sparse il terrore in senato esaltando la memoria di Silla, di Mario e di altri tiranni fino a Commodo. Con lettere che i senatori avevano inviato a Albino individuò quanti erano stati amici del suo rivale e, pur graziandone una trentina, ne mandò altrettanti a morte tra i quali Sulpiciano suocero di Pertinace.
Sotto Severo ricominciarono le persecuzioni contro i Cristiani e il papa Vittore affrontò il martirio. A lui succedette Zefirino. Con orrore del senato, Severo riabilitò la memoria di Commodo, lo fece divinizzare e dichiarò di essere suo fratello.
Designò suo successore il figlio Bassiano detto Caracalla, gli fece concedere la podestà tribunizia e lo dichiarò suo collega nell'impero. Dopo un soggiorno a Roma marciò di nuovo con l'armata verso Oriente.

Anno 198
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo e Caracalla
Consoli Saturnino e Gallo
Severo traghettò l'esercito in Grecia e da qui marciò verso la Siria. Gli autori non concordano sullo svolgimento di questa campagna, comunque sembra accertato che penetrò nell'Arabia Felice e dopo aver espugnato varie città e castelli si portò all'assedio della città di Atra (attuale al-Hadr in Iraq) ma dovette rinunciare a causa della strenua resistenza degli abitanti e delle malattie che si diffusero tra i suoi soldati. Rivolgendosi contro i Parti, Severo prese Seleucia, Babilonia ed entrò in Ctesifonte, capitale dei Parti, ma dopo aver saccheggiato la città e presi centomila prigionieri l'imperatore tornò indietro.
Secondo Sparziano in questa occasione i soldati proclamarono Caracalla collega nell'impero e suo fratello Geta ebbe il titolo di cesate.
Severo ragguagliò dettagliatamente il senato sulla sua guerra contro i Parti e il senato decretò il trionfo.


Anno 199
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo e Caracalla
Consoli Publio Cornelio Anulino e Marco Aufidio Frontone
Assediando Atra, Settimio Severo fece uccidere due validi ufficiali: Giulio Crispo che aveva criticato la decisione di assediare una fortezza tanto ben difesa, e Leto, già autore della vittoria contro Albino, perché troppo amato dai soldati.
Nell'anno presente Severo riprese l'assedio di Atra. Quando un muro della città cadde i soldati che avevano subito gravi perdite, chiesero di poter attaccare ma Severo non volle perché sperava di fare più ricco bottino con la resa degli abitanti. Ma gli Atreni non intendevano arrendersi e nella notte richiusero la breccia. Vedendo ciò Severo ordinò di andare all'attacco ma molti soldati non vollero ubbidire. Infine l'imperatore dovette rassegnarsi e dopo venti giorni di assedia abbandonò Atra senza essere riuscito ad entrarvi.
In questo anno si presume che Caracalla combattè contro i Giudei perché Sparziano scrive che egli celebrò il "trionfo giudaico".

Anno 200
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo e Caracalla
Consoli Tiberio Claudio Severo e Gaio Aufidio Vittorino
Nell'indagine sugli eventi della guerra partica si incontrano problemi di datazione, non essendo sicuro che quanto viene esposto in quest'anno non sia in realtà accaduto nei due o tre anni precedenti.
Durante la guerra partica Severo, trovandosi in Oriente, volle continuare a individuare quelli che avevano sostenuto Pescennio Nigro al fine di sopprimerli ed incamerare i loro averi. Pare che Caracalla, particolarmente soddisfatto di questa persecuzione, propose di eliminare anche i figli dei condannati e che suo fratello Geta provò invece a mitigare la violenza. Molti furono condannati con l'accusa di aver interrogato gli indovini caldei sulla salute degli imperatori.
In quest'anno furono costruite in Antiochia e a Roma le terme di Severo Augusto e il Settizonio, imponente monumento la cui funzione era ancora materia di discussione (ai tempi di Muratori .

Anno 201
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo e Caracalla
Consoli Lucio Annio Fabiano e Marco Nonnio Muciano
Soggiornando in Antiochia, Severo diede la toga virile a Caracalla e designò se stesso e Caracalla consoli per l'anno successivo.
Terminato l'assedio di Atra, Severo passò in Palestina dove vietò di abbracciare le religioni giudaica e cristiana.
Severo si recò in Egitto e visitò il sepolcro di Pompeo prima di entrare in Alessandria. Qui permise la costruzione di un senato e stabilì che le cause civili fossero giudicate da magistrati locali e non più dal proconsole romano. Prima di lasciare l'Egitto, Severo visitò Menfi, le Piramidi, la statua di Mannone e altri famosi monumenti. Portò via dai templi tutti i libri contenenti segreti e ordinò la chiusura del sepolcro di Alessandro .

Anno 202
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo e Caracalla
Consoli Lucio Settimio Severo Augusto e Marco Antonio Antonino Caracalla Augusto
Viaggiando verso Roma, Severo ripassò da Bisanzio dove la popolazione lo accolse con grandi onori e chiese di revocare le sanzioni vigenti. Severo confermò la sottomissione a Perinto ma permise la costruzione di un anfiteatro e di un circo. Queste opere furono iniziate sotto Severo e completate sotto Caracalla. Il rientro a Roma dei due imperatori fu festeggiato con sacrifici, feste e spettacoli e con la distribuzione al popolo di un ricco congiario.
Analizzando e confrontando le sue fonti, Muratori rileva che i vari soggiorni di Severo in Oriente, in Egitto e infine a Roma difficilmente avvennero nello stesso anno, quindi conclude che la datazione degli eventi di questo periodo possa essere imprecisa, pur rimanendo in sostanza verosimile.
Mentre si tenevano gli spettacoli con un massacro di animali, furono celebrate le nozze di Caracalla con Fulvia Plautilla figlia di Plauziano con spettacolari cerimonie e grande sfoggio di lusso. In quest'anno fu restaurato il Pantheon.
Anno 203
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo e Caracalla
Consoli Gaio Fulvio Plauziano, Publio Settimio Geta
Il console Geta era fratello e non figlio di Severo, Plauziano era suocero di Caracalla ed era particolarmente benvoluto dall'imperatore che lo aveva nominato prefetto del pretorio e lo coinvolgeva in qualsiasi decisione. Spesso Severo donava i patrimoni confiscati a Plauziano che raggiunse così un'immensa ricchezza. Per istigazione di Plauziano, Severo fece morire molti benestanti e si diceva che possedesse più ricchezze dello stesso imperatore. Nel momento della sua nomina a prefetto ricopriva la stessa carica Emilio Saturnino ma Plauziano, non gradendo avere colleghi, lo fece sopprimere. Uomo di sfrenata libidine, era estremamente geloso della moglie Giulia alla quale vietava ogni visita e conoscenza. Violando le leggi in vigore, Plauziano fece castrare cento cittadini romani ponendoli, come eunuchi, al servizio della figlia Plautilla
In quest'anno fu eretto l'arco di trionfo di Severo.

Anno 204
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo e Caracalla
Consoli Lucio Fabio Settimio Vilone e Flavio Libone
Giudicando eccessivo il numero di statue di Plauziano erette a Roma, Severo ne fece fondere alcune di bronzo e tanto bastò per diffondere nelle province la voce della morte di Plauziano e della sua disgrazia. Alcuni, nelle province, fecero abbattere le statue del prefetto fraintendendo la situazione e vennero processati e giustiziati. Tra questi fu Racio Costante, governatore della Sardegna, la cui causa fu trattata a Roma alla presenza di Severo ed ebbe esito favorevole per l'imputato.
Morì Settimio Geta, fratello di Settimio Severo, il quale prima di morire parlò a lungo con il fratello delle malefatte di Plauziano, dell'odio popolare contro di lui e del disonore che egli arrecava alla corte.
Severo gli dedicò una statua nel Foro e cominciò a privare progressivamente Plauziano del suo favore. Rendendosi conte delle mutata situazione, Plauziano ne attribuiva la responsabilità a suo genero Caracalla che aveva sposato Plautilla per compiacere il padre ma in realtà detestava la moglie e il suocero. Plauziano prese a trattare Caracalla senza rispetto e lo circondò di spie. Per liberarsene, Caracalla inventò una congiura di Plauziano contro i due imperatori, Settimio Severo e lo stesso Caracalla. Dione ritiene che la congiura fosse un'invenzione di Caracalla e dei sui amici, mentre Erodiano e Ammiano ritengono che la congiura fosse vera. Comunque Severo fu informato della congiura e quando Plauziano venne in visita al palazzo le guardie non permisero al suo seguito di seguirlo.
L'imperatore invitò Plauziano a discolparsi ma mentre Plauziano cominciava a parlare fu aggredito e colpito da Caracalla e poi finito da un cortigiano per ordine di Severo. Il corpo fu gettato in strada ma successivamente sepolto con il permesso di Severo.
Severo parlò in senato della morte di Plauziano> dolendosi di essere stato troppo generoso, quindi permise che il senato giudicasse i complici del defunto e i suoi preferiti. Molti rischiarono pene gravissime anche per aver adulato Plauziano, tra questi un certo Cocrano che fu esiliato ma, richiamato dopo sette anni, arrivò al consolato. I figli di Plauziano furono confinati nell'isola di Lipari e più tardi furono soppressi per ordine di Caracalla.
Furono celebrati i giochi secolari di Roma dei quali Zosimo fornisce una descrizione nella sua opera.

Anno 205
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo e Caracalla
Consoli Marco Aurelio Antonino Caracalla AugustoPublio Settimio Geta Cesare
Alla caduta di Plauziano seguì in Roma un periodo di pace, Severo ne godette trascorrendo periodi in Campania durante i quali non desisteva dai suoi doveri. Seguiva volentieri le attività giudiziarie lasciando che i senatori giudicassero liberamente, aveva abitudini tranquille e frugali, mangiava spesso solo o con i familiari e domestici. Nelle rare occasioni in cui offriva banchetti lo faceva senza magnificenza.
La tranquillità di Roma si estendeva alle province grazie alla felice scelta dei governatori.
Tra i molti giureconsulti dei quali si serviva, ebbero particolare successo Papiniano che arrivò ad essere prefetto del pretorio e i suoi assistenti Paolo Giulio e Ulpiano. Molte leggi emanate in questo periodo si ritrovano nei codici di Giustiniano, una di esse ammetteva l'accesso a cariche e onori per i Giudei e, probabilmente, il termine Giudei includeva in questo caso anche i Cristiani.
Severo viene descritto come un uomo continente che aborriva gli adulterii, tuttavia in questo senso i costumi erano molto liberi e i tradimenti molto diffusi. Sembra che anche l'imperatrice Giulia si concedesse volentieri atti di libidine.

Anno 206
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo e Caracalla
Consoli Lucio Fulvio Rustico Emiliano e Marco Nummio Primo Senecione Albino
Caracalla e Geta, liberatisi di Plauziano, scatenarono la propria libidine disonorando molte nobili famiglie. Assistevano sempre a combattimenti e corse di cavalli e a volte vi partecipavano. Fu così che Caracalla cadde dal carro rompendosi una gamba. Fin dall'infanzia i due fratelli furono in disaccordo e la loro avversione crebbe con il tempo. Il padre tentò di risolvere i loro dissapori con ogni mezzo ma mentre Geta, di indole più mite, gli obbediva, Caracalla si adeguava solo momentaneamente agli ordini paterni.
In quel periodo Settimio Severo, per motivi sconosciuti, fece morire molte persone tra cui il vecchissimo Quintilio Plauziano, Aproniano proconsole in Asia e Pollenio Sebennio, quest'ultimo sulla base di un incerto riconoscimento da parte di un senatore.

Anno 207
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo e Caracalla
Consoli Apro e Massimo
Un certo Bulla Felice esercitava il brigantaggio in Campania con una banda di seicento uomini che comprendeva molti schiavi fuggiti e liberati. Con astute manovre o con generose regalie, riusciva sempre a sfuggire ai tentativi di cattura. Infine, grazie al tradimento di una sua amante Bulla fu catturato, processato e condannato alle bestie. Morto Bulla la sua banda si sciolse rapidamente.
In questo periodo i generali romani riportarono vittorie in Britannia e Severo, di conseguenza, fu dichiarato imperatore per la dodicesima volta, Caracalla per la seconda. Anno 208
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo, Caracalla, Publio Settimio Geta
Consoli: Caracalla, Publio Settimio Geta
Avvenne probabilmente in quest'anno il conferimento della podestà tribunizia e del titolo di imperatore a Settimio Geta, figlio minore di Settimio Severo. Informato che in <Britannia le popolazioni della regione non soggette ai Romani si stavano armando e minacciavano il confine del territorio imperiale, Settimio Severo, benché malato e anziano, si pose personalmente al comando di una nuova spedizione. Intraprese il viaggio con i figli Caracalla e Geta e con la moglie Giulia. Prima della fine di quest'anno l'imperatore guidò l'esercito in Britannia superando il mare ed iniziò i preparativi per la guerra.

Anno 209
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo, Caracalla, Publio Settimio Geta
Consoli: Lucio Aurelio Commodo Pompeiano e Quinto Edio Lolliano Plauzio Avito
Le dimensioni dell'armata di Severo indussero i popoli della Britannia a proporre trattative di pace, ma l'imperatore ambiva a farsi assegnare il titolo di Britannico e perciò respinse gli ambasciatori.
I Romani possedevano la parte centro meridionale dell'isola fino allo stretto di Edimburgo, il restante territorio era abitato da genti molto bellicose come i Caledoni. Non avevano città e vivevano nelle tende tra montagne e paludi.
Severo affidò a Geta il governo della parte già conquistata e mosse alla guerra insieme a Caracalla.

Anno 210
Papa Zefirino
Imperatori Settimio Severo, Caracalla, Publio Settimio Geta
Consoli Manio Acilio Faustino e Triario Rufino Severo non ebbe occasione di affrontare una battaglia campale perché le genti britanniche non si univano mai in un'armata compatta ma portavano attacchi improvvisi per poi cercare riparo nei boschi e nelle paludi. Esponevano capi di bestiame come esche per poi aggredire quanti si avvicinavano, inseguivano e uccidevano i soldati che si allontanavano o restavano indietro. Questa guerriglia e le acque malsane apportarono gravi perdite ai Romani, ma Severo insisteva nel procedere ordinando anche opere di disboscamento e costruzione di ponti e in questo modo raggiunse il limite settentrionale dell'isola. Tuttavia in questa estrema regione si trovavano solo terre incolte e poco abitate, per cui Severo tornò indietro accettando di concludere la pace in cambio di una parte del paese. Severo e Caracalla ebbero entrambi il titolo di Britannico.
Nonostante la guerra, Caracalla si dava ad attività libidinose diventando sempre più superbo e petulante. Severo comprese che Caracalla avrebbe attentato alla vita di Geta e alla sua e ne ebbe conferma da alcuni eposodi. Senza difficoltà Caracalla istigò i soldati contro un liberto di nome Catore accusandolo di averlo insultato. I soldati si calmarono soltanto davanti all'intervento personale di Severo. In un altra occasione Caracalla tentò di colpire con la spada la schiena del padre ma fu fermato dai soldati del seguito. Più tardi Severo lo rampognò di fronte al liberto Castore e al prefetto del pretorio Papiniano senza che l'evento avesse conseguenze. La tolleranza di Severo verso i figli era dunque illimitata, tuttavia ebbe la colpa di abbandonare Geta nelle mani del fratello.

Anno 211
Papa Zefirino
Imperatori Caracalla, Publio Settimio Geta
Consoli Quinto Elpidio Rufo Lolliano Genziano e Pomponio Basso
Ben presto i Britanni violarono gli accordi con i Romani e ripresero le ostilità ma questa volta Severo comandò il loro sterminio.
Le sue non buone condizioni di salute peggiorarono rapidamente confinandolo in letto. Caracalla ne approfittò per conquistare le simpatie dei soldati e, contemporaneamente, escludere il fratello Geta dal comando. Si disse anche che corruppe i medici del padre per abbreviare il decorso della malattia.
Severo morì il 4 febbraio 211 nella città di York all'età di sessantacinque anni, le sue ceneri furono portate in Roma e qui, con solenne cerimonia, vennero deposte nel mausoleo di Adriano.
Era stato lodato all'eccesso per le sue fortunate imprese militari e per la sua liberalità verso il popolo e soprattutto verso i soldati. Lasciò un tesoro nelle casse dello stato e i pubblici magazzini pieni di grano e olio. Amò le lettere e sotto di lui fiorirono eruditi e filosofi come Diogene Laerzio.
Morto Severo, Caracalla che si trovava ancora in Britannia, marciò contro i ribelli per terrorizzarli e poter tornare rapidamente a Roma. Pur di concludere la guerra rinunciò ai territori conquistati dal padre.
Caracalla intendeva eliminare il fratello per regnare da solo, ma finché Geta si trovava insieme ai soldati che lo amavano poteva confidare nella loro protezione.
Tolse a Papiniano la carica di prefetto del pretorio, eliminò Evodo già suo protettore e Castore maestro di camera del padre.
Fece uccidere sua moglie Plautilla e Plauto fratello di lei, che si trovavano relegati nell'isola di Lipari.
Tornò quindi a Roma con la madre e il fratello e curò la deificazione di Severo.

Anno 212
Papa Zefirino
Imperatori Caracalla
Consoli Gaio Giulio Aspro e Gaio Giulio Aspro (fratelli ma per la critica moderna padre e figlio)
I due consoli omonimi erano figli di Giuliano Aspro personaggio prestigioso per sapere e per grandezza d'animo particolarmente amato da Caracalla che più avanti cadde in disgrazia presso l'imperatore e fu esiliato con disonore.
Durante il viaggio di rientro e in seguito a Roma risultò evidente la discordia tra Caracalla e Geta che temevano l'uno di essere ucciso dall'altro. Entrambi cercavano solidarietà, ne otteneva di più Geta per il suo buon carattere. I due fratelli progettavano di dividere l'impero ma quando lo annunciarono ai più intimi consiglieri ne furono distolti dai lamenti della madre e soprattutto da quanti consideravano l'operazione pericolosa per la sicurezza dell'impero.
Infine Caracalla attirò Geta in un incontro privato e l'uccise di sua mano mentre invocava l'aiuto della madre. Geta aveva ventidue anni. Compiuto il fraticidio, Caracalla fuggì urlando per far credere di essere stato attaccato da Geta e di averlo ucciso per difendersi, riparò nella caserma dei pretoriani e per garantirsi una valida difesa promise ingenti regalie ai soldati e concesse l'amnistia a tutti i carcerati e confinati, riempiendo Roma di delinquenti. Geta fu sepolto nella tomba dei Settimi sulla Via Appia e più tardi trasferito nel mausoleo di Adriano. Le sue statue furono distrutte e le monete che portavano il suo nome furono fuse.

Anno 213
Papa Zefirino
Imperatori Caracalla
Consoli Marco Aurelio Antonino Caracalla Augusto e Decimo Celio Balbino
Tutti coloro che erano stati amici di Geta o erano stati al suo servizio vennero uccisi per ordine di Caracalla. Le stragi venivano compiute di notte e di giorno i cadaveri venivano trasportati fuori dalla città. Le fonti parlano di ventimila vittime. Fra questi fu il famoso giureconsulto Papiniano, già tanto caro a Caracalla che aveva tentato di migliorare i rapporti tra i due augusti fratelli.
Lucio Fabio Cilone, due volte console, ex prefetto del pretorio, ed ex precettore di Caracalla, fu prelevato dal bagno e trascinato per la città in camicia dai soldati inviati da Caracalla, ma poiché la vista dell'illustre uomo in così misero stato stava per provocare una sollevazione popolare, Caracalla intervenne per salvare pubblicamente Cilone e poi mandò a morte il tribuno che avrebbe dovuto ucciderlo. Quinto Severo Sammonico, insigne letterato, proprietario di una ricchissima biblioteca che era stata spesso consultata da Geta, venne decapitato mentre era a cena con due sicari di Caracalla.

Anno 214
Papa Zefirino
Imperatori Caracalla
Consoli Messalla e Sabino
Secondo Elio Sparziano suo biografo (Storia Augusta) da bambino Caracalla aveva diostrato grande umanità e benevolenza, spesso richiedendo al padre di alleviare condanne e di aiutare chi ne aveva bisogno. Diventato adulto e imperatore non possedeva più queste doti e si dimostrava crudele e sanguinario ed era suo piacere osservare nelle corse e nei giochi gli episodi più cruenti. Non sentendosi sicuro a Roma, in quest'anno Caracalla intraprese un viaggio nelle province.
Si recò in Gallia dove fece morire un proconsole e abrogò tutti i privilegi delle città. Passò poi in Germania dove combattè contro Catti e Alemanni e guadagnò la simpatia dei soldati vivendo con loro ma non fu buon generale non avendo doti di comandante.
Trafficò con i rappresentanti di vari popoli germanici comprando la loro amicizia con donazioni in denaro e infine si procurò il titolo di Germanico.

Anno 215
Papa Zefirino
Imperatori Caracalla
Consoli Leto e Ceriale
Dalla Germania Caracalla passò alla Dacia dove vinse qualche modesto scontro con i Goti. Fece morire Elvio Pertinace, figlio dell'omonimo imperatore, e Claudio Pompeiano, nipote di Marco Aurelio.
Giunto in Macedonia sostenne di essere posseduto dallo spirito di Alessandro al quale volle si dedicassero statue in tutte le città, soprattutto a Roma.
Muratori si sofferma un poco sui vizi e la corruzione di Caracalla, dilapidatore di grandi ricchezze e despota crudele, in una descrizione che poco differisce da quella di altri "maledetti" come Caligola o Domiziano. Poche righe dedica invece a due degli eventi più importanti del regno di Caracalla: la costruzione delle terme a Roma e la concessione della cittadinanza a tutti gli abitanti dell'impero.

Anno 216
Papa Zefirino
Imperatori Caracalla
Consoli Catio Sabino e Cornelio Anulino
Caracalla trascorse l'inverno in Nicomedia dove festeggiò il suo compleanno il 4 aprile, quindi riprese il viaggio e si recò a Pergamo dove si trovava un celebre tempio di Esculapio. Passò a Ilio dove rese onore al sepolcro di Achille. Qui morì un liberto di nome Festo al quale Caracalla offrì onori funebri come quelli descritti da Omero per Patroclo.
Passato in Antiochia, dichiarò guerra al re dei Parti con il pretesto del rifiuto di quel re di consegnare disertori romani passati nel suo esercito. Per evitare la guerra i Parti restituirono i disertori.
Caracalla invitò amichevolmente Abgaro re di Edessa il quale cadde nella trappola e fu imprigionato mentre i Romani prendevano possesso della sua provincia nella quale, per altro, Abgaro era odiato e disprezzato. Anche in Germania Caracalla a simili tradimenti ai danni di Quadi e Marcomanni. Fingendo di voler riconciliare il re dell'Armenia con i suoi figli, tentò di impadronirsi anche di quella provincia ma non riuscì per la restistenza della popolazione che sconfisse duramente i Romani comandati dal prefetto del pretorio Teocrito.
Passato in Egitto, Caracalla visitò il tempio di Serapide in Alessandria e il sepolcro di Alessandro. Infuriato per canzoni e motti che circolavano in città deridendolo e ricordando il fratricidio ed altri crimini, Caracalla fece riunire tutti i giovani alessandrini fingendo di voler formare una falange ma li fece trucidare tutti dal suo esercito, quindi fece saccheggiare case e templi.
Tornato in Antiochia, l'imperatore avviò trattative matrimoniali per sposare la figlia di Artabano re dei Parti, ma anche questa volta si trattò di un inganno e Caracalla approfittò di varie situazioni per operare stragi e saccheggi.
Scrisse quindi al senato per esigere il titolo di Partico per le gloriose imprese portate a termine in Oriente. Si stabilì in Edessa per trascorrervi l'inverno con la sua armata.

Anno 217
Papa Callisto
Imperatori Macrino
Consoli: Gaio Bruttio Presente e Tito Mexio Estricato
Papa Zeffirino subì il martirio e il seggio papale passò a Callisto. Caracalla e l'esercito svernarono a Edessa lasciandosi andare all'ozio e ai piaceri e abusando delle abitazioni civili. L'imperatore aveva deciso di adottare una tonaca con cappuccio usata dai Galli e detta caracalla e impose ai soldati lo stesso indumento.
Intanto i Parti facevano grandi preparativi per affrontare di nuovo i Romani ai termine dell'inverno. Da parte sua Caracalla stava reclutando molti soldati quandi giunse la sua ultima ora.
Era prefetto del pretorio Marco Opellio Macrino che ricevette da un indovino africano la predizione dell'impero per se e per il figlio Diadumeno. Flavio Materniano, comandante delle milizie lasciate a Roma, ne scrisse a Caracalla ma la sua lettera, come tutte quelle indirizzate all'imperatore, venne consegnata a Giulia Augusta che da Antiochia gestiva tutti gli affari senza disturbare Caracalla.
Il censore Ulpio Giuliano avvertì Macrino delle voci che correvano a Roma e Macrino decise di agire immediatamente. L'esecutore materiale fu un tribuno di nome Giulio Marziale che pugnalò a morte Caracalla e, riconosciuto dai soldati, venne giustiziato. Caracalla aveva ventinove anni e regnava da sei.
Macrino fece bruciare il suo corpo e mandò le ceneri a sua madre Giulia in Antiochia (in seguito furono trasferite a Roma nel mausoleo di Adriano) e scrisse al senato di decretare gli onori divini per il defunto.
Giulia Augusta aveva goduto di grande autorità sotto il marito Settimio Severo e sotto il figlio Caracalla, tanto da ricevere l'appellativo di Giulia Domna (Giulia Signora). Sul suo conto correvano voci malevole, la si diceva adultera e addirittura amante incestuosa di Caracalla, ma Dione Cassio che la conobbe personalmente nega queste calunnie e la dice donna savia amante della filosofia. Alla notizia della morte di Caracalla progettò di togliersi la vita ma, vedendo che Macrino la trattava con rispetto, rinunciò al proposito. Più tardi, comunque, si lasciò morire di fame.
I pretoriani offrirono l'impero al prefetto Advento che rifiutò perché troppo anziano, fu quindi proclamato Macrino che in un primo momento finse di rifiutare ma poi, ovviamente, accettò. Distribuì un regalo ai soldati e assunse il nome di Severo, firmandosi da allora Marco Opellio Severo Macrino, e assegnò il nome di Antonino al figlio Diadumeno (Marco Opellio Antonino Diadumeniano).
Felici di essersi liberati di Caracalla i senatori si affrettarono a ratificare la nomina di Macrino. Caracalla era ancora caro all'esercito, quindi Macrino operò con moderazione nell'abrogare le sue leggi più ingiuste e nel mandare in esilio i delatori.
Intanto Artabano re dei Parti aveva raccolto un esercito poderoso ed era entrato in Mesopotamia. Macrino tentò di trattare la pace ma Artabano pose condizioni troppo esose. Dopo due battaglie concluse tragicamente per i Romani, Macrino accettò una pace gravosa pagando grosse somme e restituendo prigionieri e bottini. Miglior fortuna ebbe il nuovo imperatore combattendo i popoli dell'Armenia e dell'Arabia Felice.
Giunto l'inverno Macrino portò l'esercito in Siria e si ritirò in Antiochia.

Anno 218
Papa Callisto
Imperatori Macrino
Consoli Marco Opellio Severo Macrino Augusto e Marco Oclatino Advento.
Macrino trascorse l'inverno in Antiochia nonostante i ripetuti inviti a presentarsi a Roma per consolidare la sua posizione. Commetteva l'errore di mostrarsi troppo superbo e quello di indulgere troppo a lungo ai piaceri di Antiochia. Scelse male le persone a cui conferire incarichi e in generale si mostrò inadeguato per la carica di imperatore. Mostrandosi troppo severo nel pretendere la disciplina e troppo avaro nell'elargire regalie, si alienò il favore delle milizie.
Giulia Domna Augusta aveva una sorella di nome Giulia Mesa che aveva due figlie: Giulia Soemia e Giulia Mamea rispettivamente vedove di Vario Marcello e di Genesio Marziano, due ricchi possidenti in Siria.
Vivendo con la sorella, Giulia Mesa aveva accumulato un ricco patrimonio e alla morte di Giulia Domna si ritirò in Emesa, sua città natale, con le due figlie vedove e i loro figli. Figlio di Giulia Soemia era Vario Avito Bassiano che diventò imperatore con il nome di Elagabalo, il figlio di Giulia Mamea si chiamava Alessiano e fu imperatore come Severo Alessandro
Bassiano divenne sacerdote del dio Elagabalo, cioè del Sole, e con la sua bellezza e i suoi sfarzosi abiti sacerdotali divenne popolare presso i soldati. Inoltre la nonna Giulia Mesa fece credere che fosse nato da una relazione con Caracalla di Giulia Soemia e promise grandi regalie se il giovane nipote fosse diventato imperatore.
In effetti i soldati odiavano Macrino e rimpiangevano il generoso Caracalla e quando il giovane fu loro presentato non esitarono a chiamarlo imperatore (16 maggio 218) chiamandolo Marco Aurelio Antonino Elagabalo. Dione riporta una diversa versione dei fatti affermando che la nomina di Elagabalo fu frutto di maneggi di un losco liberto di nome Eutichiano detto Comazonte.
Informato Macrino sottovalutò la notizia, la comunicò al senato e si limitò a mandare contro Emesa un corpo di soldati comandato da Ulpio Giuliano prefetto del pretorio. Questi soldati giunsero ad assediare Emesa ma ben presto disertarono per unirsi agli assediati.
Secondo Dione, ma la notizia è incerta, fu in questo momento che Macrino associò al potere il figlio Diadumeno.
Macrino che si trovava in Apamea, ripartì per Antiochia ma fu inseguito dai ribelli e raggiunto a trenta miglia da Antiochia. Si venne allo scontro e i pretoriani di Macrino furono in vantaggio ma l'intervento di Giulia Mesa e di Giulia Soemia incoraggiò le milizie di Elagabalo cambiando il risultato della battaglia. Macrino abbandonò il campo e fuggì da solo in Antiochia da dove tentò di raggiungere Bisanzio per poi proseguire per Roma ma il mare respinse la sua nave in Calcedonia dove fu catturato e ucciso dagli uomini di Elagabalo.
Il nuovo imperatore scrisse al senato della propria nomina, definendosi figlio di Caracalla e nipote di Severo. I senatori, loro malgrado, dovettero accettare il fatto compiuto e dichiararono Macrino nemico pubblico.
Elagabalo e il suo seguito giunsero a Nicomedia dove rimasero ad attendere la primavera per recarsi a Roma .
Anno 219
Papa Callisto
Imperatori Elagabalo
Consoli Marco Aurelio Antonino detto Elagabalo e Tiberio Claudio Sacerdote
Elagabalo uccise di propria mano il suo precettore perché lo aveva esortato a comportarsi con maturità. Fece uccidere Giuliano Nestore ex prefetto del pretorio ed alcuni governatori di province che non erano stati solleciti nel riconoscere la sua nomina. Importò in Nicomedia il culto del dio Elagabalo del quale continuava a dirsi sacerdote, offrì varie feste nelle quali vestiva un abito i porpora e oro, indossava gioielli e una tiara fregiato d'oro e di gemme.
Giunto a Roma, chiese al senato il titolo di Augusta per la madre Giulia Soemia e per la nonna Giulia Mesa. Alla madre fu riconosciuto il diritto di sedere in senato e di intervenire come gli altri senatori, concessione mai fatta in precedenza ad una donna. Istituì anche un senato femminile cn il compito di legiferare in materia di abbigliamento, di convenzioni sociali e di privilegi delle matrone.
Stabilì in Roma il culto del suo dio al quale dedicò un sontuoso tempio. Tentò di imporre lo stesso culto anche a Ebrei e Cristiani, i senatori dovettero partecipare ai suoi frequentissimi sacrifici vestiti come sacerdoti orientali, privò molti templi di reliquie sacre come il Palladio e lo scudo di Marte e le fece trasferire nel nuovo tempio di Elagabalo.

Anno 220
Papa Callisto
Imperatori Elagabalo
Consoli Marco Aurelio Antonino detto Elagabalo e Eutichiano Comazonte
Eutichiano Comazonte aveva collaborato al successo di Elagabalo e fu ricompensato con la carica di prefetto del pretorio e con il consolato. Elagabalo vendeva spesso le cariche pubbliche a persone talvolta indegne. Dedicava molto tempo al suo "sacerdozio" e quel che rimaneva alla sua libidine.
La sua prima moglie fu Giulia Cornelia Paola di illustre famiglia, sposata con grande solennità ma presto ripudiata. Sposò quindi Giulia Aquilia Severa, vergine vestale, con grande scandalo: spiegò che da lui pontefice e da lei vestale sarebbero nati figli divini. Poco dopo la ripudiò e si interessò alla bellissima Annia Faustina, nipote di Marco Aurelio e moglie di Pomponio Basso. La sposò dopo aver segretamente fatto morire il marito. Scacciata anche questa ebbe altre mogli di cui non si conoscono i nomi, quindi riprese Aquilia Severa. Arrivò anche a sposare due ragazzi vestendosi da donna e a far morire chiunque criticasse i suoi costumi.

Anno 221
Papa Callisto
Imperatori Elagabalo
Consoli Grato Sabiniano e Claudio Seleuco
Elagabalo costruì un altro tempio fuori dalle mura e spesso vi conduceva il suo idolo con solenni processioni al termine delle quali saliva sul tetto del tempio per gettare alla plebe oro, argento e vesti preziose provocando una calca che spesso costava vite umane.
Volendo emulare Nerone, frequentava osterie e bordelli di notte, travestito. Quando decise di dare moglie al suo dio, fece trasportare da Cartagine la statua di una dea lunare con quanto si trovava di prezioso nel tempio di quella dea.
In questo periodo comparve sulle rive del Danubio uno strano personaggio che sosteneva di essere la reincarnazione di Alessandro Magno ed aveva un seguito di quattrocento persone che inscenavano danze e riti bacchici. Giunse a Bisanzio, passò in Calcedonia e qui creò un sacerdote prima di sparire senza lasciare traccia.
L'accorta Giulia Mesa era consapevole che il regno di Elagabalo non sarebbe durato e temeva di essere coinvolta nella sua inevitabile caduta. Astutamente convinse Elagabalo ad adottare il cugino Alessiano figlio di Giulia Mamea e a nominarlo cesare per potergli delegare gli affari dello stato quando era preso da funzioni sacerdotali.
Presentato al senato e ai soldati, Alessiano fu ben accolto perché erano note le sue buone qualità, prese il nome di Alessandro mentre la nonna faceva credere che fosse un altro figlio naturale di Caracalla.

Anno 222
Papa Urbano
Imperatori Elagabalo
Consoli Marco Aurelio Antonino Elagabalo e Marco Aurelio Alessandro Severo
Morì il papa Callisto e suo successore fu Urbano.
Presto Elagabalo si pentì di aver adottato il cugino Alessandro perché questi non accettava di partecipare ai suoi rituali e perché era geloso dell'affetto che i militari dimostravano per Alessandro. Elagabalo tentò più volte di sopprimere Alessandro e promise ricche ricompense per chi lo avesse fatto per lui. Non riuscendo a far morire il cugino, Elagabalo ordinò al senato di privarlo di tutti i titoli e di annullare l'elezione. Questo ordine non ebbe effetto e anche i militari rifiutarono di agire contro Alessandro, tanto che si verificarono disordini contro i pretoriani, infine Elagabalo fu costretto a rinunciare ai suoi propositi.
Per sondare l'umore dei soldati, Elagabalo fece credere che Alessandro fosse morto ma quando vide che i pretoriani stavano per sollevarsi, fece loro visita portando con se Alessandro il quale fu accolto con grande onore dai militari. Elagabaolo, tuttavia, provocò ulteriori reazioni ordinando di uccidere quelli che avevano accolto Alessandro con maggiore entusiasmo. Questa volta la ribellione fu irrefrenabile, Elagabalo fu catturato e ucciso insieme alla madre Giulia Soemia e a molti suoi ministri. Furono uccisi, tra gli altri, i prefetti del pretorio Aurelio Eubulo da Emesa magistrato odiato dalla plebe, Fulvio prefetto di Roma e Jarocle, il "marito" di Elagabalo.

Anno 223
Papa Urbano
Imperatori Alessandro
Consoli Lucio Mario Massimo e Lucio Roscio Eliano
Marco Aurelio Severo Alessandro fu proclamato imperatore dai pretoriani, quindi passò al senato che gli attribuì la potestà tribunizia e consolare e il titolo di Padre della Patria.
Essendo il nuovo imperatore molto giovane (aveva al massimo 18 anni) furono scelti sedici senatori per formare un consiglio del principe, tra gli eletti furono Ulpiano, Celso, Gordiano, che in seguito fu imperatore, ed altri.
Tra le prime azioni di Alessandro furono il recupero delle statue e dei preziosi prelevati nei templi del predecessore e il bando del culto di Elagabalo.
Alessandro cacciò dalla corte nani, buffoni, musici e altri parassiti amati da Elagabalo e revocò tutte le cariche civili e militari concesse a personaggi indegni.

Anno 224
Papa Urbano
Imperatori Alessandro
Consoli Giuliano e Crispino
Si ebbe un periodo di serenità sotto Alessandro e i suoi ministri, soprattutto Domizio Ulpiano che fu nominato prefetto del pretorio. Giulia Mesa e Giulia Mamea vegliavano sull'educazione del giovane principe e tenevano gli adulatori lontano da lui. Quando qualche cattivo consigliere riuscì ad avvicinarlo, Alessandro seguì le sue indicazioni per breve tempo, presto accorgendosi di essersi allontanato dalla sua solita linea di condotta e consegnando il sobillatore al senato perché lo punisse.
Alessandro si sposò per la prima volta con una donna di cui non ci è giunto il nome. Quando Giulia Mesa morì di vecchiaia, Giulia Mamea, gelosa della nuora, cominciò a perseguitarla e con lei il padre il quale si ritirò nei quartieri dei soldati e denunciò pubblicamente le malefatte di Mamea. Questa riuscì a farlo uccidere e a mandare in esilio la nuora.
Un senatore di nome Ovinio Camillo cospirò contro Alessandro ma quando fu scoperto Alessandro lo lodò per il suo senso civico e lo mise a parte dell'impero nominandolo cesare. Dopo qualche tempo Ovinio Camillo rinunciò al titolo ricevuto e si ritirò a vita privata. Più tardi venne fatto uccidere perché troppo influente presso i soldati.
Alessandro si risposò con una certa Memmia figlia del consolare Sulpizio e poi, secondo le monete, con Sallustia Barbia Orbiana Augusta ma quest'ultima notizia è incerta.

Anno 225
Papa Urbano
Imperatori Alessandro
Consoli Fosco e Destro
Alessandro Severo era profondamente religioso, svolgeva quotidianamente riti e sacrifici e nella sua raccolta di statue di divinità e di eroi erano anche le immagini di Cristo e di Abramo, forse per influenza della madre Mamea che, trascorrendo lunghi periodi in oriente vi avrà forse conosciuto le basi del cristianesimo.
Alessandro non disturbò mai i cristiani e tollerò le loro chiese che si andavano costruendo in Roma e in altre città. I martiri cristiani del suo periodo furono vittime di governatori provinciali che agivano in autonomia senza che l'imperatore ne fosse informato.
Alessandro rispettava oltre modo la madre tollerando il suo vizio di avidità. Amava la musica, la geometria, la pirrura. Amava passeggiare, cacciare e pescare.
Quando ne aveva tempo leggeva volentieri, specialmente Platone, Cicerone e le biografie di Alessandro Magno. Mangiava moderatamente e non amava conviti troppo affollati, non aveva stoviglie d'oro e non voleva che si eccedesse nel lusso, neanche nei banchetti pubblici.

Anno 226
Papa Urbano
Imperatori Alessandro
Consoli Marco Aurelio Severo Alessandro Augusto e Lucio Aufidio Marcello.
Molto modesto, Alessandro non apprezzava eccessivi ossequi e segni di omaggio e ridicolizzava chiunque lo adulasse. Con gli amici si comportava con familiarità e franchezza. Anche nel vestire usava grande modestia con abiti bianchi mai di seta aborrendo gli ornamenti e i gioielli di Elagabalo.
Detestò adulatori, delatori e falsi testimoni, osservò sempre con attenzioni l'attività dei tribunali tentando di ridurre al minimo le condanne a morte e gli espropri dei beni.

Anno 227
Papa Urbano
Imperatori Alessandro
Consoli Albino e Massimo
Alessandro Severo riduse a un terzo le imposte che si pagavano sotto Elagabalo. Ridusse al sei per cento il tasso dei prestiti a usura che di solito era il dodici. Prestava egli stesso denaro ai poveri ma senza richiedere interesse.
Stabilì esenzioni fiscali mirate a favorire il commercio e risanò la cassa dello stato che aveva subito gravi detrazioni da Elagabalo. Istituì scuole di ogni tipo con insegnanti pagati dallo stato e con contributi per gli studenti più poveri. Completò le terme di Caracalla e fabbricò altri edifici pubblici a Roma e a Baia. Distribuì tre volte donativi al popolo e alle milizie.

Anno 228
Papa Urbano
Imperatori Alessandro
Consoli Modesto e Probo
Una rissa tra popolo e pretoriani fu l'inizio di tre giorni di combattimento in città con molte vittime da entrambe le Parti, infine il popolo volle trovare un accordo per evitare che i pretoriani continuassero a incendiare le case.
Morì Domizio Ulpiano, insigne giureconsulto e assiuo collaboratore di Alessandro. Era stato anche prefetto del pretorio dopo Flaviano e Cresto che erano stati giustiziati e ciò gli aveva procurato l'odio ei pretoriani che riuscirono ad ucciderlo nonostante la protezione di Alessandro.
Si verificarono altre ribellioni in Oriente da parte di militari nostalgici di Elagabalo e di Caracalla, inoltre soldati che si trovavano in Mesopotamia disertarono per entrare nell'esercito persiano in guerra contro i Parti.
Un certo Vetronio Turino che godeva della confidenza di Alessandro ne approfittò per arricchirsi: prometteva a chi avesse bisogno di una grazie di procurargliela dietro sostanzioso compenso. Quando Alessandro lo venne a sapere mandò una persona di sua fiducia a chiedere a Turino una delle sue "prestazioni" e quando il millantatore cadde nel tranello lo fece soffocare con il fumo: Col fumo è punito chi vendeva fumo.

Anno 229
Papa Urbano
Imperatori Alessandro
Consoli Marco Aurelio Severo Alessandro e Dione Cassio.
Lo storico Dione Cassio, console in questo anno, racconta di aver avuto da Alessandro il governo dell'Africa, poi quello della Dalmazia quindi quello della Pannonia. Quando rientrò a Roma i pretoriani temendo che volesse pretendere grande disciplina, lo calunniarono ma Alessandro, invece di punirlo gli fece avere il consolato. Dopo essersi mostrato alle milizie insieme a Dione, Alessandro gli permise di ritirarsi in Bitinia, suo paese di origine, per trascorrervi quanto gli rimaneva da vivere. Fu sostituito nel consolato da Marco Antonio Gordiano, futuro imperatore.

Anno 230
Papa Ponziano
Imperatori Alessandro
Consoli Lucio Virio Agricola e Sestio Catio Clementino
Morì papa Urbano, tradizionalmente considerato martire, ed ebbe Ponziano per successore.
Accingendosi a parlare di importanti mutazioni avvenute in Oriente, Muratori premette un breve riepilogo della storia della Persia, dalla conquista di Alessandro Magno, alla conquista da parte di Arsace re dei Parti e la tolse ai successori di Alessandro, agli Arsacidi che la tennero fino ai tempi di Alessandro Severo con il re Artabano. Quest'ultimo fu sconfitto e ucciso da un uomo di nome Artaserse, discendente degli antichi persiani. Artaserse riconquistò la Media, l'Armenia (qui erano rifugiati i figli e i sostenitori di Artabano) e ripristinò l'antico impero persiano. Per completare la sua riconquista Artaserse minacciò anche la Mesopotamia e la Siria destando preoccupazione nei Romani.
Alessandro si portò con l'esercito a Antiochia e scrisse lettere a Artaserse invitandolo ad evitare la guerra contro Roma ma Artaserse non ne tenne conto ed entrò in armi in Mesopotamia, in territorio romano.
Tornato a Roma, Alessandro reclutò un poderoso esercito al quale unì i pretoriani e ogni altra risorsa disponibile. Fu deciso che l'imperatore guidasse personalmente l'impresa. Marciò via terra verso la Siria prendendo con se le legioni sistemate nell'Illirico. Raggiunse Antiochia dove stabilì il centro di comando delle operazioni. Qui una parte dei soldati si ribellò per l'eccessiva disciplina e per il divieto di depredare i dintorni. Alessandro li affrontò e ordinò loro di deporre le armi, ordine che incredibilmente venne eseguito.
I ribelli disarmati aspettarono un mese poi chiesero di essere riammessi nell'esercito, come fu loro concesso, ma i loro tribuni che avevano sobillato la rivolta furono giustiziati. Con le sei legioni di cui disponeva, Alessandro formò una falange di trentamila uomini.

Anno 231
Papa Ponziano
Imperatori Alessandro
Consoli Pompeiano e Pelignano
Alessandro tentò ancora di trattare la pace ma gli ambasciatori che inviò a Artaserse tornarono sempre senza aver raggiunto risultati. Da parte sua Artaserse inviò quattrocento guerrieri di alta statura sontuosamente vestiti per ordinare ai Romani di uscire dalla Siria e da ogni territorio appartenente alla corona persiana. Alessandro fece spogliare gli ambasciatori dei loro orpelli e li fece sistemare in Frigia dando loro terreni da coltivare.
Si venne quindi alle armi. Alessandro divise le sue milizie in tre corpi per attaccare su altrettanti fronti. Due corpi furono disfatti dai Persiani e dai disagi del territorio, il terzo fu ridimensionato da un'epidemia. Nonostante tutto Alessandro ebbe modo di riportare una vittoria e di poter celebrare il trionfo al suo ritorno a Roma con molti prigionieri che furono venduti come schiavi.

Anno 232
Papa Ponziano
Imperatori Alessandro
Consoli Lucio Virio Lupo Giuliano e Lucio Mario Massimo
Il 25 settembre, tornato a Roma, Alessandro si presentò al senato a rendere conto della sua spedizione, celebrò il trionfo, erogò un donativo al popolo. Su preghiera dei Persiani riscattò i prigionieri fatti schiavi e li rimandò in patria.
Nello stesso anno i Romani riportavano vittorie nei luoghi dove erano in corso ostilità: in Mauretania dove si combatteva agli ordini di Furio Celso, nell'Illirico (Vario Macrino) e in Armenia (Giunio Palmato).

Anno 233
Papa Ponziano
Imperatori Alessandro
Consoli Massimo e Paterno
Alessandro istituì un collegio di ragazzi e uno i ragazze chiamandoli rispettivamente Mameiani e Mameiane in onore della madre Giulia Mamea.
Concesse terreni ai comandanti e ai soldati che presidiavano i territori conquistati, le concessioni valevano anche per gli eredi a condizione che fossero militari, furono così istituiti i primi "Benefici" che in seguito furono codificati nel diritto romano e in quello della Chiesa.
Quando Alessandro so trovava ancora in Antiochia giunsero notizie dei Germani che avevano passato il Reno e il Danubio e minacciavano la Gallia, l'Illirico e l'Italia. Appena giunse a Roma Alessandro avviò preparativi per affrontare questa nuova guerra.

Anno 234
Papa Ponziano
Imperatori Alessandro
Consoli Massimo e Gaio Celio Urbano
Alessandro partì da Roma con un potente esercito nel quale aveva inserito un corpo di arcieri provenienti dalle province orientali. Volle prendere parte personalmente all'impresa nonostante le preghiere di molti senatori che non volevano che si esponesse al pericolo. Partì con la madre Giulia Mamea.
Una donna della Gallia incontrata durante il viaggio lo avvertì di non fidarsi dei soldati ma Alessandro non se ne preoccupò.

Anno 235
Papa Ponziano
Imperatori Alessandro
Consoli Severo e Quinziano
Durante questa campagna Alessandro Severo fu ucciso dai suoi soldati. L'evento non è noto nei particolari ma sembra che i soldati non gradissero Alessandro perché non erogava denaro come Elagabalo o Caracalla, lasciandosi influenzare dall'avarizia di Mamea. I soldati acclamarono imperatore Massimino il quale ordinò loro di sopprimere Alessandro, la madre e qualunque oppositore. Secondo alcuni autori (Lampridio, Capitolino) le cose andarono diversamente: Alessandro e Mamea furono uccisi a tradimento dai loro ospiti in un banchetto e soltanto dopo l'assassinio Massimino venne proclamato imperatore. Alessandro morì all'età di ventisei anni dopo aver regnato per tredici anni. La vendetta che gli altri soldati fecero sui congiurati sembra avvalorare la seconda versione.
Ad Alessandro e a sua madre furono dedicati monumenti e onori divini e il potere passò a Massimino che presto si dimostrò odioso e accecato dall'ambizione.
Morì in quest'anno anche papa Ponziano e fu eletto al suo posto Antero.

Anno 236
Papa Fabiano
Imperatori Massimino
Consoli Gaio Giulio Massimino Augusto e Marco Pupieno Africano
Dopo un mese dalla nomina morì anche Antero, forse martire, e gli succedette Fabiano.
Di padre goto e di madre alana, Massimino nacque in un villaggio ai confini della Tracia. Era altissimo ed aveva forza prodigiosa. Fu arruolato in Tracia da Severo Augusto, prima nella cavalleria, poi nella guardia del corpo, ebbe varie cariche sotto Caracalla e si fece amare dai sui sottoposti. Ritiratosi nel suo paese sotto Macrino, tornò alla milizia sotto Elagabalo.
Sotto Alessandro Severo venne a Roma e fu nominato tribuno di una legione di recente costituzione con il compito di addestrare i soldati. Quando usurpò il trono aveva sessantadue anni ed un figlio giovinetto di nome Gaio Giulio Vero Massimo.
Consapevole di ricevere scarso consenso, Massimino allontanò tutti gli amici e i consiglieri di Alessandro. Poiché nella corte di Alessandro si trovavano molti cristiani, Massimino scatenò una persecuzione che fece molti martiri.
Un e console di nome Magno fu accusato di congiurare contro Massimino e senza indagini e processi venne ucciso insieme a migliaia di persone, tutte sospettate di aver aderito alla congiurama, più probabilmente, condannate perché non gradite a Massimino.
Un altro ex console di nome Tito Quartino fu acclamato imperatore dai soldati contro la sua volontà ma poco dopo venne assassinato. Assumendo il comando del potente esercito di Alessandro, Massimino passò il Reno per riprendere la guerra contro i Germani. Militare esperto e coraggioso, prese parte a molte battaglie spesso rischiando la vita, scrisse poi al senato per rendere conto delle sue vittorie ed ottenne per se e per il figlio il titolo di Germanico. Passò quindi in Pannonia stabilendosi per l'inverno a Sirmio.

Anno 237
Papa Fabiano
Imperatori Massimino
Consoli Perpetuo e Corneliano
Massimino combattè e vinse battaglie contro Sarmati e Daci e scriveva in proposito al senato con clamorose esagerazioni.
Per continuare a finanziare il suo grande esercito, Massimino spesso condannava su false accuse persone innocenti per sequestrare i loro beni. Saccheggiò senza eccezione tutte le rendite delle città in cui si trovava, spogliò i templi da ogni ornamento.

Anno 238
Papa: Fabiano
Imperatori: Massimino, Due Gordiani, Pupieno e Balbino, Gordiano III
Consoli: Pio e Ponziano
Mancano certezza sull'identità dei consoli, probabilmente Marco Ulpio Crinito e Procolo Ponziano.
Massimino era odiato alla popolazione e dopo un fallito tentativo di rivolta, fu acclamato imperatore Marco Antonio Gordiano che era proconsole in Africa e che accettò la nomina sotto minaccia di morte.
Gordiano aveva ottanta anni, suo padre Mezio Marullo discendeva dai Gracchi, sua madre Ulpia Gordiana discendeva da Traiano. I suoi antenati paterni e materni avevano ricoperto diversi consolati e lui stesso era stato console nel 213 sotto Caracalla e nel 229 sotto Alessandro Severo. Al momento della nomina era amato e stimato per le sue doti di moderazione e giustizia.
Gordiano dichiarò augusto suo figlio Marco Antonio Gordiano (Gordiano II) che fu riconosciuto imperatore a Cartagine. I neoeletti inviarono ambasciatori a Roma per chiedere l'approvazione del senato. Il senato confermò le nomine e dichiarò nemici pubblici Massimino e suo figlio. Il popolo abbattè le statue di Massimino e uccise molti suoi sostenitori mentre il senato organizzò resistenza militare contro la possibile reazione di Massimino. Questi, appresa la notizia degli ultimi eventi, fu colto da ira bestiale ma il giorno successivo ordinò al suo esercito di mettersi in marcia verso l'Italia. Contemporaneamente in Africa Gordiano ordinava al procuratore Capelliano di dimettersi ma Capelliano reagiva attaccando Cartagine con i suoi soldati e con un rinforzo di arcieri numidi. La gente di Cartagine, poco esperta di combattimenti, affrontò i nemici ma venne sconfitta e Gordiano Minore cadde in battaglia. Gordiano Maggiore, preso dalla disperazione, si uccise a sua volta. Capelliano entrò in città e la saccheggiò spogliando anche i templi.
Mentre Massimino continuava a marciare verso Roma, il senato si riunì ed elesse due nuovi imperatori: Marco Claudio Pupieno Massimo e Decimo Celio Balbino. Il primo era di modesta origine ma aveva gran prestigio per le sue imprese in Illirico contro Germani e Sarmati, aveva coperto molte cariche e governato in Bitinia, in Grecia e nella Gallia Narbonense, infine era stato prefetto di Roma.
Balbino era di nobile e antica famiglia, come Pupieno aveva avuto cariche e governato province. Parte della plebe si oppose all'elezione di Pupieno che era noto per la sua severità, per quietarla fu creato cesare Marco Antonio Gordiano (Gordiano III), nipote di Gordiano I, ancora adolescente.
L'incarico di fermare la marcia di Massimino andò a Pupieno che si portò a Ravenna dove reclutò altri soldati. Massimino giunse a Emona in Istria e la trovò disabitata e priva di vettovaglie, giunse a Aquileia e trovò le porte chiuse, tentò di trattare la pace ma la popolazione resistette.
Intanto a Roma si verificavano incidenti tra pretoriani e popolazione e presto la situazione degenerò con grandi stragi, incendi e saccheggi. Balbino non riuscì a riportare la calma fin quando non fu condotto in pubblico il giovane Gordianio Cesare che era molto amato in città.
L'assedio di Aquileia proseguiva ma l'eroica resistenza degli assediati scoraggiava gli assedianti, Massimino non riuscendo a far recuperare vigore ai suoi soldati, sfogò il proprio sdegno contro alcuni suoi ufficiali, li incolpò di collaborare con il nemico e li fece morire. I soldati si ribellarono e fecero a pezzi Massimino e suo figlio nel quarto anno del loro impero.
Pupieno, da Ravenna, si recò immediatamente a Aquileia dove fu accolto dalla popolazione in festa mentre alcuni messaggeri in soli quattro giorni giunsero a Roma recando le teste dei due Massimini. Anche a Roma la notizia del tirannicidio fu accolta con grande entusiasmo ma in seguito nacque dell'attrito tra Pupieno e Balbino, inoltre i pretoriani e i soldati non amavano gli imperatori eletti dal senato. Infine i pretoriani, sopraffatti i Germani della guardia imperiale, uccisero Pupieno e Balbino e proclamarono imperatore il giovane Gordiano.

Anno 239
Papa: Fabiano
Imperatore: Gordiano III
Consoli: Marco Antonio Gordiano Augusto, Manio Acilio Aviola
Opinioni discordi sui genitori di Gordiano II, alcuni lo ritengono figlio di Gordiano II, altri di una figlia di Gordiano I, altri ancora di una delle numerose concubine di Gordiano II. Era di bell'aspetto e di modi gentili, aveva studiato lettere ed era molto amato dal senato, dal popolo e dai soldati. La sua elezione portò un periodo di stabilità e concordia.
Ai confini dell'impero i Parti minacciavano guerra, Carpi e Sciti avevano già attaccato la Mesia. Nei propositi del senato Pupieno e Balbino avrebbero dovuto fronteggiare queste minacce.

Anno 240
Papa: Fabiano
Imperatore: Gordiano III
Consoli: Sabino, Venusto
Il console Sabino è quello che propose la nomina di Pupieno e Balbino, probabilmente il suo nome completo era Ulpio Vettio Sabino e faceva parte della famiglia di Traiano.
Un certo Sabiniano creò disordini in Africa contro Gordiano assediando il governatore della Mauritani ma quando questi ricevette rinforzi da Roma il ribelle fu ridotto a chiedere il perdono. Si legge in Zosimo ma non in Capitolino, che Sabiniano era stato proclamato imperatore dal popolo di Cartagine.


Anno 241
Papa: Fabiano
Imperatore: Gordiano III
Consoli: Marco Antonio Gordiano, Civica Pompeiano
I Persiani erano rimasti tranquilli dalla guerra contro Alessandro Severo ma, morto Artaserse, il figlio Sapore entrò con l'esercito nella Mesopotamia posseduta dai Romani, conquistò Carre e assediò Nisibi.
A Roma si preparò un esercito per fronteggiare Sapore e si affidò il comando a Gordiano III. Prima di partire Gordiano sposò Furia Tanquillina Sabina figlia di Misiteo (Timositeo) che fu nominato prefetto del pretorio e usò la propria influenza per mettere ordine nella corte del giovane imperatore che era nelle mani degli eunuchi. Da allora, grazie a Timositeo, il governo di Gordiano divenne stabile e molto gradito alla popolazione.


Anno 242
Papa: Fabiano
Imperatore: Gordiano III
Consoli Gaio Vettio Attico, Gaio Asinio Pretestato
Deciso a portare la guerra ai Persiani, Gordiano fece spalancare le porte del tempio di Giano, come voleva un'antica tradizione. In primavera partì con l'esercito alla volta di Bisanzio per poi passare in Asia. Lo accompagnava il suocero Timositeo. Lungo il viaggio affrontò e sconfisse Sarmati, Alani e altri barbari.
Dopo la conquista della Mesopotamia, Sapore era passato un Siria. Gordiano lo affrontò a Antiochia e lo costrinse ad arretrare oltre l'Eufrate. Sapore abbandonò tutte le città conquistate e tornò al suo paese evitando di combattere ancora.


Anno 243
Papa: Fabiano
Imperatore: Gordiano III
Consoli: Arriano e Papo
Durante questo anno Gordiano riconquistò le città perdute in Siria e Mesopotamia. Scrisse al senato che decretò il trionfo per lui e per Timositeo al quale l'imperatore riconosceva grandi meriti. Timositeo, tuttavia, morì di dissenteria e molti pensarono che alla sua morte non fosse estraneo Filippo, futuro imperatore, che potrebbe aver convinto i medici a avvelenarlo. Timositeo lasciò tutti i suoi beni alla repubblica romana ma la sua morte privò Gordiano di un prezioso appoggio.
Fu creato prefetto del pretorio il suddetto Marco Giulio Filippo.
In questi tempi fiorì il filosofo platorico Plotino che si era arruolato nell'esercito di Gordiano per aver occasione di incontrare i filosofi persiani.


Anno 244
Papa: Fabiano
Imperatore: Filippo
Consoli: Pellegrino e Emiliano
Marco Giulio Filippo non era soddisfatto della sua carica di prefetto del pretorio e aspirava all'impero.
Durante la campagna in oriente di Gordiano, Filippo fece procedere rapidamente le navi che portavano i viveri lasciando l'esercito che procedeva a piedi a corto di mezzi e creando così malcontento verso l'imperatore.
Iniziò così una ribellione, Filippo fu dichiarato augusto e tutore di Gordiano, la situazione che ne risultò era molto instabile e, pur avendo respinto qualsiasi richiesta di Gordiano, Filippo si rendeva conto che il giovane aveva ancora l'appoggio del senato e di una parte dei militari. Concluse che Gordiano rappresentava una minaccia per la sua vita e per il suo potere e lo assassinò barbaramente.
Questa la versione fornita da Giulio Capitolino ma, secondo Muratori, Filippo divenne tutore di Gordiano e prefetto del pretorio succedendo a Timositeo e quando si presentò l'occasione non esitò a uccidere il suo pupillo.
Il senato tributò onori divini al defunto imperatore e lo stesso Filippo continuò ad onorarlo per nascondere la propria colpa.
Durante il regno di Gordiano III fiorirono Censorino e Erodiano.

Anno 274
Papa: Felice
Imperatore: Aureliano
Consoli: Aureliano e Gaio Giulio Capitolino
Aureliano torna a Roma dalle Gallie e celebra un grande trionfo con tre carri, cervi, elefanti ed altre fiere, innumerevoli prigionieri di diverse etnie.
Fra i prigionieri sono Tetrico con il figlio e Zenobia, ornata di gioielli e legata con una catena d'oro. Nei giorni seguenti si tengono giochi, spettacoli e combattimenti di gladiatori.
Aureliano perdona Zenobia, le assegna una decorosa rendita ed un'abitazione a Tivoli e fa sposare le sue figlie con membri della nobiltà romana.
Anche nei confronti di Tetrico Aureliano si comporta con grande liberalità assegnandogli il governo delle province italiane.
A favore del popolo elargisce donativi e proclama l'amnistia e la cancellazione dei debiti verso il fisco.
Un'inchiesta sui ministri della zecca accusati di frode provoca la loro ribellione e conseguenti gravi disordini con migliaia di vittime.
L'imperatore inaugura un tempio del Dio Sole costruito ed adornato con grande ricchezza e dona a tutti i templi di Roma cimeli riportati dalle sue campagne.
Dopo essere stato a lungo tollerante verso i cristiani, Aureliano cambia atteggiamento ed apre una persecuzione che non avrà lunga durata a causa della morte dell'imperatore.
In quest'anno muore papa Felice ma a causa della persecuzione in corso il successore viene eletto solo l'anno successivo.

Anno 275
Papa: Eutichiano
Imperatore: Tacito
Consoli: Lucio Domizio Aureliano (III) e Tito Nonio Marcellino
All'inizio dell'anno viene eletto papa Eutichiano.
Aureliano si reca nell'Illirico e constatata la difficoltà esistente nel tenere sotto controllo la Dacia, decide di rinunciare a quella provincia e trasferisce le famiglie romane che vi abitano in Mesia, al di qua del Danubio.
In queste regioni Aureliano trascorre l'inverno preparando una campagna contro i Persiani con il pretesto che avevano aiutato Zenobia.
L'imperatore aveva minacciato il suo segretario Mnesteo (o Eros) per qualche fallo commesso e Mnesteo per salvarsi la vita organizza una congiura facendo credere a molti ufficiali, tramite documenti falsificati, che l'imperatore intenda eliminare anche loro. Il piano riesce ed Aureliano viene ucciso dai congiurati nel mese di gennaio; più tardi l'inganno di Mnesteo viene scoperto ed il segretario viene giustiziato, gli altri congiurati sono uccisi dai soldati o dai successori di Aureliano.
Si celebrano solenni esequie ed il senato decreta per il defunto gli onori divini.
Aureliano fu un grande imperatore che riuscì in breve tempo a liberare lo stato da nemici interni ed esterni, ripristinare l'ordine e regolare i costumi. Era amato dal popolo ma temuto dai senatori per la sua rigorosa severità, e proprio la sua mancanza di clemenza provocò la sua morte.
Le legioni non proclamano imperatore uno dei loro generali, forse perché tutti gli ufficiali sono sospettati di aver preso parte alla congiura, ma affidano la decisione ai senatori che a loro volta esitano per timore di venire in contrasto con i militari.
Così Roma rimane senza imperatore per sei mesi ma poi una minaccia di invasione da parte dei Germani spinge il senato a prendere una decisione.
Il 25 settembre i senatori scelgono Marco Claudio Tacito, non accettano le sue resistenze dovute all'età avanzata e lo convincono ad accettare la massima carica dello stato.
Tacito, che sostiene di discendere dal famoso storico Cornelio Tacito, è stato console ed ha numerosi figli. La sua nomina è gradita al popolo ed ai pretoriani.

Anno 276
Papa: Eutichiano
Imperatore: Tacito
Consoli: Marco Claudio Tacito Augusto e Emiliano
Il nuovo imperatore bandisce da Roma i postriboli, proibisce di aprire i bagni di notte e vieta l'uso di abiti di seta. Assegna donativi ai templi e delibera alcune opere pubbliche.
Mantiene da imperatore le stesse abitudini di sobrietà che adottava da privato.
Inizia il suo mandato punendo gli uccisori di Aureliano. Nonostante l'età, Tacito decide di guidare personalmente l'esercito nelle province orientali per fermare le incursioni degli Sciti. Porta con se il fratello Marco Annio Flaviano, prefetto del pretorio.
Tacito porta a termine la missione ma muore in oriente in aprile, dopo soli sei mesi di regno.
Non sono chiare le cause della morte, alcuni autori la attribuiscono ai congiurati uccisori di Aureliano che sono ancora in vita.
Flaviano, fratello di Tacito, si fa proclamare imperatore dalle sue truppe, ma le armate romane in Siria proclamano Probo che viene riconosciuto anche in Palestina, Fenicia ed Egitto mentre il resto dell'impero riconosce Flaviano.
Flaviano muove contro Probo in Cilicia ma molti suoi soldati si ammalano a causa del clima torrido e lo abbandonano.
Secondo Aurelio Vittore, Flaviano si suicida, altri ritengono che venga ucciso dai soldati, comunque Probo rimane unico imperatore e scrive al senato ottenendo l'approvazione della nomina.

Anno 277
Papa: Eutichiano
Imperatore: Probo
Consoli: Probo e Marco Aurelio Paolino
Marco Aurelio Probo era nativo di Sirmio in Pannonia, di modesta famiglia. Aveva militato sotto Valeriano divenendo tribuno, con le sue imprese militari si era guadagnato la stima di Gallieno, di Aureliano e di Tacito.
Era molto amato dai soldati che trattava con umanità e solidarietà. Usava tenerli in esercizio anche quando non si combatteva ed in questo modo aveva costruito ponti e canali in Egitto.
Anche Probo fa giustiziare gli uccisori dei predecessori, secondo Zosimo attirandoli in un tranello e facendoli fare a pezzi dalle guardie. Secondo con maggior moderazione. Perdona invece i sostenitori di Flaviano.
Intanto i Germani hanno passato il Reno ed occupato molte città della Gallia. Probo quindi rimanda il suo arrivo a Roma e portatosi nella Gallia fa strage degli invasori in ripetuti combattimenti.
A proposito di questa campagna, Zosimo racconta lo strano episodio, probabilmente favoloso, di una miracolosa pioggia di grano che avrebbe soccorso le truppe di Probo a corto di viveri.
Probo combatte contro Franchi, Vandali e Burgundi cacciandoli dalle Gallie quindi stipula con loro trattati di pace punendo quanti non rispettano i patti.

Anno 278
Papa: Eutichiano
Imperatore: Probo
Consoli: Probo e Furio Lupo
Furio o Virio Lupo, collega in quest'anno di Probo nel consolato, è anche prefetto di Roma e lo sarà fino al 280.
Pacificate le Gallie e la Rezia, Probo passa nell'Illirico per liberare la regione dai Sarmati ma questi, consapevoli dei recenti successi dell'imperatore, si ritirano quasi senza combattere.
Prosegue quindi in Tracia dove caccia i Goti e li sottomette con trattati di pace.
Svolge quindi con successo una spedizione contro i ribelli Isauri resa molto difficile dalla natura impervia dei luoghi.

Anno 279
Papa: Eutichiano
Imperatore: Probo
Consoli: Probo e Nonio Marcello
Probo si dirige verso l'Egitto per combattere un'invasione di Blemmi. L'imperatore progetta probabilmente di attaccare i Persiani ma poiché questi inviano ripetutamente missioni diplomatiche con ricchi doni finisce per concludere un trattato di pace.

Anno 280
Papa: Eutichiano
Imperatore: Probo
Consoli: Messala e Grato
Probo torna in Europa, durante il viaggio concede territori in Tracia ai Bastarni che offrono in cambio di servire fedelmente, impegno che manterranno con grande lealtà.
Anche i Gepidi ed altre popolazioni affini concludono analoghe trattative ma successivamente non si dimostreranno altrettanto fedeli.
In quest'anno i Franchi fanno irruzione nel Mediterraneo con saccheggi in Grecia, Sicilia ed Africa.
Si verifica la ribellione di un Saturnino diverso da quello ricordato ai tempi di Galieno. Questo si chiama Sesto Giulio Saturnino mentre l'altro si chiamava Publio Petronio Saturnino. Generale, si era segnalato in varie imprese sotto Aureliano ed era molto stimato anche da Probo.
Proclamato augusto in Egitto per non accettare era fuggito in Palestina ma qui si era lasciato convincere ad indossare la porpora imperiale. Per timore di essere ingannato Saturnino non accetta la pace proposta da Probo e viene ucciso dall'esercito imperiale.
Nello stesso periodo avvengono le ribellioni di Proculo e Bonoso.
Tito Flavio Proculo, nativo di Albenga, con precedenti di pirateria, era entrato nell'esercito e riportando alcuni clamorosi successi militari era divenuto tribuno.
Si proclama imperatore a Lione, forse istigato dalla moglie, ed ottiene il riconoscimento della Gallia Narbonese e della Britannia.
Quando Probo invia l'esercito contro di lui, Proculo cerca l'aiuto dei Franchi ma questi lo tradiscono e viene giustiziato.
Bonoso era un ufficiale di origine spagnola comandante delle truppe di stanza sul Reno. Per sua negligenza i Germani erano riusciti ad incendiare le navi romane e Bonoso, per sfuggire alla punizione, si era proclamato imperatore. La sua resistenza alle forze di Probo è più valida ma alla fine viene sconfitto ed impiccato.

Anno 281
Papa: Eutichiano
Imperatore: Probo
Consoli: Probo e Tiberiano
Probo rientra a Roma e celebra il trionfo. Seguono spettacoli, una strage di bestie feroci e giochi di gladiatori.
Restituendo molta autorità ai senatori Probo se ne procura il favore. Nel periodo di pace che segue cura opere pubbliche in molte città dell'impero.

Anno 282
Papa: Eutichiano
Imperatore: Probo e Caro
Consoli: Probo e Vittorino
Per motivi a noi non noti, Probo decide di muovere contro i Persiani ma giunto nell'Illirico viene ucciso dai suoi soldati.
Pare che la causa della ribellione sia stato l'ordine di Probo di scavare una fossa per bonificare una palude nei pressi di Sirmio.
Il giudizio di Muratori su Probo, pacificatore dell'impero e restauratore della grandezza romana, è molto positivo.
A Roma vengono tributati grandi onori al defunto ed istituiti giochi in sua memoria.
Marco Aurelio Caro, prefetto del pretorio molto amato dall'esercito vene proclamato imperatore e poco dopo nomina cesari i due figli Marco Aurelio Carino e Marco Aurelio Numeriano. Affida a Carino il governo delle province orientali perché è determinato a dedicarsi alla guerra contro i Persiani.
Caro è consapevole di quanto Carino sia corrotto e vizioso, ma Numeriano è ancora troppo giovane per governare.

Anno 283
Papa: Gaio
Imperatore: Caro, Carino e Numeriano
Consoli: Caro e Carino
Approfittando della morte di Probo i Sarmati si preparano ad invadere l'Illirico e la Tracia ma vengono duramente sconfitti da Caro.
Caro si porta quindi in Mesopotamia recuperando le regioni invase dai Persiani ma giunto nei pressi del fiume Tigri muore in circostanze non chiare, forse di malattia verso la fine dell'anno.
L'impero passa a Carino che si trova in Gallia e a Numeriano che aveva seguito il padre al fronte persiano.
Muore anche papa Eutichiano e viene eletto Gaio.

Anno 284
Papa: Gaio
Imperatore: Carino, Numeriano, Diocleziano
Consoli: Carino e Numeriano
I due fratelli vengono riconosciuti dal senato ma è improbabile che si siano recati a Roma.
Numeriano viene ucciso in Tracia dal suocero Arrio Apro che aspira alla nomina imperiale.
Le truppe di Carino si riuniscono immediatamente in assemblea per scegliere un successore di Numeriano capace di vendicarlo e scelgono Diocleziano, capitano della guardia a cavallo.
La prima azione di Diocleziano è l'uccisione di Arrio Apro, commessa al cospetto della stessa assemblea.
Segue una guerra civile fra i sostenitori di Diocleziano e quelli di Carino nella quale si intromette anche Giuliano Valente, "correttore della Venezia" che tenta a sua volta di farsi proclamare imperatore.
A Roma si celebra la deificazione di Numeriano e si continua a riconoscere come solo imperatore Carino non considerando Diocleziano e Valente.

Anno 285
Papa: Gaio
Imperatore: Carino e Diocleziano
Consoli: Carino e Aristobulo -- In Oriente Diocleziano
Alla rovina di Carino contribuisce la pessima reputazione dovuta ai suoi vizi. Lussurioso e sregolato, aveva preso nove mogli abbandonandole una dopo l'altra, si circondava di pessimi consiglieri suoi compagni negli eccessi.
Irrispettoso verso il senato ed i consoli, detestato anche dal padre.
Informato della morte di Numeriano e delle proclamazioni di Diocleziano e Valente, Carino si prepara a combattere, attacca Valente nell'Illirico riuscendo a sconfiggerlo e ad ucciderlo.
Giunto in Mesia sconfigge Diocleziano ma viene ucciso dai suoi soldati istigati da offerte segrete di Diocleziano.
Rimasto unico imperatore Diocleziano perdona i sostenitori di Carino e premia con il consolato il prefetto del pretorio Aristobulo passato dalla sua parte.
La guerra civile termina così senza condanne, con grande soddisfazione della popolazione.
Non è certo che in questo periodo Diocleziano visiti Roma, forse sosta in Pannonia con l'intenzione di riprendere la guerra contro i Persiani.

Anno 286
Papa: Gaio
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Marco Giunio Massimo e Vettio Aquilino
Diocleziano, originario della città di Dioclea in Dalmazia, prima della nomina si chiamava Diocle, era di condizioni modeste, forse liberto o figlio di un liberto.
Era stato comandante delle milizie in Mesia e capitano della guardia a cavallo, console surrogato nel 283.
E' accorto, di mente vivace, capace di simulare, di prevedere e di provvedere.
Molto avaro ma anche amante del lusso, in particolare in merito al proprio abbigliamento, vanitoso e superbo. Ma la stessa durata del suo regno dimostra che sapeva governare un vasto impero e mantenere la disciplina dei soldati.
Non avendo figli maschi dalla moglie Prisca e desiderando chi lo aiuti nel governo, sceglie Marco Aurelio Valerio Massimiano e lo nomina augusto e suo collega.
Diocleziano era nato intorno al 245, Massimiano intorno al 250 in Pannonia.
Anche le origini di Massimiano sono umili, ha fatto carriera nell'esercito segnalandosi in varie occasioni ed è intimo amico di Diocleziano.
Morto Carino nelle Gallie si sollevano due "capi di masnadieri", Lucio Eliano e Gneo Servio Amando, che alla testa di folte schiere saccheggiano la popolazione. Diocleziano invia contro di loro Massimiano che li debella rapidamente.
I due augusti governano in armonia e Diocleziano, che usa mostrarsi mite e ragionevole, sa ben sfruttare la natura più violenta ed impulsiva del collega quando è necessario.
Massimiano ama mostrarsi liberale ma se ha bisogno di denaro non esita a procurarselo confiscando i beni dei senatori dopo averli portati alla rovina con false accuse. E' inoltre estremamente lussurioso.

Anno 287
Papa: Gaio
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Diocleziano e Massimiano
Il prefetto di Roma quest'anno è Marco Giunio Massimo, console nel 286. Da alcune medaglie risulta che i due augusti celebrano il trionfo (o almeno esso viene decretato dal senato), probabilmente per le vittorie di Massimiano in Gallia.
Anche quest'anno Massimiano combatte contro Franchi e Sassoni che tentano di invadere territori imperiali. Affida il comando navale a Carausio il quale, invece di concludere rapidamente le operazioni le prolunga per arricchirsi con i bottini tolti ai nemici e Massimiano lo condanna a morte.
Carausio fugge con la flotta in Britannia e convince le truppe romane di stanza nell'isola a proclamarlo imperatore.
Diocleziano intanto marcia contro i Persiani, che dopo la morte di Caro hanno ripreso la Mesopotamia e minacciano la Siria, respingendoli oltre il Tigri prima di concludere la pace.

Anno 288
Papa: Gaio
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Massimiano e Pomponio Januario
Diocleziano rientra da una missione contro i Franchi. Massimiano continua le sua azioni nelle Gallie mentre si prepara ad attaccare la Britannia per abbattere Carausio.
I Franchi chiedono la pace offrendo alleanza e amicizia.

Anno 289
Papa: Gaio
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Basso e Quinziano
I due imperatori si incontrano per dibattere questioni di governo.
Massimiano vara la flotta preparata contro Carausio ma subisce qualche sconfitta a causa della migliore preparazione marittima dell'avversario.
Diocleziano combatte contro Sarmati e Quadi riportando qualche vittoria ed ottenendo il titolo di Sarmatico.

Anno 290
Papa: Gaio
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Diocleziano e Massimiano
Carausio consolida il suo potere in Britannia e gode di una sorta di accordo raggiunto dopo aver sconfitto Massimiano.
In Africa si solleva un certo Quinto Trebonio Giuliano proclamandosi augusto. Analoga iniziativa prende in Egitto Lucio Epidio Achilleo.

Anno 291
Papa: Gaio
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Gaio Giunio Tiberiano e Dione
Dalla Siria Diocleziano passa in Pannonia quindi in Italia ed incontra Massimiano a Milano.
Nell'impero regnano pace e prosperità nonostante le varie ribellioni in corso mentre molte popolazioni barbariche sono in guerra fra loro in Africa come in Europa ed anche fra i Persiani è in corso una guerra civile.

Anno 292
Papa: Gaio
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Annibaliano e Asclepiodoto
Diocleziano e Massimiano decidono di scegliere due generali ed associarli all'impero con il titolo di cesare.
Vengono scelti Costanzo Cloro e Galerio Massimo che sono adottati dagli augusti e costretti a sposarne le figlie ripudiando le loro mogli.
Costanzo sposa Teodora figliastra di Massimiano e Galerio sposa Valeria figlia di Diocleziano. A Costanzo Cloro sono assegnate Gallia, Spagna, Mauretania e Britannia. A Massimiano l'Italia ed il resto dell'Africa. A Galerio la Tracia, l'Illirico, la Macedonia, la Pannonia e la Grecia. A Diocleziano la Siria e tutte le province orientali da Bisanzio all'Egitto.
Un primo effetto di questa spartizione è l'aumento delle tasse per finanziare l'apparato statale e militare più complesso.
Costanzo, soprannominato Cloro per il pallore del viso, era figlio di Eutropio e di una nipote dell'imperatore Claudio il Gotico. Le condizioni della famiglia sono modeste e Costanzo, dopo un breve periodo di studi, aveva intrapreso la carriera militare iniziando dai gradi più bassi. Era entrato poi nella guardia del corpo dell'imperatore, divenendo successivamente tribuno quindi governatore della Dalmazia.
E' padre di Costantino, nato nel 274.
Galerio è nato nelle campagne della Dacia da famiglia pagana ed anche lui viene dalla carriera militare. I quattro principi governeranno per molti anni in un'armonia sostenuta particolarmente dall'abilità politica di Diocleziano.
In quest'anno Massimiano elimina in Africa l'usurpatore Giuliano.
Nelle Gallie una guarnigione di Carausio ha occupato il porto di Gesoriaco (Boulogne-sur-mer), sulla costa continentale della Manica. Costanzo costringe quei soldati ad arrendersi e a passare nelle sue truppe, quindi inizia i preparativi per attaccare Carausio nella sua isola.

Anno 293
Papa: Gaio
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Diocleziano e Massimiano
Carausio viene assassinato dal suo ministro Allecto che prende il titolo di augusto.
Costanzo rimanda l'attacco in Britannia per combattere contro Cauci e Frisoni nella regione della Schelda (Paesi Bassi).

Anno 294
Papa: Gaio
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Costanzo Cloro e Galerio
Costanzo prosegue nella sua opera di pacificazione della Gallia domando popolazioni ribelli, disarmandole ed assegnando loro territori da coltivare.
Diocleziano e Massimiano sconfiggono Carpi, Bastarni e Sarmati.

Anno 295
Papa: Gaio
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Tosco e Anulino
I Carpi sconfitti vengono deportati in Pannonia.
Massimiano fa bonificare un vasto territorio della Pannonia e lo chiama Pannonia Valeria. Nello stesso anno doma una ribellione in Mauretania.

Anno 296
Papa: Marcellino
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Diocleziano e Costanzo.
Muore papa Gaio e viene eletto Marcellino.
Prima di muovere contro la Britannia, Costanzo chiede a Massimiano di venire a presidiare la Gallia durante la sua assenza e Massimiano acconsente.
Costanzo parte con due flotte assumendo il comando della prima ed affidando la seconda a Asclepiodoto prefetto del pretorio.
Con il favore della nebbia, Asclepiodoto approda in Britannia senza che i nemici lo notino, quindi incendia le navi per evitare che Allecto se ne impadronisca. Nel combattimento che segue Allecto viene sconfitto ed ucciso.
Intanto la flotta di Costanzo, imboccato il Tamigi, giunge a Londra dove vengono massacrati gli uomini di Allecto superstiti che stavano per saccheggiare la città.
Ristabilita la pace, Costanzo perdona tutti e fa restituire agli abitanti quanto è stato loro tolto.
Diocleziano assedia in Alessandria l'usurpatore Achilleo ed espugna la città dopo otto mesi, fa giustiziare Achilleo e consente ai soldati il saccheggio. In generale le fonti concordano sulla crudeltà mostrata da Diocleziano in questa occasione.
A questa impresa partecipano anche Galerio e Costantino figlio di Costanzo.
Visitando l'Egitto Diocleziano stipula con i Nubiani un accordo che prevede di cedere loro un territorio di confine in cambio della vigilanza sulle popolazioni barbariche che molestavano l'Egitto.

Anno 297
Papa: Marcellino
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Massimiano e Galerio
E' prefetto di Roma Afranio Annibaliano.
I Persiani, che hanno già conquistato l'Armenia, continuano ad avanzare ai danni dell'impero. Contro di loro interviene Galerio che ottiene alcune vittorie ma viene infine gravemente sconfitto.
Galerio prende la sua rivincita in Armenia organizzando con accortezza un assalto al campo nemico nel quale fa strage di Persiani.
Il re di Persia Narsete riesce a fuggire ma la sua famiglia viene catturata insieme a molti nobili. Galerio ordina di trattare con rispetto la moglie e le figlie del re.
Messosi in salvo, Narsete invia a Galerio ambasciatori per trattare la pace. Galerio concorda con Diocleziano le condizioni di pace da imporre agli sconfitti e Narsete le accetta rinunciando ad ogni pretesa sulla Mesopotamia. La pace sottoscritta durerà per oltre quarant'anni, fino agli ultimi tempi del regno di Costantino.
Sembra che a seguito di questa vittoria Galerio divenga più ambizioso, preoccupando Diocleziano.

Anno 298
Papa: Marcellino
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Anicio Fausto e Virio Gallio
Costanzo Cloro combatte contro gli Alemanni che tentano di invadere le Gallie e li sconfigge in una violenta battaglia presso Langres, rimanendo ferito.

Anno 299
Papa: Marcellino
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Diocleziano e Massimiano
Diocleziano decide grandi opere di abbellimento di Antiochia, costruisce un palazzo, le terme, i granai pubblici, lo stadio ed alcuni templi. Altre opere vengono eseguite ad Edessa e Damasco, vengono costruiti o restaurati abitati e fortezze in varie località delle province orientali.

Anno 300
Papa: Marcellino
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Costanzo e Galerio
Inizia la costruzione delle Terme di Diocleziano a Roma, poi completate da Costantino.
Massimiano decreta la costruzione di altre terme a Cartagine.

Anno 301
Papa: Marcellino
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Tiziano e Virio Nepoziano
Un terremoto devasta Sidone e Tiro.
Costanzo conduce una nuova campagna nelle Gallie contro varie popolazioni germaniche.

Anno 302
Papa: Marcellino
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Costanzo e Galerio
Carestia in Oriente. Il calmiere sul grano imposto da Diocleziano non basta a risolvere il problema.
Una riforma varata dai due augusti abolisce i Frumentari, ispettori che visitano le province per rilevare eventuali problemi ma che in realtà sono divenuti da tempo spie e ricattatori.
Altre opere pubbliche varate a Roma, Cartagine, Nicomedia, Milano.

Anno 303
Papa: Marcellino
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Diocleziano e Massimiano
Stando a Lattanzio da anni le pratiche divinatorie non danno responsi comprensibili, gli aruspici ne incolpano i cristiani.
Diocleziano ordina che tutte le persone di corte e tutti i militari che si professano cristiani sacrifichino agli dei, pena la flagellazione e l'esilio. Più avanti, su iniziativa di Galerio, si apre una tragica persecuzione inizialmente moderata dalla volontà di Diocleziano.
La persecuzione ha inizio, scrive ancora Lattanzio, il 23 febbraio con la profanazione della chiesa di Nicomedia che viene demolita e con un editto pubblicato il giorno successivo che ordina la distruzione di tutte le chiese e di tutti i libri cristiani.
D'ora in avanti si verificheranno episodi di sangue contro i cristiani che rifiutino di offrire sacrifici agli dei pagani.
Un certo Eugenio, capitano dei soldati in Seleucia, è indotto ad usurpare la porpora imperiale ed arriva ad occupare Antiochia ma viene trucidato dalla cittadinanza con tutti i suoi seguaci.
Diocleziano reagisce inaspettatamente punendo gli Antiochiesi con numerose condanne a morte e si procura l'odio di tutta la Siria.
In autunno Diocleziano si reca a Roma per festeggiare il ventennale del suo regno e celebra un trionfo al quale partecipa anche Massimiano, in novembre si ritira a Ravenna.
La persecuzione continua a colpire i cristiani in tutto l'impero, ad eccezione delle province governate da Costanzo.

Anno 304
Papa: Marcellino
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Diocleziano e Massimiano
Diocleziano, reduce da una malattia invernale, lascia Ravenna in estate per la Tracia. Le sue condizioni di salute peggiorano ed in dicembre si sparge la voce che sia morto a Nicomedia.
Muore papa Marcellino, forse martire. A causa delle persecuzioni la nomina del successore ritarderà tre anni.

Anno 305
Sede pontificia vacante
Imperatore: Diocleziano e Massimiano
Consoli: Costanzo e Galerio
Diocleziano, ancora malato, da segni di squilibrio mentale e Galerio cerca di convincerlo a dimettersi (come ha già fatto con Massimiano). Dopo aver tentato con la persuasione, Galerio passa alle minacce ed infine Diocleziano si da per vinto.
Diocleziano e Massimiano accettano dunque di dimettersi per lasciare la carica di augusti a Galerio e Costanzo. Quanto ai nuovi cesari Diocleziano propone Costantino figlio di Costanzo e Massenzio figlio di Massimiano ma Galerio impone Severo e Massimino Daia.
Il primo maggio Diocleziano annuncia pubblicamente le proprie dimissioni e le nuove nomine, la scelta dei cesari lascia perplessi i presenti.
Ripreso il nome di Diocle, Diocleziano si ritira a Salona.
Nello stesso giorno Massimiano si dimette a Milano e dichiara Costanzo augusto e Severo cesare per poi ritirarsi in Lucania.
I quattro principi ridistribuiscono le province: a Costanzo Gallia, Italia, Africa, Spagna e Britannia, a Galerio le province asiatiche, l'Egitto, la Tracia e l'Illirico. Costanzo assegna a Severo Italia e Africa; Massimino rimane agli ordini di Galerio governando la Siria e l'Egitto.
Massimino è uomo di umilissime origini, dedito al vino ed alla lussuria, sfogherà la propria crudeltà contro i cristiani e vesserà le province con gravami fiscali insopportabili.
Costanzo, ormai in precarie condizioni di salute, richiama Costantino da Nicomedia ma Galerio non vuole lasciarlo andare. Galerio spera nella morte di Costanzo per diventare unico imperatore e vede Costantino come un pericoloso ostacolo ma non osa sopprimerlo sapendolo amato dai soldati. Gli affida quindi pericolose missioni dalle quali, tuttavia, Costantino torna sempre vincitore ed illeso.

Anno 306
Sede pontificia vacante
Imperatore: Galerio, Severo, Massenzio e Massimino
Consoli: Costanzo e Massimino
Per non entrare apertamente in contatto con Costanzo, Galerio lascia andare Costantino dal padre ma ne ritarda la partenza per dare tempo a Severo di preparare un tranello, ma Costantino parte segretamente durante la notte ed arriva rapidamente nei territori di Costanzo.
Costantino trova Costanzo a Gesoriaco in partenza con una flotta per la Britannia per combattere contro Pitti e Caledoni e si unisce a lui in questa missione.
La guerra si svolge in Scozia e Costanzo riporta una vittoria ma muore di malattia in Britannia il 25 luglio.
Costanzo discendeva dalla famiglia di Claudio il Gotico, militando nell'Elvezia aveva conosciuto Elena che era divenuta sua moglie o sua concubina e che fu madre di Costantino.
Sulla condizione di Elena come concubina o legittima moglie le fonti antiche non sono concordi, comunque nel 292 Costanzo la ripudiò per sposare Teodora figlia di Massimiano.
Tutti gli autori invece riconoscono in Costanzo un governante capace, giusto, clemente ed amato dai suoi sudditi. Tollerante verso i cristiani pur essendo pagano, a causa delle persecuzioni indette da Galerio e Diocleziano nel 303 non potè evitare di demolire le chiese ma vietò che si nuocesse alle persone.
Da Flavia Massimiana Teodora Costanzo aveva avuto tre figli maschi: Dalmazio, Giulio Costanzo e Annibaliano, e tre femmine: Costanza, Anastasia e Eutropia.
Prima di morire stabilisce che solo Costantino possa succedergli al potere.
Il giorno stesso della morte di Costanzo i soldati proclamano augusto Costantino. Galerio accetta perché i suoi consiglieri sostengono che altrimenti i soldati passerebbero a Costantino, ma scrive a quest'ultimo di accontentarsi del titolo di cesare.
La morte improvvisa di Costanzo e la nomina di Costantino sconvolge i piani di Galerio che poco dopo nomina Severo augusto per precludere la carica a Costantino.
Galerio governa con dispotismo e crudeltà comminando continuamente condanne a morte e compiacendosi di assistere alle esecuzioni.
Tenta di sopprimere i privilegi fiscali del popolo di Roma ma in città si crea una forte tensione della quale approfitta Massenzio figlio di Massimiano che nel mese di luglio si fa proclamare imperatore dai pretoriano.
Massimiano lascia il suo ritiro in Lucania e torna a Roma dal figlio, Massenzio, consapevole del maggior prestigio del padre, lo reintegra nella porpora e lo dichiara suo collega.
La situazione vede a questo punto quattro augusti (Massenzio, Massimiano, Galerio e Severo) e un cesare (Costantino).
Nelle Gallie Costantino restituisce la libertà di culto ai cristiani e muove contro i Franchi che stanno penetrando nella provincia. Dopo averli sconfitti oltrepassa il Reno per attaccare i Brutteri. In queste occasioni Costantino (che secondo Muratori non era ancora convertito al Cristianesimo) si dimostra crudele mandando molti prigionieri a morire dilaniati dalle belve.
Fa costruire un ponte sul Reno per attaccare rapidamente le popolazioni germaniche di confine in caso di bisogno e questa minaccia evita per molto tempo ulteriori incursioni e garantisce alle Gallie un periodo di serenità.

Anno 307
Sede pontificia vacante
Imperatore: Galerio, Severo, Massenzio e Massimino
Consoli: Massimiano e Costantino
Massimiano scrive a Diocleziano esortandolo a riprendere la porpora ma Diocleziano rifiuta.
Galerio, non particolarmente preoccupato per la ribellione di Massenzio che sa debole e corrotto, gli manda contro Severo il quale viene in Italia con un'armata in cui militano molti veterani di Massimiano che alle porte di Roma si lasciano facilmente convincere a cambiare bandiera.
Severo fugge a Ravenna e Massimiano lo assedia ma poi lo convince a deporre la porpora e tornare con lui a Roma dove lo fa strangolare a tradimento. Severo lascia un figlio di nome Severiano che sarà ucciso nel 313 per ordine di Licinio.
Dopo aver tentato di nuovo inutilmente di coinvolgere Diocleziano, Massimiano, consapevole che Galerio cercherà di vendicare Severo, cerca l'alleanza di Costantino al quale conferisce il titolo di augusto facendogli sposare la figlia Flavia Massimiana Fausta (la prima moglie di Costantino, Minervina, è già morta).
Galerio scende in Italia ma quando giunge nei pressi di Roma si rende conto che la sua armata non è in grado di assediare una città tanto grande, si stabilisce quindi a Terni e invia ambasciatori a Massenzio per invitarlo a trattare.
Massenzio rifiuta e molti soldati di Galerio cambiano partito rifiutando di combattere contro Roma. Galerio è costretto a tornare in Pannonia con grande vergogna e durante il viaggio permette che i soldati rimasti con lui saccheggino liberamente le città che incontrano.
Massimiano si stabilisce a Roma per governare insieme a Massenzio ma è invidioso del potere del figlio ed entra in contrasto con lui fino ad accusarlo pubblicamente di incapacità. Questo comportamento lo rende odioso ai soldati ed in breve Massimiano è costretto a fuggire da Roma.
In novembre Licinio è creato augusto per volontà di Galerio.
Licinio era nativo della Dacia, di famiglia contadina aveva intrapreso il servizio militare ed era stato commilitone di Galerio diventandone amico.
Insieme alla nomina assume l'incarico di sconfiggere Massenzio.

Anno 308
Papa: Marcello I
Imperatore: Galerio, Massenzio, Costantino, Licinio, Massimino
Consoli: Massimiano e Galerio
Marcello viene eletto papa tre anni dopo la morte del predecessore.
La nomina di Licinio indigna Massimino Daia che si vede sorpassato. Dopo aver inutilmente protestato presso Galerio, Massimino assume il titolo di augusto di sua iniziativa e scrive a Galerio attribuendo il fatto alla volontà delle sue truppe.
Secondo Lattanzio ed Eusebio, Massimino grassava la popolazione a lui sottoposta per arricchire i soldati e perseguitava i cristiani.
Massimiano fa visita al genero Costantino nelle Gallie e viene accolto con i massimi onori. Per dissimulare le proprie ambizioni depone la porpora ma quando si verificano incidenti consiglia a Costantino di intervenire con minime risorse militari sperando di vederlo cadere sul campo per prendere il controllo delle sue legioni, quindi si sposta ad Arles con il grosso dell'esercito e qui riprende la porpora impossessandosi del palazzo imperiale.
Tuttavia Costantino, che prudentemente aveva lasciato suoi informatori a controllare il suocero, avvisato del tradimento mosse immediatamente verso Arles, Massimiano fuggì a Marsiglia dove fu raggiunto e catturato dal genero. Costantino non punì in alcun modo Massimiano, limitandosi a spogliarlo dell'abito imperiale, e permise che continuasse a vivere alla sua corte.
Massenzio domò ribellioni in Africa riducendo all'ubbidienza la provincia di Cartagine. Diffidando del prefetto in Africa Alessandro, Massenzio gli chiese i figli in ostaggio e quando Alessandro rifiutò ordinò di ucciderlo. Il prefetto reagì facendosi proclamare imperatore dalle sue truppe.

Anno 309
Papa: Marcello I
Imperatore: Galerio, Massenzio, Costantino, Licinio, Massimino
Consoli: Massenzio e Romolo Cesare
Il cesare di nome Romolo che ebbe il consolato era figlio di Massenzio e sembra che in questo stesso anno morì affogando nel Tevere, ma la notizia non è certa.
Massimiano, ancora ospite onorato di Costantino nonostante il tradimento dell'anno precedente, tentò di convincere la figlia Fausta a lasciare aperta la camera maritale durante la notte, ma Fausta avvertì il marito che fece dormire nel suo letto un eunuco.
Massimiano durante la notte trucidò l'eunuco e quando scoprì che Costantino era ancora vivo non seppe giustificarsi e venne giustiziato.

Anno 310
Papa: Eusebio - Melchiade
Imperatore: Galerio, Massenzio, Costantino, Licinio, Massimino
Consoli: Massenzio senza collega
Galerio soggiornava in Dacia dove aveva promosso importanti opere di bonifica. Accumulava risorse finanziarie da utilizzare per attaccare Massenzio esasperando il prelievo fiscale nelle su province e prelevando le imposte con violenza tramite l'esercito.
In quest'anno Galerio si ammalò di un orribile cancrena contro la quale i medici si rivelarono del tutto inefficaci. Dal canto suo Costantino si trovò ad affrontare una lega delle popolazioni germaniche, sulla quale riportò una grande vittoria, per poi passare a domare una rivolta in Britannia.
Morì papa Marcello I, mandato in esilio da Massenzio, ed ebbe successore Eusebio che morì dopo soli quattro mesi. Fu quindi eletto Melchiade.

Anno 311
Papa: Melchiade
Imperatore: Galerio, Massenzio, Costantino, Licinio, Massimino
Consoli: Galerio senza collega
Galerio, benché costretto a letto dalla malattia, assunse il suo ottavo ed ultimo consolato.
In quest'anno Galerio emanò un editto che concedeva ai cristiani libertà di culto ritrattando le precedenti disposizioni. Morì nel mese di aprile.
Le province governate da Galerio (Illirico, Macedonia, Grecia, Bitinia e Tracia) passarono a Licinio, ma Massimino si oppose contendendo a Licinio la Bitinia che invase immediatamente senza lasciare al rivale il tempo di intervenire.
Licinio preferì evitare la guerra e lasciò la Bitinia a Massimino. Valeria, vedova di Galerio e figlia di Diocleziano e Prisca, per non essere insidiata da Licinio si trasferì con la madre ed il figlio Candidiano nei territori di Massimino. Questi le propose il matrimonio e, ottenuto un rifiuto, la mandò in esilio, confiscò i suoi beni e perseguitò le persone del suo seguito.
Poiché Massimino minacciava di vendicare la morte del padre Massimiano, Costantino si affrettò a concludere la pace nelle Gallie per prepararsi ad affrontarlo adeguatamente.
Massenzio inviò il prefetto del pretorio Rufio Volusiano in Africa contro l'usurpatore Alessandro che fu catturato e strangolato, quindi ordinò il sacco di Cartagine e perseguitò i cittadini più ricchi della provincia con false accuse allo scopo di confiscare i loro beni.
Anno 312
Papa: Melchiade
Imperatore: Massenzio, Costantino, Licinio, Massimino
Consoli: Costantino nelle Gallie e Licinio nell'Illirico
A causa del dispotismo e della ferocia di Massenzio molti cittadini romani scrivevano segretamente a Costantino pregandolo di liberare Roma dal tiranno, inoltre lo avvisarono che con il pretesto di vendicare il padre, Massenzio si preparava ad invadere le Gallie. Costantino tentò le vie diplomatiche ma senza alcun successo, quindi strinse accordi con Licinio al quale promise in moglie sua sorella Flavia Valeria Costanza. Ciò indusse Massimino a dare la sua disponibilità a Massenzio, eppure al momento dello scontro Licinio e Massimino non intervennero.
In primavera Costantino guidò un'armata in Italia valicando le Alpi e ne inviò un'altra via mare. A Susa debellò una guarnigione di Massenzio che doveva impedirgli di procedere.
Prima di giungere a Torino sconfisse altre forze nemiche, quindi entrò in città festosamente accolto dalla popolazione, analoga accoglienza ebbe a Milano mentre altre città della zona gli inviavano amichevoli ambasciate.
A Brescia Costantino incontrò un altro presidio di Massenzio che sbaragliò rapidamente. Le truppe di Massenzio erano concentrate a Verona dove aveva il comando Ruricio Pompeiano prefetto del pretorio. Costantino assediò Verona oltrepassando l'Adige ma la città era ben fortificata e difesa, Pompeiano uscì di nascosto dalle mura e radunate altre forze attaccò gli assedianti ma i soldati di Costantino ebbero la meglio, lo stesso Pompeiano morì in battaglia e poco dopo Verona si arrese.
Senza incontrare altri ostacoli, Costantino giunse a Roma dove Massenzio aveva preparato una grande armata ed ingenti scorte per resistere ad un eventuale assedio. Massenzio era certo di vincere ed i suoi progetti miravano a renderlo unico imperatore. Stando ad Eusebio di Cesarea fu in questo frangente che Costantino cominciò a rivolgere le sue preghiere al Dio dei cristiani e fu in quei giorni che ebbe la visione di una croce luminosa in cielo con le parole "Con questa va a vincere" ed un'apparizione di Gesù Cristo in sogno che lo rassicurava sull'esito della guerra. Costantino aggiunse la croce alle sue insegne ed abbracciò, primo fra gli imperatori, la religione cristiana.
Da parte sua Massenzio schierò le sue truppe fuori dalle mura, lungo il Tevere all'altezza di Ponte Milvio. Costantino si accampò lungo oltre il fiume cercando il modo di attraversare la corrente in quel momento molto forte ma Massenzio sicuro della superiorità delle sue forze, superò il Tevere cercando la battaglia campale e disponendo le truppe fra il nemico ed il fiume nella località detta dei Sassi Rossi.
Costantino fu lieto di affrontare il nemico in battaglia piuttosto che disporsi ad un assedio che sarebbe stato lungo e difficile. La battaglia fu molto cruenta. Dopo la rotta della cavalleria le truppe di Massenzio si trovarono prese fra quelle di Costantino ed il fiume e furono sterminare, quanti non venivano uccisi annegavano nel Tevere nel tentativo di attraversarlo. Il ponte di barche che Massenzio aveva preparato non resse al carico dei fuggitivi e sciogliendosi fece perire quanti vi si trovavano compreso lo stesso Massenzio.
Il giorno successivo il cadavere di Massenzio fu ritrovato e la sua testa esposta in città provocò esplosioni di gioia fra la popolazione.
Entrata in questa città in festa, Costantino si comportò con clemenza verso i nemici limitandosi a far morire soltanto i più stretti collaboratori di Massenzio. Fra le sue prime decisioni fu l'abolizione della milizia pretoriana, una decisione che gli procurò grande favore del popolo che odiava questo corpo scelto famoso per le sue prepotenze e i suoi abusi. Rimase in vigore, tuttavia, la carica di prefetto del pretorio che continuò ad essere molto prestigiosa anche sotto gli imperatori successivi.
L'imperatore rese omaggio al senato e richiamò tutte le persone esiliate da Massenzio restituendo loro i beni confiscati.

Anno 313
Papa: Melchiade
Imperatore: Costantino, Licinio, Massimino
Consoli: Costantino e Licinio
Costantino si trattenne a Roma fino alle calende di gennaio per inaugurare il suo terzo consolato ed emanò disposizioni fiscali in favore dei meno abbienti.
In marzo era a Milano dove si celebrò il matrimonio fra Licinio e Costanza sorella di Costantino. Passò quindi nelle Gallie per respingere un tentativo di invasione da parte dei Franchi.
A Salona, dove si era ritirato dopo l'abdicazione, morì Diocleziano. Il giudizio degli storici antichi su Diocleziano è nel complesso positivo: saggio legislatore, accorto amministratore, capace difensore dell'impero. Gli si addebita tuttavia come errore l'aver diviso il potere imperiale, smembrando la monarchia e moltiplicando i costi della corte.
Era inoltre molto avaro ed esagerò con l'imposizione fiscale, come testimoniano Lattanzio ed Eusebio. Ma per gli autori cristiani la sua colpa più grave fu nelle persecuzioni. Gli ultimi anni della sua vita non furono felici: vide la moglie e la figlia maltrattate ed esiliate da Massimino e soffrì di una grave malattia che lo portò alla tomba nel mese di giugno di quest'anno.
In questo periodo fiorirono gli autori della Storia Augusta (Spaziano, Lampridio, Capitolino, Volcacio Gallicano e Trebellio Pollione) e il filosofo pagano Porfirio.
Costantino e Licinio emanarono congiuntamente un proclama in favore dei cristiani, Massimino mostrò di adeguarsi ma continuò segretamente a perseguire i cristiani.
Approfittando dell'assenza di Licinio che si trovava a Milano, Massimino attaccò i suoi territori penetrando in Bitinia, quindi in Tracia e proseguendo fino a Bisanzio, che assediò. I difensori capitolarono dopo undici giorni e Massimino passò ad assediare Eraclea ma intanto Licinio era stato informato e, radunate tutte le forze disponibili, marciava fino ad Adrianopoli.
I due eserciti si scontrarono il 30 aprile. Licinio, che prima del combattimento aveva fatto recitare ai suoi soldati una preghiera al Dio dei cristiani, ebbe subito il sopravvento e mise in fuga gli avversari, compreso Massimino. Questi riparò in Cappadocia con la famiglia, riunì le truppe superstiti e fece giustiziare i sacerdoti che gli avevano fornito previsioni errate.
Il 13 giugno a Nicomedia Licinio emanò un editto in favore dei cristiani annullando tutte le persecuzioni, quindi di dedicò ad inseguire Massimino che intanto aveva pubblicato un editto analogo.
Rendendosi conto di non poter difendersi da Licinio, Massimino si avvelenò ma il veleno non riuscì ad ucciderlo e gli procurò una grave malattia della quale più tardi morì con orrende sofferenze. Licinio eliminò i figli, la moglie ed i ministri di Massimino e si impossessò delle sue province.
Stabilitosi ad Antiochia, Licinio accolse Candidiano figlio di Galerio e Severiano figlio di Severo ma poi li uccise improvvisamente. Anche Valeria e Prisca, rispettivamente figlia e moglie di Diocleziano furono condannate. Fuggirono a Tessalonica dove nel 315 furono rintracciate ed uccise.
Fu giustiziato anche un certo Valerio Valente che prima della morte di Massimino aveva tentato di usurpare il trono d'Oriente.

Anno 314
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino, Licinio
Consoli: Gaio Ceionio Rufio Volusiano e Anniano
Morì Melchiade e fu eletto Silvestro.
Costantino fece innalzare a Roma una sua statua che brandiva la Croce.
L'imperatore convocò un concilio di vescovi ad Arles per risolvere la questione dei donatisti africani.
Troppo diversi fra loro nella personalità e nelle scelte religiose, Costantino e Licinio vennero in contrasto. All'origine della guerra furono questioni territoriali, ma la responsabilità viene attribuita all'uno o all'altro augusto a seconda del credo delle fonti.
Intendendo nominare cesare per l'Italia il proprio cognato Bassiano, marito di Anastasia, Costantino chiese l'assenso di Licinio ma scoprì che questi cospirava per indurre alla rivolta Bassiano con il suo consigliere Senecione, fratello dello stesso Bassiano.
Verificato che il cognato aveva aderito alla congiura, Costantino lo fece eliminare, quindi chiese la consegna di Senecione a Licinio che rifiutò. Ne nacque la guerra. Costantino marciò verso la Pannonia con una modesta armata e sconfisse le forze molto superiori di Licinio, era l'8 ottobre.
Licinio fuggì a Sirmio seguito da molti dei suoi soldati, quindi proseguì fino ad arrivare in Tracia dove riorganizzò le sue forze.
Dopo una nuova battaglia priva di risultati si giunse alle trattative e Costantino accettò di concludere la pace a condizione che Licinio deponesse il suo ufficiale Valente dalla carica di cesare che gli aveva recentemente conferito. A seguito di questo accordo i domini di Licinio furono ridimensionati a favore di Costantino al quale passarono diverse province.

Anno 315
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino, Licinio
Consoli: Costantino e Licinio
Costantino trascorse buona parte di quest'anno in Pannonia e nelle altre province acquisite dopo la guerra con Licinio. Una legge di Costantino emanata in quest'anno abrogava la pratica di marcare a fuoco quanti venivano condannati a combattere da gladiatori o a lavorare in miniera.
Un'altra norma istituita dall'imperatore in quest'anno prevedeva il mantenimento a carico dello stato dei bambini poveri per evitare che i genitori li uccidessero, vendessero o abbandonassero.
Alla fine dell'estate Costantino tornò a Roma.

Anno 316
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino, Licinio
Consoli: Antonio Cecina Sabino e Gaio Vettio Cossinio Rufino
Costantino concesse ai vescovi il diritto di convalidare le manomissioni degli schiavi.
I donatisti fecero appello all'imperatore contro il giudizio del Concilio di Arles che li aveva condannati e Costantino, che soggiornava per l'ultima volta in Gallia, si portò a Milano per ridiscutere la questione, ma di nuovo il giudizio fu contrario ai donatisti e favorevoli al loro avversario Ceciliano.
Il 7 di agosto, in Arles, Fausta moglie di Costantino partorì Costantino Juniore.

Anno 317
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino, Licinio
Consoli: Ovinio Gallicano e Settimio Basso
Il console Settimio Basso dal 15 maggio ricoprì anche la carica di prefetto di Roma.
Costantino e Licinio trattarono per nominare cesari i figli. Crispo, figlio di Costantino e Minervina, era nato prima del 300 ed aveva studiato con Lattanzio Firmiano.
Crispo e Costantino Juniore, noto l'anno precedente, furono entrambi nominati cesari. Valerio Liciniano Licinio, figlio di Licinio, aveva circa vent'anni ed anche egli ricevette la carica.
Il 13 agosto Fausta partorì Costanzo.

Anno 318
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino, Licinio
Consoli: Licinio Augusto e Crispo
Costantino soggiornava a Sirmio. Sotto il suo regno il Cristianesimo si diffondeva in piena serenità, mentre l'imperatore finanziava la costruzione di varie chiese.
Anche Licinio, pur essendo pagano, per paura di Costantino evitava di molestare i cristiani.

Anno 319
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino, Licinio
Consoli: Costantino e Licinio Cesare
Costantino si tratteneva nelle sue province orientali forse per vigilare sui Sarmati.
Risalgono a quest'anno alcune leggi emanate da Costantino per controllare l'attività egli auguri ed evitare che frodassero chi a loro si rivolgeva.

Anno 320
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino, Licinio
Consoli: Costantino e Costantino Juniore
Leggi di Costantino per regolare l'esazione dei debiti, pignoramenti, ecc.
Abrogazione delle pene contro il celibato. Varie disposizioni per la moralizzazione dei costumi e in materia giudiziaria.

Anno 321
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino, Licinio
Consoli: Crispo e Costantino Juniore
Panegirico di Nazario per il quinquennio della carica di cesare di Crispo e Costantino Juniore.
Costantino si trova nell'Illirico e pubblica leggi sulle pene giudiziarie, concede il permesso di continuare a consultare gli aruspici.
Un editto del 7 marzo ordina di festeggiare la domenica, altri editti di luglio concedono vari privilegi ai cristiani. Una legge del 22 giugno condanna le pratiche magiche.

Anno 322
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino, Licinio
Consoli: Petronio Probiano e Anicio Giuliano
Costantino, ancora nell'Illirico, combatte contro i Sarmati, Carpi e Goti che vengono più volte sconfitti sul Danubio. Nei combattimenti muore anche Rausimondo re dei Sarmati. Per festeggiare la vittoria vengono istituiti i "Giochi Sarmatici".
Costantino manda a Roma il figlio Crispo e la madre Elena ed in loro onore concede un'amnistia.

Anno 323
Papa: Silvestro
Imperatori: Costantino e Licinio
Consoli: Acilio Severo e Vettio Rufino
Il console Gaio Vettio Cossinio Rufino aveva esercitato la prefettura urbana nel 315.
All'inizio dell'anno Costantino si trova a Tessalonica per costruire un porto.
L'augusto interviene contro i Goti penetrati in Tracia e Media, territori di Licinio, probabilmente per fermarli prima che irrompano nei suoi domini, ma Licinio solleva una polemica, Costantino tenta l'accordo ma infine si viene alla guerra.
Libidinoso, avaro, avido e crudele, Licinio era odiato dai sudditi ed i suoi rapporti con Costantino si erano deteriorati da tempo.
A Costantino spiacevano in modo particolare le persecuzioni che il collega attuava più o meno apertamente contro i cristiani. Aveva cacciato tutti i cristiani dalla corte, proibito i concili ed ordinato che il culto cristiano fosse celebrato solo all'aperto e non nella chiesa. Inoltre tramava insidie e calunnie per mandare in rovina chi si professava cristiano.
La spedizione di Costantino contro i Goti nei territori di Licinio è dunque soltanto un pretesto. Le armate dei due augusti si portano nei pressi di Adrianopoli e si fronteggiano per qualche giorno separate dal fiume Ebro.
Individuato un guado nascosto dalla vegetazione, Costantino oltrepassa improvvisamente il fiume e si viene alla battaglia campale (3 luglio).
Le fonti parlano di trentaquattromila caduti, lo stesso Costantino rimane lievemente ferito e Licinio, sconfitto, fugge a Bisanzio dove si prepara a sostenere un assedio.
Costantino lo insegue ed intanto affida a Crispo il comando della flotta con il compito di impedire alle navi nemiche di soccorrere Licinio.
Anche in mare le forze di Licinio vengono sconfitte grazie alla migliore organizzazione dell'equipaggio di Crispo e ad un vento furioso che, nello stretto di Gallipoli, spinge le navi di Licinio contro gli scogli della costa.
Licinio ripara con il tesoro a Calcedonia ed invia il suo luogotenente Martiniano a Lampsaco per bloccare la flotta nemica. Per guadagnare tempo finge di voler avviare trattative di pace ma intanto cerca un'alleanza con i Goti contro Costantino ma questi non si lascia ingannare ed il 18 settembre si combatte di nuovo a Crisopoli, non lontano da Calcedonia.
Di nuovo sconfitto, Licinio si ritira a Nicomedia e manda la moglie Costanza, sorella di Costantino, a trattare. Costanza ottiene clemenza per il marito che viene confinato a Tessalonica.
Secondo alcuni autori Martiniano viene giustiziato ma secondo l'Anonimo Valesiano lo si risparmia per ucciderlo più tardi in Cappadocia.
Il giovane Licinio, figlio di Costanza, sarà ucciso tre anni dopo, molti ministri e ufficiali di Licinio vengono decapitati.
Così l'impero è di nuovo riunito sotto un solo imperatore. Fra i primi atti di Costantino si ricorda la liberazione dei cristiani fatti imprigionare da Licinio ed il reintegro nelle cariche di quanti ne erano stati privati per motivi religiosi.
Ormisda, figlio del re di Persia Ormisda II, chiede la protezione di Costantino contro i nobili che lo perseguono dalla morte del padre sostenendo suo fratello minore Sapore. Costantino lo accoglie ma non vuole intervenire nella questione.
A Costanzo, figlio di Costantino e Fausta, che ha circa sette anni, viene conferita la dignità di Cesare.

Anno 324
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino
Consoli: Flavio Giulio Crispo Cesare e Flavio Valerio Costantino Cesare
Secondo molte fonti muore in quest'anno Licinio, esule a Tessalonica, forse strangolato per ordine di Costantino.
Sembra che Licinio cospirasse per riprendere il potere. Dopo la sua morte vengono cassati tutti i suoi decreti.
La falsa donazione di Costantino alla Chiesa fu datata in quest'anno. Da Nicomedia Costantino invia Osio vescovo di Cordova ad Alessandria per comporre la disputa fra il vescovo Alessandro e l'eretico Ario che in questo periodo a iniziato a diffondere la sua dottrina.
Constatando la difficoltà e l'importanza di questa controversia nell'anno successivo l'imperatore convocherà il Concilio di Nicea.
Costantino si dedica a riordinare le province orientali e a promuovere la diffusione del Cristianesimo. Fa ricostruire le chiese distrutte e ne fabbrica di nuove.

Anno 325
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino
Consoli: Paolino e Giuliano
Si tiene il Concilio di Nicea con la partecipazione di trecentodiciotto vescovi che condannano la dottrina di Ario. Costantino partecipa personalmente ed alla fine esilia Eusebio vescovo di Nicomedia e Teognide vescovo di Nicea che continuano a sostenere l'arianesimo.
Un editto imperiale vieta i giochi gladiatorii, un altro pone un calmiere sugli interessi degli usurai.

Anno 326
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino
Consoli: Flavio Valerio Costantino Augusto e Flavio Giulio Costanzo Cesare
In estate Costantino torna a Roma per festeggiare il ventennale della sua nomina ad augusto.
Evitando la visita tradizionale al tempio di Giove provoca proteste e disordini fra la popolazione pagana ma non applica alcuna forma di repressione.
In quest'anno Costantino fa uccidere il figlio Crispo, le fonti non tramandano con chiarezza le ragioni di questa decisione ma avanzano ipotesi. Secondo Zosimo Crispo aveva una relazione con la matrigna Fausta Augusta, oppure questa lo aveva calunniato presso il marito accusandolo di averla insidiata.
Altri ritengono che comunque l'imperatore fu indotto alla decisione dalla moglie che voleva eliminare un rivale nella successione per i suoi figli.
Forse per aver scoperto l'inganno o forse perché viene informato delle infedeltà coniugali della moglie, Costantino ordina di far morire anche Fausta annegandola in un bagno bollente.
Ancora per ignoti motivi l'imperatore fa uccidere anche il nipote Licinio figlio di sua sorella Costanza e del defunto Licinio.

Anno 327
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino
Consoli: Flavio Valerio Costantino e Massimo
Probabilmente in quest'anno Elena madre di Costantino si reca in Terra Santa dove scopre il Sepolcro di Cristo e la Vera Croce. Costantino fa costruire un tempio sul luogo della scoperta ed altre chiese.
Alla madre, che muore ottantenne in quest'anno o nel successivo, Costantino dedica monete d'oro ed altri onori dopo aver finanziato munificamente le sue opere di carità. Ordina inoltre che il suo corpo venga trasportato a Roma e deposto in un magnifico sepolcro.
Le dedica anche Elenopoli, città fondata in Bitinia dall'imperatore e dalla stessa Elena.

Anno 328
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino
Consoli: Januario e Giusto
Costantino soggiorna in Bitinia e in Mesia. Fa costruire un ponte di pietra sul Danubio e probabilmente combatte contro i Goti oltre il fiume.
Consigliato da Eusebio vescovo di Nicomedia, Costantino richiama Ario e altri esuli.

Anno 329
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino
Consoli: Flavio Valerio Costantino Augusto e Flavio Valerio Costantino Cesare
Costantino soggiorna in oriente ed inizia a progettare Costantinopoli e a costruire la Basilica aurea.

Anno 330
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino
Consoli: Gallicano e Simmaco
Desideroso di gloria, Costantino decide di dare il proprio nome ad una nuova capitale nella quale vivere. Inizia i lavori in un sito vicino all'antica Troia ma quando nota la posizione di Bisanzio li abbandona e trasferisce il cantiere.
Nel vasto spazio intorno alle nuove mura costruisce il palazzo imperiale, strade, case, piazze, circoli, fontane, portici mai inferiori agli equivalenti romani.
Bandita ogni forma di culto pagano, costruisce chiese ed oratori. Con benefici, donativi e privilegi attira cittadini di altre città a vivere a Costantinopoli e dona ville e palazzi ai senatori disposti a trasferirsi da Roma.
Secondo molti autori la città viene inaugurata l'11 maggio, anche se i lavori continueranno ancora per anni.
Costantino conferisce alla Nuova Roma tutti i privilegi di cui godeva la vecchia, vi istituisce un senato e varie magistrature.

Anno 331
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino
Consoli: Annio Basso e Ablavio
Costantino risiede a Costantinopoli e legifera in materia giudiziaria. Riduce le imposte ed ordina una revisione del catasto dei terreni.
Porta a quattro il numero dei prefetti: dell'Italia, dell'Oriente, dell'Illirico e delle Gallie.

Anno 332
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino
Consoli: Pacaziano e Ilariano
Costantino Cesare, figlio dell'imperatore, combatte con il titolo di generale contro popolazioni barbariche (molte fonti parlano genericamente di Goti), alleandosi con i Sarmati.
Costantino abolisce i tributi annuali che si pagavano alle popolazioni confinanti, stipula trattati e prende molti barbari a militare nell'esercito imperiale.

Anno 333
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino Consoli: Flavio Delmazio e Zenofilo
Il console Delmazio è figlio di un fratello di Costantino e più tardi riceverà il titolo di cesare.
Publio Optaziano Porfirio, autore di un panegirico di Costantino, viene nominato prefetto di Roma ma dopo un mese è sostituito da Ceionio Giuliano Camenio.
Costante, figlio minore dell'imperatore, viene creato cesare.
Siria e Cilicia sono devastate dalla carestia ed anche a Costantinopoli si soffre per penuria di grano.
Stando ad Eusebio, Costantino si sforzava di mantenere la pace con tutti gli stati confinanti e all'interno dell'impero. In particolare mantenne a lungo buoni rapporti con Sapore re di Persia nel cui impero andava diffondendosi il Cristianesimo.

Anno 334
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino Consoli: Lucio Ranio Aconzio Optato e Anicio Paolino Juniore
Disposizioni di Costantino in materia giudiziaria in favore degli orfani e delle vedove.
Nuova guerra fra Goti e Sarmati, questi ultimi arruolano gli schiavi che dopo aver sconfitto i nemici si rivolgono contro i padroni. I nobili sarmati chiedono asilo a Costantino che offre loro rifugio nei suoi stati.

Anno 335
Papa: Silvestro
Imperatore: Costantino Consoli: Giulio Costanzo e Ceionio Rufio Albino
Giulio Costanzo, figlio di Costanzo e di Flavia Massimiana Teodora figliastra di Massimiano Erculio, era fratellastro di Costantino. Oltre al consolato ebbe il titolo di patrizio e la facoltà di indossare la veste rossa. Fu padre di Gallo Cesare e di Giuliano l'Apostata.
Ceionio Rufio Albino era figlio di Rufio Volusiano e nello stesso anno ebbe la prefettura di Roma.
Costantino dedica la Chiesa della Resurrezione che ha fatto costruire in Gerusalemme.
Costantino indice i concilii di Tiro e di Gerusalemme per dirimere la questione ariana ma sottovaluta la forza degli Ariani che a Tiro depongono Atanasio vescovo di Alessandria e a Gerusalemme approvano la dottrina di Ario.
Fravio Giulio Dalmazio viene proclamato Principe della Gioventù. Flavio Claudio Annibaliano, fratello di Dalmazio, diventa re del Ponto, della Cappadocia e dell'Armenia Minore e sposa Costantina (o Costanziana) figlia dell'imperatore.
Muore papa Silvestro.

Anno 336
Papa: Marco
Imperatore: Costantino Consoli: Flavio Popilio Nepoziano e Facondo
Nepoziano era figlio di Eutropia sorella di Costantino.
Marco viene eletto papa. Il suo pontificato dura solo otto mesi e venti giorni, gli succederà Giulio I eletto nei primi mesi del 337.
Matrimonio di Costanzo Cesare, corse con la figlia di Giulio Costanzo (fratello di Costantino) e di Galla.
Costantino dispone per la sua successione dividendo l'impero fra figli e nipoti: Gallie, Spagna, Britannia e Mauritania a Costantino; l'Oriente e l'Egitto a Costanzo; l'Italia, l'Africa e l'Illirico con la Tracia e Costantinopoli a Costante; la Dacia Inferiore a Dalmazio; Ponto, Cappadocia e Armenia Minore erano già state assegnate ad Annibaliano l'anno precedente.

Anno 337
Papa: Marco
Imperatore: Costantino Juniore, Costanzo e Costante Consoli: Feliciano, Tiberio Fabio Tiziano
Dopo quarant'anni di pace scoppia la guerra fra la Persia e l'Impero Romano. Secondo le fonti più attendibili il conflitto è provocato dal re di Persia Sapore II che intende recuperare gli stati già appartenuti al suo impero, anche se altri lo attribuiscono alle trame di un ambasciatore di nome Metrodoro.
Costantino fa costruire il proprio sepolcro in Costantinopoli quindi, turbato dalla sua salute non più stabile, chiede di farsi battezzare e riceve il sacramento da Eusebio vescovo di Nicomedia.
L'imperatore richiama dall'Esilio Atanasio ed altri vescovi.
Costantino muore il 22 maggio a sessantatre anni. Il suo corpo viene esposto nella sala del palazzo fino all'arrivo del figlio Costanzo dalla Siria, per poi essere sepolto nel monumento appositamente preparato.
Nell'impero il lutto viene celebrato solennemente, i pagani proclamano la deificazione dell'imperatore, i Greci lo santificano.
Tuttavia anche Costantino ebbe i suoi difetti, spesso esagerati dagli scrittori pagani: l'ambizione, l'amore per il lucco, l'eccessiva clemenza che danneggiava l'ordine pubblico ed agevolava i ministri disonesti.
Costantino protesse le arti, le scienze e le lettere. Sotto di lui fiorirono gli autori della Storia Augusta come Sparziano, Lampridio e Capitolino, i panegiristi Eumene, Nazario e Optaziano, il filosofo Giamblico, i poeti Commodiano e Giuvenco, gli scrittori Arnobio, Giulio Firmico, Eusebio di Cesarea e i giuristi Gregorio e Ermogeniano.

Anno 338
Papa: Giulio I
Imperatore: Costantino Juniore, Costanzo e Costante
Consoli: Orso e Polemio
Costantino Juniore, Costanzo e Costante si riuniscono a Costantinopoli per le esequie di Costantino, tutti e tre ricevono dalle milizie il titolo di Augusto e si chiede al senato il consenso per nominarli imperatori.
I tre fratelli sollevano dalla carica il prefetto Ablavio e poco dopo mandano sicari ad ucciderlo.
Analogo destino toccò a Dalmazio, Annibaliano, Giulio Costanzo e altri parenti di Costantino, pare per iniziativa del solo Costanzo.
Nella spartizione dell'impero fra gli eredi nacquero discordie che furono poi composte in una riunione a Sirmio: Costantino Juniore ebbe Costantinopoli, la Tracia, il Ponto, la Mesia Inferiore, parte dell'Africa, l'Armenia e la Cappadocia andarono a Costanzo ma mancano notizie sul resto dell'accordo che comunque ebbe breve durata.
Sapore re di Persia alla notizia della morte di Costantino invase la Mesopotamia ed assediò Nisibi ma si ritirò dopo due mesi.

Anno 339
Papa: Giulio I
Imperatore: Costantino Juniore, Costanzo e Costante
Consoli: Costanzo e Costante
Nessun evento rilevante in quest'anno. Continua la guerra contro la Persia.

Anno 340
Papa: Giulio I
Imperatore: Costantino Juniore, Costanzo e Costante
Consoli: Acindino, Lucio Aradio Valerio Proculo
A proposito di Acindino, Muratori riporta un episodio narrato da Agostino. Fatto prigioniero un cittadino per debiti fiscali lo minacciò di morte. La moglie dell'uomo, per salvare il marito, si concesse ad un suo ricco ammiratore ma questi la truffò consegnandole un sacchetto di terra invece del compenso stabilito. La donna si rivolse ad Acindino che, rendendosi conto di aver esagerato nel minacciare il contribuente moroso, condannò il truffatore a pagare quanto dovuto al fisco e gli sequestrò il campo da cui aveva prelevato la terra per donarlo alla donna ingannata.
Degenera il disaccordo fra Costantino e Costante ed il primo muove in armi contro il secondo. Costante che si trova in Dacia per combattere i Persiani, invia milizie in Italia contro il fratello.
La battaglia si svolge presso Aquileia e Costantino Juniore venne sconfitto ed ucciso.
Costanzo non tentò di ottenere parte dei domini di Costantino Juniore, quindi Costante si trovò ad essere imperatore dell'intero occidente.

Anno 341
Papa: Giulio I
Imperatori: Costanzo e Costante
Console Antonio Marcellino Petronio Probino.
Costante combatte contro i Franchi nella Gallia.
Concilio degli Ariani in Antiochia.
Un terremoto devasta molte città orientali.
Costante emana una legge confermando gli editti del padre che proibivano i sacrifici pagani.
Protetti da Costanzo, gli Ariani occupano le sedi episcopali di Costantinopoli, Alessandria e Antiochia.
Ad Antiochia viene inaugurata la cattedrale iniziata da Costantino e completata da Costanzo.

Anno 342
Papa: Giulio I
Imperatori: Costanzo e Costante
Consoli: Costanzo e Costante
Si conclude con un trattato di pace la guerra di Costante contro i Franchi.
Costanzo caccia da Costantinopoli il vescovo cattolico Paolo in favore dell'ariano Macedonio. La popolazione cattolica insorge ed uccide il generale Ermogene, esecutore materiale degli ordini di Costanzo.

Anno 343
Papa: Giulio I
Imperatori: Costanzo e Costante
Consoli: Marco Memio Furio Baburio Ceciliano Proculo, Romolo.
Costante visita la Britannia per prevenire eventuali insurrezioni.
Costanzo continua la guerra contro i Persiani riducendo la sedici anni l'età per la leva militare.

Anno 344
Papa: Giulio I
Imperatori: Costanzo e Costante
Consoli: Leonzio e Sallustio
Costanzo concede esenzioni fiscali a architetti e altri professionisti impegnati nelle sue opere pubbliche.
I due imperatori sono in contrasto per questioni religiose.
Un terremoto distrugge la città di Neocesarea nel Ponto.

Anno 345
Papa: Giulio I
Imperatori: Costanzo e Costante
Consoli: Amanzio e Albino
Terremoti a Durazzo, a Roma, in Campania, a Rodi.
Costanzo inizia la costruzione delle sue terme a Costantinopoli.

Anno 346
Papa: Giulio I
Imperatori: Costanzo e Costante
Consoli: Costanzo e Costante
Viene costruito il porto di Seleucia in Siria.

Anno 347
Papa: Giulio I
Imperatori: Costanzo e Costante
Consoli: Rufino e Eusebio
Su insistente richiesta di Costante al papa, Costanzo accetta di convocare un concilio a Sardica, Atanasio ed altri vescovi vengono dichiarati innocenti.

Anno 348
Papa: Giulio I
Imperatori: Costanzo e Costante
Consoli Flavio Filippo, Flavio Salio
Con una lettera molto dura al fratello, Costante sollecita che Atanasio venga richiamato dall'esilio come stabilito dal concilio dell'anno precedente ed ottiene quanto richiesto.
Grande battaglia a Singara contro i Persiani che, guidati personalmente da Sapore, sono penetrati in Mesopotamia. Vittoria dell'esercito romano, Sapore viene ucciso ma poiché i soldati romani continuano ad inseguire i nemici dopo il tramonto molti di loro cadono vittima degli arcieri Persiani.
Le fonti sono discordanti sugli esiti della battaglia e secondo alcuni non fu Sapore a morire ma suo figlio.

Anno 349
Papa: Giulio I
Imperatori: Costanzo e Costante
Consoli: Ulpio Limenio e Aconio Catulino Filomazio o Filoniano
Giuliano Apostata e Libanio raccontano le gesta eroiche di Costanzo contro i Persiani ma secondo Muratori la loro testimonianza è distorta dall'adulazione.
In realtà i Persiani saccheggiarono e devastarono la Mesopotamia subendo in nove battaglie perdite minori di quelle dei Romani.

Anno 350
Papa: Giulio I
Imperatori: Costanzo
Consoli: Sergio e Nigriniano
Nella città di Autumn in Gallia l'ufficiale Magno Magnenzio congiura con Marcellino, Cresto ed altri militari contro Costante, si fa proclamare imperatore e fa uccidere Costante durante una battuta di caccia (Zonara) o mentre fuggiva in Spagna (altre fonti).
Gli scrittori pagani come Eutropio, Aurelio Vittore e Zosimo accusano Costante di crudeltà, avarizia e libidine, mentre gli autori cristiani lo lodano specialmente per la sua attività contro l'arianesimo e in particolare Libanio compose un elogio delle sue molte virtù.
Costante era fidanzato con Olimpiade figlia di Ablavio primo ministro di Costantino ma le nozze non ebbero luogo per la tenera età della sposa.
Più tardi Olimpiade sposò Arsace re dell'Armenia.
Magnenzio rimase padrone delle Gallie, della Spagna e della Britannia e in seguito acquisì anche Sicilia e Africa. Nominò cesare Decenzio, suo fratello o parente, e suo fratello Desiderio.
Magnenzio era di origine germanica, alto e robusto, disponeva di una buona cultura e di una certa eloquenza. E' descritto come crudele, avaro, empio e sleale.
In Pannonia il generale Vetranione, rude e barbarico militare analfabeta, si fa proclamare a sua volta imperatore ed occupa Pannonia, Grecia e Macedonia. Pare fosse appoggiato da Costantina Augusta, sorella di Costanzo e vedova di Annibaliano e che lo stesso Costanzo approvasse per opporre Vetranione a Magnenzio.
Flavio Popilio Nepoziano, figlio di Eutropia sorella di Costantino il Grande, già console nel 336, si fa proclamare imperatore a Roma. Un mese dopo viene attaccato dalle truppe di Magnenzio comandate da Marcellino ed ucciso. Viene uccisa anche Eutropia e Marcellino si accanisce contro il senato e il popolo.
Intanto in oriente Sapore tornava ad assediare Nisibi validamente difesa da Luciliano, suocero del futuro imperatore Gioviano.
Sapore tenta ogni metodo per espugnare la città: taglia il rifornimento idrico, tenta di allagarla deviando un fiume, ma è tutto inutile e dopo quattro mesi il re torna nel suo paese che nel frattempo è stato attaccato dai Messageti.
Scemato il pericolo persiano, Costanzo si prepara a attaccare Magnenzio quando riceve la notizia che Vetranione si è alleato con l'usurpatore d'occidente. Una delegazione inviata dai due usurpatori si presenta a Costanzo per proporre un accordo.
Costanzo rifiuta ogni trattativa (si diceva per ordine del padre apparsogli in sogno) e marcia verso Sardica capitale della Dacia, ma quando giunge a fronteggiare l'esercito di Vetranione trova un accordo con i soldati avversari e quando Vetranione si rende conto del pericolo si affretta a deporre la porpora. Costanzo si comporta con clemenza verso Vetranione che si ritira in Bitinia dove vivrà serenamente per il resto dei suoi giorni.

Anno 351
Papa: Giulio I
Imperatori: Costanzo
Consoli: Sergio e Nigriniano
Costanzo trascorre l'inverno a Sirmio in Pannonia preparandosi contro Magnenzio ma quando riceve notizie di nuove offensive persiane in Mesopotamia decide di nominare un collega che lo aiuti a combattere su due fronti. Sceglie il cugino Gallo, figlio di Giulio Costanzo fratello di Costantino.
Gallo e il fratello Giuliano (l'Apostata) avevano subito nel 337 la persecuzione di Costanzo come tutti i loro parenti ma poi Costanzo si era limitato a confinarli in Cappadocia.
Costanzo conferì a Gallo il titolo di cesare e gli fece sposare sua sorella Costantina vedova di Annibaliano. Lo mandò quindi a combattere in oriente con il generale Luciliano.
Intanto Franchi, Sassoni e Alemanni tormentano la Gallia con le loro incursioni; secondo Libanio sono finanziati da Costanzo che spera così di indebolire Magnenzio.
Magnenzio muove contro Costanzo attraverso il Norico e ha la meglio nei primi scontri. Costanzo manda a parlamentare l'ufficiale Filippo. L'ambasciatore propone la pace e riesce quasi a convincere le truppe di Magnenzio ma questi rinvia la sua risposta e l'indomani arringa ai soldati ed ordina di procedere.
La popolazione della città di Sciscia attacca i soldati di Magnenzio uccidendone molti, si giunge ad una tregua. Questa volta è Costanzo a rifiutare la trattativa.
Silvano, comandante di cavalleria di Magnenzio, diserta e passa a Costanzo con tutti i suoi uomini. Temendo altre diserzioni Magnenzio passa subito all'azione attaccando Sciscia e conquistandola, quindi attacca Sirmio ma trovandola troppo ben difesa desiste, muove contro la città di Mursa sul fiume Dravo e l'assedia.
Il 28 settembre le sue armate si scontrano. Vincono le truppe di Costanzo e Magnenzio fugge ma la strage è immensa e le perdite gravissime per entrambi i contendenti.
Costanzo fa seppellire i morti e curare i feriti delle due armate e pubblica il perdono per chiunque abbia sostenuto Magnenzio.

Anno 352
Papa: Liberio
Imperatori: Costanzo
Consoli: Costanzo e Gallo
Il 12 aprile muore papa Giulio, il 21 giugno viene eletto Liberio.
Magnenzio, che si era rifugiato in Gallia, si porta con le truppe ad Aquileia per impedire a Costanzo di rientrare in Italia, ma si ritira quando Costanzo occupa senza difficoltà un castello delle Alpi Giulie ritenuto imprendibile.
Costanzo continua ad avanzare e Magnenzio, mentre molti suoi soldati disertano, finisce per ritirarsi nelle Gallie.
Costanzo si stabilisce a Roma ed annulla tutti i decreti di Magnenzio, Gallo governa l'oriente e scampa ad un attentato, forse di sicari di Magnenzio.
Insorgono i Giudei in Palestina ma vengono duramente repressi da Gallo.

Anno 353
Papa: Liberio
Imperatore: Costanzo
Consoli: Costanzo e Gallo
L'esercito di Costanzo entra in Gallia e sconfigge quello di Magnenzio già indebolito dai disordini. Furibondo Magnenzio ferisce il fratello Desiderio, uccide la madre e si suicida il 15 agosto. Anche il fratello Decenzio si uccide il 18 agosto. Le province già governate da Magnenzio si sottomettono spontaneamente a Costanzo.
Costanzo soggiorna in Gallia perseguitando quanti avevano sostenuto Magnenzio e colpendo la popolazione con esose misure fiscali.
Privo di figli e vedovo, Costanzo sposa Eusebia, donna bella e colta ma estremamente superba.
Il periodo non è tranquillo, popolazioni germaniche continuano le loro scorrerie in Gallia, gli Isauri nelle province orientali, disordini a Roma.

Anno 354
Papa: Liberio
Imperatore: Costanzo
Consoli: Costanzo e Gallo
In primavera Costanzo passa a Valenza per combattere Gundemoro e Vadomorio re degli Alemanni ma poichè questi si arrendono e si sottomettono l'impresa si conclude senza colpo ferire.
In oriente Gallo governa in modo tirannico e crudele anche per istigazione della moglie Costantina, come affermano tutte le fonti. Anche Giuliano, che era suo fratello, ammette che Gallo non era fatto per regnare.
Estremamente sospettoso, Gallo ascolta le calunnie dei numerosi delatori e spesso condanna senza processo. La sua indifferenza per i bisogni del popolo in occasione di una carestia in Antiochia provoca una sommossa e Teofilo governatore della Siria viene ucciso.
Informato della situazione, Costanzo nomina prefetto del pretorio d'oriente un certo Domiziano incaricandolo segretamente di attirare Gallo in Italia ma Domiziano non usa il tatto necessario, irrita Gallo che ordina di arrestarlo e alla fine lo fa uccidere.
Tutto questo spinge Costanzo a temere che il cesare d'oriente stia preparando un colpo di stato e l'imperatore, dopo aver richiamato il generale delle armate orientali Ursicino per evitare che aiuti Gallo, scrive a questi di venire in Italia con la moglie per una consultazione sulla situazione del fronte persiano.
I due coniugi ricevono la convocazione con grande apprensione e decidono che parta prima Costantina per quietare l'animo del fratello ma durante il viaggio la donna muore per una febbre maligna. Portato a Roma il suo corpo sarà sepolto nella chiesa di S. Agnese da lei fatta costruire.
Giunto a Petovione (Petau), Gallo viene arrestato, spogliato della porpora e condotto in una fortezza in Dalmazia dove dopo un processo sommario viene giustiziato.
In estate si reprime una ribellione in Germania. Alcuni cortigiani calunniano Silvano, generale nelle Gallie che era passato in precedenza da Magnenzio a Costanzo. Vedendosi in pericolo Silvano si fa proclamare augusto dalle milizie, proprio mentre a Roma si scopre l'inganno perpetrato ai suoi danni. Dopo soli ventotto giorni Silvano viene eliminato da Ursicino.

Anno 355
Papa: Liberio
Imperatore: Costanzo
Consoli: Flavio Arcezione, Quinto Flavio Mesio Egnazio Lolliano
Un consiglio riunitosi a Milano sotto il patrocinio di Costanzo depone il vescovo Atanasio. Papa Liberio rifiuta di sottoscrivere la decisione e viene esiliato. Il clero romano, costretto ad eleggere un nuovo pontefice, sceglie Felice.
Morto Silvano, Franchi, Alemanni e Sassoni prendono liberamente a saccheggiare la Gallia; Quadi e Sarmati fanno altrettanto in Sassonia.
Costanzo si lascia convincere dalla moglie Eusebia a richiamare Giuliano (che studiava in Atene) e a conferirgli il titolo di cesare affidandogli il governo della Gallia.
Giuliano sposa Elena, sorella di Costanzo, e si trasferisce nella sua provincia. Tuttavia il sospettoso e geloso Costanzo fa in modo di limitare la sua autonomia e gli affianca il generale Marcello al quale viene affidato il comando militare.

Anno 356
Papa: Liberio
Imperatore: Costanzo
Consoli: Costanzo e Giuliano.
Il vescovo di Alessandria Atanasio è di nuovo costretto ad abbandonare la sua sede. Anche Ilario vescovo di Poitiers subisce l'eislio.
Giuliano conduce una campagna nelle Gallie contro gli Alemanni liberando Colonia ed altre città assediate. A quanto pare la campagna ha successo nonostante Giuliano venga continuamente ostacolato, per segreto ordine di Costanzo, dai generali Marcello e Ursicino.

Anno 357
Papa: Liberio
Imperatore: Costanzo
Consoli: Costanzo e Giuliano
In primavera Costanzo visita Roma dove gli vengono tributati onori trionfali benché non abbia mai combattuto.
Ammirate le opere dei suoi predecessori, Costanzo per non essere da meno ordina che si trasporti dall'Egitto un obelisco per ornare il Circo Massimo (Obelisco Vaticano).
Trascorso un mese a Roma, Costanzo torna a Milano e da qui passa in Pannonia per risolvere i problemi con Quadi e Sarmati con mezzi diplomatici.
Giuliano, stabilitosi nella città di Sens con una modesta guarnigione, riesce a respingere un improvviso attacco nemico, quindi protesta presso Costanzo perché il generale Marcello, che si trovava poco distante, non è intervenuto in suo aiuto.
Marcello viene destituito e Giuliano ottiene il comando militare senza più mediatori.
In estate Giuliano inizia una nuova campagna e caccia gli Alemanni dalle rive del Reno.
Cnodomerio, re degli Alemanni, intima a Giuliano di abbandonare le regione affermando di averla ricevuta da Costanzo ai tempi di Magnenzio. Il suo ambasciatore viene trattenuto da Giuliano e Cnodomerio muove contro il nemico alla testa di trentacinquemila uomini.
Giuliano, pur disponendo di forze netttamente minori, riesce a mettere in fuga i nemici subendo piccole perdite, cattura Cnodomerio e lo invia prigioniero a Costanzo.
La vittoria è importante e gli Alemanni rimarranno a lungo fuori dalle Gallie. Giuliano rifiuta l'offerta delle sue truppe di proclamarlo Augusto, passa il Reno e devasta il Paese nemico.

Anno 358
Papa: Liberio
Imperatore: Costanzo
Consoli: Daziano Nerazio Ceriale
L'imperatore si trattenne ancora in Pannonia a causa della guerra con Quadi e Sarmati mentre inviò Barbazione contro i Giutunghi che infestavano la Rezia, in seguito oltrepassò personalmente il Danubio e debellò definitivamente gli invasori.
Tornato in Pannonia affrontò i Limiganti (denominazione assunta dagli schiavi dei Sarmati che si erano ribellati nel 334) e li costrinse a restituire le terre tolte ai Sarmati trasferendosi altrove.
Costanzo fece rientrare nel loro paese i Sarmati esiliati dai Limiganti, pose sul trono del paese un principe locale di nome Zizais e ristabilì la pace dopo ventiquattro anni dalla rivolta. Per questi successi ricevette il titolo di Sarmatico.
In quell'anno si svolsero trattative di pace fra il re persiano Sapore e l'imperatore Costanzo, trattative che non andarono in porto perché Costanzo respinse la richiesta di Sapore di cedere l'Armenia e la Mesopotamia.
L'imperatore lasciò rientrare dall'esilio il papa Liberio che accettò di sottoscrivere la condanna di Atanasio avversario dell'arianesimo (il rifiuto di questa condanna era stato la causa dell'esilio). Tornato il pontefice a Roma ne fu allontanato Felice che aveva preso il suo posto.
Un terremoto colpì l'Oriente facendo molte vittime e distruggendo, fra le altre, la città di Nicomedia in Bitinia.
Nelle Gallie, Giuliano amministrava la provincia con saggezza e riusciva a finanziare le operazioni militari contro Alemanni e Franchi ribelli senza aumentare il gravame fiscale. In vista della scadenza di una tregua oltrepassò il Reno portandosi nel paese degli Alemanni i quali, impressionati dallo schieramento dell'esercito romano, chiesero la pace. Giuliano la concesse pretendendo in cambio la liberazione dei Romani detenuti in Alemagna e in questo modo rimandò alle loro case ventimila prigionieri.

Anno 359
Papa: Liberio
Imperatore: Costanzo
Consoli: Flavio Eusebio e Flavio Hypazio
I consoli erano entrambi fratelli di Eusebia moglie di Costanzo.
In Gallia Giuliano restaurò e rifornì varie città devastate dai barbari, quindi oltrepassò di nuovo il Reno per attaccare quegli Alemanni che erano ancora belligeranti. Anche questa campagna si concluse con la resa delle popolazioni ribelli e con il recupero dei prigionieri romani.
Costanzo venne in possesso di una lettera della moglie del generale Barbazione che diceva che gli auguri prevedevano che il marito sarebbe divenuto imperatore. Tanto bastò perché Costanzo mandasse a morte entrambi i coniugi.
L'imperatore accettò di ascoltare le suppliche dei Limiganti che chiedevano un luogo nell'impero dove stabilirsi, ma si trattava di una trappola dalla quale Costanzo riuscì a scampare a stento.
In quest'anno Sapore armò un grande esercito contro l'impero e i Romani affidarono il comando ai generali Ursicino e Sabiniano, valoroso il primo, mediocre il secondo.
I Persiani invasero la Mesopotamia ma Ursicino, facendo bruciare i campi per privarli di sostentamento, li spinse a deviare e ad assediare la città di Amida.
La città resistette a lungo e quando cadde i Persiani impiccarono gli ufficiali romani e deportarono la popolazione. Sabiniano rimase inerte e senza il suo contributo Ursicino non riuscì ad aiutare Amida e, dopo aver subito un processo, si ritirò a vita privata.
I Persiani avevano subito gravi perdite durante l'assedio e con l'avvicinarsi dell'inverno si ritirarono in patria mentre Costanzo passò a Costantinopoli per reclutare nuove milizie da usare contro un eventuale ritorno di Sapore.

Anno 360
Papa: Liberio
Imperatore: Costanzo
Consoli: Costanzo Augusto e Flavio Claudio Giuliano Cesare
Giuliano, in Gallia, ricevette inviati di Costanzo che gli recavano l'ordine di mandare in Oriente buona parte della sua armata per la guerra contro i Persiani.
Secondo alcune fonti antiche il vero motivo di questo ordine era la gelosia che i successi di Giuliano avevano suscitato nell'imperatore.
Giuliano, benchè consapevole del colpo che stava per subire, si sottomise all'ordine ed incitò i suoi soldati alla partenza ma subito nacque fra le truppe un malcontento che presto divenne ammutinamento. I soldati rifiutarono di partire e proclamarono Giuliano imperatore.
Giuliano rifiutò e resistette fino a quando non fu minacciato di morte.
Infine Giuliano accettò la nomina ma si oppose ai soldati che volevano uccidere quanti erano stati contrari alla scelta. L'incertezza di Giuliano era durata lo spazio di una notte durante la quale si disse che insieme a un sacerdote aveva offerto sacrifici e praticato rituali pagani nel tentativo di conoscere quale sarebbe stato il suo destino.
Giuliano inviò a Costanzo ambasciatori con una lettera in cui si prometteva ubbidienza e, spiegando che era stato indotto con la violenza ad accettare la nomina, lo pregava di confermarlo augusto per l'Occidente e lasciargli scegliere un prefetto.
Costanzo rispose negativamente ordinando a Giuliano di accontentarsi del titolo di Cesare e di accettare gli ufficiali che gli sarebbero stati inviati.
A sua volta Giuliano respinse gli ordini di Costanzo e rispose in modo molto meno rispettoso della volta precedente, iniziò così fra i due uno scambio di contumelie.
Costanzo, che si trovava in Oriente impegnato contro i Persiani, avrebbe voluto abbandonare l'impresa per volgersi contro Giuliano ma ne fu dissuaso dai suoi consiglieri. Il re Sapore, infatti, aveva invaso la Mesopotamia conquistando diverse città e procedeva pericolosamente mentre le azioni di controffensiva di Costanzo si erano fin qui mostrate inefficaci.
Nel frattempo Giuliano oltrepassò il Reno e sconfisse i Franchi che molestavano la Gallia con le loro scorrerie.
In quest'anno morì Flavia Giulia Elena Augusta, sorella di Costanzo e moglie di Giuliano, forse di parto ma qualcuno disse di veleni.

Anno 361
Papa: Liberio
Imperatore: Giuliano
Consoli: Flavio Tauro e Flavio Florenzio
Gli Alemanni presero a compiere scorrerie in Rezia, Giuliano inviò contro di loro una spedizione comandata da un ufficiale di nome Libinone che fu sconfitto ed ucciso.
Correva voce che Vadomaro re degli Alemanni agisse in accordo con Costanzo e Giuliano sfruttò questa ipotesi come pretesto per muovere guerra a Costanzo. Raccolse fondi e truppe nella Gallia, dove era apprezzato ed amato, e mosse verso l'Oriente dividendo l'esercito in due gruppi, l'uno marciava attraverso la Rezia, l'altro in Italia.
A Sirmio, capitale della Pannonia, i soldati di Giuliano si riunirono, rapidamente ebbero ragione del pressidio di Costanzo e furono lietamente accolti dalla popolazione.
Rapidamente Pannonia, Illirico, Macedonia e Grecia si sottomisero a Giulia il quale all'inizio dell'autunno si fermò in Dacia e si dedicò ad aumentare le sue forze.
In generale in tutto l'impero la maggioranza era favorevole a Giuliano, forse a causa della cattiva prova di se che aveva dato Costanzo. Non mancavano però le eccezioni come Aquileia che si sollevò insieme a due legioni in transito dalla Pannonia alla Gallia. Giuliano mandò il generale Giovino ad assediare la città.
Intanto Costanzo, sempre impegnato contro i Persiani, era rimasto vedovo di Eusebia dalla quale non aveva avuto figli ed aveva sposato Massima Faustina che partorì Flavia Massima Costanza dopo la morte di Costanzo.
Poiché si sapeva che Sapore stava organizzando nuove azioni, Costanzo si procurò l'amicizia degli stati limitrofi. Dal mese di maggio i Romani presidiarono a lungo la Mesopotamia ma si trattò di un falso allarme perché Sapore tornò indietro senza attaccare.
Costanzo fu quindi libero di volgersi contro Giuliano ma durante il viaggio si ammalò e all'inizio di dicembre morì nella regione del Monte Tauro, forse per una febbre, forse fatto avvelenare dal rivale.
A detta di molti Costanzo fu moderato e clemente, colto e capace di pronunciare bei discorsi. Per contro era estremamente vanitoso, apprezzava chi lo adulava e non tollerava chi si esprimeva liberamente nei suoi confronti. Era circondato da eunuchi chelo manovravano senza difficoltà, da loro derivarono vendite di carice e altri abusi mentre gli eunuchi si lasciarono corrompere dagli Ariani e perseguitarono i cattolici.
Giuliano, che si trovava nell'Illirico, si portò a Costantinopoli per presenziare alle esequie ufficiali di Costanzo.

Anno 362
Papa: Liberio
Imperatore: Giuliano
Consoli: Mamertino e Nevitta
Nevitta era probabilmente un goto, generale di Giuliano e suo uomo di fiducia. Mamertino era prefetto del pretorio nell'Illirico, compose un panegirico in lode di Giuliano.
Figlio di Giulio Costanzo e fratello di Gaio Cesare, Giuliano nacque a Costantinopoli nel 331. Studiò con Eusebio vescovo di Nicomedia e con l'eunuco Marconio che si rivelò un buon educatore. Dotato di vivace intelletto apprese con facilità le scienze e l'eloquenza. Grazie alla protezione di Eusebia Augusta ottenne la dignità di Cesare e il governo della Gallia.
Fino a vent'anni fu un cristiano convinto e praticante, poi per l'influenza del sofista Libanio prese a praticare indovini, maghi ed altri impostori che presto lo indussero all'apostasia con la speranza di diventare imperatore.
Finché visse Costanzo, Giuliano continuò a professarsi cristiano praticando segretamente i riti pagani. Governò le Gallie con giustizia e moderazione (secondo Muratori per guadagnare un immeritato credito presso la popolazione) e visse in modo molto austero e dignitoso.
Una volta divenuto augusto si dichiarò apertamente pagano, decretò la riapertura dei templi e il ripristino di rituali e sacrifici. Prese le distanze dai Goti per non subirne le ingerenze come era avvenuto al predecessore, tagliò drasticamente i costi della corte imperiale diminuendo molto il personale ed eliminando tutti i parassiti.
Ridusse ad un quinto il numero degli ufficiali del fisco ed istituì un tribunale per ascoltare le querele contro i funzionari di Costanzo. Questo tribunale comminò, a quanto pare, anche pene ingiuste contro i dissidenti e gli avversari politici di Giuliano e l'insieme di queste iniziative si trasformò in una persecuzione contro i cristiani.
Secondo Giovanni Crisostomo e Gregorio di Nazianzio una volta epurati i cortigiani di Costanzo, Giuliano li sostituì con uno stuolo di incantatori, indovini, sedicenti filosofi e prostitute che lo seguivano ovunque col pretesto di curare i sacrifici e i misteri. Nel descrivere in modo contraddittorio la figura e la condotta di Giuliano, Muratorie le sue fonti attestano che l'imperatore dotò Costantinopoli di un nuovo porto collegato da un portico alla città e di una biblioteca. Richiamò dall'esilio tutti i vescovi esiliati da Costanzo che presto ripresero le dispute fra cattolici, ariani, donatisti, ecc. distraendo il popolo dai problemi di governo.
Dopo circa otto mesi a Costantinopoli, Giuliano passò a Nicomedia dove elargì grosse somme per la ricostruzione della città semidistrutta dal terremoto del 358.
In estate si recò a Antiochia dove amministrò la giustizia con molta equità ma senza smettere di danneggiare i cristiani che subirono l'espulsione dall'esercito e la proibizione di insegnare.

Anno 363
Papa: Liberio
Imperatore: Gioviano
Consoli: Giuliano Augusto e Secondo Sallustio
Il console Secondo Sallustio era anche prefetto del pretorio delle Gallie. L'amministrazione di Roma fu affidata al senatore Lucio Turcio secondo Aproniano Asterio nominato prefetto del pretorio da Giuliano e lodato da Ammiano per il buon governo.
Si verificarono in quest'anno diversi terremoti in Oriente e in Sicilia, a Roma bruciò un tempio di Apollo, Alessandria d'Egitto fu colpita da un maremoto, l'intero impero fu colpito da peste e carestia, tutti eventi che Muratori indica ovviamente come avvertimenti divini contro l'empietà dell'imperatore.
Giuliano si trovava a Antiochia dove il popolo prese ad esprimere il suo malcontento con la pubblica derisione dei comportamenti dell'imperatore che rispose a sua volta con una veemente satira contro gli Antiocheni, la tensione fu acuita dal permesso che Giuliano accordò ai Giudei di ricostruire il loro tempio, provvedimento molto sgradito ai cristiani. La ricostruzione del resto fu interrotta da un terremoto, poi da un incendio e venne abbandonata.
Intanto l'imperatore si preparava ad attaccare la Persia e, rifiutata la trattativa proposta da Sapore il 5 di marzo mosse da Antiochia con il suo esercito. Penetrò nell'impero persiano dall'Assiria e lasciò che i suoi soldati saccheggiassero il Paese.
Superò il fiume Tigri e raggiunse Ctesifonte respingendo altre ambascerie di Sapore. Constatate le difficoltà di un assedio a Ctesifonte decise di tornare indietro ma si allontanò dal Tigri sperando di incontrare Sapore, bruciò la sue barche per evitare che il nemico se ne servisse e si avventurò con scarsi viveri nel territorio nemico.
Quando incontrò i Persiani questi evitarono la battaglia campale ma presero a molestare le truppe in marcia aggredendole ai lati e alla coda. Durante questi scontri Giuliano fu colpito da una lancia e morì dopo poche ore all'età di trentadue anni.
La sua morte recò gioia ai cristiani e costernazione ai pagani. Furono molti gli autori suoi contemporanei che scrissero di lui: Ammiano Marcellino, Eutropio, Temistio e Libanio. Lo stesso Giuliano compose varie opere. Fra i cristiani parlarono di Giuliano San Basilio, San Gregorio Nisseno, Gregorio Nazianzieno, Cesareo, Ilario.
L'armata di Giuliano si trovò priva di rifornimenti in un paese straniero e sentì con urgenza la necessità di eleggere un nuovo comandante. Venne nominato Gioviano, allora capitano della guardia domestica.
Appena eletto Gioviano affermò di essere cristiano e di voler ripristinare il culto ed i rituali del Cristianesimo, scelta che tutti i suoi soldati avallarono immediatamente.


Anno 400
Papa: Anastasio
Imperatori d'Oriente: Flavio Arcadio
Imperatore d'Occidente: Flavio Onorio
Consoli: Flavio Stilicone e Aureliano.
Il console Aureliano era stato prefetto del pretorio d'oriente l'anno precedente. A Roma Flaviano continuò a esercitare la prefettura.
Onorio emanò una legge per arruolare Alemanni, Sarmati e altre genti e richiamare nell'esercito quanti ne erano usciti facendosi preti.
Alarico, principe goto della famiglia dei Balti, originario della regione danubiana, ariano, era un combattente molto esperto ed aspirava a conquistare la città di Roma. Era stato nominato generale da Arcadio dopo aver fatto irruzione in Grecia nel 396. I Goti delle regioni orientali, o Visigoti, nominarono loro re Alarico con l'obiettivo di conquistare nuove sedi perché non tolleravano di abitare in territorio romano. Secondo Giordane, Alarico e Radagaiso li guidarono in Italia in quest'anno ma mancano notizie sulle loro azioni in quest'occasione.
In Oriente, dopo la caduta del potente eunuco Eutropio, l'imperatrice Eudossia, che dominava il marito Arcadio, prese ad occuparsi delle cose del governo come non aveva fatto in precedenza e fu attorniata da cortigiane ed eunuchi, tutti intenti ad arricchirsi con la corruzione e l'abuso.
Il 3 aprile Eudossia partorì Arcadia, sua terza figlia.
Gaina e Tribigildo, alti ufficiali dell'esercito entrambi di origine gota, presero a percorrere i territori orientali dell'impero saccheggiando e uccidendo. Gaina richiese la consegna dei tre più potenti ministri di Arcadio: Aureliano, Saturnino e Giovanni. I tre accettarono di correre il rischio e furono consegnati al ribelle che arrivò a farli salire sul patibolo per graziarli all'ultimo momento e mandarli in esilio. Riuscirono a fuggire e tornarono a Costantinopoli.
Gaina, che era probabilmente amante di Eudossia, pretese anche che Arcadio si recasse a Costantinopoli per incontrarlo personalmente. In questo incontro l'imperatore concesse a Gaina il comando dell'esercito e della cavalleria oltre al corpo di Goti del quale già disponeva. Quanto a Tribigildo si sa soltanto che morì poco dopo in Tracia.
Una volta insediatosi a Costantinopoli, Gaina agì in modo da allontanare dalla città i soldati romani e farvi entrare quanti più Goti possibile. L'intento era quello di saccheggiare la città e di impadronirsi del palazzo imperiale ma le cose non andarono come previsto, forse il suo piano fu scoperto prima di essere attuato, comunque la cittadinanza reagì, molti Goti vennero uccisi e lo stesso Gaina, che si salvò solo perché si era previdentemente allontanato da Costantinopoli, fu dichiarato nemico pubblico da Arcadio.
Con gli uomini che gli rimanevano Gaina, non potendo entrare in città, devastò il territorio finché non fu convinto ad allontanarsi da San Giovanni Crisostomo che ebbe il coraggio di incontrarlo.
Non ancora placato, fece costruire delle rozze navi per portare il saccheggio oltre lo stretto ma fu fermato da Flavita, ammiraglio della flotta imperiale, che affondò le imbarcazioni facendo morire in mare migliaia di Goti. Secondo alcuni Gaina fu inseguito e ucciso da soldati imperiali ma secondo Zosimo riuscì a superare il Danubio finendo in mano agli Unni che lo uccisero e mandarono la sua testa a Arcadio.

Anno 401
Papa: Innocenzo
Imperatori d'Oriente: Flavio Arcadio
Imperatore d'Occidente: Flavio Onorio
Consoli: Vincenzo e Fravita
Il console Vincenzo era stato prefetto delle Gallie ed è lodato da Sulpicio Severo, Fravita era colui che aveva sconfitto Gaina nello stretto l'anno precedente. Prefetto di Roma di quest'anno era Andromaco.
In questo inizio di secolo, considera Muratori, l'immenso impero romano stava dando segnali di cedimento e la decisione di Teodosio di dividerlo tra i suoi figli Onorio e Arcadio era rischiosa perché i due principi non avevano le doti necessarie per governare.
Sarà in questo secolo che le popolazioni settentrionali che tante volte avevano tentato di penetrare nelle province imperiali riusciranno ad annientare l'impero d'Oriente e ciò sarà facilitata dal gran numero di Goti che Valente e Teodosio avevano lasciato stabilirsi in Tracia e nell'Illirico. Ancora più nocivo fu l'aver arruolato questi Goti nell'esercito.
Come si è visto Alarico era già entrato in Italia anche se non si conoscono i particolari di questo evento. Il pericolo era comunque sentito da Onorio che ordinò lavori per rinforzare le mura di Roma.
Il 14 dicembre morì papa Anastasio, il 21 dicembre fu eletto Innocenzo I.
L'11 aprile a Costantinopoli Eudossia partorì Teodosio II, lieto evento che fu molto festeggiato.

Anno 402
Papa: Innocenzo
Imperatori d'Oriente: Flavio Arcadio
Imperatore d'Occidente: Flavio Onorio
Consoli: Flavio Arcadio e Flavio Onorio
Arcadio nominò augusto il figlio neonato Teodosio II.
Alarico, dopo aver conquistato diverse città, si spinse in Lombardia mentre Onorio si era ritirato a Ravenna e molti benestanti si trasferirono altrove.
Non sentendosi sicuro neanche a Ravenna, Onorio si mise in viaggio con la sua corte attraverso le Gallie ma Stilicone lo convinse a fermarsi ad Asti, città ben fortificata in grado di resistere a un eventuale assedio. Stilicone passò quindi in Rezia dove era scoppiata una rivolta e bastò il suo prestigio a placare i ribelli. Arruolate milizie in Rezia e richiamate alcune legioni dal Reno, Stilicone riunì una poderosa armata e rapidamente la guidò ad affrontare Alarico che nel frattempo era giunto nelle vicinanze di Asti.
Stilicone attaccò nel giorno di Pasqua. I Goti ebbero la meglio sulla sua avanguardia che era costituita da un corpo di Alani ma dopo lunghe ore di combattimento furono costretti a ritirarsi abbandonando i bagagli. Al termine della battaglia che si svolse sul fiume Tanaro, i figli e le nuore di Alarico rimasero prigionieri di Stilicone.
Invece di tornare indietro, Alarico che disponeva ancora diu un grosso esercito puntò verso Roma ma Stilicone gli offrì la liberazione dei figli per indurlo a uscire dall'Italia, tuttavia per cause non note si ebbero altri combattimenti, una parte dei Goti passò ai Romani.
Di nuovo sconfitto presso Verona e con la sua armata colpita da un'epidemia, Alarico fu costretto a lasciare l'Italia mettendosi in salvo con la fuga.

Anno 403
Papa: Innocenzo
Imperatori d'Oriente: Flavio Arcadio e Teodosio II
Imperatore d'Occidente: Flavio Onorio
Consoli: Teodosio, Flavio Rumorido
Scampato il pericolo, Onorio tornò a stabilirsi in Ravenna mentre romani e milanesi, tramite ambasciatori, lo invitavano a trasferirsi nelle loro città. Un gruppo di senatori pagani chiese a Onorio il permesso di celebrare i ludi secolari, mentre San Prudenzio gli scriveva pregandolo di abolire qualunque costumanza pagana. Onorio decise di recarsi a Roma per celebrarvi il decennale del suo impero.
Eudossia partorì in febbraio la quarta figlia che fu chiamata Marina. Non tollerando le critiche del vescovo Giovanni Crisostomo, Eudossia lo fece deporre.

Anno 404
Papa: Innocenzo
Imperatori d'Oriente: Flavio Arcadio e Teodosio II
Imperatore d'Occidente: Flavio Onorio
Consoli: Onorio e Aristeneto
Roma fu in festa per il decennale di Onorio ma non si tennero i Ludi Secolari, inoltre un decreto di Onorio vietò per sempre gli spettacoli dei gladiatori. Onorio e Innocenzo I tentavano di proteggere San Giovanni Crisostomo perseguitato in Oriente ma i rapporti tra i due fratelli imperatori non erano più buoni.
Radagaiso stava raccogliendo un grosso esercito di Unni, Goti, Sarmati ed altre genti e si preparava a scendere in Italia, perciò Onorio ritenne più sicuro stabilirsi a Ravenna.
Morì in quest'anno Eudossia moglie di Arcadio.
Gli Isauri fecero irruzione in molte province romane, il generale Arbazacio li sconfisse più volte ma si lasciò corrompere e abbandonò l'impresa.

Anno 405
Papa: Innocenzo
Imperatori d'Oriente: Flavio Arcadio e Teodosio II
Imperatore d'Occidente: Flavio Onorio
Consoli: Flavio Stilicone e Antemio
Onorio emanò decreti contro i Donatisti.
Radagaiso entrò in Italia portando saccheggi e devastazione. Onorio riunì tutte le milizie che gli fu possibile reclutare arruolando anche Goti, Alani e Unni, ma Stilicone evitò la battaglia in campo aperto.
Quando gli invasori giunsero a valicare gli Appennini a Roma fu il panico e i pagani che ancora vi erano predicarono che il pericolo dipendeva dall'aver abbandonato il culto degli dei.
Radagaiso superò l'Appennino ma Stilicone gli tagliò la strada, gli impedì di rifornirsi e lo bloccò nella zona di Fiesole. Senza via di uscita e senza mezzi di sostentamento, i barbari si arresero. Non fu necessario combattere. Radagaiso tentò di fuggire da solo ma venne intercettato e ucciso dai Romani. Secondo Orosio gran parte degli uomini di Radagaiso furono venduti come schiavi mentre Zosimo afferma che furono quasi tutti uccisi dai soldati di Stilicone.

Anno 406
Papa: Innocenzo
Imperatori d'Oriente: Flavio Arcadio e Teodosio II
Imperatore d'Occidente: Flavio Onorio
Consoli: Flavio Arcadio e Anicio Probo
A Roma fu innalzato un arco trionfale con le statue di Arcadio, Onorio e Teodosio II per la vittoria sui Goti. Fu dedicata una statua in rame anche a Stilicone
Secondo Zosimo, Stilicone tramava con Alarico e si proponeva di aiutarlo a conquistare l'Illirico ai danni di Arcadio.
Vandali, Svevi e Alani andavano proponendo un potente esercito ma evitarono l'Italia dirigendosi contro la Gallia incontrando e superando la resistenza dei Franchi. L'armata dei barbari distrusse Magonza, Vormazia, Reims, Amiens e altre città.
In questa situazione Onorio ordinò ingenti arruolamenti promettendo la libertà agli schiavi che accettavano di entrare nell'esercito.

Anno 407
Papa: Innocenzo
Imperatori d'Oriente: Flavio Arcadio e Teodosio II
Consoli: Onorio e Teodosio
Secondo Zosimo, Stilicone si preparava ad attaccare Arcadio per unire il suo impero a quello di Onorio.
Si ribellarono le legioni romane in Britannia e proclamarono imperatore Marco poi Graziano, che furono entrambi uccisi dopo pochi mesi, e infine Costantino. Costui riunì navi, soldati romani e giovani della Britannia ed attaccò le Gallie, occupò Boulogne e si spinse fino al confine alpino con l'Italia.
Costretto da questi eventi a sospendere i suoi piani, Stilicone incontrò Onorio a Ravenna e fu deciso di affidare il comando contro Costantino a un ufficiale goto di nome Saro. Questi passò in Gallia e riportò qualche successo ma le forze nemiche troppo superiori lo indussero ad abbandonare l'impresa e rientrare in Italia.
Costantino combattè contro varie genti barbare che attaccavano i territori da lui occupati, entrò in Spagna dove catturò alcuni parenti di Onorio e riuscì a far passare dalla sua parte altre legioni romane, tuttavia la sua situazione era resa precaria dal suo generale Geronzio che si ribellò contro di lui e si accordò con molti popoli dalla Gallia e della Britannia facendoli sollevare contro l'impero.
Morì quest'anno in esilio San Giovanni Crisostomo.

Anno 408
Papa: Innocenzo
Imperatori: Onorio e Teodosio
Consoli : Anicio Basso e Flavio Filippo
Il primo maggio di quest'anno morì Flavio Arcadio all'età di trentuno anni. I cristiani furono persuasi che una morte così prematura fosse la punizione divina per la persecuzione di Arcadio contro Giovanni Crisostomo.
Temendo che la successione al trono di suo figlio Teodosio II fosse minacciata da Onorio, Arcadio aveva preso la sorprendente decisione di affidare la tutela del figlio al re di Persia Isdegarde il quale si dimostrò molto corretto nel proteggere gli interessi di Teodosio. Quanto ad Onorio gli bastò sapere che la Persia proteggeva il giovane imperatore per accantonare ogni pretesa sul trono di oriente e si limitò a inviare a Costantinopoli il dotto Antemio come aio di suo nipote.
Maria moglie di Onorio e figlia di Stilicone era morta e Onorio sposò la sorella di lei Termanzia ancora bambina. Probabilmente Stilicone sperava che Onorio morisse senza figli e che suo figlio Eucherio potesse succedergli nell'impero. Secondo Zosimo e Filostorgio, Serena moglie di Stilicone ricorse alle arti di una strega per rendere Onorio impotente.
Alarico portò il suo esercito nel Norico e presentò a Stilicone una richiesta di rimborso per le spese sostenute per procedere contro Arcadio come Onorio gli aveva ordinato e poi riportare indietro il suo esercito quando Onorio aveva annullato l'ordine.
Stilicone si recò a Roma per presentare al senato la richiesta di Alarico accompagnandola con le lettere di Onorio per dimostrare le ragioni del goto. Poiché Stilicone si mostrava favorevole al pagamento, il senato per timore del generale pagò la somma richiesta ma da quel momento molti criticarono Stilicone come fautore dei barbari a danno dell'impero.

Anno 434
Papa: Sisto III
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Ariovindo e Aspare
Recuperata la carica di generale e ottenuto il titolo di patrizio, Ezio decise di vendicarsi sui parenti del conte Bonifacio. Il genero e successore di questi, Sebastiano, fu esiliato e riparò a Costantinopoli.
Il console Aspare fu inviato a Cartagine dove si combatteva contro i Vandali.
Morì in quest'anno il re degli Unni Rua lasciando il trono ai fratelli (in realtà erano nipoti) Bleda e Attila.
A Costantinopoli Teodosio erogò aiuti a carico dell'erario alla popolazione colpita dalla carestia.
La giovane monaca Melania giuse a Costantinopoli chiamata dallo zio paterno il prefetto Volusiano che era molto malato e riuscì a convertirlo al Cristianesimo e farlo battezzare in punto di morte.
A Ravenna Grata Giusta Onoria Augusta, sorella di Valentiniano ancora nubile, rimase incinta del procuratore Eugenio e, secondo il conte Marcellino, fu inviata alla corte di Teodosio.

Anno 435
Papa: Sisto III
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli Teodosio Augusto e Valentiniano Augusto.
Teodosio fece bruciare tutti i libri di Nestorio ed esiliare i vescovi che rifiutavano di condannarlo.
Ezio combattè in Gallia una ribellione dei Burgundi e costrinse il loro re Gundicario a chiedere la pace.
A Ippona fu conclusa la pace tra Valentiniano e il re dei Vandali Genserico che ottenne nuovi territori in Africa impegnandosi a pagare un tributo annuo e mandando in ostaggio a Ravenna suo figlio Unnerico.
Forse perseguitato da emissari di Ezio, secondo il conte Marcellino Sebastiano genero di Bonifacio passò da Costantinopoli in Africa dove fu ucciso.
Nelle Gallie si verificò una ribellione capeggiata da un certo Tibotene. I rivoltosi si unirono ai contadini detti Bagaudi che anni prima si erano ribellati ai governatori romani e ora vivevano di brigantaggio.
Valentiniano celebrò a Roma con giuochi e spettacoli il decennale del suo impero.

Anno 436
Papa: Sisto III
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Flavio Antemio Isidoro e Flavio Senatore
Teoderico re dei Visigoti che vivevano in Aquitania e Settimania si impadronì di molte città confinanti e assediò Narbona. Quando la città stava per arrendersi per mancanza di viveri, Ezio inviò un corpo di militi comandati da Litorio che riuscirono a rifornire gli assediati e i Visigoti, forse sconfitti in uno scontro, forse ritenendo ormai inutile l'assedio, si ritirarono.
Ezio riportò una grande vittoria sui Burgundi il cui capo Gundicario rimase ucciso in battaglia. In quest'occasione gli Unni combatterono come alleati dei Romani e sembra che Attila partecipasse personalmente all'azione.
Poiché Nestorio, confinato in un monastero di Antiochia, continuava a predicare la sua dottrina, per ordine di Teodosio fu trasferito in un luogo molto isolato dell'Egitto dove morì in quest'anno.

Anno 437
Papa: Sisto III
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Ezio e Sigisboldo
In Africa i Vandali di Genserico tentavano di diffondere l'arianesimo e perseguitavano i vescovi cattolici.
Nelle Gallie Ezio alleato con gli Unni combatteva contro i Visigoti e in quest'anno fu catturato Tibatone che aveva provocato la rivolta.
Valentiniano si recò a Costantinopoli dove sposò Licinia Eudossia figlia di Teodosio II con la quale era fidanzato dall'infanzia. Contratriamente alla consuetudine fu la famiglia della sposa a ricevere la dote dallo sposo, dote che in questo caso consisteva in parte dell'Illirico che fu ceduta dall'imperatore d'occidente a quello d'oriente.

Anno 438
Papa: Sisto III
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Teodosio Augusto e Anicio Acilio Glabrione Fausto
Teodosio pubblicò in quest'anno il Codice Teodosiano con il quale veniva riordinata la giurisprudenza. Preparato per l'impero d'oriente, il codice fu adottato anche in occidente.
L'imperatrice Teodosia Augusta, per sciogliere un voto, si recò in pellegrinaggio a Gerusalemme, qui incontrò Santa Melania e fondò vari monasteri.
Teodosio fece riportare a Costantinopoli le spoglie di San Giovanni Crisostomo facendo ammenda per la persecuzione che i suoi genitori avevano attuato ai danni del santo.
Nella Gallia continuavano le ostilità con i Goti sui quali il generale Ezio riportò un'altra grande vittoria.
In questo periodo l'imperatrice Eudocia compose un centone in versi omerici. Fiorirono in questi anni San Cirillo e Teodoreto, scrittori ecclesiastici.

Anno 439
Papa: Sisto III
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Teodoro Augusto e Festo
L'imperatrice Eudocia, dopo aver soggiornato per diversi mesi a Gerusalemme e aver visitato Antiochia, tornò a Costantinopoli con delle reliquie di Santo Stefano Protomartire che furono poste nella basilica di San Lorenzo.
Teodosio pubblicò editti contro i pagani che continuavano segretamente a sacrificare agli dei attribuendo loro la responsabilità della grave carestia che colpiva l'impero.
Ancora di Teodosio si sa che fece costruire un nuovo tratto di mura di Costantinopoli.
Il papa, sollecitato da Valentiniano e da Galla Placidia, dichiarò arcivescovato la diocesi di Ravenna.
Genserico affettò grande amicizia e disponibilità verso Valentiniano fino ad ottenere la restituzione del figlio Unnerico che aveva dato in ostaggio, ma appena l'ebbe ottenuta occupò e saccheggiò barbaramente Cartagine violando gli accordi.
Nella Gallia il conte Littorio, secondo solo a Ezio nel comando militare, spinto da ambizione personale e da buoni presagi degli astrologi, attaccò i Visigoti con i quali l'impero era in pace. Teoderico re dei Visigoti inviò messaggeri a chiedere la pace ma Littorio rifiutò. Durante la battaglia, tuttavia, fu fatto prigioniero e le sue milizie, rimaste senza comandante, si ritirarono Littoni fu condotto a Tolosa dove rimase prigioniero per molto tempo. Fu quindi concluso un nuovo trattato di pace tra Visigoti e Romani dal momento che sia Teoderico, sia Ezio non considerarono opportuno continuare a combattere.
In Spagna Rechila re degli Svevi conquistò la città di Emerita (Merida) in Estremadura.

Anno 440
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Valentiniano Augusto e Anatolio
L'11 agosto morì Sisto III al quale si deve la costruzione della Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma. In settembre fu eletto Leone, diacono fatto appositamente tornare dalla Gallia dove si trovava in missione diplomatica. Si tratta di San Leone il Grande.
Intanto Genserico, che aveva conquistato quasi tutta la provincia africana esiliando nobili ed ecclesiastici e confiscando tutti i loro beni, passò con una grande flotta in Sicilia e saccheggiò molti luoghi dell'isola, assediò Palermo ma non riuscì a conquistarla e tornò rapidamente a Cartagine, sembra per aver saputo che Sebastiano genero del conte Bonifacio era giunto in Africa. Probabilmente Genserico credette che Sebastiano volesse riprendere Cartagine ma in effetti l'esule cercava l'amicizia dei Vandali, cosa che non gli riuscì e gli costò la vita. Fu fatto uccidere da Genserico con il pretesto che aveva rifiutato di abbracciare l'arianesimo.
Teodosio emanò provvedimenti fiscali in favore dell'agricoltura e delle bonifiche dei terreni. Concesse inoltra a tutti i sudditi la licenza di armarsi contro Genserico nemico dell'impero romano.

Anno 441
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Console Ciro senza collega
Ciro fu console in oriente mentre in occidente non fu eletto il console. Egiziano e pagano, Ciro componeva versi e ciò lo rendeva gradito all'imperatrice Eudocia con il cui appoggio fece una rapida carriera fino ai più alti gradi militari, si convertì al Cristianesimo e in seguito divenne vescovo.
Teodosio decise di contrastare Genserico e mandò in Sicilia una grande flotta comandata da Ariovindo, Anassila e Germano ma in quest'anno non fu compiuta alcuna azione contro i Vandali. Ezio tornò in Italia dalla Gallia probabilmente per unirsi all'armata di Teodosio.
In Spagna Rechila re degli Svevi, succeduto al defunto Ermerico, conquistò Siviglia, la Betica e la provincia di Cartagena.
L'impero d'oriente subì attacchi da parte di Persiani, Saraceni, Unni e altri. Un tentativo congiunto di invasione fu respinto dai generali Anatolio e Aspare che costrinsero i barbari a sottoscrivere una tregua di un anno che non fu accettata dagli Unni. Questi entrarono nell'Illirico e saccheggiarono molte località. Con una certa confusione tra le fonti, Muratori parla di un Giovanni Vandalo che tentò di prendere il potere in occidente ma fu catturato dai generali di Teodosio e condotto a Bisanzio dove fu fatto eliminare dal potente eunuco Crisafio.

Anno 442
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli Flavio Dioscoro e Eudossio.
Un corpo di Unni militava nelle Gallie in alleanza con i Romani ma il grosso della loro gente si trovava ancora in oriente e in quest'anno Attila loro re con il fratello Bleda entrò nell'Illirico e nella Tracia conquistando e saccheggiando città e castelli, perciò l'esercito che era in Sicilia per combattere i Vandali fu richiamato indietro, forse era stato proprio Genserico a sollecitare l'attacco degli Unni all'impero.
Teodosio mandò contro gli Unni l'esercito comandato dal generale Arnegisco ma questi fu sconfitto e ucciso presso Marcianopoli in Mesia.
La peste si diffuse in tutto il mondo preceduta dall'apparizione di una cometa.
In Africa Genserico scampò a una congiura dei suoi ufficiali e condannò a morte, oltre ai congiurati accertati, tutti coloro sui quali nutriva sospetti. Il Vandalo concluse quindi un trattato di pace con Valentiniano.
Iniziò in questo periodo a diffondersi l'eresia di Eutiche.

Anno 443
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli Petronio Massimo e Paterno o Paterio
Il Conte Marcellino parlava di un anno particolarmente freddo tanto che la terra rimase coperta di neve per sei mesi.
A Roma fu scoperta una setta clandestina di Manichei.
In Spagna il generale Merobaude, inviato di Valentiniano, sedò i disordini provocati dai Bacaudi, contadini ribelli nella città di ArAcilio (Biscaglia) ma fu presto rimosso dal comando per intrighi di palazzo.
Valentiniano emise leggi in favore dei profughi africani in Italia.
Teodosio fece imprigionare Teodato, scrittore e vescovo di Cirò sospettato di aver aderito al nestorianesimo.

Anno 444
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Teodosio Augusto e Albino.
Attila uccise il fratello Bleda prendendo il potere sull'intero regno, ma per il Conte Marcellino il fratricidio ebbe luogo nel 445.
Morì certamente in quest'anno Arcadia, figlia dell'imperatore Arcadio e sorella di Teodosio che per le esortazioni della sorella Pulcheria si era mantenuta vergine fino alla morte avvenuta a quarantacinque anni. Morì anche San Cirillo vescovo di Alessandria e scrittore, avversario dell'eresia di Nestorio. Fu nominato al suo posto Dioscoro.
San Leone I papa, proseguendo un'inchiesta sui Manichei a Roma, pubblicò un processo contro di loro .

Anno 445
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Valentiniano Augusto e Nomo o Nonio
A Costantinopoli molte persone rimasero uccise in un tumulto scoppiato nel foro.
In Gallia gli Alani a cui Ezio aveva assegnato delle terre a dividere con gli abitanti del posto, trovando resistenze passarono alle armi e si impadronirono di tutto.
Secondo Prospero Tirone i Borgognoni sopravvissuti alla disfatta del loro regno furono stanziati in Sabaudia (Savoia). E' la prima citazione del nome Sabaudia.
In Galizia si tenne un processo contro i Manichei, nella stessa regione sbarcarono i Vandali e presero molti prigionieri. Su richiesta di papa Leone I, Valentiniano bandì da Roma i Manichei.

Anno 446
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Flavio Ezio e Quinto Aurelio Simmaco
Costantinopoli fu colpita dalla caresta e dalla peste.
Il generale Vito condusse un'armata in Spagna contro gli Svevi ma fuggì di fronte all'esercito di Rechila re degli Svevi il quale saccheggiò la regione.
Gli abitanti della Britannia, tormentati dai Pitti e dagli Scoti, chiesero aiuto al generale Ezio ma questi non poteva intervenire perché impegnato a contenere le azioni di Attila che continuava a minacciare sia l'impero d'Oriente, sia quello d'Occidente. Lo storico Prisco, già ambasciatore di Teodosio presso Attila, raccontava che il re degli Unni mostrava clemenza verso chi lo supplicava o si arrendeva a lui. Lo descriveva basso e largo, con testa grande, occhi piccoli, poca barba, capelli brizzolati e carnagione scura. Gli Unni erano nomadi, simili ai Tartari, abituati a vivere in tenda sopportando il gelo e nutrendosi di erbe e di carne poco cotta. Combattevano a cavallo muovendosi in modo caotico, si vestivano di pelli e si bruciavano le guance per non far crescere la barba. Avevano conquistato immensi territori comprendenti la Sarmazia e la Pannonia, superato il Danubio, devastato Tracia e Mesia, dato alle fiamme decine di città.

Anno 447
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Calipio o Alipio e Ardaburio
Costantinopoli subì una gravissima serie di terremoti che distrussero gran parte delle mura e interessarono ampie zone orientali. Ai terremoti seguirono carestie e malattie per le migliaia di cadaveri insepolti.
Attila avanzò fino alle Termopili, superò la Tessaglia e si scontrò con l'esercito di Teodosio il cui comandante Arnegisco rimase ucciso in battaglia.
Dopo la morte del padre Clodione, in quest'anno divenne re dei Franchi , capostipite dei Merovingi.
Morì San Proclo patriarca di Costantinopoli ed ebbe per successore San Flaviano. A questo patriarca furono ostili l'eunuco Crisafio, un consigliere di corte, e l'imperatrice Eudocia che tramarono contro Pulcheria sorella dell'imperatore la cui positiva influenza sul fratello suscitava la gelosia della cognata. Crisafio e Eudocia tramavano per far rinchiudere Pulcheria in convento, la donna ne fu informata da Flaviano e si ritirò a vita privata.
Valentiniano pubblicò in quest'anno un editto che condannava all'esilio i sacerdoti cristiani che per eccesso di zelo religioso distruggevano i monumenti funebri pagani. Emise inoltre una legge che riconosceva ai figli dei liberti il diritto di ricevere l'eredità paterna e altre disposizioni riguardanti la dogana.

Anno 448
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Flavio Zenone e Rufio Pretestato Postuniano
Per una banale combinazione di eventi, Teodosio sospettò che la moglie Eudocia lo tradisse con un cortigiano di nome Paolino e decise di divorziare. Qualche tempo dopo fece uccidere Paolino ed altri funzionari vicini all'imperatrice mentre Eudocia si trasferì a Gerusalemme dove trascorse il resto della vita.
Teodosio pubblicò un editto contro i sostenitori di Nestorio.
Morì Rechila re degli Svevi di Merida in Lusitania e salì al trono il figlio Rechiario che subito prese a saccheggiare le province romane vicine.

Anno 449
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Flavio Asturio e Flavio Florenzio Romano Protogene.
L'eunuco Crisafio e Dioscoro patriarca di Alessandria convinsero l'imperatore della necessità di un concilio che fu convocato a Efeso. I legati del papa protestarono invano contro la delibera del concilio che assolse l'eretico Eutiche e depose il patriarca di Costantinopoli San Flaviano il quale morì in esilio pochi mesi più tardi.
Poco dopo il papa convocò un altro concilio in Roma che dichiarò nullo quello di Efeso. Morì in quest'anno Marina sorella dell'imperatore Teodosio. Era nata nel 403 e non aveva mai voluto sposarsi. Morirono anche due generali patrizi: Ariovindo console del 434 e Tauro console nel 428.
Rechiario, in Spagna, sposò una figlia di Teodorico re dei Visigoti e continuò a commettere saccheggi e stragi insieme a un certo Basilio capo di una banda di Bagaudi (briganti celtici).
Attila conquistò e distrusse molte città della Tracia spingendosi fino a Gallipoli e Sesto. Teodosio fu costretto a promettergli un tributo annuale per farlo uscire dal territorio romano.
Padrone della Dacia, Valacchia e Moldavia, Attila pretendeva tributi e proferiva minacce trattando da inferiori sottomessi entrambi gli imperatori e mantenendo un clima di tensione e di paura.

Anno 450
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Valentiniano Augusto e Gennadio Avieno

Valentiniano si recò a Roma con la moglie Eudossia e la madre Galla Placidia per visitare i sepolcri degli Apostoli. Incontrò il papa che invocò la sua protezione per la Chiesa contro le iniquità del Concilio di Efeso. Il pontefice scrisse in tal senso anche a Teodosio ma ne ebbe risposte evasive ispirate dai pessimi consiglieri. In quest'anno però per Crisafio fu la rovina: Teodosio lo depose dalle sue cariche, confiscò i suoi beni e lo mandò in esilio, certamente per aver scoperto le sue trame malefiche.
Teodosio morì poco dopo, probabilmente per un incidente di caccia. Si diceva di Teodosio che fu molto religioso e clemente. Molto colto, letterato, esperto di matematica e di astronomia, si dilettava anche di pittura e scultura. Per contro era un mediocre governante e spesso fu l'assistenza della sorella Pulcheria ad evitargli di commettere grossi errori. Comprò la pace dai barbari invece di combattere e si lasciò sempre manovrare dagli eunuchi di corte.
Secondo il cronista Prospero Tirone, il corpo di Teodosio fu traslato a Roma e sepolto in Vaticano.
Pulcheria tenne nascosta per qualche tempo la morte di Teodosio mentre proponeva a Marciano di diventare imperatore e suo marito, ma senza pregiudizio per la sua verginità che aveva consacrata a Dio.
Il patriarca Anatolio, il senato e l'esercito proclamarono imperatore Marciano che era uomo di età avanzata ma esperto di cose militari. Aveva cominciato come soldato semplice ed era con il tempo diventato un alto ufficiale. Era di aspetto venerabile, di santi costumi, magnanimo, senza interesse, temperante e compassionevole.
Era molto religioso e pubblicò un editto contro i monaci seguaci di Nestorio e Eutiche. Scrisse al papa proponendo un nuovo concilio.
Morì in quest'anno Galla Placidia, madre di Valentiniano III. Una legge di Valentiniano punì i comportamenti illeciti degli esattori del fisco.

Anno 451
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Teodosio II
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Flavio Marciano Augusto, Flavio Adelfio
In quest'anno si svolse il concilio di Calcedonia che condannò la dottrina di Eutiche e depose Dioscoro patriarca di Alessandria.
Attila che soggiornava in Dacia o in Pannonia quando ricevette la notizia della morte di Teodosio e una proposta matrimoniale da parte di Giusta Grata Onoria, sorella di Valentiniano III. Costei viveva a Costantinopoli in prigionia per aver perduto la verginità a diciassette anni essendo ancora nubile. Attila inviò ambasciatori a Valentiniano III per combinare il matrimonio ed altri a Marciano per richiedere tributi.
Valentiniano rispose che Onoria era già sposata e che non avrebbe mai ereditato l'impero che si tramandava in linea maschile. Marciano rispose che non avrebbe pagato tributi e non avrebbe ratificato le promesse di Teodosio.
Attila si armò contro l'Occidente: in Italia per costringere Valentiniano a lasciargli sposare Onoria e nelle Gallie per accogliere la richiesta di Genserico re dei Vandali di far guerra a Teodorico re dei Visigoti.
Genserico, che aveva fatto mutilare sua nuora figlia di Teodorico perché sospettata di cospirazione, temeva infatti che il Visigoto volesse attaccarlo per vendicare l'oltraggio subito dalla figlia.
Attila aveva inoltre un terzo incentivo ad agire in Occidente: la richiesta di aiuto di un principe franco del quale non si conosce il nome che alla morte del padre Clodione avrebbe dovuto ereditare il trono ma era stato cacciato dal fratello minore Meroveo con l'aiuto del generale romano Ezio. Questi aveva adottato Meroveo quando era ancora un ragazzo e lo aveva mandato a Roma per presentarsi a Valentiniano.
Prima di muoversi, Attila scrisse a Valentiniano assicurando di voler attaccare i Visigoti e non l'impero, contemporaneamente scrisse a Teodorico re dei Visigoti esortandolo a rompere i rapporti con i Romani. Valentiniano intuì che Attila cercava di far nascere discordie tra Romani e Visigoti e mandò ambasciatori a Teodorico per metterlo in guardia contro il comune nemico. Teodorico aderì alla proposta e unì tutte le sue risorse militari a quelle dell'esercito romano comandato dal valoroso Ezio.
L'armata di Attila era "una sterminata moltitudine di uomini e di cavalli" perché insieme agli Unni combattevano i Gepidi, gli Ostrogoti, i Marcomanni, gli Svevi, i Quadi, gli Eruli, i Turcilingi ed altre genti. Mossero in primavera partendo dalla Pannonia e rapidamente devastarono la città di Augusta, raggiunsero il Reno e lo superarono costruendo piccole imbarcazioni ed entrarono nella provincia Belgica Seconda senza incontrare ostacoli perché Ezio era ancora lontano.
Le truppe Romane si congiunsero ai Visigoti insieme a Franchi, Sarmati, Borgognoni ed altri.
Gli Unni saccheggiarono Metz, Treviri, Tongres e superarono Troyes senza notarla (secondo alcuni per un miracolo). I Romani e i Visigoti guidati da Ezio incontrarono il nemico nella pianura presso Chalons-sur-Marne detta Capi Catalaunici. La battaglia fu lunga e terribile, decine di migliaia i caduti, ma l'esito rimase incerto. Il giorno successivo Attila non osò uscire dal campo per combattere ancora.
Nel combattimento morì Teodorico re dei Visigoti e il suo primogenito Torismondo avrebbe voluto assediare Attila ad oltranza per vendicare il padre ma Ezio lo persuase a tornare in fretta a Tolosa per evitare che uno dei fratelli minori usurpasse il trono.
Anche Meroveo si affrettò a tornare in patria per evitare che il fratello in sua assenza si impadronisse del regno. Attila tornò in Pannonia con l'intenzione di riunire un'armata ancora più grande per attaccare l'Italia.
In quest'anno l'imperatore Marciano pubblicò un editto contro quanti tentavano di ripristinare culti pagani.

Anno 452
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Marciano
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Sporacio e Flavio Ercolano
Dopo aver rimpiazzato i caduti del suo esercito, Attila penetrò in Italia attraverso il Friuli. La prima città che subì l'assedio fu Aquileia che resistette valorosamente ma fu infine espugnata ed incendiata, molti cittadini furono uccisi e gli altri furono fatti schiavi. Dopo Aquileia, Attila conquistò e distrusse Altino, Concordia e Padova. Gli abitanti di queste città cercarono rifugio nelle isole della laguna dando inizio al primo nucleo di quella che sarà la città di c. Proseguendo la sua campagna, Attila saccheggiò Vicenza, Verona e Bergamo. Conquistò e saccheggiò anche Milano e Pavia ma qui si astenne dalle stragi e dagli incendi. Secondo una tradizione gli Unni superarono Modena senza vederla grazie alla protezione di San Geminiano, un racconto analogo si riferiva a Ravenna che Attila avrebbe risparmiato perché commosso dalle parole del vescovo. Tutt'altro destino toccò a Piacenza, Parma e Reggio che furono devastate dal "Flagello di Dio".
Attila si accampò per l'inverno a Governolo, presso la confluenza del Mincio nel Po e qui fu raggiunto da un'ambasceria incaricata da Valentiniano di trattare la pace. Gli ambasciatori erano il papa Leone, il consolare Avieno e un certo Trigezio già prefetto del pretorio. Si dice che l'eloquenza del papa riuscì a rendere mansueto Attila che accettò la pace e promise di tornare al suo paese. Alcuni critici antichi e moderni ritengono che a convincere Attila a ritirarsi contribuirono l'imminenza di un potente attacco da parte di Ezio e gli effetti di un'epidemia che andava diffondendosi tra gli uomini di Attila.
Prima di lasciare l'Italia, Attila pretese che gli fosse mandata Onoria sorella di Valentiniano per sposarla e per avere dal fratello una ricchissima dote. Pur di allontanare Attila gli fu promesso quanto chiedeva tuttavia Muratori dubita che queste promesse furono mantenute.
Marciano emanò proclami per ribadire la condanna dei seguaci di Eutiche e per riabilitare la memoria del patriarca Flaviano morto in esilio. Con una ulteriore disposizione ordinò che i nuovi consoli si dedicassero al restauro dell'acquedotto di Costantinopoli il denaro che tradizionalmente distribuivano al popolo dopo l'elezione. Ne seguirono disordini.

Anno 453
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Marciano
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Vincomalo e Opilione
Tornato in Pannonia, Attila scrisse all'imperatore Marciano imponendogli il pagamento dei tributi concordati con Teodosio II suo predecessore.
Attila desiderava vendicarsi per la sconfitta subita in Gallia, decise quindi di attaccare gli Alani che vivevano presso la Loira, perciò mosse dalla Pannonia attraverso la Germania.
Torismondo nuovo re dei Visigoti accorse in aiuto degli Alani e Attila, di nuovo sconfitto, fu costretto ancora una volta a tornare indietro. Non tutte le fonti parlano di questa seconda campagna in Gallia mentre quasi tutte concordano nel collocare in quest'anno la morte di Attila, secondo alcuni fu scannato da una donna mentre Giordane parla di soffocamento da abbondante epistassi mentre dormiva ubriaco.
Secondo gli usi degli Unni, al funerale di Attila i soldati si tagliarono parte dei capelli e si ferirono il viso. Dopo aver cantato un inno a Attila e aver banchettato presso il cadavere lo seppellirono in un luogo segreto e perché restasse tale gli schiavi che avevano scavato la fossa vennero uccisi.
Morto Attila iniziarono le liti tra i figli per la spartizione del regno e le rivolte dei popoli sottomessi. I Gepidi combatterono contro gli Unni e li sconfissero respingendoli verso il Mar Nero, quindi fecero alleanza con l'imperatore di Oriente.
A Tolosa Trasimondo re dei Visigoti fu ucciso da Teodorico e Federico suoi fratelli, il primo dei quali subentrò sul trono.
A Costantinopoli morì Pulcheria sorella di Teodosio II e moglie di Marciano, principessa estremamente religiosa che volle rimanere vergine anche nel matrimonio. Lasciò grandi ricchezze ai poveri e fu perciò riconosciuta santa sia in Oriente, sia in Occidente.

Anno 454
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Marciano
Imperatore d'Occidente Valentiniano III
Consoli: Ezio (diverso dal generale) e Studio.
Ezio fu ucciso da Valentiniano. Il generale e l'imperatore avevano da tempo concordato che un figlio del primo avrebbe sposato una figlia del secondo ma Valentiniano, forse subornato da un eunuco suo consigliere, sembrava non voler rispettare l'accordo.
Durante una discussione l'imperatore sguainò la spada per colpire Ezio, subito imitato dai cortigiani presenti e il generale, colpito da ogni direzione, giacque a terra morto. Nel tentativo di difenderlo fu ucciso con lui anche il suo amico senatore Boezio, antenato del più noto omonimo. Secondo alcuni autori Valentiniano aveva già deciso di eliminare Ezio perché temeva che con il suo grande ascendente sui soldati potesse usurpare il trono, secondo altri dietro le calunnie degli eunuchi di corte era Massimo che fu successore di Valentiniano e certamente doveva essere interessato a eliminare un potenziale potente ostacolo ai suoi progetti.

Anno 455
Papa: Leone I
Imperatore d'Oriente: Marciano
Imperatore d'Occidente Avito
Consoli: Valentiniano AugustoValentiniano e Antemio
Nel mese di Marzo fu ucciso Valentiniano III in una congiura organizzata da Petronio Massimo. Secondo Procopio di Cesarea Petronio Massimo eliminò Valentiniano perché questi aveva violentato sua moglie, ma questo particolare non è confermato da altre fonti mentre tutti scrivono che Massimo, dopo l'uccisione di Valentiniano fu proclamato imperatore. Poco dopo, essendo morta la moglie, Petronio Massimo propose a Eudossia vedova di Valentiniano di sposarlo e la donna, ignara del ruolo che il pretendente aveva avuto nella morte del marito, accettò. Quando Eudossia venne a conoscere la verità scrisse segretamente a Genserico re dei Vandali pregandolo di vendicare il defunto imperatore del quale egli era stato alleato. Genserico accolse con entusiasmo la richiesta e si portò con la sua flotto alla costa laziale.
Alla notizia dell'arrivo dei Vandali il popolo e i soldati si sollevarono e, catturato Massimo che tentava di fuggire da Roma, lo fecero a pezzi. Fu ucciso anche Palladio figlio di Massimo che aveva sposato Eudocia figlia di Valentiniano. Poiché Massimo fu ucciso dopo aver regnato soltanto due mesi, Muratori dubita per ragioni cronologiche che Genserico sia stato chiamato da Eudossia.
Genserico lasciò che l'orda dei Vandali e di Africani che lo seguiva saccheggiasse Roma ma il papa Leone riuscì a convincerlo a risparmiare la vita dei cittadini e a non permettere di dare fuoco alle case.
Il saccheggio durò quindici giorni e il bottino di incalcolabile valore fu inviato a Cartagine, fu asportata anche la copertura in bronzo del tempio di Giove Capitolino. Furono fatti molti prigionieri tra i quali Gaudenzio, figlio di Ezio, l'imperatrice Eudossia e le sue figlie Eudocia e Placidia. Alcuni anni dopo Eudocia sposò Unnerico figlio di Genserico ed ebbe un figlio di nome Ilderico. Dopo il saccheggio di Roma i Vandali si sparsero per la Campania, distrussero Capua e Nola e continuarono a saccheggiare il territorio.
Muratori ricorda le caritatevoli virtù di Paolino vescovo di Nola e di Deogratias vescovo di Cartagine che vendettero ogni bene delle loro chiese per riscattare o assistere il maggior numero possibile di schiavi cristiani.
Nelle Gallie gli ufficiali romani consigliarono al generale Avito di occupare il trono imperiale rimasto vacante con la morte di Massimo.
Teodorico re dei Visigoti, con il quale il generale stava trattando la pace, gli offrì la sua allenza contro Genserico. Nel mese di Luglio Avito venne proclamato imperatore.
A Gerusalemme Eudocia Atenaide, vedova di Teodosio II e madre della Eudossia deportata da Genserico si convertì dall'eresia Eutichiana e tornò alla fede cattolica.

Anno 468
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Leone
Imperatore d'Occidente: Antemio
Console Antemio Augusto senza collega.
Il prefetto delle Gallie Servando o Arvando fu accusato di tramare ai danni dell'impero d'accordo con i Visigoti. Rischiò la condanna a morte ma, graziato da Antemio, ebbe la pena commutata nell'esilio a vita in Oriente.
L'imperatore Leone organizzò una grande flotta per combattere i continui atti di pirateria di Genserico re dei Vandali. All'impresa contribuì con navi e mezzi finanziari anche l'imperatore d'Occidente Antemio.
Fu nominato ammiraglio Basilisco, fratello della moglie di Leone Verina Augusta, già noto per le sue vittoriose campagne militari contro Sciti e Tartari. La flotta occidentale era comandata da Marcellino.
L'armata arrivò rapidamente in Africa ed avrebbe debellato i Vandali se Basilisco, lasciatosi corrompere da Genserico, non avesse condotto le cose in modo che la campagna risultasse non conclusiva.
I Vandali riuscirono quindi ad incendiare la flotta romana che tornò alle sue basi avendo subito forti perdite.
Basilisco si salvò dall'ira di Leone per intercessione di Verina Augusta ma fu mandato in esilio.
Quanto a Marcellino generale di Antemio morì durante la campagna contro i Vandali in Africa o in Sicilia.
Il 21 febbraio 468 morì papa Ilario, pochi giorni dopo fu eletto Simplicio, originario di Tivoli.

Anno 469
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Leone
Imperatore d'Occidente: Antemio
Consoli Marciano e Zenone.
Marciano era figlio di Antemio, Zenone era marito di Arianna figlia di Leone ed aveva il titolo di duca d'Oriente.
Leone nomina cesare Patricio figlio di Aspare e gli promette la mano della figlia Leonzia. E' costretto a prendere queste decisioni dalla grande potenza di Aspare, paragonabile a quella di Ricimero in Occidente.
La nomina di Patricio (ariano) solleva un tumulto nella comunità cattolica di Costantinopoli ed una delegazione guidata da San Marcello Archimandrita chiede a Leone che Patricio abiuri l'arianesimo o rinunci alla carica di cesare, ottenendo una promessa dell'imperatore.
Leone invia un esercito comandato dal genero Zenone contro gli Unni che infestano la Tracia. Zenone scampa ad un attentato organizzato da Aspare che lo vedeva come un rivale di suo figlio nelle aspirazioni all'Impero.
In questo stesso anno Leone emana una legge contro le pratiche simoniache di molti prelati.

Anno 470
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Leone
Imperatore d'Occidente: Antemio
Consoli Severo e Giordano.
Una nuova spedizione di Leone contro Genserico riesce vittoriosa e toglie ai Vandali Tripoli ed altre città africane.
Antemio fa giustiziare un certo Romano che tentava di usurpare il trono.
Leone, proponendosi di eliminare l'influenza di Aspare, richiama dall'esilio Basilisco.

Anno 471
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Leone
Imperatore d'Occidente: Antemio
Consoli Leone Augusto e Probiano.
Su ordine di Leone, Zenone ed i suoi soldati uccidono Aspare ed i suoi figli Ardaburio e Patricio che avevano per anni usato il potere della loro famiglia per controllare l'imperatore.
A questi eventi seguì una rivolta dei Goti e degli Ariani di Costantinopoli che fu rapidamente repressa dalla guardia imperiale ed il capo degli insorti, il conte Ostro, fuggì in Tracia.
Intanto in Occidente spadroneggiava il potente Ricimero che presto entrò in contrasto con l'imperatore Antemio, che era suo suocero, e si ritirò a Milano.
In un primo momento si tentò una riconciliazione tramite un'ambasciata a Roma guidata da S. Epifanio vescovo di Pavia.

Anno 472
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Leone
Imperatore d'Occidente: Olibrio
Consoli Festo e Marciano.
Nonostante gli accordi conclusi da S. Epifanio, Ricimero si portò nei pressi di Roma con un esercito ed assediò la città.
L'imperatore fu colto di sorpresa, inoltre Ricimero poteva contare sull'appoggio di una parte del popolo romano.
Il governatore delle Gallie Bilimero giunse in soccorso dell'imperatore con il suo esercito ma venne sconfitto ed ucciso.
Infine l'11 luglio Ricimero entrò in Roma e fece immediatamente giustiziare Antemio per poi lasciare che i suoi uomini saccheggiassero la città.
Ricimero non godette più a lungo del suo arbitrario potere perché il 18 agosto fu ucciso da una dolorosa malattia.
Si ricorda di lui che fece costruire in Roma la chiesa di S. Agata dove si professavano riti ariani.
Giunse dall'Oriente Olibrio che aspirava all'impero in quanto marito di Placidia, figlia di Valentiniano III. Olibrio prese il potere poco prima o poco dopo la morte di Ricimero con l'appoggio, sembra, dell'imperatore Leone, ma morì il 23 ottobre di morte naturale senza lasciare eredi maschi. Sua figlia Giuliana sposò Ariobindo, nipote dell'omonimo console del 434 .
In questo anno la cattolica Eudocia, sorella di Placidia e moglie di Unnerico figlio di Genserico, non più sopportando di avere un marito ariano, fuggì a Gerusalemme dove morì poco dopo.
Il Conte Marcellino ricorda in questo stesso anno una grande eruzione di cenere del Vesuvio.

Anno 473
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Leone
Imperatore d'Occidente: Glicerio
Consoli Flavio Leone Augusto senza collega.
Dopo alcuni mesi di vacanza del trono d'occidente, il 5 marzo 473 viene proclamato imperatore Glicerio, un personaggio di oscure origini che probabilmente si fece incoronare senza l'approvazione del senato e dell'imperatore d'Oriente. Su questo imperatore si hanno scarsissime notizie: Teofane lo definisce "uomo non cattivo", Ennodio racconta dell'intercessione di S. Epifanio presso Glicerio a favore dei cittadini di Pavia che avevano offeso la madre dell'imperatore.
Si sa inoltre che tratto con il capo ostrogoto Videmiro che era entrato in Italia con un'armata per indurlo a passare nelle Gallie.
Intanto Leone, sentendosi prossimo alla fine e non avendo figli maschi, operava per garantire la successione al genero Zenone.
Non avendo in questo l'approvazione del senato e del popolo risolse di associare al potere il nipote Leone figlio di Zenone e di Arianna.
Teodorico figlio di Triario pretendeva l'eredità di Aspare, comprendente il comando delle milizie straniere ed il diritto di abitare in Tracia con la sua gente. Vedendo insoddisfatte le sue richieste attaccò Filippi ed Arcadiopoli ottenendo infine un tributo annuale per gli Ostrogoti e la carica di generale di due corpi d'armata per se stesso.

Anno 474
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Zenone
Imperatore d'Occidente: Nepote
Consoli Flavio Leone juniore Augusto senza collega.
Leone morì di dissenteria nel mese di gennaio. L'impero passò a Leone juniore figlio di Zenone e di Arianna, ancora bambino secondo alcune fonti o diciassettenne secondo altre (Muratori propende per la prima ipotesi).
Zenone indusse il figlio ad associarlo al potere con l'assenso del senato.
Leone juniore morì nel mese di novembre (non mancarono i sospetti sul padre) e Zenone rimase solo a regnare.
Secondo gli storici Evagrio e Teofane appena creato imperatore si abbandonò a vizi e turpitudini di ogni genere.
Prima di morire Leone aveva mandato in Italia un esercito contro Glicerio che aveva preso il potere senza il suo consenso, lo comandava Giulio Nepote, figlio di Nepoziano, che venne nominato cesare.
Nepote sbarcò a Ravenna e passò a Roma dove Glicerio rinunciò senza combattere alla porpora imperiale. Nepote lo costrinse a farsi prete e gli procurò la sede vescovile di Salona in Dalmazia.
Nepote fu proclamato imperatore d'Occidente il 24 giugno.
Approfittando di questa situazione il re visigoto Eurico assediò la città di Auvergne (Clermont) in territorio romano, difesa da Ecdicio, figlio dell'imperatore Avito.
Nepote conferì ad Ecdicio il titolo di generale d'armata ed inviò il questore Liciniano a trattare con Eurico. L'ambasciata non ebbe esito favorevole e Nepote decise di riprovare mandando Sant'Epifanio vescovo di Pavia. Questa volta la diplomazia ebbe successo ma Eurico pose come condizione la pacifica cessione della città assediata.

Anno 475
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Zenone
Imperatore d'Occidente: Romolo Augustolo
Consoli Flavio Zenone Augusto senza collega.
Eurico era ariano ed osteggiò gravemente la Chiesa Cattolica proibendo le nuove nomine quando un vescovo o un parroco morivano.
Nepote chiamò a corte Ecdicio e lo sostituì nei suoi impegni militari con Oreste che per l'occasione fu nominato patrizio e generale.
Oreste era di origine latina, era stato segretario di Attila per il quale aveva svolto missioni diplomatiche a Costantinopoli.
Una volta ricevuto l'incarico si volse contro Nepote, lo assediò a Ravenna e lo costrinse a lasciare il potere fuggendo a sua volta a Salona dove si trovava il deposto Glicerio.
Oreste fece proclamare imperatore il 31 ottobre il giovane figlio Romolo che fu detto Augustolo a causa dell'età.
In questo anno gli Ostrogoti attaccarono l'impero d'Oriente invadendo la Mesia. Era loro re Teodomiro padre di Teodorico che successivamente divenne re d'Italia.
Teodomiro aveva in precedenza combattuto contro Alemanni e Svevi per conto dell'impero mentre il figlio cresceva alla corte di Costantinopoli dove era stato lasciato come ostaggio.
All'età di diciotto anni Teodorico aveva di sua iniziativa armato un esercito per combattere contro i Sarmati ed ora militava a fianco del padre nell'invasione della Mesia.
Giunti a Tessalonica i Goti trattarono la pace ottenendo ampi territori in Tracia. Teodomiro morì e Teodorico fu suo successore.
Intanto Zenone continuava a coltivare le sue abitudini depravate. Quando negò una grazia alla suocera Verina questa cospirò con il fratello Basilisco per deporlo e Zenone fuggì in Siria poi in Isauria con la moglie Arianna portando con se un'ingente somma di denaro.
Basilisco divenne imperatore ed associò al potere il figlio Marco.


STORIA ITALIANA



Anno 476 d.C.
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Consoli (orientali): Basilisco e Armato (Flavio Armazio)
Il patrizio Oreste, padre di Romolo Augustolo, conclude un'alleanza con il re dei Vandali Genserico
Odoacre figlio di Edicone, di stirpe gotica ma allevato in Italia, apparteneva alla tribù degli Eruli.
Odoacre cala in Italia dalla Pannonia alla testa di un esercito composto da Eruli, Rugi, Sciti ed altre genti. Durante la marcia incontra nel Norico San Severino che gli predice il trono.
Le fonti non sono concordi: secondo Teofane e Procopio Odoacre si trovava già in Italia e militava nella guardia imperiale. Causa prima della rivolta di Odoacre è il rifiuto di Oreste di concedere ai soldati di origine gota un terzo delle terre italiane.
Odoacre marcia verso Milano mentre Oreste lo attende presso Lodi, ma resosi conto della superiorità del nemico Oreste preferisce chiudersi a Pavia.
Odoacre espugna Pavia, devasta la città e cattura Oreste che viene deportato a Piacenza ed ivi ucciso il 28 agosto.
Odoacre procede su Ravenna dove il 4 settembre sconfigge ed uccide Paolo fratello di Oreste nella pineta di Classe.
Romolo Augustolo viene risparmiato e confinato nel Castello di Lucullo a Napoli con un vitalizio annuo di seimila soldi d'oro.
Odoacre prende possesso di molte città italiane, spesso pacificamente, a volte distruggendole ed uccidendone gli abitanti.
L'Anonimo Valesiano considera Odoacre re d'Italia dal 23 agosto 476, dopo la presa di Milano e Pavia.
Non chiede il titolo di Imperatore accontentandosi di quello di patrizio e anche se molti autori lo considerano re, egli non vestì mai le insegne reali. Non emanò costituzioni e non battè moneta ma continuò a dichiararsi suddito di Zenone.
Odoacre stabilì la propria residenza a Ravenna e distribuì ai suoi soldati un terzo delle terre italiche.
Trattò con Genserico per ottenere la Sicilia in cambio di un tributo annuale.
Ariano, si dimostrò indulgente verso i Cattolici.
Intanto Basilisco usurpa il trono d'Oriente costringendo Zenone alla fuga.
Muratori è perplesso sulla data dell'usurpazione che potrebbe essere avvenuta nel 475.
Nepote era fuggito in Dalmazia e quando venne a sapere della fine di Oreste e del ritorno sul trono d'Oriente di Zenone si rivolse a quest'ultimo per essere reintegrato nel potere imperiale.

Anno 477 d.C.
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Morte di Genserico re dei Vandali (24 gennaio), gli succede il figlio Unnerico.
Su preghiera di Simplicio, Zenone riordina le Chiese d'Oriente abrogando le nomine eretiche di Basilisco.
Terremoto a Costantinopoli.
Il re dei Goti Eurico estende il proprio dominio in Provenza occupando Arles e Marsiglia.

Anno 478 d.C.
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Console Illo senza collega.
Zenone nomina console in Oriente Illo che lo aveva aiutato contro Basilisco ma non nomina consoli in Occidente, neanche Odoacre osa farlo forse per non essere tacciato di abuso di autorità.
Eresia eutichiana in Oriente.
Il consiglio indetto da Acacio patriarca di Costantinopoli condanna Timoteo Eluro, Pietro Fullone ed altri.
Situazione: i Visigoti controllano tutta la Gallia Meridionale dalle Alpi Marittime ai Pirenei, la Catalogna, Aragona e Navarra fino a Siviglia. Gli Svevi la Galizia ed il Portogallo, i Borgognoni (Burgundi) la Savoia e la Borgogna

Anno 479 d.C.
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Teodorico Amalo, figlio del re degli Ostrogoti Teodemiro, muove guerra all'impero d'Oriente, devasta la Grecia e conquista Durazzo.
Il generale Sabiniano resiste a Teodemiro e lo convince a passare dalla parte di Zenone e combattere contro Teodorico figlio di Triario promettendogli ricompense ed onori a Costantinopoli.
Persecuzione dei Cattolici in Africa da parte dei Visigoti.
S. Epifanio cura la ricostruzione del Duomo di Pavia ed ottiene da Odoacre l'esenzione fiscale per cinque anni della città perché si riprenda dai danni subiti durante l'assedio.
Sedizione di Marciano figlio di Antemio contro Zenone. Marciano accampava i diritti della moglie Leonzia figlia di Leone Augusto e di Verina.
Marciano riesce ad entrare in Costantinopoli e vincere una battaglia ma durante la notte Illo corrompe i suoi soldati isolandolo. Al mattino Marciano si rifugia in chiesa, viene costretto a farsi prete e mandato in esilio in Cappadocia.

Anno 480 d.C.
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Console Basilio Juniore senza collega.
Pare che questo Basilio, diverso dal console del 463 (per distinguerlo dal quale è definito Juniore), fu prefetto del pretorio e patrizio. Fu nominato console da Odoacre che probabilmente intendeva liberarsi della sudditanza di Zenone.
Nepote viene ucciso nella sua villa presso Salona dai suoi ufficiali Viatore e Ovida (9 maggio).
Eugenio nominato vescovo di Cartagine.

Anno 481 d.C.
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Console Placido senza collega.
Odoacre passa in armi in Dalmazia e uccide Ovida, l'assassino di Nepote.
Teodorico di Triario fa irruzione in Tracia. Poco dopo muore per un incidente.
Muore il generale Sabiniano.
Muore Childerico re di Franchi, gli succede il figlio Clodoveo.

Anno 482 d.C.
Papa: Simplicio
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Consoli Trocondo (Oriente) e Severino (Occidente).
Trocondo era fratello di Illo, anche lui era passato da Basilisco a Zenone.
Teodorico Amalo muove di nuovo guerra a Zenone e saccheggia Macedonia e Tessaglia.
Zenone esilia la suocera Verina in Calcedonia mandandola a vivere con Marciano e Leonzia.
Arianna, altra figlia di Verina e moglie di Zenone, prega il marito di richiamare la madre e manda un sicario ad uccidere Illo ritenendolo l'artefice dell'esilio, ma il sicario fallisce.
Illo passa in Antiochia con i patrizi Leonzio e Pamprepio, Zenone lo nomina prefetto d'Oriente.
Zenone pubblica l'Enoticon, editto di conciliazione fra Eutichiani, Nestoriani e Cattolici, che in certa maniera rigetta il Concilio di Calcedonia. Autore dell'editto è Acacio, vescovo di Costantinopoli.
Papa Simplicio si oppone all'Enoticon.
L'Italia vive un periodo di tranquillità sotto il regno di Odoacre.

Anno 483 d.C.
Papa: Felice III
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Console Fausto.
Il 2 marzo muore papa Simplicio
Al conclave è presente un messo di Odoacre, il Basilio console del 480 d.C., il quale dovrebbe dare il proprio assenso all'elezione del nuovo pontefice per volontà del defunto Simplicio. Tuttavia questo dettato di Simplicio non si trova in alcun decreto e Muratori dubita della sua autenticità.
Elezione di Felice III, romano, parroco del titolo di Fesciola, che subito rigetta l'Enoticon e procede contro Acacio .
In Africa Unnerico perseguita i Cattolici negando loro ogni carica amministrativa e militare.
Zenone nomina generale Teodorico e lo designa console per l'anno seguente.
Secondo Giordane Teodorico viene adottato da Zenone per l'aiuto dato contro Basilisco.
Zenone voleva assicurarsi l'aiuto di Teodorico contro la rivolta che Illo andava preparando in Oriente.
Illo libera Verina, Marciano e Leonzia dal confino in Cappadocia, con l'intento di far proclamare imperatore da Verina il suo congiunto Leonzio.

Anno 484 d.C.
Papa: Felice III
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Consoli: Teodorico e Venanzio
Ribellione in Oriente. Verina proclama imperatore Leonzio e con una serie di lettere informa della nomina tutte le regioni dell'impero.
Entrato in Antiochia Leonzio nomina Liliano prefetto del pretorio.
Zenone invia un esercito comandato da Giovanni Scita e da Teodorico che sconfigge Leonzio ed Illo.
Morte di Verina Augusta vedova di Leone.
Esiliati in Africa trecentocinquanta vescovi, chiuse le chiese cattoliche.
Morte di Unnerico (dicembre), gli succede Gundamondo, figlio del fratello Gentone.
Felice III depone e scomunica Acacio .

Anno 485 d.C.
Papa: Felice III
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Console Simmaco Juniore (Occidente).
Quinto Aurelio Memmio Simmaco Juniore era genero del filosofo Boezio detto Juniore per distingurlo dal Simmaco console nel 446 .
Concilio a Roma indetto da Felice III. Scomunica di Acacio, Pietro Fullone e Pietro Mongo.
Zenone libera il fratello Longino che era stato imprigionato da Illo. Longino nominato Cesare.
Il poeta patrizio Pelazio critica la nomina di Longino parlando dei suoi vizi e viene fatto morire.

Anno 486 d.C.
Papa: Felice III
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Consoli: Decio e Longino.
Pace nel regno di Odoacre.
Guerra fra Clodoveo e Siagrio. Sconfitto Siagrio ripara presso il re goto Alarico ma viene consegnato ai Franchi e giustiziato.

Anno 487 d.C.
Papa: Felice III
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Console Boezio senza collega
Secondo Muratori Boezio console non è il filosofo.
Il 15 novembre Odoacre sconfigge e fa prigioniero Feva re dei Rugi, probabilmente all'origini di questa guerra erano state le frequenti scorrerie dei Rugi in territorio romano.
Odoacre devasta il paese dei Rugi e ne deporta gli abitanti. I Longobardi occupano quel territorio.
Federico figlio di Feva fugge e si unisce a Teodorico in Mesia.

Anno 488 d.C.
Papa: Felice III
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Consoli Dinamio e Sifidio
Morte del vescovo eretico Pietro Fullone, gli succede Palladio.
Illo e Leonzio, assediati nel castello di Papurio in Isauria si arrendono per fame e vengono giustiziati.
Teodorico chiede a Zenone di poter passare in Italia sottraendola a Odoacre, Zenone acconsente .
Secondo alcune fonti (Procopio, Evagrio, Teofane) fu Zenone a spingere Teodorico alla conquista dell'Italia.
I Goti muovono verso l'Italia con la famiglia portando con se viveri e masserizie.

Anno 489 d.C.
Papa: Felice III
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Consoli Probino e Eusebio
Muore Acacio vescovo di Costantinopoli, gli succede Flaviano che muore dopo tre mesi, quindi Eufemio che torna al Concilio di Calcedonia.
I Gepidi ostacolano la marcia di Teodorico.
I Bulgari devastano la Tracia.
Sapendo della migrazione dei Goti, Odoacre prepara le difese.
In aprile Odoacre porta la sua armata sul fiume Isonzo.
Lo scontro con Teodorico è sfavorevole a Odoacre che si ritira a Verona.
Teodorico sconfigge di nuovo Odoacre presso Verona ed entra in città.
Odoacre raggiunge Roma ma trova le porte serrate. Indignato devasta i dintorni quindi torna a Ravenna dove inizia a costruire fortificazioni.
Teodorico raggiunge Milano e riesce a far passare dalla sua parte le forze di Odoacre ivi stanziate, compreso il generale Tufa.
Pavia, con il suo vescovo S. Epifanio, si consegna spontaneamente a Teodorico.
Tufa convince Teodorico a fornirlo di truppe per attaccare Odoacre ma giunto nei pressi di Ravenna rivela di aver simulato e di essere ancora fedele a Odoacre al quale consegna gli ufficiali affidatigli da Teodorico. Sorpreso, Teodorico si ritira a Pavia.

Anno 490 d.C.
Papa: Felice III
Imperatore d'Oriente: Zenone
Re d'Italia: Odoacre
Consoli Flavio Fausto Juniore e Longino
Muore Mango vescovo di Alessandria, gli succede Atanasio II.
Odoacre passa a Cremona e da qui a Milano per assalire Teodorico.
Teodorico ottiene rinforzi dal re visigoto Alarico.
13 agosto. Battaglia sull'Adda fra Teodorico e Odoacre, rotta di Odoacre.
Odoacre assediato in Ravenna.
Il re dei Burgundi Gundebado cala in Lombardia e devasta Milano prendendo un gran numero di prigionieri.

Anno 491 d.C.
Papa: Felice III
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Odoacre
Console Olibrio Juniore senza collega (Oriente)
Il 9 aprile muore Zenone. Corse voce che fosse stato sepolto vivo dalla moglie mentre era ubriaco ma Muratori definisce questa diceria una "favola" ispirata alle nefandezze del personaggio.
Longino tenta di salire al trono ma l'influenza della vedova Arianna spinge il senato a nominare Anastasio, un funzionario isaurico di basso rango.
Eufemio vescovo di Costantinopoli si oppone alla scelta ma Anastasio lo convince ad incoronarlo promettendogli di sostenere le deliberazioni del Concilio di Calcedonia.
Prosegue l'assedio di Ravenna. Fallisce una sortita notturna di Odoacre nella pineta di Classe.
Con imbarcazioni sequestrate a Rimini, Teodorico blocca a Odoacre i rifornimenti via mare.

Anno 492 d.C.
Papa: Gelasio
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Odoacre
Consoli: Flavio Anastasio Augusto e Rufo
Muore il papa Felice III, gli succede Gelasio di origine africana.
Anastasio era molto religioso, spesso pregava in privato, digiunava e faceva molte elemosine.
Divenuto imperatore abolisce il tributo Crisargiro troppo gravoso sulla popolazione.
Rende gratuite le cariche statali che fino ad allora erano state concesse a titolo oneroso.
Vieta i combattimenti nell'anfiteatro fra belve e persone.
Manda in esilio ad Alessandria Longino costringendolo a farsi prete.
Una rivolta degli Isauri comandata da un altro Longino e dal governatore Ninilingi viene repressa violentemente dal generale Giovanni Scita.
Nessun evento particolare registrato in Italia, mentre continua l'assedio di Ravenna.

Anno 493 d.C.
Papa: Gelasio
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Consoli: Eusebio e Albino
Eusebio console in Oriente è lo stesso che fu console nel 489 d.C., probabilmente il Magister Officiorum (maggiordomo) dell'imperatore.
Albino sarà processato nel 524 d.C. .
Insurrezione a Costantinopoli contro Anastasio e Arianna, citata dal solo Conte Marcellino.
Continua la guerra contro gli Isauri che assediano la città di Claudiopoli ma vengono respinti.
Dopo tre anni di assedio, a causa della fame che tormenta i Ravennati, Odoacre tratta la pace con Teodorico con la mediazione dell'arcivescovo di Ravenna.
Il 25 o il 27 febbraio si conclude la pace. Il 5 marzo vengono aperte le porte e Teodorico prende possesso della città e del porto di Classe.
Secondo Procopio, Teodorico accettò di associare Odoacre al governo mentre secondo l'Anonimo Valesiano si limitò a promettergli l'impunità.
Invitato Odoacre a un banchetto, Teodorico lo uccide a tradimento di propria mano e fa uccidere tutto il suo seguito.
I Rugi, guidati da Federico, occupano Pavia e compiono molte nefandezze ma il vescovo Epifanio riesce a contenere la loro ferocia. Più tardi, in data non precisabile, Federico sarà soppresso da Teodorico per essersi ribellato.
Teodorico manda ambasciatori in missione di pace presso Anastasio.
Teodorico stabilisce parentele con i regnanti di altri stati: sposa Audelfreda sorella di Clodoveo, sua sorella Amalafreda sposa Trasamondo re dei Vandali. La figlia Teodegota sposa il re dei Visigoti Alarico II, l'altra figlia Ostrogota sposa Sigismondo figlio del re dei Burgundi Gunbobaldo. La nipote Amalaberga, figlia di primo letto di Amalafreda, sposa il re di Turingia Ermenefredo.
Clodoveo sposa la principessa burgunda Clotilde che lo porterà a convertirsi al Cristianesimo.

Anno 494 d.C.
Papa: Gelasio
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Consoli: Turcio Rufino Aproniano Asterio e Presidio.
Teodorico conferma i magistrati e spinge i Goti ad adottare l'abbigliamento romano.
Su richiesta di Epifanio vescovo di Pavia e di Lorenzo arcivescovo di Milano, Teodorico abroga i suoi editti punitivi nei confronti delle città che avevano sostenuto Odoacre.
Epifanio e Vittore vescovo di Torino inviati da Teodorico presso il re burgundo Gundobado per riscattare i prigionieri presi in Lombardia.
Continua la guerra in Oriente contro gli Isauri.
Discordia fra Anastasio ed il patriarca Eufemio.
Decreto di papa Gelasio sull'autenticità delle Sacre Scritture.
Cassiodoro entra al servizio di Teodorico.

Anno 495 d.C.
Papa: Gelasio
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Console Flavio Viatore senza collega.
Stanco di attendere l'approvazione di Anastasio, Teodorico assume il titolo di re.
Anastasio depone il patriarca Eufemio, lo manda in esilio e lo sostituisce con Macedonio.

Anno 496 d.C.
Papa: Anastasio II
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Console Paolo senza collega (Oriente).
Il console Paolo era fratello dell'imperatore Anastasio.
Il 19 novembre muore Gelasio, autore dell'opera De duabus in Christo Naturis e revisore del Messale Romano.
Viene eletto papa Anastasio II.
Il 21 gennaio muore il vescovo di Pavia Epifanio durante il ritorno da una missione presso Teodorico per chiedere sgravi fiscali in favore delle popolazioni lombarde.
Anche Teodorico, benché ariano, si comporta amichevolmente nei confronti della Chiesa Cattolica. Si racconta che quando seppe che un suo fedele ministro cattolico si era fatto ariano per compiacerlo lo fece giustiziare dicendo: "Se costui non è stato fedele a Dio come potrebbe esserlo a me?".
Muore Gundamondo re dei Vandali in Africa che si era dimostrato molto indulgente verso i Cattolici.
Gli succede Trasamondo che chiede ed ottiene la mano di Amalafreda sorella di Teodorico.
Clodoveo amplia il suo regno con nuove conquiste. Vincitore di una rischiosa guerra contro gli Alemanni si converte al Cristianesimo imitato da migliaia di sudditi.

Anno 497 d.C.
Papa: Anastasio II
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Console Flavio Anastasio Augusto senza collega.
Secondo il Conte Marcellino in quest'anno terminò la guerra fra Anastasio e gli Isauri. Giovanni Scita, generale bizantino, catturò e fece decapitare i capi egli insorti: Atenodoro e Longino, già ufficiale romano.
Molti Alemanni sconfitti da Clodoveo fuggirono in Italia dove furono ben accolti da Teodorico, lieto di ripopolare le campagne dopo le molte perdite subite nelle guerre precedenti.
Teodorico inoltre scrisse a Clodoveo consigliandolo di trattare i vinti con maggiore clemenza.
Il papa Anastasio II inviò un'ambasceria all'imperatore per chiedergli di radiare dai Dittici il nome di Acacio e di aiutare la chiesa alessandrina, con i legati pontifici andò il patrizio Festo inviato da Teodorico e questa missione migliorò i rapporti fra l'imperatore ed il nuovo re d'Italia.

Anno 498 d.C.
Papa: Simmaco
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Console Giovanni Scita e Paolino.
Giovanni Scita viene compensato con il consolato in Oriente per i suoi successi nella guerra isaurica; Paolino viene nominato da Teodorico per l'Occidente.
Il 17 novembre muore il papa Anastasio II, il 22 viene eletto Simmaco, di origine sarda, ma una parte del clero nomina contro di lui Lorenzo, prete romano. La discordia riguarda anche nobili e senatori e durerà per tre anni provocando molti episodi di violenza.

Anno 499 d.C.
Papa: Simmaco
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Console Giovanni il Gobbo senza collega.
Anche questo console è premiato per il suo operato nella guerra contro gli Isauri.
Viene chiesto a Teodorico di dirimere la questione dei due Papi. Teodorico conferma Simmaco in quanto nominato per primo e con più voti.
I Bulgari fanno irruzione in Tracia e contro di loro viene inviato il generale Aristo.

Anno 500 d.C.
Papa: Simmaco
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Consoli Ipazio e Patricio
Ipazio era figlio della sorella di Anastasio, Patrizio era un generale di origine frigia.
In quest'anno Teodorico visita Roma, vi entra trionfalmente e nonostante sia ariano si reca a San Pietro ad onorare il sepolcro del Santo.
Per dimostrare la propria munificenza assegna donazioni di grano al popolo e stanzia fondi per il restauro del palazzo imperiale.
Trattenutosi sei mesi a Roma torna a Ravenna dove fa sposare la nipote Amalaberga con Ermenefredo re di Turingia.
Simmaco convoca un nuovo sinodo e per misericordia crea vescovo il suo avversario Lorenzo, ma secondo alcuni la nomina era avvenuta in precedenza, subito dopo la conferma di Simmaco.
Nasce una discordia fra i due re fratelli dei Burgundi, Gundobado e Godisigelo. Quest'ultimo si accorda con Clodoveo perché attacchi il fratello. Gundobado fugge ad Avignone lasciando al fratello buona parte del regno, ma riprende le forze, attacca Vienna e uccide Godisigelo recuperando il potere.

Anno 501 d.C.
Papa: Simmaco
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Consoli Rufio Magno Fausto Avieno e Flavio Pompeo.
Gundobado emanò un codice di leggi per tutelare le minoranze romane residenti nel suo regno.
Su iniziativa di S. Avito vescovo di Vienna si tiene una conferenza per tentare, ma senza successo di convertire l'ariano Gundobado al Cattolicesimo.
A Costantinopoli si ebbero disordini durante i giochi teatrali nello staio, vi rimasero uccise oltre tremila persone. Evidentemente le fazioni di tifosi delle squadre di cavalieri avevano un significato politico che esulava dalla competizione sportiva.
Teodorico e Clodoveo si avverarono contro Gundobado. I Franchi sconfissero i Burgundi prima dell'arrivo dei Goti sul luogo delle battaglia, tuttavia Teodorico, dietro pagamento della somma prevista dai patti, ebbe la sua quota di territori conquistati annettendo al suo regno una parte della Gallia.
Secondo Muratori, tuttavia, questi eventi risalgono al 523 e la guerra non fu combattuta contro Gundobado ma contro suo figlio Sigismondo, contrariamente alla notizia di Procopio.

Anno 502 d.C.
Papa: Simmaco
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Consoli Flavio Avieno Juniore e Probo.
Il terzo concilio convocato da Simmaco annulla il decreto risalente ai tempi di Odoacre che subordinava all'approvazione del re l'elezione papale.
I Bulgari tornano a devastare la Tracia e l'Illirico.
I Persiani chiedono denaro all'imperatore Anastasio e non ottenendolo attaccano l'Armenia, passano in Mesopotamia ed espugnano la città di Amida.
Clodoveo sottomette la Britannia.

Anno 503 d.C.
Papa: Simmaco
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Consoli Desicrate e Volusiano.
Un concilio detto Palmare tenutosi a Roma in questo anno dichiara definitivamente conclusa la contesa del soglio pontificio fra Simmaco e Lorenzo a vantaggio del primo.
Muratori cita il cronista Anastasio Bibliotecario che descriveva i disordini verificatisi negli anni della lotta fra papa ed antipapa durante i quali si ebbero numerose vittime fra sacerdoti e laici. A questa fonte, partigiana di Simmaco, l'autore confronta un testo detto Anonimo Veronese, opera di un ignoto sostenitore di Lorenzo.
Qui si legge che trascorso qualche tempo dall'arbitrato di Teodorico favorevole a Simmaco, i sostenitori di Lorenzo accusarono il rivale di comportamenti immorali. Simmaco si sarebbe rifiutato di presentarsi a Teodorico che lo aveva convocato e di partecipare ad un concilio indetto dallo stesso re.
L'anonimo omette però di parlare di episodi di violenza ed intimidazione subiti da Simmaco e dal suo seguito. In ogni caso i fautori di Lorenzo ebbero momentaneamente il sopravvento e l'antipapa, tornato a Roma, riuscì ad impadronirsi di molte chiese. Infine Simmaco riuscì a dimostrare con un memoriale le proprie ragioni a Teodorico che lo reintegrò pienamente con la conferma, appunto, del concilio del 503 d.C. .
Ancora da Anastasio Bibliotecario apprendiamo che Simmaco era entrato in polemica con l'imperatore Anastasio che aveva protetto la memoria di Acacio mostrandosi se non favorevole almeno tollerante nei confronti degli eretici.
Dalla testimonianza del Bibliotecario e dai documenti da lui tramandati si evince che probabilmente Simmaco scomunicò l'imperatore.
In questo stesso anno 503 si realizzarono a Ravenna grandi opere promosse e finanziate da Teodorico come il restauro dell'Acquedotto di Traiano.
Le fonti concordano nella sostanza riferendo un massiccio intervento di Teodorico contro i Persiani, con un esercito comandato da Patrizio, Ipazio e dal generale Ariobindo, già al servizio di Olibrio. La discordia fra questi comandanti, tuttavia, vanificò questo intervento che si concluse con una sconfitta e con la devastazione da parte dei Persiani di ampi territori dell'impero.
Si riaccendono inoltre le lotte fra le fazioni dello stadio di Costantinopoli con molte vittime fra le quali il figlio naturale dell'imperatore.

Anno 504 d.C.
Papa: Simmaco
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Consoli Cetego senza collega.
Cetego era figlio di Probino, console nel 489 d.C. .
Si tiene a Roma il sesto concilio convocato da Simmaco per stabilire le sanzioni contro chi, a seguito del recente scisma, ancora occupava beni della Chiesa.
In Africa il vandalo Trasamondo aveva bloccato la nomina dei nuovi vescovi, la reazione della Chiesa Cattolica provocò nuove persecuzioni e molti prelati, fra i quali San Fulgenzio, vennero condannati all'esilio.
Teodorico combattè contro i Bulgari ed i Gepidi nelle regioni danubiane estendendo il proprio dominio su una parte della Pannonia.
Sostituendo alcuni ufficiali della sua armata, l'imperatore Anastasio riprende il controllo della guerra contro i Persiani e conclude la pace.

Anno 505 d.C.
Papa: Simmaco
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Consoli Sabiniano e Teodoro.
L'unno Mundone (Mundo) discendente di Attila aveva occupato una regione oltre il Danubio dalla quale partiva per frequenti scorrerie nei territori dell'impero fino all'Illirico.
L'imperatore Anastasio mandò un esercito comandato dal console Sabiniano che venne sconfitto nei pressi di Horrea Margi da Mundo e dagli Ostrogoti comandati da Pitzia.
Dopo la vittoria Mundo si assoggettò spontaneamente a Teodorico che l'aveva aiutato ma ne nacquero discordie fra Teodorico ed Anastasio.
Teodorico nominò il conte Colonneo governatore della Pannonia Sirmiense conquistata l'anno precedente e lo incaricò di emanare nuove norme, in particolare per vietare o contenere la pratica del duello molto diffusa in quelle regioni.

Anno 506 d.C.
Papa: Simmaco
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Consoli Ariobindo e Messala
Ariobindo, figlio di Dagalaiso console nel 461 e nipote di Ariobindo console nel 434 è il generale bizantino che aveva combattuto contro i Persiani l'anno precedente. Aveva sposato Giuliana, figlia dell'imperatore Olibrio e di Placidia.
Il re franco Clodoveo, con vari pretesti, rompe la già precaria pace con il re dei Visigoti Alarico accogliendo le sollecitazioni delle popolazioni galliche di fede cattolica che si trovano nel territorio visigoto.
A Costantinopoli Anastasio fa pressioni sul vescovo Macedonio perché accetti l'Enoticon, protegge i Manichei ed in generale adotta comportamenti sgraditi alla Chiesa Cattolica.

Anno 507 d.C.
Papa: Simmaco
Imperatore d'Oriente: Anastasio
Re d'Italia: Teodorico
Consoli Flavio Anastasio Augusto e Venanzio
Teodorico si adopera intensamente con ambasciate e lettere a mantenere la pace fra Franchi e Visigoti sforzandosi in particolare di convincere Clodoveo a cercare una soluzione delle sue dispute con Alarico in un arbitrato senza ricorrere alle armi.
Tuttavia le ambizioni di Clodoveo continuano a spingerlo verso la guerra e la conquista. Ai Franchi si alleano i Burgundi, probabilmente in virtù di un precedente trattato.
In vista della guerra Alarico chiede aiuto a Teodorico ma finisce con l'affrontare la battaglia presso Carcassonne prima dell'arrivo dei rinforzi. Viene sconfitto ed ucciso con un gran numero dei suoi e Clodoveo si appropria di ampi territori del regno visigoto.
Ad Alarico succede il figlio naturale Gesalico dal momento che Amalarico, figlio di Alarico e di una nipote di Teodorico, è troppo giovane per prendere il potere.


Anno 538
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Vitige
Console: Flavio Giovanni senza collega.
Il Flavio Giovanni console in quest'anno era caro a Giustiniano e potentissimo alla sua corte, era stato prefetto del pretorio ed aveva ottenuto il titolo di patrizio nonostante avesse ucciso Eusebio vescovo di Cizico.
Papa Silverio era esule in Licia per sospetto di intese con Vitige. Giustiniano aprì un'inchiesta per chiarire la vicenda, Silverio fu ricondotto in Italia ma Belisario lo fece confinare a Ponza dove secondo alcune fonti fu lasciato morire di fame, secondo altre fu fatto uccidere da Antonina moglie di Belisario, probabilmente per ordine segreto di Teodora.
Continuava l'assedio di Roma e Belisario ordinò a Giovanni nipote di Vitaliano di compiere un'azione diversiva nel Piceno. Questi agì con successo sconfiggendo i Goti e conquistando Ravenna e Rimini, distogliendo Vitige dall'assedio.
Vitige si portò a Rimini per liberarla mentre Belisario inviava mille uomini comandati da Mundila per nave a Genovaa per aiutare i Milanesi. Queste truppe sconfissero i Goti a Pavia mentre i Bizantini liberavano Milano, Bergamo, Como, Novara.
Un contingente inviato da Vitige si unì a diecimila Borgognoni per assediare Milano. Non è certo se il contingente della Borgogna fosse intervenuto per ordine del re dei Franchi Teodeberto, ma Muratori ne dubita perché pare fossero in corso trattative di alleanza fra Teodeberto e Giustiniano.
Da parte sua Belisario lasciò a Roma una guarnigione e mosse verso nord, conquistando rapidamente Todi e Chiusi. Intanto un rinforzo di settemila soldati bizantini sbarcava nel Piceno al comando dell'eunuco Narsete. Belisario e Narsete si incontrarono a Fermo e decisero di soccorrere Giovanni che difendeva Rimini, ma i Goti rinunciarono a quella città prima del loro arrivo.
I due generali, che non andavano d'accordo si divisero. Belisario conquistò Urbino, Narsete Imola.
Tutta l'Italia era succube della carestia e nelle città assediate non mancavano episodi di cannibalismo.

Anno 539
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Vitige
Console: Flavio Appione senza collega.
Milano capitolò ed i Goti entrati in città fecero strage della popolazione. Tutte le donne furono fatte schiave e donate ai Burgundi, la città fu distrutta. I Goti riconquistarono tutta la regione, Mundila e Paolo che avevano comandato le difese bizantine di Milano furono condotti prigionieri a Ravenna.
Vitige tentò di provocare la discesa dei Longobardi in Italia ma questi, allora stanziati in Pannonia e nel Norico, rifiutarono per rispettare un trattato con Giustiniano.
Vitige inviò allora ambasciatori a Cosroe re di Persia per indurlo ad attaccare l'impero bizantino, questa mossa preoccupò Giustiniano che, mentre proponeva trattative di pace ai Goti, richiamava Narsete e progettava di richiamare anche Belisario per organizzare le difese contro la Persia.
Intanto Belisario incaricava Cipriano e Giustino di occupare Osimo e Fiesole per aprirgli la strada verso Ravenna e mandava Martino e Giovanni a prendere Tortona.
Violando tutti i patti, Teodeberto re dei Franchi, calò in Piemonte con una grande armata ed arrivato al Po fece strage dei Goti che risiedevano nella regione e, più avanti, di quelli stanziati presso Tortona per fronteggiare Martino e Giovanni.
Anche questi ultimi furono messi in fuga dai Franchi e giunti in Toscana informarono Belisario che scrisse a Teodeberto per ricordargli i patti con Giustiniano.
Non fu quella lettera a far tornare indietro i Franchi ma la fame e le malattie che la loro armata incontrò in un paese già devastato dalla carestia.
Sulla via del ritorno i Franchi saccheggiarono Piemonte e Liguria colpendo particolarmente la città di Genova.
Finalmente conquistate Osimo e Fiesole, Belisario marciò verso Ravenna e si impadronì dei rifornimenti diretti agli assedianti.

Anno 540
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Ildibado
Console Flavio Giustino Juniore senza collega
Il console Flavio Giustino Juniore era nipote di Giustiniano, diverso dall'omonimo che successivamente fu imperatore.
Il re di Persia Cosroe, già in guerra con Giustiniano, entrò in Mesopotamia e proseguì fino ad Antiochia, che saccheggiò ed incendiò.
Giustiniano, di fronte a questa situazione, decise di chiudere più rapidamente possibile la guerra in Italia ed inviò ambasciatori presso Vitige. Gli ambasciatori svolsero una trattativa che prevedeva di mantenere all'imperatore i territori a sud del Po lasciando quelli a nord ai Goti, ma Belisario non volle sottoscrivere.
I Goti assediati in Ravenna, tormentati dalla mancanza di viveri, proposero allora a Belisario di proclamarsi re d'Italia con il loro sostegno. Belisario, pur non intendendo mancare di lealtà a Giustiniano, accettò di avviare questa trattativa e, ottenuta la resa di Ravenna senza combattere ancora, fece rifornire gli assediati e consentì a chi lo desiderava di lasciare la città, limitandosi ad arrestare Vitige (che fu deportato a Bisanzio con la famiglia).
Seguì un periodo di pace durante il quale la situazione italiana sembrò risolta ma gli avversari di Belisario lo criticarono presso l'imperatore sostenendo che aspirasse alla tirannia. Se Giustiniano credesse o meno a queste accuse non è noto, comunque richiamò Belisario in oriente per combattere contro i Persiani.
Venuti a conoscenza dell'imminente partenza di Belisario i Goti elessero re Ildibado il quale scrisse al generale bizantino accusandolo di aver mancato alla parola data ed esortandolo ancora a prendere la corona, ma Belisario rifiutò.

Anno 541
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Erarico - Totila
Console Flavio Basilio Juniore senza collega
Quello di quest'anno fu, salvo rare eccezioni, l'ultimo consolato non rivestito dall'imperatore. Giustiniano abrogò l'istituzione con il pretesto che le cerimonie per la nomina dei consoli erano troppo costose.
Belisario portò a Costantinopoli Vitige con la moglie, alcuni notabili goti ed i figli di Ildibado, oltre ai tesori di Teodorico sequestrati a Ravenna.
Vitige visse a Costantinopoli gli ultimi anni della sua vita, quindi la vedova fu data in moglie a Germano, figlio di un fratello di Giustino I.
Belisario prese a combattere contro i Persiani, ma con scarso successo. Giustiniano inviò in Italia, per verificare la gestione dei tributi, un funzionario di nome Alessandro soprannominato forbicetta, famoso per la sua avidità che prese a vessare la popolazione ed i soldati intentando accuse di evasione fiscale spesso inventate.
Ildibado, con un'accorta politica, andava guadagnando credito nelle città dell'Italia settentrionale. Soltanto Vitalio, ufficiale imperiale al comando di , mosse contro di lui ma venne sconfitto. Ma la vita di Ildibado finì improvvisamente: egli fu ucciso durante un banchetto da un ufficiale che lo odiava per motivi personali.
Morto Ildibado, i Rugi, gente venuta in Italia con Teodorico, dichiararono re il loro capo Erarico e gli altri Goti, pur senza entusiasmo, approvarono la nomina.
Si stabilì a Ravenna il bizantino Costanziano con il titolo di generale della armi. Pochi mesi dopo i Goti giudicarono Erarico inadatto alla corona e proposero la nomina di re al giovane Totila, nipote di Ildibado, che accettò a condizione che Erarico venisse eliminato.
Erarico, che aveva avviato trattative segrete con Giustiniano, venne ucciso e sostituito da Totila.

Anno 542
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Totila
Sollecitati da Giustiniano, Costanziano, Alessandro ed un ufficiale armeno di nome Artabaze, riunirono le forze disponibili e muovendo da Ravenna occuparono Verona con la collaborazione di un cittadino filobizantino di nome Marciano, ma poco dopo i Goti ripresero la città.
Intervenne quindi Totila che accerchiò le truppe bizantine e ne fece strage per poi passare in Toscana ed assediare Firenze, difesa da un presidio comandato da Giustino, ma quando seppe che i Bizantini stavano per contrattaccare si ritirò nel Mugello.
Le forze imperiali comandate da Giovanni nipote di Vitaliano lo attaccarono ma furono di nuovo sconfitte.
Totila proseguì verso sud, superò Roma, conquistò Benevento ed altre località della Campania e del Sannio. Durante questa spedizione fece visita a Montecassino a San Benedetto il quale lo esortò alla clemenza.
Intanto le truppe imperiali erano scontente perché non ricevevano la paga. Costanziano governava Ravenna, Giustino Firenze, Cipriano Perugia, Bessa Spoleto ed altre città.
Giustiniano inviò in Italia una flotta comandata da Massimino che aveva nominato prefetto d'Italia ma costui, pavido ed inesperto, si fermò in Epiro.
Fu allora inviato Demetrio che raccolse derrate in Sicilia per aiutare la popolazione di Napoli assediata dai Goti, ma disponendo di pochi soldati fu gravemente sconfitto. Verso la fine dell'anno Massimino giunse finalmente in Italia ma la sua flotta fu sospinta dal maltempo sulle coste campane dove i Goti fecero strage dei nuovi venuti.
In oriente Belisario riusciva, se non altro, ad arginare l'avanzata dei Persiani ma fu privato del comando da Giustiniano, tornò a Costantinopoli e si ritirò a vita privata.

Anno 543
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Totila
I Napoletani si arresero e Totila li trattò con molta umanità arrivando a far loro dispensare il cibo gradualmente finché non si furono rimessi dai lunghi digiuni. Il presidio bizantino comandato da Conone fu libero di allontanarsi indisturbato, quindi Totila fece demolire le mura della città per prevenire nuovi problemi.
Ordinò quindi l'assedio di Tivoli e si diresse verso Roma.

Anno 544
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Totila
Totila inviò una parte delle sue truppe ad assediare Otranto e scrisse varie lettere ai Romani per convincerli a cedergli pacificamente la città, ma il presidio bizantino comandato da Giovanni mantenne la situazione sotto controllo.
Giustiniano rimandò in Italia Belisario, riabilitato per intercessione di Teodora. Partito con pochi uomini, Belisario li accolse strada facendo e da Salona inviò ad Otranto un contingente che bastò a dissuadere i Goti dal continuare l'assedio.
Intanto Totila espugnava Tivoli e bloccava gli approvvigionamenti che giungevano a Roma lungo il Tevere. Le truppe di Belisario calarono in Italia e combatterono con alterne fortune a Osimo, Pesaro e Fano.
Il 26 marzo morì San Benedetto, fondatore del celebre ordine monastico.
Nello stesso anno il poeta romano Aratore pubblicò il suo poema epico.

Anno 545
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Totila
Belisario mandò Giovanni a Costantinopoli per chiedere a Giustiniano rinforzi e fondi con cui pagare il soldo delle truppe. A Costantinopoli Giovanni sposò Giustina figlia di Germano.
Totila conquistò Fermo e Ascoli e passò ad assediare Spoleto e Assisi che si arresero spontaneamente non vedendo arrivare soccorsi.
Cercò quindi di convincere alla resa Cipriano governatore di Perugia, non riuscendovi corruppe una delle sue guardie che lo assassinò ma anche dopo la morte di Cipriano gli uomini del presidio bizantino continuarono a difendere Perugia e Totila abbandonò l'impresa.
Totila strinse il blocco intorno a Roma e trucidò un manipolo di Bizantini che tentava una sortita. Controllare le coste della Campania gli permetteva di bloccare anche i rifornimenti provenienti dal mare. Contemporaneamente il Goto inviava parte delle sue truppe ad assediare Piacenza.
Belisario insisteva per ottenere aiuti da Giustiniano che alla fine mandò rinforzi comandati da Giovanni e da Isacco fratello di Narsete. Il generale inviò quindi navi cariche di rifornimenti al comando degli ufficiali Valentino e Foca alla foce del Tevere per soccorrere la cittadinanza romana.
Valentino e Foca contattarono Bessa, governatore del presidio di Roma, per organizzare un attacco agli assedianti ma Bessa non partecipò. I due ufficiali vollero ugualmente tentare un'azione ma furono sopraffatti dai Goti e perirono con molti dei loro uomini.
I Goti catturarono anche le navi di rifornimento inviate da papa Vigilio che prima dell'assedio si era trasferito in Sicilia. Fra i prigionieri catturati dai Goti in questa occasione era anche un vescovo che, interrogato da Totila fu accusato di menzogna e condannato al taglio delle mani.
Papa Vigilio fu convocato a Costantinopoli da Giustiniano oppure vi fu condotto a forza come affermano alcune fonti alle quali Muratori attribuisce minor credito.

Anno 546
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Totila
I cittadini di Piacenza, vinti dalla fame, si arresero ai Goti. I Romani tentarono di trattare con Totila mandando in ambasciata il diacono Pelagio vicario di Vigilio ma la missione non ebbe successo.
Belisario, unitosi a Durazzo con Giovanni e Isacco, passò a Otranto, da qui navigò fino al porto di Roma mentre Giovanni risaliva la penisola riconquistando Brindisi e parte dell'Italia Meridionale, ma veniva bloccato a Capua dai Goti.
Belisario tentò di forzare il blocco del Tevere ma gli giunse la falsa notizia che il suo campo (nel quale si trovava la moglie Antonina) era caduto in mano al nemico e desistette.
Grazie al tradimento di alcune guardie gli uomini di Totila riuscirono ad entrare in Roma e ad aprire le porte.
La città fu occupata dai Goti ma Totila ordinò di non nuocere alla popolazione, Bessa riuscì a fuggire con altri patrizi. Nel suo palazzo furono trovate ingenti ricchezze ricavate vendendo a caro prezzo viveri agli assediati.
Fra la popolazione fu trovata Rusticiana, figlia di Simmaco e vedova di Boezio, ridotta in miseria per le elemosine elargite. Totila vietò che le fosse fatto del male.
Totila inviò quindi proposte di pace a Giustiniano che rimise la decisione a Belisario.
Il re goto fece demolire le mura di Roma e deportò i senatori e parte della popolazione in Campania, quindi proseguì in Calabria e Lucania riprendendo i territori che Giovanni gli aveva sottratto.
Vigilio, convocato da Giustiniano, giunse a Costantinopoli per trattare dei Tre Capitoli, cioè della condanna degli scritti di Teodoro, Iba e Teodoreto.

Anno 547
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Totila
Partito Totila, Belisario entrò in Roma, ormai quasi spopolata, e riformò come potè una muraglia di protezione con le macerie delle mura demolite.
Quando Totila lo seppe accorse con la sua armata e si svolse una durissima battaglia in cui i Goti furono sconfitti. Respinto più volte nei giorni successivi, Totila si ritirò a Tivoli, poco più tardi mosse verso Perugia nella speranza di concludere quell'assedio ma fu raggiunto dalla notizia che Giovanni aveva liberato Acerenza.
Belisario fece rotta verso Taranto per ricevere contingenti inviati da Giustiniano ma il vento contrario spinse le sue navi a Crotone Nei pressi del campo di Belisario la cavalleria bizantina fu sconfitta da quella gota e Belisario si spostò a Messina mentre Totila assediava il castello di Rossano.

Anno 548
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Totila
Morì Teodora moglie di Giustiniano, donna deprecata per i suoi vizi e per la protezione degli eretici che pure elargì grandi elemosine e fece costruire molte chiese.
Antonina moglie di Belisario che era andata a Costantinopoli per chiedere aiuto a Teodora arrivò che l'imperatrice era già morta.
Conone, comandante del presidio greco a Roma, fu trucidato dai suoi soldati perché commerciava illecitamente le derrate.
Belisario distolse alcune truppe da Otranto per soccorrere Rossano ma di nuovo il vento deviò le navi. Allora Belisario inviò Giovanni e Valeriano nel Piceno per creare un'azione diversiva ma Totila non rinunciò all'assedio di Rossano.
Infine i Rossanesi si arresero e furono trattati con clemenza, anche i soldati greci furono lasciati andare ad eccezione del loro comandante.
Belisario tornò in oriente per combattere i Persiani concludendo una permanenza in Italia che gli aveva fruttato ricchezze ma non gloria.
I Goti conquistarono Perugia e decapitarono il vescovo Ercolano.
Una spedizione in Dalmazia comandata da Ilauso, ufficiale bizantino passato al nemico, saccheggiò alcune località nei pressi di Salona e sconfisse i Bizantini comandati da Claudiano.
Il re dei Franchi Teodeberto rifiutò la richiesta di Totila di sposare la figlia. Teodeberto mirava a conquistare l'Italia ed infatti occupò alcune zone della Liguria e del Veneto approfittando della confusione, ma non riuscì a portare avanti progetti più ambiziosi perché morì improvvisamente.

Anno 549
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Totila
Il regno di Giustiniano era tormentato da incursioni di Gepidi, Longobardi e Slavi mentre continuavano la guerra in oriente contro i Persiani e quella contro i Goti in Italia. Totila tornò ad assediare Roma il cui presidio era questa volta comandato da Diogene.
La città era difesa validamente e l'assedio sarebbe durato a lungo se gli Isauri che facevano parte del presidio bizantino non avessero tradito ed aperto ai Goti la Porta San Paolo.
Riconquistata Roma Totila si mostrò ancora una volta clemente. Concesse ai Bizantini di scegliere se tornare a casa o passare alla sue schiere, non nocque alla popolazione e richiamò i senatori in esilio.
Inviò quindi proposte di pace a Giustiniano ma questi non volle neanche ricevere gli ambasciatori, decisione che spinse Totila a tentare la conquista della Sicilia, dopo aver espugnato Civitavecchia.
Durante il viaggio inviò truppe a Reggio Calabria e Taranto, intanto i suoi soldati nel Piceno prendevano Rimini.
Giunto in Sicilia, Totila assediò Messina con alcune truppe spingendo le altre a saccheggiare l'isola.
Giustiniano inviò in Italia Germano, ufficiale di grande prestigio che aveva al suo attivo molte vittorie contro i barbari.

Anno 550
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Totila
A Germano si unirono Giovanni, genero di Giustiniano, e schiere di Eruli appositamente assoldate.
Germano aveva avuto due figli, Giustino (Juniore) e Giustiniano, dalla prima moglie Passara che era già morta in quest'anno. Sposò Matasunta, figlia di Amalasunta e vedova di Vitige e la portò con se in Italia sperando di valersi della sua diretta discendenza da Teodorico per convincere i Goti alla resa.
Germano reclutò molti mercenari e gli Italiani che militavano con i Goti gli fecero segretamente sapere di essere pronti a passare nelle sue file. Avrebbe forse svolto un'impresa in grande stile se non fosse stato improvvisamente richiamato da Giustiniano per difendere Salonicco dagli Slavi che l'attaccavano. In ogni caso prima di imbarcarsi si ammalò gravemente ed in pochi giorni morì.
Giustiniano inviò in Sicilia Liberio e Artabane e passò a Giustiniano figlio di Germano il comando che era stato del padre.
Liberio tentò di liberare Siracusa dall'assedio ma poiché le navi di Artabane furono disperse da una tempesta si trovò a corto di uomini e marciò verso Palermo.
I Greci catturarono Spino da Spoleto questore di Totila e lo rilasciarono a fronte della promessa di convincere il re a ritirarsi dalla Sicilia. Spino mantenne la promessa e tutti i Goti, carichi di bottino, tornarono in Italia.

Anno 551
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Totila
Per non favorire i Persiani, Giustiniano proibì l'acquisto della seta. Ne approfittarono alcuni monaci reduci da missioni in India che intrapresero lucrosi commerci di bachi da seta con quel Paese.
Giustiniano affidò il comando della guerra in Italia a Narsete ed ordinò a Giovanni che sostava a Salona di attendere l'arrivo del nuovo comandante prima di muovere verso l'Italia.
Totila, per prevenire Narsete, inviò trecento navi a razziare le coste della Grecia e bloccare le navi che dovevano portare rifornimenti all'armata bizantina.
Valeriano, comandante del presidio di Ravenna, invitò Giovanni ad aiutarlo a liberare Ancona dall'assedio e Giovanni, contravvenendo agli ordini ricevuti, lo raggiunse a Senigallia dove i Bizantini vinsero i Goti in una battaglia navale.
La notizia di questa sconfitta indusse gli assedianti ad abbandonare Ancona.
Intanto Artabane liberava la Sicilia dai pochi presidi lasciati dai Goti ma Totila, senza perdersi d'animo davanti a tante avversità, occupava la Sardegna e la Corsica.
Giustiniano inviò ambasciatori a Teodebaldo, nuovo re dei Franchi, per chiedergli la restituzione dei territori occupati da Teodeberto in Liguria e nel Veneto e per proporgli una lega contro i Goti. Teodebaldo rifiutò per rispetto degli accordi fra suo padre e Totila.
Audoino re dei Longobardi chiese aiuto a Giustiniano contro i Gepidi con i quali erano in corso contese per i territori in Pannonia. Le forze inviate dall'imperatore erano comandate da Amalafrido figlio di Amalaberga figlia di Amalafrida sorella di Teodorico e fratello di Rodelinda moglie di Audoino.
Dalla guerra che seguì fra Longobardi e Gepidi questi ultimi uscirono gravemente sconfitti tanto che il loro regno si considera da qui in avanti estinto.
A Costantinopoli papa Vigilio venne in contrasto con Giustiniano sulla questione dei Tre Capitoli e fuggì a Calcedonia.

Anno 552
Papa: Vigilio
Imperatore Giustiniano
Re Teia
Giustiniano nominò comandante della guerra in Italia Narsete dotandolo di ingenti mezzi finanziari per riorganizzare l'esercito.
Narsete era eunuco, gracile ed incolto ma dotato di vivace ingegno e di grande forza d'animo.
Il nuovo generale assunse il comando delle forze già riunite in Salona alle quali aggiunse molti nuovi arruolamenti e contingenti di Longobardi, Eruli, Unni, Persiani e Gepidi.
Narsete guidò l'esercito a Ravenna attraversando l'Adriatico, quindi raggiunse Rimini da dove proseguì verso sud seguendo l'Appennino ma evitando il passo di Pietra Pertusa (Furlo) presidiato dai Goti.
Intanto Totila da Roma si portò nei pressi di Tagina (Gualdo Tadino ma Muratori indica Gubbio) e accettò il combattimento solo dopo aver ricevuto tutti i rinforzi che attendeva. Al termine di una sanguinosa battaglia l'armata dei Goti fu sconfitta e si disperse.
Anche Totila tentò di mettersi in salvo ma morì in un luogo chiamato Capra per una ferita riportata in combattimento o durante la fuga.
Dopo la vittoria Narsete congedò i Longobardi perché si comportavano barbaramente saccheggiando e violentando le donne.
I Goti si riunirono a Pavia ed elessero re Teia che iniziò il suo regno occupandosi di riorganizzare l'esercito.
Narsete liberò Spoleto, Narni, Perugia e si portò a Roma, penetrò nella città ed espugnò rapidamente la roccaforte che i Goti avevano organizzato intorno a Castel Sant'Angelo.
Mentre Teia cercava senza successo di procurarsi l'aiuto dei Franchi e trucidava tutti gli ostaggi presi da Totila, Narsete si dedicava a liberare uno dopo l'altro i territori occupati dai Goti nelle vicinanze di Roma.

Anno 568
Papa : Giovanni III
Imperatore: Giustino II
Dopo aver sconfitto i Gepidi, Alboino ed i Longobardi muovono dalla Pannonia dove abitavano per concessione di Giustiniano ed entrano in Italia. Non si tratta di un esercito ma di una completa migrazione: insieme agli uomini atti alle armi viaggiano le famiglie, inoltre ai Longobardi si sono unite ventimila famiglie di Sassoni e vari gruppi di altre etnie deportati in precedenza dai rispettivi paesi sconfitti da Alboino.
Secondo Paolo Diacono il nome Longobardi significa "lunghe barbe" mentre altri autori lo derivano da "lunghe lance".
Nel partire Alboino aveva ceduto agli Avari la Pannonia con il patto di restituirla se i Longobardi fossero stati costretti a tornare indietro.
Alla notizia dell'invasione l'arcivescovo di Aquileia Paolino si ritira nell'isola di Grado.
Entrato nel Friuli senza incontrare resistenza, Alboino si impadronisce facilmente di Cividale ed istituisce il primo ducato longobardo in Italia che affida al nipote Gisulfo, suo scudiero, stabilendovi una parte del suo seguito.
Felice vescovo di Treviso presentandosi coraggiosamente ad Alboino ottiene l'immunità per il popolo e per la chiesa della sua città.
Intanto Longino esarca di Ravenna scrive ripetutamente all'imperatore Giustino per chiedere rinforzi contro i Longobardi ma questi procedono impadronendosi senza combattere di Vicenza e Verona mentre incontrano resistenza a Padova, Montefelice e Mantova e sostano per l'inverno sperando di indurre alla resa queste città.

Anno 569
Papa : Giovanni III
Imperatore: Giustino II
Re: Alboino
Mantova, Trento, Brescia, Bergamo e Milano passano sotto il dominio longobardo ma le notizie in merito ai modi della resa sono scarse e frammentarie.
Il 3 settembre Alboino entra in Milano, il vescovo Onorato fugge a Genova per morirvi poco dopo. Alcuni autori (ma non Paolo Diacono) riferiscono che i Longobardi saccheggiarono Milano ma la notizia non è dimostrata.
I Longobardi dilagano rapidamente in Lombardia, Piemonte e Liguria. Incontrano la maggior resistenza nella città di Ticino (Pavia) e la assediano.

Anno 570
Papa : Giovanni III
Imperatore: Giustino II
Re: Alboino
Alboino tiene sotto assedio Pavia mentre i suoi conquistano Tortona, Piacenza, Parma, Reggio e Modena, avanzano quindi verso sud conquistando l'Umbria, parte della Toscana e parte delle Marche.
Le popolazioni italiane oppongono scarsa resistenza perché stremate dalla carestia e da un'epidemia di peste.
Muore Paolino I arcivescovo di Aquileia iniziatore dello scisma.

Anno 571
Papa : Giovanni III
Imperatore: Giustino II
Re: Alboino
Continua l'assedio di Pavia. I Longobardi incendiano la fortezza di Pietra Pertusa sul Metauro e fortificano Imola.
Probabilmente in quest'anno conquistano la Campania e istituiscono il Ducato di Benevento del quale viene nominato primo duca Zottone.

Anno 572
Papa : Giovanni III
Imperatore: Giustino II
Re: Alboino
Sul finire di quest'anno Pavia si arrende per fame. Secondo una tradizione il cavallo di Alboino cade mentre varca la porta della città e non si rialza finché il longobardo non ritratta il giuramento fatto in precedenza di uccidere tutti gli abitanti.
Alboino si stabilisce nel palazzo costruito da Teodorico e si mostra clemente con la popolazione. Muratori non concorda con gli autori che datano in quest'anno la morte di Alboino.

Anno 573
Papa : Giovanni III
Imperatore: Giustino II
Re: Clefi
Muore il papa Giovanni III e la Sede Pontificia rimane vacante forse a causa della minaccia longobarda alle porte di Roma.
Secondo Muratori in quest'anno muore Alboino.
Dopo la conquista di Verona Alboino aveva offerto un banchetto ai suoi ufficiali. Il re beveva nel teschio legato in oro di Cunimondo re dei Gepidi che aveva ucciso in battaglia. Ubriaco, aveva costretto la moglie Rosmunda, figlia di Cunimondo, a bere dalla stessa coppa. Da quel momento Rosmunda aveva tramato con il cognato Elmigiso (Elmichi) per vendicarsi e non riuscendo a convincere un certo Perideo ad uccidere il re lo aveva costretto con l'inganno: entrata nel suo letto al posto di una cameriera Rosmunda si era unita a Perideo per poi ricattarlo.
Durante la notte Perideo aveva ucciso Alboino e Rosmunda aveva sposato Elmigiso ma i Longobardi non avevano gradito la nuova coppia reale e avevano costretto Rosmunda e il suo nuovo marito a fuggire a Ravenna presso l'esarca Longino.
Longino si innamora di Rosmunda e la convince ad avvelenare Elmigiso ma questi prima di morire costringe anche lei a bere il veleno.
Longino manda a Costantinopoli Albsuinda figlia di Alboino ed il tesoro che i fuggiaschi avevano portato a Ravenna.
I Longobardi eleggono re Clefi del quale abbiamo poche notizie, tutte riguardanti la sua crudeltà.

Anno 574
Papa : Benedetto I
Imperatore: Giustino II
Cesare: Tiberio Costantino
Re: Clefi
Viene consacrato papa Benedetto I dopo dieci mesi di sede vacante.
A Costantinopoli Giustino II, affetto da insania mentale, nomina cesare Tiberio.
Clefi governa con durezza sfogando la propria crudeltà sulla popolazione italiana mentre i Longobardi in soli sette anni sono diventati signori della maggior parte della penisola.

Anno 575
Papa : Benedetto I
Imperatore: Giustino II
Cesare: Tiberio Costantino
Re: Clefi
Muore Clefi ucciso da un domestico per ragioni sconosciute, il trono longobardo resterà vacante per dieci anni, il governo sarà nelle mani dei duchi riuniti in una sorta di confederazione: Zaban di Pavia, Alboino di Milano, Vallari di Bergamo, Alachiso di Brescia, Ewin di Trento, Gisulfo di Cividale ed altri.
I Bizantini controllano ancora Roma, Padova, Monfelice, Cremona, Genova, Napoli, mentre i Longobardi possiedono tutta l'Italia settentrionale, la Toscana, l'Umbria e sono già penetrati in Campania e la Puglia.
Muore Sigeberto re dei Franchi e i Longobardi compiono incursioni nelle Gallie ricavando ricchi bottini.
In questi scontri cade il generale franco Amato comandante dell'esercito di Gontrano ma il suo successore Mummolo sventa un nuovo tentativo di invasione dei Longobardi sconfiggendoli duramente.
Anche i Sassoni scesi in Italia con Alboino tentano di invadere la Gallia e vengono massacrati da Mummolo, i superstiti tornano in Sassonia e si scontrano con gli Svevi che hanno occupato il loro territorio.
Intanto la Gallia è devastata dalla guerra civile fra Sigeberto e Chilperico. Sigeberto stava per annientare il rivale quando venne ucciso da due sicari inviati da Fredegonda moglie di Chilperico.
In oriente Tiberio organizza una poderosa armata e ne affida il comando a Giustiniano figlio del patrizio Germano che riporta un'importante vittoria sui Persiani di Cosroe.
San Gregorio abbandona la politica ed entra nell'ordine dei Benedettini.

Anno 576
Papa : Benedetto I
Imperatore: Giustino II
Cesare: Tiberio Costantino
I duchi longobardi Zaban, Amo e Rodano tentano l'invasione della Provenza ma vengono respinti da Mummolo e perdono molti uomini.

Anno 577
Papa : Benedetto I
Imperatore: Giustino II
Cesare: Tiberio Costantino
I Franchi penetrano nel territorio di Trento, si impadroniscono di un castello e compiono molti saccheggi. Allontanandosi vengono raggiunti da Ewin duca di Trento che li sconfigge e recupera il bottino.

Anno 578
Papa : Pelagio II
Imperatore: Tiberio II
Il 26 settembre Giustino II fa incoronare imperatore Tiberio II e muore il 5 ottobre.
Dopo l'incoronazione Tiberio offre al popolo feste e donativi. Viene acclamata anche la moglie Anastasia, con dispiacere di Sofia moglie di Giustino che aveva sperato di sposare il nuovo imperatore alla morte del marito.
Muore il papa Benedetto I e viene consacrato Pelagio II. In questo periodo l'Italia versa in gravi condizioni per l'invasione dei Longobardi e per una tremenda carestia contro la quale Giustino aveva ordinato l'invio di ingenti quantitativi di grano dall'Egitto. Date le circostanze il clero romano decide di consacrare Pelagio II senza attendere l'approvazione di Costantinopoli. Roma ed il suo circondario, mantenendosi fedeli all'impero, soffrono in modo particolare per la violenza dei Longobardi.
Da Costantinopoli Tiberio non è in grado di inviare truppe contro i Longobardi a causa della guerra contro i Persiani ma sembra abbia inviato un congruo valore in oro, forse per corrompere i Longobardi o forse per pagare i Franchi ed indurli a scacciare gli invasori dalla Penisola.

Anno 579
Papa : Pelagio II
Imperatore: Tiberio II
In Persia muore il re Cosroe ma suo figlio Ormisda continua la guerra contro Bisanzio.
Il patriarca di Aquileia Elia trasferisce la sede metropolitana nell'isola di Grado perché Aquileia è occupata dai Longobardi. La decisione, presa con un concilio dei vescovi suffraganei di Aquileia, viene approvata con un breve da Pelagio II.

Anno 580
Papa : Pelagio II
Imperatore: Tiberio II
Faroaldo duca di Spoleto saccheggia Classe, sobborgo e porto di Ravenna, e la occupa lasciandovi un presidio. Faroaldo è il primo duca di Spoleto, ducato recentemente costituito ma già esteso e potente.
Gli Avari occupano Sirmio e Tiberio, non avendo risorse per intervenire, ne ordina la resa.

Anno 581
Papa : Pelagio II
Imperatore: Tiberio II
I Longobardi assediano Napoli ma non riescono a prenderla nonostante gran parte della Campania sia già sottoposta al Ducato di Benevento.

Anno 582
Papa : Pelagio II
Imperatore: Maurizio
Muore Sant'Eutichio patriarca di Costantinopoli dopo aver predetto la morte di Tiberio che infatti avviene il 14 agosto di quest'anno.
Evagrio ed altri autori antichi concordano nel lodare le virtù di Tiberio, uomo giusto, clemente e generoso. Poco prima di morire Tiberio ha indicato come suo successore Maurizio, glorioso generale al quale ha fatto sposare la figlia Costantina. Nato in Cappadocia, Maurizio sale al trono all'età di quarantatre anni.

Anno 583
Papa : Pelagio II
Imperatore: Maurizio
Il 10 maggio di quest'anno si verifica a Costantinopoli un terribile terremoto. Gli Avari inviano ambasciatori a Maurizio a richiedere il tributo annuo precedentemente concordato, Maurizio paga ma gli Avari avanzano altre richieste che l'imperatore respinge. Gli Avari reagiscono occupando alcune città dell'Illirico e maltrattando gli ambasciatori di Costantinopoli andati a protestare.
Questa situazione ed il proseguire della guerra contro i Persiani impediscono a Maurizio di intervenire in Italia.

Anno 584
Papa : Pelagio II
Imperatore: Maurizio
Re dei LongobardiAutari
Dopo un lungo interregno sale sul trono Autari figlio di Clefi, il primo monarca longobardo ad assumere il prenome di Flavio.
Lunga digressione di Muratori a proposito dei dubbi che sussistono sull'incoronazione di Autari in quanto alcuni cronisti la collocavano nel 582.
I duchi che hanno detenuto il potere durante l'interregno hanno sempre mantenuto buoni rapporti con i Franchi ma Maurizio, non potendo intervenire in Italia, chiede di farlo a Childeberto II re dei Franchi, corroborando la richiesta con un ricco donativo in oro.
In questo anno, quindi, Childeberto guida personalmente un esercito in Italia, ma i Longobardi evitano la guerra e, con il denaro, inducono i Franchi a tornare indietro. Indignato Maurizio chiede la restituzione del suo donativo ma non ottiene risposta.
Diffidando comunque della parola dei Franchi, i Longobardi si preparano a sostenere nuovi attacchi e per questo motivo, secondo Muratori, decidono di eleggere un re che coordini le loro forze.
Intanto il papa Pelagio II continua a scrivere all'imperatore sollecitando ogni forma di soccorso per difendere Roma.

Anno 585
Papa : Pelagio II
Imperatore: Maurizio
Re dei LongobardiAutari
In Spagna il principe visigoto Ermenegildo, di religione ariana, si converte al Cattolicesimo persuaso dalla moglie Ingonda (Ingunde) figlia del re dei Franchi Sigeberto. La decisione comporta una rottura fra Ermenegildo e il padre (il re Leovigildo) che da origine ad una guerra civile.
Ermenegildo si rivolge a Bisanzio ma Leovigildo corrompe gli ufficiale dell'imperatore che abbandonano il principe. Ermenegildo viene imprigionato, rifiuta di rinnegare la sua nuova religione e viene giustiziato per ordine del padre.
Ingonda è inviata a Costantinopoli ma muore durante il viaggio. Childeberto, fratello di Ingonda, interviene di nuovo in Italia ma anche questa volta desiste senza aver combattuto.
Si riferiscono a questo periodo le imprese di Droctulf di cui parla Paolo Diacono: alemanno di origine, fu prigioniero dei Longobardi ma acquistò tanto favore presso di loro da ricevere il titolo di duca. Si ribellò, passò ai Bizantini e conquistò Brescello. Da qui organizzò una spedizione contro il presidio longobardo di Classe costringendolo alla resa. Autari assediò Brescello, Droctulf la difese a lungo ma infine si ritirò a Ravenna dove morì e fu sepolto in San Vitale.
Papa Pelagio chiama presso di se a Roma San Gregorio.

Anno 586
Papa : Pelagio II
Imperatore: Maurizio
Re LongobardiAutari
Dopo la presa di Brescello Autari conclude una tregua di tre anni con l'esarca di Ravenna Smaragdo.
Papa Pelagio II conduce trattative per risolvere la questione dei vescovi istriani scismatici.

Anno 587
Papa : Pelagio II
Imperatore: Maurizio
Re LongobardiAutari
Su sollecitazione di Pelagio II, Smaragdo intima a Elia arcivescovo scismatico di Aquileia, di sottomettersi a Roma, ma Elia si rivolge all'imperatore ottenendo un rinvio.
Muore il patriarca Elia, gli succede Severo. Smaragdo compie un'incursione a Grado facendo prigionieri Severo, Giovanni vescovo di Parenzo, Severo vescovo di Trieste e Vindemio vescovo di Ceneda. Rimarranno sequestrati a Ravenna per un anno.
Riprendono le ostilità fra Longobardi e Bizantini.

Anno 588
Papa : Pelagio II
Imperatore: Maurizio
Re LongobardiAutari
I vescovi imprigionati a Ravenna finiscono con l'accettare il Quinto Concilio ma, liberati e tornati a Grado, vengono cacciati dal popolo e dal clero. Ritrattano ma intanto molti altri vescovi abiurano lo scisma.
Smaragdo viene richiamato a Costantinopoli e gli succede Romano.
Autari chiede in moglie Clotsuinda sorella di Childeberto re dei Franchi. Il fidanzamento viene confermato ma poco dopo annullato da Childeberto che preferisce la proposta di Recaredo re dei Visigoti.
Nello stesso anno Childeberto scende in Italia contro i Longobardi ma viene sconfitto.
Autari conquista dopo sei mesi d'assedio l'Isola Comacina nel lago di Como cacciandone il presidio bizantino. Invia quindi Ewin duca di Trento a saccheggiare e devastare l'Istria.

Anno 589
Papa : Pelagio II
Imperatore: Maurizio
Re LongobardiAutari
Sfumato il fidanzamento con la principessa franca, Autari chiede in moglie Teodolinda, figlia di Garibald duca di Baviera, cattolica.
Curioso di conoscere la futura sposa, Autari accompagna gli ambasciatori presso Garibald senza farsi riconoscere e durante l'incontro sfiora la mano di Teodolinda.
Childeberto re dei Franchi non gradisce il fidanzamento fra la figlia del suo vassallo Garibald ed il re dei Longobardi ed invia un'armata in Baviera per catturare Teodolinda ma la principessa fugge con il fratello Gundoaldo in Italia e il 15 maggio sposa Autari nei pressi di Verona.
Secondo Paolo Diacono in quest'anno Autari occupa Benevento e ne fonda il ducato ma Muratori, con diversi argomenti, colloca questi eventi molti anni prima.
La città di Roma è devastata da un'alluvione senza precedenti, analogo evento a Verona dove secondo la tradizione solo un miracolo impedisce all'Adige di distruggere la basilica di San Zenone.


Anno 590
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re LongobardiAutari
Alle alluvioni segue un'epidemia di peste che provoca innumerevoli vittime in Italia e in particolare a Roma dove uccide anche il papa Pelagio II.
Viene eletto Gregorio che conduce vita monastica e tenta di eludere la nomina, ma anche Maurizio conferma l'elezione e Gregorio viene condotto a fatica in chiesa e consacrato (3 settembre).
Intanto prosegue fra Maurizio e Childeberto la ricerca di un accordo per cacciare i Longobardi dall'Italia. Childeberto, che desidera riavere da Maurizio il nipote Atanagildo rimasto a Costantinopoli dopo la morte della madre Ingonda, accetta di organizzare una nuova spedizione in Italia, ma il grande esercito franco prima di compiere azioni di rilievo viene costretto a tornare indietro da un'epidemia di dissenteria e dalla fame.
Durante la ritirata i Franchi attaccano e danneggiano seriamente molte città fra cui Piacenza e Verona.
Muratori parla di documenti da lui rinvenuti, non citati da Paolo Diacono: lettere di Maurizio e di Romano esarca di Ravenna a Childeberto per informarlo che benché l'esercito bizantino prima dell'arrivo dei Franchi abbia già occupato Modena, Altino e Mantova, l'offensiva comune è fallita a causa dell'improvvisa partenza dei Franchi. L'imperatore e l'esarca sollecitano in quelle lettere Childeberto perché mandi al più presto una nuova armata in Italia.
Dopo la partenza dell'armata nemica, Autari invia ambasciatori a Gontrano, nipote di Childeberto noto per le sue doti di mitezza e giustizia, pregandolo di intercedere per la fine delle ostilità. Gontrano accetta ma dopo pochi giorni giunge la notizia della morte di Autari.
Autari infatti muore a Pavia il 5 settembre, dopo sei anni di regno. Nonostante sia cattolica e bavarese, la vedova Teodolinda gode del pieno rispetto della nobiltà longobarda e viene invitata a scegliere un altro marito che sarà il nuovo re.
Viene scelto Agilulfo duca di Torino, il matrimonio si celebra nel mese di novembre ma lo sposo non assume subito il titolo di re.
A Costantinopoli Maurizio nomina augusto e collega il primogenito Teodosio.

Anno 591
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re LongobardiAgilulfo
Il primo atto di Agilulfo dopo l'incoronazione consiste nell'inviare a Childeberto la richiesta di liberazione dei prigionieri italiani che vengono rilasciati dietro riscatto, quindi invia Ewin duca di TrentoTrento presso Gontrano e Clotario II a chiedere che si facciano promotori della pace tra Franchi e Longobardi.
Childeberto accetta la pace anche perché essendo morto il nipote Atanagildo, non ha più motivo per sostenere Maurizio.
Agilulfo fa giustiziare l'ufficiale Minulfo che durante la guerra era passato ai Franchi. Si occupa quindi di Gaidulfo duca e Bergamo e di Ulfari di Treviso che si sono ribellati ma all'arrivo del re gli insorti si arrendono spontaneamente e vengono graziati.

Anno 592
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re LongobardiAgilulfo
Per garantire la sicurezza dei confini, Agilulfo conclude un trattato d'amicizia anche con gli Avari ma intanto l'esarca Romano convince Maurizio duca di Perugia ad accettare un presidio bizantino nella sua città, inoltre occupa varie località fra Perugia e Roma.
A queste notizie Agilulfo decide di intervenire personalmente e nel frattempo mobilita Ariulfo duca di Spoleto, più vicino a Perugia.
Intanto Arechi I duca di Benevento, successore di Zottone, sta minacciando la città di Napoli.
Il papa Gregorio, consapevole che l'arbitraria occupazione di Perugia da parte di Romano ha sollevato i Longobardi dall'impegno di rispettare la pace, cerca in ogni modo di avviare trattative con molte lettere che Muratori cita in dettaglio.

Anno 593
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re Longobardi Agilulfo
Agilulfo assedia ed espugna Perugia, il duca Maurizio viene decapitato. Il re longobardo muove quindi alla volta di Roma ma la difficoltà dell'impresa e il carisma di Gregorio lo fanno desistere.
Muore senza figli il re di Borgogna Gontrano e il suo regno passa a Childeberto.

Anno 594
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re LongobardiAgilulfo
Papa Gregorio intrattiene una fitta corrispondenza con Teodolinda alla quale nel 604 dedicherà il suoi Dialoghi e si impegna in ogni modo per favorire una pace universale fra il Longobardi, i Franchi e i Bizantini.

Anno 595
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re Longobardi: Agilulfo
Sollecitato dal papa, Agilulfo accetta di trattare la pace con i Bizantini ma l'esarca Romano (che trae guadagni personali dalla guerra) calunnia Gregorio inviando a Costantinopoli una relazione non veritiera sulla situazione.
Con grande diplomazia Gregorio respinge le accuse e si lamenta degli abusi commessi da Romano a Perugia come di quelli di Agilulfo a Roma.
Nelle sue lettere il pontefice denuncia anche le angherie alle quali i funzionari bizantini sottopongono gli abitanti della Sardegna e della Sicilia costringendoli a volte a fuggire presso i Longobardi.
Muore San Gregorio di Tours, storico delle Gallie.
Childeberto nomina Tassilone duca di Baviera.
Il patriarca di Costantinopoli Giovanni il Digiunatore tenta di attribuirsi il titolo di vescovo ecumenico o universale, il papa se ne lamenta con l'imperatore Maurizio e con la moglie Costantina. La disputa si conclude senza che l'imperatore debba intervenire perché il patriarca muore in questo stesso anno.

Anno 596
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re Longobardi: Agilulfo
Nuovo tentativo dei Longobardi di conquistare Napoli. Molti cittadini vengono fatti prigionieri e riscattati a spese del papa.
Gregorio invia S. Agostino in Inghilterra per convertire gli Anglosassoni al Cristianesimo.
Muore Childeberto II re di Austrasia e di Borgogna all'età di venticinque anni, poiché nello stesso giorno muore anche la moglie Faileuba si pensa al veleno. I due figli piccoli Teodeberto e Teoderico vengono nominate re rispettivamente dell'Austrasia e della Borgogna.
Arechi duca di Benevento conquista Crotone ma non tiene a lungo la città limitandosi ad incassare dal papa il riscatto dei prigionieri.

Anno 597
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re Longobardi: Agilulfo
Continuano le ostilità fra Longobardi e Bizantini ma mancano informazioni dettagliate sulle vicende italiane.
A Costantinopoli Maurizio si ammala e fa testamento disponendo che l'Italia e le isole vadano al figlio minore Tiberio ed il resto dell'impero al maggiore Teodosio.
Muore Romano, gli succede Callinico.

Anno 598
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re Longobardi: Agilulfo
Anche riguardo a quest'anno le notizie sono scarse. Una lettera di Gregorio I parla di uno sbarco dei Longobardi in Sardegna e in altre epistole raccomanda ai vescovi di fare scorta di viveri a Cagliari e in altre città dell'isola, evidentemente temendo possibili assedi.

Anno 599
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re Longobardi: Agilulfo
Viene finalmente conclusa la pace fra Agilulfo e Callinico esarca di Ravenna. In effetti si tratta solo di una tregua di due anni, ma Gregorio se ne compiace nel suo epistolario mentre esorta Teodolinda a promuovere la conversione di Agilulfo dall'arianesimo al Cristianesimo.

Anno 600
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re Longobardi: Agilulfo
Agilulfo firma a Milano un trattato di pace con gli Avari e con gli Slavi. Il re reprime la rivolta di Zangrulfo duca di Verona. Si ribella anche Gaidulfo di Bergamo per la terza volta e viene giustiziato.
Ravenna è devastata dalla peste.
Clotario II re di Neustria viene gravemente sconfitto da Teodeberto e Teoderico, perdendo gran parte dei suoi domini.

Anno 601
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re Longobardi: Agilulfo
Con un colpo di mano Callinico cattura una figlia di Agilulfo con il marito nella loro residenza di Parma, riaprendo le ostilità. Agilulfo reagisce assediando Padova che cade dopo una lunga difesa e viene devastata.
Nel frattempo Ariulfo duca di Spoleto, forse per ordine di Agilulfo, muove in armi verso Roma e sconfigge le truppe imperiali nei pressi di Camerino. Secondo una leggenda Ariulfo ottenne questa vittoria grazie all'aiuto di San Savino Martire.

Anno 602
Papa : Gregorio I
Imperatore: Maurizio
Re Longobardi: Agilulfo
I Longobardi, insieme agli Avari e agli Slavi invadono l'Istria.
Callinico viene richiamato in Oriente e sostituito da Smaragdo.
Nella guerra contro i Persiani e gli Avari Maurizio aveva lasciato nelle mani dei nemici migliaia di soldati per non pagare il riscatto. Questa decisione gli aveva procurato l'odio di gran parte dei sudditi. Ne approfitta un ufficiale di basso rango che si pone alla guida di un'insurrezione dell'esercito per deporre Maurizio e farsi proclamare imperatore.
Maurizio fugge con la famiglia a Calcedone ma viene catturato pochi giorni dopo e costretto ad assistere all'esecuzione dei figli Teodosio, Tiberio, Pietro, Giustino e Giustiniano prima di essere egli stesso ucciso.
Tre anni dopo saranno uccise la moglie Costantina e le figlie Anastasia, Teottista e Cleopatra.
Nonostante la sua grande avarizia, Maurizio gode presso gli antichi la fama di uomo religioso, giusto e clemente.

Anno 603
Papa : Gregorio I
Imperatore: Foca
Re Longobardi: Agilulfo
Nasce Adaloaldo, figlio di Agilulfo e Teodolinda e riceve il battesimo cattolico. La cerimonia si svolge a Monza, città cara a Teodolinda come dimostra la basilica di San Giovanni Battista ed il Palazzo da lei fatti costruire. Nel tesoro della basilica si conservano le "tre corone" fra cui la celebre corona di ferro, mentre dagli affreschi del palazzo Paolo Diacono dedusse l'aspetto e l'abbigliamento dei Longobardi in questo periodo.
Per liberare la figlia ed il genero, Agilulfo assedia Cremona con l'aiuto di truppe di Avari. Il 15 agosto espugna la città e la rade al suolo per poi passare a Mantova, che conquista il 15 settembre.
Gregorio I chiede aiuto a Foca contro i Longobardi ma l'usurpatore ignora la richiesta perché Cosroe re di Persia sta muovendo contro di lui.
Smaragdo esarca di Ravenna, consapevole di non poter contare sul soccorso della madre patria chiede la pace. Agilulfo accetta a condizione che la figlia e il genero vengano rilasciati e così avviene, ma poco dopo la giovane muore di parto e la guerra riprende.


Anno 604
Papa : Sabiniano
Imperatore: Foca
Re Longobardi: Agilulfo
Il 12 marzo muore Gregorio I, gli succede Sabiniano che viene consacrato il 13 settembre.
In luglio Adaloaldo viene dichiarato collega e successore del padre Agilulfo con una solenne cerimonia a Milano.

Anno 605
Papa : Sabiniano
Imperatore: Foca
Re Longobardi: Agilulfo
La tregua fra Bizantini e Longobardi viene prorogata per un anno.
Teodeberto II re di Austrasia combatte contro una ribellione dei Sassoni.
Muore Severino patriarca scismatico di Aquileia. Viene eletto Candidiano che ripristina i rapporti con la Chiesa di Roma, pare che l'elezione sia stata condizionata dalle minacce di Smaragdo. Successivamente gli stessi vescovi elettori, sostenuti dai Longobardi, eleggono un altro patriarca, Giovanni, che si stabilisce ad Aquileia mentre la sede del rivale è a Grado e continua lo scisma.
A Costantinopoli Foca, odiato da tutti, mette a morte molti personaggi illustri sospettati di cospirazione e fa uccidere Costantina, vedova di Maurizio, e le sue figlie.

Anno 606
Papa : Sede vacante
Imperatore: Foca
Re Longobardi: Agilulfo
Muore Sabiniano e la cattedra papale rimane vacante per tutto l'anno.
Terminata la tregua i Longobardi conquistano e Orvieto, quindi Agilulfo manda ambasciatori a Foca per trattare una pace stabile ma dalla missione risulta soltanto una nuova tregua di un anno.

Anno 607
Papa : Bonifacio III
Imperatore: Foca
Re Longobardi: Agilulfo
Viene eletto papa Bonifacio III, ex legato di Gregorio I a Costantinopoli, il quale riesce ad ottenere da Foca un decreto attestante che il Pontefice è il capo di tutte le Chiese. Bonifacio III muore in novembre di questo stesso anno dopo circa nove mesi di pontificato.
Teoderico re di Borgogna sposa Ermemberga figlia di Vitterico re dei Visigoti ma dopo un breve periodo la ripudia a causa dei cattivi uffici della nonna Brunechilde e la rimanda in Spagna trattenendo la dote.
Offeso, il padre della sposa si allea con Clotario re di Soissons e con Teodeberto re di Austrasia contro Teoderico. Subito dopo i tre alleati coinvolgono nella lega Agilulfo, tuttavia l'episodio non ha alcun seguito per motivi che non ci sono noti.

Anno 608
Papa : Bonifacio IV
Imperatore: Foca
Re Longobardi: Agilulfo
Dopo dieci mesi dalla morte di Bonifacio III viene eletto Bonifacio IV che ottiene il Pantheon da Foca e lo trasforma in chiesa cristiana.
Intanto in Oriente continua la guerra fra l'impero e i Persiani. Questi arrivano a Calcedone minacciando direttamente Costantinopoli.

Anno 609
Papa : Bonifacio IV
Imperatore: Foca
Re Longobardi: Agilulfo
A Costantinopoli Foca scampa a una congiura e reprime un'insurrezione.
Il governatore d'Egitto Eraclio ed il figlio omonimo preparano, d'accordo con molti senatori, una flotta per rovesciare Foca.
Muore il duca di Baviera Tassilone e gli succede il figlio Garibald II. Gli Slavi tentano l'invasione della Baviera ma vengono sconfitti.

Anno 610
Papa : Bonifacio IV
Imperatore: Eraclio
Re Longobardi: Agilulfo
In ottobre la flotta egiziana comandata da Eraclio il Giovane giunge a Costantinopoli carica di armati che, con l'aiuto della popolazione, sconfiggono le forze di Foca.
Poco dopo Foca viene spogliato delle vesti imperiali e decapitato, la sua testa è esposta al popolo.
Nello stesso giorno Eraclio il Giovane è proclamato imperatore e sposa Eudocia.
A Roma Bonifacio IV tiene un concilio che riconosce ai monaci il diritto di somministrare il battesimo e la confessione, diritto che era stato messo in dubbio in Inghilterra.

Anno 611
Papa : Bonifacio IV
Imperatore: Eraclio
Re Longobardi: Agilulfo
Eraclio assume la guida di uno stato disastrato al quale i Persiani non danno tregua. Nel mese di Maggio l'esercito imperiale viene duramente sconfitto dai Persiani che assediano Antiochia.
Smaragdo esarca di Ravenna viene richiamato in oriente e sostituito da Giovanni Lemigio che subito contratta con Agilulfo una tregua di un anno.
Secondo Muratori è in quest'anno che gli Avari, già padroni della Pannonia e dell'Illirico, invadono il Friuli.
La difesa coraggiosamente organizzata dal duca Gisulfo viene sopraffatta e lo stesso duca perde la vita in combattimento. Gli Avari assediano Cividale. La duchessa Romilda si invaghisce del loro capo e gli propone la resa pur di diventare sua moglie. Il capo barbaro accetta ma una volta aperte le porte fa strage della popolazione. I sopravvissuti vengono fatti prigionieri e più tardi trucidati.
Riescono a salvarsi Grimoaldo e Rodoaldo, figli di Gisulfo, che più tardi riscatteranno le sorelle fatte schiave dagli Avari e diventeranno rispettivamente re dei Longobardi e duca di Benevento.
La duchessa Romilda, dopo una sola notte trascorsa con il capo nemico di cui era innamorata, viene impalata dopo essere stata più volte violentata dai soldati.
Uno dei Longobardi deportati in Ungheria in questa occasione riuscirà dopo molti anni a fuggire e tornare in Italia e sarà antenato di Paolo Diacono.
Gli Avari dopo le razzie in Friuli tornano ai loro territori ma non si hanno notizie del comportamento di Agilulfo in questa occasione.

Anno 612
Papa : Bonifacio IV
Imperatore: Eraclio
Re Longobardi: Agilulfo
Il 3 maggio nasce Eraclio Costantino figlio di Eraclio e Eudocia, futuro imperatore Eraclio II.
Il 4 ottobre Eraclio dichiara augusta la figlia Epifania Eudocia, nata l'anno precedente.
Il 13 agosto muore l'imperatrice Eudocia.
In Gallia Teodeberto viene definitivamente sconfitto dal fratello Teoderico ed ucciso insieme ai figli. Teoderico riunifica sotto il suo scettro Borgogna e Austrasia.
L'abate irlandese Colombano che, cacciato dalla Borgogna da Teoderico e Brunechilde, si era rifugiato presso Teodeberto, è costretto a fuggire di nuovo e si rivolge a Agilulfo e Teodolinda. Vive per qualche tempo a Milano predicando contro l'arianesimo ma desidera tornare alla vita monastica perciò si trasferisce in una località isolata presso Bobbio e vi fonda il celebre monastero.
Muore in un attentato Gundobaldo duca d'Asti, fratello di Teodolinda. Il cronista Fredegario sospetta Agilulfo e Teodolinda di essere i mandanti dell'assassinio per gelosia ma Muratori dubita di questa ipotesi considerando la religiosità della regina.
Gundobaldo lascia due figli: Gundeberto e Ariberto, quest'ultimo sarà re dei Longobardi.

Anno 613
Papa : Bonifacio IV
Imperatore: Eraclio
Re Longobardi: Agilulfo
Eraclio dichiara imperatore e fa incoronare il figlio Flavio Eraclio Costantino, nato l'anno precedente.
Teoderico muove con una grande armata contro Clotario II re di Neustria, sobillato da Brunechilde intende impadronirsi anche di qual regno ma muore improvvisamente di malattia a soli ventisei anni.
L'armata si disgrega e Clotario con le sue modeste risorse militari riesce ad occupare Austrasia e Borgogna quasi senza combattere.
Brunechilde, fautrice dell'odio familiare ed artefice di tante guerre, viene catturata, torturata e squartata.

Anno 614
Papa : Bonifacio IV
Imperatore: Eraclio
Re Longobardi: Agilulfo
Dopo aver occupato Damasco ed altre città, i Persiani conquistano Gerusalemme, fanno strage della popolazione, profanano i templi ed incendiano il Santo Sepolcro.
Molti abitanti di Gerusalemme fuggono ad Alessandria dove il patriarca Giovanni l'Elemosiniere presta loro rifugio ed aiuto.
Eraclio sposa Martina, figlia di sua sorella, destando un certo scandalo.

Anno 614
Papa : Diodato (Deusdedit)
Imperatore: Eraclio
Re Longobardi: Adaloaldo
In quest'anno (ma secondo alcuni nel successivo) muore Agilulfo.
L'autore considera Agilulfo un saggio monarca promotore della pace e lo elogia come primo dei re Longobardi ad aver abbracciato il Cristianesimo.
Il trono passa a Adaloaldo (che ha solo tredici anni) sotto la reggenza di Teodolinda.
Muore anche il papa Bonifacio IV e gli succede Diodato dopo alcuni mesi di cattedra vacante.
Muore San Colombano nel monastero di Bobbio da lui fondato.

Anno 615
Papa : Diodato (Deusdedit - Adeodato)
Imperatore: Eraclio
Re dei Longobardi: Adaloaldo
Rivolta a Ravenna contro il governo bizantino. L'esarca Giovanni Lenigio viene ucciso, lo sostituisce Eleuterio.
I Persiani penetrano nelle province africane fino alla Libia ma non consolidano la conquista tornando a casa con molti prigionieri e ricchi bottini.
Un altro esercito persiano occupa Calcedone di fronte a Bisanzio, Eraclio manda ambasciatori al re Cosroe per trattare la pace ma il persiano ignora le proposte e fa morire gli ambasciatori.



Anno 655
Papa: Martino I
Imperatore Costante
Re dei Longobardi Ariperto I
Il papa Martino fu trasferito dalla prigione al luogo del suo esilio, nell'odierna Crimea. Il 16 settembre la morte mise fine alle sue sofferenze. Il successore Eugenio I era stato eletto e consacrato mentre Martino era ancora in vita.
Morì anche Paolo patriarca di Costantinopoli al quale successe Pirro che morì a sua volta dopo cinque mesi e fu sostituito da Pietro. L'imperatore Costante combattè con la sua flotta contro i Saraceni nelle acque della Licia, fu sconfitto e rischiò di essere catturato.

Anno 656
Papa Eugenio
Imperatore Costante
Re dei Longobardi Ariperto I
Il nuovo patriarca di Costantinopoli Pietro inviò la tradizionale lettera al papa Eugenio nella quale annunciava la propria nomina e condannava le eresie ma evitava di parlare della questione monotelita che agitava gravemente gli animi del clero e del popoli romani.
Si attribuiva ai patriarchi di Costantinopoli la responsabilità di aver ingrandito e diffuso la questione delle Due Volontà, provocando la crudeltà di Costante e la sventura di Martino.
I Romani impedirono a papa Eugenio di celebrare la messa nella basilica di Santa Maria Maggiore finché non si fu impegnato a respingere la lettera del patriarca Pietro.
L'ostilità tra due fazioni di Saraceni provocò una crisi interna che sfociò un una guerra civile. Ne trassero beneficio l'impero romano e i popoli occidentali in generale. Probabilmente i Bizantini approfittarono della circostanza per espellere i Saraceni dalla Sicilia.
Morì il re dei Franchi Sigeberto lasciando il trono al figlio Dagoberto II sotto la tutela del maggiordomo Grimoaldo ma questi usurpò la corona per conferirla al proprio figlio Childeberto. Grimoaldo fu catturato e giustiziato da Clodoveo II re di Parigi e Childeberto fu deposto. In seguito morì lo stesso Clodoveo II e il suo regno passò al figlio Clotario III.

Anno 657
Papa Vitaliano
Imperatore Costante
Re dei Longobardi Ariperto I
Dopo due anni e otto mesi di regno morì papa Eugenio e dopo due mesi fu consacrato Vitaliano, nativo di Segni.
Vitaliano comunicò all'imperatore la propria elezione ma non al patriarca di Costantinopoli. Sulla posizione di Vitaliano rispetto al monotelismo sappiamo soltanto che egli mantenne inalterate le regole dei predecessori, tuttavia Costante confermò i privilegi della Chiesa romana e donò al papa un vangelo di grande valore.
Continuarono intanto le ostilità tra le due fazioni saracene che si scontrarono più volte in battaglia.



Anno 701
Papa: Giovanni VI
Imperatore: Tiberio III
Re dei Longobardi: Ragimperto, Ariperto II
Il 7 settembre muore il papa Sergio I, gli succede Giovanni VI.
Ragimberto duca di Torino, figlio di Godeberto, muove in armi contro il re Liutperto e nei pressi di Novara si scontra con Ansprando, tutore del giovane re, e con Rotari duca di Bergamo, vince la battaglia ed occupa Pavia impadronendosi della corona mentre Liutperto ed Ansprando si salvano con la fuga.
Ragimberto muore dopo pochi mesi di regno e gli succede il figlio Ariperto II.
Tiberio III manda in esilio il futuro imperatore Filippico sospettato di cospirazione.

Anno 702
Papa: Giovanni VI
Imperatore: Tiberio III
Re dei Longobardi: Ariperto II
Il nuovo esarca Teofilatto decide di visitare Roma, la decisione provoca tumulti fra i soldati imperiali italiani ma l'intervento del papa placa la situazione.
Gisulfo II duca di Benevento occupa Sora, Arpino e Arce devastando la campagna romana, anche in questo caso l'intervento papale serve a convincere il duca a desistere da altre imprese.
Gisulfo muore probabilmente in quest'anno ma la data è controversa. Gli succede il figlio Romoaldo II.
Liutperto e Ansprando tentano di recuperare il trono con l'aiuto di alcuni duchi, ma Ariberto li sconfigge e condanna a morte Liutperto. Ansprando fugge nell'Isola Comacina ma Rotari di Bergamo organizza una nuova ribellione, Ariberto espugna Bergamo e manda Rotari in esilio a Torino per farlo uccidere pochi mesi dopo.

Anno 703
Papa: Giovanni VI
Imperatore: Tiberio III
Re dei Longobardi: Ariperto II
Ariberto tenta di catturare Ansprando che fugge in Baviera, il re si vendica prendendo la moglie e i figli di Ansprando e facendoli mutilare, risparmando solo il giovane Liutprando al quale concede di raggiungere il padre.
A Spoleto Faroaldo II succede al padre .

Anno 704
Papa: Giovanni VI
Imperatore: Tiberio III
Re dei Longobardi: Ariperto II
Il deposto imperatore Giustiniano II fugge dal confino in Crimea e ripara presso i Cazari, del cui re sposa la figlia Teodora.
Poco dopo il re si accorda con Tiberio III per consegnargli la testa di Giustiniano II che riesce a fuggire e con l'aiuto di Trebellio signore della Bulgaria organizza un'armata.

Anno 705
Papa: Giovanni VII
Imperatore: Giustiniano II
Re dei Longobardi: Ariperto II
Muore Giovanni VI e gli succede Giovanni VII, greco come il predecessore.
Conquistata Costantinopoli, Giustiniano II congeda Trebellio dopo averlo lautamente ricompensato.
I precedenti imperatori Leonzio e Tiberio III vengono giustiziati nello stadio e si apre una feroce persecuzione contro i loro sostenitori veri o presunti.
Giustiniano manda a prendere la moglie Teodora che partorisce un figlio al quale è dato il nome di Tiberio.

Anno 706
Papa: Giovanni VII
Imperatore: Giustiniano II
Re dei Longobardi: Ariperto II
Giustiniano II chiede a Giovanni VII di emendare i codici del Concilio Trullano rigettati da Sergio I ma il pontefice non accetta.
Il ducato del Friuli è molestato dagli Slavi confinanti mentre il duca Fredulfo è in contrasto con il nobile Argaido, entrambi muoiono combattendo per la difesa del ducato.
A Ferdulfo succede Corvolo che dopo poco viene deposto per aver offeso il re e lascia il ducato a Pemmone.
Ratberga, moglie di Pemmone, consapevole del suo aspetto grossolano e non gradevole, esorta il marito a ripudiarla per scegliere una sposa più consona alla sua condizione ma il duca la tiene con se e i due generano tre figli: Ratchis, Ratcait e Astolfo.
Uomo di nobili principi, Pemmone alleva insieme ai suoi figli gli orfani dei concittadini caduti in guerra.

Anno 707
Papa: Giovanni VII
Imperatore: Giustiniano II
Re dei Longobardi: Ariperto II
Ariperto II restituisce alla Chiesa i beni allodiali nella regione delle Alpi Cozie in precedenza occupati dai Longobardi.
Il 17 ottobre muore Giovanni VII e la sede papale rimane vacante. Al defunto pontefice è attribuito il merito di aver restaurato e riaperto il monastero di Subiaco, abbandonato da tempo.

Anno 708
Papa: Sisinnio poi Costantino I
Imperatore: Giustiniano II
Re dei Longobardi: Ariperto II
Viene eletto papa il siriano Sisinnio che ordina il restauro delle mura di Roma ma muore dopo soli venti giorni di pontificato. Gli succede Costantino I.
Muore anche Damiano arcivescovo di Ravenna, sostituito da Felice che sarà in contrasto con la Chiesa di Roma.
Immemore dell'aiuto ricevuto, Giustiniano II attacca i Bulgari, ma sconfitto ed umiliato deve tornare rapidamente a Costantinopoli.

Anno 709
Papa: Costantino I
Imperatore: Giustiniano II
Re dei Longobardi: Ariperto II
Giustiniano II attacca Ravenna e deporta molti cittadini che vengono uccisi a Costantinopoli. L'arcivescovo Felice viene accecato e mandato in esilio.

Anno 710
Papa: Costantino I
Imperatore: Giustiniano II
Re dei Longobardi: Ariperto II
Giustiniano II invia navi a prendere Costantino I perché tenti a Costantinopoli di dirimere la controversia fra la Chiesa Romana e quella Orientale. Il pontefice parte con un seguito di arcivescovi.
Gli Arabi superano lo stretto di Gibilterra e invadono la Spagna occupando numerose città

Anno 711
Papa: Costantino I
Imperatore: Filippico
Re dei Longobardi: Ariperto II
Il papa giunge a Costantinopoli dove è accolto da Tiberio figlio dell'imperatore, dal patriarca Ciro e dal popolo in festa.
Più tardi Costantino incontra Giustiniano a Nicea. Non si conoscono i particolari dell'incontro ma probabilmente i canoni del Concilio Trullano vengono rivisti ed emendati.
In Ottobre Costantino rientra a Roma dove durante la sua assenza l'esarca Giovanni Rizocopo ha fatto decapitare alcuni alti prelati per ragioni sconosciute. Più tardi l'esarca viene ucciso a Ravenna dalla popolazione insorta.
Giustiniano ordina una spedizione punitiva nel Chersoneso i cui abitanti avevano attentato alla sua vita quando era in esilio. Le truppe fanno strage della popolazione ma risparmiano i bambini. Infuriato l'imperatore ordina una seconda spedizione che viene distrutta da una tempesta. Una terza spedizione viene sconfitta dagli abitanti della Crimea che proclamano imperatore Filippico esule presso di loro.
I soldati imperiali si uniscono ai rivoltosi e Filippico guida tutti a Costantinopoli dove Giustiniano, catturato mentre tenta di fuggire, viene giustiziato.
Muore Dagoberto re dei Franchi e gli succede Childeberto III.

Anno 712
Papa: Costantino I
Imperatore: Filippico
Re dei Longobardi: Aliprando, poi Liutprando
Il nuovo imperatore Filippico si dimostra "imbevuto di errori contrari alla dottrina" (era monotelista) e riapre delicate controversie religiose.
Richiama dall'esilio in Crimea Felice, ex arcivescovo di Ravenna deposto ed accecato sotto Giustiniano II, e lo reintegra nelle sue mansioni.
Papa Costantino rifiuta di riconoscere Filippico imperatore.
Ansprando, figlio di Liutberto, ottiene aiuti dal duca di Baviera Teodeberto ed attacca Pavia per deporre Ariperto II.
La battaglia ha esiti negativi per entrambi gli avversari ma Ariberto, forse male interpretando la situazione e temendo il peggio, decide di rifugiarsi in Francia abbandonando il trono. Durante la fuga muore affogando nel Ticino.
Ansprando viene incoronato ma dopo soli tre mesi di regno la corona passa al figlio Liutprando.

Anno 713
Papa: Costantino I
Imperatore: Anastasio
Re dei Longobardi: Liutprando
Disordini a Roma fra i sostenitori del governatore Duca Cristoforo e quelli del suo rivale Pietro che aveva avuto la nomina dall'esarca di Ravenna ma viene respinto da quanti hanno in odio l'eresia di Filippico.
A Costantinopoli un senatore di nome Rufo con altri congiurati depone ed acceca Filippico, il giorno dopo viene proclamato imperatore un funzionario di corte di nome Artemio che assume il nome di Anastasio.
Fra i primi atti di Anastasio la nomina di Scolastico all'esarcato di Ravenna ed una lettera a papa Costantino nella quale si dichiara fedele al vescovo di Roma.
Soddisfatto del cambiamento il popolo romano lascia che Pietro assuma la carica di Governatore.
Liutprando emana una nuova norma ampliando il corpo delle leggi di Rotari e di Grimoaldo.

Anno 714
Papa: Costantino I
Imperatore: Anastasio
Re dei Longobardi: Liutprando
A Pavia viene scoperta e neutralizzata una congiura contro Liutprando.
Muore in Francia il Maggiordomo del regno Pipino di Heristal e gli succede il figlio Carlo Martello. Questi ha una moglie di nome Rotrude e due figli, Carlomanno e Pipino che sarà re dei Franchi.

Anno 715
Papa: Gregorio II
Imperatore: Anastasio
Re dei Longobardi: Liutprando
L'8 aprile muore papa Costantino. Il 19 maggio vene ordinato papa il romano Gregorio II.
A Costantinopoli Anastasio depone il patriarca Giovanni, favorevole ai monoteliti, e nomina Germano.
Liutprando rinnega la donazione dei territori nelle Alpi Cozie alla chiesa fatta da Ariperto II riappropriandosi di quei domini ma Gregorio II si oppone energicamente ed ottiene che il provvedimento venga annullato.
Muore Dagoberto III re dei Franchi.
Inviati di Liutprando giudicano una controversia fra il vescovo di Siena e quello di Arezzo aggiudicando alla giurisdizione del secondo la parrocchia contesa.

Anno 716
Papa: Gregorio II
Imperatore: Teodosio
Re dei Longobardi: Liutprando
Gli equipaggi della flotta bizantina preparata per combattere i Saraceni si ammutinano e tornato a Costantinopoli con l'intento di proclamare imperatore un oscuro esattore fiscale di nome Teodosio.
Anastasio ripara a Nicea. Costantinopoli cade dopo sei mesi di assedio, Anastasio si arrende e, fatto monaco, viene confinato a Salonicco.
In Italia Faroaldo III duca di Spoleto conquista Classe presso Ravenna. In ottobre un'inondazione provoca gravissimi danni a Roma.

Anno 717
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
Inadatto alla sua carica ed incapace di organizzare la difesa contro i Saraceni, Teodosio saggiamente si dimette. Viene eletto il generale Leone originario dell'Isauria che subito instaura buoni rapporti con la Chiesa inviando al papa un'ampia professione di fede.
Il duca di Benevento Romualdo II occupa la fortezza di Cuma.
Il papa tenta in ogni modo (ma senza successo) di indurre i Longobardi a ritirarsi infine convince Giovanni duca di Napoli ad intervenire per liberare Cuma.
I Saraceni assediano Costantinopoli attaccando dal mare con una flotta poderosa ma la difesa organizzata da Leone si dimostra molto efficace.
Muore Paoluccio Anafesto, primo doge di Venezia gli succede Marcello Tegalliano.

Anno 718
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
I Saraceni che assediano Costantinopoli ricevono consistenti rinforzi dall'Egitto ma le loro navi vengono distrutte da quelle bizantine armate con il "fuoco greco", una micidiale miscela incendiaria. Dopo aver subito altre sconfitte in scontri terrestri, il 15 agosto i Saraceni si ritirano e tolgono l'assedio. Durante la ritirata la gran parte di loro muore facendo naufragio.
Intanto in Sicilia un certo Basilio, sostenuto dal duca Sergio, credendo imminente la caduta di Costantinopoli, si è proclamato imperatore, ma passato il pericolo Leone invia una spedizione che cattura Basilio e Sergio sedando rapidamente la rivolta.
Il nobile bresciano Petronace, su esortazione di Gregorio II, fa restaurare il Monastero di Montecassino, devastato molti anni prima dai Longobardi. Vi si stabilisce una nuova congregazione di monaci che avrà in seguito grande importanza e prestigio.
Nasce Costantino, figlio di Leone Isaurico, che viene detto Copronimo per aver defecato durante il suo battesimo, incidente che viene considerato di pessimo auspicio.

Anno 719
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
L'ex imperatore Anastasio tenta di riprendere il potere con l'aiuto di truppe bulgare ma giunto a Costantinopoli trova opposizione da parte della cittadinanza, i Bulgari lo tradiscono e lo consegnano a Leone che lo fa giustiziare.
Il patriarca di Aquileia Sereno cerca di estendere i propri territori ai danni di Donato patriarca di grado. Questi se ne lamenta con il papa che ordina a Sereno di desistere.

Anno 720
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
Leone Isaurico associa al trono il figlio Costantino Copronimo ancora bambino.
Muore il re dei Franchi Chilperico II e gli succede Teoderico, il potere è tuttavia in mano di Carlo Martello che ha per unico rivale Eude duca di Aquitania, ma in quest'anno Carlo Martello e Eude si alleano contro i Saraceni che, conquistata la Spagna, minacciano la Linguadoca.

Anno 721
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
Liutprando emana undici nuove leggi. Alle donne della nobiltà longobarda viene vietato di sposare uomini di condizione sociale inferiore.
Papa Gregorio II indice a Roma un concilio che stabilisce il divieto di sposarsi per i sacerdoti.
I Saraceni conquistano Narbona e assediano Tolosa ma qui vengono sconfitti da Eude.

Anno 722
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
Liutprando emana ventiquattro nuove leggi, la prima delle quali conferma il divieto di matrimonio delle persone consacrate emanato l'anno precedente dal concilio di Roma.
Per ordine di Liutprando il corpo di S. Agostino viene traslato dalla Sardegna a Pavia per salvarlo dai Saraceni che stanno invadendo l'isola.

Anno 723
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
Elezione i Callisto patriarca di Aquileia con l'appoggio di Liutprando.
Pommone duca del Friuli respinge un nuovo tentativo di invasione da parte degli Slavi.
San Bonifacio nominato vescovo da papa Gregorio II.

Anno 724
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
In quest'anno, il tredicesimo del suo regno, Liutprando pubblica il suo sesto libro di leggi. Fra le norme contenute in questo libro alcune abrogano vecchi rituali scaramantici risalenti al paganesimo e ancora in uso fra i Longobardi, altre bandiscono gli indovini. Si nota inoltre da queste leggi che i sudditi potevano applicare il diritto longobardo o quello romano a loro scelta nella formulazione dei contratti.
In quest'anno viene nominato duca di Spoleto Trasamondo figlio di Faroaldo II che si è ribellato al padre costringendolo ad abdicare.

Anno 725
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
I Saraceni tentano di passare il Rodano ma vengono fermati da Eude duca di Aquitania.
Carlo Martello conquista parte della Baviera togliendola al duca Grimoaldo, prende con se Sonichilde, figlia di una concubina di Grimoaldo e, essendo morta la sua prima moglie Rotrude, la sposa.

Anno 726
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
Un'eruzione fa emergere una piccola isola nel Mare Egeo e l'imperatore Leone si lascia convincere la un consigliere che si tratta di un segno della collera divina contro l'adorazione delle icone. Di conseguenza Leone pubblica un editto ordinando di rimuovere tutte le immagini sacre dai luoghi di culto dell'intero territorio imperiale.
Il provvedimento provoca reazioni violente e un gruppo di ribelli greci proclama imperatore un certo Cosma, mette insieme una flotta e tenta di attaccare Costantinopoli ma le navi sono distrutte con il fuoco greco e Cosma viene giustiziato.
Muore il doge di Venezia Marcello Tegalliano al quale succede Orso Ipato.

Anno 727
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
Il papa Gregorio II respinge energicamente la teoria dell'imperatore e questi reagisce inviandogli ordini e lettere minatorie e successivamente organizzando attentati contro la persona del pontefice. I sicari sono scoperti e trucidati dal popolo ma Paolo esarca di Ravenna non desiste dal progetto di eliminare il papa ed invia milizie a Roma per deporlo, tuttavia i soldati vengono bloccati dai presidi organizzati dal popolo romano con l'aiuto dei Longobardi.

Anno 728
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
Molte città italiane soggette a Costantinopoli si ribellano all'editto di Leone e cacciano i governanti bizantini, l'intervento pacificatore di Gregorio II contiene le conseguenze della rivolta.
L'esarca di Ravenna Paolo viene ucciso in una sommossa. Il re longobardo Liutprando coglie l'occasione per intervenire e, assediata Ravenna, se ne impossessa rapidamente. Marcia quindi verso sud togliendo ai Bizantini molti centri fra cui Narni e il castello di Sutri. Quest'ultimo appartiene al ducato romano e dopo un breve periodo viene restituito a Gregorio II.
Catturato mentre reca ordini per un nuovo attentato alla vita del papa, un messo dell'esarca Eutichio ottiene la grazia per intercessione di Gregorio II mentre Eutichio è colpito con la scomunica. Inutilmente l'esarca tenta con promesse e donativi di istigare contro il papa i duchi Longobardi.

Anno 729
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Re dei Longobardi: Liutprando
Mentre la distruzione di statue di Cristo provoca disordini a Costantinopoli, imperatore e papa si scambiano lettere dai toni molto tesi.
In quest'anno i Bizantini, con l'aiuto dei Veneziani, riprendono Ravenna occupata dai Longobardi. La documentazione di questa vicenda, lamenta Muratori, è molto scarsa ma da Anastasio Bibliotecario si ricava che gli imperiali riconquistarono anche le altre città perdute durante l'anno precedente.
Liutprando ed Eutichio concludono un accordo per sottomettere i ducati di Spoleto e Benevento a Costantinopoli. Non è chiaro perché il re longobardo si presti ad agire contro i duchi suoi vassalli, forse perché geloso della loro autonomia o forse nella speranza di liberare un suo nipote prigioniero dei Veneziani.

Anno 730
Papa: Gregorio II
Imperatore: Leone Isaurico
Augusto: Costantino Copronimo
Re dei Longobardi: Liutprando
Si verificò una rivolta contro l'imperatore nel Ducato Romano guidata da un certo Tiberio Petasio che raccolse seguaci in Barbarano e in altre località del Viterbese. L'esarca Eutichio che si trovava a Roma e l'esercito romano agli ordini di papa Gregorio soffocarono la rivolta e mandarono a Costantinopoli la testa di Petasio.
Leone III costrinse il patriarca di Costantinopoli Germano, contrario all'iconoclastia, a ritirarsi e nominò Anastasio ma questi non fu riconosciuto dal pontefice e venne minacciato di scomunica.

Anno 742
Papa: Zaccaria
Imperatore: Costantino Copronimo
Re dei Longobardi: Liutprando, associato Ildebrando
Dopo aver conquistato Spoleto, il re Liutprando marciò verso Benevento dove il duca Godescalco tentò di fuggire ma inutilmente perché fu ucciso dalla popolazione mentre la moglie riuscì a riparare a CostantinopoliCostantinopoli con tutti i loro averi.
Liutprando nominò duca di Benevento Gisulfo e ripartì, durante il viaggio incontrò il papa Zaccaria a Terni nel ducato di Spoleto. Zaccaria perorò abilmente la sua causa tanto che indusse Liutprando a rendere alla Chiesa città occupate anni prima come Narni, Osimo, Ancona e Numana e a firmare un trattato di pace col Ducato Romano, inoltre liberò tutti i prigionieri da lui catturati nelle province della Chiesa.
In Francia fu incoronato Chilepico III, Pipino e Carlomanno divisero i beni del fratello Grifone. Da Pipino e Berta sua moglie nacque in quest'anno Carlo, il futuro imperatore Carlo Magno.
A Venezia fu eletto doge Diodato che ebbe anche il titolo di Ipato, cioè di console dell'imperatore di Costantinopoli.

Anno 743
Papa: Zaccaria
Imperatore: Costantino Copronimo
Re dei Longobardi: Liutprando, associato Ildebrando
Costantino Copronimo sconfisse il rivale Artabaso e il figlio Nicea, li fece accecare e li esibì in modo ridicolo nello stadio insieme al patriarca Anastasio.
Liutprando attaccò l'Esarcato e l'esarca Eutichio invocò la protezione del papa. Non riuscendo a dissuadere Liutprando dal suo intento con lettere e ambasciatori, Zaccaria si recò personalmente ad incontrarlo a Ravenna. Qui incontrò difficoltà con i ministri longobardi ma proseguì impavidamente fino a Pavia dove fu finalmente ricevuto dal re. Questa volta Liutprando si mostrò meno disponibile ma alla fine accettò di consegnare parte delle sue conquiste nell'Esarcato al Ducato Romano.

Anno 744
Papa: Zaccaria
Imperatore: Costantino Copronimo
Re dei Longobardi: Ildebrando, poi Rachis
Morì il re Liutprando lasciando la corona al nipote Ildebrando che venne deposto dai sudditi dopo sette mesi e fu nominato Rachis duca del Friuli.
Il defunto re veniva ricordato per la sua abilità politica e per le basiliche che fece costruire fra cui quella di San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia nella quale fece trasportare le reliquie di S. Agostino. Papa Zaccaria non tardò a prendere contatti con Rachis e fu stipulata una tregua di venti anni.

Anno 745
Papa: Zaccaria
Imperatore: Costantino Copronimo
Re dei Longobardi: Rachis
Questo fu un anno pacifico per l'Italia che vide Rachis intento a organizzare il suo governo.
Carlomanno e Pipino combattevano con successo contro Sassoni e Alemanni.

Anno 746
Papa: Zaccaria
Imperatore: Costantino Copronimo
Re dei Longobardi: Rachis
Rachis pubblicò delle leggi una delle quali proibiva contatti con stati esterni al regno ma anche con i ducati di Spoleto e Benevento.
Morì Ansprando duca di Spoleto e fu sostituito da Lupo.

Anno 747
Papa: Zaccaria
Imperatore: Costantino Copronimo
Re dei Longobardi: Rachis
In quest'anno Carlomanno decise di farsi monaco seguendo l'esempio di Unaldo duca di Aquitania che due anni prima aveva fatto altrettanto. Passato in Italia e ottenuta la veste monacale dal papa Zaccaria, Carlomanno fondò il monastero del Monte Soratte e vi si stabilì ma poiché riceveva spesso le visite dei nobili francesi diretti a Roma dopo qualche tempo preferì trasferirsi a Montecassino.

Anno 748
Papa: Zaccaria
Imperatore: Costantino Copronimo
Re dei Longobardi: Rachis
Alcuni mercanti veneziani facevano commercio di schiavi cristiani che venivano acquistati a Roma e venduti in Africa ai Saraceni. Zaccaria proibì tale pratica e pagato il prezzo degli schiavi che si trovavano in mano ai mercanti li mise in libertà.

Anno 749
Papa: Zaccaria
Imperatore: Costantino Copronimo
Re dei Longobardi: Astolfo
Per motivi che non conosciamo Rachis considerò violata la tregua e assediò Perugia. Zaccaria si portò rapidamente sul posto e riuscì a convincerlo a togliere l'assedio. Sembra che in questa occasione, parlandogli di Carlomanno, Zaccaria indusse Rachis a scegliere la vita religiosa, infatti pochi giorni dopo a Roma Rachis prese i voti con la moglie Tasia e la figlia Rotrude. Rachis entrò a Montecassino mentre Tasia e Rotrude fondarono un convento femminile nelle vicinanze. La corona longobarda passò a Astolfo fratello di Rachis.

Anno 750
Papa: Zaccaria
Imperatore: Costantino Copronimo
Re dei Longobardi: Astolfo
Sant'Anselmo fondò in quest'anno il monastero di Fanano nei pressi di Modena. Anselmo era fratello di Giseltrude moglie di Astolfo e prima di prendere i voti era stato duca del Friuli.

Anno 751
Papa: Zaccaria
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Astolfo
Costantino Copronimo dichiarò augusto e associò all'impero il figlio Leone nato l'anno precedente.
Pipino aveva aumentato la sua potenza con il ritiro di Carlomanno, aveva represso la ribellione del fratello Grifone e punito i suoi sostenitori.
Avendo l'effettivo potere su tutto il regno in quanto maggiordomo di palazzo, Pipino scrisse al papa per conoscere il suo parere sulla possibilità di deporre Chilperico che era re solo formalmente.

Anno 752
Papa: Stefano II
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Astolfo
Ricevuta la conferma da papa Zaccaria, Pipino, con il consenso della Sede Apostolica e di tutti i Franchi, fu incoronato re da San Bonifacio Arcivescovo di Magonza. Chilperico fu tonsurato e chiuso in monastero.
Il 14 marzo morì papa Zaccaria. Fu eletto Stefano che morì dopo tre giorni per un colpo apoplettico. Anche il successivo eletto si chiamava Stefano e poiché il precedente non ebbe il tempo di essere consacrato non viene in genere considerato negli elenchi dei pontefici e il nome di Stefano II viene attribuito al prelato eletto dopo la sua morte.
Nell'estate di quest'anno (o in quella dell'anno precedente secondo altre fonti) Astolfo re dei Longobardi occupò la città di Ravenna, l'Esarcato e la Pentapoli cacciando l'ultimo esarca Eutichio e prese a minacciare il ducato Romano.
Stefano II inviò ad Astolfo suo fratello il diacono Paolo (futuro papa Paolo I) e Ambrogio Primicerio con l'incarico di trattare la pace. La missione ebbe successo e fu conclusa una tregua di quarant'anni ma dopo quattro mesi Astolfo violò l'accordo e riaprì le ostilità pretendendo tributi della Chiesa e dalla cittadinanza romana. Il papa inviò una seconda ambasceria che non sortì alcun risultato.
Intanto l'imperatore Costantino Copronimo insisteva sul bando delle sacre immagini e Pipino lottava contro i Saraceni che avevano occupato la Settimania (Linguadoca).

Anno 753
Papa: Stefano II
Imperatore: Costantino Copronimo
Imperatore: Leone IV
Re dei Longobardi: Astolfo
Giunse a Roma Giovanni Silenziario inviato da Costantino che insieme al diacono Paolo si recò a Ravenna per conferire con Astolfo. Anche questa missione fu inutile e Astolfo si limitò a dire che avrebbe mandato i suoi messi a Bisanzio.
Stefano II scrisse a Costantino esortandolo a liberare l'intera Italia dai Longobardi.
Visti inutili questi tentativi, Stefano chiese riservatamente aiuto a Pipino che lo invitò in Francia ma prima di andarvi il papa incontrò a Pavia, insieme a Giovanni Silenziario, il re Astolfo che ancora una volta respinse ogni richiesta.
Stefano, con un seguito di prelati, raggiunse rapidamente il confine e in territorio franco incontrò il principe Carlo che lo accompagnò alla villa regale di Ponthion dove Pipino lo attendeva con la sua famiglia.
In quest'anno fu consacrata l'abbazia di Nonantola, fondata da S. Anselmo su un terreno donatogli da re Astolfo che era suo cognato. Il papa Stefano II ordinò la consacrazione e donò all'abbazia reliquie di San Silvestro, ma Muratori dubita della tradizione che vuole che Astolfo abbia personalmente accompagnato Anselmo a Roma per richiedere la donazione delle reliquie.
Nei pressi dell'abbazia S. Anselmo fondò anche un ospedale e due ospizi per i poveri.

Anno 754
Papa: Stefano II
Imperatore: Costantino Copronimo
Imperatore: Leone IV
Re dei Longobardi: Astolfo
Il papa chiese aiuto a Pipino contro i Longobardi, fu condotto a Parigi dove incoronò re di Francia Pipino e conferì ai suoi figli Carlo e Carlomanno il titolo di Patrizi dei Romani
. Pipino inviò ambasciatori a chiedere a Astolfo re dei Longobardi la restituzione dei territori imperiali occupati ma non ottenne risultati, convocò quindi una dieta dei baroni che decise concordemente di far guerra ai Longobardi.
Astolfo, facendo pressione sull'abate del suo monastero, ottenne che Carlomanno fratello di Pipino si presentasse alla dieta per perorare la sua causa. Carlomanno vi andò ma non tentò di far cambiare idea al fratello o non vi riuscì. Non tornò più in Italia e si ritirò in un monastero nel Delfinato dove poco dopo morì.
Falliti altri tentativi diplomatici, Pipino marciò con l'esercito e si scontrò con Astolfo ai confini del regno in territorio alpino. Astolfo fu duramente sconfitto e fuggì a Pavia dove fu assediato dai Franchi.
In questa situazione fu Astolfo a chiedere la pace e per ottenerla si impegnò a restituire Ravenna e le altre città dell'Esarcato consegnando ostaggi a Pipino come garanzia della promessa. Pipino tornò in Francia e Stefano II a Roma.
Intanto a Costantinopoli l'imperatore Costantino Copronimo convocata un sinodo per proibire la venerazione delle immagini sacre ed ordinarne la distruzione.

Anno 755
Papa: Stefano II
Imperatore: Costantino Copronimo
Imperatore: Leone IV
Re dei Longobardi: Astolfo
Astolfo non mantenne le promesse e inoltre, unito al suo l'esercito del ducato di Benevento, assediò Roma e prese a danneggiare le campagne circostanti.
Stefano II si affrettò a richiamare Pipino e quando Astolfo seppe dell'imminente arrivo di un esercito franco lasciò Roma per correre a difendere i confini del suo regno.
Legati di Costantino Copronimo, che avevano il compito di convincere Pipino a combattere i Longobardi a favore dell'Impero, si resero conto che Pipino aveva già passato le Alpi ma il suo obiettivo non era quello di recuperare l'Esarcato per restituirlo a Bisanzio ma per farne dono al pontefice. Furono licenziati da Pipino che respinse le loro richieste affermando che non avrebbe cambiato la sua decisione.
Verso la fine dell'anno Astolfo si arrese e restituì Rimini, Ravenna, Pesaro, Fano, Cesena Senigallia, Forlimpopoli, Forlì, Montefeltro, Urbino, Cagli, Gubbio e altri centri minori, aggiunse Comacchio e Narni. Tenendo fede alla parola data Pipino consegnò a Stefano II tutte queste città.
In questo stesso anno San Bonifacio arcivescovo di Magonza subì il martirio.
Pipino tolse ai Saraceni la città di Narbona dopo tre anni di assedio e li cacciò dalla Settimania.
Il doge Diodato Orso Ipato venne ucciso in una congiura organizzata dall'usurpatore Galla Lupanio.

Anno 756
Papa: Stefano II
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Astolfo
In una battuta di caccia muore Astolfo re dei Longobardi senza lasciare eredi, viene quindi eletto Desiderio dalla dieta dei duchi.
Rachis, ex re che dopo aver abdicato si era ritirato in convento, decise di riprendere il potere e radunata un'armata si oppose a Desiderio. Questi chiese aiuto al papa promettendo di consegnare alcune città che Astolfo, violando i patti, aveva trattenuto e di aggiungere altri doni. Stefano trasmise la richiesta a Pipino che scrisse a Rachis per convincerlo a farsi da parte.
Rachis, che intanto aveva raccolto sostenitori in Toscana e si era dichiarato re a Pisa come risulta da documenti dell'epoca, preso atto della posizione del papa e di quella di Pipino decise di rinunciare e verso la fine dell'anno, o all'inizio dell'anno successivo, Desiderio potè assumere effettivamente il potere.
A Venezia Galla venne deposto e accecato, fu eletto Domenico Monegario e furono istituiti due tribuni con carica annuale.

Anno 757
Papa: Paolo I
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio
Desiderio era insediato sul trono, a Spoleto fu eletto il nuovo duca Alboino.
Stefano II scrisse a Pipino per pregarlo di inviare i suoi messi a Desiderio e convincerlo a perfezionare le restituzioni non completate da Astolfo. Il papa avrebbe voluto certamente conoscere la natura dei colloqui che avvenivano fra Pipino e un ministro bizantino che si trovava presso di lui, ma probabilmente non vi riuscì perché morì il 24 aprile. Dopo trentacinque giorni di sede vacante fu eletto Paolo, fratello del defunto, che fu consacrato il 29 maggio.

Anno 758
Papa: Paolo I
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio
Durante il periodo di interregno fra Astolfo e Desiderio i ducati di Spoleto e Benevento si erano posti sotto l'autorità del re dei Franchi. Desiderio mosse in armi per punirli e durante la marcia devasto la campagna della Pentapoli. Fece quindi prigioniero Alboino duca di Spoleto mentre Liutprando duca di Benevento fuggiva a Otranto. Desiderio lo sostituì con Arichis.
Da una lettera di Paolo I a Pipino si apprende che Desiderio aveva preso accordi con l'imperatore di Costantinopoli per riconquistare Ravenna e espugnare Otranto, città che avrebbe lasciato ai bizantini pur di aver in mano il duca Liutprando.
Il papa condusse difficili trattative con Desiderio che avanzava a sua volta delle istanza come la liberazione dei prigionieri longobardi detenuti in Francia o la riconsegna di località già dei Longobardi poi occupate dai Greci. Non fidandosi ciascuno dell'altro, ognuno pretendeva di non essere il primo ad adempiere agli impegni assunti.
In quest'anno o nel seguente Desiderio associò al potere il figlio Adelchi.

Anno 759
Papa: Paolo I
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Lettere del papa a Pipino segnalano nuovi abusi di Desiderio e insistono perché Pipino lo costringa a completare le restituzioni.
In base al fatto che l'imperatore contrastava la chiesa molto più per il culto delle icone che non per la perdita dell'Esarcato, Muratori avanza l'ipotesi che l'autorità di Bisanzio sull'Italia e su Roma in quei tempi non fosse solo formale. Lo dimostrerebbe anche il fatto che i documenti vergati a Roma in quel periodo venivano datati in base agli anni di regno dell'imperatore come si era sempre usato in precedenza.

Anno 760
Papa: Paolo I
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Una lettera del papa a Pipino ci informa che Desiderio si impegnò con gli ambasciatori franchi a consegnare a San Pietro i patrimoni, i diritti, i luoghi, confini e territori conquistati all'Esarcato.
Il papa richiedeva anche ai duchi di Napoli e Gaeta la restituzione di patrimoni tolti in passato alla Chiesa e li esortava a mandare a Roma i loro vescovi per la consacrazione e non più a Costantinopoli.

Anno 761
Papa: Paolo I
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Dalle lettere di quest'anno si ricava che funzionari incaricati da Desiderio e funzionari del regno franco viaggiavano insieme in Italia per formalizzare il trasferimento alla Chiesa dei territori e beni oggetto degli accordi conclusi in precedenza.
Era quindi un momento di pace fra Chiesa, Franchi e Longobardi che il papa auspicava fosse duraturo, ma in quel periodo da Costantinopoli giunsero richieste per recuperare l'Esarcato.

Anno 762
Papa: Paolo I
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Con una bolla di Paolo I viene ceduto a Pipino il monastero di San Silvestro sul Monte Soratte fondato da Carlomanno con tre monasteri da esso dipendenti.
Il papa scrisse a Pipino di essere stato informato da fonti attendibili di un possibile attacco bizantino a Ravenna e a Roma e lo pregò di esortare Desiderio ad intervenire in caso di necessità in difesa delle città minacciate.

Anno 763
Papa: Paolo I
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Muratori disquisisce sul problema di chi governasse Roma in questo periodo. L'interpretazione dei documenti farebbe talvolta pensare a una repubblica indipendente dall'impero e soggetta all'autorità temporale del papa, altre volta alla continuazione del dominio di Costantinopoli.
Morì Gisolfo duca di Spoleto e fu suo successore Teoderico o Teodericio.
Continuava la guerra di Pipino contro Gunisario duca d'Aquitania iniziata nel 760 che terminerà nel 768.

Anno 764
Papa: Paolo I
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Messi di Desiderio e di Roma si confrontarono davanti a Pipino sulla questione delle immagini ma non giunsero a risultati apprezzabili.
Tassilone duca di Baviera, ribelle a Pipino, inviò ambasciatori a Roma per chiedere la mediazione del papa ma gli ambasciatori furono bloccati a Pavia dai Longobardi che avevano frainteso la loro missione.
Il doge di Venezia Domenico Mocenigo fu deposto, accecato e sostituito da Maurizio nobile di Eraclea.

Anno 765
Papa: Paolo I
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Molte chiese della Gallia e della Germania inviarono richieste al papa per avere delle reliquie di santi e ne conseguirono alcune strepitose traslazioni delle quali parlano gli annali ecclesiastici.

Anno 766
Papa: Paolo I
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Probabilmente in quest'anno il re Desiderio e la moglie Ansa fondarono il monastero femminile di Santa Giulia, Anselberga, loro figlia, si fece monaca e ne divenne badessa.

Anno 767
Papa: sede vacante
Imperatore: Costantino Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Il 28 giugno morì Paolo I. Poco dopo Totone governatore di Nepi sollevò una rivolta nella provincia e entrando in armi a Roma fece eleggere papa il fratello Costantino che era laico, quindi costrinse alcuni vescovi a farlo sacerdote e subito dopo consacrarlo papa.
Costantino si affrettò a scrivere a Pipino dichiarando di essere stato nominato per volontà del popolo e chiedendo la sua protezione, ma Pipino non volle riconoscerlo.

Anno 768
Papa: Stefano III
Imperatore: Costantino V Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
L'antipapa Costantino viene deposto con l'intervento dei Longobardi del ducato di Spoleto. Viene eletto Stefano III (Stefano IV in altri elenchi), prete di Santa Cecilia, consacrato il 7 agosto.
Mentre continuavano disordini popolari contro il deposto antipapa, Stefano III inviò a Pipino il Breve la richiesta di mandare a Roma alcuni vescovi esperti in diritto canonico per correggere in concilio quanto era stato legiferato sotto Costantino. Ma Pipino era morto il 24 settembre lasciando suoi successori i figli Carlo (cui toccò l'Austrasia) e Carlomanno (Svevia) i quali soddisfecero la richiesta del papa mandandogli un gruppo di prelati.

Anno 769
Papa: Stefano III
Imperatore: Costantino V Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Si tenne in aprile il concilio nella chiesa patriarcale del Vaticano con l'intervento dei vescovi inviati da Carlo e Carlomanno e di altri provenienti da molte città d'Italia. Fu stabilito che nessun laico potesse essere nominato vescovo e fu ribadita la condanna degli iconoclasti.< br> Fu interrogato Costantino (che nel frattempo era stato accecato dai rivoltosi) ma non riuscì a giustificare la sua usurpazione e fu cacciato dopo aver ricevuto "molte guanciate".
L'ex duca di Aquitania Unaldo, che si era ritirato a vita monastica anni prima, quando seppe della morte del fratello Guaisario ucciso nel 768 depose il saio e riuscì a farsi riconoscere nuovamente duca.
Carlo, cui era toccata l'Aquitania in eredità, intervenne e fece fuggire Unaldo in Guascogna. Carlomanno non volle aiutarlo in questa impresa e i rapporti tra i fratelli iniziarono a deteriorarsi.
In alcune lettere di Stefano III a Carlo Magno si legge che il papa richiedeva a Desiderio la restituzione delle "Giustizie di San Pietro" (beni allodiali, rendite, diritti) di cui i Longobardi si erano appropriati durante il regno dell'antipapa Costantino.
Cristoforo Primicerio e suo figlio Sergio furono incaricati di richiedere a Desiderio le Giustizie ma il re mosse con il suo esercito fino a Roma e si fermò alle porte della città per trattare con il papa.
Cristoforo e Sergio, sentendosi minacciati, chiusero le porte di Roma ponendo la città in stato di assedio mentre il loro avversario Paolo Afiarta (cubicularius e capo della fazione filolongobarda) tentava di sollevare il popolo contro di loro.
Quando il papa intimò loro di consegnarsi in Vaticano o di entrare in monastero, Cristoforo e Sergio si arresero a Stefano III che dichiarò di volerli salvare ma Afiarta li catturò e li fece accecare. Cristoforo morì tre giorni dopo, Sergio fu strangolato alla morte di Stefano III.
Muratori annota comunque l'esistenza di una lettera in cui Stefano III raccontava a Carlo Magno e alla regina Berta una diversa versione di questa vicenda affermando che Cristoforo e Sergio avevano attentato alla sua vita e che Desiderio lo aveva salvato. Nella stessa lettera il papa accusava un certo Dodone, "missus" di Carlomanno, di aver aiutato gli attentatori.
La cronaca di Anastasio Bibliotecario dalla quale Muratori ha attinto questo racconto, questa lettera e altri documenti, non forniscono resoconti coerenti quindi la responsabilità degli eventi e la reale posizione di Desiderio rimangono non del tutto chiarite. Secondo l'annalista Stefano III può essersi servito dell'aiuto longobardo per eliminare i due funzionari divenuti troppo potenti. Anche la datazione dei fatti è incerta e Muratori ha adottato quella delle Cronache di Sigeberto mentre in altre fonti la caduta di Cristoforo è collocata nel 771.

Anno 770
Papa: Stefano III
Imperatore: Costantino V Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Carlo Magno e Carlo Manno si riconciliarono almeno momentaneamente grazie alla mediazione della madre Berta, la quale scese in Italia per concordare con re Desiderio i fidanzamenti dei due re suoi figli con le figlie di lui e di sua figlia Gisela con Adelchi figlio di Desiderio.
Questi fidanzamenti indignarono Stefano III che considerava i Longobardi nemici del suo stato e i Franchi impegnati per giuramento a difendere la Chiesa. Gli archivi Vaticani conservano una lettera inviata dal papa alla regina Berta e ai suoi figli della cui autenticità Muratori dubita perché piena di invettive volgari contro i Longobardi non consone allo stile di un pontefice. In ogni caso il matrimonio di Carlo Magno fu celebrato mentre Carlomanno rifiutò di sposare una figlia di Desiderio.< br> Morì l'arcivescovo di Ravenna Sergio che si era impadronito dell'Esarcato, gli succedette Leone che fece altrettanto ma un certo Michele, con l'aiuto del governatore di Rimini Maurizio, depose Leone e si proclamò arcivescovo. Papa Stefano rifiutò tuttavia la consacrazione per la violenza dell'evento e perché Michele era laico.

Anno 771
Papa: Stefano III
Imperatore: Costantino V Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Carlo Magno ripudiò Desiderata, figlia di Desiderio, non sono certe le motivazioni e la presunta sterilità della sposa non è mai stata provata.
Il 3 dicembre di quest'anno morì Carlomanno lasciando due figli, Pipino ed un altro di cui non si conosce il nome. Carlo ottenne rapidamente il consenso dei nobili e dei prelati dei territori del defunto e si fece incoronare re di tutta la Gallia e di gran parte della Germania, cioè l'intero regno di Pipino il Breve con l'aggiunta dell'Aquitania e della Guascogna. Gilberga, vedova di Carlomanno, fuggì con i figli presso Desiderio.
Michele continuava a tenere con la forza l'episcopato di Ravenna appoggiato dai Longobardi finché non fu deposto da delegati del papa e di Carlo Magno che reinsediarono Leone.

Anno 772
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino V Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Morì Stefano III e venne eletto Adriano I. Fra i primi eventi del nuovo pontificato fu il processo agli assassini di Sergio figlio di Cristoforo ucciso pochi giorni prima della nomina di Adriano che vennero esiliati a Costantinopoli. Anche Paolo Afiarta fu processato ma prima che si decidesse il suo destino venne trovato morto.
Desiderio occupò Faenza, Ferrara e Comacchio, tutti appartenenti alla Chiesa e pose come condizione per restituirli di incontrare personalmente il nuovo papa, voleva evidentemente far incoronare i figli di Carlomanno che si erano rifugiati presso di lui ma il papa per non inimicarsi Carlo Magno rifiutò.
Desiderio reagì occupando o saccheggiando altre località e spingendo il suo esercito fin nei pressi di Roma. Nello stesso periodo iniziò la guerra fra Carlo Magno e i Sassoni che non volevano più riconoscere la sovranità dei Franchi.

Anno 773
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino V Copronimo, associato Leone IV
Re dei Longobardi: Desiderio, associato Adelchi
Dopo aver insistito nel chiedere un incontro al papa, Desiderio mosse personalmente da Pavia verso Roma mandando avanti messi ad avvertire Adriano I del suo arrivo. Il papa ribadì che non lo avrebbe ricevuto se non dopo la restituzione delle città recentemente occupate e nell'attesa chiamò a Roma tutte le milizie disponibili per la difesa.
Sotto minaccia di scomunica Desiderio tornò indietro ma non restituì le città neanche quando ne fu esortato dai messi di Carlo Magno. Carlo infine si mise in marcia con l'esercito verso l'Italia e trovò Desiderio a contrastargli il passo detto Chiuse d'Italia. I Franchi trovarono un altro valico ed entrarono in Italia mentre Adelchi e una parte dei Longobardi si davano alla fuga e Desiderio si chiudeva in Pavia.
Deciso a sottomettere i Longobardi, Carlo si dispose a un lungo assedio di Pavia e di Verona, quest'ultima difesa da Adelchi.

Anno 774
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino V Copronimo, associato Leone IV
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Dopo sei mesi di assedio a Pavia Carlo si recò a Roma in visita a Adriano I e fu accolto con grande entusiasmo. In occasione di questa visita confermò le donazioni alla Chiesa fatte da suo padre Pipino.
Pavia infine capitolò, Desiderio fu arrestato e portato in Francia con la moglie Ansa, visse ancora qualche anno in monastero dedicandosi alla preghiera e alla penitenza. Adelchi lasciò Verona nelle mani dei Franchi e fuggì a Costantinopoli dove cercò aiuto per riprendere il trono ottenendo soltanto promesse che non ebbero seguito.
Sconfitti i Longobardi, Carlo Magno divenne re d'Italia. Secondo Muratori la conquista dell'Italia da parte dei Franchi fu agevolata dalla propaganda operata da Adriano I e da Anselmo abate di Nonantola. In particolare Anselmo, imparentato con Rachis predecessore e avversario di Desiderio, avrà operato per spingere molti Longobardi a simpatizzare per Carlo Magno e, nel momento critico, insorgere contro Desiderio.
Carlo, dunque, si nominò re dei Longobardi prendendo possesso dell'intero dominio di Desiderio ad eccezione del ducato di Benevento dove era duca Arichi, marito di Adelberga figlia di Desiderio, il quale alla notizia della caduta del suocero volle aspirare a un più alto grado di sovranità e si fece incoronare principe dai suoi vescovi.
Carlo, che doveva fronteggiare problemi con i Sassoni, per il momento non intervenne.

Anno 775
Papa: Adriano I
Imperatore: Leone IV
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Il 14 settembre di quest'anno morì Costantino Copronimo durante la sua avanzata contro i Bulgari, lasciò la corona al figlio Leone IV marito di Irene già associato al potere dal 751.
Adelchi giunse a Costantinopoli in cerca di aiuto ma ottenne soltanto il titolo di patrizio. Le voci che corsero sulle intenzioni di Adelchi bastarono comunque a preoccupare il papa che scrisse ripetutamente a Carlo pregandolo di intervenire in caso di pericolo.
Quanto a Carlo Magno non aveva ancora mantenuto la promessa fatta al papa di rendere le città che desiderio aveva sottratto alla Chiesa e che restavano nel regno dei Longobardi ora governato dallo stesso Carlo.

Anno 776
Papa: Adriano I
Imperatore: Leone IV associato Costantino VI
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
L'imperatore Leone IV associò al potere il figlio Costantino. In primavera Carlo Magno giunse in Friuli dove il duca Radgauso si era ribellato e lo eliminò. Passò quindi ad assediare Stabilino suocero di Radgauso a Treviso, espugnò questa ed altre città della regione nelle quali collocò presidi militari e ripassò rapidamente le Alpi perché impegnato nella guerra contro i Sassoni.
Intanto papa Adriano continuava a fare pressione per ottenere la restaurazione delle città che i Longobardi avevano tolte alla chiesa e la consegna dei territori che Pipino e lo stesso Carlo Magno avevano promesso, ma non otteneva alcun risultato.

Anno 777
Papa: Adriano I
Imperatore: Leone IV associato Costantino VI
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Adriano I scrisse a Carlo Magno lamentandosi per il comportamento di Leone arcivescovo di Ravenna che aveva visitato lo stesso re senza informarne il pontefice e abusava della propria autorità non rispettando quella di Roma. Da lettere successive si comprende che Leone pretendeva di aver ricevuto Imola e Bologna da Carlo Magno e che accampava pretese sull'Esarcato. Mancano informazioni sull'esito di questa vicenda che comunque qualche tempo dopo risulta conclusa.
A Venezia il doge Maurizio Galbaio ottenne il consenso per associare al governo suo figlio Giovanni che fu designato suo successore, ciò accadeva per la prima volta e creò un pericoloso precedente.

Anno 778
Papa: Adriano I
Imperatore: Leone IV associato Costantino VI
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Carlo valicò i Pirenei con due eserciti, prese Pamplona, Huesca e Jacca e consolidò la sua autorità in Catalogna, ma sulla via del ritorno, a Roncisvalle, i Franchi caddero in un'imboscata dei Guasconi che massacrarono la retroguardia. Furono uccisi Egarto soprintendente della mensa, Anselmo conte del Palazzo e Rolando governatore di Britannia.
Una nuova ribellione dei Sassoni suscitata dal principe Witichindo costrinse Carlo ad abbandonare i suoi progetti in Spagna e a intervenire contro i ribelli.
La regina Ildegarda partorì due figli: Lotario che morì a due anni e Ludovico futuro re d'Aquitania e in seguito imperatore.

Anno 779
Papa: Adriano I
Imperatore: Leone IV associato Costantino VI
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Maurizio vescovo d'Istria fu accecato perché sospettato di voler consegnare a Carlo Magno quella provincia che evidentemente apparteneva a Bisanzio.
Carlo continuava a combattere con successo contro i Sassoni.

Anno 780
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino VI reggente Irene
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Morì Leone IV e fu suo successore Costantino sotto la reggenza della madre Irene che mise fine alle persecuzioni iconoclaste.
Carlo Magno ritenendo ormai pacificata la Sassonia vi mandò alcuni missionari e decise di scendere in Italia per incontrare il papa.

Anno 781
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino VI e Irene
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Re d'Italia: Pipino
Carlo Magno trascorse le festività a Pavia con la regina Ildegarda e i figli e in primavera partì per Roma dove giunse il 15 aprile, giorno di Pasqua.
Fece battezzare dal papa Adriano Carlomanno il cui nome venne cambiato in Pipino. Il giorno seguente Adriano consacrò Pipino re d'Italia e Ludovico re di Aquitania. Tornando in Francia, Carlo sostò a Milano dove l'arcivescovo Tommaso battezzò Gisla figlia di Carlo e di Ildegarda.
Irene imperatrice di Bisanzio propose il matrimonio di suo figlio Costantino con Rotrude figlia di Carlo Magno. Il matrimonio fu celebrato per procura ma non ebbe effetto per contrasti sopravvenuti fra Irene e Costantino.
Legati papali e funzionari del re andarono in delegazione presso Tassilone duca di Baviera e lo convinsero a rinnovare il giuramento di fedeltà a Carlo Magno ma più tardi Tassilone violò il giuramento.
In questo periodo Carlo si occupò del degrado delle scienze e delle lettere in Italia e in Francia incaricando noti intellettuali di promuovere gli studi e la cultura: Paolino futuro patriarca di Aquileia, Alcuino di York, Pietro da Pisa.

Anno 782
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino VI reggente Irene
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Re d'Italia: Pipino

Irene, dopo aver concluso una pace onerosa con i Saraceni, attaccò gli Sciavoni nel Peloponneso, recuperò Salonicco e la Grecia e riportò molti prigionieri e bottino.
Witichindo sollevò una nuova ribellione in Sassonia, Carlo Magno intervenne personalmente, i Sassoni si sottomisero e Witichindo fuggì in Scandinavia.
Si tenne una dieta in Colonia alla quale parteciparono anche il re dei Normanni e il re degli Avari.
Muratori ricorda qui Paolo Diacono che fiorì in questi anni. Era longobardo, nato a Cividale del Friuli, era stato consigliere di Desiderio e dopo la caduta di questi era passato in Francia. In seguito si ritirò a Benevento, alcuni dissero perché caduto in disgrazia presso Carlo Magno ma la notizia non è affidabile, visse alla corte del duca Arichis e della moglie Adelberga, figlia di Desiderio, poi a Monte Cassino dove si fece monaco. Scrisse la Storia dei Longobardi e altre opere.


Anno 783
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino VI e Irene
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Re d'Italia: Pipino

Morì in quest'anno a ventisei anni Ildegarda moglie di Carlo Magno che venne santificata. Lasciò tre figlie e tre figli viventi: Carlo futuro re di Francia, Pipino re d'Italia, Ludovico re d'Aquitania. Il 12 luglio morì anche Berta madre i Carlo Magno. Presto Carlo si risposò con Fastrada.
Si verificò una nuova ribellione dei Sassoni subito repressa da Carlo.

Anno 784
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino VI e Irene
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Re d'Italia: Pipino

Con una lettera di quest'anno re Carlo chiese al papa tutti i mosaici del Palazzo di Ravenna, richiesta alla quale il papa rispose positivamente. Carlo Magno ordinò di cacciare da Ravenna e da tutta la Pentapoli i mercanti veneziani dei quali diffidava considerandoli legati ai Bizantini. Dal santo suo il popolo protestò perché il duca Garamanno, inviato da Carlo, aveva occupato molti poderi nella chiesa di Ravenna.
Carlo Magno intervenne in Sassonia dove era scoppiata una nuova ribellione e spedì il suo primogenito contro i popoli della Westfalia.

Anno 785
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino VI e Irene
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Re d'Italia: Pipino

L'imperatore Costantino e sua madre Irene invitarono il papa a un concilio generale sulla questione delle sacre immagini. Anche in quest'anno Carlo Magno intervenne in Sassonia contro i popoli ribelli. I Sassoni si diedero finalmente per vinti e i loro capi Witichindo e Abbione si fecero battezzare e giurarono fedeltà a Carlo.
I Saraceni, dopo un lungo assedio liberarono la città di Gerona e tutta la Catalogna fu unita al regno dei Franchi. A Carlo Magno che aveva segnalato al papa commerci di cristiani venduti come schiavi ai Saraceni, il papa rispose che tali commerci avvenivano nei territori dei Longobardi e non in quelli della Chiesa. In particolare in Toscana e in Liguria mercanti greci acquistavano schiavi cristiani che si vendevano per scampare alla carestia. Nel porto di Civitavecchia erano state bruciate navi greche e arrestati i Greci stessi.

Anno 786
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino VI e Irene
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Re d'Italia: Pipino

Si aprì a Costantinopoli un concilio generale convocato da Irene per decidere sulla questione delle sacre immagini, ma l'assemblea fu disturbata da militari iconoclasti che intervennero in armi minacciando chi era contrario ai decreti iconoclastici. Il concilio fu sospeso e l'imperatrice chiamò dall'Asia alcuni reggimenti per disarmare i soldati sedizioni, in questo modo fu possibile riprendere il concilio l'anno seguente.
In Bretagna ebbe inizio una rivolta contro Carlo Magno che era impegnato in Sassonia. Il re inviò un esercito comandato da un certo Audulfo che sedò la ribellione. Furono puniti gli autori di una congiura ordita in Germania contro la crudeltà della regina Fastrada.
Carlo Magno decise di scendere in Italia e, partito in autunno, trascorse il natale a Firenze.
Il duca di Benevento Arigiso mandò un esercito ad incendiare la città di Amalfi appartenente al Ducato di Napoli ma fu respinto dai Napoletani che uccisero molti Beneventani>.

Anno 787
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino VI e Irene
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Re d'Italia: Pipino

Fu convocato il settimo concilio generale a Nicea in Bitinia parteciparono i legati del papa Adriano I, Tarasio patriarca di Costantinopoli, i legati dei patriarchi di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme oltre a trecentocinquanta vescovi. Fu stabilito il culto delle immagini conforme alla dottrina cattolica e gli iconoclasti furono scomunicati.
Carlo Magno giunse a Roma dove fu accolto dal papa Adriano I. Arigiso duca di Benevento mandò ad incontrarlo il figlio Romoaldo con molti doni per dichiararsi pronto ad obbedire, tuttavia il re fu messo in guardia dal papa procedette fino a Capua per saccheggiare il Beneventano.
Arigiso concluse la pace con Napoli e mandò un altro figlio, Grimoaldo, a chiedere la pace offrendo sottomissione, denaro e ostaggi. Carlo, desiderando evitare una guerra lunga e difficile, concesse la pace. Arigiso conservò il titolo di duca ma fu subordinato al re d'Italia, fu imposto un tributo e Grimoaldo dovette seguire il re a Aquisgrana come ostaggio.
Durante il soggiorno romano Carlo trattò con il papa il recupero delle città di Terracina che era stata occupata dai Bizantini e i rapporti con il duca di Baviera Tassilone che da tempo era in trattative per la pace senza che si giungesse a una soluzione. Il papa mandò ambasciatori a Tassilone chiedendogli di sottomettersi formalmente a Carlo Magno ma ancora una volta i duca non tenne fede alle promesse e infine Carlo agì per ottenere con le armi quando non aveva potuto raggiungere in modo pacifico.
Guidò personalmente un esercito fino a Augusta mentre il figlio Pipino ne condusse un altro fino a Trento. A questo punto Tassilone si presentò a Carlo Magno per giurargli fedeltà e sottomissione e gli consegnò tredici ostaggi tra cui il proprio figlio Teodone.
A Venezia morì il doge Maurizio Galbaio e il potere rimase al figlio Giovanni Galbaio che era già associato al padre.
Tornando in patria da Roma, Carlo portò con se alcuni cantori che insegnassero in Francia il canto gregoriano, oltre a vari maestri per diffondere nel suo regno lo studio delle lettere.


Anno 788
Papa: Adriano I
Imperatore: Costantino VI e Irene
Re d'Italia: Pipino
Re dei Franchi e dei Longobardi: Carlo Magno
Adriano I fu informato di segrete intese fra il duca di Benevento Arichis e l'imperatore di Bisanzio, quest'ultimo aveva preparato un intervento in Italia che non aveva avuto luogo perché Arichis era morto. Da parte sua il papa informò Carlo Magno pregandolo di non liberare il nuovo duca Grimoaldo che si trovava in Francia come ostaggio.
Contrariamente alle raccomandazioni del papa, Carlo liberò Grimoaldo e lo lasciò tornare a Benevento per evitare che i Beneventani si consegnassero spontaneamente ai Bizantini.
Quando Carlo annullò il fidanzamento della figlia Rotrude con Costantino VI incrinò i rapporti con Bisanzio e Irene mandò una flotta comandata da Adelchi ad attaccare il ducato di Benevento. Grimoaldo con l'aiuto di Ildebrando duca di Spoleto e di rinforzi franchi affrontò i Bizantini e li sconfisse. Secondo alcuni Adelchi morì in questa battaglia.
Nello stesso periodo Tassilone si ribellò istigato dalla moglie Liutperga figlia di Desiderio. Fu processato e rinchiuso in monastero, tuttavia gli Avari secondo accordi presi con Tassilone attaccarono il Friuli e la Baviera ma furono sconfitti su entrambi i fronti.

Anno 1003
Papa: Giovanni XVII poi Giovanni XVIII
Re d'Italia: Arduino
L'11 maggio (circa) morì Silvestro II, probabilmente avvelenato. Furono diffuse molte dicerie sul suo conto, si disse che era un negromante e che per giungere al papato aveva stretto un patto con il diavolo. Probabilmente queste superstiziose credenze nacquero dall'essere Silvestro II un uomo di grande cultura, studioso di matematica e altri argomenti misteriosi per la gente ignorante del suo tempo.
Fu eletto papa Siccone che prese il nome di Giovanni XVII e visse soltanto sei mesi dopo la nomina. Sul finire dell'anno fu nominato Giovanni XVIII detto Fasano (Fagiano).
Morì Ottone III e Arduino marchese di Ivrea fu incoronato re d'Italia anche se molti nobili italiani erano favorevoli a Enrico II di Baviera.

Anno 1004
Papa: Giovanni XVIII
Re d'Italia: Arduino
Re di Germania: Enrico II
Dopo aver nominato il cognato Enrico duca di Baviera, Enrico II re di Germania scese in Italia con un potente esercito. Trovò il passo delle Chiuse dell'Adige troppo ben presidiato, deviò quindi la marcia e conquistò un altro passo nelle vicinanze del fiume Brenta, qui sostò per far riposare le truppe fino al 17 aprile, giorno di Pasqua.
Alla notizia dell'imminente arrivo del re di Germania i sostenitori di Arduino lo abbandonarono ed egli si trovò privo di un esercito; senza combattere Enrico II entrò in Verona poi in Brescia lietamente accolto dalla popolazione e da importanti nobili italiani come Bonifacio marchese di Toscana e Federico arcivescovo di Ravenna.
A Bergamo Enrico ricevette il giuramento di fedeltà di Arnolfo arcivescovo di Milano e a Pavia fu incoronato re d'Italia. Il giorno dell'incoronazione fu un giorno di festa a Pavia ma verso sera gli animi si riscaldarono per effetto del vino e scoppiò una rissa tra Pavesi e Tedeschi che durò tutta la notte. Al mattino la città aveva subito i gravissimi danni di un incendio che, fra l'altro, aveva distrutto il palazzo reale.
Enrico si ritirò fuori città nel Monastero di San Pietro in Ciel d'Oro, dopo un breve soggiorno in Italia nel corso del quale distribuì diplomi e privilegi ai suoi sostenitori, tornò in Germania per affrontare Boleslao usurpatore della Boemia.

Anno 1005
Papa: Giovanni XVIII
Re d'Italia: Arduino
Re di Germania: Enrico II
I Pisani assediarono Reggio Calabria che era occupata dai Saraceni e se ne impadronirono ma il re saraceno Musetto (Mujahid ibn 'Abd Allah al-'Amiri) ne approfittò per attaccare nottetempo Pisa con una grossa armata. I Saraceni bruciarono e saccheggiarono una parte della città ma il resto fu salvato da una donna di nome Chinsica (Kinzica de'Sismondi) che si accorse per prima dell'attacco e fece suonare le campane mettendo in fuga gli invasori. A quella donna fu dedicata una statua e il quartiere danneggiato ebbe il suo nome.
Carestia e epidemie fecero molte vittime fra cui Giovanni figlio e collega di Pietro Orseolo II doge di Venezia e sua moglie Maria sorella di Romano III imperatore di Bisanzio.
Enrico II sconfisse Boleslao.

Anno 1006
Papa: Giovanni XVIII
Re d'Italia: Arduino
Re di Germania: Enrico II
In Germania Enrico II intervenne con scarsi risultati contro Baldovino conte di Fiandra che aveva occupato la città di Valencienes nella Marca di Lorena. Lo stesso re iniziò le trattative per istituire il vescovato di Bamberga, l'operazione incontrò resistenza da parte del vescovo di Virtzburg (Würzburg) che avrebbe perso parte della sua diocesi e andò in porto soltanto nell'anno seguente.

Anno 1007
Papa: Giovanni XVIII
Re d'Italia: Arduino
Re di Germania: Enrico II
Possibile, ma non certo, anno della morte del marchese Tedaldo, antenato di Matilde di Canossa.
Istituzione del vescovato di Bamberga con atto di Enrico II e bolla di Giovanni XVIII.
Enrico con il suo esercito passò la Schelda contro Baldovino conte di Fiandra che si arrese senza combattere. Ripresero anche le ostilità con Boleslao di Polonia.
Nascita di Pietro di Damiano in Ravenna.
Morte di Landolfo IV principe di Capua (24 luglio) e successione di Pandolfo II.

Anno 1008
Papa: Giovanni XVIII
Re d'Italia: Arduino
Re di Germania: Enrico II
Adalberone fratello di Cunegonda regina di Germania fu eletto arcivescovo di Treviri ma suo cognato il re Enrico II, che aveva scelto un'altra persona, si oppose e combattè contro lo stesso Adalberone e i suoi fratelli Teodorico vescovo di Metz e Enrico duca di Baviera e dopo averli sconfitti assegnò la carica a Megingaud di Magonza e tolse il ducato a Enrico di Baviera. Arduino, che dalla discesa di Enrico in Italia si era ritirato in Piemonte, probabilmente in quest'anno si portò a Pavia dove i Tedeschi avevano lasciato un pessimo ricordo e recuperò la sua autorità regale.

Anno 1009
Papa: Sergio IV
Re d'Italia: Arduino
Re di Germania: Enrico II
Muore in quest'anno il papa Giovanni XVIII. Viene eletto Pietro detto Bocca di Porco (Muratori tende a confermare il soprannome che con il tempo divenne cognome) che prende il nome di Sergio IV.
A Venezia muore il doge Pietro Orseolo II, vincitore sui Saraceni, e gli succede il figlio Ottone Orseolo già associato in precedenza al dogato.
Il principe di Capua Pandolfo II associa al principato lo zio paterno Pandolfo II principe di Benevento, probabilmente perché non avendo prole intende garantire la continuità del dominio alla famiglia.
Secondo il cronista Lupo Protospata nel mese di maggio inizia in Puglia una rivolta contro Bisanzio. Arduino regna a Pavia, mentre altre città lombarde sono fedeli a Enrico II.

Anno 1010
Papa: Sergio IV
Re d'Italia: Arduino
Re di Germania: Enrico II
Secondo Giovanni Villani in quest'anno i Fiorentini sottomettono Fiesole, ma Muratori dubita dell'attendibilità della notizia.
In questo periodo San Romualdo opera in Toscana e nel ducato di Spoleto fondando monasteri ed ampliando l'ordine dei Camaldolesi.
Inizia in Puglia la rivolta di Melo di Bari.
In Terra Santa i Saraceni demoliscono la Basilica del Santo Sepolcro.

Anno 1011
Papa: Sergio IV
Re d'Italia: Arduino
Re di Germania: Enrico II
Con qualche incertezza, Muratori colloca in questo anno le vicende salienti della rivolta di Melo di Bari il quale, temendo di essere tradito da una parte della cittadinanza, fugge ad Ascoli, quindi a Benevento, Salerno e Capua e cerca l'aiuto dei Normanni per liberare la sua città dai Bizantini.
Guerra di Enrico II con Boleslao duca di Polonia.

Anno 1012
Papa: Benedetto VIII
Re d'Italia: Arduino
Re di Germania: Enrico II
Muore Corrado duca di Carinzia e marchese di Verona, figlio di Ottone e fratello di Brunone (papa Gregorio V). Lascia un figlio minorenne di nome Corrado, ma Enrico II assegna il ducato ad Adalberone.
Muore il papa Sergio IV e gli succede Benedetto VIII (Teofilatto dei conti del Tuscolo). Questa elezione viene osteggiata dal rivale Gregorio e Benedetto VIII deve fuggire in Germania presso Enrico II.

Anno 1013
Papa: Benedetto VIII
Re d'Italia: Arduino
Re di Germania: Enrico II
Le tensioni fra Milano, fedele a Enrico II e Pavia governata da Arduino, coinvolgono progressivamente tutte le città lombarde. Comincia a formarsi in Lombardia lo spirito di ribellione e di libertà che porterà alla nascita dei Comuni.
Conclusa la pace con Boleslao duca di Polonia, Enrico II decide di scendere per la seconda volta in Italia. Muovendosi al termine dell'autunno con la moglie Cunegonda ed un grosso esercito giunge a Roma in tempo per festeggiare il Natale con Benedetto VIII che nel frattempo è ritornato nella sua sede. Durante il viaggio entra a Pavia senza incontrare opposizioni.

Anno 1014
Papa: Benedetto VIII
Re d'Italia: Arduino
Re di Germania: Enrico II
Da Pavia Enrico II passa a Ravenna dove fa eleggere arcivescovo il proprio fratello Arnaldo.
A Roma in febbraio Benedetto VIII consegna la corona imperiale a Enrico II e a Cunegonda e riceve dal nuovo imperatore la conferma dei possedimenti temporali della Chiesa.
Poco dopo l'incoronazione si verificano gravi scontri fra la popolazione romana ed i soldati di Enrico II.
Tornato Enrico in Germania, Arduino riprende le ostilità occupando Vercelli e Novara con l'aiuto dei progenitori della casa d'Este.
Con l'occasione Muratori fornisce una nota genealogica: Ugo e Alberto Azzo I erano figli di Oberto II, Alberto Azzo II era figlio di Alberto Azzo I.
Fanno la loro comparsa nei documenti di quest'anno Bertoldo e Umberto, progenitori dei Savoia.

Anno 1015
Papa: Benedetto VIII
Re d'Italia: Arduino
Imperatore: Enrico II
Gravemente malato Arduino depone il potere e si ritira in un monastero dove muore poco dopo.
Muratori parla di documenti relativi ad una lite per possedimenti nel Ferrarese dai quali si ricava che il marchese Bonifacio, padre della celebre Matilde di Canossa, era in quest'epoca signore di Ferrara e Giovanni Crescenzi prefetto di Roma.

Anno 1016
Papa: Benedetto VIII
Re d'Italia: Arduino
Imperatore: Enrico II
Enrico II conferisce l'episcopato di Asti a Olderico fratello di Manfredi marchese di Susa (genero di Oberto II).
L'arcivescovo di Milano Arnolfo rifiuta di consacrare Olderico ma questi si reca a Roma ed ottiene l'investitura dal papa. Arnolfo lo scomunica, assedia Asti e la espugna. Portati a Milano, Olderico e Manfredi rendono atto di sottomissione e vengono perdonati.
I Saraceni occupano la città di Luni e vengono sconfitti e cacciati da un'armata radunata da Benedetto VIII.
Secondo Muratori avvenne in quest'anno il matrimonio fra il marchese Bonifacio e Richilde (lo proverebbe il documento di una donazione a loro da parte di Enrico II).
Enrico II convoca una dieta a Strasburgo e riceve l'atto di sottomissione di Rodolfo re di Borgogna.

Anno 1017
Papa: Benedetto VIII
Imperatore: Enrico II
Spedizione dei Pisani e dei Genovesi in Sardegna contro i Saraceni che vengono cacciati dall'isola. Ne conseguono ostilità fra Pisani e Genovesi per il possesso della Sardegna che si concludono a favore dei Pisani.
Nel mese di maggio Melo di Bari con alleati normanni combatte una prima battaglia contro i Bizantini, con esito favorevole. Melo vince anche un secondo scontro avvenuto il 22 luglio, ma la notizia è incerta perché le fonti sono discordanti.

Anno 1018
Papa: Benedetto VIII
Imperatore: Enrico II
Muore in quest'anno (o nel successivo) Arnaldo arcivescovo di Ravenna.
Muore l'arcivescovo di Milano Arnolfo II, gli succede Ariberto di Intimiano.
I Bizantini inviano in Italia contro Melo di Bari Basilio detto Bugiono che fa ricostruire in Puglia l'antica città di Eclano dandole il nome di Troia ed erige alcuni forti nella Capitanata.

Anno 1019
Papa: Benedetto VIII
Imperatore: Enrico II
Agli inizi di ottobre i Bizantini comandati da Basilio Bugiono sconfiggono definitivamente l'armata di Melo di Bari ed i suoi alleati normanni. Melo rifugia in Germania presso l'imperatore Enrico II.

Anno 1020
Papa: Benedetto VIII
Imperatore: Enrico II
Benedetto VIII visita Bamberga accolto da Enrico II. Il pontefice è preoccupato per l'espansionismo dei Bizantini che, dopo la disfatta di Melo di Bari, hanno esteso il loro dominio fino ad Ascoli, quindi è probabile che la visita abbia lo scopo di ottenere aiuti militari dall'imperatore.
Muore Melo di Bari esule in Germania.

Anno 1021
Papa: Benedetto VIII
Imperatore: Enrico II
Corrompendo Pandolfo II principe di Capua, i Bizantini catturano e giustiziano Datto parente di Melo di Bari che il papa aveva posto sotto la protezione di quel principe.
Pisani e Genovesi continuano a contendere la Sardegna ai Saraceni. Presa l'isola i Pisani la dividono in quattro giudicati: Cagliari, Gallura, Arborea e Torri, ma qui Muratori dubita delle sue fonti e ritiene i giudicati istituiti in precedenza.
Sollecitato dal papa, Enrico II scende di nuovo in Italia ed all'inizio di dicembre è documentata la sua presenza a Verona e Mantova.

Anno 1022
Papa: Benedetto VIII
Imperatore: Enrico II
Nel mese di gennaio l'imperatore marcia verso la Puglia ed invia due eserciti contro i Bizantini in direzione di Camerino e di Capua.
Atenolfo abate di Montecassino tenta la fuga, si imbarca ad Otranto alla volta di Costantinopoli ma perisce in un naufragio.
Pandolfo IV principe di Capua viene catturato e tradotto in Germania, Enrico II assedia i Bizantini a Troia, dopo aver ricevuto l'atto di sottomissione di Landolfo principe di Benevento.
Dopo tre mesi di duro assedio gli abitanti di Troia, come racconta anche Rodolfo Glabro (III,4), inviano un eremita con un seguito di bambini a chiedere pietà. L'imperatore si commuove e toglie l'assedio.
Enrico II insedia Pandolfo conte di Tiano al potere nel principato di Capua.
Durante il viaggio di ritorno in Germania l'imperatore visita Montecassino, viene guarito dai monaci da certi dolori che lo tormentavano e li ricompensa con ricchi regali.
Transitando per la Toscana Enrico II torna rapidamente in patria con l'esercito decimato da una pestilenza scoppiata durante l'assedio di Troia.

Anno 1023
Papa: Benedetto VIII
Imperatore: Enrico II
Scontro armato fra Bonifacio di Canossa ed i suoi avversari nei pressi di Reggio, viene soccorso dal fratello Corrado il quale rimane ferito.
Il doge di Venezia Ottone Orseolo viene esiliato a Grado presso il patriarca Orso suo fratello. Poppone patriarca di Aquileia, già in polemica con Orso, attacca e conquista Grado piazzandovi un presidio militare, ma i Veneziani richiamano il doge in città e riconquistano Grado.

Anno 1024
Papa: Giovanni XIX
Re di Germania: Corrado II
Muore Benedetto VIII e gli succede Giovanni XIX.
Rodolfo Glabro ed altri storici affermano che Giovanni acquistò la nomina per denaro con il sostegno della famiglia del Tuscolo.
Il 13 luglio muore anche Enrico II, santificato, lo si festeggia il 14 luglio, giorno probabile della sua sepoltura. Anche la sua consorte Cunegonda sarà santificata. Secondo le leggende rimase vergine anche dopo ul matrimonio ed una volta, accusata di adulterio, avrebbe dimostrato la propria innocenza camminando su dei ferri arroventati.
La morte di Enrico, che non lascia eredi, provoca contese per la successione. I principali pretendenti al trono sono Corrado detto Maggiore, figlio di Enrico duca di Franconia e suo cugino Corrado detto Minore, figlio di Corrado duca di Carinzia e marchese di Verona. Le loro pretese si basano sulla discendenza da Ottone I.
Viene eletto Corrado Maggiore, detto il Salico, che è incoronato l'8 settembre in Magonza.
Alla notizia della morte di Enrico II scoppia una sommossa a Pavia, gli insorti distruggono il palazzo reale.

Anno 1025
Papa: Giovanni XIX
Re di Germania: Corrado II
Alcuni nobili italiani, in odio ai regnanti tedeschi, si uniscono alla rivolta di Pavia. Fra di loro Maginfredo marchese di Susa, Alrico vescovo di Asti, Ugo e Alberto Azzo I antenati della casa d'Este.
Costoro si rivolgono a Roberto re di Francia promettendogli la corona di Italia ma Roberto declina per evitare una guerra con la Germania.
Si rivolgono quindi a Guglielmo IV duca d'Aquitania e a suo figlio Guglielmo V i quali prendono in seria considerazione la proposta ma rifiutano dopo aver constatato la mancanza di concordia e di organizzazione dei nobili italiani.
In questa situazione i nobili ribelli rinunciano ed uno di loro, Eriberto vescovo i Milano, offre la corona d'Italia a Corrado. Questi intanto intima tramite ambasciatori agli abitanti di Pavia di ricostruire il palazzo demolito.
Pandolfo IV principe di Capua prigioniero in Germania viene liberato e si organizza per riprendere il potere.

Anno 1026
Papa: Giovanni XIX
Re di Germania: Corrado II
Corrado riesce a sedare le ostilità di una parte della nobiltà: Corrado duca di Franconia, Ernesto duca di Svevia ed il suo figliastro Guelfo, Federico duca di Lorena, scende quindi in Italia attirato dalla buona disposizione di alcuni principi e del papa.
Corrado viene incoronato re di Italia probabilmente da Eriberto vescovo di Milano.
Per rivalsa contro Pavia ne devasta le campagne ma non intraprende un assedio che prevede troppo lungo e difficile.
Passato a Ravenna, Corrado deve intervenire personalmente per mettere fine agli scontri fra la popolazione ed i suoi soldati.
A Costantinopoli diviene imperatore Costantino succedendo al fratello Basilio morto l'anno precedente. Costantino decide di conquistare la Sicilia togliendola ai Saraceni, ma l'impresa fallisce a causa di una pestilenza e della morte dello stesso Costantino.
A Venezia Ottone Orseolo rifiuta di investire Domenico Gradenico eletto vescovo, viene deposto ed esiliato a Costantinopoli. Viene deposto anche il fratello Orso patriarca di Grado.
E' eletto doge Pietro Centranigo il cui governo è turbato da varie sedizioni e dalle ostilità di Poppone patriarca di Aquileia, assistito dall'imperatore Corrado.
Radunati tutti i suoi alleati e sostenitori, Pandolfo IV reduce dalla prigionia in Germania assedia Capua per riprendere il potere. Con l'aiuto dei Bizantini riesce a recuperare il principato deponendo Pandolfo conte di Tieno che era stato insediato dall'imperatore Enrico.
Muore in quest'anno Bononio, abate nella diocesi di Vercelli, santificato per le sue virtù ed i suoi miracoli.

Anno 1027
Papa: Giovanni XIX
Re di Germania: Corrado II
Rivolta di Rinieri marchese di Toscana contro Corrado. Assediato a Lucca, Rinieri è costretto ad arrendersi, sembra che Rinieri venga deposto e che il marchesato passi a Bonifacio di Canossa in questa occasione ma mancano prove certe.
Corrado giunge a Roma per la Pasqua e viene accolto con grandi onori da Giovanni XIX che lo incorona imperatore, insieme alla moglie Gisela figlia di Ermanno duca di Alemagna, alla presenza di Rodolfo III re di Borgogna e di Canuto re di Inghilterra.
Anche a Roma si verificano scontri fra la popolazione ed i soldati di Corrado, ne consegue una strage in cui periscono molti romani.
Nasce una rissa anche fra i Milanesi e i Ravennati presenti a causa di una contesa fra i rispettivi vescovi su chi avesse diritto di sedere alla destra del nuovo imperatore.
Corrado prosegue verso sud e sottomette Benevento e Capua stabilendo in quelle città presidi di Normanni contro eventuali attacchi dei Bizantini, quindi riparte verso la Germania.
Durante l'assenza di Corrado i nobili a lui avversari si sono preparati a contrastarlo, ma al rientro dell'imperatore vengono rapidamente sconfitti e subiscono la prigionia o l'esilio.
Eriberto vescovo di Milano, sfruttando un privilegio ricevuto da Corrado, sceglie un nuovo vescovo per Lodi. I Lodigiani si ribellano ed Eriberto assedia la loro città. Eriberto ha la meglio ma con questa impresa innesca una catena di rivalità fra Lodigiani e Milanesi che provocherà tragedie negli anni successivi.
> Muore ultracentenario San Romualdo fondatore dell'ordine dei Camaldolesi.
Pandolfo IV ed il figlio Pandolfo V attaccano Sergio duca di Napoli che ha accolto il deposto Pandolfo di Tieno e conquistano Napoli. E' la prima volta che un ducato longobardo riesce ad impadronirsi di questa città.

Anno 1028
Papa: Giovanni XIX
Imperatore: Corrado II
Corrado conferisce al figlio Enrico, di soli undici anni, il ducato di Baviera e lo fa incoronare re di Germania.
Eriberto vescovo di Milano interviene contro gli eretici del castello di Monforte (Asti) facendoli arrestare e mandandone molti al rogo.

Anno 1029
Papa: Giovanni XIX
Re di Germania: Corrado II
Sergio duca di Napoli cacciato da Pandolfo IV riesce a riprendere la città, probabilmente con l'aiuto dei Bizantini e certamente con quello dei Normanni.
Nomina conte Rainulfo, capo dei Normanni, e gli concede un ottimo territorio fra Capua e Napoli dove i Normanni costruiscono la città di Aversa.
Documenti attestano l'acquisto, avvenuto in questo anno, di molti territori nelle zone di Pavia, Piacenza, Parma e Cremona da parte del marchese Ugo, antenato degli Estensi. Dello stesso personaggio si conoscono ricchi donativi a chiese e luoghi sacri fra cui l'abbazia di Pomposa.
Morendo Ugo senza figli, la sua eredità passa al fratello Alberto Azzo I, quindi al nipote Alberto Azzo II.

Anno 1030
Papa: Giovanni XIX
Imperatore: Corrado II
Inizia una guerra fra Corrado e Stefano I d'Ungheria. Le truppe imperiali penetrano in territorio ungherese ma Stefano chiede ed ottiene la pace trattando con il giovane Enrico re di Germania.
Pandolfo IV commette una serie di angherie ai danni dei monaci di Montecassino e cambia atteggiamento solo quando viene a conoscenza della decisione dei monaci di chiedere aiuto all'imperatore.
Un grande incendio devasta la città di Pisa.

Anno 1031
Papa: Giovanni XIX
Imperatore: Corrado II
I Veneziani depongono dal dogato ed esiliano Pietro Barbolano e reintegrano Ottone Orseolo.
Muore Guglielmo di Duon, fondatore del monastero di Fruttuaria in Piemonte e riformatore di regole monastiche.


Anno 1145
Papa: Eugenio III
Re di Germania e di Italia: Corrado III
Morì il papa Lucio II che aveva indotto i nobili romani ad abrogare il senato che avevano costituito contro il divieto di Innocenzo II, ma non tutte le fonti concordano su questa notizia.
Secondo lo storico Goffredo da Viterbo, infatti, quando Lucio II con le sue guardie salì al Campidoglio per cacciarne i senatori scoppiarono disordini ed il papa, colpito da un sasso, morì poco dopo per la ferita riportata.
Durante il suo breve pontificato Lucio II aveva restaurato ed arricchito la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme a Roma.
I cardinali si riunirono in conclave e il 27 febbraio elessero Bernardo Paganelli, cistercense, che prese il nome di Eugenio III; Lucio II era morto da soli due giorni.
A causa dei disordini ancora in corso, Eugenio III non fu consacrato a Roma ma nell' Abbazia di Farfa, si trasferì quindi a Viterbo dove si trattenne otto mesi.
Intanto Arnaldo da Brescia era rientrato a Roma ed aveva ripreso a predicare la restaurazione del senato e dell'ordine equestre e l'esclusione del pontefice dal potere temporale. I seguaci di Arnaldo destituirono il prefetto di Roma e conferirono il titolo di patrizio a Giordano Pierleoni, uno dei capi della rivolta.
Dopo aver inutilmente tentato la riconciliazione, Eugenio III scomunicò Giordano Pierleoni e con un intervento delle sue milizie riuscì a ristabilire l'ordine in città. Si giunse quindi ad un accorto che comportò l'abolizione del patriziato ed il ripristino del prefetto. Il papa riconobbe il comune di Roma ma come vassallo dell'autorità pontificia.
Ristabilitosi a Roma, Eugenio III celebrò il Natale e si dedicò a riconciliare Pisa e Lucca.

Anno 1146
Papa: Eugenio III
Re di Germania e di Italia: Corrado III
Il popolo romano continuava a mostrarsi turbolento e Eugenio III si ritirò in Castel Sant'Angelo sotto la protezione dei membri della famiglia Pierleoni a lui fedeli e nel mese di aprile si trasferì a Sutri, quindi a Viterbo, Siena, Pisa.
Il pontefice intervenne ancora nelle contese fra Pisa e Lucca, Piacenza, Brescia, Bologna Modena ed altre città.
I senatori romani scrissero a Corrado III professando la loro fedeltà, sollecitandolo a prendere la corona imperiale e denunciando le famiglie romane che gli erano contrarie, ma Corrado non considerò importante l'epistola e continuò a mantenere buoni rapporti con Eugenio III.
I Genovesi combatterono contro i Saraceni all'isola di Minorca, quindi assediarono la città di Almeria nel regno di Granata liberandola solo dietro pagamento di un riscatto.
Ruggero re di Sicilia attaccò Tripoli, città dei Saraceni in Africa, e conquistò l'isola di Gerba, quindi aprì le ostilità contro Manuele I Comneno imperatore di Bisanzio, inviando una potente flotta in Epiro e in Dalmazia. I Siciliani conquistarono Corfù e saccheggiarono Cefalonia, Corinto, Tebe, Atene ed altre città.
Ruggero fece catturare molti artigiani che producevano tessuti pregiati e li deportò in Sicilia per avviare nell'isola quella produzione.
Bernardo di Chiaravalle predicò una crociata contro gli Arabi che avevano conquistato Edessa ed indusse ad aderirvi Luigi VII re di Francia e Corrado III re di Germania.

Anno 1147
Papa: Eugenio III
Re di Germania e di Italia: Corrado III
Per promuovere la crociata Eugenio III incontrò Luigi VII a Digione. Luigi VII partì per la crociata portando con se Amedeo di Savoia e Guglielmo marchese del Monferrato, quest'ultimo marito di una sorella di Corrado III.
Corrado tenne una dieta in Francoforte per far dichiarare re il figlio Enrico, vi partecipò anche Enrico il Leone duca di Sassonia che fece istanza per riavere il ducato di Baviera che era stato tolto a suo padre, ma la questione fu rimandata al ritorno di Corrado III dalla Terra Santa.
Seguirono Corrado III nella crociata Enrico duca di Baviera, Ottone vescovo di Frisinga, Federico nipote di Corrado che in seguito divenne imperatore, il duca Guelfo zio paterno del duca di Sassonia.
Giunto a Costantinopoli con il suo grande esercito, Corrado fu accolto con grandi onori da Manuele Comneno, che era suo cognato il quale promise assistenza e rifornimenti ma in seguito non rispettò gli impegni.
In questo stesso anno si svolse in Spagna contro i Saraceni un'altra crociata condotta dai Francesi con il concorso di Pisani e Genovesi.
Ruggero di Sicilia continuò a combattere contro gli Arabi in Africa.
Bologna fu colpita da un gravissimo incendio come risulta dalle cronache cittadine.

Anno 1148
Papa: Eugenio III
Re di Germania e di Italia: Corrado III
Eugenio III tenne il Concilio di Reims che pubblicò molti canoni di disciplina ecclesiastica, quindi tornò in Italia.
Luigi VII e Corrado III, dopo aver subito molte perdite, tentarono senza successo di assediare prima Damasco poi Ascalona. Constatando che molti aiuti promessi da varie fonti in realtà non sarebbero arrivati, i due sovrani decisero di abbandonare la spedizione e tornare ai rispettivi paesi. Durante il viaggio di ritorno morì di malattia a Cipro Amedeo di Savoia conte di Moriana, gli successe il figlio Umberto III.
In Spagna Raimondo di Barcellona combatteva contro i Saraceni con l'aiuto di Genova.

Anno 1149
Papa: Eugenio III
Re di Germania e di Italia: Corrado III
Ruggero di Sicilia inviò soldati al papa per sedare disordini del popolo romano.
Corrado III per motivi di salute si tratteneva a Costantinopoli delegando temporaneamente il potere al nipote Federico. Probabilmente concertò un intervento in Italia con il cognato Manuele Comneno ma ne fu distolto dal duca Guelfo che, tornato in Germania, aveva ripreso la guerra contro la Baviera con l'aiuto finanziario di Ruggero re di Sicilia.
Manuele Comneno con un esercito appositamente assoldato e con la partecipazione del doge di Venezia Pietro Polano, assediò Corfù per liberarla dal presidio normanno lasciatovi da Ruggero II.
Luigi VII re di Francia, navigando verso il suo paese, fu catturato da una flotta bizantina i cui comandanti intendevano ricavare un riscatto, ma quelle navi si imbatterono in una spedizione normanna reduce da un'incursione a Bisanzio, il re francese fu liberato e condotto a Potenza dove si trovava Ruggero che gli tributò molti onori prima di farlo accompagnare a casa.
Manuele riuscì a liberare Corfù ed intese attaccare la Sicilia ma quando una tempesta affondò molte delle sue navi abbandonò l'impresa.
Bizantini e Veneziani si scontrarono più tardi con i Siciliani e riportarono una vittoria.
Morì il doge Pietro Polano e fu eletto Domenico Morosini.
Morì anche Ruggero duca di Puglia, appena trentenne, figlio di Ruggero re di Sicilia, lasciando due figli naturali: Tancredi e Guglielmo.

Anno 1150
Papa: Eugenio III
Re di Germania e di Italia: Corrado III
Eugenio III giudicò opportuno allontanarsi di nuovo da Roma dove continuavano a sussistere pericolose tensioni e si recò in Terra di Lavoro, dopo aver ricevuto la visita di Pietro abate di Cluny.
In questi anni San Bernardo compose la sua opera De Consideratione che dedicò al papa.
Ruggero di Sicilia si risposò con Sibilla sorella di Odone II duca di Borgogna ma la sposa morì nello stesso anno senza aver avuto figli.
I Piacentini si allearono con i Milanesi contro Cremona e recuperarono il castello di Tabiano perduto l'anno precedente, ma i Milanesi furono sconfitti dai Cremonesi a Castelnuovo e lasciarono il loro carroccio nelle mani del nemico.
Il doge Domenico Morosini organizzò una spedizione contro i pirati in Istria e contro Pola ed altre città ribelli riducendole all'obbedienza.
In ottobre Eugenio III ordinò a Ferentino molti vescovi ed arcivescovi.

Anno 1151
Papa: Eugenio III
Re di Germania e di Italia: Corrado III
Ruggero di Sicilia si sposò per la terza volta con Beatrice di Rethel, dalla quale ebbe una figlia che fu chiamata Costanza. Associò al trono il figlio Guglielmo il quale sposò Margherita figlia di Garçia re di Navarra.
Morì bambino Enrico figlio di Corrado III aprendo la via della successione a Federico figlio di un fratello di Corrado.
Cessò con una riconciliazione la guerra fra Corrado ed il duca Guelfo.
I Piacentini in guerra con Parma presero e distrussero Fornovo.
Modena e Parma stipularono un trattato di alleanza che rimase in vigore per molto tempo.

Anno 1152
Papa: Eugenio III
Re di Germania e di Italia: Federico I
Concluso un accordo con i nobili romani, Eugenio III rientrò a Roma.
Approfittando di conflitti locali, Ruggero di Sicilia intervenne in Africa e conquistò Ippona.
I Piacentini tolsero a Parma il castello di Medesana e lo distrussero.
Corrado III, che si preparava a scendere in Italia per attaccare il regno di Sicilia, morì improvvisamente a Bamberga il 15 febbraio, secondo Ottone di Frisinga avvelenato da emissari di Ruggero di Sicilia.
Corrado lasciò il regno a Federico, poi detto Barbarossa, figlio di suo fratello Federico il Guercio e di Giuditta figlia di Enrico il Nero.
Date le sue parentele l'elezione di Federico rappresentava una riconciliazione fra le due più potenti famiglie tedesche dalla quali avrebbero in seguito avuto origine le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini.
Federico fu incoronato il 9 marzo in Aquisgrana e subito dopo notificò la propria nomina al papa ed ai principi europei.
Compose la lite per il ducato di Baviera fra Enrico il Leone ed Enrico figlio di Leopoldo.
Roberto principe di Capua e Andrea conte di Rupecanina si rivolsero a Federico chiedendogli aiuto contro Ruggero re di Sicilia che li aveva privati dei loro stati, Federico li invitò a pazientare fino alla sua discesa in Italia per prendere la corona imperiale.
Fu concluso un accordo fra Eugenio III e Federico: il primo prometteva l'incoronazione al secondo il quale si impegnava a proteggere i beni temporali della Chiesa.

Anno 1153
Papa: Anastasio IV
Re di Germania e di Italia: Federico I
Eugenio III era riuscito a conquistare il consenso del popolo romano dopo tante controversie, aveva costruito un palazzo presso San Pietro ed uno a Segni, aveva recuperato Terracina, Sezze, Formia e la Rocca di Fumone.
Il pontefice morì a Tivoli il 7 luglio e fu sepolto nella Basilica Vaticana.
Due giorni dopo fu eletto Corrado vescovo di Sabina che prese il nome di Anastasio IV.
Nello stesso anno morì Bernardo di Chiaravalle. Bologna concluse una pace vantaggiosa con Faenza ed Imola dopo averle sconfitte.
Piacenza e Cremona sconfissero Parma a Casalecchio.
Albernardo Alamano e Maestro Omobono, cittadini di Lodi, trovandosi in Germania per affari, decisero di rivolgersi a Federico per chiedere giustizia dell'oppressione milanese sulla loro città. I due lodigiani agivano per propria iniziativa e tornati in patria furono severamente criticati per il loro operato dal consiglio cittadino timoroso delle rappresaglie milanesi.
Quando un ambasciatore di Federico si presentò a Milano per tutelare la causa di Lodi fu cacciato con ingiuria. Federico si ripromise di vendicare l'offesa alla prima occasione.
Con una sentenza Federico assegnò la Baviera a Enrico il Leone, nel 1156 avrebbe poi concesso al rivale Enrico figlio di Leopoldo la provincia d'Austria che in precedenza era parte della Baviera.
Al duca Guelfo, zio di Enrico il Leone, del ramo di Germania degli Estensi, furono assegnati la Marca di Toscana, il ducato di Spoleto, il principato di Sardegna ed i beni allodiali della contessa Matilde, ciò che fece raggiungere alla casa d'Este la sua massima potenza.

Anno 1154
Papa: Adriano IV
Re di Germania e di Italia: Federico I
Il 26 febbraio muore Ruggero I re di Sicilia, monarca poco amato dai sudditi e molto temuto da Greci e Saraceni.
Fu suo successore Guglielmo I che fu incoronato a Palermo il giorno di Pasqua. Guglielmo, poi detto "il Cattivo", si liberò subito dei ministri del padre licenziandoli, esiliandoli o mettendoli in prigione.
Il 2 dicembre morì papa Anastasio IV, il giorno successivo fu eletto l'inglese Niccolò vescovo di Albano, già missionario in Norvegia, che salì al soglio con il nome di Adriano IV. Il nuovo papa scomunicò Arnaldo da Brescia che già da tempo predicava a Roma la sua dottrina eretica e quando i seguaci di Arnaldo uccisero un cardinale Adriano IV colpì Roma con l'interdetto.
Guglielmo di Sicilia rese omaggio al nuovo pontefice ma questi era più orientato a cercare l'alleanza dell'imperatore Federico I.
L'11 agosto a Lardiraga sul fiume Olona i Milanesi combatterono contro gli abitanti di Pavia che avevano incitato l'imperatore contro di loro. La battaglia fu sanguinosa ma non portò alcun risultato. In ottobre Federico scese in Italia alla testa del suo esercito. era con lui Arrigo IV detto il Leone, duca di Sassonia e di Baviera. Federico sostò a Roncaglia nel Piacentino dove doveva incontrare tutti i suoi vassalli, qui trascorse alcuni giorni ascoltando le ragioni dei rappresentanti di Como, Lodi ed altre città che subivano il dominio di Milano. Guglielmo marchese di Monferrato intervenne per protestare contro Asti.
Gli ambasciatori di Genova vennero per rendere omaggio all'imperatore e regalargli animali esotici. Federico li accolse con molta cordialità perché aveva in animo di attaccare Guglielmo re di Sicilia e voleva far affidamento sulla flotta genovese.
Anche i Milanesi inviarono due consoli a confermare la loro fedeltà all'imperatore ma quando Federico li prese come guide per andare verso il Piemonte scelsero un itinerario desertico che creò molti disagi e scatenò l'ira del Barbarossa.
Più tardi, per dimostrare che non avevano voluto offendere il sovrano, i Milanesi demolirono la casa di Gherardo Negro, il responsabile dell'infelice scelta di quella strada.
Federico, irato per gli inconvenienti (oppure lieto di aver trovato un pretesto), aprì le ostilità contro i Milanesi con azioni di secondaria importanza bellica: saccheggiò Rosate per sfamare il suo esercito che lungo la strada non trovava ristoro, bruciò i ponti sul Ticino costruiti dai Milanesi, rifiutò il pagamento di un tributo ma ordinò di liberare Como e Lodi, distrusse altri centri appartenenti a Milano che incontrò durante il viaggio.
Federico si impadronì dei beni della contessa Matilde senza che il papa protestasse.
Intanto i Saraceni saccheggiarono il castello di Pozzuoli ma furono sterminati dalla flotta di Guglielmo di Sicilia.
Arrigo il Leone duca di Sassonia, che faceva parte del seguito dell'imperatore, compose in questa occasione una vecchia disputa fra gli Este italiani e quelli di Germania confermando i feudi dei marchesi Bonifacio, Folco II, Alberto e Obizzo.

Anno 1155
Papa: Adriano IV
Imperatore: Federico I
Per disaccordi su questioni a noi non note, Guglielmo di Sicilia entrò in contrasto con la Chiesa e ordinò l'assedio di Benevento al suo cancelliere Ascontino. Questi eseguì l'ordine ma poi tolse l'assedio per l'intervento di diversi baroni pugliesi in difesa di Benevento e penetrò nella campagna romana portando guasti fino a Todi e, tornando, a Aquino e Pontecorvo.
Adriano IV scomunicò Federico e accogliendo un'istanza del clero tolse l'interdetto a Roma, quindi si stabilì nel Palazzo Lateranense.
Federico fece abbattere le torri del Cairo e consegnò Asti a Guglielmo del Monferrato. Assediò Tortona su richiesta dei Pavesi. Tortona resistette a lungo ma infine si arrese per fame, Federico non infierì sugli abitanti ma permise loro di andarsene con quanto potevano trasportare, quindi saccheggiò la città e la diede alle fiamme.
Secondo Ottone di Frisinga, Federico fu incoronato il 17 aprile nella Chiesa di San Michele a Pavia. Altri storici affermano che l'incoronazione avvenne a Milano ma Muratori respinge questa notizia perché ritiene che l'ostilità tra Federico e i Milanesi non la renda credibile.
Federico passò quindi a Piacenza ma trovandola ben difesa ed avendo fretta di raggiungere Roma passò oltre senza attaccare. Sostò a Bologna, quindi passò in Toscana. Ordinò ai Pisani di armare una flotta per usarla contro Guglielmo re di Sicilia e proseguì la sua marcia.
Il papa mandò tre cardinali ad accogliere l'imperatore a S. Quirico per saggiare le sue intenzioni prima che entrasse in Roma. I tre ambasciatori, fra l'altro, chiesero a Federico di catturare Arnaldo da Brescia, la richiesta fu accolta e l'eretico venne impiccato e bruciato.
L'imperatore e il papa si incontrarono a Sutri ma poiché Federico non rese l'omaggio di reggere la staffa del pontefice Adriano IV rifiutò di scambiare il bacio della pace e ne nacque una disputa che durò l'intera giornata. Alla fine Federico prese atto del cerimoniale e, passati tutti a Nepi, resse la staffa risolvendo la questione.
Federico aveva rifiutato le richieste, anche economiche, avanzate dai Romani per l'incoronazione e quando il 18 giugno ricevette dal papa la corona imperiale il popolo deluso venne alla rissa con i suoi soldati. Il combattimento durò fino a tarda sera con molti caduti e molti prigionieri poi rilasciati su preghiera del papa. Trascorso qualche giorno a Tivoli con il pontefice, l'imperatore ripartì per la Lombardia. Strada facendo saccheggiò e incendiò Spoleto che gli aveva rifiutato viveri.
A Verona pubblicò la sentenza di revoca di tutte le regalie godute da Milano, fra cui la zecca che passò a Cremona, quindi rientrò in Germania.
Intanto in Puglia si verificavano ribellioni di nobili appoggiati dal papa contro Guglielmo di Sicilia. Roberto di Capua riuscì a recuperare il suo principato. Guglielmo di Bassavilla conte di Loritello, benché cugino di Guglielmo di Sicilia, conquistò Suessa, Tiano e Bari. Andrea conte di Rupe Canina si impadronì del contado di Alife. Questi nobili ricevettero aiuti dall'imperatore di Costantinopoli Manuele che inviò denaro e una flotta e conquistò rapidamente Brindisi.
Adriano IV mosse da Roma con un'armata per incontrare i baroni ribelli a San Germano e ricevere il loro giuramento di fedeltà.
I Milanesi organizzarono la ricostruzione di Tortona, durante i lavori furono più volte attaccati dai Pavesi ma alla fine li respinsero e proseguirono la ricostruzione.
In Ottobre alla dieta di Ratisbona Federico conferì il possesso della Baviera a Enrico il Leone Estense-Guelfo, duca di Sassonia.

Anno 1156
Papa: Adriano IV
Imperatore: Federico I
In primavera Federico sposò Beatrice figlia di Rinaldo conte di Borgogna.
Corse voce che i Bizantini avevano falsificato dei documenti per simulare la concessione della Campania e della Puglia fatta da Federico a loro favore e a danno del regno di Sicilia. Si diceva inoltre che Guglielmo di Sicilia fosse morto o impazzito. Federico, benché nemico di Guglielmo, respinse gli ambasciatori di Bisanzio e progettò di punire tanta slealtà ma poiché le voci non erano dimostrate accantonò l'idea e si concentrò su Milano.
In Sicilia e in Puglia Majone, potente funzionario del regno, aveva causato molti contrasti fra baroni quando Guglielmo se ne rese conto. Guglielmo avviò negoziati per ristabilire buoni rapporti con la Chiesa, il papa era propenso ad accettare ma era ostacolato dai cardinali.
Guglielmo assediò Brindisi e sconfisse una flotta greco-pugliese, espugnò Bari e concesse due giorni ai cittadini per andare via con quanto potevano portare. Vista la sorte di Brindisi e Bari le altre città ribelli si arresero a Guglielmo che proseguì fino a Benevento.
Roberto principe di Capua fuggì ma fu catturato da Riccardo dell'Aquila conte di Fondi e consegnato a Roberto che lo fece imprigionare e accecare a Palermo dove poco dopo morì.
Altri nobili furono risparmiati per intercessione del papa che intavolò trattative con Guglielmo. Si giunse a un trattato di pace con il quale il papa si impegnava a investire Guglielmo del regno di Sicilia, del ducato di Puglia, del principato di Capua, Napoli, Salerno e Melfi e della Marca (forse quella di Chieti). Da parte sua Guglielmo si impegnò a difendere la Chiesa, a giurare fedeltà al papa e a versare dei tributi.
Adriano IV tornò a Roma visitando Montecassino, Orvieto e Viterbo.
In Lombardia i Milanesi continuavano a combattere contro Pavia e i Bresciani fecero guerra ai Bergamaschi.
Morì Domenico Morosini doge di Venezia e fu eletto Vitale Michele II che concluse la pace con i Pisani.
I Genovesi fecero pace con Guglielmo re di Sicilia.

Anno 1157
Papa: Adriano IV
Imperatore: Federico I
Federico era adirato con il papa che aveva improvvisamente cambiato atteggiamento verso Guglielmo e aveva fatto pace con il regno di Sicilia senza consultarlo. Cominciò a manifestare il suo malcontento creando difficoltà al clero in Germania. Una lettera del papa presentata da legati pontifici a Federico in una pubblica udienza a Besançon suscitò un grave incidente perché il pontefice, volutamente o no, sembrava riferirsi all'impero come a un feudo della Chiesa concesso all'imperatore.

Anno 1189
Papa: Clemente III
Imperatore: Federico I
Re d'Italia: Enrico VI
Il 23 aprile ebbe inizio la spedizione verso Oriente dell'imperatore Federico che attraversò l'Ungheria, la Bulgaria e la Romania. L'imperatore Isacco Angelo inviò truppe per impedire il passaggio di Barbarossa ma il figlio di questi, Federico (Federico VI di Hohenstaufen) le sbaragliò e saccheggiò il territorio. Quando le ostilità ebbero termine, l'armata tedesca svernò in Grecia.
Riprese la guerra tra Filippo re di Francia e Enrico re di Inghilterra, ma si arrivò a stipulare la pace grazie alla mediazione del legato pontificio Giovanni da Anagni. I due sovrani ripresero quindi i preparativi per la crociata, Enrico morì e il suo primogenito Riccardo proseguì nel progetto.
Nel mese di agosto, Guido re di Gerusalemme, al comando di forze provenienti dall'Italia, assediò Acri ma il suo esercito, accerchiato dalla grande armata di Saladino, si trovò in grave pericolo finché sopraggiunsero navi provenienti dalla Frisia e dalla Danimarca a dar man forte agli Italiani. In Italia i cardinali legati Pietro e Siffredo riuscirono a concludere la pace tra Piacenza e Parma. Il 16 novembre morì Guglielmo II il Buono re di Sicilia senza lasciare figli. L'erede presuntiva era Costanza, zia del defunto e moglie di Enrico VI. Si opponevano i Siciliani che non intendevano essere governati da un principe tedesco.
Gualtieri arcivescovo di Palermo sosteneva Costanza e Enrico VI ma prevalse il cancelliere Matteo da Salerno che promosse la nomina di Tancredi conte di Lecce, rampollo maschio dei principi normanni.
Tancredi era figlio naturale di Ruggero duca di Puglia. Era stato prigioniero sotto Guglielmo I ma in buoni rapporti con Guglielmo II, suo cugino.
Muratori definisce Tancredi "Signore d'animo sublime e di molta prudenza" e loda la sua cultura.

Anno 1190
Papa: Clemente III
Imperatore e Re d'Italia: Enrico VI
In primavera l'esercito tedesco superò l'Ellesponto con navi fornite dall'imperatore di Bisanzio. Passati in Asia, i soldati di Federico soffrirono molto per la carenza di viveri e per l'ostilità della popolazione. Giunti ad Iconio, i crociati tentarono di acquistare vettovaglie ma, non riuscendovi, espugnarono la città facendo strage di Turchi. Federico proseguì in Armenia e giunse al fiume Salef nelle cui acque perse la vita il 10 giugno.
Il figlio Federico prese il comando dell'armata e la guidò fino a Antiochia subendo molte perdite durante la marcia e arrivando con pochi uomini all'assedio di Acri, dove morì a sua volta all'inizio dell'anno seguente.
Nel mese di agosto le flotte del re di Francia Filippo Augusto e del re di Inghilterra Riccardo si unirono nel porto di Genova e proseguirono insieme fino a Messina dove ricevettero splendida accoglienza da parte di Tancredi. Questi, incoronato a gennaio re di Sicilia, si era dovuto occupare dell'opposizione di città e nobili della Puglia che sostenevano Costanza, fra cui Ruggero Conte d'Andria, e aveva affidato il comando al cognato Riccardo conte di Acerra che riuscì a ridurre all'obbedienza quasi tutta la Puglia.
Intento Enrico VI re di Germania si armava per difendere i diritti della moglie Costanza. Un corpo di armata tedesco inviato da Enrico VI si unì al conte di Andria e riprese molti luoghi in Puglia ma, a causa di malattie e penuria di cibo, i tedeschi tornarono in patria abbandonando il conte di Andria che si rifugiò a Ascoli. Assediato dal conte di Acerra, il conte di Andria fu catturato a tradimento e decapitato.
In Sicilia Riccardo re d'Inghilterra pretese da Tancredi cento navi che Guglielmo II aveva promesso al padre di lui Enrico. Richiese anche la consegna di sua sorella Giovanna, vedova di Guglielmo, e la restituzione della relativa dote. Tardando Tancredi nel soddisfare le sue richieste, Riccardo passò alle maniere forti finché si giunse ad un accordo con la mediazione del re di Francia.
In quei giorni giunse a Messina, chiamato da Riccardo, l'abate Gioachino da Fiore.

Anno 1191
Papa: Celestino III
Imperatore e re d'Italia: Enrico VI
Nel mese di marzo morì Clemente III e fu eletto papa Giacinto cardinale di Santa Maria in Cosmedin che prese il nome di Celestino III. Il nuovo papa fu consacrato il 14 aprile, giorno di Pasqua, e il giorno successivi incoronò imperatore Enrico VI in San Pietro.
Dopo l'incoronazione Enrico cedette al papa la città di Tuscolo i cui cittadini, si dice, furono trucidati dai Romani. I superstiti costruirono nei dintorni capanne di frasche dalle quali prese il nome la cittadina di Frascati.
Fu concluso il fidanzamento tra Irene figlia di Isacco Angelo e Ruggero figlio di Tancredi. Dopo le nozze, Tancredi associò Ruggero al regno.
In primavera Enrico VI entrò in armi in Puglia e dopo aver occupato varie località passò ad assediare Napoli, difesa da Riccardo conte di Acerra, cognato di Tancredi. L'assedio si rivelò molto difficile, intanto Salerno si rendeva all'imperatore e i Pisani gli inviavano rinforzi. La flotta del re di Sicilia, comandata da Margaritone, assediò i Pisani a Castellamare. Enrico fece concessioni e promesse ai Genovesi per ottenere il loro aiuto, ma quando le navi genovesi giunsero a Napoli gli assedianti erano stati sterminati da un'epidemia e Enrico, gravemente malato, decise di ritirarsi dall'assedio.
Lasciata a Salerno l'imperatrice Costanza, Enrico tornò in Germania. L'ammiraglio siciliano cacciò Pisani e Genovesi mentre il conte di Acerra recuperava Capua e altre terre della Campania. I Salernitani, tradendo la fiducia dell'imperatore, decisero di riavvicinarsi a Tancredi e gli consegnarono Costanza.
Il papa Celestino convinse Tancredi a liberare l'illustre prigioniera la quale, da parte sua, evitò Roma e deviò per Spoleto.
In Terra Santa, Filippo re di Francia trovò gli assedianti di Acri in pessime condizioni ma con il suo aiuto l'assedio riprese con grande energia.
Riccardo d'Inghilterra conquistò e saccheggiò l'isola di Cipro, la vendette ai Cavalieri Templari, la riprese e la rivendette a Guido di Lusignano alla cui famiglia l'isola rimase per molto tempo.
Quando Riccardo raggiunse Filippo, nacquero discordie tra i due sovrani, ciò nonostante i Saraceni si arresero e lasciarono Acri nel mese di luglio.
Saladino si ritirò in fretta ma non volle restituire Gerusalemme, per rappresaglia Riccardo fece trucidare cinquemila prigionieri saraceni. Filippo re di Francia rientrò in patria, Riccardo rimase in Siria.
Morì Sibilla regina di Gerusalemme e moglie di Guido di Lusignano. Quest'ultimo non aveva più diritti per detenere il trono e Isabella, sorella di Sibilla, rimase unica erede. Isabella divorziò da Umfredo di Monreale e sposò Corrado marchese di Monferrato che ebbe così la possibilità di aspirare al trono.


Anno 1250
Papa: Innocenzo IV
Imperatore: Federico II
Spedizione di Luigi IX in Egitto. I Saraceni gli avrebbero ceduto Gerusalemme in cambio di Damietta ma i consiglieri del re si oppongono.
Luigi IX deve rinunciare all'assedio del Cairo per un'epidemia che ha colpito l'esercito. Tornando verso Damietta viene sconfitto e fatto prigioniero dai Saraceni.
Per liberare Luigi e i molti prigionieri è necessario restituire Damietta e pagare un riscatto in denaro.
Parma isolata dai filoimperiali e a corto di viveri viene soccorsa dai Milanesi, ma gli aiuto sono intercettati dai Piacentini.
A Piacenza prevale la fazione ghibellina, il legato papale ed i nobili guelfi lasciano la città.
Oberto Pallavicino, podestà ghibellino di Cremona, attacca Parma. I Parmigiani si difendono ma vengono sconfitti anche a causa del crollo di un ponte che costa loro molte vittime. Numerosi prigionieri parmigiani sono condotti in trionfo a Cremona.
I Milanesi sottraggono alcuni castelli al comune di Lodi.
Ansedisio de' Guidotti, podestà di Padova per volere dello zio Ezzelino da Romano, governa tirannicamente ed elimina con vari pretesti molti cittadini fra i quali il ricco Guglielmo da Campo San Piero.
Il 13 dicembre muore nel castello di Fiorentino in Capitanata l'imperatore Federico II. Nel suo testamento lascia il regno di Sicilia al figlio Corrado, rappresentato dal fratello Manfredi con funzione di governatore. A Manfredi lascia il Principato di Taranto.

Anno 1251
Papa: Innocenzo IV
Impero vacante
Subito dopo la morte di Federico II, il papa Innocenzo IV si accanisce contro Corrado cercando di suscitargli contro tutti i regnanti europei.
Molte città del sud (Foggia, Andria, Barletta, Napoli, ecc.) si ribellano.
Manfredi, a diciotto anni, regna per conto del fratello Corrado, riesce a sedare diverse ribellioni, si impadronisce di Avellino ed Aversa, assedia Napoli.
Innocenzo IV da Lione si sposta a Genova e da qui scomunica Corrado e molti suoi sostenitori.
Innocenzo IV entra a Milano il 7 luglio e vi rimane circa due mesi.
Milano e Cremona combattono per il possesso di Lodi, vincono i Milanesi che nominano podesta di Lodi per dieci anni Sozzo Vistarini.
Il papa continua il suo viaggio passando da Brescia e Bologna poi si stabilisce a Perugia diffidando della situazione politica a Roma.
Ezzelino da Romano devasta e saccheggia il Mantovano.
In ottobre Corrado scende in Italia. Entra in Verona accolto con entusiasmo da Ezzelino. Tiene un convegno a Goito con i rappresentanti di Crema, Pavia, Piacenza ed altre città ghibelline.
Rinaldo figlio di Azzo VII marchese d'Este muore in Puglia (forse avvelenato) dove si trova in ostaggio presso Federico II. Lascia un figlio di nome Obizzo che viene portato a Ferrara e nominato erede dal nonno.
A Firenze già nel mese di gennaio rientrano i fuoriusciti guelfi e si conclude la pace.
Alessandrini e Milanesi sconfiggono Tortona.

Anno 1252
Papa: Innocenzo IV
Impero vacante
Corrado giunge in Puglia e manda ambasciatori al papa per chiedergli di revocare la scomunica e di confermare la sua successione al trono.
Il papa rifiuta e Corrado reagisce attaccando in forze chi nel dominio imperiale era passato alla Chiesa. Attacca i conti d'Aquino e prende loro Arpino, Sezze, Aquino, Sora e altri possedimenti. Prende anche Capua che non oppone resistenza e inizia un lungo assedio a Napoli.
Si deteriorano i rapporti fra Corrado e Manfredi.
Discordie a Milano fra popolo e nobiltà. Viene ucciso frate Pietro da Verona, predicatore in visita alla città. Ne seguono disordini e viene imprigionato il podestà Pietro Avvocato da Como, accusato di aver lasciato sfuggire il sicario del frate.
A guidare la rivolta milanese è Martino Della Torre, capo dei nobili è Paolo da Soresina.
Ezzelino da Romano incrudelisce contro i cittadini di Verona e Padova.
A Roma viene eletto senatore Brancaleone d'Andalò, ghibellino che pretende di essere nominato per tre anni ed istituisce una durissima repressione di ogni sedizione.

Anno 1253
Papa: Innocenzo IV
Impero vacante
Re Corrado continua l'assedio di Napoli che a settembre si arrende per fame.
Innocenzo IV offre la corona di Sicilia a Riccardo Conte di Cornovaglia fratello del re d'Inghilterra Enrico III. Allo stesso regno si candida Carlo d'Angiò.
Il papa è sollecitato dai Romani ma temporaggia trascorrendo l'estate in Umbria. Arriva a Roma il 6 ottobre.
Vengono siglati accordi di pace fra varie città lombarde, una nuova guerra scoppia fra Milano e Pavia.
Innocenzo scomunica Ezzelino da Romano e lo dichiara eretico.

Anno 1254
Papa: Alessandro IV
Impero vacante
Muore Enrico figlio quindicenne di Federico II e di Isabella di Inghilterra. Corre la voce che sia stato fatto avvelenare dal fratello Corrado del quale era ospite a Melfi.
Nonostante i tentativi diplomatici di Corrado di trovare una via di conciliazione con la Chiesa, il papa conferma la scomunica.
Corrado muore il 21 maggio, sulla via del ritorno in Germania. Anche in questo caso qualcuno parla di veneficio attribuendone la responsabilità a Manfredi, ma lasciando Corrado un erede diretto nel figlio Corradino ancora una volta i sospetti risultano infondati.
Per disposizione testamentaria di Corrado vengono inviati ambasciatori a Innocenzo IV a chiedere il regno di Sicilia per Corradino, ma il papa è inamovibile nell'affermare che il regno appartiene alla Chiesa e cassa il testamento di Corrado.

Anno 1312
Papa: Clemente V
Imperatore: Enrica VII
Enrico VII, constatato di non poter ricevere aiuti economici a Genova, decise di passare a Pisa, a questo fine Genovesi e Pisani allestirono trenta galee in quanto la lega di Toscana non avrebbe lasciato passare l'imperatore via terra.
Enrico VII e la sua gente si imbarcarono il 16 febbraio, sostarono a lungo a Porto Venere a causa del mare cattivo e giunsero a Pisa il 6 marzo. I Pisani accolsero in festa l'imperatore e molti fuoriusciti ghibellini di Toscana e Romagna accorsero a Pisa.
Re Roberto propose a Enrico un trattato di concordia ma pose condizioni troppo esose, quindi mandò il fratello Giovanni con molti cavalieri a Roma per occupare la Basilica Vaticana con il pretesto di assistere all'incoronazione imperiale. Questo Giovanni reclutò altra gente e ricevette rinforzi da Firenze, quindi prese a combattere contro i ghibellini romani alleandosi con le famiglie guelfe della città.
Enrico VII si mise in marcia verso Roma il 23 aprile e giunto a Viterbo sostò più giorni perché i soldati del re Roberto avevano occupato Ponte Milvio.
Nel frattempo i ghibellini di Orvieto tentarono di cacciare i guelfi ma vennero sopraffatti.
Enrico giunse a Roma il 7 maggio e subito iniziò a scontrarsi con le milizie di Roberto con alterne fortune. Non riuscendo a liberare il Vaticano dagli avversari, il 29 giugno si fece incoronare imperatore nella Basilica Lateranense. Nello stesso giorno una figlia di Enrico VII sposò Pietro figlio di Federico re di Sicilia. Il 20 luglio l'imperatore si ritirò a Tivoli, quindi accogliendo le istanze dei fuoriusciti toscani si diresse verso Firenze. Durante il tragitto arrecò danni nel Perugino, quindi giunse a Arezzo dove fu bene accolto. Il 19 settembre si accampò intorno alla città di Firenze, dopo aver battuto le milizie fiorentine all'Incisa, e cominciò a saccheggiare il contado per poi ritirarsi a San Casciano dove trascorse il natale.
I Padovani che avevano perso Vicenza conquistata dagli Scaligeri, si ribellarono all'imperatore e saccheggiarono vari luoghi del Vicentino. Da parte sua Cangrande della Scala entrò nel Padovano depredando ed incendiando i centri del territorio. Cangrande chiese aiuto al conte Guarnieri di Oemburg vicario generale di Enrico VII, mentre i Padovani ricevevano rinforzi da Francesco marchese d'Este e da Treviso.
Rizzardo da Camino, signore di Treviso, Feltre e Belluno, fu ucciso da un contadino che venne subito giustiziato dalle guardie senza che si sapesse chi fosse e da chi fosse mandato. A Rizzardo successe Guecelo (Guecellone da Camino), suo fratello.
Fu ucciso anche Francesco d'Este mentre rientrava dalla caccia a Ferrara per ordine di Dalmasio, governatore della città per conto del re Roberto.
Il guelfo Guglielmo Cavalcabò fece ribellare Cremona mettendo in fuga il vicario imperiale Galeazzo Visconti, quindi si alleò con Passerino della Torre ed occupò il castello di Soncino. Contro di lui intervenne il conte Guarnieri, vicario imperiale di Brescia, con rinforzi milanesi avuti da Matteo Visconti che riprese rapidamente Soncino e uccise Cavalcabò.
A Cremona morì anche Guido della Torre, già signore di Milano.
A Lodi i guelfi Vistarini con l'aiuto di Gilberto da Correggio cacciarono il vicario imperiale e presero il potere in città.
In Pavia i guelfi comandati da Filippone di Savoia cacciarono i Ghibellini forse con il consenso di Filippo di Savoia, vicario di Vercelli e Novara di dubbia fede ghibellina.
Galeazzo figlio di Matteo Visconti entrò in Lomellina a danno dei Pavesi rovinando i raccolti, saccheggiando castelli e prendendo Mortara e Garlasco. A Vercelli scoppiarono disordini tra due fazioni, Filippo di Savoia e il conte Guarnieri intervennero contemporaneamente e si batterono tra loro finendo entrambi feriti.
In febbraio a Piacenza i guelfi cacciarono i ghibellini e il vicario imperiale, ma nel mese di marzo i ghibellini rientrarono e Lodrisio Visconti fu nominato vicario imperiale. In settembre Alberto Scotto cacciò i ghibellini e si fece proclamare signore della città.
A Modena era vicario imperiale Francesco Pico della Mirandola. Le famiglie guelfe avevano accordi segreti con Bologna ma quando furono scoperte si ritirarono nei loro castelli e attaccarono Modena con l'aiuto di Sassuolo e di milizie bolognesi. Francesco della Mirandola fu sconfitto e molti illustri cittadini furono uccisi o fatti prigionieri. I Modenesi cercarono aiuto presso Cangrande della Scala, Passerino Bonaccorsi signore di Mantova e Matteo Visconti signore di Milano. I Bolognesi iniziarono l'assedio di Modena ma furono respinti da Passerino e da Cangrande. Passerino approfittò della situazione per farsi proclamare signore di Modena e per anni governò la città.
Guecelo da Camino fu cacciato da Treviso e si ritirò in un suo castello. I fuoriusciti di Asti il 4 aprile rientrarono in città con la forza e giurarono fedeltà al re Roberto.
Ugo del Balzo entrò per forza in Casale Monferrato, bandì i Ghibellini e fece riconoscere la signoria del re Roberto.
Morì Marino Zorzi doge di Venezia e il 13 giugno o 13 luglio fu eletto Giovanni Soranzo.
Si concluse il concilio generale di Vienna in cui fu abolito l'ordine dei Templari e fu riabilitata la memoria di Bonifacio VIII.
Enrico VII partì da Brescia prendendo con se settanta cittadini come ostaggi e li portò fino a Genova, qui gli ostaggi fuggirono e tornarono in patria provocando scontri tra guelfi e ghibellini, questi ultimi furono cacciati e Brescia si ribellò all'imperatore. Più tardi le fazioni si accordarono con la mediazione del vescovo Federico e fu conclusa la pace.

Anno 1372
Papa: Gregorio XI
Imperatore: Carlo IV
Morì Giovanni marchese di Monferrato lasciando erede del Monferrato il primogenito Secondotto e della città di Asti gli altri figli Giovanni, Teodoro e Guglielmo oltre al suo parente e consigliere Ottone duca di Brunswich, quest'ultimo tutore dei figli minori insieme a Amedeo conte di Savoia.
Galeazzo Visconti assediò Asti, Ottone di Brunswich tentò di trattare senza successo e chiese l'aiuto di Amedeo di Savoia. Amedeo esitò perché era cognato di Galeazzo ma vedendo che quest'ultimo si era alleato con Federico marchese di Saluzzo, temendo che diventasse troppo potente, si alleò con il Monferrato. Amedeo di Savoia ottenne anche l'appoggio del papa mentre Niccolò d'Este, Francesco da Carrara e i Fiorentini erano già collegati tra loro contro Bernabò Visconti.
Dopo lungo assedio di Asti, Galeazzo fu sconfitto e costretto a ritirarsi.
Ambrosio figlio di Bernabò con Manfredino signore di Sassuolo attaccò Modena. Gli mossero contro il marchese Giovanni, il legato pontificio, le forze del Carrarese e di Fiorentini. Il 2 giugno le armate si scontrarono e dopo quattro ore di battaglia i collegati furono sconfitti. Francesco e Guglielmo da Fogliano, nobili di Reggio, furono catturati insieme a Giovanni Rod tedesco comandante dei Fiorentini. Bernabò fece impiccare Francesco da Fogliano.
Dopo non molto tempo giunsero in soccorso di Modena nuove truppe inviate dalla Chiesa e da Giovanna regina di Napoli. Per aiutare il fratello Galeazzo, Bernabò spedì ad Asti il suo esercito comandato da Ambrosio.
La compagnia degli Inglesi di Giovanni Acuto, scaduta la ferma per Bernabò, passò al servizio del papa e degli alleati, quindi si portò nel Piacentino per svernare. Fu stabilita una tregua ma Ambrosio Visconti, forse all'insaputa del padre, devastò il Bolognese recando gravissimi danni.
Il 3 settembre morì in Pavia Isabella moglie di Galeazzo Visconti conte di Virtù e figlia di Giovanni re di Francia.
Francesco da Carrara aveva inviato dei sicari a Venezia per eliminare alcuni nobili suoi avversari, il fatto venne scoperto e provocò la guerra di Venezia contro il signore di Padova.
Fu raggiunto un accordo tra Giovanna regina di Napoli e Federico d'Aragona re di Sicilia. Federico si riconobbe feudatario di Giovanna e si impegnò a pagare un pesante tributo.
Il 17 luglio morì Malatesta Unghero signore di Rimini, il dominio dei suoi stati andò allo zio Galeotto e al fratello Pandolfo.
Si verificarono incidenti a Cipro tra Veneziani e Genovesi. Alcuni Genovesi furono uccisi e quando la notizia giunse a Genova, il doge Domenico Fregosi armò una flotta e l'affidò al fratello Pietro con l'ordine di vendicare i caduti di Cipro.

Anno 1378
Papa: Urbano VI
Imperatore: Venceslao
Gregorio XI tentò un accordo con Firenze con la mediazione del re di Francia. Si tenne un congresso a Sarzana al quale parteciparono ambasciatori della regina Giovanna, di Firenze e Venezia, nonchè Bernabò Visconti in persona. Il papa era rappresentato dal cardinale Giovanni della Grangia.
Durante il congresso morì Gregorio XI (27 marzo 1378) e venne sepolto nella chiesa di Santa Maria Nuova. Il congresso venne sospeso il 7 aprile e i cardinali si riunirono in conclave a Roma: quattro italiani e dodici francesi.
I Francesi tentarono di eleggere un loro connazionale ma il popolo di Roma minacciò la ribellione ed anche i magistrati della città pregarono gli elettori di scegliere un italiano.
Si giunse al compromesso di eleggere Bartolomeo Prignano vescovo di Bari che essendo napoletano era suddito di Giovanna d'Angiò, cioè dei Francesi.
Intanto continuavano i disordini ed alcuni cardinali fuggirono da Roma per rientrare più tardi su garanzia dei magistrati.
Prignano venne incoronato il 18 aprile ed assunse il nome di Urbano VI, la nomina venne comunicata ufficialmente ai governanti di tutti gli stati europei.
Presto Urbano VI dimostrò di voler cambiare profondamente la condotta degli alti prelati esigendo regole di vita severe ed austere. Iniziative lodevoli, nota Muratori, ma commise l'errore di agire subito e con arroganza spingendo i cardinali a tramare per liberarsi di lui.
Con il pretesto del caldo, nel mese di luglio, i cardinali francesi si trasferirono ad Anagni. Da qui contattarono il re di Francia e la regina di Napoli ottenendo la loro approvazione. Assoldarono una compagnia di Bretoni comandata da Bernardo da Sala che durante il viaggio si scontrò con il popolo romano che cercava di bloccare il passaggio. Ne seguì una rivolta e tutti i Francesi che si trovavano a Roma vennero incarcerati.
Il 9 agosto i cardinali francesi, ai quali si erano uniti anche alcuni italiani, scomunicarono papa Urbano VI.
Il 20 settembre, trasferitisi a Fondi, elessero Roberto di Ginevra che prese il nome di Clemente VII. Dal canto suo Urbano VI scomunicò i cardinali ribelli e creò ventinove nuovi cardinali, tutti italiani. Lo scisma era aperto.
La Francia ed alcuni stati satelliti come Napoli e la Savoia riconobbero Clemente VII. Il resto dell'Italia, l'Inghilterra, la Germania, la Boemia, l'Ungheria, la Polonia ed il Portogallo sostenevano Urbano VI.
Urbano VI concluse la pace con Bernabò Visconti e con Firenze. Il 29 novembre dello stesso anno morì in Praga l'imperatore Carlo IV cui successe il figlio Venceslao; il 4 agosto morì, non compianto dai sudditi, Galeazzo Visconti signore di Pavia e di una parte di Milano lasciando il potere al figlio Gian Galeazzo.
Quest'ultimo iniziò il suo governo sottomettendo con l'inganno il marchesato del Monferrato al cognato Secondotto il quale morì pochi giorni dopo ucciso dai suoi stessi soldati.
Bernabò Visconti attaccò il Veronese accampando i diritti della moglie Regina della Scala sui domini degli scaligeri che erano in mano ai fratelli di lei Bartolomeo ed Antonio, figli illegittimi. Gli Scaligeri corruppero i mercenari del Visconti e questi l'anno seguente concluse la vicenda accettando un indennizzo in denaro.
Si formò una lega contro Venezia, ne facevano parte Genova, Francesco da Carrara signore di Padova, Ludovico re d'Ungheria ed il patriarca di Aquileia.
All'origine di questa guerra era la contesa fra Genova e Venezia per l'isola di Tenedo. L'isola era stata promessa ai Genovesi da Andronico IV Paleologo in cambio dell'aiuto ricevuto nel togliere il regno al padre ma il governatore di Tenedo si era ribellato ad Andronico ed aveva consegnato l'isola ai Veneziani.
Nel 1378 i Veneziani, comandati da Vittor Pisani, vinsero una grande battaglia navale contro i Genovesi di Luigi del Fiesco.
A Firenze si verificò la rivolta dei Ciompi.
A Genova il doge Domenico da Campofregoso fu destituito ed imprigionato dal successore Niccolò Guarco.

Anno 1379
Papa: Urbano VI
Imperatore: Venceslao
Clemente si recò a Napoli presso la regina Giovanna sua sostenitrice ma il popolo, che riconosceva il pontificato di Urbano VI, creò disordini che spinsero la regina a rimandarlo a Fondi. Di qui l'antipapa si trasferì a Marsiglia quindi ad Avignone con i suoi cardinali.
Intanto i due rivali continuavano a combattersi e a procurarsi sostenitori con elargizioni di denaro. Non mancarono saccheggi ed uccisioni dall'una e dall'altra parte.
Il 29 marzo a Roma fu liberato Castel Sant'Angelo dai luogotenenti di Clemente. Urbano assoldò la Compagnia di San Giorgio comandata da Alberico da Barbiano, una truppa mercenaria che il 28 aprile si scontrò vittoriosamente a Marino con i Bretoni dell'antipapa.
Il 5 e il 6 maggio dello stesso anno nella grande battaglia navale di Pola morì l'ammiraglio genovese Luciano Doria, comunque i Veneziani furono sconfitti e il loro comandante Vittor Pisani fu messo in prigione dal consiglio.
Il 16 agosto il nuovo comandante Pietro Doria con l'aiuto dei Padovani di Francesco da Carrara conquistò la città di Chioggia ed avanzò fino a Malamocco. Il doge Andrea Contarini tentò di trattare la pace ma Pietro Doria rifiutò sdegnosamente.
Sfumata la possibilità della pace i Veneziani potenziarono la flotta. Vittor Pisani fu liberato e reintegrato nel comando. I Veneziani assediarono Chioggia per liberarla, intento mandarono nove galee comandate da Carlo Zeno a saccheggiare la riviera genovese.
Contro i Genovesi intervenne Bernabò Visconti inviando la Compagnia della Stella guidata da Astorre de' Manfredi signore di Faenza che venne sconfitto e imprigionato; si salvò corrompendo i suoi carcerieri.
Francesco da Carrara, con forze inviategli da Ludovico re di Ungheria, assediò Treviso ma gli Ungheresi si lasciarono corrompere e il Carrara abbandonò l'impresa.
Bernabò Visconti inviò Giovanni Acuto contro Verona ma il capitano di ventura fu sconfitto. Sospettando un tradimento Bernabò rifiutò di pagare e i mercenari saccheggiarono il Cremonese. Il Visconti mise una taglia sulla loro testa.


Anno 1380
Papa: Urbano VI
Imperatore: Venceslao
Il 21 aprile Urbano VI emanò una bolla che condannava Giovanna d'Angiò dichiarandola eretica. Il pontefice si accordò con Ludovico d'Ungheria il quale inviò contro Giovanna la sua armata comandata dal nipote Carlo di Durazzo detto Carlo della Pace e procedette ad alienare molti beni della chiesa per finanziare la sua crociata contro l'antipapa.
Priva di eredi, Giovanna adottò Ludovico d'Angiò, fratello di Carlo V re di Francia.
Intanto i Veneziani continuavano ad assediare in Chioggia i Genovesi che il 21 giugno si arresero per fame.
Il 1 luglio i Genovesi occuparono Capodistria che fu ripresa un mese dopo da Vittor Pisani il quale però morì di malattia il 14 agosto. I Genovesi occuparono Pola, Trieste si ribellò ai Veneziani e Francesco da Carrara assediò nuovamente Treviso.
Carlo della Pace, in marcia da Verona a Napoli, fu ostacolato a Rimini dai fuoriusciti Fiorentini che lo indussero a deviare sulla Toscana dove occupò Arezzo e prese a minacciare Siena e Firenze. Di fronte alla superiorità militare di Giovanni Acuto, tuttavia, Carlo scese a compromessi e, tradendo i fuoriusciti, concluse un trattato con i Fiorentini, quindi si spostò a Roma dove fu accolto con grandi onori da Urbano VI.
A Milano Violante, sorella di Gian Galeazzo Visconti, sposò il cugino Ludovico figlio di Bernabò, mentre Gian Galeazzo sposò Caterina, anche lei figlia di Bernabò. In effetti nel 1378 Gian Galeazzo avrebbe dovuto sposare Maria d'Aragona regina di Sicilia, ma l'opposizione degli Aragonesi e dei baroni siciliani aveva fatto fallire il progetto. Il Visconti aveva dunque sposato Caterina sperando così di migliorare i rapporti con lo zio Bernabò.


Anno 1381
Papa: Urbano VI
Imperatore: Venceslao
Non riuscendo a difendere Treviso contro Francesco da Carrara i Veneziani preferirono cederla a Leopoldo d'Austria il quale prese possesso della città il 9 maggio.
In agosto, con la mediazione di Amedeo di Savoia, si concluse la guerra di Chioggia.
Intanto Urbano VI incoronava Carlo della Pace re di Napoli con la condizione di creare suo nipote Francesco Prignano principe di Capua una volta preso possesso del trono.
Carlo attaccò Napoli ed alcuni cittadini, fautori di Urbano VI, gli aprirono le porte. Ottone di Brunswich, marito della regina, fuggì ad Aversa mentre Giovanna veniva assediata a Castelnuovo. Ottone tentò di attaccare Carlo ma rimase gravemente ferito e fu fatto prigiorniero (25 agosto). A questo punto Giovanna si arrese a sua volta e venne imprigionata.
Arezzo si ribellò al legato di Carlo Giovanni Caracciolo il quale chiamò in suo aiuto Alberico da Barbiano. Questi intervenne saccheggiando brutalmente la città.
Bartolomeo della Scala venne ucciso il 13 luglio dai sicari del fratello Antonio.
Contro Carlo della Pace, Clemente VII dichiarò re di Napoli Ludovico d'Angiò, il figlio adottivo di Giovanna.


Anno 1382
Papa: Urbano VI
Imperatore: Venceslao
Ludovico d'Angiò organizzò un grande esercito per liberare Giovanna ed entrò in Italia accompagnato da Amedeo di Savoia. Pare che Clemente intendesse cedergli quasi tutti i domini temporali della chiesa. Ludovico concluse accordi con Bernabò Visconti e con Guido da Polenta signore di Ravenna.
Intanto Carlo, non riuscendo a sottomettere Giovanna, l'aveva fatta imprigionare e strangolare.
Ludovico entrò nel Regno di Napoli passando dall'Abruzzo e molti baroni napoletani che avevano sostenuto Giovanna si unirono a lui. Urbano VI, dal canto suo, inviò Giovanni Acuto a portare rinforzi a Carlo.
Nel mese di ottobre morì che aveva ucciso i fratelli Ugolino e Francesco, gli succedette il figlio genero di Bernabò.
Morì anche Ludovico re di Ungheria e di Polonia. Non avendo eredi maschi lasciò l'Ungheria alla figlia Maria e la Polonia alla figlia Edwige.
Il 5 giugno morì Andrea Contarini doge di Venezia, gli successe Michele Morosino che morì a sua volta dopo pochi mesi (15 ottobre) passando il dogato a Antonio Venier.


Anno 1383
Papa: Urbano VI
Imperatore: Venceslao
Procedendo lentamente la guerra di Napoli, Urbano VI decise di intervenire personalmente. Il 9 ottobre giunse a Napoli dove Carlo lo accolse con onore ma anche con diffidenza.
Francesco Prignano detto Butillo, il nipote del papa al quale Carlo aveva promesso Capua, fu arrestato e condannato a morte per aver rapito una monaca di nobile lignaggio, poi liberato per intercessione di Urbano.
Una terribile epidemia di peste scoppiata nel Friuli dilagò rapidamente in tutta Italia. L'armata angioina subì gravi perdite, fra gli altri morì Amedeo di Savoia che ebbe per successore il figlio Amedeo VII.
Il duca Leopoldo d'Austria che era entrato in possesso di Treviso intervenne contro Francesco da Carrara che continuava a molestare la città ma non conseguì risultati.
A Genova scoppiò una rivolta a causa di una nuova tassa sulla carne. Il doge Guarco venne deposto e sostituito da Leonardo da Montaldo.


Anno 1384
Papa: Urbano VI
Imperatore: Venceslao
Approfittando del colpo che la peste aveva inferto al nemico, re Carlo decise finalmente di scendere in campo, si portò a Barletta e sfidò Ludovico d'Angiò ma poi, su consiglio di Ottone di Brunswich, desistette dal combattere.
Carlo fu colpito dalla peste ma guarì e nominò conestabile del regno Alberico da Barbiano.
Il 10 ottobre morì a Bari Ludovico d'Angiò, forse di peste, lasciando la signoria sulla Provenza e le pretese sul regno di Napoli al figlio Ludovico ancora bambino. Le sue milizie si disgregarono rapidamente salvo una parte che si affidò al comando di Raimondello Orsino.
Intanto Urbano VI si era stabilito a Nocera e la sua permanenza preoccupava la corte napoletana dove si temeva che il pontefice tramasse per togliere il regno a Carlo. I rapporti fra Carlo e Urbano si guastarono rapidamente.
A Genova la peste fece molte vittime fra i quali Leonardo da Montaldo al quale successe Antoniotto Adorno.
Leopoldo d'Austria, stanco delle molestie di Francesco da Carrara, decise di vendergli Treviso insieme ad altre città.
Il 18 giugno morì Regina della Scala, moglie di Bernabò Visconti.


Anno 1385
Papa: Urbano VI
Imperatore: Venceslao
Sospettandoli di congiurare contro di lui, Urbano VI fece torturare alcuni cardinali finché non confessarono un complotto che forse non esisteva. Accusandoli di aver sostenuto la congiura Urbano VI scomunicò Carlo e la moglie Margherita, li dichiarò decaduti dal regno e scagliò l'interdetto su Napoli.
Carlo reagì mandando Alberico da Barbiano ad assediare il papa in Nocera. Venne in soccorso del papa Raimondello Orsino che lo liberò l'8 agosto.
Urbano VI si mise in viaggio per Salerno, durante il trasferimento fece uccidere uno dei prelati prigionieri che rallentava la marcia. Si imbarcò quindi per Genova dove si trattenne un anno ospite del doge Antoniotto Adorno. Intanto Carlo prendeva Nocera ed imprigionava il Butillo.
Bernabò Visconti, per i suoi modi tirannici e per le fortissime imposte, non era amato dal popolo. Quando il nipote Gian Galeazzo che da tempo temeva di esserne sopraffatto lo attirò in un tranello e lo catturò con i figli Ludovico e Ridolfo, nessuno intervenne in suo soccorso e nel giro di pochi giorni Gian Galeazzo si impadronì di tutti i domini dello zio.
Bernabò fu incarcerato nel castello di Trezzo dove fu avvelenato alcuni mesi più tardi.
In quest'anno Urbano VI conferì il patriarcato di Aquileia a Filippo d'Alanzone (Philippe d'Alençon) già vescovo della Sabina che era una sua creatura. La nomina provocò incidenti con la popolazione di Udine che rifiutò di riconoscere il nuovo patriarca. Urbano chiese aiuto a Francesco da Carrara che, sperando in un guadagno, si gettò nella mischia. Contro di lui Venezia finanziò segretamente gli Udinesi ed il giovane Antonio della Scala, signore di Vicenza e di Verona.
Morì Galeotto Malatesta signore di Rimini, gli successero i figli Pandolfo e Carlo.
Il signore di Forlì Sinibaldo degli Ordelaffi fu destituito ed imprigionato dai nipoti Pino e Cecco che presero il potere.


Anno 1386
Papa: Urbano VI
Imperatore: Venceslao
Urbano VI si tratteneva a Genova dove aveva rinchiuso i sei cardinali presunti congiurati, ne liberò uno per l'insistenza del re di Inghilterra e fece morire gli altri.
Nel mese di dicembre, non sentendosi ben accetto a Genova, Urbano passò a Lucca.
Da Napoli Carlo si imbarcò per l'Ungheria, regno sul quale accampava pretese che sperava di realizzare con l'aiuto di una parte della nobiltà locale contro la regina Maria che intanto aveva sposato Sigismondo fratello dell'imperatore Venceslao.
Carlo riuscì a farsi incoronare ma poco dopo venne assassinato dai sostenitori della regina Maria. Lasciò il regno di Napoli ai figli Ladislao e Giovanna sotto la reggenza della vedova Margherita. Morto il re, il partito filoangioino si risollevò e scatenò una serie di rivolte contro gli eredi di Carlo.
Intanto continuava la guerra fra Antonio della Sala e Francesco da Carrara. Il primo riportò una vittoria e il secondo reagì affidando il comando a Giovanni d'Azzo degli Ubaldini che riuscì a capovolgere le sorti della guerra. Tuttavia lo sconfitto Scaligero non accettò la proposta di pace del nemico, assoldò nuove truppe mercenarie ed attaccò il Trevisano.


Anno 1387
Papa: Urbano VI
Imperatore: Venceslao
A Napoli si verificarono scontri fra il partito filoangioino e le forze della regina Margherita la quale giudicò prudente trasferirsi a Gaeta.
Ottone di Brunswich tornò a Napoli, il suo partito ebbe il sopravvento e furono perseguiti quanti risultarono coinvolti nella morte di Giovanna.
Urbano VI, da Lucca, vedeva con disappunto questi eventi. Era contrario sia agli Angioini sia alla famiglia di Carlo e Margherita non riuscì ad ottenere da lui il permesso di dare cristiana sepoltura al marito. In settembre il papa si trasferì a Perugia continuando a tramare per impadronirsi di Napoli.
Dopo ripetute reciproche provocazioni, Padovani e Veronesi si scontrarono ed i primi - comandati da Giovanni Acuto e Giovanni d'Azzo - ebbero la meglio. Pur avendo subito una gravissima sconfitta, Antonio della Scala, sempre sostenuto dai Veneziani, non accettò proposte di pace.
Entrò nel conflitto anche Gian Galeazzo Visconti, schierandosi con Francesco da Carrara. I Padovani saccheggiarono Aquileia e devastarono il territorio dello Scaligero.
Il 18 ottobre le forze viscontee entrarono in Verona. Antonio consegnò il castello ad un ambasciatore dell'imperatore e fuggì a Venezia con la famiglia. Il 21 si arrese anche Vicenza consegnandosi a Caterina moglie di Gian Galeazzo che, come figlia di Regina, aveva diritti sui domini degli Scaligeri.
Antonio della Scala morì l'anno successivo per malattia o per veleno.
Francesco da Carrara conclusa la guerra, non ne ebbe alcun vantaggio in quanto, come si è detto, Vicenza si era consegnata a Caterina e il furbo Visconti fece la parte del leone.
Intanto la regina Margherita assediava Napoli difesa da Ottone il quale, deluso dall'atteggiamento degli Angioini che avevano inviato un governatore invece del giovane Ludovico, finì per cambiare partito.
Gian Galeazzo fece sposare la figlia Valentina a Ludovico conte di Valois, fratello del re di Francia, dandole in dote la città di Asti e alcuni castelli piemontesi.


Anno 1401
Papa: Bonifacio IX
Re dei Romani: Roberto III
Il secolo che ebbe inizio con questo anno vide in Italia una straordinaria fioritura delle lettere e delle arti. Fra gli sproni del fenomeno fu l'arrivo a Venezia poi a Firenze di Emanuele Crisolora, esule da Costantinopoli, che si dedicò all'insegnamento del greco.
Nacquero in questo secolo artisti eccezionali come Leonardo da Vinci, Pietro Perugino, Michelangelo Buonarroti, Tiziano, Andrea del Sarto, Antonio Allegri detto il Correggio, Raffaello da Urbino, ecc.
In campo militare gli italiani smisero di far ricorso ai mercenari stranieri e si affermarono capitani di grande perizia e valore come Alberico da Barbiano, Iacopo dal Verme, Biordo, Broglia, Carlo Malatesta.
Sforza degli Attendoli arrivò a conquistare il Ducato di Milano. Secondo un racconto tradizionale da giovane aveva affidato il suo destino al caso: aveva lanciato la sua zappa su un albero, se fosse ricaduta avrebbe continuato a lavorare la terra, altrimenti sarebbe partito con i soldati. La zappa non cadde. Suo figlio Francesco nacque da Lucia Terzani il 23 luglio 1401.
Giovanni e Niccolò Colonna chiesero il perdono del papa Bonifacio IX, altrettanto fece Gabriello Gaetano figlio di Onorato conte di Fondi.
L'antipapa Benedetto che era prigioniero a Avignone, con la mediazione di Ludovico duca d'Orleans, rinunciò alle sue pretese e venne liberato.
Ladislao re di Napoli represse i baroni ribelli in Calabria perdendo solo Crotone e Reggio che Niccolò Ruffo conte di Catanzaro aveva ceduto agli Angioini. Fece arrestare Tommaso Sanseverino ed altri personaggi che pure lo avevano aiutato in passato.
Roberto di Baviera fu incoronato re dei Romani e subito venne invitato dai Fiorentini e dal papa a scendere in Italia contro Gian Galeazzo duca di Milano. Si associarono anche Francesco da Carrara signore di Padova e i Veneziani, mentre Niccolò d'Este di Ferrara si mantenne neutrale.
In ottobre Roberto fu a Trento dove fu raggiunto da Francesco da Carrara che venne nominato capitano dell'armata. Dopo un fallito approccio diplomatico da parte di Roberto, Gian Galeazzo aveva inviato ai suoi confini l'esercito comandato da Facino Cane e Ottobuono Terzo.
Dopo alcune scaramucce si combattè il 26 ottobre una battaglia che vide i Tedeschi duramente sconfitti. Roberto si ritirò a Padova e il 10 dicembre a Venezia, successive trattative con i Fiorentini si arenarono a causa delle richieste economiche del re.
Giovanni il Meingle detto Bucicaldo, maresciallo di Francia, intervenne a Genova e mandò a morte Battista Boccanegra e Battista de' Franchi Lusiardo che avevano tentato un colpo di stato ripristinando l'ordine sul territorio.
Giovanni Bentivoglio con il favore del duca di Milano si fece proclamare signore di Bologna, più tardi si accordò con i Fiorentini e il Visconti mandò contro di lui Alberico da Barbiano.
A Bologna Ricciardo de' Cancellieri tentò di prendere il potere ma fu sconfitto dai Fiorentini.
Intanto a Milano la tensione era alta a causa dell'aumento delle imposte voluto da Gian Galeazzo per finanziare le operazioni belliche.

Anno 1409
Papa: Alessandro V
Re dei Romani: Roberto III
Si tenne in quest'anno il Concilio di Pisa per decidere la contesa fra Gregorio e Benedetto, entrambi pretendenti al papato. Il concilio decise di deporli entrambi, scomunicandoli e dichiarandoli eretici e eleggendo dopo molte consultazioni Pietro Filargo da Candia già vescovo di Vicenza e Novara, arcivescovo di Milano e cardinale, che prese il nome di Alessandro V.
Lo scisma non era tuttavia risolto perché anche se il nuovo papa ebbe l'obbedienza di gran parte della cristianità, Gregorio continuò ad avere i suoi sostenitori in Italia e in Germania, mentre l'Aragona e altre regioni spagnole continuarono a riconoscere Benedetto.
Nel mese di Maggio Gregorio tenne un concilio a Cividale del Friuli che condannò tutti gli atti del rivale e quelli di Alessandro, Benedetto fece altrettanto in Perpignano.
Gregorio sfuggì ai Veneziani che avevano riconosciuto Alessandro e riparò nel regno di Napoli presso il re Ladislao al quale vendette Roma, Bologna e altre città della Chiesa.
Ladislao era arrivato a Roma il 12 marzo con un esercito e nel mese di Aprile ne era ripartito alla volta della Toscana con Paolo Orsini e Alberico da Barbiano (che morì a Perugia) e si impadronì di Cortona mandandone in prigione il signore Luigi de' Casali. Era deciso ad attaccare Firenze e Siena ma si rese conto che le città erano ben difese, inoltre Baldassarre Cossa legato di Bologna muoveva contro di lui con l'esercito pontificio inviato da Alessandro V. Abbandonando l'impresa Ladislao tornò a Napoli e cedette la città di Zara ai Veneziani per centomila fiorini.
In settembre il re Luigi con cinquecento uomini si unì alle forze di Cossa e della Repubblica Fiorentina e marciò verso Roma. A Orvieto Paolo Orsini accettando un'offerta dei Fiorentini cambiò bandiera e passò a Luigi. Strada facendo si unirono Braccio da Montone, Orvieto, Montefiascone, Carneto, Sutri, Viterbo. Nei primi d'ottobre re Luigi e i suoi alleati si impadronirono di San Pietro e del palazzo papale. Castel Sant'Angelo fu a disposizione di Alessandro. L'assedio di Roma continuò e alla fine di dicembre un difensore corrotto dagli assedianti aprì le porte della città.
Con il tramite di Bucicaldo (Jean Le Maingre signore di Boucicault) fu costituita una lega fra il duca di Milano, il re di Francia, i principi di Savoia, il conte di Pavia e Bernardone governatore di Asti per il duca di Orleans.
Pandolfo e Carlo Malatesta lasciarono Milano e Pandolfo, riunite milizie a Brescia, passò l'Adda e si inoltrò in Brianza. Mossero contro di lui Facino Cane, Teodoro del Monferrato e Astorre Visconti. Combatterono nella valle di Ravagnate il 7 aprile ma non vi furono vincitori, si concluse infine di scacciare i consiglieri del duca da Milano e di insediarvi due governatori, uno per Facino e l'altro per Pandolfo.
Bucicaldo governatore di Genova decise di approfittare della situazione e acquistò dal duca una carica nel governo di Milano ma mentre ne prendeva possesso la popolazione di Genova si ribellò alla soggezione ai Francesi, Facino Cane tornò alle sue terre e Teodoro del Monferrato fu eletto Capitano di Genova.
Bucicaldo era accorso con alcune migliaia di cavalieri e fanti ma si era fermato a Gavi dove si rese conto che non sarebbe potuto rientrare nè a Genova nè a Milano e tornò in Francia.
Ottobuono de' Terzi fu ucciso a tradimento da Sforza da Cotignola durante un incontro con Niccolò d'Este.
Niccolò d'Este, sostenuto dal cardinale Cossa iniziò una campagna nel Parmigiano conquistando alcuni centri e il 26 giugno il popolo di Parma lo acclamò suo signore cacciando i Terzi. Pochi giorni dopo anche Reggio si sottomise spontaneamente al governo della monarchia d'Este.

Anno 1416
Papa: Sede vacante
Imperatore: Sigismondo
Continuava il Concilio di Costanza che si concentrava sulla questione dell'antipapa Benedetto, alla soluzione della quale si rimandava l'elezione di un nuovo papa.
Bologna si ribellò al controllo della Chiesa. Intervenne Braccio da Montone ma trovò un accordo con i Bolognesi e incassato un premio in denaro si allontanò.
I Bolognesi fecero rientrare in città molti nobili che avevano subito l'esilio e recuperarono altri castelli.
Braccio da Montone si diresse a Perugia con l'intenzione di entrare con la forza in città. I Perugini chiesero aiuto a Carlo Malatesta signore di Rimini il quale mosse in loro soccorso insieme ad Angelo della Pergola ed altri capitani.
Braccio lo intercettò ad Assisi il 7 luglio, lo sconfisse e lo fece prigioniero. Il Malatesta venne liberato dopo diversi mesi dietro pagamento di un riscatto.
Il 19 luglio Braccio da Montone prese possesso di Perugia: i cittadini si erano arresi e gli avevano offerto la signoria.
Il 5 agosto un esercito inviato da Braccio da Montone al comando del Tartaglia affrontò a Colfiorito Paolo Orsini che fu sconfitto e perse la vita.
Il 20 settembre morì Malatesta Malatesta, signore di Cesena e fratello di Carlo e Pandolfo.
Nello stesso periodo morì Gian Galeazzo Manfredi, signore di Faenza cui successe il figlio Guidazzo.
Filippo Maria Visconti riportò sotto il suo dominio Lodi, eliminandone il signore Giovanni da Vignate, e Como accordandosi con Lottieri Rusca che l'aveva occupata.
A Napoli il popolo insorse contro Jacopo della Marca che aveva sposato la regina Giovanna e si era impadronito del potere praticamente segregando la moglie. Jacopo dovette fuggire da Napoli e subire varie condizioni fra cui la liberazione dello Sforza che era suo prigioniero.
Muzio Attendolo Sforza venne liberato e riebbe la carica di gran connestabile. Il figlio Francesco venne invece trattenuto da Jacopo come ostaggio.
Il 1 aprile morì Ferdinando re d'Aragona, Sardegna e Sicilia al quale successe il figlio Alfonso.
Il 26 febbraio l'imperatore Sigismondo nominò duca Amedeo di Savoia.


Anno 1417
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Nel mese di luglio il Concilio di Costanza dichiarò Benedetto XIII decaduto in quanto scismatico ed eretico.
L'11 novembre il concilio elesse Ottone Colonna, cardinale diacono di San Giorgio al Velabro, che prese il nome di Martino V.
Il 13 giugno Braccio da Montone assediò Roma che, essendo il seggio papale vacante, era governata dal cardinale Iacopo Isolani mentre Castel Sant'Angelo era presidiato da una guarnigione di Giovanna II
Il 16 giugno Braccio entrò in Roma ed assunse il titolo di difensore della città, il 16 luglio iniziò l'assedio di Castel Sant'Angelo mentre alla sua milizia si univa quella del Tartaglia.
Contro il Montone e il Tartaglia, il 10 agosto giunse a Roma Muzio Attendolo Sforza, mandato da Giovanna II ma mosso anche da astio personale. Braccio rinunciò a combattere e tornò a Perugia lasciando nella zona due suoi comandanti: Piccinino e Tartaglia. Lo Sforza li sconfisse entrambi. Piccinino fu catturato e rilasciato dopo quattro mesi in uno scambio di prigionieri.
L'11 giugno il Conte di Carmagnola espugnò il castello di Trezzo sull'Adda, occupato dai Colleoni di Bergamo, che assediava da tempo.
Il Carmagnola passò quindi ad assediare Piacenza che era occupata da Filippo Arcelli il quale fuggì e si mise al servizio dei Veneziani.
I Genovesi si rivolsero a Filippo Maria Visconti chiedendo aiuto per spodestare Tommaso da Campofregoso.
I Veneziani fecero guerra a Ludovico patriarca di Aquileia che era in lega con l'imperatore Sigismondo.


Anno 1418
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Concluso il concilio, in maggio il Papa partì da Costanza alla volta dell'Italia. Dopo aver sostato a Ginevra e Torino, il 12 ottobre fu a Milano ospite di Filippo Maria Visconti, quindi a Brescia presso Pandolfo Malatesta, poi riposò a Mantova per il resto dell'anno.
I Fiorentini lo invitarono nella loro città e Braccio da Montone gli chiese di essere nominato vicario nelle città che governava. Martino accolse la prima proposta e rinviò la seconda al suo arrivo a Roma.
Morì in quell'anno Teodoro II marchese del Monferrato, cui successe il figlio Gian Iacopo.
Filippo Maria Visconti fece decapitare la moglie Beatrice di Tenda accusata di adulterio.
Accogliendo le richieste dei fuoriusciti genovesi, il Visconti fece guerra al doge Tommaso da Campofregoso.
Martino V promise di incoronare Giovanna II con la quale stipulò accordi per la difesa dello Stato Pontificio.
A Napoli il gran siniscalco Caracciolo, preferito della regina, era ostile allo Sforza e geloso dei benefici che questi riceveva, come il feudo di Benevento ed il matrimonio del figlio Francesco con la nobile Polissena Ruffo.
Le trame del Caracciolo inimicarono la regina e lo Sforza, il condottiero esasperato portò le sue milizie alle porte di Napoli per far valere le proprie ragioni con la forza.
Il Caracciolo riuscì a sollevare la popolazione contro Muzio Attendolo Sforza e le ostilità durarono fino al 9 ottobre quando fu concluso un accordo che prevedeva la restituzione dei beni confiscati al condottiero e l'allontanamento del Caracciolo da Napoli.
Intanto Braccio da Montone finanziava la propria armata con scorrerie e riscatti. Incassò grosse somme per allontanarsi, dopo avervi fatto incursioni, dal territorio di Lucca e poi da quello di Norcia.


Anno 1419
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Martino V visitò Ferrara e Forlì, quindi si stabilì a Firenze (26 febbraio).
Il 13 maggio Baldassarre Cossa (antipapa Giovanni XXIII), fuggito dalla detenzione in Germania, giunse a Firenze dove fece atto di sottomissione a Martino V, ben lieto dell'evento Martino lo reintegrò nella porpora cardinalizia ma il Cossa morì il 22 dicembre di questo stesso anno.
Giovanna regina di Napoli accolse Antonio Colonna nipote del papa e lo nominò duca di Amalfi e Castellamare e principe di Salerno.
Jacopo della Marca, marito di Giovanna, che era tenuto prigioniero per aver tentato di usurpare il trono, fu liberato per intercessione del papa e si trasferì a Taranto. Qui fu osteggiato dalla regina Maria, già moglie di Ladislao, ed andò in Francia dove più tardi entrò in monastero.
Il 28 ottobre due vescovi inviati a Napoli dal papa celebrarono l'incoronazione di Giovanna.
Giovanna si adoperò per far rientrare a Napoli Giovanni Caracciolo, suo favorito che era in esilio a Firenze per volontà dello Sforza e per riconciliarlo con quest'ultimo.
Nello stesso anno Muzio Attendolo Sforza ricevette da Martino V il titolo di Confaloniere della Chiesa.
Sollecitato dal papa lo Sforza, con l'approvazione di Giovanna, si rivolse contro Braccio da Montone ed il 20 giugno i due condottieri si affrontarono a Viterbo. Gli scontri durarono a lungo con esiti alterni. Muzio Attendolo Sforza riuscì a far passare dalla sua parte il Tartaglia, uno dei più valenti ufficiali di Braccio.
Intanto Guido Antonio da Montefeltro, inviato del papa, toglieva Assisi a Braccio ma questi mosse rapidamente in Umbria e recuperò la città. Perse invece Spoleto, conquistata da truppe spedite dallo Sforza. Braccio tese un'imboscata ad Orvieto ai danni del Tartaglia che perse molti uomini ma si salvò.
Tommaso da Campofregoso, doge di Genova, comprò la pace dal ducato di Milano pagando un'ingente somma di denaro e rinunciando alla carica di doge.
Quindi Filippo Maria Visconti incaricò il Carmagnola di attaccare Cremona che era dominata da Gabrino Fondolo, ma Pandolfo Malatesta signore di Brescia e Bergamo, nonostante l'alleanza con i Visconti, soccorse il Fondolo. Carmagnola assediò Bergamo ed il 26 luglio la conquistò.
I Veneziani continuarono a combattere in Friuli contro il Patriarca di Aquileia ed il 7 aprile conquistarono Cividale seguita poco dopo da diversi centri.



Anno 1420
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Consigliato dai Fiorentini, Martino V concesse a Braccio da Montone il vicariato di Perugia, Assisi, Jesi e Todi contro la restituzione di Orvieto, Terni, Narni e Orte.
A febbraio Braccio da Montone si recò a Firenze e si accordò con Martino V promettendo di recuperare Bologna per la Chiesa ed ottenendo il desiderato titolo di vicario.
Il 28 febbraio ambasciatori del Papa che chiedevano ai Bolognesi di affidare il governo alla Chiesa ricevettero un rifiuto e Martino V colpì la città con l'interdetto.
Il 17 maggio Braccio entrò in territorio bolognese insieme a Ludovico Migliorati e Angelo della Pergola.
Il 15 luglio Bologna si arrese alla Chiesa.
Il Caracciolo aveva convinto Giovanna ad interrompere gli aiuti finanziari alla Chiesa inimicandosi Martino V che prese a sostenere Luigi III d'Angiò pretendente al trono di Napoli.
Muzio Attendolo Sforza ed il figlio Francesco nell'estate entrarono in territorio napoletano ed ingiunsero alla regina di cedere il trono a Luigi d'Angiò.
In questa situazione Giovanna e Caracciolo inviarono ambasciatori a trattare con il Papa ed uno di loro, Antonio Caraffa detto Malizia, prese contatti anche con Alfonso d'Aragona.
Nell'anno precedente Alfonso V assediava il Castello di Bonifacio di proprietà dei Genovesi nell'intento di impadronirsi della Corsica . Nel gennaio 1420 le navi inviate dal doge Tommaso di Campofregoso riuscirono a sconfiggere gli assedianti .
Alfonso tergiversò alle proposte del Caraffa ma infine accettò di difendere Giovanna contro Luigi d'Angiò a condizione di essere adottato dalla regina e di essere nominato duca di Calabria.
Il 15 agosto una flotta armata da Luigi d'Angiò giunse a Napoli ed i Francesi assediarono la città insieme alle milizie dello Sforza, ma il 6 settembre furono attaccati e sconfitti dalla flotta aragonese.
Gabrino Fondolo, signore di Cremona, cedette la sua città ai Visconti e passò al servizio di Bologna.
L'8 ottobre il conte di Carmagnola, per conto del Visconti, si scontrò con Pandolfo Malatesta. Questi aveva ricevuto consistenti rinforzi dal fratello Carlo ma Filippo Maria Visconti, con un'accorta manovra diplomatica, gli aveva alienato l'aiuto di Venezia; la battaglia fu vinta dal Carmagnola.
Dal canto suo Niccolò d'Este prevenne iniziative ostili del Visconti proponendo e concludendo un accordo con il quale gli cedeva Parma e conservava il dominio di Reggio Emilia.
Intanto le forze veneziane comandate da Filippo Arcelli conquistavano diverse località del Friuli e il 7 giugno entravano vittoriosamente in Udine.
Martino V lasciò Firenze ed il 30 settembre entrò in Roma.


Anno 1421
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
D'accordo con il papa Giovanna II si rivolse a Braccio da Montone contro Luigi d'Angiò. Braccio chiese come compenso i titoli di connestabile del Regno di Napoli e di principe di Capua, oltre a consistenti somme di denaro.
Il 26 giugno le truppe di Braccio si unirono a Napoli con quelle di Alfonso V.
Luigi d'Angiò si rivolse al papa che mandò il Tartaglia a portare rinforzi allo Sforza ma intanto Giovanna si pentiva di aver adottato Alfonso ed intraprendeva trattative segrete con il duca angioino.
Tartaglia venne sospettato di aver tramato un tradimento contro Braccio da Montone e venne arrestato. Sotto tortura ammise ciò di cui veniva accusato e venne giustiziato. Anche Luigi d'Angiò, che aveva voluto la morte di Tartaglia, venne danneggiato dall'evento perché i soldati del condottiero passarono al nemico.
Il 16 marzo il Carmagnola entrò in Brescia che Pandolfo Malatesta aveva infine ceduto ai Visconti.
Giunta l'estate il Carmagnola passò in Liguria ed assediò Genova. I Genovesi furono sconfitti e Battista da Campofregoso, fratello del doge, venne catturato.
Il doge fu costretto a trattare ed ottenne di poter conservare Sarzana, cedette Savona e fu obbligato a lasciare Genova dove il 2 novembre si insediò il Carmagnola in nome di Filippo Maria Visconti, riammettendo in città tutti gli esuli.
I Veneziani completarono la conquista del Friuli ma il loro comandante Filippo Arcelli cadde in combattimento.


Anno 1422
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Il papa trattò un accordo fra Luigi d'Angiò e Alfonso d'Aragona. L'angiò si stabilì a Roma dove visse a spese del Pontefice.
Giovanna e Alfonso, consapevoli che l'unica risorsa rimasta al nemico era lo Sforza, affidarono a Braccio da Montone l'incarico di trattare con il condottiero e Braccio portò a termine l'incarico con successo.
Tornato in Umbria, Braccio assediò Città di Castello che si arrese senza combattere.
Molte città italiane in quest'anno furono colpite dalla peste.


Anno 1423
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Nella fortezza di Peniscola in Spagna morì Pietro di Luna, già antipapa Benedetto XIII e i cardinali dissidenti nominarono Egidio Munoz che prese il nome di Clemente VIII, ma secondo alcune fonti questi eventi avvennero nel 1424 .
Ebbe inizio il concilio di Pavia che fu presto trasferito a Siena a causa della peste.
Crescendo il disaccordo fra Alfonso e Giovanna, l'Aragonese fece imprigionare il gran siniscalco Caracciolo, quindi tentò di arrestare la regina ma questa - barricatasi nel Castello di Capuana - chiamò in suo aiuto Muzio Attendolo Sforza.
Gli Aragonesi tentarono di fermare le milizie sforzesche prima che raggiungessero Napoli ma furono clamorosamente sconfitti nonostante la superiorità numerica.
Lo Sforza liberò Giovanna e passò ad assediare Aversa che era in mano ad una guarnigione di Alfonso.
Tuttavia l'11 giugno nuove truppe aragonesi giunte per mare occuparono Napoli e lo Sforza, non riuscendo a respingerle, portò in salvo Giovanna ad Aversa e liberò il Caracciolo con uno scambio di prigionieri.
Giovanna annullò l'adozione di Alfonso e la trasferì a Luigi d'Angiò che si affrettò a raggiungerla ad Aversa.
Napoli era in mano agli Aragonesi ma Alfonso, sapendo che i Visconti accordatisi con Giovanna si preparavano ad attaccarlo e che in Spagna i suoi nemici castigliani stavano creando difficoltà, preferì rientrare in patria affidando Napoli a suo fratello Pietro.
Durante il viaggio saccheggiò Marsiglia per rappresaglia contro Luigi d'Angiò.
Intanto Braccio da Montone, sempre teso ad ingrandire i propri domini, assediava l'Aquila. I cittadini chiesero aiuto a Giovanna che inviò in loro soccorso Muzio Attendolo Sforza.
Intanto per motivi non noti si erano raffreddati i rapporti fra il Carmagnola e Filippo Maria Visconti che avviò trattative con Sforza per averlo al suo servizio ed affidò la flotta allestita a Genova al conte Guido Terello invece che al Carmagnola, fra lo stupore generale.
A Forlì il popolo si rivoltò contro Lucrezia Ordelaffi, reggente in nome del piccolo Tebaldo, e chiamò in aiuto il Visconti che inviò Angelo della Pergola ad occupare la città.
A fianco di Lucrezia si schierarono i Fiorentini che inviarono truppe comandate da Pandolfo Malatesta.
I Fiorentini furono sconfitti e proposero senza successo un'alleanza a Tommaso Mocenigo doge di Venezia.
Questo doge morì nell'aprile dello stesso anno e gli successe Francesco Foscari.


Anno 1424
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Martino V sciolse il concilio di Siena rinviando di sette anni a Basilea.
Secondo molti fu in questo anno che morì il novantenne Pietro di Luna (Benedetto XIII) e venne eletto Clemente VIII con l'appoggio di Alfonso di Aragona che intendeva tenere in ansia Martino V con la minaccia di un antipapa.
Il 4 gennaio Muzio Attendolo Sforza si trovò sulle sponde del fiume Pescara mentre andava a soccorrere l'Aquila assediata da Braccio da Montone. Nel tentativo di aiutare un suo soldato caduto in acqua fu travolto dal fiume in piena e il suo cadavere non fu mai trovato.
Francesco, figlio di Muzio Attendolo, dopo la morte del padre accorse a controllare che non sorgessero problemi nelle terre della sua famiglia, quindi rese visita a Giovanna che gli confermò domini e incarichi del padre.
Intanto la flotta genovese, giunta in Campania per aiutare Giovanna, si impadronì di Gaeta, Procida, Castellamare, Sorrento e altre località.
L'infante Don Pietro, fratello di Alfonso V, trattò un accordo segreto con Guido Torello e il 12 aprile lasciò entrare i Genovesi a Napoli.
Dopo tredici mesi d'assedio Giovanna e Martino V mandarono a L'Aquila una nuova armata comandata da Iacopo Caldora nella quale militavano Francesco Sforza, Ludovico Colonna, Luigi San Severino, Niccolò da Tolentino.
Il 2 giugno questa armata ingaggiò battaglia con quella di Braccio da Montone.
Niccolò Piccinino, violando l'ordine di Braccio che lo aveva incaricato di impedire che la popolazione uscisse dalla città, si gettò con le sue truppe nel combattimento. Una gran folla uscì dall'Aquila per aiutare i soccorritori e le truppe di Braccio si trovarono accerchiate .
L'Aquila venne liberata e Braccio, ferito a morte, spirò poco dopo.
Ludovico Colonna portò a Roma il suo cadavere che venne sepolto in terra sconsacrata.
Perugia e le altre terre governate da Braccio da Montone tornarono rapidamente alla Chiesa, il principato di Capua alla regina Giovanna.
Intanto Filippo Maria Visconti conquistava Imola e i Fiorentini inviavano in Romagna contro le forze viscontee diecimila uomini agli ordini di Carlo e Pandolfo Malatesta.
I viscontei di Angelo della Pergola sconfissero i Malatesta a Zagonara il 27 luglio e fecero prigioniero Carlo Malatesta, quindi passarono ad assediare Forlimpopoli conquistandola il 13 agosto.
Carlo Malatesta, condotto a Milano, fu accolto con onore dal duca che in breve lo lasciò libero e gli restituì i castelli che aveva perso durante la guerra. Con questa generosità il Visconti indusse il Malatesta a passare dalla sua parte.


Anno 1425
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Oddo Fortebracci, figlio di Braccio da Montone e Niccolò Piccinino passarono al soldo di Firenze ed in gennaio dovevano raggiungere in Romagna le altre forze fiorentine ,a furono assaliti durante il viaggio.
Oddo morì in combattimento, il Piccinino fu catturato insieme al figlio Francesco, Niccolò da Tolentino e Nicola Orsini e condotto a Faenza.
Guidazzo Manfredi signore di Faenza tuttavia abbandonò l'alleanza con il Visconti e passò ai Fiorentini.
In aprile mosse contro i Visconti la flotta di Alfonso V d'Aragona, non riuscì a prendere Genova ma conquistò alcune località rivierasche insieme a Tommaso di Campofregoso ex doge genovese.
Niccolò Piccinino, liberato dal Manfredi, riprese a militare per Firenze ma non ricevendo il soldo si ritirò a Perugia e fu ingaggiato dal duca di Milano.
I Fiorentini avviarono trattative per un'alleanza con i Veneziani mentre questi ultimi erano sobillati contro Filippo Maria Visconti dal conte di Carmagnola desideroso di vendicarsi del duca che lo aveva espulso confiscandogli i beni.
Filippo Maria Visconti, sospettandolo Gabrino Fondolo di tradimento, lo fece arrestare e decapitare, quindi ingaggiò Francesco Sforza ed altri condottieri per assediare Faenza, ma senza successo.


Anno 1426
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
L'11 febbraio il Carmagnola ottenne il comando dell'armata veneziana ed il 17 marzo entrò in Brescia senza ostacoli da parte della popolazione insoddisfatta del governo visconteo. Nello stesso periodo Gianfrancesco Gonzaga, alleato di Venezia, conquistava diversi castelli in territorio bresciano.
Contro l'armata veneta accorsero Francesco Sforza e Niccolò Piccinino, mentre i Fiorentini ordinavano a Niccolò da Tolentino di portare rinforzi al Carmagnola.
Nel mese di luglio anche Amedeo duca di Savoia e Gian Giacomo marchese del Monferrato aderirono alla lega antiviscontea. Entro il mese di novembre tutti gli avamposti viscontei nel bresciano capitolarono.
Il 30 dicembre con la mediazione di Martino V fu conclusa la pace e Brescia fu definitivamente assegnata alla Repubblica Veneta.


Anno 1427
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Filippo Maria Visconti, spinto a ciò anche dall'insoddisfazione della nobiltà milanese, mostrò di non voler rispettare i patti della pace.
La guerra ricominciò e si combattè lungo il Po e il 21 maggio le forze del duca furono sconfitte dalla flotta veneziana nei pressi di Brescello e a luglio il Carmagnola assediò Cremona.
L'11 ottobre i Visconti subirono un'altra sconfitta e Carlo Malatesta fu fatto prigioniero.
Dopo queste disavventure Filippo Maria Visconti decise di cercare la pace e richiese la mediazione di Martino V e dell'imperatore Sigismondo.
Sul fronte piemontese comperò la pace cedendo Vercelli ad Amedeo di Savoia e sposando la figlia di questi Maria. Si riunì quindi un congresso a Forlì per trattare la pace con i Veneziani ed i loro alleati.
In settembre morì Pandolfo Malatesta.


Anno 1428
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Francesco Sforza fu screditato dai suoi rivali e cadde in disgrazia presso Filippo Maria Visconti che lo relegò a Mortara e solo dopo due anni riuscì a dimostrare la propria innocenza.
La pace fu conclusa il 18 aprile. Oltre Brescia Filippo Maria Visconti dovette cedere Bergamo e Cremona a Venezia.
In quest'anno i Bolognesi si sollevarono di nuovo ed espulsero il legato pontificio. Il Papa assoldò Ladislao Guinigi con i suoi settecento cavalieri ed ebbe l'appoggio della regina Giovanna che inviò Iacopo Caldora.


Anno 1429
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Clemente VIII abdicò e Martino V lo nominò vescovo di Maiorca.
Il 30 agosto si venne ad un accordo fra la Chiesa e Bologna. La città tornò sotto il governo pontificio ed il papa revocò l'interdetto e concesse privilegi alla popolazione.
Il 14 settembre morì Carlo Malatesta signore di Rimini, il 19 dicembre morì suo fratello Malatesta signore di Pesaro.
La città di Volterra si ribellò al dominio fiorentino. La rivolta venne domata da Niccolò Fortebracci, nipote di Braccio da Montone.
Quindi Niccolò attaccò il territorio di Lucca, contro il signore Paolo Guinigi che era in cattivi rapporti con Firenze.
Il 15 dicembre Firenze dichiarò ufficialmente guerra a Lucca ed ordinò al Fortebracci di conquistare la città nemica.
Nel regno di Napoli Iacopo Caldora ebbe il titolo di duca di Bari.


Anno 1430
Papa: Martino V
Imperatore: Sigismondo
Approfittando delle discordie in merito alla successione dei Malatesta, il Papa, inviando la sua milizia, riuscì a conquistare alcuni castelli del loro territorio.
I Fiorentini assediarono Lucca ma la conquista si presentò molto difficile. L'architetto Filippo Brunelleschi propose di allagare Lucca deviando il corso del Serchio ma i Lucchesi prevennero i nemici costruendo argini che respinsero le acque nel campo fiorentino.
Il Guinigi chiese aiuto a Filippo Maria Visconti. Questi non poteva intervenire senza violare l'ultimo trattato di pace con Firenze che gli proibiva di agire in Toscana ma finanziò segretamente Francesco Sforza, che aveva recuperato la sua fiducia, perché soccorresse i Lucchesi.
All'arrivo dello Sforza i Fiorentini tolsero l'assedio ma i cittadini di Lucca, sospettando il Guinigi di tradimento, si accordarono con Francesco Sforza perché lo arrestasse.
Il Guinigi fu condotto a Milano dove morì in prigione due anni dopo.
I Fiorentini però mal tollerarono che la guerra da loro iniziata avesse arrecato benefici solo al popolo lucchese ed appena partito lo Sforza ripresero l'assedio.
I Lucchesi fecero lega con i Genovesi (con il segreto consenso del duca di Milano) e la difesa fu affidata a Niccolò Piccinino.
Il 2 dicembre l'esercito fiorentino fu duramente sconfitto e Niccolò Fortebracci fuggì a Pisa.
Intanto a Bologna continuavano grandi disordini a causa delle ostilità fra la famiglia dei Canedoli e quella dei Bentivoglio.


Anno 1431
Papa: Eugenio IV
Imperatore: Sigismondo
Martino V morì nella notte fra il 19 e il 20 febbraio.
Il 3 marzo venne eletto Gabriello de' Condolmieri, veneziano, cardinale di San Clemente e già vescovo di Siena. Prese il nome di Eugenio IV e fu incoronato l'11 marzo.
Eugenio IV si mostrò presto partigiano degli Orsini che lo avevano sostenuto ed ostile ai Colonna.
Poco dopo l'elezione accusò di furto e peculato molti Colonna che erano stati funzionari di Martino V e li fece giustiziare. Prevedibilmente ne seguirono disordini e Stefano Colonna tentò, senza successo, di occupare Roma.
La regina Giovanna mandò a sostegno del Papa Iacopo Caldora che si lasciò corrompere da Antonio Colonna principe di Salerno ma seppe anche Papa Eugenio giocar di danaro, ed il Caldora tornò ad assisterlo.
Il 22 settembre Antonio Colonna concluse con Egenio IV un oneroso accordo .
Anche con i Bolognesi Eugenio IV trovò una soluzione ed i suoi legati ripresero il governo della città.
L'imperatore Sigismondo scese in Italia e fu ospite di Filippo Maria Visconti. Il 25 novembre fu incoronato in Sant'Ambrogio a Milano con la corona di ferro dall'arcivescovo Bartolomeo Capra.


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Anno 1470
Papa: Paolo II
Imperatore: Federico III
Maometto II imperatore dei Turchi sbarcò con un esercito nell'isola di Negroponte (Eubea), all'epoca posseduta da Venezia, ed iniziò l'assedio della capitale sottoponendola a continui assalti fino a conquistarla il 12 luglio con grandi perdite da ambo le parti.
Questo evento spinse il papa Paolo II ad accantonare le contese con il re di Napoli e a correre, tardivamente, ai ripari.
Il 22 dicembre fu costituita una lega fra il papa, Ferdinando re di Napoli, Galeazzo Maria duca di Milano, i Fiorentini, Borso d'Este duca di Modena e altri principi.
Fu costituita in quest'anno l'Accademia Romana con la partecipazione di illustri letterati come il Platina e Pomponio Leto. Gli studi di filosofia degli Accademici, tuttavia, destarono sospetti e con l'accusa di voler insidiare la vita del pontefice alcuni di loro, fra cui il Platina, conobbero la prigionia e la tortura.
Un contrasto fra Galeazzo Maria duca di Milano e di Signori di Correggio rischiò di provocare una guerra ma fu fortunatamente risolto con la mediazione di Borso d'Este.

Anno 1471
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
Il papa Paolo II conferì a Borso d'Este duca di Modena e di Reggio e conte di Rovigo anche il titolo di duca di Ferrara. Borso si recò a Roma con un corteo eccezionalmente fastoso e il 14 aprile, giorno di Pasqua, si svolse in San Pietro la solenne cerimonia della sua investitura ducale. La letizia di Borso fu di breve durata perché il 27 maggio morì a Ferrara per una misteriosa febbre contratta a Roma.
Fu suo successore Ercole d'Este, fratello di Borso, mentre il nipote Niccolò figlio di Leonello che accampava pretese sulla signoria di Ferrara si ritirò sconfitto a Mantova. Niccolò ottenne l'appoggio di Ludovico marchese di Mantova e di Galeazzo Maria duca di Milano, quest'ultimo fece avanzare un esercito verso Ferrara ma, vedendo che i Veneziani sarebbero intervenuti in favore del duca Ercole, si ritirò.
La notte fra il 25 e il 26 luglio il papa Paolo II morì per un colpo apoplettico. Come spesso accade in questi casi circolò il sospetto di avvelenamento ma Muratori ritiene l'ipotesi infondata.
Successore di Paolo II fu Francesco della Rovere cardinale di San Pietro in Vincoli, già generale dell'ordine dei Francescani. Di una famiglia del territorio di Savona di modeste condizioni, era diventato un grande esperto di teologia e di diritto canonico. Fu eletto il 9 agosto e consacrato il 23. Scelte il nome di Sisto IV. La cerimonia della sua consacrazione fu disturbata da un tumulto popolare.
Morì il 9 novembre Cristoforo Moro doge di Venezia che aveva una pessima reputazione, gli successe Niccolò Tron. Galeazzo Maria Sforza si recò in visita a Firenze con la moglie Bona e con un esagerato e dispendiosissimo seguito. Furono ospiti del palazzo di Lorenzo de'Medici e furono offerti loro tre magnifici spettacoli. Il duca di Milano visitò anche Lucca e Genova ma, poco soddisfatto dell'accoglienza ricevuta in quest'ultima città si trattenne pochi giorni e tornato a Milano prese a costruire fortificazioni.

Anno 1472
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
Dai primi tempi del suo pontificato Sisto IV si occupò di raccogliere fondi per finanziare imprese militari contro i Turchi. A questo fine inviò suoi rappresentanti in molti stati europei. In Spagna inviò Rodrigo Borgia (futuro papa Alessandro VI) il quale ne approfittò per appropriarsi di buona parte dei contributi raccolti.
Il papa armò trentaquattro galee e le affidò al comando del cardinale Olivieri Caraffa, i Veneziani conferirono altre cinquanta galee e Ferdinando re di Napoli ventiquattro. Questa flotta riuscì soltanto a saccheggiare Smirne e il cardinale tornò a Roma con grande pompa ma soltanto pochi prigionieri e qualche cammello.
Occupandosi dei parenti, Sisto IV nominò il nipote Leonardo della Rovere prefetto di Roma e gli fece sposare una figlia illegittima di Re Ferdinando, creò cardinale un altro nipote di nome Giuliano che in seguito fu papa Giulio II. In particolare favorì altri due nipoti, Pietro e Girolamo Riario tanto che si sospettò fossero suoi figli.
Concesse al re Ferdinando per il matrimonio di Leonardo, il ducato di Sora e l'esenzione dei tributi. Gli abitanti di Volterra si ribellarono al governo fiorentino per una questione relativa a un giacimento di albume di rocca nel loro territorio, i Fiorentini inviarono a domare la rivolta Federico conte di Urbino ed ebbero rinforzi dalle milizie pontificie e da Milano. I Volterresi si arresero ma un Veneziano introdusse soldati nella città e la fece saccheggiare. Volterra fu privata dei precedenti privilegi e i Fiorentini installarono una fortezza per controllarla in futuro.
Morì Amedeo IX duca di Savoia, uomo molto pio e virtuoso, che fu beatificato. Il ducato passò al figlio Filiberto.

Anno 1473
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
La flotta delle galee pontificie, veneziane e napoletane attaccò di nuovo i Turchi senza trarne vantaggio, inoltre i Turchi giunsero in Friuli arrecando gravi danni. Ercole d'Este si riconciliò con Ferdinando re di Napoli (contro il quale aveva combattuto in favore degli Angioini) e si fidanzò con Leonora d'Aragona figlia di Ferdinando.
Recandosi a Ferrara la principessa sostò a Roma dove il papa e il cardinale Pietro Riario offrirono in suo onore festeggiamenti incredibilmente sfarzosi e dispendiosi. Il 3 luglio Leonora giunse a Ferrara dove si tennero altri incredibili festeggiamenti e furono celebrate le nozze.
Il 28 luglio morì il doge di Venezia Niccolò Tron al quale successe Niccolò Marcello.
Alessandro Sforza signore di Pesaro morì in aprile mentre si recava a Venezia e il suo dominio andò al figlio Costanzo.
Il cardinale Pietro Riario, nominato vicario di Sisto IV, si recò a visitare il Duca di Milano con un numerosissimo seguito. Secondo il Corio il cardinale si accordò con Galeazzo Maria Sforza per ottenere con il suo aiuto la successione al papato offrendo in cambio la sua collaborazione per creare un regno di Lombardia governato, ovviamente, dallo Sforza.
Ancora lo stesso cardinale acquistò la città di Imola da Taddeo Manfredi che ne era stato cacciato e la donò al fratello Girolamo. Passò quindi a Venezia ed anche qui ricevette splendide accoglienze ma probabilmente i Veneziani lo guardavano con sospetto a causa dei suoi rapporti con il duca di Milano.


Anno 1474
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
Il 15 gennaio morì il cardinale Pietro Riario dopo una breve malattia, probabilmente avvelenato, compianto solo dai suoi numerosi cortigiani che aveva lautamente beneficato. Il 16 agosto morì Ricciarda madre di Ercole I duca di Ferrara. I Veneziani, i Fiorentini e il duca di Milano il 20 novembre conclusero un'alleanza dalla quale rimase escluso Ferdinando re di Napoli che si ritenne gravemente offeso.
Avvennero a Todi scontri fra Guelfi e Ghibellini, aiutati questi ultimi dagli Spoletini, e la situazione andava facendosi pericolosa quando Sisto IV fece intervenire le sue milizie comandate dal cardinale Giuliano della Rovere che pacificò Todi ma non riuscì a impedire che i suoi soldati saccheggiassero Spoleto. Giuliano della Rovere si portò a Città di Castello per deporre il tiranno Niccolò Vitelli il quale resistette a lungo spalleggiato da Milanesi e Fiorentini e si arrese soltanto quando intervenne Federico conte di Urbino che ebbe in questo periodo dal papa il titolo di duca.
Morì il doge di Venezia Niccolò Marcello e fu eletto Pietro Mocenigo.
Cristiano re di Danimarca fece visita al papa che lo accolse con onori e regali.

Anno 1475
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
Volendo celebrare il Giubileo durante il suo pontificato, Sisto IV ridusse l'intervallo a venticinque anni. Non fu molto affollato il giubileo del 1475 perché Francia, Inghilterra, Spagna, Ungheria e Polonia si trovavano in guerra.
Partecipò Ferdinando re di Napoli che voleva approfittarne per trattare con il papa. Vi andò Carlotta regina in esilio di Cipro che era in contenzioso con Venezia.
In quest'anno i Turchi conquistarono la città di Caffa in Crimea togliendola ai Genovesi.
Il papa fece sposare Giovanni della Rovere con Giovanna figlia di Federico duca di Urbino e gli procurò il vicariato di Senigallia.
In novembre morì Leonardo nipote di Sisto IV e prefetto di Roma, la carica passò a Giovanni della Rovere di cui sopra.
Morì in ottobre Bartolomeo Colleoni lasciando i suoi averi alla Repubblica Veneziana che gli dedicò una statua equestre. Un mattino la statua fu trovata con un sacco al collo e una scopa in mano.

Anno 1476
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
Roma fu colpita in gennaio da una disastrosa inondazione del Tevere alla quale seguì un'epidemia forse causata dalle acque infette del fiume che fee strage della popolazione.
Il primo settembre lo Niccolò d'Este che intendeva spodestare lo zio Ercole, giunse a Ferrara con cinque navi cariche di armati, entrò in città, occupò la piazza principale e aprì le carceri. Aveva organizzato l'azione con il supporto di Galeazzo Maria duca di Milano, ma non ricevette l'accoglienza che aveva sperato perché i Ferraresi erano soddisfatti del governo di Ercole. La duchessa Leonora e suo cognato Sigismondo d'Este si rifugiarono in un castello dove però mancavano provviste e mezzi di sussistenza. Il duca Ercole che si trovava a Belriguardo partì per Ferrara non appena fu informato dell'accaduto ma strada facendo ricevette altre notizie false o esagerate sulle forze di Niccolò e deviò per andare a fortificarsi a Lugo. Niccolò si rese conto che la cittadinanza non lo seguiva e fuggì oltre il Po con i suoi ma fu catturato e riportato a Ferrara dove il giorno seguente Ercole lo fece decapitare.
Il 21 luglio al duca Ercole e alla moglie Leonora era nato un bambino che avevano chiamato Alfonso.
Beatrice figlia del re di Napoli Ferdinando e sorella della duchessa Leonora sostò alcuni giorni a Ferrara durante il viaggio verso l'Ungheria dove l'attendeva il matrimonio con il re Mattia Corvino.
Congiurarono contro Galeazzo Maria Sforza duca di Milano Gian Andrea Lampugnano, Girolamo Olgiato, Carlo Visconti, nobili milanesi, e il 26 dicembre lo uccisero mentre si recava alla basilica di Santo Stefano. I congiurati furono presi e giustiziati, il titolo di duca passò a Gian Galeazzo Maria, primogenito del defunto che aveva solo otto anni e la madre Bona di Savoia assunse la reggenza.
A Venezia morì il doge Pietro Mocenigo e fu eletto Andrea Vendramin.


Anno 1477
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
Ferdinando re di Napoli rimasto vedovo sposò Giovanna figlia di Giovanni re di Sicilia e di Aragona. La nuova regina fu incoronata dal cardinale Rodrigo Borgia che presenziò alla cerimonia con il titolo di legato.
Poco dopo Ferdinando indicò ai baroni il figlio Alfonso duca di Calabria come suo successore designato. Fra i nuovi cardinali investiti da Sisto IV in quest'anno fu Giovanni d'Aragona, altro figlio di Ferdinando di Napoli.
Carlo di Montone figlio di Braccio tentò di replicare le gesta paterne assediando Perugia ma poiché gli abitanti si erano alleati con i Fiorentini l'impresa fallì e Carlo volle ritentarla con Siena ma anche qui fu allontanato dai Fiorentini chiamati dagli assediati.
I Genovesi si ribellarono al governo degli Sforza con la guida di Matteo, Obietto e Gian Luigi Fieschi. Gli Sforza inviarono da Milano dodicimila armati comandati da Roberto di San Severino con il quale erano Ludovico il Moro, Ottaviano e Prospero Adorno, quest'ultimo si trovava confinato a Milano e si prestò con successo a calmare i Genovesi evitando una strage. Infatti il 9 maggio la popolazione di Genova prestò giuramento di fedeltà agli Sforza e Adorno rimase a governare in nome del duca.
Cecco Simonetta era il più importante ministro di Bona duchessa di Milano, aveva ricevuto la carica dal defunto Francesco Sforza. Era oggetto di molte gelosie in particolare da parte dei principi Sforza duca di Bari, Ludovico, Ottaviano e Ascanio che tramavano per abbatterlo coinvolgendo Roberto di San Severino.
L'accorto ministro fece arrestare Donato del Conte, uno dei congiurati, provocando la reazione armata dei fratelli Sforza che, tuttavia, dovettero rapidamente placarsi. Roberto San Severino fuggì ad Asti, Ottaviano Sforza annegò nell'Adda mentre tentava di fuggire e gli altri furono confinati: Sforza Maria nel suo ducato di Bari, Ludovico a Pisa e Ascanio a Perugia,
La duchessa Bona ordinò a Giovanni Bentivoglio di aiutare Galeotto de'Manfredi signore di Faenza contro il fratello Carlo che aveva usurpato il potere.
Il Friuli venne saccheggiato da un'orda di trentamila Turchi a cavallo.


Anno 1478
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
Grande clamore fece in quest'anno la congiura dei Pazzi. Quella dei Pazzi era in Firenze una famiglia molto potente ma non quanto i Medici. Francesco de'Pazzi tesoriere del papa concepì il progetto di eliminare Lorenzo e Giuliano e trovò disposto ad aiutarlo il conte Girolamo Riario nipote di papa Sisto. Riario odiava Lorenzo che aveva ostacolato i suoi progetti di espansione della signoria di Imola e riuscì a coinvolgere il papa suo zio nella congiura. Sisto IV e Ferdinando re di Napoli non avevano perdonato al Magnifico di essere stati esclusi dalla lega che i Medici avevano fatto con Milano e Venezia e di conseguenza desideravano abbattere la loro signoria e favorire quella dei Pazzi.
Vennero a Firenze per l'attentato anche Francesco Salviati vescovo di Pisa e il cardinale Raffaello Riario. Il papa, inoltre, ordinò al suo capitano Gian Francesco da Tolentino di tener presso Firenze duemila armati a disposizione dei congiurati.
Il 26 aprile nella cattedrale di Firenze Francesco de'Pazzi uccise Giuliano de'Medici che insieme a Lorenzo aveva accompagnato il cardinal Riario. Lorenzo riuscì a rifugiarsi nella sacrestia riportando soltanto una leggera ferita alla gola.
Il popolo si sollevò in favore dei Medici, Francesco Salviati che era già al Palazzo della Signoria per impadronirsene fu impiccato insieme a Jacopo Salviati e a Jacopo figlio di Poggio. Poco dopo fu la volta di Francesco Pazzi, di Jacopo Pazzi e diversi loro parenti e sostenitori per un totale di settanta esecuzioni. Il giovane cardinal Riario fu trattenuto sotto custodia, si proclamava innocente e alla fine fu liberato per timore del papa.
Infuriato per il fallimento della congiura, Sisto IV con il pretesto dell'uccisione di un arcivescovo e della detenzione di un cardinale, scagliò la scomunica sui Medici e sull'intera Firenze, d'accordo con re Ferdinando fece sequestrare gli averi dei Fiorentini che si trovavano a Roma e a Napoli e dichiarò guerra a Firenze.
Siena si unì alla lega del papa ma Luigi XI re di Francia, la reggenza di Milano, Venezia, gli Este di Ferrara, i Malatesta di Rimini e altri si pronunciarono apertamente contrari alla scelta del papa e favorevoli a Lorenzo de'Medici.
L'imperatore Federico e Mattia Corvino d'Ungheria inviarono ambasciatori a Sisto IV per pregarlo di desistere da questa guerra e, piuttosto, preoccuparsi per i Turchi.
I Veneziani conclusero con i Turchi una pace che provocò non pochi problemi nei paese cristiani.
Intanto il papa e il re Ferdinando di Napoli spedivano le loro milizie contro Firenze mentre per evitare l'intervento milanese provocavano disordini a Genova dove il governatore Prospero Adorno era passato dalla loro parte. I rivoltosi occuparono la città e Roberto da Sanseverino si schierò con Adorno per fronteggiare i Milanesi. La duchessa Bona mandò a Genova un grosso esercito comandato dal poco esperto Sforza Visconti che aveva per consigliere Pier Francesco Visconti.
San Severino convinse i Genovesi che i soldati di Milano avevano avuto dal vescovo di Como la licenza di saccheggiare la loro città e i Genovesi inferociti combatterono con particolare energia sconfiggendo i Milanesi il 7 di agosto.
Intanto da Milano Battistino Fregoso entrò in Genova e convinse i capi a cacciare l'Adorno e il Sanseverino e a nominarlo doge ma molte località rivierasche rimasero fedeli a Prospero Adorno.
Sisto IV annullò il giuramento degli Svizzeri di non nuocere al ducato di Milano e gli Svizzeri si mossero immediatamente conquistando castelli e assediando Lucano. Furono cacciati da Federico marchese di Mantova ma i Milanesi de presidio di Bellinzona vollero inseguirli e sulle montagne, bersagliati dai nemici con lancio di pietre, subirono molte perdite.
In Toscana, il 14 agosto Alfonso duca di Calabria espugnò Castellina, intanto Firenze e la duchessa di Milano nominarono capitano generale delle loro milizie Ercole duca di Ferrara nonostante fosse genero di Ferdinando di Napoli. Ercole allontanò i nemici da Firenze e arrecò molti danni a Siena ma a Firenze c'erano discordie e i rinforzi francesi, milanesi e veneziani erano insufficienti. I Fiorentini ingaggiarono Roberto Malatesta mentre Giovanni Bentivoglio da Bologna inviava altri aiuti.
Il 6 maggio morì Andrea Vendramin doge di Venezia, il 18 fu eletto Giovanni Mocenigo.
In giugno morì Ludovico Gonzaga marchese di Mantova cui succedette il figlio Federico che fu assoldato dalla duchessa di Milano.
In quest'anno gran parte dell'Italia fu colpita dalla peste.


Anno 1479
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
Sisto IV si ostinava nel pretendere che i Fiorentini gli consegnassero Lorenzo de'Medici e mentre sollecitava i sovrani europei a fare la guerra ai Turchi si dedicava a farla ai Cristiani. Scomunicò Ercole duca di Ferrara e altri nobili italiani che si erano schierati con i Francesi
Ercole duca di Ferrara, Federico marchese di Mantova e Roberto Malatesta sconfissero Matteo da Capua che conduceva rinforzi al duca di Calabria ma il Sanseverino si accordò con Ludovico il Moro, Sforza duca di Bari, Obietto e Gianluigi Fieschi e formò un esercito con il quale marciò attraverso la Lunigiana contro Firenze, fu respinto dal duca di Ferrara ma poco dopo calò su Tortona il cui governatore gli consegnò la città.
Ludovico il Moro, lasciato l'esercito a Sanseverino, si recò al castello di Milano dove la duchessa Bona, assistita dai suoi consiglieri, decise di accoglierlo per tentare una riconciliazione ma Ludovico aveva ben altri progetti e per prima cosa fece arrestare il potente ministro Simonetta che dopo essere stato detenuto e torturato a Pavia per diversi mesi fu decapitato il 30 ottobre 1480.
La duchessa Bona aveva chiamato in suo aiuto Ercole duca di Ferrara che era giunto a Milano troppo tardi per intervenire ma così facendo aveva lasciato la Toscana dove le sue genti furono messe in rotta dal duca di Calabria.
L'armata napoletana e pontificia stava mettendo alle strette i Fiorentini che avevano perso anche l'alleanza di Milano ora governata da Ludovico il Moro. A questo punto Lorenzo de'Medici prese l'ardita decisione di recarsi personalmente a Napoli per incontrare il re Ferdinando. Non è noto quali precauzioni avesse preso Lorenzo e quali voci consigliarono a Ferdinando di cercare una soluzione, forse quella di Ercole di Ferrara che era genero del re o forse quella di Ludovico il Moro che era interessato alla pace.

Anno 1480
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
La missione diplomatica di Lorenzo dei Medici presso Ferdinando I re di Napoli ha pieno successo, si stabilisce la pace e si sottoscrive un'alleanza. Papa Sisto IV non gradisce l'accordo al quale non ha partecipato ma non è in grado di opporsi.
Girolamo Riario, nipote del papa e signore di Imola, porta la guerra contro Costanzo Sforza signore di Pesaro il quale è appoggiato da Ferdinando I .
A Forlì muore Pino degli Ordelaffi lasciando la signoria al figlio illegittimo Sinibaldo sotto la tutela di sua moglie , ma Anton Maria e Francesco Maria Ordelaffi, nipoti di Pino, fanno guerra a Sinibaldo. Ne approfitta Girolamo Riario che entra in Forlì con l'aiuto di Federico duca di Urbino, liquida la vedova con una somma di denaro ed ottiene dal papa l'investitura, togliendo agli Ordelaffi la signoria di Forlì.
Il Papa stringe una lega con Venezia e varie signorie, ne viene nominato comandante Girolamo Riario mentre a Federico di Urbino va il titolo di gonfaloniere della Chiesa.
Nel mese di luglio i Turchi assediano Otranto e la conquistano il 31 agosto facendo strage della cittadinanza. Il papa invoca soccorsi. Alfonso di Calabria, che si trova in Toscana, accorre dopo essersi fatto proclamare signore di Siena.
I Fiorentini si riconciliano con il Papa.
Ludovico il Moro confina a Ferrara il fratello Ascanio Sforza e associa al governo il dodicenne Gian Galeazzo Maria allontanando anche la madre di questi, Bona di Savoia.
In dicembre guerra civile a Genova fra i Campofregoso e i Fieschi.


Anno 1481
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
Lega contro i Turchi: Sisto IV, Ferdinando di Napoli, Mattia Corvino re di Ungheria, Ludovico il Moro, il duca di Ferrara, i marchesi di Mantova, i Fiorentini, Genova, Siena, Lucca, Bologna.
Il 31 maggio muore Maometto II, la lega approfitta della conseguente guerra di successione per liberare Otranto.
Roberto di Sanseverino, condottiero al servizio del Ducato di Milano, viene in contrasto con Ludovico il Moro e passa a Venezia.
Al suo posto il Moro assolda Costanzo Sforza signore di Pesaro che arriva a Milano il 18 ottobre.
Installazioni veneziane nel Ferrarese provocano contrasti con gli Estensi. Il duca di Ferrara cerca alleanza a Napoli, Milano e Firenze e tutti sollecitano il Papa a tentare una mediazione ma il Pontefice non interviene.
Muoiono in quest'anno Francesco Filelfo e Bartolomeo Platina.


Anno 1482
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
Guerra fra Venezia e Ercole I d'Este duca di Ferrara, provocata dai Veneziani.
Sisto IV indotto da Girolamo Riario a sostenere Venezia.
Lega contro Milano (Genova, Rimini, Venezia ed altri) comandata da Roberto di Sanseverino.
In aiuto di Ferrara erano Ferdinando re di Napoli, Ludovico il Moro, Federico Marchese di Mantova, Firenze e Giovanni Bentivoglio. Capitano generale Federico duca di Urbino.
Alfonso duca di Calabria, cognato ed alleato di Ercole d'Este, attacca lo Stato della Chiesa e conquista Trevi e Terracina. I Colonna sono con lui, gli Orsini con il Papa. Sisto IV chiede ai Veneziani Roberto Malatesta per fronteggiare l'invasione. Il Malatesta sconfigge il nemico il 31 agosto a Campomorto presso Velletri ma muore di dissenteria a Roma nel mese di settembre a soli quaranta anni. Lascia la signoria di Rimini al figlio naturale Pandolfo.
Anche Federico duca d'Urbino muore il 10 settembre e gli succede il figlio Guidobaldo.
In dicembre si conclude la pace con gli Estensi.
Alfonso duca di Calabria si unisce alla Lega contro Venezia.
Il 22 aprile muore Filiberto duca di Savoia, gli succede il fratello Carlo.
Ascanio Maria Sforza, già confinato da Ludovico il Moro, viene riammesso a Milano.


Anno 1483
Papa: Sisto IV
Imperatore: Federico III
Il 25 maggio il Papa scomunica i Veneziani e dichiara l'interdetto sui loro domini.
Venezia assolda Renato duca di Lorena, pretendente al Regno di Napoli.
Il duca di Milano e il marchese di Mantova dichiarano guerra a Venezia.
Muore Costanzo Sforza signore di Pesaro, gli succede il figlio naturale Giovanni.
Alfonso duca di Calabria e Federico marchese di Mantova combattono contro Venezia nei territori di Bergamo, Brescia e Verona.
Muore Guglielmo marchese del Monferrato, gli succede il fratello minore Bonifacio.
A Genova l'arcivescovo Paolo Fregoso imprigiona il doge Batistino Fregoso ed assume il dogato.


Anno 1484
Papa: Innocenzo VIII
Imperatore: Federico III
A Milano sventata una congiura contro Ludovico il Moro.
Muore Federico marchese di Mantova, gli succede il primogenito Giovanni Francesco II.
I Veneziani, notando dissapori fra Ludovico il Moro e Alfonso Duca di Calabria, avviano trattative segrete con Milano. Nello stesso anno la flotta veneziana conquista Gallipoli, Nardò, Monopoli ed assedia Taranto.
In un congresso tenutosi a Bagnolo il 2 agosto viene sottoscritta la pace fra Venezia e la Lega. Il trattato è favorevole ai Veneziani che acquisiscono Rovigo e il Polesine, dannoso per gli Estensi che perdono quei territori.
Disordini a Roma per ostilità fra Orsini e Colonna, viene giustiziato Ludovico Colonna.
Le milizie del Papa assediano Marino, città dei Colonna.
Il 25 agosto muore di malattia Sisto IV. Il suo pontificato è stato per molti aspetti discutibile, soprattutto per il nepotismo, ma Muratori gli riconosce il merito di aver ornato Roma con opere insigni.
Il 29 agosto viene eletto Giovan Battista Cibò cardinale di Santa Cecilia che prende il nome di Innocenzo VIII.
I Colonna e i Savelli riprendono Capranica, Marino ed altre terre che Sisto IV aveva tolto loro.
Venezia ed altre città sono colpite dalla peste.


Anno 1485
Papa: Innocenzo VIII
Imperatore: Federico III
La prima cura del nuovo Papa è il promuovere una lega contro i Turchi, ma viene presto coinvolto dai nuovi disordini nel Regno di Napoli e a Roma, fra Orsini e Colonna.
A Napoli i nobili si ribellano alle vessazioni del re e del duca di Calabria e si rivolgono a Innocenzo VIII. Il Pontefice convoca a Roma re Ferdinando che si fa rappresentare dal figlio Giovanni, cardinale, il quale muore durante la missione, forse avvelenato da Antonello Sanseverino principe di Salerno.
Nel mese di Ottobre anche la città dell'Aquila si ribella contro Ferdinando mettendosi sotto la protezione del Papa e provocando una guerra fra Innocenzo e Ferdinando, quest'ultimo si allea con Firenze e Milano mentre Genovesi e Veneziani sostengono Innocenzo VIII.
Intanto a Milano Ludovico il Moro, consigliere del duca Gian Galeazzo, trama per impossessarsi del potere.
A Venezia muore di peste il doge Giovanni Mocenigo e viene nominato Marco Barbarigo.


Anno 1486
Papa: Innocenzo VIII
Imperatore: Federico III
Il 16 febbraio Massimiliano, figlio dell'imperatore Federico III viene nominato re dei Romani.
L'11 agosto re Ferdinando con l'intervento diplomatico di Lorenzo de' Medici e di Ascanio Sforza conclude la pace con il Papa. Del resto il Pontefice era preoccupato dai continui disordini romani e Ferdinando dall'imminente intervento della Francia in favore della Chiesa.
Immediatamente Ferdinando passa a vendicarsi dei baroni ribelli, una parte ne fa giustiziare per tradimento, ad altri confisca ogni avere. Inoltre Ferdinando viola le cause che riguardano l'Aquila occupando la città con la forza.
Muore il doge di Venezia Marco Barbarigo e viene sostituito dal fratello Agostino Barbarigo.
La città di Osimo si ribella alla Chiesa ed è assediata dal cardinale Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II.


Anno 1487
Papa: Innocenzo VIII
Imperatore: Federico III
Comandava la rivolta di Osimo un certo Boccolino che ha usurpato il potere e minaccia di cedere la città ai Turchi.
Ancora una volta risolve la situazione la diplomazia di Lorenzo il Magnifico che convince Boccolino a desistere in cambio di una modesta somma e a trasferirsi a Milano dove Ludovico il Moro lo fa impiccare.
Sigismondo duca d'Austria muove guerra a Venezia e conquista Rovereto. In questa guerra perde la vita Roberto di Sanseverino comandante delle truppe veneziane.
I Fiorentini recuperano il 22 giugno la città di Sarzana che era stata occupata anni prima dai genovesi.
Preoccupato dalla vittoria di Firenze il doge di Genova Paolo Fregoso decide di mettere la città sotto la tutela del ducato di Milano.
Ferdinando di Napoli continua a perseguitare i notabili con numerose condanne capitali.
Franceschetto Cibo, figlio di Innocenzo VIII, sposa Maddalena figlia di Lorenzo de' Medici e nipote di Virginio Orsini risanando i rapporti degli Orsini con la Chiesa.


Anno 1488
Papa: Innocenzo VIII
Imperatore: Federico III
Congiura a Forlì contro il signore della città Girolamo Riario che viene ucciso. I congiurati prendono la città ma non la rocca e catturano la moglie di Riarioa>, Caterina Sforza sorella del duca di Milano.
Caterinaa>, con il pretesto di convincere ad arrendersi quanti ancora resistono, ottiene di poter entrare nella rocca, ma qui assume il comando della resistenza e non si arrende neanche davanti alla minacciata uccisione dei figli.
Giungono in suo aiuto Giovanni Bentivoglio e Gian Galeazzo Sanseverino mandati dal duca di Milano e assediano la città costringendo i congiurati a capitolare (29 aprile). Signore di Forlì viene proclamato Ottaviano Riario, primogenito di Girolamo.
Il 31 maggio viene ucciso Galeotto Manfredi signore di Faenza, probabilmente il mandante è la moglie Francesca Bentivoglio che intende così punire gli adulteri del marito. Ne nascono disordini ed interviene Giovanni Bentivoglio, padre di Francesca, per assicurare la successione al nipote Astorre. I Fiorentini istigano la popolazione contro Giovanni Bentivoglio e lo catturano rilasciandolo poi per intercessione del duca di Milano e del re di Napoli.
A Genova Obietto del Fiesco e Batista Fregoso attaccano il governatore Paolo Fregoso. Ne consegue una crisi che si conclude con la conferma del dominio milanese. Il governo viene affidato ad Agostino Adorno in nome di Gian Galeazzo Sforza.
A Bologna viene sventata una congiura contro i Bentivoglio.


Anno 1489
Papa: Innocenzo VIII
Imperatore: Federico III
Innocenzo VIII ottiene la liberazione di Zizim (Djem), fratello del sultano turco Bajazet, e lo riceve a Roma.
Il Papa nomina cardinale il quattordicenne Giovanni de' Medici, figlio di Lorenzo, futuro papa Leone X.
Il Papa scomunica Ferdinando re di Napoli per mancato pagamento delle decime e lo dichiara decaduto dal regno.
Gian Galeazzo Sforza duca di Milano sposa Isabella figlia di Alfonso duca di Calabria, primogenito di Ferdinando.
Ludovico il Moro si impadronisce dei Castelli di Milano e di Trezzo e di altre fortezze sostituendo gli ufficiali del duca con altri di sua fiducia.
Il 13 marzo, a soli ventuno anni muore Carlo duca di Savoia. Lascia un unico figlio neonato, Carlo, e la reggenza va a Bianca figlia di Guglielmo marchese del Monferrato.


Anno 1490
Papa: Innocenzo VIII
Imperatore: Federico III
Il papa, che continua a tenere Zizim in una prigionia di fatto, promuove senza successo interventi militari contro i Turchi.
Nel mese di Aprile muore Mattia Corvino re di Ungheria.
Ludovico il Moro sposa Beatrice figlia di Ercole d'Este e di Leonora d'Aragona.
Gianfrancesco Gonzaga marchese di Mantova sposa Isabella sorella di Beatrice.


Anno 1491
Papa: Innocenzo VIII
Imperatore: Federico III
Guerra di successione in Ungheria.
Scontri a Perugia per il tentativo degli Offi, esiliati dai Baglioni, di prendere la città. Fra i caduti Fabrizio e Ridolfo Oddi.
Alfonso d'Este, primogenito di Ercole I, sposa Anna Sforza sorella di Gian Galeazzo.


Anno 1492
Papa: Alessandro VI
Imperatore: Federico III
Ferdinando il Cattolico ed Isabella di Castiglia conquistano Granada ponendo fine al dominio arabo.
Il 7 aprile muore Lorenzo de'Medici all'età di quarantaquattro anni. Lascia tre figli: Piero, Giovanni e Giuliano.
Accordo fra Innocenzo VIII e Ferdinando re di Napoli con la mediazione di Ferdinando il Cattolico.
La notte fra il 25 ed il 26 luglio muore Innocenzo VIII.
L'11 Agosto viene eletto papa Rodrigo Borgia, cardinale, vescovo di Porto e vicecancelliere della Chiesa Romana. Originario di Valenza in Spagna era figlio di Lorenzo Lenzoli e di Isabella Borgia, sorella di Callisto III. Prende il nome di Alessandro VI.
Alessandro VI ha quattro figli: Giovanni, Cesare, Gioffrè e Lucrezia, nati da Vannozza Cattanei.
Il cardinale Della Rovere, futuro papa Giulio II, acerrimo avversario del nuovo Pontefice, si ritira ad Ostia per un periodo. Tornato a Roma si accorge di essere in pericolo e si trasferisce in Francia.
In quest'anno compie la sua famosa impresa il genovese Cristoforo Colombo al servizio dei regnanti di Spagna.


Anno 1493
Papa: Alessandro VI
Imperatore: Massimiliano I
L'imperatore Federico III muore il 20 agosto dopo un regno durato oltre quarant'anni. Gli succede il figlio Massimiliano I già re dei Romani.
Isabella moglie di Gian Galeazzo Sforza e figlia di Alfonso duca di Calabria, lamenta presso il padre le ingerenze di Ludovico il Moro che non intende lasciare la reggenza del ducato di Milano nonostante Gian Galeazzo sia ormai maggiorenne.
Alfonso si rivolge a Ferdinando re di Napoli che a sua volta fa pressione su Ludovico. Questo dissimula disponibilità ma si rivolge a Carlo VIII re di Francia invitandolo a conquistare il regno di Napoli ed offrendogli aiuti militari e finanziari.
Inoltre Ludovico, tramite calunnie e con la diplomazia del fratello Ascanio cardinale in Roma, si sforza di guastare i rapporti fra Alessandro VI e Ferdinando.
Contemporaneamente il Moro avvia trattative segrete con l'imperatore Massimiliano per ottenere il titolo ducale a scapito del nipote Gian Galeazzo e combina le nozze di Massimiliano con Bianca Maria Sforza.
Da parte sua Alessandro VI fa sposare la figlia Lucrezia con Giovanni Sforza signore di Pesaro (12 giugno).
L'11 ottobre muore Leonora duchessa di Ferrara, figlia del re Ferdinando e suocera di Ludovico il Moro.
Giuffrè Borgia sposa Sancia figlia illegittima di Alfonso duca di Calabria.
Il 20 settembre Alessandro VI nomina cardinale il figlio Cesare, Ippolito d'Este e Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III. Quest'ultimo ottiene la porpora su richiesta della sorella Giulia detta Giulia la Bella.


Anno 1494
Papa: Alessandro VI
Imperatore: Massimiliano I
Il 25 gennaio muore a settanta anni Ferdinando re di Napoli, gli succede il figlio Alfonso che conclude il trattato di pace con il papa ed ottiene l'investitura.
In aprile Alfonso II viene incoronato dal cardinale Giovanni Borgia, nipote del Papa.
Alfonso II nomina il genero Goffredo Borgia principe di Tricarico e conte di Chiaramonte, Lauria e Corniola.
Riconciliato con gli Aragonesi, Alessandro VI che insieme a Ludovico il Moro aveva invitato in Italia Carlo VIII di Francia, tenta invano di dissuaderlo con il pretesto della peste.
A convincere Carlo VIII a scendere in Italia lavorano invece Ludovico il Moro e Giuliano della Rovere.
Per stornare la guerra dal suo regno, Alfonso II invia il figlio Ferdinando contro i possedimenti sforzeschi in Romagna ed il fratello Federico contro Genova a sostegno di Obietto Fieschi, ribelle nei confronti del ducato di Milano.
L'8 settembre una flotta comandata da Ludovico duca d'Orleans sconfigge i Napoletani a Rapallo. L'11 settembre Carlo VIII giunse ad Asti con la sua armata ma contrae il vaiolo.
Guarito si reca a Pavia dove si trova Gian Galeazzo Sforza gravemente malato (probabilmente avvelenato da Ludovico) il quale muore il 20 ottobre a venticinque anni, poco dopo la partenza del re di Francia.
Avendo opportunamente tramato con l'imperatore Massimiliano, Ludovico il Moro ottenne il ducato a scapito di Francesco Sforza, primogenito del defunto Gian Galeazzo.
La vedova Isabella ed i figli vengono confinati nel castello di Pavia.
Una parte dell'armata francese allontana le truppe napoletane da Cesena e conquista alcuni castelli con un'operazione sanguinaria spargendo morte e terrore fra la popolazione.
Quando i Francesi passano in Toscana, Piero de' Medici, preoccupatissimo per le sorti di Firenze, conclude un trattato con Carlo VIII cedendogli Sarzana, Sarzanello e Pietrasanta. Inoltre Carlo pretende Pisa e Livorno promettendo di riconsegnarli dopo la conquista di Napoli.
Il trattato non piace ai Fiorentini che costringono Piero a fuggire a Bologna con i fratelli Giovanni e Giuliano.
Carlo presenta ai Fiorentini richieste esose ed inaccettabili mostrandosi chiuso ad ogni compromesso. L'ambasciatore Piero Capponi straccia l'accordo preparato dai ministri del re pronunciando la famosa frase Voi suonate le vostre trombe, noi suoneremo le nostre campane.
L'audacia di Capponi si rivela opportuna e spinge i Francesi a più miti pretese e il 26 novembre si conclude un accordo pagando i Fiorentini una somma contenuta.
Sembra che in questo periodo Alessandro VI e Alfonso II chiedano aiuto ai Turchi ma il sultano Bajazet, considerando l forze impegnate dai Francesi, preferisce rifiutare.
Muore a Firenze a soli trentatre anni Giovanni Pico della Mirandola, "Fenice degli ingegni".
Nello stesso anno muoiono anche Angelo Poliziano e Ermolao Barbaro.


Anno 1495
Papa: Alessandro VI
Imperatore: Massimiliano I
Alessandro VI, che pure è stato il primo a chiamare Carlo VII, ora teme per le sorti dello Stato Pontificio ed avvia trattative con il re francese che il 1 gennaio di quest'anno entra in Roma.
Il re viene ospitato nel palazzo San Marco mentre il Papa ritiene prudente trasferirsi in Castel Sant'Angelo.
Viene siglato un accordo in cui il Papa si impegna ad incoronare Carlo re di Napoli, gli cede temporaneamente alcuni territori della Chiesa e gli consegna come ostaggio il figlio Cesare Borgia.
Carlo VIII chiede al Papa, che subito la concede, la nomina a cardinale del suo primo ministro Guglielmo Brissonteto.
Carlo VIII parte da Siena alla volta di Napoli il 28 gennaio. Il 23 gennaio Alfonso II abdica in favore del figlio Ferdinando II, più amato di lui dalla nobiltà e dal popolo, per ritirarsi in un monastero di Mazara dove muore il 19 novembre.
Durante la marcia di Carlo VIII muore Zizim, fratello del sultano, che era stato consegnato al re dal Papa. A Velletri Cesare Borgia, che segue Carlo come ostaggio, fugge e torna a Roma.
A Napoli Ferdinando II libera i baroni imprigionati dal padre ed usa ogni mezzo per guadagnare la fiducia dei sudditi, ma viene tradito dagli ufficiali.
Capua, l'Aquila, Gaeta ed altre città si arrendono ai Francesi senza combattere.
Anche i Napoletani offrono a Carlo di sottomettersi e Ferdinando II si ritira ad Ischia (21 febbraio) dove uccide l'ufficiale Giusto della Candona che, passato ai Francesi, tentava di impedirgli i insediarsi nel castello.
Carlo entra a Napoli con trentottomila uomini e pochi giorni dopo si arrendono anche gli ultimi focolai di resistenza.
Ferdinando d'Aragona re di Sicilia protesta presso Carlo VIII e fortifica i confini con il regno di Napoli.
Le rapide conquiste francesi spaventano i potentati europei, contro Carlo si crea una lega cui partecipano Alessandro VI, Venezia, Massimiliano I, Ferdinando ed Isabella di Spagna e Ludovico il Moro. Francesco Gonzaga signore di Mantova è nominato capitano generale delle forze della lega.
Il 10 maggio Carlo lascia Napoli per tornare in Francia, giunto a Roma scopre che Alessandro VI è fuggito a Perugia.
Carlo procede rapidamente mentre le sue truppe compiono saccheggi ed atti di crudeltà. In Piemonte Ludovico duca d'Orleans conquista Novara per Carlo togliendola agli Sforza.
L'armata francese si scontra con quella della Lega comandata da Francesco Gonzaga sul fiume Taro presso Fornovo in una breve e sanguinosa battaglia nella quale entrambe le parti subiscono gravi perdite, i Francesi comunque riescono a superare l'ostacolo e procedono verso Piacenza.
L'esercito di Ludovico il Moro e quello veneziano assediano Novara, non avendo forze sufficienti per riprendere la città Carlo VIII la restituisce agli Sforza e torna in Francia.
Una parte dell'esercito francese rimane in Italia per tentare di prendere Genova insieme ai fuoriusciti di quella città ma i Genovesi si difendono valorosamente ed i Francesi rinunciano all'impresa.
Partito Carlo, Ferdinando II comincia ad organizzarsi per recuperare il regno. Un primo scontro avviene in Calabria dove le forze di Ferdinando, condotte dal Consalvo, vengono sconfitte.
Intanto la popolazione cova la ribellione contro gli invasori francesi ed una rivolta a Napoli consente a Ferdinando di rientrare in città il 7 luglio.
Il presidio francese viene assediato in Castel Nuovo e Castel dell'Ovo. I Francesi vengono espulsi da Napoli ma gli scontri si susseguono durante quest'anno ed il successivo.


Anno 1496
Papa: Alessandro VI
Imperatore: Massimiliano I
Ferdinando II ottiene da Venezia una flotta ed un esercito comandati da Francesco Gonzaga, oltre a un forte prestito per il quale da in garanzia Brindisi, Trani, Gallipoli, Otranto ed altre terre pugliesi.
Consalvo Fernandez riesce a conquistare Cosenza, quindi si unisce a Ferdinando assediando ed espugnando Atella.
A causa dell'aria malsana dei luoghi muore il signore di Mompensieri, comandante delle truppe francesi e Francesco Gonzaga, malato, è costretto a tornare in Lombardia.
Con dispensa papale Ferdinando II sposa la zia Giovanna, figlia di Ferdinando I e sorella di Alfonso, e muore poco dopo, il 5 ottobre.
Non avendo lasciato Ferdinando alcun erede viene proclamato re lo zio Federico conte di Altamura che subito riprende Gaeta ai Francesi.
Alessandro VI fa imprigionare Virginio e Paolo Orsini per aver sostenuto i Francesi e tenta di occupare i loro castelli.
Il governatore francese di Sarzana, sembra fraintendendo un ordine di Carlo VIII, vende la città ai Genovesi e la cittadella di Pisa ai Pisani stessi provocando incidenti con Firenze.
Firenze attacca Pisa che ottiene aiuti da Venezia e Milano.
Un esercito francese si sposta ad Asti. Lo comanda il condottiero milanese Gian Jacopo Trivulzio che, dopo aver servito il regno di Napoli, è passato a Carlo VIII.
Per fronteggiare questa minaccia Ludovico il Moro convince l'imperatore Massimiliano a scendere in Italia.
Muore Carlo Giovanni Amedeo duca di Savoia a soli otto anni (16 aprile), gli succede nel ducato lo zio Ludovico che muore l'anno successivo.


Anno 1497
Papa: Alessandro VI
Imperatore: Massimiliano I
Il 24 gennaio le milizie pontificie comandate da Guidobaldo duca di Urbino e dal figlio duca di Gandia vengono sconfitte presso Soriano dalle forze degli Orsini comandate da Bartolomeo d'Alviano e da Vitellozzo Vitelli.
La sconfitta mette fine al progetto del Papa di passare le terre degli Orsini ai figli, di conseguenza Alessandro VI nomina il figlio Giovanni duca di Benevento e conte di Terracina e Pontecorvo. Gli si oppone solo il cardinal Piccolomini.
Giovanni Borgia viene ucciso il 14 giugno, il suo corpo ritrovato nel Tevere. Si pensa che il mandante dell'omicidio sia il fratello Cesare.
Lucrezia Borgia lascia la casa del marito Giovanni Sforza signore di Pesaro ed Alessandro VI scioglie il matrimonio.
Cesare Borgia, delegato dal padre, incorona a Capua Federico re di Napoli che subito si dedica a liberare il suo regno dal brigantaggio e a ripristinare l'ordine e gli affari pubblici. Tuttavia deve affrontare l'ostilità di una parte dei nobili.
Piero de'Medici tenta senza successo di rientrare in Firenze.
Il 2 gennaio a Milano muore di peste Beatrice d'Este moglie di Ludovico Sforza.
Il cardinale Giuliano della Rovere e Batistino Campofregoso, con l'appoggio francese, tentano invano di togliere Savona ai Genovesi.
Gian Giacomo Trivulzi, anche egli sostenuto dalla Francia, molesta il ducato di Milano ma viene respinto.
Muore Filippo duca di Savoia e gli succede il figlio Filiberto II.


Anno 1498
Papa: Alessandro VI
Imperatore: Massimiliano I
In Aprile muore il re di Francia Carlo VIII che non lascia eredi, gli succede il cugino Ludovico duca d'Orleans, Luigi XII, incoronato il 27 maggio, che prende anche i titoli di duca di Milano e re delle Due Sicilie.
Il nuovo re ripudia la moglie Giovanna figlia di Luigi XI per sposare Anna di Bretagna vedova di Carlo VIII che porta in dote il ducato di Bretagna. Il Papa concede la dispensa ma manovra in modo da essere ricompensato con favori per suo figlio Cesare che viene inviato in Francia a consegnare la bolla di scioglimento del matrimonio. Infatti Luigi XII nomina Cesare duca di Valenza del Delfinato e gli assegna una pensione.
Luigi XII accampa pretese sul ducato di Milano in base ai diritti della sua antenata Valentina Visconti.
I Veneziani assoldano Guidobaldo duca di Urbino, Astorre Baglioni, Bartolomeo d'Alviano, Paolo Orsini e Francesco Gonzaga e muovono in aiuto di Pisa, coinvolgendo anche i Medici e altri fuoriusciti Fiorentini.
Ludovico Sforza, per evitare che Venezia conquisti il dominio di Pisa, soccorre i Fiorentini. Le forze di Firenze, comandate da Paolo Vitelli, riportano alcune modeste vittorie.
Il domenicano ferrarese Girolamo Savonarola predica a Firenze ed interviene nei pubblici affari sostenendo l'alleanza con il re di Francia.
Ha molti nemici politici fra cui i Medici e le sue parole contro i vizi del Papa e della Chiesa romana inducono Alessandro VI a vietargli la predicazione. Savonarola ignora il divieto ed è scomunicato, il Papa chiede al governo fiorentino di perseguirlo, minacciando l'interdetto.
Infine, anche a causa delle frequenti diatribe con altri predicatori a lui contrari, Savonarola viene arrestato. Contro di lui si usano la tortura, prove falsificate, un processo basato su accuse infondate con il risultato che il 23 maggio il frate è impiccato ed il suo corpo dato alle fiamme, le ceneri gettate in Arno.
Il giudizio di Muratori tiene conto delle doti dell'uomo ma gli imputa disobbedienza al Papa (a prescindere dai vizi dello stesso) ed eccessiva ingerenza nelle cose secolari.


Anno 1499
Papa: Alessandro VI
Imperatore: Massimiliano I
Milano, Venezia e Firenze, volendo porre fine alla guerra di Pisa, affidano l'arbitrato a Ercole I d'Este che decide deludendo tutti che Firenze abbia Pisa e paghi centoottantamila fiorini a Venezia, mentre le rendite pubbliche e le fortezze della città vadano ai Pisani.
I Pisani non accettano la decisione e continuano da soli la guerra, contro di loro i Fiorentini mandano Paolo Vitelli.
Il Vitelli conquista una fortezza ma non riesce ad assediare Pisa. I Fiorentini considerano il suo comportamento sospetto ed il 1 ottobre lo decapitano.
Pisa viene quindi conquistata da Vitellozzo Vitelli fratello di Paolo.
Muore Marsilio Ficino.
Luigi XII ed Alessandro VI consolidano la loro alleanza. Il 10 maggio Cesare Borgia sposa la figlia di Giovanni d'Albret re di Navarra alla quale il papa fornisce una ricca dote.
Sempre intenzionato ad impadronirsi del ducato di Milano e del regno di Napoli, Luigi XII forma una lega con Venezia contro Ludovico il Moro. Il Papa aderisce alla lega con il patto che i Francesi aiutino Cesare Borgia a conquistare Imola, Faenza, Forlì e Pesaro.
Alleatosi anche con Filiberto duca di Savoia, Luigi XII invia truppe ad Asti comandate da Gian Giacomo Trivulzio.
Ludovico affida il comando al genero Gian Galeazzo di Sanseverino.
Nel mese di agosto i Francesi conquistano Valenza, quindi Tortona, Voghera ed altre città, mentre i Veneziani attaccano da est e prendono Caravaggio.
I Francesi conquistano Alessandria grazie al tradimento del fratello di Sanseverino, Mortara e Pavia si arrendono senza combattere.
I 2 settembre Ludovico il Moro affida il castello di Milano a Bernardino da Corte e parte per la Germania con la famiglia e il tesoro, sperando di ottenere aiuti da Massimiliano I. I Milanesi si consegnano ai Francesi.
Tutto il ducato è in mano francese ad eccezione di Cremona che secondo i patti viene ceduta a Venezia. Bernardino da Corte vende ai Francesi il Castello Sforzesco.
Il 6 ottobre Luigi XII entra in Milano accolto festosamente dalla popolazione lieta di essersi liberata di Ludovico il Moro.
Il piccolo Francesco Sforza, figlio del defunto duca Gian Galeazzo, che si trova a Milano viene condotto in monastero, la madre Isabella rimandata a Napoli.
Gian Galeazzo Trivulzi riceve in premio le terre di Vigevano.
Anche Genova si consegna al re di Francia ed i Fiorentini formano una lega con lui.
Alessandro VI si impadronisce di Sermoneta e ne fa dono alla figlia Lucrezia che ha sposato Alfonso d'Aragona duca di Bisceglie ed ha già il titolo di governatrice del ducato di Spoleto.
Il Papa sollecita Luigi XII perché mantenga la sua promessa di aiutare il Valentino a conquistare la Romagna contro gli Sforza di Pesaro, i Malatesta di Rimini, i Manfredi di Faenza, i Riario di Imola e Forlì, i Varano di Camerino ed i Montefeltro di Urbino.
Il Valentino ottiene un esercito unendo le forze fornite da Luigi XII e da Alessandro VI. Dopo un mese Luigi XII torna in Francia affidando Milano a Gian Giacomo Trivulzio e Cesare Borgia assedia Imola che capitola rapidamente.
Il Valentino passa ad assediare Forlì governata da Caterina Sforzaa> vedova di Gerolamo Riario.


Anno 1500
Papa: Alessandro VI
Imperatore: Massimiliano I
Nonostante la strenua resistenza degli assediati Cesare Sforzaa> conquista Imola e manda Caterina Sforzaa> a Roma dove viene tenuta prigioniera in Castel Sant'Angelo. Viene liberata dopo una breve reclusione. Aveva sposato Giovanni de'Medici, padre di quel Giovannia> che a sua volta generò Cosimo Ia> granduca di Toscana.
Il Valentino è in possesso di Imola, Cesena e Forlì ma poiché i Francesi al suo comando vengono richiamati in Lombardia, deve rimandare altre conquiste e tornare a Roma.
A Roma si celebra il Giubileo e Alessandro VI guadagna tesori con il commercio delle indulgenze.
Il duca Valentino viene nominato gonfaloniere della Chiesa.
In Lombardia si forma un partito contrario ai Francesi e favorevole al ritorno degli Sforza.
Gli Sforza assoldano ottomila Svizzeri e cinquecento Borgognoni, forze che alla fine di gennaio scendono a Como che apre loro le porte.
A Milano i Francesi si rifugiano nel Castello e Trivulzio si ritira a Mortara, in Febbraio Ludovico e Ascanio entrano in città. Pavia e Parma si schierano con gli Sforza; per evitare che facciano altrettanto i Francesi occupano Piacenza e Lodi.
Ivo d'Allegre riconquista Tortona per gli Sforza, Ludovico assedia Novara mentre Luigi XII invia rinforzi in Italia.
In aprile gli Svizzeri assoldati da Ludovico il Moro lo tradiscono e, ritirandosi a Novara, lo catturano insieme ai tre Sanseverino, provocando lo sbandamento dell'intera armata sforzesca.
Poco dopo viene catturato anche Ascanio Sforza e portato a Venezia. Quindi Ludovico ed Ascanio vengono trasferiti in Francia e lasciati in prigione.
Un vento di eccezionale potenza abbatte un camino del Vaticano provocando danni anche agli appartamenti del Papa e causando alcune vittime. Si tratta, secondo Muratori, di un monito divino per la scandalosa condotta del Papa, ma Alessandro VI non si lascia impressionare.
Dei sicari, probabilmente inviati da Cesare Borgia, aggrediscono Alfonso d'Aragona marito di Lucrezia. La vittima sopravvive ma pochi giorni dopo muore di veleno.
In ottobre il Valentino riprende la guerra in Romagna con il supporto dei Francesi comandati da Ivo d'Allegre ed occupa rapidamente Pesaro e Rimini, mentre Faenza resiste fino all'anno seguente.
I Fiorentini assoldano truppe svizzere e con il concorso dei Francesi tentano di riprendere Pisa, ma senza successo.


Anno 1501
Papa: Alessandro VI
Imperatore: Massimiliano I
Cesare Borgia attacca Faenza che ancora gli resiste con un forte esercito. La città infine capitola e il Valentino, violando le condizioni di resta, porta a Roma il giovane Astorgio Manfredi, lo fa giustiziare e ottiene dal padre l'investitura di duca di Romagna.
Quindi Cesare Borgia si volge verso Bologna il cui signore Giovanni Bentivoglio si è posto sotto la protezione del re di Francia Luigi XII. Questa circostanza e la resistenza delle popolazioni spingono il Valentino a trattare e ad accontentarsi della cessione di Castel Bolognese ed altri privilegi.
Con la sua armata valica l'Appennino e passa in Toscana. Cerca di approfittare dei contrasti interni di Firenze ma riesce ad ottenere soltanto un modesto ingaggio per le sui truppe per poi tornare a Roma anche a causa delle pressioni del re di Francia in favore dei Fiorentini.
Intanto Luigi XII, che si è guadagnato il favore del Papa con le concessioni fatte al Valentino, organizza il fidanzamento della figlia Claudia con Carlo duca di Lussemburgo, nipote dell'imperatore Massimiliano, per procurarsi alleati mentre progetta di conquistare il regno di Napoli.
Il re di Napoli Federico contava sull'aiuto di Ferdinando il Cattolico di Aragona ma questi ha già concluso un trattato segreto con Luigi XII per spartire il regno di Napoli fra Spagnoli e Francesi. A questa alleanza, che ha la motivazione ufficiale di combattere i Turchi, aderisce anche il Papa.
Il 24 luglio i Francesi conquistano Capua massacrando la popolazione con la collaborazione di Cesare Borgia.
La vicenda di Capua diffonde il panico nel regno e il re Federico si rifugia in Castelnuovo. Poco dopo Napoli si consegna ai Francesi.
Federico, al quale viene data libertà di trasferirsi dove preferisce, sceglie di andare in Francia confidando nella generosità di Luigi XII che in effetti gli concede una pensione ed il ducato d'Angiò dove il deposto monarca morirà il 9 settembre 1504.
Ferrante, primogenito di Federico, viene mandato in Spagna dove morirà nel 1550, il fratello Alfonso passato con il padre in Francia morirà a Grenoble nel 1515. Infine il terzogenito Cesare si trasferisce a Ferrara dove morirà ancora diciottenne.
Recatosi personalmente ad assediare Sermoneta per toglierla ai Colonna, Alessandro VI delega gli affari di governo alla figlia Lucrezia, appositamente stabilitasi in Vaticano.
Cesare Borgia invia Vitellozzo e Gian Paolo Baglioni contro Piombino, il locale signore Jacopo d'Appiano ripara in Francia.
Muore Agostino Barbarigo, doge di Venezia e gli succede Leonardo Loredan.


Anno 1502
Papa: Alessandro VI
Imperatore: Massimiliano I
Lucrezia Borgia, munita dal padre di ricchissima dote, sposa Alfonso d'Este figlio di Ercole I duca di Ferrara ed entra in Ferrara il 2 febbraio.
Cesare Borgia attacca a tradimento il ducato di Urbino dopo essersene finto alleato. Il duca Guidobaldo fugge a Mantova con il nipote Francesco Maria della Rovere.
Con analoga strategia attacca Camerino e fa giustiziare Giulio da Varano signore di quella città.
Una coalizione formata da Vitellozzo Vitelli, Gian Paolo Baglioni, Fabio Orsini, Piero de' Medici e Pandolfo Petrucci, conquista Arezzo ed altri centri della Toscana a danno dei Fiorentini. Anche in questo caso i mandanti sono i Borgia, ma vengono fermati dall'intervento del re di Francia.
I potentati italiani che si sentono minacciati dal Valentino convincono Luigi XII a scendere in Italia ma la diplomazia di Alessandro VI placa lo sdegno del re che si dedica alla conquista del regno di Napoli, ora conteso con gli Spagnoli.
Anche il Valentino, con menzogne ed adulazioni, riesce a recuperare la fiducia di Luigi XII e ne approfitta subito per aspirare alla signoria di Bologna.
Bologna tuttavia appare troppo difficile da conquista ed il Valentino si limita a concludere con Giovanni Bentivoglio un accordo che gli arreca nuove risorse finanziarie.
Passa quindi a conquistare Senigallia, città di Francesco Maria della Rovere, per poi strangolare alcuni dei suoi capitani che hanno svolto l'impresa.


Anno 1503
Papa: Pio III poi Giulio II
Imperatore: Massimiliano I
L'anno precedente il Valentino ha ucciso, fra gli altri comandanti, Paolo Orsini violando la pace stabilita da Alessandro VI con quella famiglia.
Avutane notizia il papa fa imprigionare il cardinale Giambattista Orsini e l'arcivescovo di Firenze Rinaldo Orsini, impadronendosi dei loro possedimenti.
Cesare Borgia progetta di attaccare Siena governata da Pandolfo Panducci ma viene richiamato dal padre per fronteggiare la rivolta di Gian Giordano Orsini duca di Bracciano.
I Borgia continuano senza scrupoli a coltivare le proprie ambizioni di dominio sull'intera Italia ma Alessandro VI si ammala improvvisamente e muore il 18 agosto.
Secondo numerose fonti Alessandro VI muore per aver ingerito per errore il veleno che aveva destinato ad Adriano cardinale di Corneto suo commensale. In effetti anche questo cardinale e Cesare Borgia che partecipavano alla cena si ammalarono ma, più giovani del Papa, superarono la crisi.
Il Valentino riunisce tutte le sue truppe a Roma ed esercita pressioni sui cardinali perché eleggano un Papa di suo gradimento. Per lo stesso motivo conclude la pace con i Colonna ed un accordo con i Francesi.
Il 22 settembre il conclave elegge Francesco Piccolomini, senese, che prende il nome di Pio III ma regna solo per poche settimane morendo il 18 ottobre per un'infezione. Nel suo breve pontificato tenta di convocare un concilio ecumenico per riformare la Chiesa.
Cesare Borgia, giunto a Roma per onorare il nuovo pontefice, si scontra con Gian Paolo Baglioni e con gli Orsini ed è costretto a rifugiarsi in Vaticano, quindi in Castel Sant'Angelo.
Il primo novembre viene eletto papa Giulio II, il cardinale Giuliano della Rovere di Savona, nipote di Sisto IV.
Il Della Rovere, da sempre avversario dei Borgia, si era trasferito in Francia durante il pontificato di Alessandro VI. Deciso a recuperare i territori della Chiesa, Giulio II intende utilizzare Cesare Borgia, lo fa uscire da Castel Sant'Angelo e gli conferma titoli e privilegi.
Intento in Romagna gli Ordelaffi ed i Malatesta recuperano i rispettivi possedimenti con l'aiuto di Venezia.
Giulio II affida una missione a Venezia al Valentino ma poiché questi si comporta in modo insubordinato lo richiama a Roma dove viene di nuovo detenuto nella Torre dei Borgia.
Intanto continua la guerra fra Francesi e Spagnoli per il regno di Napoli e falliscono le trattative per trovare una conciliazione fra Luigi XII e l'arciduca Filippo genero del re Ferdinando.
In Puglia il capitano Consalvo continua a raccogliere forze per resistere ai Francesi. Si verificano combattimenti ed il 14 maggio Consalvo riesce ad entrare in Napoli ed attaccare i presidi francesi di Castelnuovo e di Castel dell'Ovo, costringendo i Francesi a ritirarsi a Gaeta.
Luigi XII invia in Italia un nuovo esercito comandato da Francesco Gonzaga ma questi, giunto a Gaeta, si ammala ed ottiene licenza di tornare a Mantova.
A Consalvo si uniscono nuove forze guidate da Bartolomeo d'Alviano. Francesi e Spagnoli vengono a battaglia il 28 dicembre sul Garigliano, i Francesi sono sconfitti e gli Spagnoli occupano Gaeta. Nello scontro perisce, fra gli altri, Piero de' Medici.


Anno 1504
Papa: Giulio II
Imperatore: Massimiliano I
Giulio II intima ai Veneziani di restituire alla Chiesa Ravenna, Faenza e Rimini, ma Venezia adduce varie ragioni per rifiutare.
Il Papa lascia libero il Valentino facendosi consegnare le fortezze di Cesena, Imola e Bertinoro. Il 28 aprile il duca si sposta a Napoli senza aver restituito la rocca di Forlì. Il papa protesta presso Ferdinando e Isabella di Spagna che fanno arrestare il Valentino. Condotto in Spagna, Cesare Borgia vi rimane prigioniero per circa tre anni. Quando fugge e passa a militare in Navarra viene ucciso in un agguato.
Giulio II adotta il nipote Francesco Maria della Rovere.
I Francesi assediati a Gaeta si arrendono e gli Spagnoli sono in pieno possesso del Regno di Napoli.
Muore la regina Isabella di Castiglia. L'arciduca Filippo figlio di Massimiliano I accampa pretese sulla Castiglia ma la questione viene temporaneamente risolta con un trattato fra Massimiliano, Filippo e Ferdinando II il Cattolico.
I Fiorentini continuano a tentare la conquista di Pisa, devastano la campagna per ridurre alla fame gli assediati ed arrivano a progettare di deviare l'Arno.
Esule a Tours, muore l'ex re di Napoli Federico. Muore anche Filiberto duca di Savoia al quale succede il fratello Carlo III.


Anno 1505
Papa: Giulio II
Imperatore: Massimiliano I
Accordo fra Venezia e Giulio II il quale recupera Cesenatico ed altre terre in Romagna.
In primavera Bartolomeo d'Alviano interviene in favore dei Pisani ma viene sconfitto da Ercole Bentivoglio, comandante delle forze fiorentine, e costretto a ritirarsi a Siena. I Fiorentini insistono nell'attaccare Pisa ma i Pisani si difendono con efficacia, grazie anche ai rinforzi forniti dal Consalvo.
Il 25 gennaio muore Ercole I d'Este duca di Ferrara. Lascia tre figli: Alfonso, Ferdinando e Ippolito. Alfonso, il primogenito, viene riconosciuto nuovo duca.
Per l'Italia è un anno di pace, ma funestato dalla carestia, dalla peste e da alcuni terremoti.
Viene stipulato un accordo fra Francia e Spagna nel quale Luigi XII rinuncia, in cambio di denaro, alle sue imprese nel Napoletano. Di conseguenza nel regno di Napoli vengono liberati e riabilitati i nobili filofrancesi che si trovano in prigione.



Anno 1506
Papa: Giulio II
Imperatore: Massimiliano I
Il 27 agosto Giulio II si muove personalmente da Roma a capo di un'armata per intervenire a Perugia contro la tirannia dei Baglioni. Gian Paolo Baglioni preferisce non resistere ed incontra il Papa ad Orvieto per mettersi a sua disposizione.
Il 12 settembre Giulio II prende possesso di Perugia ed aggiunte alle sue le truppe dei Baglioni muove verso Bologna.
L'arciduca Filippo, che ha assunto il titolo di re di Castiglia, si reca in Spagna per incontrare Ferdinando il Cattolico. Poco dopo questi, che nutre sospetti sulla fedeltà di Consalvo vicerè di Napoli, decide di recarsi personalmente a Napoli per verificare la situazione.
Consalvo, informato del progetto, invia al re suoi delegati per congratularsi per la decisione e Ferdinando, dissimulando i suoi sospetti, gli conferma cariche, rendite e privilegi.
Ferdinando giunge a Napoli alla fine di ottobre, poco dopo riceva la notizia della morte del genero Filippo avvenuta in Spagna il 25 settembre.
Rivolta dei Genovesi che cacciano i nobili dalla città ed assediano Monaco dove è signore Luciano Grimaldi. Luigi XII, fallito un tentativo diplomatico, si prepara ad attaccare militarmente gli insorti.
Ferdinando e Giulio d'Este cospirano contro il fratello Alfonso. Scoperti vengono condannati a morte e graziati dal duca all'ultimo momento.



Anno 1507
Papa: Giulio II
Imperatore: Massimiliano I
Il Papa, rientrato a Roma da Bologna, si dedica ad organizzare una lega contro i Veneziani per costringerli a restituire i territori sottratti alla Chiesa.
I Genovesi, costretti dai Francesi a togliere l'assedio a Monaco, eleggono doge il plebeo Paolo da Novi.
Luigi XII scende personalmente in Italia ed il 28 aprile entra a Genova che gli si arrende senza combattere. Domata con molta moderazione la rivolta, Luigi passa in Lombardia, quindi sosta a Savona dove ha convenuto di incontrare Ferdinando il Cattolico.
Ferdinando viene sollecitato a tornare in Spagna per assumere personalmente il governo della Castiglia in quanto Carlo e Ferdinando, figli del defunto Filippo, erano troppo giovani e la vedova Giovanna soffriva di una malattia mentale.
Il 28 giugno Ferdinando d'Aragona e Luigi XII di Francia si incontrano a Savona e dedicano quattro giorni ad accordi e trattative.
La cortesia di Luigi XII verso il Consalvo acuisce i sospetti di FErdinando ed al rientro in Spagna la fortuna del Capitano tramonta. Consalvo morirà nel 1515 dopo aver trascorso gli ultimi anni nell'ombra, vedendosi negare dal re premi ed onori che gli erano stati promessi.



Anno 1508
Papa: Giulio II
Imperatore: Massimiliano I
Deciso a scendere in Italia per soccorrere Pisa, Massimiliano I chiede a Venezia il passo per il suo esercito ma i Veneziani rifiutano temendo un'invasione. Sdegnato, l'imperatore dichiara guerra a Venezia ed attacca Rovereto ed il Cadore.
I Veneziani assoldano Niccolò Orsini, Andrea Gritti, Bartolomeo d'Alviano e Giorgio Cornaro, inoltre Luigi XII manda in loro soccorso Carlo d'Ambois governatore di Milano e Gian Giacomo Trivulzio.
Bartolomeo d'Alviano opera nel Cadore conquistando alcuni castelli. In uno di questi scontri muore il giovane Carlo Malatesta.
Il 28 marzo l'Alviano prende Gorizia, quindi passa ad espugnare Trieste, Porto Naone e Fiume.
I suoi successi inducono l'imperatore a concludere una tregua di tre anni con Venezia (30 aprile), ma Luigi XII non perdona ai Veneziani di averlo escluso dalle trattative.
Giulio II incarica il suo legato Giorgio d'Ambois cardinale di Roano di promuovere una lega antiveneziana. Il cardinale si incontra a Cambrai con Margherita di Savoia figlia di Massimiliano e con gli ambasciatori di Ferdinando il Cattolico.
Il 10 dicembre viene costituita la lega di Cambrai fra l'imperatore Massimiliano, la Francia, la Spagna e la Chiesa. Aderiscono inoltre il duca di Savoia, il duca di Ferrara e Francesco Gonzaga marchese di Mantova.
Giulio II intima a Venezia la restituzione delle terre della Chiesa pena l'interdetto e l'intervento imperiale. In questo modo solleva Massimiliano dal vincolo della tregua triennale recentemente sottoscritta.
Muore Ludovico il Moro già duca di Milano.



Anno 1509
Papa: Giulio II
Imperatore: Massimiliano I
Venezia è all'apice della ricchezza e potenza ma presto i suoi guadagni prenderanno a diminuire a causa delle nuove vie mercantili aperte dalla scoperta dell'America.
Davanti alla Lega di Cambrai i Veneziani tentano una soluzione diplomatica ma vedendola fallire organizzano una grande armata.
Le forze della Lega si riuniscono nello stato di Milano ed il 15 aprile i Francesi aprono le ostilità con una scorreria oltre l'Adda comandata da Carlo d'Ambois.
Francesco Gonzaga attacca il Veronese ma è respinto da Bartolomeo d'Alviano.
Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino e nipote del Papa, saccheggia il Faentino ed assedia Ravenna.
Il 14 maggio 1509 si giunge ad una grande battaglia e fra l'esercito francese e quello veneziano ad Agnadello nel Cremonese. I Veneziani sono duramente sconfitti e Bartolomeo d'Alviano, fatto prigioniero, resterà agli arresti in Francia per più di tre anni.
L'altro comandante dei Veneziani, Niccolò Orsini conte di Pitigliano, si mette in salvo fuggendo a Caravaggio.
Crema, Cremona, Bergamo e Brescia si arrendono ai Francesi, quindi Luigi XII conquista il castello di Peschiera sul lago di Garda.
Costernati per la sconfitta i Veneziani cercano di mitigare i nemici ordinando a Verona, Vicenza, Faenza, Rimini, Cervia e Ravenna di arrendersi a Massimiliano I.
Nel mese di maggio Alfonso d'Este, aderente alla Lega di Cambrai, conquista Rovigo ed il Polesine.
Il senato di Venezia invia l'ambasciatore Antonio Giustiniano a chiedere la pace a Massimiliano I con la facoltà di cedere qualsiasi possedimento veneziano in terraferma, ma la missione non ha successo.
Anche Giulio II non si dimostra mitigato nei confronti di Venezia e conferma interdetto e censure.
Nel mese di luglio i Padovani si ribellano al nuovo governo francese e, soccorsi dai Veneziani, liberano la città.
Preoccupato dall'eccessivo successo dei Francesi, Giulio II sollecita Massimiliano I ad intervenire nel Veneto.
I nobili fuoriusciti durante la ribellione vengono catturati dai Veneziani, accusati di intelligenza con il nemico e molti di loro vengono giustiziati.
Francesco Gonzaga, vittima di un'imboscata, viene catturato ed imprigionato a Venezia.
Sul finire di agosto Massimiliano giunge a Padova dove il suo esercito, numeroso ma disordinato, si dedica al saccheggio.
Agli imperiali si uniscono forze inviate da Alfonso duca di Ferrara e comandate dal cardinale Ippolito d'Este, e quelle pontificie agli ordini di Ludovico Pico della Mirandola.
Con tante risorse Massimiliano assedia Padova ma la difesa della città è talmente valida che il 27 settembre l'imperatore si ritira a Vicenza per tornare poco dopo in Germania.



Anno 1510
Papa: Giulio II
Imperatore: Massimiliano I
Muore in febbraio Niccolò Orsini conte di Pitigliano.
Giulio II, che ha ormai recuperato quanto i Veneziani avevano sottratto alla Chiesa, cambia atteggiamento anche in considerazione della difesa che Venezia costituisce contro i Turchi.
Con sdegno del re di Francia il Papa riceve gli ambasciatori Veneziani ed inizia un'opera di conciliazione fra Venezia e l'imperatore, intanto stringe un'alleanza con i Cantoni Svizzeri e solleva polemiche con Luigi XII e con Francesco Gonzaga.
I Veneziani assoldano i condottieri Lucio Malvezzi e Renzo da Ceri e tentano la presa di Verona, ma l'impresa fallisce e Massimiliano Idispone un presidio per proteggere Verona.
L'esercito imperiale attacca e saccheggia Vicenza e fa strage di centinaia di cittadini rifugiatisi nelle grotte naturali presto Custoza.
Nello stesso periodo i Francesi compiono analoghe violenze ai danni di Legnano.
I Veneziani assoldano milizie turche. Il Papa arruola quindicimila Svizzeri perché attacchino lo stato di Milano.
Il 9 agosto Giulio II scomunica Alfonso d'Este dichiarandolo decaduto dal ducato di Ferrara, quindi gli manda contro suo nipote Francesco Maria della Rovere duca di Urbino.
Mentre i Francesi sconfiggono i Turchi al servizio di Venezia, l'armata imperiale e quella pontificia si concentrano contro il ducato di Ferrara e lo stesso Giulio II prende parte alle manovre, giungendo a Bologna il 22 settembre.
Il 30 luglio i Veneziani liberano Francesco Gonzaga marchese di Mantova, che tenevano prigioniero, il 3 ottobre il Papa lo nomina Gonfaloniere della Chiesa.
Il Papa tenta più volte di istigare i Genovesi a ribellarsi al dominio francese, tenta anche azioni militari in questo senso ma gli Svizzeri lo abbandonano.
Si svolgono trattative infruttuose fra i delegati del re di Francia e quelli di Giulio II.
Il papa, uomo irascibile e determinato, è sdegnato con i Francesi che si sono avvicinati in armi a Bologna mentre lui vi soggiornava malato ed è pieno di rancore verso Alfonso d'Este per la sua alleanza con la Francia.
Giulio II è deciso a conquistare Ferrara ma le difficoltà dell'inverno imminente lo inducono ad attaccare per il momento la piazzaforte di Mirandola.
Luigi XII intanto convoca un concilio di vescovi francesi per consultarlo sulla legittimità del difendere i territori reali contro il Papa ed ottiene risposte affermative, passa quindi ad organizzare insieme a Massimiliano I un concilio generale a Lione per deporre Giulio II.



Anno 1511
Papa: Giulio II
Imperatore: Massimiliano I
L'esercito pontificio, unito a molte milizie venete, continua l'assedio della Mirandola. Il Papa presenzia e dirige le operazioni.
Francesca Trivulzi, vedova del conte Ludovico Pico della Mirandola, a causa di una breccia aperta dagli assedianti e dei rigori dell'inverno decide di arrendersi.
Carlo d'Ambois, governatore francese di Milano, per recuperare il prestigio perduto con la caduta della Mirandola e con altre sconfitte tenta la presa di Modena (temporaneamente affidata all'imperatore in base ad una trattativa fra questi ed il Papa) ma non ricevendo la collaborazione della cittadinanza si ritira a Correggio dove muore il 10 marzo.
Il duca di Ferrara respinge un attacco delle forze pontificie e venete, si tenta quindi una trattativa di pace ma senza successo.
Giangiacomo Trivulzio, che è subentrato a Carlo d'Ambois nel comando dei Francesi in Italia, conquista Concordia. All'impresa partecipa il giovane Gastone di Fois duca di Nemours, nipote di Luigi XII.
Giulio II affida il governo di Bologna al cardinale Francesco Alidosio e si trasferisce a Ravenna.
Partito il Papa i Bolognesi si sollevano e il 21 maggio fanno rientrare in città i Bentivoglio mentre il cardinale Alidosio fugge a Imola.
Trivulzio provvede a mettere in fuga tutti i soldati pontifici che si trovano a Bologna, quindi si ferma perché Luigi XII, sperando di trovare un accordo con Giulio II, gli ordina di non penetrare oltre nei possedimenti della Chiesa.
Il cardinale Alidosio tenta di addossare la responsabilità al duca di Urbino il quale, sdegnato, lo uccide. Giulio II lo dichiara decaduto dal ducato ma alcuni mesi dopo, convinto dagli avversari del defunto Alidosio, lo reintegra nel titolo.
Un esercito imperiale conquista buona parte del Friuli a danno di Venezia, ma poco dopo il perugino Gian Paolo Baglioni assume il comando dell'armata veneziana e recupera quei territori oltre a Verona e Vicenza.
Giulio II rientrato a Roma si ammala gravemente ma supera la crisi e stringe alleanza con Ferdinando d'Aragon a e con Enrico XIII re di Inghilterra.
In base a questo accordo un esercito comandato da Raimondo di Cardona vicerè di Napoli si unisce in Romagna alle forze del Papa.
In questo anno i Fiorentini ottengono Montepulciano grazie ad un trattato con i Senesi.
Il 24 ottobre Giulio II scomunica i cardinali che partecipano al concilio di Pisa che dovrebbe deporlo. Questi cardinali a causa delle frequenti risse fra la popolazione pisana e la loro guardia francese, si trasferiscono a Milano.



Anno 1512
Papa: Giulio II
Imperatore: Massimiliano I
Le forze coalizzate pontificie, spagnole e venete si impadroniscono della Fortezza di Fossa Zaniola, conquista importante per attaccare Ferrara. Il 13 gennaio Alfonso d'Este riesce a riconquistare la fortezza rimanendo ferito nel combattimento.
Il 26 gennaio le forze coalizzate iniziano l'assedio di Bologna validamente difesa dai Bentivoglio e dai loro alleati, ma l'intervento di Gastone di Foix induce gli assedianti a ritirarsi a Imola.
Il 3 febbraio i Veneziani conquistano Brescia cacciando i Francesi, poco dopo Bergamo si consegna loro spontaneamente. Gastone di Foix interviene e si scontra con Gian Paolo Baglioni a Isola della Scala riportando una vittoria. Gritti organizza una valida difesa di Brescia insieme alla popolazione ma i Francesi riescono ad entrare in città il 19 febbraio con un assalto sanguinoso. Andrea Gritti ed altri ufficiali vengono fatti prigionieri.
I Francesi si abbandonano al sacco della città e dei monasteri nonostante il divieto di Gastone di Foix che riesce a stento a ripristinare la disciplina facendo impiccare molti trasgressori.
Il conte bresciano Luigi Avogadro, che aveva congiurato per consegnare Brescia ai Veneziani, viene decapitato a Bergamo ed anche questa città torna sotto i Francesi.
Intanto Giulio II opera per alienare al re di Francia l'alleanza con l'imperatore e spingere Enrico VIII e Ferdinando d'Aragona a fargli guerra.
Il 26 marzo, per ordine di Luigi XII e con l'aiuto di Alfonso d'Este, Gastone di Foix muove con la sua armata contro Bologna e lungo il percorso espugna il castello di Russi ed attacca Ravenna, difesa da Marcantonio Colonna.
L'assedio è difficile e i Francesi, a corto di vettovaglie, tentano la battaglia campale. Il combattimento è durissimo, i Francesi conseguono la vittoria catturando il legato pontificio Giovanni de' Medici.
Fabrizio Colonna, uno dei più validi difensori, è fatto prigioniero da Alfonso d'Este.
Numerosissimi i caduti fra i quali è Gastone de Foix. Marcantonio Colonna ripara a Rimini.
Di nuovo i Francesi si dedicano al saccheggio e il capo ad interim dell'armata per ristabilire la disciplina fa impiccare trentaquattro soldati che hanno assalito un monastero femminile.
Spaventate dalla sorte di Ravenna le città di Faenza, Cervia, Imola, Cesena Rimini e Forlì si consegnano ai Francesi.
Ma questa vittoria è l'ultima dei Francesi: minacciato dall'Inghilterra, dalla Spagna e dal Papa, Luigi XII ordina a La Palisse di ritirarsi nel ducato di Milano abbandonando le città conquistate in Romagna.
Il ducato di Milano è minacciato dalle forze imperiali, aggrava la situazione il richiamo da parte di Massimiliano I di tutti i mercenari tedeschi al soldo della Francia. Circola inoltre la voce che Massimiliano Sforza, figlio del defunto Ludovico il Moro, si stia organizzando per riprendere il potere.
In effetti Luigi XII è costretto a richiamare in patria La Palisse e molte città già occupate dai Francesi si consegnano spontaneamente allo Sforza e ai Veneziani.
Durante il rientro in Francia l'armata di La Palisse si scontra con quella imperiale presso Pavia e viene sconfitta. Il cardinale Giovanni de' Medici, prigioniero dei Francesi, viene liberato.
La ritirata francese è una vera e propria fuga e molti soldati muoiono in scontri con le popolazioni dei territori che attraversano.
Intanto in Romagna Francesco Maria della Rovere, nipote del Papa, recupera alcune città che i Francesi avevano sottratto alla Chiesa, i Bentivoglio fuggono da Bologna che il 13 giugno viene di nuovo occupata dalle forze pontificie.
Deciso a riconciliarsi con il Papa, Alfonso d'Este il 23 giugno è a Roma per rendergli omaggio ed essere assolto dalla scomunica ma intanto a sua insaputa l'armata pontificia occupa parte dei suoi domini. Alfonso viene trattenuto a Roma da Giulio II che intende sottrargli il ducato di Ferrara e, liberato da Fabrizio e Marcantonio Colonna, riesce dopo tre mesi a tornare a Firenze in incognito.
Giulio II tenta di restautare i Medicia> a Firenze con l'appoggio del vicerè spagnolo di Napoli Raimondo de Cordona, ma durante le trattative le truppe spagnole saccheggiano e devastano Prato (30 agosto).
Il 31 agosto il gonfaloniere Soderini lascia Firenze e viene ripristinato il governo dei Medicia>.
Il 13 novembre Brescia viene consegnata al Cordona, seguono Peschiera, Trezzo ed altri centri.
Si svolge a Roma il negoziato di pace fra Venezia e Massimiliano. Le condizioni, dettate da Giulio II, prevedono che Verona o Vicenza restino all'imperatore oltre al pagamento di ingenti tributi a carico dei Veneziani.
I Veneziani rifiutano ed aprono trattative con il re di Francia.
Il 15 dicembre Massimiliano Sforza, reintegrato nel ducato, si insedia a Milano.



Anno 1513
Papa: Leone X
Imperatore: Massimiliano I
I tentativi di Luigi XII di concludere la pace hanno come unico risultato una tregua di un anno con lo Sforza. Il re si rivolge quindi ai Veneziani che, sentendosi traditi dalla Lega, accettano l'alleanza. Andrea Gritti, prigioniero in Francia, viene liberato.
Giulio II acquista segretamente Siena dall'imperatore per darla al nipote duca di Urbino.
Continuano le trame del papa contro Luigi XII e Alfonso d'Este. Quest'ultimo conclude una tregua con Venezia ed organizza tutte le possibili difese.
Giulio II progetta di attaccare Ferrara ma si ammala improvvisamente e muore il 21 febbraio.
Nel giudizio di Muratori Giulio II preferì la guerra alla pace e si occupò di estendere i domini della Chiesa più che di salvare le anime. Gli riconosce comunque i meriti di non aver esagerato nel nepotismo e di aver iniziato la costruzione della Basilica di San Pietro.
Viene eletto papa Giovanni de'Medici che prende il nome di Leone X, incoronato l'11 aprile. Letterato e liberale, assume come suoi segretari due scrittori: Pietro Bembo e Jacopo Sadoleto.
Il nuovo papa inizia il pontificato con un atteggiamento neutrale nei confronti delle potenze europee. Intanto Francesi e Veneziani si organizzano per recuperare quanto hanno perduto in Italia.
I Veneziani nominano capitano generale Bartolomeo d'Alviano, recentemente liberato dalla prigionia in Francia.
A Milano, dopo gli iniziali entusiasmi, il duca Massimiliano ha rapidamente perso il favore della popolazione a causa dell'eccessivo gravame fiscale, quindi quando le minacce cominciano ad incombere non può contare sulla resistenza dei sudditi.
I Francesi scendono in Italia ed occupano possedimenti milanesi, altrettanto fanno i Veneziani nell'area orientale del Ducato.
Navi francesi attaccano Genova coadiuvate dalla rivolta sollevata dai fratelli Antoniotto e Girolamo Adorno e cacciano il doge Giano Fregoso .
Massimiliano ripara a Novara dove viene assediato dai Francesi. Il 6 giugno si arriva alla battaglia campale e le truppe francesi vengono sconfitte e messe in fuga dagli Svizzeri al servizio degli Sforza. La notizia di questa vittoria muta gli umori della popolazione che si ribella ai Francesi cacciandoli dal ducato.
Ottaviano Fregoso, con truppe fornite dal vicerè di Napoli Cardona, riprende Genova mettendo in fuga Antoniotto Adorno.
Renzo da Ceri, al servizio di Venezia, deve abbandonare Brescia per carenza di soldati e la città viene ripresa dagli Spagnoli.
Continuano con alterne vicende le operazioni di Spagnoli, Francesi, Veneziani ed imperiali per conquistare le città del ducato milanese, operazioni che vedono in campo famosi condottieri come Bartolomeo d'Alviano, Renzo da Ceri, Silvio Savello, Cesare Fieramosca e il Cardona.
Venezia rifiuta ogni trattativa con gli Spagnoli che per rappresaglia devastano il Padovano. L'Alviano, impegnato nella difesa della città, ottiene il permesso di uscire contro gli invasori e riesce ad accerchiare i nemici, ma volendo osare troppo nonostante si trovi in minoranza numerica finisce con l'essere duramente sconfitto.
Prospero Colonna, generale del ducato di Milano, assedia Crema, ma viene respinto da Renzo da Ceri.



Anno 1514
Papa: Leone X
Imperatore: Massimiliano I
Disastroso incendio a Venezia.
Prosegue in Friuli la guerra fra imperiali e Venezia. L'Alviano e Malatesta Baglioni intervengono catturando il comandante nemico.
Intanto Luigi XII conclusa la guerra con la Spagna e l'Inghilterra, inizia preparativi per scendere in nuovo in Italia.
Con un colpo di mano improvviso Renzo da Ceri occupa Bergamo, viene assediato dagli Spagnoli ma questi presto devono allontanarsi per difendere Rovigo attaccata da Bartolomeo d'Alviano. Tuttavia Renzo da Ceri, a corto di truppe e di risorse, è costretto ad arrendersi.
Il 12 marzo Leone X riceve gli ambasciatori del re del Portogallo Emanuele I che fra i molti doni gli recano un elefante ed una pantera.
Segretamente il Papa va seminando discordia fra i potenti europei per assicurarsi il controllo della situazione.
La missione di Pietro Bembo presso i Veneziani per indurli a rompere l'alleanza con la Francia fallisce, ma svela a Luigi XII le mire del Papa.
Anche Alfonso d'Este viene deluso dalla promessa non rispettata da Leone X di rendergli la città di Reggio che era stata occupata da Giulio II. Inoltre Leone acquista da Massimiliano la città di Modena a scapito degli Estensi.
Ma il peggior difetto di Leone X, come sarà anche per il suo parente Clemente VII, è la brama di arricchire la sua casata medicea. In particolare mira a costituire con Modena, Reggio, Parma e Piacenza un principato per il fratello Giuliano.


Anno 1515
Papa: Leone X
Imperatore: Massimiliano I
Il 1 gennaio muore Luigi XII. Non avendo lasciato eredi maschi gli succede il parente più prossimo: Francesco I conte di Angoulemme, di soli ventidue anni.
Francesco I conferma le alleanze con Inghilterra e Venezia ma non riesce a concludere trattati con Massimiliano, con Ferdinando il Cattolico, con gli Svizzeri e con il Papa, anzi costoro formano leghe contro la Francia.
Leone X organizza il matrimonio del fratello Giuliano con Filiberta, figlia di Filippo duca di Savoia.
Francesco I inizia grandi preparativi per scendere in Italia e recuperare il ducato di Milano, reclutando truppe francesi e mercenari tedeschi.
Ottaviano Fregoso doge di Genova si accorda segretamente con Francesco I, ma la notizia trapela e Prospero Colonna generale delle forze milanesi muove contro di lui ma viene fermato dall'intervento di Leone X protettore del Fregoso.
Colonna e Fregoso stipulano un accordo che obbliga il secondo a non aiutare i Francesi ed il primo muove rapidamente in Piemonte per ostacolare Francesco I.
A causa di una disputa fra Bartolomeo d'Alviano e Renzo da Ceri, i Veneziani decidono di separarli mandando Renzo a presidiare Crema e l'Alviano a Vicenza, ma questi è costretto a ritirarsi per l'arrivo di un esercito spagnolo comandato dal Cardona.
In agosto le forze del Papa, quelle di Napoli e quelle del ducato di Milano si concentrano nell'Italia Settentrionale per fronteggiare i Francesi ma Francesco I non intende desistere dall'impresa.
Nonostante l'ostacolo costituito dagli Svizzeri che presidiano i passi alpini, i Francesi riescono a penetrare in Italia ed il 15 agosto attaccano improvvisamente il campo milanese nei pressi di Saluzzo facendo prigionieri Prospero Colonna ed altri illustri capitani.
Poco dopo Francesco I entra in Torino accolto con onore da Carlo III duca di Savoia.
Da Torino l'armata francese avanza conquistando Novara e Pavia, quindi si accampa a San Donato nei pressi di Milano.
Qui il 13 settembre i Francesi vengono raggiunti ed attaccati dagli Svizzeri. Segue una lunga e sanguinosa battaglia, i Francesi sono comandati dal signor de la Palisse, da Trivulzio, da altri ufficiali e dallo stesso Francesco I. Decisivo è l'intervento di Bartolomeo d'Alviano, che pure comanda forze modeste avendo lasciato il grosso della sua armata a fronteggiare gli Spagnoli. Al suo arrivo gli Svizzeri, temendo di dover affrontare l'intero esercito veneto, iniziano a ritirarsi.
Milano invia le chiavi al re di Francia ma questi desiste dall'entrare in città e si reca a Pavia dove il duca Massimiliano Sforza si è rifugiato.
Leone X conclude un trattato di alleanza con Francesco I restituendo alla Francia Parma e Piacenza ed ottenendo domini e benefici per il fratello Giuliano ed il nipote Lorenzo.
Il 5 ottobre Massimiliano Sforza capitola accettando di rinunciare al ducato e di stabilirsi in Francia dotato di una pensione.
Venezia continua a resistere agli Spagnoli e Bartolomeo d'Alviano riesce a occupare Bergamo ma mentre tenta di prendere Brescia muore di malattia (7 ottobre).
Anche Renzo da Ceri, insoddisfatto dei rapporti con Venezia, si è dimesso per passare al Papa.
I nuovi comandanti delle forze veneziane, Gabriello Emo e Domenico Contarini, conquistano la fortezza di Peschiera del Garda ed altre località, quindi con l'aiuto del Trivulzio assediano Brescia, ma devono ritirarsi davanti agli armamenti spagnoli.
L'11 dicembre Francesco I e Leone X si incontrano a Bologna per definire più precisamente la loro lega.
In quest'occasione Francesco I chiede al Papa di restituire Modena e Reggio agli Estensi, ma il Papa, pur intavolando trattative, riesce ad evitare l'impegno.
Francesco I torna in Francia affidando il Ducato di Milano a Carlo duca di Borbone.
Anno 1516
Papa: Leone X
Imperatore: Massimiliano I
Il 17 marzo muore Giuliano de' Medici, fratello di Leone X. Il defunto non aveva voluto prendere in considerazione la possibilità, ventilata dal Pontefice, di usurpare il ducato di Urbino ai danni di Francesco Maria della Rovere. Morto Giuliano, il nipote Lorenzo e sua madre Alfonsina Orsini si attivano per impossessarsi di quel dominio allestendo un processo contro il duca.
Quando i rivali passano all'azione militare, il duca si ritira a Mantova con la famiglia. Renzo da Ceri con le truppe pontificie invade il ducato e Francesco Maria viene deposto.
Il 15 gennaio muore Ferdinando il Cattolico re d'Aragona. Gli succede l'arciduca Carlo, nipote dell'imperatore Massimiliano.
Francesco re di Francia decide di approfittare per realizzare le sue mire sul regno di Napoli, ma intanto Massimiliano organizza una spedizione in soccorso di Brescia e Verona assediate dai Francesi e dai Veneziani.
Ad un primo contingente di truppe imperiali fa seguito un esercito comandato dallo stesso imperatore che scende in Italia agli inizi di marzo.
Massimiliano conquista rapidamente Peschiera ma poi commette un errore tattico perdendo tempo nell'infruttuoso assedio del castello di Asola e lasciando ai Francesi il modo di riorganizzarsi e ricevere rinforzi.
Avvicinandosi a Milano gli imperiali conquistano Lodi. Milano è difesa dal duca di Borbone. Per le difficoltà dell'assedio e per carenza di mezzi finanziari l'imperatore si ritira a Lodi, quindi a Trento dove viene abbandonato dalle truppe svizzere che non è in grado di pagare.
Carlo duca di Borbone si trasferisce in Francia dimettendosi dalla carica di governatore di Milano che passa a Odetto di Fois signore di Lautrec.
Partiti gli imperiali, il 16 maggio Andrea Gritti attacca Brescia con l'armata veneta e la conquista dopo dieci giorni cacciandone Spagnoli e Tedeschi.
All'inizio di giugno il signore di Lautrec, su pressione dei Veneziani, assedia Verona difesa da Marcantonio Colonna divenuto generale di Massimiliano.
Gli assedianti saccheggiano e devastano il territorio per ridurre alla fame i difensori ma l'avvicinarsi di truppe imperiali induce il governatore di Milano a ritirarsi.
In Luglio Marcantonio Colonna attacca Vicenza con truppe tedesche e la saccheggia per ricompensare i soldati non pagati.
In agosto il Colonna riprende la difesa di Verona di nuovo attaccata dai Francesi e resiste validamente per mesi.
In ottobre gli Imperiali riescono a infrangere i presidi franco-veneti e a rifornire gli assediati.
I Veneziani non intendono rinunciare a Verona e si fanno carico di spese esorbitanti per finanziare l'assedio.
Nell'aprile di quest'anno Leone X scampa ad un tentativo di rapimento da parte di pirati africani che razziavano la costa laziale mentre il Pontefice la visitava per diporto.



Anno 1517
Papa: Leone X
Imperatore: Massimiliano I
Si conclude il Concilio Lateranense.
A giudizio di Muratori i tanti abusi della Chiesa furono la causa dello scisma provocato da Lutero in questo periodo.
Negli ultimi mesi dell'anno precedente una serie di trattati fra le potenze europee ha posto fine alla guerra ed alla Lega di Cambrai.
In forza di questi trattati la città di Verona è tornata ai Veneziani.
Francesco Maria della Rovere, già duca di Urbino esule a Mantova, recluta truppe per recuperare il ducato. Con una piccola armata composta prevalentemente da truppe spagnole e tedesche congedate in seguito alla pace, valica il Furlo e rapidamente occupa il ducato di Urbino ad eccezione della rocca di San Leo.
Sostenuti dal Papa i Medicia> preparano la controffensiva reclutando altre truppe. Il duca Lorenzo viene ferito e durante la sua assenza i suoi soldati si abbandonano a saccheggi e violenze. Infine, dopo circa otto mesi di guerra, si stipula un trattato e Francesco Maria torna a Mantova senza aver recuperato il ducato.
In quest'anno il cardinale Alfonso Petrucci di Siena congiura contro Leone X. Il movente è il sostegno dato da Leone X all'espulsione da Siena di Borghese Petrucci, fratello di Alfonso e signore di fatto della città.
Il Petrucci, corrompendo il medico personale del Papa, tenta di far avvelenare Leone X ma il complotto viene scoperto e il cardinale viene giustiziato.
L'8 ottobre Francesco I di Francia rinnova la lega con Venezia.



Anno 1518
Papa: Leone X
Imperatore: Massimiliano I
Finalmente un anno di pace fra gli Stati Cristiani, ma turbato dalla minaccia turca contro la quale Leone X promuove una nuova lega.
Il sultano turco Selim, in guerra contro l'Egitto, conquista parte della Persia e Gerusalemme e rapidamente distrugge la dinastia regnante dei sultani egiziani e prende a minacciare l'occidente.
Leone X, pur impegnato nella propaganda antiturca non tralascia di organizzare il matrimonio di Lorenzo duca di Urbino con Maddalena dei duchi di Piccardia.
Nasce il figlio del re di Francia Francesco I, il futuro Francesco II.
In Germania dilaga la dottrina di Lutero che ha il sostegno di Federico duca di Sassonia. Il Papa invia il cardinale Tommaso da Vio, detto Cardinale Gaetano, a disputare con Lutero ma l'iniziativa non consegue risultati.
Il 14 novembre Alfonso d'Este, deluso dal mancato rispetto delle promesse di Leone X rispetto a Modena, Reggio e Rubiera, si reca a Parigi per protestare presso il re di Francia.


Anno 1519
Papa: Leone X
Imperatore: Carlo V
Il 12 gennaio muore Massimiliano I. Due candidati contendono a lungo il trono imperiale: Carlo V re di Spagna e Francesco I re di Francia, infine gli elettori scelgono il primo che era favorito dalla sua origine tedesca.
Con Carlo V diviene definitivo il titolo di Imperatore mentre i suoi predecessori usavano quello di Re dei Romani.
Lorenzo dei Medici duca di Urbino muore di malattia il 28 aprile seguendo di pochi giorni nella tomba la moglie Maddalena morta partorendo Caterina, futura regina di Francia. Lorenzo lascia inoltre un figlio illegittimo di nome Alessandro che sarà duca di Firenze.
L'11 giugno nasce Cosimo de' Medici, figlio di Giovannino, che arriverà al titolo di granduca di Toscana.
Sfumati con la morte di Lorenzo i suoi progetti di ingrandire la sua famiglia, Leone X si dedica ad arricchire il potere temporale della Chiesa e quando, in novembre, il duca Alfonso d'Este si ammala gravemente, il Papa riprende le sue mire su Ferrara e si accorda con Alessandro Fregoso vescovo di Ventimiglia e con Alberto Pio signore di Carpi per insidiare il ducato estense.
L'armata così costituita si accinge a passare il Po ma Federico marchese di Mantova avverte lo zio Alfonso d'Este che prepara difese adatte a dissuadere gli attaccanti.
Federico era salito al potere da pochi mesi succedendo al padre Francesco morto nel febbraio di quest'anno, lasciando tre figli: lo stesso Federico, Ercole che diverrà cardinale e Don Ferrante che sarà duca di Molfetta e Guastalla.

Anno 1520
Papa: Leone X
Imperatore: Carlo V
Il 24 ottobre Carlo V fu incoronato imperatore in Aquisgrana. Intanto in Germania Martin Lutero continuava a propagandare le sue idee mettendo in discussione anche antichi dogmi della Chiesa Cattolica e il 16 giugno Leone X pubblicò una bolla (Exsurge Domine) in cui condannava i suoi errori e lo censurava insieme ai suoi numerosi seguaci fra i quali era anche Federico duca di Sassonia. Lutero continuò a fare proseliti e ne trovava tra i principi che avevano modo, seguendolo, di sequestrare i beni degli ecclesiastici, nel clero perché aboliva il celibato e nei laici perché li sgravava di digiuni e penitenze.
I Turchi erano arrivati in Dalmazia e in Croazia e minacciavano Rodi ma la loro attività diminuì a causa della malattia che colpi il sultano Selim il quale morì in autunno lasciando il trono a suo figlio Solimano.
In quel periodo Perugia e i suoi dintorni erano sotto Gian Paolo Baglioni che governava come un tiranno e aveva commesso molti delitti. Leone X lo convocò a Roma, superò la sua diffidenza con la massima gentilezza e facendolo persuadere anche da altre persone e quando finalmente lo ebbe in Vaticano lo fece arrestare, processare e giustiziare. La moglie e i figli fuggirono e Perugia tornò sotto l'autorità pontificia.
Ancora in quest'anno Leone X mandò Giovannino de'Medici con adeguate milizia a recuperare Fermo che era in potere di Ludovico Freducci il quale si difese eroicamente ma infine cadde in combattimento.
Leone X intendeva conquistare anche Ferrara e poiché i duca Alfonso era difficile da sconfiggere militarmente, il papa decise di farlo assassinare. Fu incaricato della faccenda il protonotaro apostolico Uberto Gambara che prese contatti con Rodolfo Hello, capitano della guardia del duca, ma questi denunciò il complotto. Alfonso evitò di suscitare una guerra contro il papa e si limitò a raccogliere prove e testimonianze.

Anno 1521
Papa: Leone X
Imperatore: Carlo V
Carlo V convocò Lutero il 16 aprile alla dieta di Varmazia e non riuscendo a fargli ritrattare le sue tesi pubblicò un bando contro di lui e contro i suoi seguaci ma non ottenne risultati.
In Spagna il malcontento per la sottomissione a Carlo V e ai suoi ministri fiamminghi provocò rivolte. Francesco I re di Francia mosse guerra alla Navarra mentre Leone X continuava a coltivare i suoi progetti di gloria terrena riguardo a Parma, Piacenza, Ferrara e anche al regno di Napoli.
Il giorno 8 maggio Leone X firmò un trattato di alleanza con Carlo V a difesa di Firenze, stabilendo di tagliare ai Francesi il ducato di Milano e darlo a Francesco Maria Sforza figlio di Ludovico il Moro. Il trattato era segreto e quando il papa assoldò truppe svizzere fece credere ai Francesi che servissero per difendere il confine fra lo stato della Chiesa e il Napoletano e ottenne il permesso di farle transitare nel ducato di Milano.
Il papa ottenne il permesso di transito per gli Svizzeri anche a Alfonso duca di Ferrara che era molto sospettoso, i mercenari si imbarcarono a Ravenna e giunsero per mare nelle Marche ma dopo qualche tempo, essendo rimasti inattivi, molti di loro chiesero il congedo. Intanto la gente del papa e i fuoriusciti di Milano si andavano riunendo a Reggio Emilia dove si verificarono scontri con gli uomini del governatore francese nei quali morì Alessandro Trivulzio.
A Milano si verificò l'esplosione della torre del castello in cui si conservava la polvere da sparo, con molte vittime e gravi danni.
La concentrazione di milizie a Reggio Emilia rese palesi i progetti di Leone X per cui i Veneziani e il governatore francese Lautrec prepararono adeguate forze militari. Lautrec occupò Busseto uccidendone il signore Cristoforo Pallavicino.
A Genova i Fieschi e gli Adorno tentarono di cacciare Ottaviano Fregoso e i Francesi con aiuti inviati dal papa ma non ebbero successo.
Il papa chiamò a Roma Prospero Colonna generale dell'imperatore per concordare la presa del ducato di Milano e assegnò a Federico marchese di Mantova la carica di capitano generale della Chiesa.
Si concentrarono a Bologna le truppe pontificie e spagnole e Prospero Colonna iniziò in agosto l'assedio di Parma, si unirono a lui il marchese di Parma e ottomila soldati tedeschi.
I Francesi si ritirarono dalla parte della città detta Codiponte, gli assedianti vi entrarono e saccheggiarono le case. I fanti che entrarono in un monastero femminile furono fatti impiccare dal Colonna. Gli assedianti si concentrarono per prendere l'altra parte della città mentre Lautrec al comando di un'armata francese si avvicinava lentamente per attendere rinforzi svizzeri. A questo punto Alfonso duca di Ferrara che si sapeva odiato dal papa decise di intervenire, entrò nel Modenese, conquistò alcune città e puntò su Modena.
Le truppe ispano-pontificie spedirono soccorsi a Modena e si ritirarono dall'assedio di Parma. Prospero Colonna non reagì ai tentativi francesi di attaccare battaglia attendendo di congiungersi a nuovi contingenti svizzeri chiamati dal papa.
Gli Svizzeri che militavano nell'armata francese abbandonarono Lautrec, non se ne conosce il motivo, e questi trovandosi a corto di uomini e di denaro si ritirò oltre l'Adda e poi a Milano sospinto dal Colonna.
Il giorno dopo gli alleati raggiunsero Milano e Ferdinando d'Avalos marchese di Pescara con duecento cavalieri e tremila fanti spagnoli assalì Porta romana difesa dai Veneziani di Teodoro Trivulzio e Andrea Gritti. Conquistò la porta e entrò in città mentre Lautrec, lasciata una guarnigione al castello, si ritirava a Como con il resto dei suoi.
Girolamo Morone, cancelliere del ducato, ottenne dai vincitori la proibizione per i soldati di nuocere ai civili, pena l'impiccagione, quindi prese possesso della città a nome di Francesco Maria Sforza. Pavia, Lodi, Parma e Piacenza si arresero ai ministri del papa mentre il Marchese di Pescara inseguiva i Francesi che da Como si muovevano verso Cremona.
Il marchese di Pescara prese Como con il patto di non nuocere ma con sua grande infamia i soldati spagnoli saccheggiarono la città.
In breve lo stato di Milano, con l'eccezione i poche fortezze, fu in mano di Francesco Sforza con grande preoccupazione dei Veneziani e di Alfonso duca di Ferrara. Quest'ultimo, infatti, perse molte terre conquistate dall'armata ispano-pontificia, inoltre il papa colpì lui e Ferrara con l'interdetto. Il duca reagì fieramente pubblicando un manifesto che denunciava soprusi e abusi del papa e dedicandosi a fortificare Ferrara, deciso a vendere a caro prezzo la propria rovina.
Leone X fu estremamente soddisfatto della presa di Milano e già pregustava quelle di Parma e Piacenza quando si ammalò e nel giro di pochi giorni, il primo dicembre, morì a soli quarantasei anni. Come al solito si parlò di veleno ma senza far nulla per appurarlo. Molti autori di rammaricarono che Leone X, dotato di grande cultura e grandi capacità, si dedicasse soltanto al potere temporale e ai piaceri della vita. Molti lo celebrarono per aver promosso il rinascimento delle lettere.
Lasciò le casse del Vaticano vuote e enormi debiti da pagare per finanziare le sue guerre di conquista ma trascurò il pericolo turco e la questione luterana. Il giovane re d'Ungheria Ludovico chiese più volte aiuto al papa e all'imperatore contro i Turchi ma ottenne soltanto parole di solidarietà.
Il 22 giugno di quest'anno morì il doge di Venezia Leonardo Loredan al quale successe Antonio Grimano.

Anno 1522
Papa: Leone X
Imperatore: Carlo V
Subito dopo la morte di Leone X, Alfonso duca di Ferrara riconquistò i territori che le truppe pontificie gli avevano tolto tramite Cento difesa dai Bolognesi.
Il signor di Lautrec, ancora rifugiato a Cremona, incoraggiato dalla morte del papa che aveva sbandato l'esercito pontificio, fece un tentativo di prendere Parma ma fu respinto e abbandonò l'impresa. Anche Francesco Maria della Rovere, già duca di Urbino, decise di riprendere i suoi stati. Si alleò con Malatesta e Orazio Baglioni esuli da Perugia e riunita un'armata puntò su Urbino dove era molto amato e in pochi giorni riebbe il ducato, quindi prese anche Pesaro che era difesa da Vitello Vitelli con truppe fiorentine insieme a Gentile Baglioni che era stato insediato da Leone X.
Il 9 gennaio il conclave elesse il cardinale Adriano vescovo di Tortosa nativo di Utrecht in Fiandra che, di umili origini, per il suo sapere era stato maestro di Carlo V. Adriano fu informato della nomina mentre era in Biscaia come inviato dell'imperatore e decise di tenere il proprio nome salendo al soglio come Adriano VI. Lasciò passare mesi prima di recarsi a Roma dove la tensione era alta per la scelta di uno straniero e perché con la morte di Leone X erno cessati i bei tempi della splendida corte e dei lauti guadagni.
Il duca di Urbino mosse contro Siena con il progetto di cambiare il governo di quella città ma vedendola difesa dai Fiorentini si ritirò e passò nel Montefeltro che recuperò ad eccezione della fortezza di San Leo e della Rocca di Maiuolo.
In Lombardia Prospero Colonna generale dell'esercito imperiale si preparava a fronteggiare i tentativi dei Francesi che, si sapeva, avevano assoldato molti Svizzeri. Fece realizzare un trinceramento intorno al castello e lo munì con l'artiglieria. Intanto Girolamo Morone, luogotenente del duca, screditava i Francesi presso la nobiltà e Frate Andrea da Ferrara predicava al popolo contro di loro.
Raccogliendo fondi dalla cittadinanza, Morone assoldò quattromila tedeschi e l'imperatore ne inviò altri seimila. Colonna e Morone mandarono ottomila armati contro Alessandria che era passata ai Francesi, la città fu presa e saccheggiata mentre i sostenitori dei Francesi si davano alla fuga. Fu presa anche Asti tagliando le comunicazione tra la Francia e Genova.
Francesco I affidò il comando degli Svizzeri a Renato bastardo di Savoia e a Galeazzo di Sanseverino che calarono in Lombardia e si unirono al signor de Lautrec e ai Veneziani comandati da Teodoro Trivulzio e Andrea Gritti.
Prospero Colonna inviò guarnigioni a Novara, Alessandria, Pavia e Piacenza a guardia di quelle città e rimase a Milano con il resto delle milizie. Quando i Francesi si avvicinarono ai trinceramenti di Milano, rimasero uccisi Marco Antonio Colonna, nipote di Prospero che militava per la Francia e Camillo Trivulzio. Il popolo di Milano accorse in armi e Lautrec si ritirò a qualche miglio dalla città per fare poi scorrerie e bloccare il passaggio al duca Francesco che si trovava in Trento e sarebbe dovuto rientrare a Milano.
Il Signore dello Scudo, fratello di Lautrec, inviò a Milano un corpo di soldati comandati da Federico Gonzaga che conquistò Vigevano e personalmente andò a occupare Novara.
Lautrec tornò ad accamparsi presso Pavia e una notte il suo campo subì l'assalto di due squadroni di cavalleria comandati da Francesco Fernando d'Avalos marchese di Pescara.
Il 22 aprile Lautrec decise di attaccare il campo imperiale che si trovava nella località detta La Bicocca ma non riuscì a superare i fossati e lo sbarramento dell'artiglieria. Si ritirò, congedò i mercenari svizzeri e tornò in Francia.
Il marchese di Pescara conquistò Lodi, che fu saccheggiata, e Pizzighettone. Prospero Colonna assediò Cremona e firmò una tregua di quaranta giorni con i Francesi, passò a Genova per destituire il doge Ottaviano Fregoso che si arrese e fu fatto prigioniero morendo poco dopo. Fu nominato doge Antoniotto Adorno e il Colonna passò in Piemonte.
Il 4 luglio, scadenza delle tregua, il Signore dello Scudo consegnò Cremona agli imperiali e tornò in Francia.
Renzo da Ceri attaccò Siena ma finì col firmare un accordo con il comandante dei Fiorentini Guido Randone.
In Romagna Sigismondo Malatesta si impadronì di Rimini.
Il 29 agosto Adriano VI giunse finalmente a Roma con un grande seguito, l'entrata in città di tanta gente riaccese un sopito focolaio di peste che uccise migliaia di persone.
Il papa mandò le sue milizie in Romagna a recuperare Rimini, Imola, Ravenna e altre città. Annullò il decreto di Leone X contro Alfonso duce di Ferrara al quale confermò il dominio di Ferrara, Finale e San Felice e promise la restituzione di Modena e Reggio mentre il duca per suo conto recuperava Cento e la Pieve.
Il 20 settembre Solimano si impadronì di Rodi mentre dilagava in Europa la dottrina di Lutero.

Anno 1523
Papa: Clemente VII
Imperatore: Carlo V
Il duca Francesco Maria Sforza riuscì a riprendere il castello di Milano il 24 aprile. In agosto il duca subì un attentato segna gravi conseguenze dal suo cameriere Bonifacio Visconti che riuscì a fuggire. Si persò ad una congiura e seguirono arresti e esecuzioni. Secondo un cronista il duca rimase offeso dal veleno con cui era intriso il pugnale che lo aveva leggermente ferito.
Carlo V inviò in Italia il suo cancelliere Girolamo Adorno per concludere accordi con Ferrara e Venezia. L'ambasciatore confermò l'investitura del duca di Ferrara e concordò la restituzione dietro pagamento di Modena e Reggio.
A Venezia l'Adorno propose l'alleanza con l'impero ma morì mentre il senato ne discuteva e le trattative ripresero con il nuovo ambasciatore Marino Caracciolo. Morì anche il doge Antonio Grimani e venne eletto Andrea Gritti il quale lasciò la decisione sulla proposta di Carlo V al senato che l'accettò.
In Luglio fu quindi conclusa la lega tra Venezia, l'imperatore, l'arciduca Ferdinando e Francesco duca di Milano, in agosto aderirono anche il papa, i re d'Inghilterra e di Ungheria, Firenze, Siena e Genova.
Il cardinale Francesco Soderini fu scoperto a tramare una congiura contro l'imperatore e imprigionato in Castel Sant'Angelo per ordine del papa.
In settembre morì Adriano VI. Il duca Alfonso che non aveva ancora visto onorare le promesse riguardo Modena e Reggio decise di passare alle vie di fatto e in settembre si recò con la sua armata a Modena ma vedendola troppo ben difesa passò a Reggio che prese senza combattere, accolto lietamente dalla popolazione. Usando l'artiglieria conquistò anche il castello di Rubiera.
Intanto Carlo di Borbone, per contrasti con il re di Francia, passava al partito dell'imperatore Carlo V con il quale progettava di occupare la Borgogna quando Francesco si fosse mosso per riprendere Milano come in effetti era sua intenzione.
Le manovre del duca di Borbone furono scoperte quando il re si trovava a Lione, il duca riuscì a fuggire ma il re ritenne prudente rimanere in Francia e mandò in Lombardia Guglielmo Grofferio detto Bonivet, ammiraglio di Grancia, persona molto superba e arrogante ma incompetente di cose militari. Comandava un grosso esercito che arrivò a Susa nel mese di settembre. Conquistò Asti, Alessandria, Novara, passò il Ticino e sarebbe entrato facilmente a Milano ma sostò per attendere ulteriori truppe, dando il tempo agli alleati di preparare le difese.
L'armata francese conquistò Monza e si concentrò a Binasco. Nonivet mandò Federico da Bozzolo a soccorrere Lodi che era minacciata dal Marchese di Mantova e il castello di Cremona che dopo lungo assedio stava per capitolare. Il Bozzolo entrò in Lodi e quando il marchese di Mantova se ne allontanò si portò a Cremona dove riuscì a rifornire i difensori.
I Francesi tentarono di occupare l'intera città di Cremona ma quando ebbero aperto una breccia nelle mura il maltempo fece ingrossare i fiumi bloccando i rifornimenti. A Federico da Bozzolo non rimase che tornare a Lodi.
Il Bonivet si avvicinò a Milano mentre Prospero Colonna, che si era ammalato, cedeva il comando al signore di Alarcone.
Dopo due mesi di conclave fu eletto papa Giulio de' Medici che scelse il nome di Clemente VII, si dichiarò neutrale e annunciò di voler pacificare le nazioni europee per poi indire una crociata contro i Turchi. Il duca di Ferrara cessò l'offensiva contro Modena, mandò ambasciatori a Clemente VII per omaggiarlo e chiedere la restituzione di Modena promessa dai predecessori ma il papa voleva indietro Reggio e Rubiera, infine si decise di sospendere la vertenza per un anno.
Peggiorando la salute di Prospero Colonna, l'imperatore nominò comandante delle sue forze in Lombardia don Carlos de Nois vicerè di Napoli che incontrò a Parma Carlo duca di Borbone. Si unì a loro anche il marchese di Pescara che condusse altri soldati e insieme raggiunsero Milano dove fecero visita al Colonna che morì negli ultimi giorni di dicembre.

Anno 1524
Papa: Clemente VII
Imperatore: Carlo V
I comandanti delle forze imperiali raccolsero fondi dalla popolazione milanese. Contribuì anche il papa in modo segretissimo mentre continuava a mostrarsi neutrale. Giunsero altri rinforzi dalla Germania e giunse Francesco Maria della Rovere duca d'Urbino, generale dei Veneziani.
La guerra continuò con scaramucce, scorrerie e conquiste di centri minori mentre gli imperiali evitavano la battaglia campale. Contro un'armata svizzera calata nel Bergamasco il duca di Milano mandò Giovanni de' Medici, uomo estremamente ardito, che la respinse verso le montagne e passò ad occupare Caravaggio dove eliminò il presidio francese e lasciò che le sue truppe saccheggiassero la popolazione.
Il Medici attaccò e conquistò Biagrasso dove si trovava un forte presidio francese. Biagrasso fu saccheggiata e probabilmente il bottino veicolò a Milano un'epidemia di peste.
Avendo perso molti uomini ed essendo a corto di viveri, il Bonivet cominciò a ritirarsi. Il duca di Borbone avrebbe voluto attaccarlo ma gli altri comandanti preferirono lasciarlo andare. Mentre i Francesi superavano il Sesia furono attaccati da uno squadrone e persero ancora molti uomini e pezzi di artiglieria, lo stesso Bonivet venne ferito e così ebbero fine le sue imprese in Lombardia.
Partito Bonivet i comandanti dell'esercito imperiale recuperarono Lodi e Alessandria cacciando gli ultimi presidi francesi. Il vicerè de Nois compì una spedizione punitiva contro il Monferrato e Saluzzo che avevano i Francesi.
Il duca di Borbone, francese ribelle che odiava il re di Francia che lo aveva privato dei suoi domini, convinse l'imperatore a portare la guerra in Francia. Carlo V progettò di attaccare la Guascogna e sperava che Enrico re d'Inghilterra attaccasse la Piccardia. Nel mese di luglio il duca di Borbone passò le Alpi con il suo esercito. Contro il suo parere gli altri comandanti vollero attaccare Marsiglia che era difesa da Renzo da Ceri e Federico da Bozzolo, l'impresa non ebbe successo e gli imperiali si ritirarono dopo aver subito consistenti perdite. Il re Francesco decise di approfittare dell'assenza degli altri imperiali della Lombardia per tentare personalmente di prendere Milano e si mise in marcia per il Moncenisio certo di poter precedere i nemici.
Milano era indifendibile perché oltre a essere priva di valido presidio, era flagellata dalla peste che ogni giorni uccideva centinaia di persone. Anche il duca abbandonò la città mentre vi entravano i Francesi. Il re lasciò parte dei suoi soldati ad assediare il castello e andò a attaccare Pavia mentre se avesse seguito gli imperiali in ritirata li avrebbe probabilmente sconfitti.
I Francesi presero d'assalto Pavia e non riuscendo ad entrarvi decisero di tentare dal lato protetto del fiume Ticino che il difensore Antonio da Leva non aveva creduto necessario fortificare. Un gran numero di uomini fu impegnato a deviare il corso del fiume ma quando vi riuscirono iniziò a piovere ininterrottamente, il fiume si ingrossò e cancellò il lavoro fatto.
Il 4 dicembre il re ordinò di attaccare Pavia da due lati ma ne ricavò solo ottocento caduti e molti feriti.
Clemente VII firmò un accordo segreto con il re di Francia il quale inaspettatamente sospese i combattimenti a Pavia ma senza togliere l'assedio e si dedicò alla conquista del regno di Napoli, secondo alcuni su consiglio dello stesso papa. Il cambio di posizione del pontefice amareggiò e preoccupò Carlo V gli altri alleati che protestarono vivacemente.

Anno 1525
Papa: Clemente VII
Imperatore: Carlo V
Gli assedianti di Pavia erano in cattive condizione e, tardando il pagamento del soldo, minacciavano di consegnare la città ai Francesi ma il loro comandante Antonio da Leva riusciva ancora a mantenere la disciplina con le promesse e la persuasione.
Anche l'armata francese era in difficoltà per le perdite causate da diserzioni e malattie e dall'inopportuna impresa del Duca di Albania (Giovanni Stewart duca d'Albany) verso il regno di Napoli.
Quanto all'esercito imperiale, tutti i soldati protestavano e minacciavano diserzioni, a fatica il Marchese di Pescara manteneva l'ordine promettendo un'imminente vittoria.
Tra gennaio e febbraio giunsero al campo imperiale consistenti rinforzi inviati dall'arciduca Ferdinando. Intanto il vicerè Lanoia (Carlo di Lennoy), decise di tentare la liberazione di Pavia e concentrò le sue forze in Lombardia. Il Marchese di Pescara fece strage del presidio francese di Sant'Angelo tra Lodi e Pavia.
I Francesi subirono vari incidenti e defezioni mentre il re Francesco I nella certosa di Pavia si dava ai diverimenti sicuro di avere un'armata in piena efficienza.
A Roma i Colonna, fautori degli imperiali, andarono con quattromila uomini contro un corpo francese guidato dal duca d'Albany alle porte di Roma. Il 14 febbraio il duca di Pescara riuscì a far entrare in Pavia viveri e munizioni, ma il re Francesco I si ostinava a resistere e mandò via dalla città tutti coloro che non potevano combattere preparandosi a ricevere un assalto nemico.
Gli imperiali attaccarono il 24 febbraio, aprirono una breccia nelle mura ed entrarono in Pavia. Francesco I fu catturato e si arrese al vicerè Lannoy che lo accolse onorevolmente. I Francesi subirono migliaia di perdite, molte di meno gli imperiali.
Il re Francesco fu tradotto alla Rocca di Pizzighettone e gli fu concessa la compagnia di venti persone del suo seguito, successivamente fu condotto a Madrid dove egli stesso aveva chiesto di essere trasferito per poter trattare direttamente con Carlo V. Il marchese di Pescara, trasportato a Milano, rimase lungamente in cura per le ferite riportate in battaglia.
I signori degli stati italiani erano preoccupati per i successi dell'imperatore in Italia e il papa trattò un accordo con il vincitore che fu concluso il primo aprile.
Il duca di Milano constatava che il suo stato era ormai in mano agli Spagnoli e il suo consigliere Girolamo Morone si rivolse al duca di Pescara proponendogli di unire le forze per scacciare gli Spagnoli, liberare Milano e impadronirsi della corona di Napoli. Il duca accettò a condizione che Venezia e il papa partecipassero all'impresa. Venezia e il papa si dissero disponibili ma il duca di Pescara ne informò Carlo V che gli ordinò di agire contro la nascente lega. Girolamo Morone fu arrestata e Milano fu presidiata militarmente costringendo lo Sforza a rifugiarsi nel castello. Tutti gli stati italiani intrapresero iniziative contro il crescente potere imperiale coinvolgendo anche la regina di Francia che a sua volta aveva fatto lega con l'Inghilterra.
Morì in Novembre Francesco Ferdinando d'Avalos duca di Pescara considerato l'eroe delle recenti guerre, lasciò vedova Vittoria Colonna, donna celebrata dai poeti del suo tempo.
Alfonso marchese del Vasto assunse il ruolo di comando che era stato del defunto duca.

Anno 1526
Papa: Clemente VII
Imperatore: Carlo V
Il 17 gennaio fu conclusa la pace tra Carlo V e Francesco I che era ancora prigioniero. La Francia cedeva all'imperatore tutti i suoi diritti sul regno di Napoli, su Milano, Genova e Fiandra e si impegnava a cedere anche il ducato di Borgogna.
All'inizio di marzo il re venne liberato e due suoi figli furono consegnati in ostaggio a garanzia degli impegni presi. La pace conclusa non piacque al papa, a Venezia e agli altri stati italiani che iniziarono trattative per allearsi contro l'imperatore.
Il 22 maggio 1526 fu costituita la Lega di Cognac detta Lega Santa tra il papa, la Francia, Venezia, Firenze e Francesco Sforza. Il papa spedì a Piacenza il conte guido Rangone al comando delle milizie pontificie, le forze fiorentine erano comandate da Francesco Vitelli e da Giovanni de'Medici, quelle veneziane da Francesco Maria duca di Urbino. Carlo V, non ancora informato sulla costituzione della lega, intendeva avviare trattative di pace con il papa ma Clemente VII respinse ogni sua proposta.
Nel mese di giugno Lodi fu liberata dal presidio spagnolo da Ludovico Vistarino, lodigiani, alleatosi con il marchese di Urbino e con Malatesta Baglioni comandante dei Veneziani.
Le forze collegate si concentrarono nei pressi di Milano ma entrò in città il duca di Borbone con ottocento fanti spagnoli e quanto tentarono un assalto i collegati incontrarono una resistenza imprevista e si ritirarono a Marignano.
Milano rimaneva assediata dagli Spagnoli. Il duca, ancora chiuso nel castello, si accordò con il duca di Borbone ed ottenne la libertà di uscire da Milano per trasferirsi a Lodi con la famiglia.
In agosto i collegati tentarono di liberare Cremona, intanto il papa trattava di pace con Napoli e il 22 di agosto concluse un accordo e imprudentemente licenziò gran parte delle sue milizie.
La notte tra il 19 e il 20 settembre un'armata comandata dal reggente di Napoli Ugo di Moncada e da Ascanio e Vespasiano Colonna attaccò Roma e prese tre porte. Era con loro il cardinale Pompeo Colonna che notoriamente aspirava al soglio pontificio. Il papa si chiuse in Castel Sant'Angelo mentre i Napoletani saccheggiavano il Vaticano.
Clemente VII fu costretto a cedere alle condizioni offerte da Ugo di Moncada che prevedevano tra l'altro il ritiro delle truppe dalla Chiesa in Lombardia. Presto il papa ruppe la tregua e mandò i soldati richiamati dal fronte lombardo a danneggiare i possedimenti dei Colonna per vendicare l'offesa subita.
A novembre entrò in Italia Georg von Frundsberg (Muratori scrive Giorgio Fransperch) con quattordicimila soldati tedeschi che aveva reclutato a proprie spese. Nei pressi di Borgoforte furono affrontati da Giovanni de'Medici il quale fu ferito durante lo scontro e trasportato a Mantova morì il 30 settembre all'età di ventotto anni.
I Tedeschi, entrati in Italia senza artiglieria, ne erano stati riforniti da Alfonso duca di Ferrara, avversario del papa e simpatizzante per l'imperatore. Questi respinse il tardivo tentativo di conciliazione da parte di Clemente VII perché Carlo V aveva confermato tutti i suoi domini e lo aveva nominato capitano generale delle sue forze in Italia, mentre veniva concordato il matrimonio tra Ercole figlio del duca e Margherita figlia naturale dell'imperatore.
Una flotta spagnola comandata dal vicerè Lannoy giunse in Italia e si scontrò con le navi del papa comandate da Andrea Doria e con quelle francesi comandate da Pietro Navarro, perse una nave e riparò a Napoli.
Il Borbone imprigionò Girolamo Morone che gli versò un riscatto e poi divenne suo consigliere.
Napoli fu colpita dalla peste e dalla carestia.
I Turchi fecero irruzione in Ungheria e occuparono Buda mentre tutti deprecavano il comportamento del papa che invece di tentare di fermarli faceva guerra ai cristiani.

Anno 1527
Papa: Clemente VII
Imperatore: Carlo V
Il giovane Napoleone Orsini abate di Farfa venne rinchiuso in Castel S. Angelo con l'accusa di aver preso accordi segreti con il vicerè Lannoy e di tramare contro la persona del papa. Il vicerè andò all'assedio di Frosinone ma fu respinto da Renzo da Ceri e da Alessandro Vitelli.
Renato conte di Vaudemont, chiamato dal papa, prese il comando di una flotta di navi del Vaticano e di Venezia e navigò fino alla costa campana. Conquistò Castellamare di Stabia, Torre del Greco, Sorrento e Salerno. Intanto in Abruzzo gli agenti del papa fecero ribellare l'Aquila mentre Renzo da Ceri conquistava Tagliacozzo e puntava verso Sora ma la mancanza di denaro per pagare i soldati provocò tante diserzioni che Renzo da Ceri tornò a Roma abbandonando le sue imprese.
Il papa aveva più volte tentato approcci con il vicerè di Napoli ma l'opposizione del re di Francia e di Venezia complicavano le trattative. Quando seppe che gli imperiali erano stati espulsi da Frosinone il papa, sperando fosse l'inizio di una serie di successi, interruppe i negoziati. Poco dopo Clemente VII firmò una tregua di otto mesi con l'impero e commise il grave errore di licenziare le milizie.
Comparve a Roma un bizzarro personaggio vestito di sacco, detto Brandano o il Pazzo di Cristo, andava predicando l'imminente tragedia che attendeva i Romani ed esortava al pentimento. Fu imprigionato per evitare disordini ma dopo il sacco di Roma venne liberato e ritenuto un profeta.
Carlo duca di Borbone recò rinforzi a Von Frundsberg che era occupato presso Fiorenzuola. L'esercito che si formò contava molti luterani, inoltre da molto tempo i soldati non venivano pagati, fu quindi naturale che concepissero il piano di marciare fino a Roma per arricchirsi con il saccheggio. Iniziarono la discesa verso il Lazio predando quanto trovavano lungo il cammino, il duca di Ferrara mandò loro rifornimenti sperando di indurli a lasciare al più presto il suo territorio.
Il comandante von Frundsberg, sofferente per un colpo apoplettico, fu portato a Ferrara per essere curato mentre l'esercito sostava nel Bolognese, ma quando giunse da Roma l'ordine di uscire dai territori della Chiesa, i soldati si ribellarono. Il marchese del Vasto ottenne dal duca di Ferrara il pagamento di una transazione per l'acquisto della Signoria di Carpi e con quel denaro riuscì a placare gli insorti. Un inviato del vicerè ordinò all'esercito invasore di non procedere oltre ma senza risultati.
Superato l'Appennino, il Duca di Borbone che comandava l'intera armata essendo il Frundsberg infermo, penetrò in Toscana e si fermò al confine del Senese saccheggiando e bruciando il contado fiorentino mentre riceveva aiuti e rifornimenti da Siena.
In questa situazione i Fiorentini si sollevarono per scacciare i Medici e chiamarono in soccorso il duca di Urbino e Michele marchese di Saluzzo la cui presenza indusse il Borbone a lasciare Firenze e a mettersi in marcia con l'esercito alla volta di Roma. Non è certo il numero di quei militari tedeschi, spagnoli e italiani che forse arrivavano a trentamila, inoltre si aggiunsero molti malviventi in cerca di bottino.
La carenza di viveri era un forte incentivo alla rapidità per l'esercito del Borbone che procedeva velocemente nonostante le pessime condizioni delle strade e saccheggiava Acquapendente, San Lorenzo alle Grotte, Ronciglione e altri luoghi. Il papa, nonostante la tregua già stabilita con Lannoy, si alleò con Venezia e con il duca di Milano ma non bastò questo per evitare la catastrofe. Era incaricato di organizzare le difese Renzo da Ceri che riuscì a radunare diecimila uomini ma molti erano popolani inesperti.
Il Borbone giunse alle porte di Roma il 5 maggio e il giorno seguente assalì il Borgo di San Pietro. Renzo da Ceri, Camillo Orsini, Orazio Baglioni e altri resistettero validamente ma furono ostacolati da un'improvvisa nebbia che impediva il tiro dell'artiglieria. Il duca di Borbone fu ucciso da un proiettile mentre saliva sulle mura, ma i suoi soldati entrarono e si impadronirono di Trastevere e di altri quartieri mentre papa Clemente si ritirava in Castel Sant'Angelo con il suo seguito.
Il saccheggio durò diversi giorni, furono uccisi migliaia di cittadini, i soldati del Borbone, gli Spagnoli e i Tedeschi commisero infinite atrocità.
Gli invasori catturarono molti nobili e prelati per esigere riscatti e per far loro rivelare i nascondigli di denaro e preziosi. Molte matrone romane, ragazze e suore furono stuprate non avendo alcun freno la libidine e la violenza dei saccheggiatori.
Intanto il papa rimaneva chiuso in Castel Sant'Angelo e sperava di essere soccorso dalle forze della Lega. Queste si stavano lentamente avvicinando a Orvieto e qui si trattennero mentre i comandanti discutevano sul da farsi.
Filiberto principe d'Oranges fu eletto generale degli imperiali che si trovavano a Roma e subito ordinò la costruzione di trinceramenti intorno a Castel Sant'Angelo.
Il 10 maggio arrivarono a Roma ugo di Moncada e il cardinale Pompeo Colonna che con la loro autorità riuscirono a far cessare almeno in parte i crimini degli invasori. Il 16 maggio la popolazione di Firenze mandò in esilio Alessandro e Ippolito de'Medici e i cardinali Cortona, Cibò e Salviati legati del papa restaurando il governo popolare.
I Veneziani occuparono le città di Ravenna e di Cesena. Sigismondo Malatesta entrò a Rimini, Alfonso duca di Ferrara recuperò Modena che gli era stata tolta dalla Chiesa con grande soddisfazione della cittadinanza. Le forze della Lega, giudicando troppo pericoloso attaccare gli imperiali, si ritirarono verso Viterbo e al papa non rimase che accettare le dure condizioni di resa imposte dagli imperiali che consistevano nel pagamento di grosse somme di denaro, nella consegna di Castel Sant'Angelo e altri siti fortificati e nella cessione all'imperatore di Piacenza, Parma e Modena. Un presidio militare entrò in Castel Sant'Angelo mentre il papa e tredici cardinali furono trattenuti prigionieri in garanzia dei pagamenti stabiliti.
La peste, o altra epidemia provocata dall'abbondanza di cadaveri non sepolti, colpì l'armata degli invasori e ne fece strage: sembra che in meno di due anni morissero tutti coloro che avevano preso parte al sacco di Roma.
L'imperatore Carlo V alla notizia del sacco di Roma si mostrò addolorato e interruppe i festeggiamenti per la nascita del figlio Filippo ma in realtà non è noto se fosse sincero o se avesse proprio lui ordinato di saccheggiare la città ed arrestare il papa.
Il re di Francia e il re d'Inghilterra fecero lega tra loro per cogliere l'occasione di ridimensionare il potere di Carlo V, alla lega aderirono anche i Veneziani, il duca di Milano, il collegio dei cardinali e i Fiorentini.
A Milano era governatore Antonio da Leva che aveva con se milizie tedesche e spagnole. I soldati non ricevevano la paga e vivevano a spese della popolazione. I Veneziani e il duca di Milano portarono le loro forze a Lodi per attaccare Leva ma questi li prevenne posizionando le sue truppe a Marignano.
Gian Giacomo Medici detto il Medeghino condusse quattromila fanti e cinquecento cavalieri nel Milanese dove arrecò infiniti danni finché non fu sconfitto da Antonio da Leva.
Il re di Francia reclutò un potente esercito e lo mandò in Italia comandato da Odetto di Fois signore di Lautrec, assoldò anche Andrea Doria con otto galee.
Lautrec combattè in Piemonte contro Ludovico conte di Lodrone e infine lo sconfisse conquistando Alessandria.
Andrea Doria intercettò a Portofino navi cariche di rifornimenti dirette a Genova.
I Genovesi decisero di arrendersi ai Francesi, Lautrec mandò Teodoro Trivulzio a governare la loro città. I Francesi conquistarono anche Alessandria dove fu posto un presidio del duca di Milano.
Lautrec passò quindi ad assediare Pavia, valorosamente difesa dal conte di Belgioioso, che dovette arrendersi in ottobre. La città fu saccheggiata e prima che Lautrec desse l'ordine di ripartire vennero uccise oltre duemila persone. Rimanevano da conquistare Milano e Como ma Lautrec accolse le sollecitazioni del cardinale Cibò che lo invitava a liberare il papa ancora prigioniero degli Spagnoli e mosse verso Roma. Fece sosta a Piacenza per concludere alleanza con Alfonso duca di Ferrara e Federico Gonzaga marchese di Mantova.
Intanto a Roma infuriava la peste. Il papa e i cardinali che erano con lui furono trasferiti in Belvedere, quanto restava dell'esercito invasore si spostò verso Otricoli, Terni, Narni, Spoleto e altri luoghi depredando e uccidendo.
A Perugia Orazio Baglioni uccise Gentile Baglioni che era al servizio del papa, demolì il suo palazzo, saccheggiò molte case e rimase padrone della città.
A Roma le trattative per la liberazione del papa si erano arenate ma alla morte di Lannoy furono riprese dal nuovo Vicerè di Napoli Ugo di Moncada coadiuvato da Girolamo Morone e dal cardinale Pompeo Colonna. Finalmente il 31 ottobre si giunse ad un accordo che impegnava il papa a non opporsi all'imperatore nelle cose riguardanti Milano e Napoli e a pagare grosse somme di denaro. Per procurare i fondi necessari il pontefice creò a pagamento alcuni nuovi cardinali.
Diffidando degli Spagnoli, Clemente VII non attese la data stabilita per la sua liberazione ma fuggì travestito da mercante e raggiunse Orvieto con l'aiuto di Luigi Gonzaga.
In quest'anno l'intera Italia fu colpita dalla peste e dalla carestia, la popolazione era in miseria e la mortalità altissima.

Anno 1528
Papa Clemente VII
Imperatore: Carlo V
Il duca di Urbino e altri rappresentanti della Lega si recarono a Orvieto per rendere omaggio a Clemente VII e convincerlo ad aderire alla Lega stessa, ma il papa non prese alcuna decisione in merito.
I rappresentanti di Francia e Inghilterra il 25 gennaio dichiararono guerra a Carlo V. Il Lautrec, che aveva sostato a Bologna in attesa degli eventi, si mise in marcia e il 10 febbraio raggiunse con il suo esercito il fiume Tronto, confine tra lo stato della Chiesa e il regno di Napoli.
Il 17 febbraio il principe d'Orange alla testa dell'armata imperiale lasciò Roma alla volta di Napoli. Poco dopo giunse a Roma Napoleone Orsini abate di Farfa che si occupò di ammazzare tutti gli Spagnoli e i Tedeschi rimasti in città perché malati. Intanto Lautre conquistava diverse località nel Piceno, in Abruzzo e in Puglia. Il vicerè Ugo di Moncada si ritirò con le sue genti sotto le mura di Napoli mentre i Francesi penetravano in Campania e i Veneziani si impossessavano di Trani e di Monopoli. Alla fine di aprile anche Lautrec si accampò sotto Napoli.
In quel periodo la Lombardia e il Veneto soffrivano per una grave epidemia di peste. Milano in particolare, oltre alla pestilenza doveva sopportare la fame e l'obbligo di nutrire le truppe imperiali che rimanevano in città in attesa della paga. In aprile Gian Giacomo de'Medici tentò di conquistare Lecco e fu respinto ma intraprese abilmente trattative diplomatiche con le quali ottenne da De Leyva il titolo di conte di Lecco.
Carlo V inviò in Italia un corpo di quattordicimila tedeschi comandati da Arrigo duca di Brunsich che in maggio giunse al lago di Garda dandosi al saccheggio del Bresciano e del Bergamasco. Il duca di Brunswich si accordò con Antonio de Leva, che aveva recentemente conquistato Pavia, e insieme assediarono Lodi: l'avrebbero conquistata se una grave epidemia non avesse devastato le truppe dei Tedeschi costringendo il duca a ricondurle in Germania.
I Francesci, rinforzati da nuovi contingenti svizzeri, insieme ai Veneziani tentarono di prendere Pavia che cadde in loro potere nel mese di settembre. I Milanesi inviarono richieste di aiuto all'imperatore ottenendo soltanto "buone parole e promesse di pace" mentre il de Leva inventava nuove gabelle a carico della cittadinanza per pagare i soldati.
Nel frattempo i Francesi di Lautrec continuavano a assediare Napoli. Andrea Doria, comandante delle navi francesi, bloccava le navi da carico che portavano rifornimenti agli assediati. Il vicerè Moncada uscì in mare con cinque galee contro il Doria e nella sanguinosa battaglia che seguì persero la vita lo stesso Moncada, Cesare Fieramosca, Jaches d'Altamura e molti altri. Furono catturati il marchese del Vasto, Ascanio e Camillo Colonna, il principe di Salerno. Le navi da carico furono prese dal Doria con grande danno per gli imperiali.
La peste che colpiva Napoli contaggiò gli assedianti uccidendone molti fra con il nunzio del papa e Luigi Pisano legato veneto. Si ammalò anche il Lautrec che morì il 15 agosto lasciando il comando al marchese di Saluzzo.
Intanto Andrea Doria, scaduta la sua ferma presso i Francesi, passò all'imperatore facendo saltare tutti i piani degli assedianti che si ritrovarono a Aversa ma furono attaccati dagli imperiali durante la ritirata e subirono molte perdite. Si conclusero così i tentativi francesi di prendere Napoli ma le ostilità continuarono. Renzo da Ceri con alcuni degli Orsini si fortificò in Barletta mentre i Veneziani comandati da Cacciadiavoli Contarino occuparono vari luoghi in Puglia e in Calabria.
Intanto il Principe d'Oranges intentò causee contro i nobili napoletani che avevano dimostrato di simpatizzare per i Francesi.
Il 12 settembre Andrea Dor ia, che era passato agli imperiali, entrò in Genova con un manipoilo di soldati e sollevò la popolazione contro gli occupanti francesi. Negli ultimi giorni di settembre la città fu liberata e ne venne affidato il governo alle principali famiglie.
Clemente VII lasciò Orvieto e tornò a Roma, richiamando quanti erano fuggiti, riprese quindi ad insidiare l'odiato Alfonso duca di Ferrara contro il quale vennero ordine alcune congiure che il papa negò di aver ispirato.
Don Ercole, figlio del fuca Alfonso, sposò Renea figlia di Luigi XII e cognata di Francesco I.

Anno 1529
Papa Clemente VII
Imperatore: Carlo V
Papa Clemente si ammalò gravemente tanto che si sparse la voce della sua morte, tuttavia il pontefice guarì e riprese le sue trattative politiche con l'imperatore e con il re di Francia.
Forti tensioni turbavano il regno di Napoli: l'Aquila si era ribellata, Barletta era nelle mani di Renzo da Ceri, Trani, Pulignano e Monopoli in quelle dei Veneziani, Monte Sant'Angelo, Nardò e Castro ubbidivano ai Francesi. Alfonso marchese del Vasto represse la ribellione dell'Aquila, passò quindi a Monopoli ma i Veneziani lo costrinsero a ritirarsi. Molfetta fu presa e saccheggiata da Cacciadiavoli Contarino.
Un contingente di duemila spagnoli malamente armati e vestiti raggiunse Genova e fu preso in consegna dal conte Ludovico di Barbiano che lo condusse a Milano dove gli Spagnoli si diedero a depredare le cose dei cittadini.
I Francesi conquistarono Novara, Vigevano e altri luoghi. Il Signore di San Polo, generale dei Francesi, tenne un consiglio con i comandanti veneti e sforzeschi e fu deciso di assediare Milano con l'obiettivo di prenderla per fame. Il San Polo quindi passò a Genova sperando di approfittare dell'assenza di Andrea Doria che era stato chiamato in Spagna dall'imperatore, ma fu sorpreso e sconfitto da Antonio de Leyva che fece prigionieri il conte Claudio Rangone, Giangirolamo da Castiglione e lo stesso San Polo.
Considerati gli insuccessi dei Francesi e il proprio rancore nei confronti dei Fiorentini il papa decise di accordarsi con l'imperatore mettendo da parte il ricordo degli affronti subiti. Il 29 giugno fu conclusa a Barcellona la lega tra il papa e l'imperatore. Quest'ultimo si impegnò a restaurare il governo dei Medici a Firenze, far sposare sua figlia Margherita d'Austria con Alessandro creduto figlio illegittimo di Lorenzo de'Medici, a restituire al papa Modena, Reggio, Rubiera, Cervia e Ravenna occupate dai Veneziani, ad aiutare Clemente VII a togliere il ducato di Ferrara alla casa d'Este.
Il re Francesco I il 5 di agosto concluse un accordo per liberare i figli che erano presso l'imperatore come ostaggi, pagando un esoso riscatto in denaro e in cessioni territoriali.
In Italia continuava la guerra dei Veneziani e del duca di Milano contro gli Imperiali. Il papa mandò il principe d'Oranges con ottomila mercenari contro Firenze.
Malatesta Baglioni, passato dal papa ai Fiorentini, recuperò Perugia, mise presidi in Macerata, Montefalco a Assisi e saccheggiò Spello, ma il 9 settembre, attaccato in Perugia dal principe di Oranges, fu costretto a arrendersi.
In ottobre il d'Oranges si accampò presso Firenze. Il papa propose ai Fiorentini moderate condizioni di pace, in pratica chiese solo la restaurazione dei Medici ma il consiglio cittadino respinse ogni proposta.
Il 12 agosto Carlo V giunse a Genova con la flotta di Andrea Doria e fu accolto con grandi onori dalla popolazione. Il papa moderava le trattative tra l'imperatore, i Veneziani e il duca di Milano. Carlo V voleva Alessandria e Pavia, mandò i soldati che erano con lui nella prima e concordò con il de Leyva di assediare la seconda che si arrese senza combattere.
Il 5 novembre il papa e l'imperatore si incontrarono a Bologna ed avviarono le trattative per pacificare l'Italia. Il 22 novembre furono raggiunti da Francesco Maria Sforza duca di Milano che grazie ai buoni uffici del papa fu reinsediato dal governo di Milano a condizione di pagare all'imperatore tributi in denaro che, ovviamente, andarono ad aggravare per l'ennesima volta le condizioni della popolazione milanese. Inoltre l'esercito imperiale, avuta notizia dell'accordo, si portò rapidamente presso Milano e fece pressione per ottenere dai cittadini le paghe che da tempo non percepiva pena il saccheggio e la devastazione. Informato da messaggeri milanesi, Carlo V stornò il pericolo ordinando alle milizie di portarsi in Toscana.
Anche i Veneziani conclusero la pace con l'imperatore impegnandosi a restituire le terre occupate nel regno di Napoli, Ravenna e Cervia. Il 23 dicembre fu istituita una lega perpetua tra Carlo V, Clemente VII, Ferdinando di Ungheria, Venezia, Milano, il duca di Savoia, i marchesi di Monferrato e di Mantova.
La guerra continuava solo a Firenze dove si erano concentrate le milizie del papa e quelle dell'imperatore.
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Anno 1536
Papa Paolo III
Imperatore: Carlo V
Giunto a Napoli il duca di Firenze Alessandro de'Medici fu chiamato a rispondere delle accuse dei fuoriusciti Fiorentini ma l'imperatore, per denaro o per scelta politica, decise la questione in favore del duca riconoscendolo signore di Firenze e gli fece sposare Margherita, sua figlia naturale. Dopo le nozze il duca tornò a Firenze mentre l'imperatore con il suo seguito raggiunse Roma il 5 aprile.
Paolo III si lamentò con l'imperatore per l'arroganza del re di Francia Francesco che senza tener conto dei trattati in essere aveva attaccato il duca di Savoia. Il papa si offrì di fare da mediatore ma Francesco si ostinò a pretendere il ducato di Milano per il suo primogenito duca d'Orleans marito di Caterina de'Medici. Approfittando della presenza dell'imperatore nel concistoro tenutosi in quel mese di aprile il papa annunciò la convocazione del concilio ecumenico. L'imperatore si portò in Lombardia sostando in varie città dove raccolse tributi per finanziare le sue imprese. L'esercito francese calò in Italia comandato dall'ammiraglio Filippo Sciabot al quale si unì Francesco Marchese di Saluzzo e conquistò Torino, Pinerolo, Fossano, Chieri e altre località. Il duca di Savoia con l'aiuto di Antonio da Leva governatore di Milano e dei Vaneziani riuscì soltanto a presidiare Vercelli ma il re di Francia fermò l'avanzata della sua armata per ascoltare le proposte del pontefice e inviò in Italia il cardinale di Lorena per incontrare Carlo V ma i colloqui che seguirono non produssero risultati concreti. Ad Asti l'imperatore, il marchese di Saluzzo e il governatore di Milano decisero di far guerra alla Francia.
Una grande armata di tedeschi, spagnoli e italiani comandata da Antonio da Leva, Alfonso del Vasto, Don Ferrante Gonzaga e il duca d'Alba all'inizio di luglio mosse verso la Provenza procedendo in parallelo con la flotta di Andrea Doria. Gian Giacomo signore di Musso e marchese di Marignano detto il Medeghino (Gian Giacomo Medici) rimase con circa diecimila soldati ad assediare Torino insieme al marchese di Saluzzo.
In autunno l'armata imperiale rientrò in Italia con grandi perdite e senza risultati. Uno dei promotori della spedizione, Antonio de Leva, era morto in Francia di malattia..
Anche i Francesi avevano subito gravi danni e il re piangeva la morte del figlio, il delfino Francesco, fulminato da una malattia. IL coppiere conte Sebastiano Montecuccoli fu ingiustamente accusato di averlo avvelenato su istigazione del generale De Leva e sulla base di una confessione estorta con la tortura venne atrocemente giustiziato.
Il conte Guido Rangone generale dell'esercito francese entrò in Italia con l'ordine di tentare la presa di Genova approfittando dell'assenza della flotta. In agosto occupò Tortona e dopo un assalto fallito alle mura di Genova si portò in Piemonte dove conquistò Carignano, Chieri, Carmagnola, Chierasco mentre delegava a Cesare Fregoso la presa di Raconigi. Infine liberò Torino dall'assedio degli imperiali.
Carlo V incontrò a Genova Federico marchese di Mantova che gli espose i diritti della moglie sul Monferrato. L'imperatore gli assegnò la regione a scapito degli altri pretendenti, il marchese di Saluzzo e Carlo duca di Savoia. Carlo V ripartì per la Spagna. Federico duca di Mantova riuscì a entrare a Casale il 29 novembre con l'aiuto del nuovo governatore di Milano Marchese del Vasto che la liberò dai militari francesi che l'avevano occupata. Nello stesso mese Massimiliano Stampa cedette all'imperatore il castello di Milano del quale era affidatario per volontà del defunto Francesco Sforza e fu nominato marchese di Soncina.



Anno 1541
Papa Paolo III
Imperatore: Carlo V
L'esercito pontificio comandato da Pier Luigi Farnese attaccò Rocca di Papa sconfiggendo Ascanio Colonna. Passò quindi a Palliano e solo dopo un lungo assedio se ne impadronì vincendo Fabio Colonna e conquistò anche le altre località occupate dai Colonna nel territorio della Chiesa.
L'imperatore Carlo V era alle prese con le lotte di religione e con i Turchi che minacciavano l'Ungheria. Non si riuscì a convocare il Concilio per dissensi sulla scelta della sede e in Ungheria l'esercito del re Ferdinando fu sconfitto dall'armata di Solimano che occupò Buda. Carlo, tuttavia, scese in Italia per svolgere il suo progetto di combattere i corsari di Algeri. Fu accolto a Trento dal Marchese del Vasto, Ercole II duca di Ferrara e Ottavio Farnese duca di Camerino. Passò quindi a Milano poi a Genova per raggiungere Lucca dove doveva incontrare il papa.
Il re di Francia Francesco, mirando a indebolire la potenza austriaca, intratteneva rapporti diplomatici con Solimano. Il suo ambasciatore Antonio Rincone rientrando in Italia da Costantinopoli fu trucidato sul Po con il suo seguito e il re di Francia ne incolpò il Marchese del Vasto dichiarando di considerare rotta la tregua che vigeva tra Francia e Impero. Era una chiara minaccia di guerra e per scongiurarla Paolo III andava ad incontrare Carlo V.
Durante i colloqui tra papa e imperatore si presentò un inviato del re di Francia a chiedere giustizia contro il Marchese del Vasto, ottenuto un rifiuto il re fece arrestare Giorgio d'Austria vescovo di Liegi, quindi strinse alleanza con i re di Svezia e di Danimarca contro l'imperatore.
Paolo III propose a Carlo V di affidare provvisoriamente il ducato di Milano a suo nipote Ottavio Farnese.
Dopo un breve soggiorno a Lucca, l'imperatore si portò a Maiorca per unirsi alla sua potente flotta comandata da Andrea Doria. Il 18 ottobre partì per Algeri e qui giunti gli imperiali iniziarono l'assedio ma il 25 ottobre centotrenta delle loro navi furono distrutte da una tempesta. I superstiti si trovarono privi di sostentamento e furono costretti a riprendere il mare con le imbarcazioni ancora utilizzabili ma molti fecero naufragio e lo stesso Carlo V riuscì a raggiungere Cartagena solo il 3 dicembre dopo varie disavventure.

Anno 1572
Papa Gregorio XIII
Imperatore Massimiliano II
Morì in quest'anno il papa Pio V. Acceso sostenitore della lotta contro gli Ottomani aveva a questo fine raccolto grandi somme, parte delle quali fu trovata in Castel S. Angelo. Il conclave scelse come successore i Pio V il cardinale Ugo Boncompagni di antica e nobile famiglia bolognese che secondo Muratore discendeva dallo scrittore fiorentino Boncompagno vissuto nel XII secolo. Il nuovo papa prese il nome di Gregorio XIII e come primo atto del suo pontificato destinò ai poveri le somme che tradizionalmente si erogavano al popolo e ai partecipanti del conclave in occasione dell'elezione papale.
Per proseguire la guerra contro gli Ottomani, Gregorio XIII inviò messi nelle corti d'Europa a sollecitare aiuti. Nominò comandante della galee pontificie Marcantonio Colonna. Soltanto Filippo II inviò soccorsi, per altro limitati perché si credeva imminente una guerra tra Francia e Spagna. Fu comunque organizzata una flotta consistente ma i Turchi evitarono più volte lo scontro diretto e all'inizio dell'inverno le navi tornarono indietro senza aver ottenuto risultati apprezzabili.
Iniziò in quest'anno la ribellione dei Paesi Bassi contro il re di Spagna, a stimolarla con promesse di aiuti era soprattutto il principe d'Orange appoggiato dai protestanti tedeschi e dagli ugonotti francesi. Scoppiarono rivolte in Olanda, Zelanda e Frisia, soprattutto nelle città dove il protestantesimo aveva più seguaci. Queste città si unirono per dare vita alla Repubblica delle Province Unite che successivamente crebbe fino a diventare una delle maggiori potenze europee.
Il re di Francia Carlo IX colse l'occasione del matrimonio tra Enrico re di Navarra e Margherita di Valois, che aveva attirato a Parigi molti ugonotti, per ordinare la strage della notte del 24 agosto, San Bartolomeo. Furono uccisi due o tremila protestanti tra i quali quattrocento nobili. Poco dopo a Lione, Tolosa, Roano ed altre città si verificarono altre stragi.
Nel mese di settembre morì Barbara d'Austria duchessa di Ferrara.

Anno 1588
Papa Sisto V
Imperatore Rodolfo II
Papa Sisto V istituì per ogni città dello Stato Pontificio l'archivio pubblico dove registrare tutti gli atti notarili. Istituì anche un tesoro di cinque milioni di scudi d'oro che la Chiesa potesse utilizzare in caso di invasione degli Ottomani o in altre simili emergenze. Il prelievo fiscale straordinario attuato per costituire questo tesoro suscitò molto malcontento. Lo stesso papa fece costruire dieci nuove galee.
A Roma giaceva in terra un grandissimo obelisco che Costantino aveva trasportato dalla sua sede in Egitto fino a Alessandria con l'intenzione di portarlo a Costantinopoli ma suo figlio Costanzo lo aveva condotto a Roma e lo aveva eretto nel Circo Massimo. Rotto in tre pezzi, l'obelisco rimase in terra per secoli finché Sisto V lo fece riparare e installare nella Piazza del Laterano.
Il papa fece costruire anche un nuovo edificio per la Biblioteca Vaticana con annessa stamperia.
Filippo II aveva allestito una grande flotta che intendeva usare contro Elisabetta regina di Inghilterra, sostenitrice dei protestanti nei Paesi Bassi. Il duca Alessandro Farnese ebbe ordine di preparare un grosso esercito con navi adatte a trasportarlo in Fiandra. Arruolando soldati a Milano, Napoli, in Borgogna e in Germania, il Farnese riunì quarantamila fanti e tremila cavalieri.
Anche la regina Elisabetta approntò una poderosa flotta e un forte esercito affidando il comando a Carlo Howard e Francesco Drago (Francis Drake).
La flotta spagnola al comando del duca di Medina Sidonia partì nel mese di giugno ma fu presto dispersa da una burrasca. Una volta riunita proseguì verso l'Inghilterra e giunse in vista dell'armata nemica. Il comandante spagnolo attese l'ordine del Consiglio di Spagna e tentò senza successo di provocare uno scontro con il Farnese. Improvvisamente una tempesta colpì la flotta spagnola affondando molte navi, altre furono catturate dagli Inglesi e quelle che riuscirono a tornare in Spagna erano in pessimo stato. Filippo II non si perse d'animo, tuttavia il duca di Medina Sidonia fu esonerato dall'incarico.
In Francia il re Enrico III guardava con sospetto ed inquietudine la popolarità che Enrico di Guisa andava acquistando. Il 12 maggio, detto il giorno delle barricate, il popolo cattolico di Parigi insorse contro la guarnigione armata di Svizzeri e Francesi che il papa teneva in città. Dopo lunghe trattative per la concordia il re ricevette a corte il duca di Guisa e i suoi seguaci con grandi onori ma il 23 dicembre fece trucidare il duca e suo fratello il cardinale di Guisa.
Furono imprigionati il cardinale di Borbone, l'arcivescovo di Lione e altri personaggi illustri del partito cattolico, il duca di Nemours fuggì dalla prigione e con Carlo di Lorena continuò a spronare gli insorti. Si parlò di trame contro il re di Francia che coinvolgevano, oltre al duca di Guisa, anche Filippo II di Spagna e Carlo Emanuele duca di Savoia ma probabilmente era una menzogna diffusa per giustificare l'assassinio del Guisa.
Il duca di Savoia approfittò della situazione per impossessarsi del Marchesato di Saluzzo con il pretesto di non far penetrare il protestantesimo in Italia. Sostenne anche di voler preservare il marchesato di Saluzzo contro i nemici della Francia ma il re Enrico III, non convinto da queste affermazioni, si preparò a combattere per recuperare Saluzzo.