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Flamine



Flamine Diale
Flamine
I flamini indossavano
una toga purpurea e un
caratteristico copricapo sormontato
da una piccola asta alla quale
era legato un filamento di lana.

Sommo sacerdote di Giove. Sacerdozio riservato ai patrizi, era una delle cariche più onorifiche della repubblica. Il flamine aveva un seggio in senato ed il diritto di indossare la toga ricamata di porpora come i magistrati. La carica comportava curiosi interdetti, come non poter salire a cavallo, il divieto di uscire da Roma ed il dover evitare la vista di persone intente al lavoro, lo precedevano infatti un littore ed un battistrada che avvertivano gli operai che incontravano di sospendere ogni attività fino al passaggio del flamine.
La moglie del flamine doveva essere di condizione patrizia, partecipava a molte cerimonie e le si tributava grande rispetto, non poteva essere ripudiata ed alla sua morte il flamine doveva dimettersi.

Fra le varie incombenze rituali del flamine era quella di dare il segnale per l'inizio della vendemmia ed il consenso per la vendita del vino nuovo.
Giulio Cesare fu designato flamine diale ma non fu mai insediato nella carica.

Flamine Marziale, Flamine Quirinale
Rispettivamente sacerdote del culto di Marte e di Quirino (Romolo divinizzato), le cariche furono istituite quando la triade Giove - Marte - Quirino si affermò nel culto ufficiale di Roma.
Secondo la tradizione fu Numa Pompilio a creare questi sacerdozi.

Oltre ai suddetti flamini maggiori ne esistevano altri incaricati di seguire i riti di divinità miniori (Carmentalis, Volcanalis, ecc.). In epoca imperiale inoltre, furono istituiti i flamini dedicati al culto degli imperatori divinizzati (es. Flamen Augustalis, Claudialis, ecc.)

Regole per il flamine
Un esempio clamoroso dei tabù imposti ai sacerdoti ci viene fornito dalle regole di vita prescritte per il flamen Dialis romano, visto come immagine vivente di Giove, o incarnazione umana dello spirito celeste. E le regole erano queste: il flamen Dialis non poteva cavalcare né toccare un cavallo; né vedere un esercito in armi, né portare un anello che non fosse spezzato, né avere un nodo in uno qualsiasi dei suoi indumenti; dalla sua casa non poteva uscire fuoco che non fosse il fuoco sacro; non poteva toccare farina di grano né pane lievitato; non poteva toccare, e nemmeno nominare, capre, cani, carne cruda, fagioli e edera; non poteva camminare sotto una vite; i piedi del suo letto dovevano essere cosparsi di fango; solo a un uomo libero era consentito tagliargli i capelli, con una lama di bronzo e, una volta tagliati, capelli e unghie dovevano essere seppelliti ai piedi di un albero fausto; non poteva toccare un cadavere, né entrare in un luogo dove fosse in atto una cremazione; non poteva assistere a un lavoro compiuto in giorno festivo; né restare a capo scoperto all?aria aperta; se si portava a casa sua un uomo legato, bisognava prima slegarlo, tirare su le corde attraverso un foro nel soffitto e calarle poi in strada. Sua moglie, la flafninica, era soggetta a norme quasi identiche, cui però se ne aggiungevano delle altre. Non poteva salire più di tre gradini di quella che veniva chiamata scala greca; in occasione di alcune feste, le era fatto divieto di pettinarsi; il cuoio delle sue calzature doveva provenire da un animale abbattuto o immolato, ma non morto di morte naturale; se sentiva un tuono, rimaneva ella stessa tabù fino a quando avesse offerto un sacrificio espiatorio.
Da Il Ramo d'Oro di James G. Frazer (Cap. XVII, pag.324) - Newton Compton Editori



Riferimenti letteratura:
  • Cicerone - La Repubblica
  • Dionigi di Alicarnasso - Storia di Roma Antica
  • Livio - Storia di Roma
  • Ovidio - Fasti
  • Velleio Patercolo - Storia romana
  • Aulo Gellio - Notti Attiche
  • Svetonio - Vite dei Cesari
  • Plutarco - Licurgo e Numa
  • Theodor Mommsen - Storia di Roma Antica


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