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PLUTARCO

VITE DI LICURGO E NUMA


VITA DI LICURGO

1) Plutarco inizia la narrazione con una premessa profondamente scettica : di Licurgo, della sua vita, della sua morte e delle sue attività non si può dire nulla di sicuro. Anche l'epoca della sua vicenda è controversa.
Per alcuni autori, fra cui Aristotele, Licurgo sarebbe stato contemporaneo del re degli Elei Ifito con il quale avrebbe istituito o riformato i giochi olimpici (776 a.C.) .
Secondo altri autori (Eratostene di Cirene e Apollodoro di Atene) Licurgo sarebbe vissuto prima, iniziando la sua reggenza circa un secolo prima (885 a.c.).
Timeo ritiene che siano vissuti due personaggi di nome Licurgo in epoche diverse ma spesso confusi dalla tradizione.
Il primo Licurgo sarebbe stato contemporaneo di Omero, il secondo l'istitutore della prima Olimpiade.
Controversa anche la genealogia di Licurgo. Lo si vuole discendente da Eracle tramite Procle, la discendenza è più o meno distante a seconda dell'epoca in cui Licurgo viene collocato.

2) Fra gli antenati di Licurgo si ricordava Soo, vincitore degli Iloti e conquistatore di un grande territorio degli Arcadi.
Soo era per alcuni autori padre di Emipantide, in altri è ignorato ed Emipantide è figlio di Procle. Emipantide fu il primo a fare concessioni al popolo. Più tardi si verificarono dei disordini popolari nei quali perse la vita Ennomo, padre di Licurgo, lasciando il regno al primogenito Polidecte.
3) Morto Polidecte il regno passò a Licurgo ma quando questi seppe che la moglie del fratello era incinta dichiarò che il regno spettava di diritto al nascituro, se maschio, e continuò ad esercitare il potere come tutore.
La cognata gli propose segretamente di sopprimere il nascituro e di sposarla per regnare insieme ma Licurgo finse di accettare la proposta convincendo la donna a portare a termine la gravidanza senza rischiare pericolosi aborti, avrebbe pensato lui ad eliminare il neonato. Salvò così la vita al nipote che immediatamente presentò al popolo come nuovo re, con il nome di Carilao.
La cosa gli procurò l'odio della cognata e dei suoi congiunti che cominciarono a calunniare Licurgo il quale addolorato dai sospetti che i suoi rivali andavano insinuando sul suo conto fra i cittadini, lasciò Sparta partendo in volontario esilio.
4) Licurgo si recò a Creta, dove studiò la costituzione legale ed invitò il poeta e letterato Taleta di Gortina a Sparta per diffondervi la proprie opere di alto contenuto civico e morale.
Dopo Creta Licurgo visitò la Ionia ove ebbe modo di accedere ai poemi di Omero che trascrisse alacremente nell'intento di diffondere la conoscenza una volta tornato in patria.
Forse fu in Egitto dove conobbe ed approvò l'idea della separazione della casta militare dalle altre classi sociali.
Ad altri viaggi in Libia, Iberia e verso l'India riferiti da alcune sue fonti Plutarco attribuisce scarsa attendibilità.
5) Infine gli Spartani pregarono Licurgo di tornare in patria ed egli accettò. Ristabilitosi a Sparta mise mano al suo progetto di una nuova costituzione e raccolse intorno a se, fra gli ottimati, una trentina di potenti sostenitori. Giunse infine ad una sorta di pacifico colpo di stato occupando l'agorà. Prima innovazione operata da Licurgo fu l'istituzione di un consiglio di anziani (Gerusia) formato da ventotto membri. Il consiglio godeva di parità di voto verso i re ed assicurava in tal modo un governo più equilibrato garantendo un freno alle tendenze tiranniche dei re e agli eccessi demagogici verso i quali di tanto in tanto la situazione politica precipitava.
Secondo alcuni autori moderni la gerusia sarebbe istituzione più antica, di origine Micenea, e l'opera compiuta da Licurgo sarebbe stata non già la sua istituzione ma il suo radicale rinnovamento, privando i re del potere di eleggere i garanti a vita. Licurgo, che prima di agire aveva ottenuto dall'oracolo di Delfi previsioni molto incoraggianti, non destituì i re in carica, anzi convinse il debole Carilao che per paura si era rifugiato nel tempio di Atena, che non ci fosse nulla da temere per la sua persona e per il suo trono.
6) Basandosi sul verdetto dell'oracolo Licurgo volle sostenere che le sue leggi fossero ispirate dallo stesso Apollo. L'oracolo, definito con il termine Retra (risposta, o trattato, o patto) venne probabilmente trascritto e conservato negli archivi spartani. E' citato anche da Aristotele.
Le nuove leggi prevedevano che garanti e re presentassero le proprie proposte all'approvazione dell'assemblea popolare. Qui il popolo aveva facoltà di approvarle o di proporre emendamenti, tuttavia se la discussione o gli emendamenti tendevano a distorcere il senso della proposta il consiglio degli anziani aveva facoltà inappellabile di sciogliere l'assemblea.
Licurgo prescrisse che le riunioni si tenessero all'aperto ritenendo contraria alla modestia e quindi alla serietà dei partecipanti la presunzione indotta dall'eleganza di pubblici edifici sfarzosi.
7) La costituzione di Licurgo arginò la tirannide dei re ma incrementò il potere degli oligarchi. A ciò fu posto rimedio circa centocinquanta anni più tardi dal re Teopompo che approvò l'istituzione degli efori.
Note : Nella vita di Cleomene Plutarco fornisce altre motivazioni dell'istituzione dell'eforato che sarebbe stato creato dai re per delegare le incombenze dell'amministrazione della giustizia quando la guerra messenica era diventata troppo impegnativa per i diarchi. In realtà è molto controversa anche la datazione del primo eforato.
8) Il secondo provvedimento di Licurgo fu di grande importanza politica, operò la ridistribuzione delle terre ponendo fine a grandi sperequazioni economiche fra gli spartiati. Questo provvedimento, le cui modalità variano nelle fonti, è attestato in molti autori. La sua diffusa tradizione è dovuta probabilmente alla propaganda di re come Agide IV e Cleomene III che al momento di operare simili spartizioni cercarono nel mitico Licurgo un precedente prestigioso.
9) Licurgo dichiarò fuori corso le monete d'oro e d'argento sostituendole con pesanti ed ingombranti monete di ferro che non avevano valore fuori della Laconia. Con questo fantasioso espediente riuscì ad eliminare gran parte dei lussi e dei crimini derivanti dalla sete di ricchezza. Ristagnando la circolazione di denaro tutte le attività superflue o frivole furono duramente colpite e molti di quelli che abitualmente vi si dedicavano lasciarono Sparta mentre gli artigiani distolti dalla produzione di oggetti voluttuari si specializzarono in quella di oggetti utili come la famosa coppa della Laconia.
10) Licurgo fu anche autore della famosa istituzione dei pasti in comune, tesa ad eliminare i lussi e le intemperanze dei banchetti. L'usanza storicamente non è da attribuirsi a Licurgo ma risale alle costituzioni tribali dei Dori. Fu elemento caratteristico della costituzione macedone, ma fu praticata anche in altre città come Mileto, Creta, Turi, Megara, ecc. La partecipazione ai pasti comuni era obbligatoria ed i trasgressori venivano puniti.
11) Ovviamente le leggi emanate da Licurgo gli procurarono presto l'avversità dei benestanti. Scoppiò un tumulto nel corso del quale un giovane di nome Alcandro colpì Licurgo con un bastone cavandogli un occhio. Alla vista di Licurgo così offeso i rivoltosi si pentirono e cessate immediatamente le ostilità consegnarono Alcandro a Licurgo. Licurgo non punì il suo aggressore ma si limitò a farne un suo servo. Vivendo a contatto con il legislatore, Alcandro imparò presto ad apprezzarne le qualità e la forza morale e divenne un uomo saggio ed avveduto.
12) Per i pasti comuni gli Spartani si riunivano in gruppi di circa quindici persone. Ogni membro del gruppo contribuiva con periodici conferimenti di grano, vino, formaggio, fichi e con una modesta somma per l'acquisto di altri alimenti. Era usanza conferire al banchetto comune anche le primizie dei sacrifici e parte delle prede di caccia.
Si era autorizzati a mangiare in casa solo dopo sacrifici e battute di caccia. Si facevano partecipare ai pasti in comune anche i ragazzi per abituarli alla frugalità ed alla concordia. Il clima dei pasti doveva essere il più possibile allegro e cordiale, per questo motivo si poteva essere ammessi in un gruppo solo con il parere unanime di tutti i membri . Pietanza preferita era il " brodo nero ", una zuppa a base di carne e sangue di maiale, vino e spezie.
13) Licurgo non dette leggi scritte, anzi proibì di darne. Plutarco attribuisce quindi a Licurgo il principio, molto radicato nella cultura greca, secondo il quale la stabilità politica e la concordia dei cittadini si basavano sull'educazione più che sull'impostazione della norma scritta. Altre disposizioni furono quelle che vietavano lo sfarzo negli arredi domestici e quella che prescriveva di non intraprendere frequenti ostilità militari contro i popoli vicini per non spingere questi ad organizzarsi e perfezionarsi nelle cose militari.
14) Licurgo e le donne : si occupò anche della loro educazione equiparando la loro preparazione atletica a quella maschile. Le giovani partecipavano nude alle processioni che prevedevano questo costume e motteggiavano con i ragazzi il che, secondo il legislatore serviva ad evitare la mollezza dei costumi, e le conseguenti perversioni.
Qui Plutarco è in aperto contrasto con Aristotele che aveva sostenuto come le leggi di Licurgo avessero ignorato le donne le quali vivevano in costume di grande dissolutezza.
Pare in effetti che i costumi familiari spartani fossero singolari : le donne godevano di grande libertà, molte delle loro incombenze erano delegate alle schiave e l'educazione dei figli dai sette anni in poi era curata dallo stato. Vedevano poco i mariti che, se non erano in guerra, erano presi da occupazioni sociali come i pasti pubblici.
15) Varie consuetudini introdotte da Licurgo penalizzavano il celibato. I celibi venivano privati di alcuni diritti formali (partecipare a spettacoli, atti di ossequio da parte di giovani) e venivano assoggettati a varie forme di ostracismo sociale.
Il matrimonio avveniva per ratto. Non si svolgevano erano cerimonie e la prima notte veniva consumata in maniera sbrigativa. Gli usi matrimoniali erano comunque sempre continenti (i coniugi si incontravano solo notte tempo e spesso furtivamente). Erano concessi rapporti extraconiugali non clandestini e con l'approvazione dell'altro coniuge, al fine di procreare figli con partners selezionati per salute ed aspetto.
16) I nati erano esaminati dagli anziani che dopo averne valutato la complessione fisica ne decidevano la sorte.
Se sani veniva disposto per la loro cura e veniva loro assegnato un lotto di terra, se deboli venivano subito eliminati (precipitati in una voragine). Le madri lavavano i neonati con il vino per irrobustire la tempra. Le nutrici crescevano i piccoli abituandoli alla forza ed al coraggio. A sette anni gli Spartani venivano presi in custodia dallo stato.
L'educazione era tipicamente militare, si insegnava appena a leggere e a scrivere. Dai dodici anni vivevano in gruppo, lavandosi solo in alcuni giorni dell'anno. Pare che la notizia sull'educazione sia più che altro di tipo tradizionale perchè da altri autori si apprende che a Sparta vivevano anche molti filosofi e letterati.
17) Dai dodici anni gli adolescenti avevano rapporti omoerotici con giovani più maturi. Non è certo se si trattasse di relazioni platoniche a fini educativi incentivate per sublimare la sessualità o di pratiche iniziatiche in cui i giovani dovevano sottomettersi anche sessualmente agli adulti. Per gli adolescenti la vita non era facile, divisi in gruppi erano comandati dai " Prefetti dei fanciulli o Ireni che dovevano servire e rispettare.
Era fatto loro obbligo di rubare cibo ed altri generi, rischiando sferzate e digiuno se venivano colti sul fatto, per abituarli al pericolo. Mangiavano poco perchè si credeva che l'abbondanza di cibo danneggiasse la crescita.
18) L' Irene proponeva ai fanciulli a lui affidati problemi e quesiti riguardanti la vita cittadina. Risposte non soddisfacenti venivano punite. Spesso l'Irene somministrava le punizioni davanti agli anziani perchè ne giudicassero l'operato.
19) Si adottava nel parlato uno stile succinto ed incisivo, lo stile laconico, appunto. Di tale stile era maestro Licurgo del quale Plutarco cita alcune sentenze.
20) Ancora sullo stile laconico, motti e sentenze.
21) La musica a Sparta : flauti e cori su temi militari, elogio di chi ha perduto la vita eroicamente, biasimo per chi si era comportato vilmente in battaglia.
22) In tempo di guerra ai ragazzi era concesso di adornarsi adeguatamente. Al fine dell'adolescenza si lasciavano crescere molto i capelli perchè Licurgo definiva la chioma "ciò che rende più affascinanti i belli e più terribili i brutti " .
Rituali bellici : schierato l'esercito il re sacrificava quindi ordinava ai flautisti di suonare il " ritmo di Castore " ed intonava il poema di marcia. Pare che l'accompagnamento musicale infodesse coraggio e dignità nei guerrieri spartani. Dopo la vittoria gli Spartani non usavano inseguire i nemici, cosa ritenuta poco nobile. Questo induceva chi ne era a conoscenza ad essere propenso più alla fuga che alla resistenza in caso di sconfitta. In battaglia il re era affiancato dai vincitori delle ultime competizioni agonistiche.
23) Disposizioni di Licurgo in materia militare : suddivisione dei cavalieri in squadroni di 50, secondo alcuni autori era bellicosissimo, per altri invece emanò la sua costituzione in pace.
Collaborò con Ifito ad organizzare le gare Olimpiche.
24) L'educazione degli Spartani continuava fino alla maturità, e " la città era come un accampamento " in cui tutti erano perennemente in servizio. Il disprezzo della ricchezza procurava comunque agli Spartani molto tempo libero, mentre il lavoro dei campi era affidato agli Iloti.
25) Fino ai trent'anni non si scendeva nell'agorà ed era ammesso occuparsi degli affari domestici ma superata quell'età era considerato disonorevole farsi vedere impegnati ed il tempo non trascorso in guerra veniva speso quasi interamente in convegni in piazza. Era apprezzato lo scherzo e si diceva che Licurgo volle erigere un monumento al Riso.
In generale le norme di Licurgo spingevano verso una forte coesione sociale e morale dei cittadini.
26) Quando moriva un membro della gerusia se ne eleggeva un altro fra i cittadini che avessero superato i sessanta anni . L'elezione si svolgeva in un modo singolare : alcuni giudici erano chiusi in un edificio all'esterno del quale la folla acclamava un candidato alla volta (venivano presentati in ordine casuale). I giudici prendevano nota di quale candidato (il primo, il secondo, ecc.) avesse ricevuto maggiori acclamazioni ed in questo modo ne decretavano la vittoria. Al nuovo eletto veniva tributato un corteo d'onore ed un banchetto.
27) Norme funerarie. Licurgo bandendo la supestizione permise che i morti fossero sepolti in città, presso i templi, venivano avvolti in una tunica purpurea e sepolti con rami di ulivo. Era ammessa l'iscrizione del nome sulla tomba solo per gli uomini morti in guerra e le donne morte di parto. Il lutto durava undici giorni, al dodicesimo si sacrificava a Demetra e si scioglieva il lutto. Licurgo limitava la possibilità degli Spartani di recarsi all'estero e non accettava stranieri per evitare l'entrata di nuove idee sovversive.
28) A Sparta vigeva la consuetudine della kripteia, una sorta di caccia all'uomo ai danni degli Iloti che venivano presi e sgozzati a tradimento dai giovani liberi. Plutarco non vuole attribuire questa ed altre barbarie perpetuate dagli Spartani contro i loro schiavi a Licurgo che egli ritiene nel complesso uomo saggio e mite.
29) Consolidata la nuova costituzione Licurgo fece giurare ai suoi concittadini di conservarla immutata in sua assenza e partì per Delfi. Consultato l'oracolo che approvò le sue leggi Licurgo inviò il responso in patria e si lasciò morire di fame.
Licurgo sarebbe vissuto fino a ottantacinque anni. La sua costituzione rimase attiva e sostanzialmente immutata, secondo Plutarco, per cinquecento anni.
30) La costituzione di Licurgo fu sovvertita ai tempi di Agide II quando Lisandro riportando in patria ricchi bottini di guerra riaccese negli Spartani la cupidigia per la ricchezza.
31) Lo scopo di Licurgo non fu comunque, secondo Plutarco, quello di garantire a Sparta onori e potere anche se la città nei secoli arrivò a dominare la Grecia ; ma quello di stabilire la saggezza, l'equilibrio e la semplicità.
Finalità questa teorizzata anche da Platone e da altri filosofi ma messa in pratica da Licurgo.
Quando i resti di Licurgo furono riportati in patria un fulmine si abbattè sulla sua tomba.
Si disse che lasciò un figlio unico, Antioro, che non ebbe figli. Secondo altre fonti Licurgo sarebbe morto a Creta ordinando di spargere le sue ceneri in mare.


VITA DI NUMA



1) Anche la biografia di Numa Pompilio si apre con un'ipoteca sulla chiarezza e sull'attendibilità delle fonti.
Gli antichi registri cronologici romani, secondo Plutarco, erano forse andati dipersi in occasione del sacco di Roma ad opera dei Galli (390 a.C.) e sostituiti con falsi che compiacevano le famiglie più potenti attestandone illustri genealogie.
Anche sulla tradizione di Numa Pompilio discepolo di Pitagora, Plutarco avanza obiezioni di natura cronologica.
Più probabile che ci si riferisse ad un altro Pitagora, uno spartano, il che spiegherebbe certe analogie fra i costumi romani e quelli spartani, d'altro canto anche i Sabini, ai quali Numa apparteneva, si dicevano di origine spartana.
2) Roma era stata fondata da trentasette anni quando Romolo scomparve in una nuvola prodigiosa. Si aprì subito una discordia fra Latini e Sabini per la scelta del nuovo re. Nella circostanza il governo fu affidato a rotazione (sei ore di giorno e sei ore di notte) a ciascuno di centocinquanta patrizi.
Il computo dei patrizi non è esatto, in genere si parla di cento senatori istituiti da Romolo e di altri cento scelti tra i Sabini entrati a Roma con Tito Tazio. L'interregno, secondo gran parte degli autori, durò circa un anno.
3) Infine le due parti (Romani e Sabini) per trovare un re, si accordarono che ciascuna parte ne proponesse uno appartenente all'altra. I Romani scelsero per primi ed indicarono Numa Pompilio, la cui fama di saggezza era tale che i Sabini accettarono senz'altro la scelta. Numa non viveva a Roma e furono invitati messi per invitarlo ad accettare il regno. Numa era nato a Curi, nel giorno della fondazione di Roma, figlio di Pompone, era il più giovane di quattro fratelli. Fu educato alla filosofia ed alla ragione, condusse vita morigerata e fu estremamente pio. Aveva sposato Tazia, figlia unica di Tito Tazio, ma non si era voluto trasferire a Roma per rimanere accanto al padre anziano. Tazia era morta dopo dodici anni di matrimonio.
4) Quando fu chiamato al regno Numa amava vivere in campagna, frequentando boschi sacri e luoghi di devozione. In questi boschi la leggenda vuole che incontrasse la ninfa Egeria che si innamorò di lui e divenne sua sposa. Plutarco nota l'analogia di questa vicenda con molte tradizioni mitologiche e dopo svariati esempi conclude che questa unione fra l'umano ed il divino era un espediente - per altro legittimato dalla rettitudine dei fini - per attribuire alle leggi del re una relazione sovraumana.
5) Numa Pompilio aveva circa quarant'anni quando gli ambasciatori si recarono da lui. Non fu facile convincere un uomo tanto pacifico ad accettare il governo di una città tanto bellicosa . In un primo momento Numa rifiuta e congeda gli ambasciatori.
6) Familiari e concittadini spronarono Numa perchè accettasse il governo di Roma.
7) Infine Numa Pompilio decise di accettare e, dopo aver sacrificato agli dei, si recò a Roma, dove fu accolto con grande entusiasmo. A Roma l'elezione di Numa fu confermata da una votazione pubblica, quindi con gli indovini trasse auspici sul Campidoglio. Come primo atto sciolse la guardia del corpo istituita da Romolo, detta dei trecento Celeres (secondo Dionigi di Alicarnasso Numa avrebbe invece mantenuto i Celeres).
Quindi istituì il flamine quirinale, sacerdote di Romolo, che andò ad aggiungersi ai flamini di Giove e di Marte.
8) Comincia la politica pacifista di Numa Pompilio che chiede aiuto agli dei per il difficile compito di governare e rendere più tranquilla una popolazione così bellicosa. Il nuovo re istituisce riti e cerimonie uniti a danze e feste. La sua propaganda non manca di episodi misteriosi, narrazione di prodigi ed apparizioni demoniache. Da questi particolari derivò forse la tradizione che voleva Numa discepolo di Pitagora.
In effetti, nota Plutarco, alcuni aspetti della politica di Numa Pompilio ben si accordano con la filosofia di Pitagora : la cultura misterica, il divieto di erigere statue agli dei, considerati incorporei e quindi non rappresentabili, i sacrifici incruenti.
Plutarco rammenta anche alcuni indizi di fatto citati dalle sue fonti sui rapporti fra Numa e Pitagora, come il nome di un figlio di Numa che fu chiamato Memerco come il figlio del filosofo, o la notizia della cittadinanza onoraria attribuita dai romani a Pitagora (da una fonte del IV secolo a.C.).
9) A Numa Pompilio si attribuisce anche l'istituzione dei Pontefici, di cui sarebbe stato il primo.
Sull'etimologia del termine Pontefice Plutarco riporta tre ipotesi, la prima legata alla potenza degli dei di cui erano sacerdoti (Pontetifices), oppure, con la stessa radice, si riferisce al potere di compiere i sacri riti. Infine la terza ipotesi deriverebbe dai ponti presso i quali essi sacrificavano e dei quali erano sovrintendenti, ma Plutarco definisce "ridicola" questa ipotesi. Funzione del Pontefice era di sovrintendere al culto pubblico e di curare l'ortodossia di quello privato. Controllava inoltre la condotta delle Vestali. Anche la consacrazione delle Vestali è tradizionalmente attribuita a Numa Pompilio.
Le Vestali, come è noto, avevano il compito di custodire il fuoco perpetuo nel tempio di Vesta ed erano legate al voto di verginità. Diversamente da quanto avveniva in Grecia, nota Plutarco, dove nei santuari i fuochi perpetui erano affidati alle vedove.
10) Le prime Vestali consacrate da Numa Pompilio erano Gegaria, Verenia, Canuleia e Tarpea, più tardi Servio Tullio portò il loro numero a sei . Venivano scelte giovanissime ed il loro ufficio durava trenta anni. Nei primi dieci, da novizie, imparavano a svolgere le loro funzioni, nei dieci successivi le svolgevano e negli ultimi dieci insegnavano alle novizie.
Le Vestali godevano di grandi onori e di particolari prerogative di solito negate alle donne o concesse soltanto alle madri di tre figli, come la possibilità di fare testamento mentre il padre era in vita e quella di compiere atti legali senza tutori. Per contro le loro mancanze erano severamente punite dal Pontefice Massimo. Colpa suprema per una vestale era considerata la perdita della verginità: chi se ne macchiava era sepolta viva presso Porta Collina al termine di una cerimonia lugubre alla quale la folla assisteva in assoluto silenzio.
11) Si attribisce a Numa Pompilio anche la costruzione del tempio circolare di Vesta. Secondo Plutarco la forma circolare voleva rievocare quella dell'universo, ritenuto sferico dai Pitagorici, e non quella della terra come di solito in altri autori.
12) Numa Pompilio istituì il culto degli dei inferi incaricando i Pontefici Massimi di istruire il popolo sui riti della sepoltura. Fissò il limite massimo di dieci mesi per il lutto e per la vedovanza delle donne.
Fra le molte istituzioni religiose attribuite a re Numa Pompilio, Plutarco ricorda ancora quella dei Feziali e quella dei Salii.
I Feziali erano dei magistrati - sacerdoti (in realtà di origine italica) la cui funzione era quella di trattare con i popoli vicini per evitare la guerra, nonchè di aprire le ostilità quando vedevano falliti i propri tentativi di conciliazione. Si credeva che una guerra iniziata senza il consenso dei Feziali o contro la loro volontà sarebbe stata nefasta ed ingiusta. Plutarco cita ad esempio un episodio posteriore, quello dello scontro con i Galli del 390 a.C. culminato con il sacco di Roma. Responsabile dello scoppio della guerra sarebbe stato Quinto Fabio Ambusto che invitato a trattare con i barbari che assediavano Chiusi ne avrebbe sfidato i capi a duello di propria iniziativa.
13) I Salii furono istituiti da Numa Pompilio nell'ottavo anno del suo regno, dopo la pestilenza che si concluse con la prodigiosa apparizione dello scudo ancile. Caduto dal cielo direttamente nelle mani di Numa lo scudo, così disse il re di aver appreso da Egeria, doveva essere replicato in undici copie perfette per confondere un eventuale ladro.
Quelle copie furono fatte dall'abilissimo artefice Mamurio che fu commemorato con un canto rituale (vedi Ovidio - Fasti) e la pestilenza cessò. Numa Pompilio istituì i Salii che ballavano per la città, imbracciando gli scudi, una danza fatta di salti (da cui il nome).
14) Numa edificò la propria reggia presso il tempio di Vesta. Vi trascorreva molto tempo istruendo i sacerdoti e meditando. Faceva precedere i cortei dei sacerdoti da littori che intimavano il silenzio ed il raccoglimento, convinto della necessità che il culto non venisse osservato in modo superficiale. Plutarco cita altre analogie fra le prescrizioni di Numa Pompilio e quelle di Pitagora, come il divieto di attizzare il fuoco con la spada e quello di voltarsi indietro partendo per un viaggio, la regola di sacrificare ai celesti un numero dispari ed agli dei degli inferi un numero pari. Di queste ed altre regole dettate da Numa taceva la ragione : così del libare con il vino di viti tagliate o di compiere in giro su se stessi e sedere dopo i sacrifici.
15) Molte leggende nacquero intorno alla figura di Numa Pompilio, alla sua religiosità ed ai suoi misteriosi poteri. Fra le altre Plutarco ricorda quella narrata anche da Ovidio nei Fasti, secondo la quale Numa riuscì a catturare Pico e Fauno ed a farsi da loro indicare il modo di evocare Giove in persona. Nel colloquio con Giove l'acume di Numa riuscì a propiziargli il favore del Dio.
16) Secondo la tradizione Numa fu il primo ad edificare un tempio alla Fede e a Termine. Definì i confini territoriali di Roma che Romolo aveva preferito lasciare imprecisati per non evidenziare alcuni soprusi compiuti ai danni dei vicini. Suddivise il contado romano in pagi e spronò i cittadini verso l'agricoltura.
17) Cercò di risolvere la distinzione e gli antagonismi fra i due ceppi della popolazione (romano e sabino) "rimescolandoli" in una nuova classificazione basata sull'attività professionale. creò così diverse corporazioni dotandole ognuna di un'assemblea, di una propria attività collegiale e di specifici aspetti rituali.
Gli storici moderni tendono a considerare l'istituzione delle corporazioni come una vicenda più tarda (quinto secolo a.c.), tuttavia l'importanza religiosa che le corporazioni assunsero portò gli autori latini ad attribuirla a Numa Pompilio, riformatore religioso per eccellenza.
18) A Numa si attribuiva anche una riforma del calendario. Fissò a dodici il numero dei mesi con un mese intercalare di ventidue giorni ogni due anni. L'attribuzione di queste riforme a Numa era comunque molto controversa, il passo non è affatto chiaro.
19) Divagazioni di Plutarco sui nomi e l'ordine dei mesi, in genere coerenti con i Fasti di Ovidio.
Numa antepose Gennaio e Febbraio a Marzo, secondo Plutarco perchè tendeva sempre a dar maggior rilievo ai valori civili e religiosi piuttosto che a quelli militari. Gennaio era infatti dedicato a Giano, una divinità pacifica ed il nome di Febbraio significa in sostanza " purificatorio ".
20) Dedicato a Giano esisteva a Roma il famoso tempio delle "porte della guerra " che veniva chiuso solo in tempo di pace. Le porte, dopo Numa Pompilio, furono chiuse solo due volte, nel 235 a.C. durante il consolato di Atilio Bulbo e di Tito Manlio Torquato e durante l'impero di Augusto.
Sotto Numa Pompilio invece le porte di Giano rimasero chiuse ininterrotamente per tuttti i quarantatre anni del suo regno. Plutarco da un'immagine idilliaca del pacifico governo di Numa Pompilio, ispiratore di serenità ed amicizia anche nei confronti degli altri popoli italici.
21) Le fonti di Plutarco sono discordi sulla prole di Numa Pompilio. Per alcuni ebbe solo la figlia Pompilia, per altri ebbe anche quattro figli maschi : Pompone, Pino, Calpo e Memerco ai quali facevano risalire la propria origine rispettivamente le casate dei Pomponi, dei Pinari, dei Calpurni e dei Marci.
Secondo alcuni Numa Pompilio sposò solo Tazia, mentre altri parlano di una seconda moglie di nome Lucrezia. La figlia Pompilia sposò il sabino Marcio che fu senatore e che dopo la morte di Numa si candidò alla successione. Sconfitto da Tullo Ostilio si lasciò morire di fame. Da Pompilia e Marcio nacque Anco Marcio che divenne re dopo Tullo Ostilio. Numa Pompilio morì di malattia lunga ma non dolorosa a poco più di ottant'anni.
22) Le esequie di Numa Pompilio furono solenni e videro grande partecipazione dei romani e di tutti gli Italici. Come egli stesso aveva disposto il vecchio re fu sepolto in un'arca di pietra ai piedi del Gianicolo, in un'altra arca furono sepolti i suoi scritti.
Il contenuto dei libri, opere religiose e filosofiche, era stato tramandato direttamente da Numa Pompilio ai sacerdoti, ed è questa un'altra analogia fra Numa e la scuola dei pitagorici.
Sotto il consolato di Publio Cornelio Cetego e Marco Bebio Tamfilo (181 a.C.) dopo cinque secoli (erroneamente Plutarco dice dopo quattrocento anni) un'alluvione riportò alla luce le arche. Quella che aveva accolto il corpo di Numa fu trovata completamente vuota mentre nell'altra furono rinvenuti degli scritti. Il Senato ritenendo sacrilego divulgare quei testi che il re aveva voluto seppellire, li fece bruciare.
Il successore di Numa Pompilio, Tullo Ostilio, stravolse i suoi ordinamenti riportando i romani alla belligeranza. La sua fine (colpito da un fulmine) ed il destino dei re successivi che morirono tutti di morte violenta salvo Tarquinio il Superbo che finì i suoi giorni in esilio, contribuirono a formare la leggenda di Numa Pompilio.

Confronto fra Licurgo e Numa Pompilio.
1) Numa Pompilio accettò un regno che non aveva fatto nulla per ottenere mentre Licurgo rinunciò spontaneamente, per rettitudine, ad un regno che di fatto aveva già ottenuto. Numa lavorò per portare i cittadini romani, tanto bellicosi, sulla via della pace, Licurgo invece dovette combattere la diffusione dei lussi e degli eccessi. Il primo fece della religione il primo dei valori, il secondo pose al primo posto l'attività militare.
2) Entrambi guidarono i loro popoli verso la frugalità e la temperanza, entrambi per eliminare gli eccessi e colmare le carenze apportarono grandi cambiamenti nella vita dei loro concittadini.
Licurgo proibì ai cittadini liberi di occuparsi di lavori ed affari materiali destinandoli esclusivamente alla pratica della guerra, così a modo suo tentò di arginare cupidigia e speculazione, mentre Numa Pompilio non si occupò affatto di questi aspetti.
3) In materia di costumi e moralità Licurgo fu molto liberale e al fine di selezionare e migliorare la razza rese lecita ogni frequentazione extraconiugale, al contrario Numa impose il massimo pudore.
4) Licurgo faceva sposare le donne quando erano già mature e pronte a sostenere numerosi parti mentre le romane venivano maritate giovanissime per favorire il loro adattamento alla convivenza con il marito.
Contrariamente a Licurgo, Numa Pompilio non emanò disposizioni sull'educazione dei giovani e questo secondo Plutarco fu un errore, infatti l'ordinamento spartano sopravvisse per secoli al suo ideatore mentre quello di Numa fu stravolto dalle generazioni successive.
Il maggior merito di Numa è comunque secondo l'autore nell'aver saputo regnare "senza aver bisogno di armi ne di violenza".