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FRANCESCO CASSINI DA PERINALDO

STORIA DI GERUSALEMME


(Sintesi parziale

Prefazione.
Dopo aver esposto i principi edificanti che hanno ispirato l'opera, l'autore ne annuncia la struttura: la prima parte tratterà la storia di Gerusalemme dalla fondazione alla nascita di Gesù, la seconda giungerà all'invasione dell'impero d'oriente da parte dei Saraceni e la terza ai giorni dell'autore.

PARTE PRIMA


Capitolo I.
Secondo molti autori il fondatore di Gerusalemme sarebbe stato Melchisedec vissuto ai tempi di Abramo, re e sacerdote, probabilmente un capo della Cananea.
La città fu fondata su un monte chiamato Salem che più tardi prese il nome di Acra da una fortezza costruitavi da Antioco IV Epifane, da questo monte derivò il primitivo nome di Salem.
Circa cinquanta anni dopo la fondazione, Salem fu conquistata dal popolo idolatra dei Gebusei che costruirono una cittadella fortificata chiamata Jebus sul vicino Monte Sion ed ampliarono l'abitato nella valle contigua fino a raggiungere la cittadella. Ne nacque il nome di Jebus-Salem che con tempo si trasformò in Jerusalem che significa "visione di pace".
A seconda delle epoche e dell'evoluzione linguistica nacquero diversi sinonimi e variazioni del nome:
- Salem, dal monte su cui fu fondata
- Jebus, dalla cittadella dei Gebusei
- Jerusalem, dall'unione dei precedenti
- Solima, per sincope
- Sion o Sionne, dal nome dell'altro monte
Le vennero inoltre conferiti vari attributi: Figlia di Sion, Città santa, Città di David, Città di Dio, ecc.
Infine, ricostruita da Adriano nel 137, si chiamò Elia Capitolina.
Situata fra due monti e circondata da amene colline, la città è protetta su tre lati dalla difesa naturale di valli profonde mentre il quarto lato, quello settentrionale, fu fortificato già in tempi remoti.


Capitolo II
Quando era re di Gerusalemme Adonisedech, il popolo di Israele comandato da Giosuè passò il Giordano ed intraprese la conquista della terra di Canaan.
La prima città conquistata fu Gerico, quindi Giosuè prese la città di Hai e i capi delle genti di Canaan si coalizzarono contro di lui, tranne di Gabaoniti che decisero di cercare la sua alleanza con l'inganno e finsero di essere originari di un paese lontano.
Quando Giosuè scoprì la verità espugnò tutte le città dei Gabaoniti e li ridusse in schiavitù ma risparmiò la loro vita perché aveva giurato di farlo. Indignato per il comportamento dei Gabaoniti, il re di Gerusalemme cercò l'alleanza degli Amorrei ed assediò Gabaon.
Giosuè intervenne, fece strage degli assedianti e si impossessò di Gerusalemme, ma non della rocca di Sion che rimase in mano ai Gebusei. Giosuè conquistò tutta la terra di Canaan e prima di morire la suddivise fra le dodici tribù di Israele. Morto Giosuè la tribù di Giuda fu la prima a tentare nuove imprese, presto affiancata dalla tribù di Simeone.
Il re Adonisedech fu catturato e portato a Gerusalemme dove gli vennero amputati pollici ed alluci secondo l'uso del tempo (Giudici 1, 5-7), ciò dimostra che Gerusalemme si trovava sotto il controllo della tribù di Giuda o che almeno i membri di questa tribù vi convivevano con i Gebusei. Si trattò comunque di una situazione temporanea perché più tardi il popolo di Giuda fu cacciato da Gerusalemme e tornò ad assediarla.
Dopo questi eventi le Scritture non menzionano più Gerusalemme finchè non arrivano a parlare del secondo re di Giuda. Il profeta Samuele si presentò nella città di Betlemme e volle conoscere i sette figli di Jesse (Isai), scelse il minore, un pastorello di nome Davide, lo unse e predisse che sarebbe stato re.
Davide divenne noto come suonatore di zampogna e di flauto tanto che il re Saul lo volle nella sua corte e lo nominò suo scudiero e quando Saul morì la corona passò al pastorello che intanto aveva compiuto trent'anni.
Inizialmente il regno di Davide fu limitato alla tribù di Giuda e la sua capitale era Ebron, sui monti della Giudea, ma successivamente tutte le tribù di Israele gli si sottomisero spontaneamente riconoscendolo loro re. Nel settimo anno di regno Davide attaccò la Città Santa per toglierla ai Gebusei. Questi, sicuri delle loro fortificazioni, si presero gioco di lui lasciando sulle mura soltanto storpi e ciechi e sfidandolo a sconfiggerli.
Preso da furore bellico a causa degli insulti che il nemico gli rivolgeva, Davide ordinò l'attacco e si scatenò una durissima battaglia. Egli promise il comando dell'intero esercito al primo che fosse riuscito a ferire un Gebuseo ed il premio toccò a Gioabbo figlio di Sarvia, che per primo salì sulle mura aprendo la via per l'entrata in città. La cittadella fu rapidamente espugnata e tolta ai Gebusei che la tenevano da 884 anni.

Capitolo III
Davide trasferì la reggia da Ebron a Gerusalemme e costruì nuove mura intorno alla parte superiore della città.
Il re di Tiro Hirano gli mandò un grande quantitativo di legname pregiato del Libano e gli artefici competenti per utilizzarlo e Davide iniziò la costruzione del suo palazzo sulla sommità del Monte Sion.
Preoccupati dai successi di Davide, i Filistei, per invidia o per timore di essere attaccati, inviarono contro Gerusalemme un esercito che si accampò nella valle di Raphaim, nei pressi della città.
Davide affrontò i Filistei e li sconfisse due volte, quindi attaccò il loro campo e li sterminò. Ottenuta la pace Davide organizzò una grande spedizione per riprendere l'Arca dell'Alleanza che dai tempi di Samuele si trovava nella casa di Abinadab. Durante il trasporto l'Arca vacillò ed istintivamente Oza figlio di Abinadab tentò di sorreggerla ma morì immediatamente.
Davide rimandò il trasporto ma alcuni medi dopo lo riorganizzò e l'Arca fu sistemata sotto un padiglione di pelli sul Monte Sion. Il re pensò di costruire una sede più consona per l'Arca ma il Signore, tramite il profeta Nathan, lo fermò e gli comunicò che sarebbe stato suo figlio ad edificare la casa di Dio.
Da allora Davide si dedicò a debellare i nemici e ad accumulare ricchezze per la costruzione del Tempio in modo da liberare il successore da queste incombenze. Soggiogò la Siria, l'Idumea, gli Amaleciti ed altri popoli idolatri sempre consacrando le spoglie dei vinti al Signore.
Orgoglioso del suo regno Davide ordinò il censimento ma il suo generale Gioabbo gli fece notare che l'iniziativa poteva dispiacere al Signore. Davide non si lasciò convincere ed il censimento fu eseguito. Risultarono circa due milioni di uomini atti alla guerra ed una popolazione successiva (secondo la stima di Cassini) di almeno otto milioni di individui.
Davide si pentì di aver offeso il Signore con il censimento e pregò per il perdono. Fu perdonato ma il profeta Gad lo informò che il suo popolo, causa della sua vanità, sarebbe diminuito: stava a lui scegliere fra sette anni di carestia, tre mesi di guerra senza possibilità di vittoria o tre giorni di peste. Davide scelse la peste e subito l'epidemia dilagò uccidendo decine di migliaia di Israeliti. L'angelo sterminatore stava per colpire Gerusalemme quando Dio lo fermò, commosso dal pentimento del re.
Istruito dal profeta Gad, Davide acquistò il terreno sul quale più tardi sarebbe sorto il tempio e vi eresse un altare sacrificale.
Aveva avuto molte mogli e molti figli ed il primogenito Adonia si considerava già re, ma Davide aveva promesso alla moglie Betsabea di scegliere suo figlio Salomone.
Quando Adonia offrì un grande banchetto ai notabili per farsi salutare come futuro sovrano, Betsabea ed il profeta Nathan convinsero Davide ad annunciare pubblicamente la sua scelta ed il re fece ungere Salomone e lo associò al trono.
Poco prima di morire Davide raccomandò a Salomone la costruzione del tempio e gli consegnò le grandi ricchezze che aveva accumulato per finanziare l'impresa.
Davide morì all'età di settant'anni e fu sepolto sul Monte Sion. Aveva regnato per quarant'anni.
Nonostante tutte le sue virtù, Davide peccò commettendo un adulterio e un omicidio ed il rimorso lo fece soffrire per il resto dei suoi giorni mentre la punizione divina colpiva tutta la sua casa.

Capitolo IV.
La prima cura di Salomone quando salì al trono fu quella di adempiere alla volontà paterna e costruire il Tempio. Scrisse a Hiram re di Tiro chiedendogli legname e maestranze ed il fenicio fu lieto di accontentarlo generosamente.
Destinò al taglio ed al trasporto delle pietre i sudditi di origine cananea che erano considerati schiavi. Per preparare il terreno sul quale costruire il tempio e la propria reggia, Salomone fece spianare la sommità del Monte Moria utilizzando la terra asportata per allargare il ripiano.
La costruzione vera e propria ebbe inizio nel quarto anno di regno di Salomone e durò sette anni.
Le possenti mura composte di pietre perfettamente squadrate erano rivestite all'interno di tavole di cedro ricoperte di lamine d'oro finemente lavorate a rilievo. Il tempio era dotata inoltre di un corredo di suppellettili ed arredi divalore inestimabile.
Completato il tempio lo si inaugurò con sette giorni di feste e cerimonie. Salomone attese quindi alla costruzione della sua reggia che richiese tredici anni con fra profusione di marmi ed altri materiali pregiati. Costruì inoltre un palazzo per la principessa egiziana che aveva sposato e un casino di delizie detto "casa del bosco di Libano" per le colonne di cedro che lo sostenevano.
Intanto il gran numero di maestranze straniere utilizzate per la costruzione e di visitatori che venivano ad ammirare il tempio aveva accresciuto la popolazione, perciò Salomone decise di ingrandire Gerusalemme. Lo fece incorporando nell'abitato un'area del Monte Sion detta Mello. Fece quindi costruire una nuova cinta di mura, quindi si dedicò a restaurare altre città e a fondarne di nuove fra cui Palmira.

Capitolo V.
Una notte il Signore apparve in sogno a Salomone offrendogli di esprimere un desiderio, Salomone chiese di avere la saggezza necessaria per ben governare. Il Signore gradì la richiesta, la esaudì ed aggiunse la gloria e la ricchezza.
Infinitamente saggio, Salomone pronunciò più di tremila sentenze, parzialmente pervenuteci nel Libro dei Proverbi, compose opere in versi fra cui il Cantico dei Cantici. Divenne così famoso che molti re mandavano ambasciatore presso di lui per verificare quanto si raccontava e la regina Saba dell'Arabia Felice volle rendersene personalmente conto, si recò in visita a Gerusalemme e rimase stupefatta per la munificenza e la saggezza del re.
L'autore accenna brevemente al noto episodio delle due madri, quindi passa ad esaminare il nucleo delle leggi di Salonome: chi governa la Terra deve amare la giustizia.
Quanto alla ricchezza il regno di Salomone non aveva eguali: le riserve d'oro, i pagamenti dei tributi, i ricchi doni di altri re rendevano ogni anno entrate incalcolabili.
Eppure anche Salomone peccò e lo fece a causa della sua insaziabile libidine: aveva settecento mogli e trecento concubine, molte delle quali provenienti da Paesi con i quali la legge proibiva di imparentarsi.
Per compiacere alle sue donne arrivò ad erigere altari e a sacrificare ad altri dei. Le scritture non parlano di punizioni subite personalmente da Salomone per i suoi peccati ma informano che Dio annunciò che avrebbe distrutto il regno dopo la sua morte. Negli ultimi anni della sua vita Salomone fu turbato da tre nemici: Adad dell'Idumea fuggito in Egitto ai tempi di Gioabbo e tornato in cerca di vendetta, Razon capo di una banda di ladroni e Geroboamo.

Capitolo VI.
Geroboamo era il sovrintendente ai tributi di Salomone. Un giorno il profeta Ahia gli annunciò che avrebbe regnato su dieci delle dodici tribù di Israele ed egli, inorgoglito, ne parlò agli amici. La voce si sparse e raggiunse Salomone che decise di mettere a morte Geroboamo, ma questi fuggì in Egitto e vi rimase fino alla morte del re.
Salomone morì e fu sepolto sul Monte Sion, gli successe Roboamo suo figlio. Il popolo, che negli ultimi anni era stato vessato dalle imposte che Salomone pretendeva sempre più esosamente, chiese a Roboamo di mitigare il carico fiscale, ma il nuovo re, ascoltati i suoi consiglieri, preferì il parere di quanti gli proponevano di mostrarsi inflessibile e dispotico. Fu un grosso errore: dieci tribù abbandonarono Roboamo e solo Giuda e Beniamino riconobbero la sua incoronazione.
Roboamo inviò un ambasciatore a trattare con i dissidenti ma l'uomo venne lapidato ed il re decise di passare alla forza ed armò un esercito ma fu fermato dal profeta Semeia che lo avvertì che la divisione del regno avveniva per volontà divina.
Le dieci tribù formarono un nuovo regno che si chiamò Regno di Israele ed elessero re Geroboamo.
Temendo che la frequentazione del tempio di Gerusalemme distogliesse da lui i suoi sudditi, Geroboamo instaurò un culto idolatra e vietò di recarsi nel regno di Giuda. Un profeta annunziò il disastro e quando Geroboamo volle punirlo la sua mano rimase pietrificata. Le preghiere del profeta guarirono la mano ma Geroboamo persistette nell'imporre l'idolatria e il Signore fece ammalare suo figlio Abia.
Geroboamo mandò la moglie a consultare il profeta Ahia che fornì pessime notizie, infatti il figlio morì ed in breve tutta la sua famiglia venne sterminata.

Capitolo VII.
Dovendo rassegnarsi a governare solo due tribù, Roboamo ne fortificò le città, si procurò ottimi consiglieri e regnò in pace ed abbondanza ma il popolo si allontanò dall'ortodossia e si lasciò andare ai vizi e all'idolatria. Il Signore suscitò contro gli Israeliti il re d'Egitto Secac che attaccò il regno ed assediò Gerusalemme.
Il profeta Semeia annunciò la rovina al consiglio regale ma il Signore, vista la contrizione degli Israeliti, decise di mitigare la pena e Sesac, entrato in città, non commise la temuta strage ma si limitò a saccheggiare quanto trovò di prezioso.
Roboamo tornò alla pratica ortodossa della religione ma dopo qualche tempo ricadde nel disordine e vi restò fino alla morte che lo raggiunse dopo diciassette anni di regno.
Fra i suoi numerosi figli fu scelto Abia per succedergli sul trono. Abia fece guerra ad Israele e riportò una grande vittoria ma morì dopo soli tre anni di regno.
Fu incoronato Asa figlio di Abia. Asa distrusse subito tutti gli idoli e gli oggetti di culti stranieri e con le leggi e con l'esempio riportò Giuda all'ortodossia. Per i primi dieci anni del suo governo il regno di Giuda visse in pace ed Asa ne approfittò per restaurare e fortificare molte città, quindi Zara re dell'Etiopia mosse guerra con un esercito sterminato che Asa dovette affrontare con forze molto più esigue. Confidando nell'aiuto divino le forze giudaiche riuscirono a mettere in fuga il nemico e Asa tornò a Gerusalemme carico di bottino benedicendo il Dio degli eserciti.
Intanto in Israele Nadab era succeduto a Geroboamo e dopo tre anni gli si era sollevato contro un certo Baasan, spodestandolo.
Baasan iniziò il suo regno sterminando la casa di Geroboamo come il profeta Ahia aveva predetto, quindi prese ad insidiare il regno di Giuda.
Asa si rivolse a Benadab re di Siria inviandogli oro e argento ed invitandolo a schierarsi dalla sua parte, Benadab accettò ed attaccò Israele. Ciò bastò a dissuadere Baasan ma il profeta Hanani informò Asa che il Signore non aveva gradito il suo gesto e che in futuro sarebbe stato tormentato da altre guerre.
Asa, infatti, morì dopo un lungo periodo senza pace e i suoi ultimi due anni furono dormentati dalla podagra.
Gli successe il figlio Giosafat. il primo discendente di Davide che non si allontanò mai dalla fede- Il suo regno fu prospero e pacifico finché un giorno fu avvisato che un grande esercito di Moabiti, Ammoniti e Idumei muoveva contro Gerusalemme. Giosafat convocò tutto il popolo per riunirlo in preghiera e ad un tratto il Signore si manifestò attraverso un uomo della folla annunciando che la gente del regno l'indomani avrebbe ottenuto la vittoria senza combattere.
Infatti quando gli abitanti di Gerusalemme si avvicinarono cantando ai nemici questi presero a combattersi fra di loro sterminandosi e lasciando agli Ebrei molte ricchezze che raccolsero sul campo.
Da allora nessuno osò più attaccare Giosafat ed il re morì serenamente dopo venticinque anni di regno. Il suo nome fu dato alla valle presso Gerusalemme dove si dice avrà luogo il Giudizio Universale.

Capitolo VIII.
A Giosafat successe il primogenito Joram che aveva sposato Athalia, figlia di Acab defunto re di Israele.
Come primo atto del suo regno Joram trucidò tutti i suoi fratelli ed altri principi di Israele, quindi ricostruì gli altari pagani e ripristinò l'idolatria.
Un giorno Joram ricevette una lettera del profeta Elia che gli preannunciava un'orrenda malattia quale punizione per il suo comportamento.
Negli anni successivi gli Idumei si ribellarono, i Filistei e gli Arabi invasero il regno e saccheggiarono Gerusalemme e la sua reggia portando via anche le mogli e i figli di Joram ad eccezione del piccolo Ochozia che fu salvato da amici.
Joram si ammalò di una gravissima malattia al ventre che lo portò ad espellere gli intestini, morì disprezzato da tutti dopo otto anni di regno.
Ochozia salì al trono sotto la pessima influenza della madre e morì dopo un solo anno ucciso in combattimento da Jehu re di Israele. A questo punto Athalia fece uccidere tutti i figli di Ochozia ed occupò il trono personalmente ma Josaba, sorella di Ochozia, riuscì a salvarne uno in fasce.
Sei anni dopo il sommo sacerdote Jojada presentò il fanciullo e lo unse re davanti al popolo e quando Athalia accorse gridando alla congiura venne giustiziata dai soldati.
Il fanciullo che si chiamava Joas regnò con giustizia sotto la supervisione di Jojada e ripristinò l'antico splendore del tempio ma alla morte del sommo sacerdote si lasciò sviare dagli adulatori e tornò a culti pagani attirando su Gerusalemme la vendetta divina.
Questa volta ad annunciare la sciagura fu Zaccaria figlio di Jojada, ma Joas dimendico dei benefici ricevuti da Jojada lo fece lapidare.
Morendo Zaccaria invocò la vendetta divina e questa arrivò dopo un anno quando Azaele re di Siria penetrò nel paese ed arrivò a Gerusalemme dove uccise tutti i capi del popolo.
Joas si salvò offrendo ad Azael tutti i tesori del tempio, ma fu ferito e durante la convalescenza fu ucciso dai suoi servi che vollero vendicare Zaccaria.

Capitolo IX
A Joas successe il figlio Amasia che subito fece morire quanti avevano preso parte all'uccisione del padre.
Amasia decise di muovere guerra agli Idumei, e per rinforzare il suo esercito assoldò diecimila soldati di Israele ma poi, su consiglio di un profeta, li licenziò. Con i soli soldati del suo popolo Amasia vinse il nemico e conquistò la città di Petra portando via idoli e diecimila prigionieri che fece giustiziare.
Tornato in Gerusalemme insuperbì per la vittoria e cominciò a venerare gli idoli. Un profeta lo ammonì di non sfidare la collera divina ma Amasia non lo ascoltò e sfidò Gioas re di Israele il quale manò ambasciatori con una risposta umiliante e derisoria.
Si giunse alla guerra e l'esercito di Giuda fu sconfitto, Amasia fu fatto prigioniero e poi liberato, Gioas fece demolire parte delle mura di Gerusalemme e saccheggiò i tesori del tempio e del palazzo.
Amasia non rinunciò alla superbia e il suo comportamento provocò una ribellione in cui venne ucciso dopo ventinove anni di regno.
Gli successe il figlio Ozia che meritò l'aiuto del Signore e sconfisse Filistei, Ammoniti e Arabi. Ricostruì e fortificò le mura di Gerusalemme e divenne potente e famoso ma poi anche lui cadde nella superbia e nel peccato ed osò profanare i riti del tempio arrogandosi le funzioni dei sacerdoti. Il Signore lo colpì immediatamente con la lebbra e Ozia fu costretto a ritirarsi dal consorzio umano lasciando il regno al figlio Joatan. Sopravvisse a lungo e morì cinquantadue anni dopo la sua incoronazione.
Joatan rispettò Dio per tutta la vita e per tanto fu potente e sereno, vinse i nemici e domò una rivolta degli Ammoniti.
Morì Joatan dopo sedici anni di regno e gli successe il figlio Acaz che non seguì le orme paterne, arrivando a sacrificare orrendamente un proprio figlio agli idoli nella valle che nel Vangelo è denominata Geenna ed indusse il popolo a fare altrettanto.
Dio mandò contro Acaz il re di Siria Rasin che devastò il regno di Giuda, quindi Phacea re d'Israele che proseguì l'opera con nuovi saccheggi e con la deportazione di duecentomila prigionieri.
Seguirono le invasioni degli Idumei, e dei Filistei, Acaz si rivolse a Teglathphalasar re di Assiria che lo liberò dai nemici ma lo sottomise al suo potere depredandolo di ogni ricchezza.
Acaz chiuse il tempio, diffuse in Giudea un culto idolatra e morì dopo sedici anni di regno disprezzato da tutti.

Capitolo X
Divenne re Ezechia figlio di Acaz che riaprì il tempio, lo restaurò ed ordinò ai sacerdoti di purificarlo.
Dopo aver eliminato dal regno ogni segno dei culti pagani ed aver celebrato la festa degli Azzimi, Ezechia decise di muovere guerra ai Filistei per recuperare le città perdute dal padre, l'impresa ebbe successo.
Ezechia decise quindi di liberarsi del giogo degli Assiri e rifiutò di pagare i tributi e, con queste ed altre imprese, riportò il regno in una condizione di pace ed opulenza.
Tuttavia Sennacherib re degli Assiri attaccò il paese e costrinse Ezechia a sottomettersi ad un nuovo ed esosissimo tributo. Ezechia dovette pagare ma subito si dedicò a fortificare ulteriormente Gerusalemme e a preparare i soldati ad uno scontro con gli Assiri.
Nonostante l'accordo raggiunto Sennacherib mandò un ambasciatore di nome Rabsace con arroganti minacce. I rappresentanti di Ezechia lo invitarono a parlare in siriaco per non far intendere le sue parole al popolo presente, ma l'ambasciatore prese ad arringare in lingua giudaica pronunciando bestemmie, minacce e offese contro Ezechia.
Sennacherib doveva ritirarsi dalla Giudea per fronteggiare il re di Etiopia che gli stava muovendo guerra ma non intendeva allontanarsi prima di aver conquistato Gerusalemme- Una notte, mentre l'esercito assiro bivaccava presso la città, scese l'angelo del Signore e ne fece strage. L'indomani, trovando il suo campo disseminato di cadaveri, Sennacherib fu preso dal terrore e tornò in fretta a Ninive dove più tardi fu ucciso dai suoi stessi figli.
Dopo questi eventi Ezechia visse ancora per quindici anni e morì, compianto da tutti, dopo ventinove anni di regno.

Capitolo XI
Nei primi anni di governo di Ezechia il Signore aveva posto fine al regno di Israele rendendolo schiavo del re assiro Salmanasar. Fra le città di Israele solo Samaria riuscì ad opporre una valida resistenza agli Assiri ma dopo tre anni di assedio venne espugnata e la sua popolazione fu deportata.
A Ezechia successe il figlio Manasse che ripristinò i culti pagani ed i sacrifici umani praticati dal nonno Acaz.
Poiché il Signore intendeva mettere in guardia contro la propria collera il popolo giudaico, sotto questo re fiorirono molti profeti: Joele, Osea, Amas, Naum, Abdia, Michea ed il più famoso Isaia. Ma Manasse non considerava le parole dei profeti, anzi spesso li puniva attivando a giustiziare Isaia segandolo in due parti.
Manasse venne catturato dagli Assiri e gettato in carcere a Babilonia. Pentito dei propri peccati prese a pregare e a fare penitenza.
Liberato e rientrato a Gerusalemme, Manasse eliminò gli idoli e fece in modo che il popolo tornasse alla religione dei padri. Costruì nuove fortificazioni e morì dopo cinquantacinque anni di regno.
Amon figlio di Manasse "imitò il padre suo nelle iniquità, ma non già nella penitenza" e fu ucciso dopo due anni dalla sua servitù in rivolta.
Josia figlio di Amon, salito al trono giovanissimo, curò con grande attenzione l'ortodossia religiosa.
Durante il regno di Josia vennero ritrovate le leggi scritte da Mosè ed il re, constatando quanto i suoi predecessori avessero violato quei precetti, ordinò di consultare i profeti su come fare ammenda.
La profetessa Olda annunciò che il Signore avrebbe colpito Gerusalemme con grandi sciagure ma poiché Josia lo aveva onorato sarebbe stato premiato col non vedere la punizione della Giudea.
Per il resto della vita di Josia i Giudei rispettarono la Legge e vissero in pace ma quando il re morì tornarono all'idolatria.
Nel trentunesimo anno del regno di Josia il faraone Necao decise di attaccare la città assira di Charchamis sull'Eufrate attraversando la Giudea. Josia armò l'esercito per negargli il passaggio e Necao gli mandò ambasciatori per assicurargli che non aveva intenzioni malevole contro il regno di Giuda. Josia non si fidò e non tolse il blocco, si venne ad uno scontro nel campo di Mageddo nella Galilea inferiore, nel corso del quale Josia fu ferito e morì pochi giorni dopo pianto da tutti ed in particolare da Geremia che prevedeva le disgrazie che sarebbero seguite a quella morte.

Capitolo XII
Gli ultimi re di Giuda furono tutti blasfemi ed i castighi divini si susseguirono con frequenza e intensità finché Gerusalemme fu distrutta ed il regno cancellato.
A Josia seguì il figlio Joachas. Sotto il suo regno si verificarono i tragici eventi predetti dalla profetessa Olda. Dopo solo tre mesi di governo Joachas fu catturato da Necao e morì schiavo in Egitto.
Necao non conquistò la Giudea ma impose un tributo gravissimo e pose sul trono Eliacim, fratello di Joachas, che prese il nome di Joachim.
Joachim vessò il popolo per pagare il tributo al faraone e, nonostante gli avvertimenti di Geremia, si macchiò di tali colpe che l'ira divina non tardò a manifestarsi. Nel terzo anno del suo regno la Giudea fu sottomessa da Nabucodonosor, Joachim fu fatto prigioniero e deportato in Babilonia con gran parte della popolazione.
Quando fu liberato Joachim tentò di ribellarsi ma Nabucodonosor gli mandò contro un formidabile esercito che lo sconfisse e, probabilmente, lo uccise.
Nel terzo mese del regno di Jeconias, figlio di Joachim, Nabucodonosor attaccò di nuovo e saccheggiò Gerusalemme dando luogo a nuove deportazioni. Fra i prigionieri, oltre al re e alla sua famiglia, erano il profeta Ezechiele e Mardocheo.
In Gerusalemme rimase solo la plebe più povera ma per continuare a riscuotere un triuto Nabucodonosor pose sul trono Joachin Mattania, figlio di Josia e zio di Jeconas, al quale cambiò il nome in Sedecia.
Anche Sedecia fu empio ed idolatra, ignorò gli avvertimenti di Geremia e degli altri profeti. Dopo otto anni di regno rifiutò di pagare il tributo a Nabucodonosor che tornò in Giudea ed assediò per due anni Gerusalemme- Geremia consigliava al re di arrendersi, ma Sedecia non lo ascoltava e la popolazione era tormentata dalla fame.
Infine la gente tentò la fuda in massa di notte da una porta secondaria ma i Caldei se ne accorsero ed inseguirono i fuggiaschi che si dispersero nel deserto mentre Sedecia veniva catturato e condotto da Nabucodonosor.
Quanti erano rimasti in città vennero massacrati e gli invasori saccheggiarono il Tempio e le case. Gerusalemme venne quindi data alle fiamme, i sopravvissuti furono deportati a Babilonia e i figli di Sedecia furono scannati davanti al padre.
Sedecia, accecato, finì i suoi giorni in prigione.
Geremia rimase con pochi altri a piangere sulle rovine della sua città. Nabucodonosor lasciò agricoltori ebrei nelle campagne perché continuassero a coltivarle e affidò il loro governo a un certo Godolia.
Con Sedecia si concluse la serie dei ventidue re di Giuda.

Capitolo XIII
La più antica monarchia fu quella degli Assiri che aveva capitale in Ninive, città fondata da Assur alla quale l'autore attribuisce l'improbabile cifra di due milioni e mezzo di abitanti.
Il re Nino estese il suo impero dall'Egitto all'India e sua moglie Semiramide, rimasta vedova, prese il comando dell'esercito e conquistò altri Paesi.
Con Sardanapalo l'impero si divise in tre parti: Assiri, Caldei e Medi. Belesi governatore della Babilonia e Arbace governatore della Media si ribellarono a Sardanapalo proclamendosi re delle rispettive province e lasciando agli Assiri il resto dell'impero.
Fra i successori di Sardanapalo furono Theglaphalasar che Acaz re di Giuda chiamò in suo aiuto, Salmanasar che imprigionò Osea re di Israele, Sennacherib, Assaradon, Nabucodonosor I, infine Sarac che perse l'impero.
Belesi fece di Babilonia la sua capitale, gli successe Nabonassar ma non si conoscono i suoi successori. Ai tempi di Manasse re di Giuda il regno dei Caldei tornò a far parte dell'Assiria.
Arbace non visse a lungo dopo aver preso il potere, seguì un periodo di anarchia, quindi Deioce fu eletto prima giudice e poi re. Morì dopo cinquantatre anni di segno e gli successe il figlio Fraarte (ventidue anni di regno), quindi Ciassare (quaranta).
Ciassare si alleò con Nabopolassar, generale caldeo che aveva usurpato il trono assiro, per assediare Ninive. i due spodestarono Sarac e divisero fra loro il suo regno.
A Nabopolassar successe Nabucodonosor II, il conquistatore di Gerusalemme, che regnò quarantatre anni. Successore di Ciassare fu Astiage.
Il re di Persia Ciro si alleò con Astiage e sottomise i Babilonesi, quindi conquistò la Lidia sconfiggendo Creso, poi la Siria e progressivamente tutti i Paesi che erano stati degli Assiri, dei Caldei e dei Medi.
Cambise figlio di Ciro regnò sette anni prima che l'usurpatore Smerdis gli togliesse il trono. Smerdis fu a sua volta spodestato da una congiura ed il potere passò a Dario, quindi a Serse poi a Artaserse, Serse II, Dario Noto, Artaserse II, Artaserse Ocho, Arsea, Dario Codomano e infine l'impero persiano fu conquistato da Alessandro Magno.

Capitolo XIV
Dopo aver a lungo pianto sulle rovine di Gerusalemme, Geremia andò in Egitto dove parte dei suoi connazionali si erano rifugiati e proprio da questi fu lapidato.
Dopo settant'anni dalla deportazione del popolo giudaico il re Ciro ascoltò le parole lasciate dal profeta Isaia che aveva preannunciato il suo regno. Secondo quella profezia egli avrebbe liberato gli Ebrei perché ricostruissero la città e il Tempio, e così avvenne.
Gran parte degli Ebrei che si trovavano in Babilonia tornarono in Giudea sotto la guida di Zorobabele, discendente di Davide, e del sacerdote Giosuè.
Alla partenza riebbero da Ciro i tesori del tempio presi da Nabucodonosor, insieme a molti doni offerti dagli Ebrei che avevano scelto di rimanere in Babilonia.
Gli Ebrei trovarono il loro Paese ridotto a un deserto e Gerusalemme completamente distrutta. Impiegarono i primi sette mesi per costruire le proprie abitazioni, celebrarono la Festa dei Tabernacoli, quindi misero mano alla ricostruzione del Tempio.
Trascorsi altri sette mesi il nuovo Tempio fu inaugurato: i giovani nati in Babilonia gioivano per l'evento ma i vecchi che ricordavano lo splendore dell'edificio costruito da Salomone piangevano nel guardare il nuovo, piccolo e modesto.
Mentre ancora si lavorava per completare il Tempio si presentarono i Samaritani che volevano partecipare all'opera. Discendendo da unioni miste con genti stanziate nel loro Paese da Salmanassar, i Samaritani avevano una religione confusa, misto di ebraismo e idoltria.
Zorobabele non accettò l'aiuto dei Samaritani e quelli fecero di tutto per ostacolare i lavori fino a corrompere i funzionari di Ciro che convinsero il re a bloccare la costruzione.
Morto Ciro i Samaritani calunniarono gli Ebrei presso Cambise convincendolo a non revocare il divieto di ricostruzione.
Gli Ebrei riuscirono a completare il nuovo Tempio soltanto dopo quarantasei anni dall'inizio dei lavori, sotto Dario il quale comprese gli inganni dei Samaritani e, consultati i documenti di Ciro, autorizzò la ripresa dei lavori e contribuì a finanziarli.

Capitolo XV
Artaserse Longimano, secondo successore di Dario, autorizzò la ricostruzione delle mura di Gerusalemme. Artaserse aveva un coppiere ebreo di nome Neemia il quale, informato da un viaggiatore della desolazione in cui ancora si trovava Gerusalemme, ne parlò al re pregandolo di lasciarlo andare in Giudea ed autorizzare la ricostruzione delle mura.
Artaserse, che era molto affezionato a Neemia, lo accontentò. Giunto a Gerusalemme Neemia parlò al popolo e tutti con entusiasmo intrapresero il lavoro.
Le genti confinanti schernivano gli Ebrei considerando il progetto troppo impegnativo per le loro forze, ma quando videro che le mura avevano raggiunto un'altezza considerevole decisero di muovere guerra agli Ebrei, tuttavia per il timore di Artaserse, o degli stessi Ebrei, si limitarono a minacciare senza dar luogo ad azioni concrete.
Spronati da Neemia gli Ebrei continuarono a lavorare alacremente ma non senza vigilare contro eventuali attacchi improvvisi.
I poveri di Gerusalemme erano molti e cominciarono a dar segni di malumore nei confronti dei più facoltosi, sarebbero scoppiati dei disordini se Neemia non fosse intervenuto proibendo l'usura e redarguendo i ricchi che non aiutavano i bisognosi.
Le mura furono completate e i nemici di Gerusalemme temendo che Neemi divenisse più forte e tentasse di vendicarsi delle loro offese decisero di tendergli un'insidia mortale e gli mandarono ambasciatori che lo invitarono ad incontrarli fuori città per discutere un trattato d'alleanza. Neemia rifiutò più volte ed infine comunicò agli avversari di essere a conoscenza delle loro intenzioni, riuscendo così a farli desistere.
Neemia si dedicò a emettere leggi civili e a sistemare il governo mentre lo scriba Esdra curava l'educazione del popolo in materia religiosa tenendo lezioni quotidiane sul Deuteronomio nella pubblica piazza.

Capitolo XVI
A partire da Neemia il governo di Giuda fu assunto dai pontefici, tuttavia gli Ebrei rimasero tributari dei re di Persia fino ad Alessandro Magno.
Con Sedecia era stato deportato il sommo sacerdote Saraja che era morto in esilio. Il sacerdozio era passato a Josedec e da questi al figlio Giosuè che tornò a Gerusalemme con Zorobabele.
A Giosuè successe Gioachim che morì sotto Neemia, seguirono Eliasab, Jojada, Gionata detto anche Giovanni.
Da Jojada in poi il pontefice assunse anche il potere civile e lo mantenne fino ai tempi dei Maccabei.
Il fratello di Gionata complottò con un ufficiale persiano per impadronirsi del sacerdozio e continuò a tormentare Gionata finché questi esasperato lo uccise nel Tempio durante un rito. L'ufficiale accorse profanando il Tempio e successivamente impose una nuova tassa agli Ebrei quale espiazione dell'assassinio.
A Gionata successe Jaddo che governò sotto Artaserse Ocho e sotto Dario Codomano ultimo re di Persia.
Il fratello di Jaddo, di nome Manasse, fu costretto ad andare in esilio per aver sposato una samaritana. Manasse si trasferì in Samaria dove il suocero [ Sanballat], che era governatore del Paese, lo nominò sommo sacerdote e fece costruire per lui un tempio nei pressi di Sichem. Questi eventi furono all'origine di uno scisma fra gli Ebrei che avrebbe avuto in seguito funeste conseguenze.
Intanto morì Filippo di Macedonia lasciando il potere al figlio Alessandro che organizzò una grande armata e si portò in Asia Minore per attaccare la Persia.
Sconfitti rapidamente i satrapi locali, troppo in discordia fra loro per poterlo fronteggiare, Alessandro si impadronì della regione.
Il re persiano Dario affrontò Alessandro in Cilicia e fu duramente sconfitto nei pressi della città di Isso, riportando gravi perdite.
Alessandro avanzò conquistando quasi senza combattere la Siria e la Fenicia, ma trovò una strenua resistenza nella città di Tiro che lo costrinse a sette mesi di assedio. A corto di mezzi di sussistenza, Alessandro scrisse a Jaddo chiedendogli aiuti e proponendogli di passare dalla sua parte ma Jaddo rifiutò per non violare il giuramento di fedeltà fatto a Dario.
Alessandro conquistò comunque Tiro, quindi prese con la forza Gaza aprendo la via per l'Egitto ma prima di procedere puntò su Gerusalemme per avere vendetta del rifiuto di Jaddo.
Jaddo ebbe grande timore ma fu confortato da un sogno in cui Dio gli ordinava di accogliere Alessandro con grande festa. Il pontefice andò incontro ad Alessandro con i suoi abiti rituali ed un grande seguito di sacerdoti, alla sua vista Alessandro fu colto da grande ammirazione e, abbandonata la sua ira, adorò il Dio di Jaddo fra lo stupore dei suoi seguaci.
Il condottiero entrò in Gerusalemme fra le acclamazioni del popolo, offrì sacrifici nel Tempio secondo il rito giudaico ed ascoltò con commozione un passo del Libro di Daniele in cui si profetizzava che l'imperatore dei Greci avrebbe sconfitto quello dei Persiani.
Prima di ripartire per Gerusalemme, Alessandro concesse quanto Jaddo gli richiese: il diritto per tutti gli Ebrei, compresi quelli sparsi nella Media e nella Persia, di vivere secondo i dettami della loro religione.
Alessandro passò in Egitto e il Paese gli si sottomise spontaneamente preferendo il suo dominio a quello persiano. Dopo aver visitato la Libia tornò in Egitto e fondò Alessandria.
Rientrato in Asia conquistò Babilonia, Susa, Persepoli, Ecbatana, fino a rimanere padrone dell'intero impero che era stato dei Persiani.
Non ancora appagato il Macedone avanzò fino alla foce dell'Indo conquistando ogni paese attraversato e fermandosi soltanto di fronte all'Oceano.
Tornato a Babilonia morì a soli trentatre anni, dopo aver regnato per tredici.

Capitolo XVII
Morendo Alessandro lasciava un figlio piccolo di nome Ercole, la moglie incinta ed il fratello Arrideo (che Cassini definisce "imbecille"). I suoi generali non trovando altro accordo decisero di assegnare la corona al nascituro se fosse stato maschio e congiuntamente a Arrideo. Il piccolo Ercole non fu considerato perché Alessandro lo aveva avuto da una vedova.
Per governare in pratica lo stato lo divisero in un primo tempo in trentatre province ma questa ripartizione creò gravi problemi a causa delle gelosie fra i governatori e della loro avidità. Si decise quindi che sarebbe stato preferibile dividere le immense conquiste di Alessandro fra i suoi ufficiali di più alto grado che erano solo cinque: Antigono, Tolomeo, Cassandro, Lisimaco e Seleuco. Antigono tentò di sottomettere gli altri quattro e venne eliminato, si giunse così alla ripartizione definitiva:
- Tolomeo: Egitto, Libia, Arabia, Palestina, Celesiria;
- Cassandro: Macedonia e Grecia;
- Lisimaco: Tracia, Bitinia e province oltre l'Ellesponto;
- Seleuco: Siria e territori asiatici fino al fiume Indo.
Alla storia di Gerusalemme interessano soltanto l'Egitto e la Siria.
Tolomeo aveva avuto l'Egitto subito dopo la morte di Alessandro ed aveva conquistato la benevolenza della popolazione. Ebbe il soprannome di Sotere (salvatore) e fu un governante saggio e generoso e un illuminato mecenate.
Fu suo successore il figlio Tolomeo Filadelfo, fondatore della famosa biblioteca di Alessandria e committente della traduzione in greco delle Scritture che fu detta "versione dei Settanta".
Anche il terzo re della dinastia, Tolomeo Evergete (benefattore) fu un ottimo governante per il suo paese, ma non così i suoi successori.
Tolomeo Filopatore, figlio di Evergete uccise il padre, la madre Berenice, un fratello e sua moglie e sorella Arsinoe.
Seguì il figlio Tolomeo Epifane che lasciò la corona a Tolomeo Filometore deposto dagli Alessandrini e sostituito dal fratello Evergete II detto Fiscone. La sorella dei due re, di nome Cleopatra, li riappacificò temporaneamente. Quando morì Alessandro Bala re della Siria e marito di Cleopatra lasciò il trono al figlio ancora bambino ma Fiscone lo uccise, sposò Cleopatra e si impadronì della corona.
I successori di Fiscone furono Tolomeo Alessandro, Tolomeo Aulete e Cleopatra VII con la quale ebbe termine il dominio dei Tolomei durato duecentonovantadue anni.
In Siria il generale Seleuco Nicatore iniziò la dinastia dei Seleucidi e governò con il consenso dei sudditi. Furono suoi successori Antioco Sotere che sconfisse i Galli e Antioco Teos contro il quale si sollevarono i Parti.
Antioco Teos fu avvelenato Laodice sua moglie-sorella, gli successero Seleuco II Callinico, Seleuco III Cerauno, Antioco il Grande, Seleuco Filopatore.
Quest'ultimo dopo undici anni di regno richiamò il fratello Antioco Epifane che viveva a Roma in ostaggio, scambiandolo con il figlio Demetrio. Durante lo scambio Seleuco Filopatore fu avvelenato dal ministro Eliodoro che fu a sua volta sconfitto da Antioco Epifane con l'aiuto del re di Pergamo.
La Giudea fu sempre contesa fra Tolomei e Seleucidi.
Il sommo sacerdote Jaddo morì dopo diciassette anni di pontificato e gli successe il figlio Onia I.
Durante il pontificato di Onia la Giudea fu occupata da Tolomeo Sotere al quale fu tolta da Antigono dopo sette anni. Tornò a Tolomeo un anno dopo in base alla seconda ripartizione dell'impero.
A Onia I successe il figlio Simone. Tolomeo Filadelfo successe a Tolomeo Sotere sul trono d'Egitto e generosamente liberò i prigionieri ebrei fatti dal padre.
Eleazaro successore di Simone scelse i settantadue eruditi da inviare a Tolomneo e al direttore della biblioteca di Alessandria Demetrio Falareo per la traduzione della Bibbia. Gli interpreti furono accolti con onore ed alloggiati nell'isola di Faro in modo molto favorevole come racconta anche Giuseppe Flavio.
Alla morte di Eleazaro il fratello minore Onia era troppo giovane per il pontificato che fu assegnato allo zio materno Manasse. Alla morte di questi Onia divenne pontefice (Onia II) e rifiutando il pagamento del tributo all'Egitto provocò l'ira di Tolomeo Evergete che minacciò di invadere la Giudea e distruggere Gerusalemme.
A Onia II successe il figlio Simone II. Sotto questo sacerdote gli Ebrei, soprattutto in Egitto, furono perseguitati da Tolomeo Filopatore. Tolomeo Epifane successore di Filopatore fu sconfitto da Antioco il Grande e gli Ebrei, passati sotto i Seleucidi, continuarono a vivere secondo le loro leggi.
Onia III detto il Santo fu successore di Simone II, se ne parla nel Secondo Libro dei Maccabei e qui il racconto di Cassini si ricongiunge con quello delle Scritture.

Capitolo XVIII
Sotto Onia III e Seleuco Filopatore figlio e successore di Antioco il Grande, la Giudea era governata con giustizia e vi si viveva serenamente, ma un certo Simone della tribù di Beniamino, prefetto del Tempio, insoddisfatto della propria condizione, fece sapere al re Seleuco che il tempio custodiva grandi tesori inutilizzati.
Seleuco inviò Eliodoro a confiscare il denaro. Onia protestò che si trattava di depositi destinati al sostentamento delle vedove e degli organi. Insensibile alle parole del sacerdote, Eliodoro decise di procedere comunque alla confisca.
Quando entrò nel tempio con i suoi uomini dopo aver attraversato la città affollata da persone che pregavano e piangevano, vi trovò tutti i sacerdoti prostrati di fronte all'altare ma nulla valse a commuoverlo. Tuttavia quando tese la mano verso il tesoro apparve improvvisamente un cavaliere che brandiva armi d'oro e con lui due giovani di straordinaria bellezza che presero a sferzare Eliodoro mentre il cavaliere metteva in fuga le sue guardie.
Eliodoro, ormai in agonia, fu salvato dalle preghiere e dai sacrifici offerti da Onia che non voleva si credesse che l'inviato del re fosse stato ucciso dai sacerdoti.
Terrorizzato ma salvo, Eliodoro rese grazia a Onia, offrì sacrifici e tornò ad Antiochia dove dissuase Seleuco da tentare ancora di violare il Tempio.
Ma Simone non intendeva demordere e calunniò Onia fino a mettergli contro il popolo. Il sacerdote perorò la sua causa di fronte a Seleuco e Simone venne smascherato. Seleuco fu avvelenato da Eliodoro che per qualche tempo usurpò il trono quindi venne deposto da Antioco Epifane.
Giasone, fratello di Onia, offrì ad Antioco un'enorme somma per avere la carica del fratello. Ottenuta la carica, Giasone fondò in Gerusalemme un ginnasio ed introdusse vari costumi greci contrari alle tradizioni giudaiche.
Dopo tre anni dalla nomina di Giasone un certo Menelao fratello del Simone che aveva calunniato Onia riuscì a sua volta a impadronirsi della tiara sacerdotale convincendo Antioco a toglierla a Giasone. Poichè tardava nel versare quanto pattuito, Menelao fu a sua volta deposto a favore del fratello Lisimaco.
Probabilmente Onia aveva avuto la sua parte in questi eventi e per vendicarsi Menelao corruppe il luogotenente Andronico inducendolo a trucidare Onia durante un'assenza di Antioco. La morte di Onia indignò la cittadinanza di Antiochia che ne chiese ragione al re e Andronico fu punito con la morte.
Lisimaco si rese colpevole di molti furti ai danni del Tempio e ciò provocò una rivolta popolare nella quale lo stesso Lisimaco rimase ucciso. Menelao fu deferito al re come suo complice ma fu assolto grazie alla mediazione del re egiziano Tolomeo Filometore e riottenne il pontificato con il nome di Onia IV. Riuscì inoltre a far condannare a morte i suoi accusatori.
Antioco attaccò l'Egitto e mentre assediava Alessandria si sparse la falsa notizia della sua morte. Giasone volle approfittarne e con una piccola armata attaccò Gerusalemme trucidando molti suoi concittadini ma non riuscì ad uccidere Menelao. Fuggì presso gli Arabi, poi in Egitto e infine a Sparta dove finì i suoi giorni in carcere odiato e disprezzato da tutti.

Capitolo XIX
Sospettando che i Giudei tramassero la ribellione, Antioco dall'Egitto passò direttamente a Gerusalemme con l'esercito portando lo sterminio. Per tre giorni i soldati trucidarono gli abitanti e si contarono ottantamila vittime, quarantamila furono venduti e quarantamila deportati in schiavitù.
Antioco entrò nel tempio in compagnia di Menelao e si appropriò del tesoro e di ogni cosa preziosa, fece lo stesso nelle case dei cittadini e partendo per Antiochia lasciò come governatore un certo Filippo di Frigia.
Due anni dopo Antioco inviò un altro governatore, Apollonio, che ripetè l'eccidio, distrusse col fuoco molte case e demolì gran parte delle mura quindi costruì sul monte Salem la fortezza di Acra e vi pose un presidio di soldati macedoni e di apostati ebrei. Eseguendo gli ordini di Antioco Epifane, Apollonio e altri inviati del re tentarono di introdurre con la forze i culti pagani mentre impedivano agli ebrei di celebrare i riti della loro religione.
Fu una crudele persecuzione e tutti quelli che rifiutavano di sacrificare agli dei o di mangiare carne suina venivano immediatamente condotti al martirio. Col tempo i più deboli rinnegarono la loro religione mentre gli altri furono costretti ad abbandonare le città e si ridussero a vivere nascosti sui monti.

Capitolo XX
Viveva a Gerusalemme un uomo di nome Matatia di famiglia sacerdotale, era padre dei cinque famosi fratelli Maccabei, detti anche Asmodei dal nome di un antenato. Con la famiglia si era rifugiato, per sfuggire alle persecuzioni, nel suo villaggio natale di Modin sui monti ma anche qui giunsero gli emissari di Antioco per costringere la gente a scegliere fra l'abiura e la morte.
Non sopportando la situazione Matatia uccise uno degli inviati del re ed un ebreo che stava offrendo sacrifici pagani, quindi iniziò un'intensa azione di proselitismo sollevando la popolazione.
Matati era avanti negli anni e presto morì lasciando ai figli il compito di liberare il paese. Dispose che Simone Maccabeo lo sostituisse come capofamiglia e che Giuda Maccabeo assumesse il comando militare.
Con i suoi uomini Giuda prese a correre la Giudea uccidendo tutti i soldati invasori e gli ebrei apostati che incontrava e quando Apollonio lo attaccò con un grosso esercito Giuda lo sconfisse e lo uccise.
Anche Serone prefetto della Celesiria attaccò Giuda e fu sconfitto ed ucciso. Antioco, partendo per incassare tributi nelle province settentrionali affidò al suo ministro Lisia il governo del regno e il compito di organizzare un'offensiva contro Giuda.
Lisia arruolò un esercito e ne affidò il comando a tre esperti generali: Tolomeo, Nicanore e Gorgia. Lo scontro ebbe luogo nelle pianure di Emmaus e ancora una volta Giuda Maccabeo fu vincitore.
Lisia ritentò comandando personalmente un nuovo esercito e fu ancora sconfitto, si ritirò quindi nel suo paese per preparare nuove azioni per l'anno successivo.
Approfittando della tregua i Maccabei si dedicarono a purificare e riconsacrare il Tempio e a ricostruire quanto era andato distrutto, intanto una parte dei loro uomini assediava la fortezza di Acra.
Disperato e colto da improvvisa malattia, Antioco morì in Babilonia dopo aver affidato a Filippo i simboli regali da rimettere al figlio ancora giovinetto che fu poco dopo proclamato re dal reggente Lisia ed ebbe il nome di Antioco Eupatore.
Lisia ed il giovane re mossero all'assedio di Gerusalemme e avrebbero probabilmente espugnato la città se Lisia non avesse ricevuto la notizia che Filippo, rientrato da Babilonia, aveva occupato Antiochia e tentava di usurpare il trono. Lisia convinse il re a concludere la pace con gli Ebrei e Antico Eupatore tornò in patria dove sconfisse e uccise Filippo.
Menelao fu processato per tradimento dallo stesso Lisia e giustiziato per ordine del re, la carica passò a Alcimo, persona vicina a Lisia.
Demetrio Sotere, figlio di Seleuco Filopatore che viveva a Roma in ostaggio, riuscì a fuggire e rientrare in Siria, uccise Antioco e Lisia e si impadronì della corona.
Gli avversari politici dei Maccabei guidati da Alcimo si rivolsero a Demetrio che inviò a Gerusalemme un esercito comandato da Bacchide il quale tentò senza successo di prendere a tradimento Giuda e i suoi fratelli. Anche un secondo inviato di Demetrio, il suo intimo amico Nicanore, finse intenzioni pacifiche per tendere un agguato a Giuda ma ancora una volta questi sfuggì. Raccolta la sua gente il Maccabeo riprese a combattere e ottenne nuove vittorie uccidendo Nicanore.
Giuda inviò ambasciatori a Roma e concluse un trattato di alleanza ma poco dopo perì combattendo contro l'ennesimo esercito siriano comandato da Bacchide.

Capitolo XXI
Bacchide concesse molto potere agli Ebrei che avevano rinnegato la religione e combattevano nelle sue file. Contro costoro il comando fu affidato a Gionata Maccabeo fratello di Giuda.
Gionata proseguì la lotta contro Bacchide ma sulle prime temporeggiò consapevole di non trovarsi in una situazione di forza. Intanto Alcimo morì per un'improvvisa malattia e gli successe Onia V che dopo qualche anno rinunciò alla carica e il sommo sacerdozio fu affidato a Gionata che così riunì nelle sue mani il potere politico e quello religioso.
Intanto Alessandro Bala, figlio naturale di Antioco Epifane che viveva a Roma, venne in Siria e si proclamò re contro Demetrio. Prima di affrontarsi i due rivali proposero entrambi la propria amicizia a Gionata Maccabeo che scelse Alessandro e lo aiutò a detronizzare e uccidere Demetrio.
Alessandro ricompensò Gionata con grandi onori e con la nomina a generale dei suoi eserciti, lo volle inoltre al suo fianco in occasione delle sue nozze con Cleopatra figlia di Tolomeo Filometore, nozze con cui si suggellava una nuova alleanza fra Siria e Egitto.
Cinque anni dopo Demetrio Nicanore, figlio di Demetrio Sotere, si armò per vendicare il padre ma fu sconfitto da Gionata ch ebbe in premio il dominio di Accaron ed una fibbia d'oro, segno di particolare amicizia del re.
Tolomeo attaccò a sorpresa la Siria, riprese la figlia per farla sposare con Demetrio Nicanore e sconfisse Alessandro Bala che fuggì in Arabia dove venne ucciso. Dopo pochi giorni morì anche Tolomeo e la Siria passò a Demetrio Nicanore.
A sua volta Demetrio fu destituito da Trifone, tutore del figlio di Alessandro Bala, che mise sul trono il suo pupillo ma che in realtà intendeva detenere personalmente il potere.
Preoccupato dalla forza dei Maccabei, Trifone attirò con un tranello Gionata in Tolemaide e lo fece prigioniero. Affermando trattarsi di imposte dovute, Trifone richiese cento talenti d'argento e due figli di Gionata in ostaggio ma una volta ricevuto quanto richieste trucidò Gionata e i suoi figli. Uccise inoltre il piccolo Antioco figlio di Alessandro Bala.
Simone Maccabeo si rivolse a Demetrio Nicanore proponendogli di allearsi contro Trifone e Demetrio accettò, ma quando si recò nella Media in cerca di aiuti fu fatto prigioniero dal re Arsace.
Simone ricostruì fortificazioni e monumenti di Gerusalemme e realizzò un grande mausoleo per la sua famiglia ma la sua opera più importante fu la cacciata del presidio della fortezza di Acra che da ventisette anni teneva sotto controllo la città.
Antioco Sotere, fratello di Demetrio, rinnovò il patto d'alleanza con Simone contro Trifone ma una volta ottenuta la vittoria non rispettò gli accordi e mandò il generale Cendebeo contro i Giudei. Essendo Simone già vecchio furono i suoi figli Matatia, Giuda e Giovanni ad affrontare e debellare Cendebeo.
Un certo Tolomeo genero di Simone, desiderando il potere, organizzò un grande banchetto durante il quale fece uccidere a tradimento Simone Maccabeo e i due figli maggiori, Matatia e Giuda.

Capitolo XXII
Da questo punto l'autore farà riferimento a Giuseppe Flavio essendo andati smarriti i libri della scrittura che narravano gli eventi successivi ai crimini di Tolomeo.
Tolomeo mandò sicari a Gaza per uccidere Giovanni, il solo degli Asmonei rimasto in vita, ma Giovanni fu informati in tempo e i suoi soldati uccisero gli inviati di Tolomeo. Egli si portò rapidamente a Gerusalemme dove fu eletto pontefice, quindi scese a Gerico con l'esercito.
Tolomeo si chiuse nel castello di Dogone con la madre e due fratelli di Giovanni che aveva catturato in precedenza e quando vide che Giovanni stava per espugnare il suo rifugio esibì la donna e i ragazzi sulle mura minacciando di precipitarli nel vuoto. Giovanni si trattenne per amore della famiglia ma la madre lo esortò a combattere senza curare la sua salvezza. Giovanni riprese la lotta ma di nuovo si fermò quando vide che la madre e i fratelli venivano frustati senza pietà. Mentre assediati e assedianti si trovavano in questa situazione di stallo ebbe inizio l'anno sabbatico che costrinse Giovanni a interrompere l'assedio per non violare le disposizioni religiose mentre Tolomeo fuggiva presso Zenone Cotila re di Filadelfia dopo aver fatto uccidere la madre e i fratelli di Giovanni.
Giovanni, detto Ircano, rimase padrone della Giudea ma Antioco Sidete attaccò Gerusalemme per vendicare la sconfitta di Cendebeo. Giovanni provò a ingannare Antioco facendo uscire dalla città le persone inabili a combattere sperando che sarebbero state ignorate ma Antioco sbarrò loro il passo costringendole a rientrare in Gerusalemme che era tormentata dalla carestia.
Per la festa della Scenopegia Giovanni mandò a chiedere a Antioco sette giorni di tregua e Antioco non solo accettò ma fornì molte vittime per i sacrifici dimostrando grande rispetto per la religione.
Giovanni propose ad Antioco di trattare la pace e il re pose come condizioni il disarmo degli Ebrei e lo stabilire un presidio a Gerusalemme, Giovanni non poteva accettare il presidio a causa delle precedenti dolorose esperienze ma ottenne da Antioco di commutare questa condizione in un pagamento di cinquecento talenti. Per versare la somma Ircano fu costretto a prelevarla dal tesoro deposto da Salomone nel sepolcro di Davide.
Ircano e Antioco si allearono e mossero contro i Parti il cui re Fraate, consapevole di non poter resistere alle loro forze, decise di liberare Demetrio Nicatore fratello di Antioco che il suo predecessore Arsace aveva fatto prigioniero, sperando che fra i due fratelli sorgesse una contesa per il trono. In effetti Demetrio uccise Antioco ma poco dopo venne ucciso a sua volta e sostituito con Alessandro della stirpe dei Seleucidi. A eliminare Alessandro provvide un altro Antioco figlio di Demetrio al quale il fratello Antiaco Cisireno contese a lungo la corona.
Di questi avvenimenti approfittò Giovanni Ircano per riconquistare i territori e le fortezze che aveva dovuto cedere a Antioco Sidete, inoltre devastò Samaria, occupò alcune città della Siria e rinnovò l'alleanza con i Romani. A Gerusalemme costruì la torre che fu poi detta Antonia e realizzò molte altre opere. Quando morì dopo trentuno anni di regno aveva reso la Giudea indipendente. Lasciò cinque figli sotto la tutela della madre e subito nacquero invidie e gelosie nella sua famiglia.
I figli erano Aristobulo, Antigono, Alessandro Gianneo e altri due di cui non sono tramandati i nomi.
Il primogenito Aristobulo ereditò il pontificato e il principato. Si proclamò re e subito rinchiuse in prigione la madre lasciandola morire di fame con i fratelli ad eccezione di Antigono con il quale volle addirittura condividere il potere.
Durante una malattia di Aristobulo degli intriganti cortigiani gli comunicarono la falsa notizia che Antigono stava per attaccarlo per prendere il trono. Aristobulo, che amava il fratello e non lo credeva colpevole, mandò un messaggero ad avvisarlo di non presentarsi armato perché sarebbe stato ucciso dalle guardie ma Salomè Alessandra, moglie di Aristobulo che odiava il cognato, intercettò il messaggero e lo convinse a trasmettere un ordine contrario a quello ricevuto. L'inganno di Salomè ottenne il risultato voluto: Antigono, che era un valoroso guerriero, si presentò con le armi per mostrarle al fratello ma venne assassinato dalle guardie. Per il dolore Aristobulo si ammalò e prese a vomitare sangue. Una volta un servo versò accidentalmente in terra un catino del suo sangue e quando il re lo seppe lo interpretò come una maledizione per i suoi misfatti, credette che il suo sangue dovesse nutrire l'ombra della madre e, sopraffatto dai rimorsi, morì disperato.
Morto Aristobulo, i suoi fratelli prigionieri furono fatti liberare dalla vedova Alessandra che sposò il maggiore di loro, Alessandro Gianneo. Prima di tutto Alessandro fece scannare uno dei fratelli lasciando vivere l'altro perché demente, quindi attaccò e sconfisse i vicini con truppe mercenarie, ma a Gerusalemme il popolo gli era contrario e Alessandro attuò una feroce repressione che durò sei anni e fece morire cinquantamila persone.
Dopo ventisette anni di regno durante i quali si rese colpevole dell più atroci barbarie, Alessandro Gianneo morì di febbre quartana. Sul letto di morte affidò alla moglie Alessandra la reggenza per conto dei figli minori e a quella che temeva di dover scontare le colpe del marito raccomandò di tenere nascosta la sua morte e di affidare il governo ai consiglieri farisei che con i loro inganni riuscivano sempre a gestire le più difficili situazioni.
Le cose andarono esattamente come Alessandro aveva previsto e i Farisei, accantonando il loro odio per il defunto, esultarono nell'ottenere i pieni poteri ma finsero pubblicamente grande cordoglio e tributarono ad Alessandro le più solenni esequie.

Capitolo XXIII
Le tre principali sette operanti tra gli Ebrei erano i Farisei, i Sadducei e gli Esseni, ne parlano Filone e Giuseppe Flavio.
Il nome dei Farisei deriva da un termine ebraico che significa "dividere" ad indicare la loro volontaria separazione dal resto del popolo. Erano scrupolosamente osservanti ma con eccessiva ostentazione. Secondo l'autore le caratteristiche dei Farisei erano la superstizione, la superbia, l'ipocrisia, l'ambizione e lo spirito di dominare e le loro professioni di fede erano solo atti di vanità. Tuttavia riuscivano a conquistare l'ammirazione del popolo e se ne servivano per sobillare rivolte e guerre civili. In campo filosofico credevano nella metempsicosi per i giusti e in un eterno carcere oscuro per i malvagi. Dai Farisei trae origine, dice ancora l'autore, la moderna setta dei Rabbini.
I Sadducei, così detti dal nome del loro fondatore Sadoc, erano nemici dei Farisei. Negavano l'immortalità dell'anima, l'esistenza di spiriti angelici buoni o cattivi, del fato e della divina provvidenza, considerando il libero arbitrio all'origine di ogni azione. Di conseguenza punivano severamente chi trasgrediva al proprio dovere perché non credevano nel castigo dopo la morte e non ammettevano colpa, anche involontaria, che non dipendesse dalla libertà dell'uomo. Appartenevano alla setta dei Sadducei le persone più ricche e potenti che occupavano i principali ruoli dello stato, odiati dai Farisei e dal popolo ma altrettanto temuti perché valendosi della propria autorità punivano senza misericordia.
Gli Esseni erano una sorta di monaci la cui origine risaliva a un gruppo di Ebrei che per evitare la deportazione in Babilonia si erano rifugiati in Egitto dove avevano vissuto a lungo come eremiti finché Tolomeo Filadelfo concesse loro di tornare in Giudea, ma trovando poco ortodossi i loro connazionali decisero di continuare a vivere appartati. Erano i più rigorosi osservanti della legge e non ostentavano come i Farisei le loro penitenza nè si occupavano di politica come i Sadducei. Vivevano in comune del lavoro della terra senza mai possedere beni privati. In genere praticavano la castità, amavano la pulizia e vestivano di bianco. Spesso tenevano scuola per i figli altrui insegnando l'amore per la virtù. Per entrare nella loro setta eranio previsti tre anni di noviziato per dimostrare di avere costanza, zelo e continenza. Credevano nel destino, nell'immortalità dell'anima, nei premi e castighi dopo la morte. La dottrina degli Esseni ispirò il monachesimo nella Tebaide e nel deserto della Siria dei primi secoli del Cristianesimo.

Capitolo XXIV
Alessandro Gianneo lasciò due figli Ircano e Aristobulo. Il regno andò alla moglie Alessandra con la facoltà di lasciarlo alla sua morte a quello dei due figli che avesse giudicato più ideoneo.
Alessandra era amata dal popolo ma le ingerenze dei Farisei nel suo governo le procurarono l'inimicizia dei Sadducei. I Farisei presero in breve il sopravvento e si servirono del potere per perseguitare i loro nemici.
I Sadducei, che avevano l'appoggio di Aristobulo, chiesero alla regina di fermare le azioni dei Farisei contro di loro o, almeno, di lasciarli partire in esilio volontario. Alessandra cercò una soluzione di compromesso e concesse ai Sadducei di governarsi in autonomia utilizzando quasi tutte le fortezze del regno e le relative guarnigioni per la propria sicurezza.
Quando Tigrane di Armenia invase la Siria, Alessandra riuscì con la diplomazia ad evitare che si rivolgesse anche contro la Giudea.
Durante una malattia di Alessandra, Aristobulo cospirò per prendere il potere perché i Farisei sostenevano la successione del fratello Ircano benché fosse inetto ed ozioso. Aristobulo godeva del favore popolare, perciò i Farisei convinsero la regina a prendere in ostaggio la sua famiglia ma ciò non bastò a frenare l'entusiasmo dei sostenitori di Aristobulo.
Alessandra morì all'età di settantatre anni e i Farisei si affrettarono a insediare sul trono Ircano, ma questi era amante della tranquillità più che del potere e perciò accettò di lasciare la corona a Aristobulo riconciliandosi con lui.
Se Ircano era rassegnato a non essere re, i suoi sostenitori non volevano accettare di essere sudditi di Aristobulo, in particolare un certo Antipatro figlio del governatore d'Idumea che fece di tutto per provocare la rivolta dei Giudei più potenti e per insinuare in Ircano il sospetto che il fratello volesse ucciderlo Infine Antipatro Indusse Irano a rifugiarsi nella città di Petra presso Areta re degli Arabi e convinse quest'ultimo a attaccare Aristobulo promettendogli la cessione di una piccola provincia.
Assediato in Gerusalemme, Aristobulo riuscì a procurarsi la protezione dei Romani donando ingenti somme a Gainio e Scauro, legati di Pompeo che in quel periodo era in Oriente, impegnato nella guerra contro Mitridate.
Quando Pompeo giunse in Siria, sia Ircano, sia Aristobulo, gli inviarono ambasciatori per perorare le rispettive posizioni. Il generale ascoltò, accettò i loro doni ma pretese che i due fratelli comparissero personalmente al suo cospetto prima di decidere.
In un primo momento Pompeo sospese il giudizio raccomandando ai due di non agire fino al suo rientro da una campagna contro i Nabatei, ma quando comprese che Aristobulo, pur avendo accettato la tregua, si preparava a difendere il trono con le armi, lo catturò e attaccò Gerusalemme.
La popolazione di Gerusalemme era divisa tra i sostenitori di Ircano che proponevano di arrendersi a Pompeo per evitare spargimenti di sangue e quelli di Aristobulo che erano per resistere a oltranza. Prevalse il partito di Ircano ma gli avversari si barricarono nel tempio e, avendo respinto le condizioni di resa offerte da Pompeo, furono assediati per tre mesi. I Romani, lavorando alacremente soprattutto il sabato quando gli Ebrei nel tempio non potevano ostacolarli per scrupolo religioso, aprirono una breccia e, di sabato, entrarono nel tempio uccidendo quanti incontravano senza che fosse opposta loro alcuna resistenza. Pare che morissero dodicimila persone, in parte gettandosi volontariamente dalle mura.
Pompeo volle vedere il tesoro del tempio ma lo rispettò, meno clemente fu con i promotori della rivolta che furono tutti giustiziati. Giudicò la controversia tra i fratelli dando ragione a Ircano che ebbe il sacerdozio e il governo di Giuda (ma senza il titolo di re) mentre Aristobulo fu mandato a Roma con tutta la famiglia. Pompeo detronizzò Antioco, ultimo dei Seleucidi, riducendo Siria e Giudea a province romane.
Dopo aver svernato a Efeso, il generale tornò a Roma: aveva trascorso cinque anni in Oriente. A Roma congedò le truppe e riprese la condizione di privato cittadino.

Capitolo XXV Roma era nelle mani di tre uomini: Giulio Cesare, Crasso e Pompeo. La passione di Cesare era il potere, quella di Crasso la ricchezza e quella di Pompeo la vanità, perciò Cesare fece di tutto per attrarre a se i sostenitori degli altri due che poco si occupavano di politica.
Intanto la Giudea era divenuta, come si è visto, tributaria dei Romani, ma Alessandro primogenito di Aristobulo, sfuggito dalle guardie che scortavano a Roma la sua famiglia, raccolse un esercito e marciò contro Gerusalemme per abbattere Ircano ma fu duramente sconfitto da Gabinio governatore della Siria.
Intanto anche Aristobulo e il figlio Antigono erano fuggiti e si erano recati in Giudea per suscitare sedizioni ma furono preso ripresi e rimandati a Roma, Dopo qualche tempo Aristobulo divenne amico di Giulio Cesare chelo liberò e gli mise a disposizione due legioni ma quando arrivò in Siria fu fatto avvelenare da Pompeo.
Si sollevò anche Alessandro primogenito di Aristobulo ma fu sconfitto da Gabinio presso il Monte Tabor e decapitato in Antiochia.
Crasso sostituì Gabinio nel governo della Siria e prima di muovere contro i Parti spogliò il tempio di Gerusalemme delle sue ricchezze. Il sacerdote Eleazaro tentò di salvare il corredo del tempio offrendo in cambio a Crasso una trave d'oro che custodiva in un luogo segreto, Crasso accettò ma una volta avuta la trave non rispettò il patto e si impadronì di tutto. Venne presto punito perché la sua impresa contro i Parti si concluse con una sconfitta e con la sua morte.
Il triumvirato fu sciolto e presto Cesare e Pompeo divennero nemici, dopo varie vicende Pompeo fu sconfitto in Farsalia e cercò rifugio in Egitto ma qui trovò la morte.
Prima di tornare a Roma, Cesare passò nel Ponto dove Farnace aveva occupato la provincia romana e concluse l'impresa con una rapidità divenuta proverbiale (Veni, Vidi, Vici) Successivamente ottenne tanto potere da far temere che aspirasse alla monarchia, fu ordita una congiura e Cesare fu ucciso in mezzo al senato con ventitre pugnalate.
Intanto Antipatro aveva deposto Aristobulo sostituendolo con Ircano ma di fatto prendendo personalmente il potere, forte dei suoi buoni rapporti con i Romani che l'avevano nominato procuratore della Giudea. Aveva sposato Cypron, nata da nobile famiglia dell'Idumea e aveva avuto cinque figli. Fasaele, Erode, Giuseppe, Ferora e Salomè. Fece avere il governo di Gerusalemme a Fasaele e quello della Galilea a Erode. Quest'ultimo seppe procurarsi fama e onori liberando la regione da una banda di briganti comandata da un certo Ezechia.
A Gerusalemme Erode governava con moderazione e giustizia ottenendo il consenso della popolazione e rispettando la posizione di Ircano, tuttavia quanti invidiavano la potenza di Antipatro e dei suoi figli si sforzavano di mettere in guardia Ircano nei loro confronti, Ircano convocò Erode per chiarire le accuse ma fu lui stesso ad avvertire Erode delle malevole intenzioni dei suoi accusatori, tanto che Erode fuggì a Damasco e si preparò ad attaccare Gerusalemme in armi desistendo per i consigli del padre e del fratello maggiore e tornando infine a governare la Galilea dopo essere stato giudicato innocente.
Alla morte di Cesare seguì una guerra civile e i sostenitori dei congiurati prevalsero e si spartirono il governo delle province. A Cassio toccò la Siria e sostituì il governatore Sesto Cesare ucciso da Bosso.
Cassio impose ai Giudei un pesante tributo e Antipatro affidò l'incarico di incassarlo ai due figli maggiori e a un autorevole personaggio di nome Malico. Erode, il primo a consegnare la sua quota di tributo, fu premiato da Cassio che gli conferì il comando militare. Ingelosito da questo successo, Malico fece avvelenare Antipatro. Poco dopo Malico fu fatto pugnalare dai figli di Antipatro con il consenso di Cassio.
A Roma fu istituito il secondo triumvirato composto da Marcantonio, Gaio Ottavio e Lepido. Marcantonio ebbe il controllo delle province in Asia e, visitandole, incontrò personaggi della Giudea che gli parlarono di Erode e Fasaele che abusavano del potere ai danni di Ircano, ma Erode li aveva preceduti procurandosi il favore di Antonio con una grossa somma di danaro. In seguito Antonio nominò Erode tetrarca della Giudea e Fasaele tetrarca della Galilea. Intanto Antigono figlio di Aristobulo, fuggito per la seconda volta da Roma, si era accordato con i Parti per riprendere il trono. I Parti attaccarono la Galilea e la Giudea ma furono respinti e cambiarono tattica, fingendosi amici, in questo modo catturarono Ircano e Fasaele mentre Erode fuggiva con i familiari in Idumea nella fortezza di Massada.
Conquistata Gerusalemme, i Parti misero sul trono Antigono il quale mandò in prigione Fasaele che si suicidò, e mutilò Ircano per privarlo della possibilità di esercitare il sommo sacerdozio (la legge giudIca prevedeva che il sommo sacerdote fosse fisicamente integro).
Erode decise di rivolgersi al senato romano per chiedere aiuto contro Antigono che aspirava a collocare sul trono un giovane dal quale farsi delegare il potere, ma Antonio e Ottaviano fecero dichiarare Antigono nemico dei Romani perché alleato dei Parti e conferirono il trono di Gerusalemme direttamente a Erode.
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Completata la conquista di Gerusalemme nacquero contrasti tra Erode e le truppe romane che volevano saccheggiare la città e il tempio. Alla fine Erode si vide costretto a promettere ai soldati il risarcimento del mancato bottino.
Erode confiscò tutti i beni dei sostenitori di Antigono, mandò a morte quarantacinque avversari politici, pagò le truppe con l'oro, l'argento e i preziosi che trovò nella reggia e mandò il resto del ricavato a Marco Antonio con i suoi ringraziamenti e la preghiera di eliminare Antigono. Questi venne infatti processato e giustiziato. Fu l'ultimo regnante della famiglia degli Asmonei che governò per centoventisei anni.
Fra i primi atti di re Erode furono la liberazione di Ircano ancora prigioniero dei Parti e la nomina a sommo sacerdote del suo amico Ananelo. Quest'ultimo atto provocò la reazione di Alessandra suocera di Erode che riteneva il sacerdozio spettante a Aristobulo figlio suo e di quell'Alessandro figlio di Aristobulo II morto combattendo contro i Romani. Erode ignorò le richieste di Alessandra la quale ne scrisse a Cleopatra perché interessasse Antonio. Per timore di Cleopatra e di Antonio, Erode accolse le richieste della suocera, depose Ananelo e conferì la carica al giovane Aristobulo.
Tuttavia Alessandra fu publicamente ripresa per il suo comportamento e ridotta in prigionia nel palazzo reale. La donna trovò il modo di scrivere di nuovo a Cleopatra la quale le consigliò di fuggire in Egitto insieme al figlio. Alessandra organizzò la fuga ma fu scoperta da Erode che accusò di tradimento lei e Aristobulo.
Per la festa dei Tabernacoli, Alessandra organizzò un convito in Gerico durante il quale Erode fece uccidere Aristobulo da un servo che lo soffocò nei bagni. Aristobulo aveva diciotto anni ed era stato sommo sacerdote per un solo anni.
Disperata, Alessandra si rivolse di nuovo a Cleopatra che convise Antonio a convocare Erode in Laodicea per chiedergli conto delle sue azioni. Prima di partire, Erode ordinò al suo cognato Giuseppe di uccidere la moglie Mariamne se lui non fosse tornato. Durante l'assenza di Erode, Alessandra e Mariamne vennero a conoscenza dell'ordine che egli aveva lasciato e decisero di tramare la sua morte.
Con doni e promesse Erode riuscì a placare Antonio e tornò a Gerusalemme dove lo attendevano altri problemi. Sua sorella Salomè, che odiava la cognata Mariamne e aveva scoperto la cospirazione, la denunciò a Erode accusando Mariamne anche di adulterio. Mariamne che era molto amata dal marito, riuscì a convincerlo di essere innocente e accusò lui di aver ordinato di ucciderla se lui non fosse tornato, in questo modo Erode comprese che il cognato Giuseppe non aveva mantenuto la promessa e lo condannò a morte.
Alessandra convinse il padre Ircano a cercare l'aiuto di Malco re dell'Arabia Petrea ma bastò che un messaggio fosse intercettato per togliere la vita al vecchio Ircano, ultimo degli Asmonei.

Capitolo XXVI Nominato re dal senato romano, Erode si recò in Siria dove reclutò truppe e si accordò con Ventidio, comandante delle milizie romane in Siria. Conquistò Joppe con un breve assedio. Prima di marciare su Gerusalemme liberò la fortezza di Massada dove aveva lasciato i suoi familiari dall'assedio di Antigono.
Si accampò a ovest di Gerusalemme e inviò un ambasciatore a chiedere ai cittadini di accettarlo come legittimo re. Ottenne facilmente il consenso degli abitanti della Galilea che ricordavano il suo buon comportamento di quando era stato governatore del loro paese.
Il fratello GIuseppe inviato a combattere in Idumea fu sconfitto e decapitato da Pappo generale di Antigono. Informato dell'evento mentre si trovava in Antiochia, Erode passò in Samaria con truppe di Giudei e di Romanio e sconfisse l'esercito di Pappo. Quest'ultimo morì in battaglia e Erode ne mandò la testa al fratello Ferora per mitigare il dolore per la morte di Giuseppe.
Ottenute due legioni da Sosio governatore della Siria, Eracle intraprese l'assedio di Gerusalemme. Organizzate le sue forze intorno alla città, si recò in Samaria per sposare Mariamne e ne tornò con trentamila uomini di rinforzo, mentre Sosio andò in suo aiuto con altre ingenti milizie.
Impiegarono meno di due mesi per conquistare la città bassa, passarono quindi ad assediare Antigono nella città alta e Sosio andò in suo aiuto con ulteriori ingenti milizie. Impiegarono meno di due mesi per conquistare la città bassa, passarono quindi ad assediare Antigono nella città alta e Antigono, disperando di poter resistere ancora, pregò Sosio per aver salva la vita. Sosio lo risparmiò ma lo imprigionò.

PARTE TERZA


Capitolo XVIII
Dopo aver conquistato Tiberiade e Tolemaide, Saladino propose ai governanti di Gerusalemme delle dignitose condizioni di resa ma al loro rifiuto giurò di prendere la città con la forza e di vendicare tutti i Musulmani caduti.
A Gerusalemme vivevano circa centomila persone ma le difese erano scarse e gli uomini in grado di combattere erano rimasti in pochi. Il comando delle difese fu affidato a Baleano di Ibelin che prese energicamente in mano la situazione riparando le fortificazioni e restaurando le mura.
Saladino, giunto sotto le mura, si accampò ed avviò la costruzione delle macchine da guerra respingendo duramente le sortite dei Cristiani.
La vista degli assedianti portò i difensori alla disperazione inoltre si scoprì che i Cristiani orientali (Greci e Siriaci), che detestavano i Latini, stavano cospirando per aprire le porte al nemico. Baleano andò a parlamentare con Saladino ma questi rifiutò di confermare le condizioni offerte in precedenza, questa risposta spinse i Cristiani a una reazione disperata e i Musulmani che erano già entrati in città vennero precipitati dalle mura.
Baleano tornò da Saladino dichiarando che i Cristiani avrebbero ucciso cinquemila prigionieri che si trovavano nelle loro mani e poi, piuttosto che arrendersi, avrebbero incendiato e distrutto Gerusalemme ed ucciso donne e bambini.
Saladino, che era umano e ragionevole, si rese conto che gli assediati avrebbero realmente attuato le minacce e accettò di trattare. L'accordo prevedeva la consegna a Saladino delle chiavi di Gerusalemme e l'entrata in città delle sue milizie senza alcuna resistenza. I Cristiani si impegnavano inoltre a pagare un modesto riscatto nell'immediato ed un tributo in futuro; per contro Saladino garantiva loro l'incolumità e il mantenimento dei diritti civili e della libertà di culto. Gli abitanti greci o siriaci sarebbero potuti rimanere in città mentre i Latini l'avrebbero dovuta lasciare entro quattro giorni.
Saladino varcò le porte di Gerusalemme il 3 ottobre 1187, quattro giorni dopo ebbe luogo sotto gli occhi dei vincitori il doloroso esodo dei discendenti di quei crociati che ottantotto anni prima avevano vittoriosamente preso la città.
Saladino mostrò di nuovo la sua umanità concesse alla regina Sibilla di raggiungere il marito a Sichem (Nablus), permise agli infermi e ai deboli di rimanere, elargì elemosine ai più miseri fra quanti partivano e liberò molti prigionieri.


Capitolo XIX
Saladino fece lavare con acqua di rose la moschea di Omar per purificarla dai riti dei cristiani che l'avevano convertita in loro tempio.
L'autore pronuncia qui un'affermazione notevole per un sacerdote: "Saladino si comportò verso i Cristiani con tanta umanità quanta era stata la barbarie con cui i Crociati avevano trattato i Musulmani nel dì della loro vittoria"
E in effetti Saladino si mostrò molto clemente anche nei confronti del re di Gerusalemme Guido di Lusignano che liberò dopo avergli fatto giurare di non prendere le armi contro di lui, ma Guido non rispettò il giuramento.