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Publio Cornelio Scipione Africano Maggiore



Nato nel 235 a.C. aveva ventiquattro anni e rivestiva la carica di edile curule quando morì il padre Publio Cornelio Scipione ed il comando delle operazioni in Spagna passò alla casata dei Claudii, tuttavia il giovane edile seppe condurre manovre politiche tali da emarginare i rivali ed ottenere in qualità di proconsole, il comando in Spagna.
Il suo matrimonio con Emilia, figlia di Paolo Emilio caduto a Canne rinnovò l'antica alleanza della casata degli Scipioni con quella degli Emilii. Forte di tali alleanze nel 210 Scipione ottenne il comando di un nuovo esercito di due legioni per riprendere le offensive in Spagna contro i Cartaginesi.
Questa nomina fu il primo caso in cui un proconsole venisse eletto pubblicamente, in genere la carica veniva assegnata dal Senato ai consoli uscenti.
Nell'autunno del 210 a.C. Scipione partì per la Spagna con il propretore Decimo Giunio Silano e con Caio Lelio. Nella campagna del 209 riprese, con risorse rinnovate, la strategia che era stata di suo padre, tesa ad impedire che la Spagna rifornisse l'esercito di Annibale.
Nel 209, con un esercito di ventottomila fanti e tremila cavalieri, Scipione intraprese l'ardita impresa di conquistare Cartagena, cuore del potere punico in Spagna. La città, difesa dal generale Magone, resistette validamente finché il riflusso della marea permise alla flotta romana, comandata da Lelio, di portare rinforzi agli attaccanti. Il fatto fu decisivo ed al termine di un'azione durata una sola giornata Cartagena fu nelle mani di Scipione.
Si dice che il fenomeno della marea, di dimensioni mai viste per i Romani, fu interpretato come prodigioso dai soldati di Scipione che presero a considerare il loro capo come un eletto degli dei. Scipione assegnò parte del ricco bottino ai soldati ed il resto all'erario, non agì contro la popolazione prendendo come prigionieri gli operai dell'arsenale, ai quali promise la liberazione dopo la vittoria definitiva. Liberò gli ostaggi spagnoli dei Cartaginesi guadagnando grande favore fra le popolazioni locali.
Impadronitosi delle ingenti scorte e degli armamenti pronti per l'esercito di Annibale (fra cui diciotto navi da guerra) Scipione mutò significativamente la situazione portando l'esercito romano in condizioni di superiorità.
Nel 208 a.C. Scipione superò la valle del Guadalquivir e sull'altopiano di Becula, con un'abile manovra militare, sconfisse le truppe di Asdrubale, catturando oltre diecimila prigionieri Cartaginesi ed occupando il distretto minarario della provincia di Tartesso.
Asdrubale, con le sue truppe superstiti e con contingenti di Celtiberi, mosse verso Nord per superare i Pirenei, Scipione, con decisione che fu criticata dai suoi avversari politici, evitò di inseguirlo. Giunto in Italia, nel 207 a.C., fu sconfitto dai consoli Caio Claudio Nerone e Livio Salinatore. Annibale si ritrasse in Abruzzo dove si limitò a tenere le proprie posizioni.
Nel 206 Scipione si scontrò di nuovo con Asdrubale in Spagna e sconfiggendolo completò la conquista della provincia spagnola.
Nell'autunno del 206 Scipione tornò a Roma dove il suo partito aveva nel frattempo preso il potere. Livio Salinatore, vincitore sul Metauro, aveva ottenuto la dittatura, al consolato erano Lucio Veturio Filone e Quinto Cecilio Metello.
Scipione ottenne il consolato nel 205 insieme a Publio Licinio Crasso Dives. Subito sostenne il piano di invadere l'Africa ed attaccare direttamente Cartagine, piano che incontrò il favore popolare ma non quello del Senato. La fazione avversaria a Scipione ammoniva a non sottovalutare la potenza cartaginese e a concentrare le risorse umane nella liberazione della penisola italica.
Fabio Massimo il Temporeggiatore e Quinto Fulvio Flacco, prestigiosi comandanti delle precedenti campagne in Italia, si schierarono contro Scipione. Scipione riuscì ad ottenere dal Senato il controllo della provincia siciliana e l'autorizzazione a portare la guerra in Africa ma, a causa della forte opposizione, non gli furono assegnate ulteriori risorse finanziarie e militari. Inoltre il modo con cui condusse lo scontro politico lasciando intendere di essere determinato ad agire anche contro la volontà del Senato, gli guadagnò la fama di sovvertitore dell'ordinamento statale.
Scipione, che aveva già stretto segreta alleanza con i re africani Siface e Massinissa, richiamò i suoi veterani e si trasferì a Siracusa per preparare l'impresa. I suoi avversari politici tentarono ancora di abbatterlo coinvolgendolo in un'inchiesta sugli abusi operati dal suo centurione Quinto Pleminio nella città di Locri ma la commissione lo scagionò ed il Senato finì con l'approvare espressamente la spedizione in Africa.
Nell'estate del 204 a.C. la flotta romana partì da Lilibeo. A seguito di un errore di navigazione la flotta approdò a Utica e Scipione, modificando il suo piano, iniziò l'impresa assediando quella città. L'esercito cartaginese si portò sul luogo pronto ad attaccare gli assedianti, insieme alla cavalleria numida di Siface che nel frattempo si era alleato con Cartagine. In aiuto di Scipione giunse Massinissa che, spodestato da Siface, sperava di riconquistare il proprio regno. Dopo un periodo di scontri di modesta importanza ed un tentativo di mediazione da parte di Siface, Scipione attaccò a sorpresa e con successo il campo nemico. Poco dopo occupò Tunisi, a breve distanza da Cartagine e sconfisse di nuovo le truppe di Asdrubale.
Il 24 giugno 203 i Romani conquistarono Cirta e catturarono Siface restituendo il regno all'alleato Massinissa. A seguito di questi eventi a Cartagine prevalse il partito pacifista che si arrese a Scipione chiedendogli di dettare le condizioni. Scipione pretese lo sgombero dell'Italia, la rinunzia alla Spagna, alla Sicilia ed alla Sardegna e la demolizione della flotta militare cartaginese, oltre ad una multa di cinquemila talenti. Tuttavia quando Annibale tornò dall'Italia con il proprio esercito che non aveva mai subito una sconfitta, i Cartaginesi mutarono avviso ed alla prima occasione aggredirono una nave romana in difficoltà nel porto di Cartagine, rifiutando poi di dare soddisfazione agli ambasciatori romani che protestavano per la rottura dell'armistizio.
Nell'inverno del 203-202 Annibale raccolse ad Adrumeto tutte le forze disponibili, preparando un'armata piuttosto superiore a quella romana. Alla vigilia della battaglia i due generali si incontrarono per un estremo ed infruttifero tentativo di composizione diplomatica.
Dalla battaglia di Zama Annibale uscì sconfitto e fuggì a Cartagine per ottenere che si avviassero le trattative di pace. Scipione non aggravò eccessivamente le condizioni di resa imposte l'anno precedente, si limitò a raddoppiare l'ammenda e a vietare a Cartagine di intraprendere qualsiasi azione militare senza il consenso del Senato Romano. Il prestigio delle sue vittorie comportò, per Scipione, ostilità politiche sempre più forti in Senato cosicchè negli ultimi anni della guerra egli si ritrovò isolato.
Principali avversari di Scipione furono, in quel momento, i Servilii, che si avvicendarono alle più alte cariche dello Stato. In un'assemblea del 203 il trattato preliminare di pace concluso da Scipione in Africa fu duramente criticato. Dopo la partenza di Annibale dall'Italia il console Cneo Servilio Cepione passò in Sicilia e da qui si preparò per andare in Africa ad assumere il comando al fianco di Scipione, con l'evidente intenzione di limitare il potere di quest'ultimo. Il Senato risolse la situazione affidando la dittatura a Publio Sulpicio Galba che riportò Cepione a Roma. Nel 202 furono eletti consoli Marco Servilio Gemino e Tito Claudio Nerone. Nerone chiese il comando dell'Africa ma Metello, amico di Scipione, riuscì ad ottenere che in merito fosse consultato il popolo. Il popolo votò per Scipione ed il Senato si limitò a mandare Nerone in Africa perchè condividesse il comando, tuttavia una tempesta distrusse la flotta del console.
Nel 201 il console Cneo Cornelio Lentulo tentò di ottenere il comando in Africa per aggiudicarsi il prestigio del definitivo trattato di pace. Si opposero i tribuni della plebe Quinto Minucio Termo e Manio Acilio Glabrione ed il Senato giunse ad un nuovo compromesso affiancando Lentulo a Scipione. Nell'autunno del 201, tuttavia, Scipione dopo aver concluso il trattato di pace con Cartagine tornò a Roma e celebrò il trionfo. In quell'occasione assunse il soprannome di Africano.
Nel 199 Scipione ottenne dal console Publio Elio Peto la nomina di Principe del Senato.
La guerra in Oriente contro la Macedonia che nel 205 Scipione, come console, era riuscito a procrastinare, tornò alla ribalta appena finita la guerra punica.
Nel 200 a.C. Publio Sulpicio Galba fu eletto console per la seconda volta ma non ottenne, in Macedonia, risultati significativi, così il console del 199, Publio Villio Tappulo. Nel 198 fu nominato console Tito Quinzio Flaminino, trentenne vicino alla casa dei Fabii, avversari storici di Scipione. Durante l'anno di consolato Flaminino ricacciò i Macedoni in Tessaglia ma non riuscì a concludere la guerra. Scaduto il suo consolato ottenne comunque il comando militare in Oriente a tempo indeterminato. Nel 197 a.C. riportò la decisiva vittoria di Cinocefale.
Nel 195 a.C. il console Marco Porcio Catone ottenne grandi successi in Spagna contro le locali tribù ribelli e riprese a contrastare la posizione politica di Scipione.
Intanto a Cartagine Annibale aveva ripreso il potere e cercava di recuperare l'economia del paese. I nobili a lui avversari lo accusarono presso il Senato romano di tramare alleanze contro Roma in Oriente. I rivali di Scipione ne approfittarono per attribuire al suo comportamento l'aver lasciato a Cartagine una possibilità di ripresa.
Flaminino giunse a trattare la pace con Filippo e Roma si fece garante della libertà della Grecia, tuttavia la situazione in Oriente rimase tesa con molte minacce di una nuova guerra di vaste dimensioni.
Nel 194 a.C. Scipione ottenne il suo secondo consolato ed ebbe come collega Tiberio Sempronio Longo, della sua stessa fazione.




Riferimenti letteratura:
  • Livio - Storia di Roma
  • Cicerone - La Repubblica
  • Cicerone - Dispute Tuscolane
  • Velleio Patercolo - Storia romana
  • Aulo Gellio - Notti Attiche
  • Plutarco - Vite di Agide e Cleomene, Tiberio e Caio Gracco
  • Gaio Giulio Solino - Delle cose meravigliose del mondo
  • Macrobio - Saturnali
  • Agostino di Ippona - La città di Dio
  • Niccolò Machiavelli - Discorsi sopra la prima decade di Tito Livio
  • Niccolò Machiavelli - Il principe
  • Girolamo Serra - Storia dell'antica Liguria e di Genova
  • Theodor Mommsen - Storia di Roma Antica


  • Riferimenti Genealogici

  • Padre: Publio Cornelio Scipione
    Famiglia: Gens Cornelia
    Fratelli e sorelle:
  • Lucio Cornelio Scipione Asiatico
    Matrimoni - Unioni:
  • Emilia
    Figli:
  • Cornelia
  • Publio Cornelio Scipione
  • Lucio Cornelio Scipione


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