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Macrobio Teodosio
SATURNALI
Libro I - Prologo
Durante le feste dei
Saturnali
era consuetudine della nobiltà romana riunirsi in banchetti e svolgere conversazione culturali. Così avvenne in casa di
Vettio Agorio Pretestato
. Durante quelle tre giornate i convitati dedicarono la mattinata ai temi più impegnativi mentre l'ora dei pasti e le ore successive del pomeriggio e della sera furono destinate ad argomenti più leggeri e piacevoli.
Macrobio
, nella premessa, paragona apertamente la sua opera con il Simposio di
Platone
e con le opere "conviviali" di
Cicerone
. A giustificazione della cronologia non sempre coincidente dei propri personaggi porta l'esempio dei dialoghi platonici in cui gli interlocutori, nella realtà, non erano coetanei e, a volte, neanche contemporanei.
Ai personaggi Decio e
Postumiano
spetterà introdurre la narrazione, la funzione drammatica dei due personaggi corrisponde a quella di Apollodoro e di Aristodemo nel Simposio:
Postumiano
racconterà le conversazioni delle tre giornate a Decio.
Decio chiede a
Postumiano
di raccontare il convito.
Postumiano
dice che, impossibilitato da impegni forensi, aveva dovuto declinare l'invito ed era stato sostituito dall'oratore
Eusebio
che a sua volta aveva raccontato a
Postumiano
eventi e conversazioni.
Vigilia
16 dicembre, in casa di
Vettio Agorio Pretestato
.
Giungono in casa di
Pretestato
, verso la sera del giorno precedente,
Aurelio Simmaco
,
Cecina Albino
ed il governatore
Servio
, ancora molto giovane. Il padrone di casa li accoglie gentilmente e li invita ad unirsi alla discussione già in corso. L'argomento è: quale ora deve essere considerata come inizio di una giornata?
Risponde
Cecina
citando
Varrone
che indicava la mezzanotte, mentre i
Greci
misuravano il giorno da tramonto a tramonto ed i Babilonesi da alba ad alba, infine gli
Umbri
da mezzogiorno a mezzogiorno.
Roma
adotta la tesi di
Varrone
. Il limite della mezzanotte era utilizzato per i rituali e per varie questioni giuridiche in cui avesse rilievo determinare con esattezza l'inizio e la fine di una giornata, ed esempio i
tribuni della plebe
, che non potevano allontanarsi da
Roma
per più di un giorno durante la carica, dovevano rientrare prima della mezzanotte.
Cecina
conclude il suo discorso enumerando le parti di quello che veniva definito "giorno civile":
declino della mezzanotte
canto del gallo
silenzio
alba
mattino
mezzogiorno
pomeriggio
tramonto
sera o vespero
prima fiaccola notturna
ora di stare a letto
notte fonda o intempestiva.
Avieno
chiede a
Cecina
spiegazione di alcune forme grammaticalmente insolite che egli ha usato nel suo discorso,
Cecina
risponde con una lunga trattazione grammaticale riferendosi a vari autori antichi, fra cui
Sallustio
,
Masurio Sabino
,
Verrio Flacco
,
Valerio Anziate
,
Asinio Pollione
ed altri.
Avieno
ribatte criticando
3Cecina
per l'uso di parole desuete e sostiene la sua posizione citando il trattato sull'analogia di
Giulio Cesare
. A sua volta
Pretestato
nota che anche
Avieno
ha usato una forma arcaica dicendo "ci sono mille parole" (mille denique verborum talium est cum in ore piscae autoritatis crebro fuerint ...) con il verbo al singolare, e cita una serie di esempi in tal senso nella letteratura antica.
L'ora tarda induce gli interlocutori a separarsi,
Pretestato
li invita a pranzo per l'indomani e
Simmaco
propone di invitare anche
Flaviano
,
Postumiano
ed
Eustatio
.
Prima giornata
17 dicembre, in casa di
Vettio Agorio Pretestato
Mattino
Avieno
chiede a
Pretestato
(il cui nome deriva evidentemente dalla "
pretesta
") di raccontare l'origine di tale nome e come mai da altri indumenti come la toga o la trabeo non siano derivati nomi di persone.
Pretestato
spiega: la
pretesta
, come altri usi
etruschi
, fu introdotta a
Roma
da
Tullo Ostilio
e fu inizialmente attributo dei magistrati fin quando
Tarquinio Prisco
ne donò una al figlio quattordicenne che in battaglia aveva ucciso un nemico. Da allora prevalse l'uso di far indossare la
pretesta
ai ragazzi di condizione patrizia, in particolare era bordata da una striscia di porpora la
pretesta
dei figli di ex magistrati. Ai tempi della seconda guerra punica anche i figli dei
plebei
, purché nati da matrimoni regolari, furono autorizzati ad indossare la
pretesta
.
Quanto all'appellativo "Pretestato", divenuto tipico della famiglia del personaggio, questi lo fa risalire ad un antenato di nome
Papirio
. Da ragazzo
Papirio
aveva accompagnato il padre in
Senato
e gli era stato ordinato di non rivelare quanto aveva udito. Poiché la madre lo interrogava insistentemente,
Papirio
aveva inventato una discussione del
Senato
per decidere se fosse meglio dare due mariti ad ogni moglie o due mogli ad ogni marito. Scandalizzata la donna aveva informato le amiche organizzando una manifestazione davanti al
Senato
in giorno successivo. Allora
Papirio
aveva svelato l'accaduto ed era stato premiato per la sua discrezione con l'appellativo di "Pretestato" che più o meno significava "saggio".
Trovandosi in argomento,
Pretestato
racconta l'origine di altri nomi romani: gli
Scipioni
presero il nome da
Scipio
(bastone) quando Cornelio funse da bastone per il padre omonimo che era cieco, Messala prese il nome da
Messina
dopo aver partecipato alla conquista di quella città.
Giungono nuovi interlocutori:
Evangelo
,
Disario
ed
Oro
. L'arrivo di
Evangelo
, scortese ed arrogante, non è molto gradito ma
Pretestato
si dimostra comunque ospitale. Dopo i convenevoli i nuovi convitati si uniscono alla compagnia e
Pretestato
, su richiesta di
Oro
, prende a dissertare sull'origine delle feste
Saturnali
.
Fu antico re di
Italia
Giano
(da cui
Gianicolo
) che regnò con
Camese
.
Giano
, che alcuni descrivevano bifronte, ospitò
Saturno
imparando da lui i rudimenti dell'agricoltura. Per premiarlo del miglioramento apportato all'alimentazione del suo popolo, lo associò al regno.
Giano
fu anche il primo a coniare monete di rame, con queste onorò
Saturno
imprimendovi la sua immagine. Dopo un periodo di regno felice e concorde,
Saturno
scomparve misteriosamente e fu divinizzato. In quell'occasione furono istituite le feste dei
Saturnali
.
Poiché ai tempi di
Saturno
non esisteva la schiavitù, durante i
Saturnalia
venivano concesse agli schiavi ampie libertà.
Secondo un'altra tradizione i
Saturnalia
erano stati istituiti dai compagni di
Ercole
rimasti in
Italia
.
Un'ulteriore tradizione riferita da
Varrone
faceva risalire i
Saturnalia
ai
Pelasgi
insediatisi in
Italia
dopo averne scacciato i
Siculi
. In ogni caso le feste di
Saturno
risultavano molto antecedenti alla fondazione di
Roma
ed erano celebrate anche in
Grecia
, in particolare ad
Atene
con il nome di
Feste Cronie
.
Il
tempio di Saturno
fu offerto da
Tullo Ostilio
dopo aver trionfato su
Albani
e
Sabini
, in quell'occasione si tennero i primi giochi saturnali. Tuttavia
Varrone
attribuiva la costruzione del tempio a
Lucio Tarquinio
.
Gellio
, invece, al
Senato
.
I
Romani
custodirono l'erario nel
tempio di Saturno
, forse perché ai tempi del mitico re non esistevano ladri. Figure di tritoni adornavano il frontale del tempio: le trombe dei tritoni rappresentavano la chiarezza con cui è nota la storia dei tempi posteriori a
Saturno
, le loro code di pesce immerse nel mare rappresentavano i misteri che avvolgono i tempi precedenti a
Saturno
.
Sul mito di
Saturno
: egli nacque nel Cielo, evirò suo padre e dai genitali gettati in mare nacque
Afrodite-Venere
.
Il primordiale potere procreatore del cielo passò quindi, tramite l'azione di
Saturno
-Kronos (il tempo) ad
Afrodite-Venere
perché lo perpetuasse tramite gli accoppiamenti fra maschio e femmina.
La sua abitudine di divorare i propri figlio dimostrava come dal tempo tutte le cose vengano prima generate poi distrutte.
Giano
, considerato come mitico re del
Lazio
, era stato il primo in
Italia
ad innalzare templi ed a fissare riti, da qui l'uso di invocarlo prima dei sacrifici. In questa forma umana lo si diceva bifronte come simbolo della sua conoscenza del passato e del futuro.
Come dio era a volte identificato con
Diana
e con
Apollo
, dei quali condivideva alcuni attributi come nume tutelare delle porte e delle strade.
Nel culto romano
Giano
era considerato divinità primordiale e quindi procreatore, iniziatore. Inoltre gli si tributavano gli appellativi di Patulcio e Clusivo con riferimento alle porte del suo tempio che restava aperto (patet) in tempo di guerra e veniva chiuso (clauditur) in tempo di pace.
Macrobio
fa risalire questa usanza a una leggenda sulla guerra fra
Romolo
e
Tazio
: quando i
Sabini
stavano per irrompere in
Roma
dal
tempio di Giano
sarebbero uscite ondate impetuose di acqua bollente che avrebbero tenuto lontano gli assalitori.
Il diritto divino vietava di intraprendere guerre e di eseguire pene capitali durante i
Saturnali
. La festa, che in origine durava un giorno, era stata prolungata a tre giorni con il nuovo calendario introdotto da
Giulio Cesare
.
Si discorre dell'origine di alcune feste: il Lorintinale (20 dicembre, istituito da
Anco Marzio
in onore di
Acca Larenzia
, ex cortigiana poi ricca possidente che aveva lasciato i suoi beni al popolo romano).
Con varie argomentazioni
Pretestato
sostiene che anticamente i
Saturnali
si svolgevano il quattordicesimo giorno precedente alle calende di gennaio secondo il calendario di
Numa
, cioè il 17 dicembre, e che in quel giorno si festeggiavano sia
Saturno
sia la dea
Opi
, ritenuta sua moglie, entrambi divinità legate all'agricoltura, talvolta identificate con il Cielo e con la Terra.
Evangelo
contesta due argomenti toccati da
Pretestato
nella sua esposizione: la libertà concessa agli schiavi durante i
Saturnali
e il carattere religioso dei
Sigillaria
, feste immediatamente successive ai
Saturnalia
.
Pretestato
risponde citando vari episodi ed argomenti. L'episodio di uno schiavo frustato in pubblico dal suo padrone, nel circo, prima dell'inizio dello spettacolo suscitando l'ira di
Giove
, episodio citato anche da
Tito Livio
ma collocato circa due secoli prima, quindi
Pretestato
pronuncia una calorosa difesa della dignità degli schiavi contro i pregiudizi di
Evangelo
, e sostiene la sua posizione con alcuni esempi di schiavi leali verso padroni non arroganti, con esempi di schiavi arruolati nell'esercito in situazioni di emergenza e con quello delle schiave che nel 390 a.C. avevano aiutato i
Romani
a sconfiggere i
Fidenati
.
Approfittando della debolezza di
Roma
reduce dell'assedio dei
Galli
, il
dittatore
di
aveva intimato al
Senato
di consegnargli tutte le matrone e le vergini romane. Le schiave, volontariamente, si erano sostituite alle loro padrone e, fatti ubriacare i
Fidenati
, avevano dato ai
Romani
il segnale di attaccare. Dopo la vittoria il
Senato
le aveva ricompensate con la libertà e l'episodio era ricordato con un sacrificio a
Giunone Capitolina
il 7 luglio di ogni anno (si confronti
Plutarco
,
Camillo
, 33).
Esempi di illustri filosofi di condizione servile:
Fedone
, discepolo di
Socrate
,
Menippo
, Pompilio schiavo di
Teofrasto
,
Perseo
schiavo di
Zenone
, Mis schiavo di
Epicuro
.
Anche
Diogene
cinico visse per un periodo in schiavitù, e così
Epitteto
.
Quanto ai
Sigillaria
, feste in occasione delle quali si usava donare pupazzi ai bambini,
Pretestato
narra che l'uso risaliva ad
Ercole
che, giunto sul
Tevere
con la mandria di
Gerione
, gettò delle statuette nel fiume per commemorare i compagni perduti durante le sue imprese.
Ai tempi di
Romolo
l'anno iniziava con il mese di marzo e durava 304 giorni.
Plutarco
(
Numa
18), parla invece di un anno di 360 giorni.
Che marzo fosse il primo mese nei tempi antichi era confermato da molte tradizioni, fra cui i riti di
Anna Perenna
, tipicamente riferiti all'inizio dell'anno.
Il secondo mese dell'antico calendario, aprile, prendeva nome dal greco Aphros (spuma) con riferimento ad
Afrodite-Venere
, madre di
Enea
.
Questa teoria, però, non era condivisa da
Lucio Cincio
e da
Varrone
che ritenevano l'istituzione del culto di
Venere
posteriore all'età romulea.
Per tali autori il nome di aprile deriverebbe dal concetto di "apertura" con riferimento alla fioritura primaverile.
Per alcuni, come
Marco Fulvio Nobiliore
, il nome del mese di Maggio sarebbe derivato da
Majores
(anziani) e quello del mese di Giugno da
Juniores
(giovani) in onore delle due classi di età indicate da
Romolo
nei suoi ordinamenti.
Per altri il nome Maggio deriva dalla dea
Maia
, madre di
Mercurio
. Altri autori, fra cui
Cornelio Labeone
, identificavano
Maia
con la Terra, altri ancora con
Proserpina
e
Ecate
. Per
Varrone
ed altri
Maia
fu figlia di
Fauno
, così pudica da non lasciarsi mai vedere dagli uomini, in alcune versioni inutilmente corteggiata dal padre.
Il nome di Giugno veniva derivato anche da
Giunonio
, nome dello stesso mese per
Aricia
e
Preneste
, quindi da
Giunone
. Altri attribuivano la parola a Giunio Bruto, primo
console
romano.
Luglio ebbe il nome da
Giulio Cesare
, nato in quel mese. In precedenza si era chiamato Quintile in quanto era il quinto mese nel calendario antico.
Il mese di Sestile si chiamò Agosto in onore di
Augusto
ed in memoria delle gesta da lui compiute in quel mese, fra le quali la conquista dell'
Egitto
.
I mesi da settembre a dicembre mantennero l'originaria denominazione numerale.
In conclusione il calendario di
Romolo
prevedeva un anno di 304 giorni, diviso in dieci mesi.
Per ovviare ai difetti del calendario di
Romolo
,
Numa Pompilio
istituì un anno di trecentocinquantaquattro giorni, diviso in dodici mesi. Dedicò il primo mese, Gennaio, al dio
Giano
, il secondo al dio
Februo
che sovrintende alle purificazioni.
Successivamente
Numa
aggiunse un giorno all'anno, nel mese di Gennaio. Il residuo errore del calendario rispetto al ciclo solare ed alle lunazioni venne in seguito corretto con l'inserimento di mesi intercalari ed altri provvedimenti.
La riforma completa e definitiva del calendario romano fu opera di
Giulio Cesare
. Prima di inaugurare il nuovo calendario romano
Cesare
aspettò parecchi giorni, in modo da ottenere la sincronia con l'anno solare, così l'ultimo anno precedente l'istutuzione del calendario giuliano durò 443 giorni.
L'anno istituito da
Cesare
durava 365 giorni e fu per compensare il quarto giorno di differenza rispetto all'anno solare che
Cesare
decretò che ogni quattro anni si contasse un giorno intercalare, dopo il sestultimo giorno di febbraio, che fu detto bisesto.
Per attuare la sua riforma
Cesare
aggiunse dieci giorni all'anno, inserendoli in alcuni mesi, sempre dopo le festività religiose, in modo da non alterare le ricorrenze di queste. Decretò inoltre che tutti i nuovi giorni venissero considerati "fasti", cioè adatti allo svolgimento delle attività giudiziarie.
Il convitato egiziano
Oro
osserva che il calendario giuliano coincide con precisione con quello in vigore in
Egitto
, interroga quindi
Pretestato
sull'uso di contare i giorni in base alla loro distanza dalle calende, none ed idi e sulla differenza fra giorni fasti e giorni nefasti.
La risposta di
Pretestato
è abbastanza complessa: ai tempi di
Romolo
si faceva iniziare il mese all'apparire della luna, il che comportava che alcuni mesi risultassero più lunghi, altri più corti. Per motivi religiosi si stabilì che ogni mese le idi cadessero il nono giorno a partire dalle none, ne derivò che in alcuni mesi le idi cadessero il 5, in altri il 7. Era il
pontefice
a fissare la ricorrenza delle none con un rito particolare in cui usava il vocabolo greco "calo" ("chiamo" dal quale derivò la parola "Calende". La parola "None" deriva appunto dall'indicare il nono giorno prima delle Idi.
L'origine della parola "Idi" è etrusca ("Itis") e significa "fiducia in
Giove
", in quanto
Giove
era considerato "autore della luce".
L'etimologia che
Pretestato
preferisce è quella che deriva dall'etrusco "Iduare" (dividere) in quanto il giorno delle idi divideva il mese in due parti.
Le idi erano sacre a
Giove
, le calende a
Giunone
.
Calende, none ed idi erano giorni non adatti alle nozze.
Numa Pompilio
suddivise i giorni in festivi, feriali e interrotti. Nei giorni festivi si svolgevano riti e sacrifici, nei feriali le attività quotidiane, politiche, lavorative e belliche. I giorni interrotti erano considerati per alcune ore festivi e per il resto della giornata feriali.
Si avevano quattro tipi di feste pubbliche: fisse, mobili, comandate e per mercato.
Fisse: a date costanti iscritte nei fasti (
Agonali
,
Carmentali
,
Lupercali
).
Mobili: a date stabilite ogni anno dai magistrati o dai sacerdoti (Latine,
Paganali
,
Compitali
).
Comandate: le feste indette per volontà dei
consoli
o dei pretori.
Per mercato: i giorni in cui gli abitanti dei villaggi ed i contadini tengono mercato.
A queste feste pubbliche se ne aggiungevano alcune private delle singole Gentes ed alcune individuali.
Nei giorni festivi era vietato lavorare, con l'eccezione della cura di "ciò che sarebbe ucciso se venisse tralasciato". I trasgressori venivano multati.
Sono fasti i giorni in cui il
pretore
può pronunciare i termini rituali "do, dico, addico" (do, dico, aggiudico), cioè i giorni in cui si svolge l'attività giudiziaria. Si distingueva poi fra giorni comiziali, giorni di rinvio (a giudizio), giorni di scadenza, giorni di battaglia, con riferimento ai particolari aspetti della vita politica.
Tutti i giorni successivi alle festività erano considerati "neri" ed era vietato attaccare battaglia, arruolare truppe, celebrare matrimoni o sacrifici.
Sul fatto che i giorni di mercato fossero festivi gli autori erano discordi, così come sulla loro istituzione, da alcuni attribuita a
Romolo
, da altri a
Servio Tullio
.
Avieno
chiede a
Pretestato
di spiegare perché il sole venga venerato come
Libero
, come
Apollo
o come altre divinità.
La risposta di
Pretestato
chiama in causa la filosofia: se si considerano gli astri come regolatori ed annunciatori del destino umano è naturale che dalle varie caratteristiche del sole siano derivati miti relativi a vari aspetti del destino e della divinità.
Così
Apollo
rappresenta le proprietà divinatrici e curative del sole,
Mercurio
la funzione chiarificatrice del linguaggio.
Con molte citazioni,
Pretestato
parla di
Apollo
come dispensatore di malattie e di guarigioni; si riteneva infatti che il calore moderato del sole fosse benefico mentre l'eccesso di calore portasse la peste ed altre malattie.
I
Ludi Apollinari
, che si celebravano in estate, erano dedicati ad
Apollo
per propiziarlo nel periodo in cui il sole è più caldo. Furono istituiti nel
212 a.C.
durante le
guerre puniche
in base ad una profezia, il
pretore
che ne curò l'organizzazione si chiamava
Publio Cornelio Rufo
ed ebbe il soprannome di
Sibilla
che per corruzione divenne
Silla (Sulla)
.
La disanima prosegue spiegando l'origine etimologica dei vari appellativi di
Apollo
.
Il mito dell'uccisione del serpente da parte di
Apollo
rappresenta il dissiparsi delle nebbie primordiali operato dal sole.
Pretestato
sostiene l'identificazione di
Apollo
con
Libero
, citando vari autori, fra i quali
Varrone
e
Granio Flacco
, ed alcuni casi di sovrapposizione dei culti tributati alle due divinità.
Se
Apollo
si identifica con il sole e con
Libero
, quindi, anche
Libero
si identifica con il sole: da qui un parallelo che a detta di
Macrobio
era tenuto presente in certe cerimonie sacre:
Apollo
rappresenta il sole visibile di giorno,
Libero
il sole assente di notte.
A sostegno di questa tesi vengono citati ancora vari autori latini e greci.
"
Esculapio
è la forza salutare che dalla sostanza del sole viene in soccorso all'anima ed al corpo dei mortali, Salute è invece l'effetto delle natura lunare da cui trae giovamento il corpo degli essere animati". Il Serpente, sempre presente nella raffigurazione di queste divinità, rappresenta, con la muta della pelle, il rinnovamento della guarigione.
Anche il mito di
Eracle
è connesso con il sole, egli "fornisce al genere umano il valore che lo innalza a somiglianza degli dei".
Macrobio
riferisce un episodio non attestato in altre fonti: Terone, re della
Spagna Citeriore
, aveva tentato di conquistare il tempio di
Ercole
a
Cadice
ma l'impresa era fallita a causa dell'improvviso incendio delle navi, provocato da raggi misteriosi che si ritennero provenire dal sole.
Proseguendo la rassegna delle divinità solari e lunari, è la volta degli egiziani
Serapide
ed
Iside
.
Anche il mito di
Adone
è connesso al sole ed il suo semestrale passare dalla dimora di
Venere
a quella di
Proserpina
rappresenta il cammino del sole attraverso lo Zodiaco.
Si riferiscono alla natura divina del sole tutti i segni dello Zodiaco: il leone rappresenta la sua potenza, l'ariete - la cui energia risiede nelle corna, attributo del di
Ammone
- compie un percorso celeste simile a quello del sole, il toro è connesso alla religione solare tramite il culto egiziano del bue Api, i Gemelli - che nel mito vivono e muoiono alternatamente - rappresentano il quotidiano sorgere e tramontare del sole.
Il Cancro (granchio) rappresenta il movimento obliquo del sole fra le costellazioni.
La vergine "che reca in mano una spiga rappresenta la potenza solare che ha cura dei frutti".
Lo scorpione (che comprende la bilancia) simboleggia con il suo torpore letargico nel periodo invernale e la sua aggressività estiva, il diverso vigore del sole durante le stagioni.
Il sagittario, che comprende il solstizio di inverno, è allegoria, con la sua forma ibrida degenerante verso il basso, del periodo "basso e ultimo" del ciclo stagionale.
Il capricorno, corrispondente al periodo in cui il sole passa dall'emisfero inferiore a quello superiore, imita il movimento della capra che, pascolando, tende ad andare verso l'alto.
L'acquario simboleggia il ciclo delle acque provocato dal calore del sole.
In fine i pesci rappresentano la potenza dell'astro che genera la vita anche negli abissi marini.
Dopo la digressione sullo Zodiaco, l'oratore riprende a parlare del sole.
Il sole che oscura gli altri astri ed illumina le cose più oscure è anche
Nemesi
che punisce la superbia.
Anche
Pan
, detto Inuo, è divinità solare portatrice di luce, nonché signore della materia.
Saturno-Kronos
, signore del tempo, si identifica con il sole in quanto è il sole, con il suo moto, a scandire e misurare lo scorrere del tempo.
Lo stesso
Zeus
finisce per essere assimilato al sole (con opportune citazioni di
Omero
e
Platone
) ed il suo corteggio di divinità agli astri che seguono il sole nei suoi moti celesti.
Pretestato
racconta di un tempio nella città di Eliopoli in
Assiria
(probabilmente Baalbek, ma
Macrobio
confonde la
Siria
con l'
Assiria
). In questo tempio si venerava una divinità importata dall'
Egitto
, poi identificata con
Zeus
. L'imperatore
Traiano
aveva consultato l'oracolo del tempio che aveva predetto correttamente la sua morte.
Pretestato
ha finito di parlare e mentre tutti lo lodano per la memoria, la cultura, l'eloquenza
Evangelo
, provocatoriamente, denigra l'attendibilità di
Virgilio
e di
Cicerone
che
Pretestato
ha citato ripetutamente durante la sua esposizione.
Le parole di
Evangelo
suscitano la generale indignazione. Confutato da
Simmaco
,
Evangelo
insiste a negare al poeta le qualità di filosofo e di oratore.
La discussione funge da pretesto per introdurre le opere di
Virgilio
e lo studio dei loro contenuti filosofici, retorici e religiosi.
I convitati concordano di trattare i vari aspetti del sapere virgiliano:
Vettio
parlerà del diritto pontificale in
Virgilio
,
Flaviano
del diritto augurale,
Eustatio
dell'astronomia e degli aspetti filosofici dell'opera virgiliana,
Rufio Albino
e
Cecina Albino
parleranno della ricerca di
Virgilio
delle forme antiche.
Tutti concordano di affidare a
Servio
il compito di chiarire i passi oscuri.
Stabiliti gli argomenti e la sequenza degli interventi i convitati rinviano al giorno successivo la discussione. Un servitore li ha infatti avvertiti che ha sentito che la servitù aveva preparato la mensa dopo aver completato il proprio banchetto. Era infatti costume, durante i
Saturnalia
, che i servi godessero di un banchetto in piena regola che si svolgeva prima di quello dei padroni.
Nel prendere posto a tavola
Flaviano
invita tutti a casa sua per il pranzo del giorno successivo.
Libro II
Prima giornata - Pomeriggio
Dopo aver banchettato con moderazione i convitati riprendono la conversazione. Come è noto gli argomenti pomeridiani sono meno dottrinali di quelli del mattino. La conversazione inizia infatti con una considerazione di
Avieno
sulla sobrietà dei pasti tratta da versi di
Virgilio
.
Il pranzo appena consumato viene paragonato al Simposio platonico ai cui partecipanti
Avieno
dice di preferire i propri commensali. Tutto l'episodio costituisce il pretesto scenico per consentire a
Simmaco
di proporre un nuovo tema: le battute e le arguzie di personaggi famosi.
Furono noti per simili arguzie, fra gli altri, il commediografo
Plauto
, il famoso
Cicerone
e
Marco Catone detto il Censore
.
Tutti accettano la proposta di
Simmaco
e la parola viene data per primo a
Pretestato
.
Pretestato
racconta che
Annibale
, sconfitto, rifugiatosi presso
Antioco III di Siria
, a questi che gli mostrava la ricca eleganza dell'armamento delle sue truppe chiese "Credi che basterà per i
Romani
?", rispose "Certamente, anche se sono molto avidi".
Quindi a turno tutti i convitati raccontano facezie più o meno famose, molte delle quali di
Cicerone
o di
Augusto
.
Gustosa una battuta riferita da
Avieno
, pronunciata da un provinciale ai danni di
Augusto
. Incuriosito perché il provinciale gli somigliava molto,
Augusto
lo fece convocare e gli chiese: "Dimmi, tua madre è mai stata a
Roma
?" e quello: "No, ma mio padre c'è venuto spesso".
Sera
Mentre si consuma il secondo pasto si discute ancora di autori antichi (
Varrone
,
Platone
,
Aristotele
) e delle loro opinioni sul vino e sui piaceri della tavola.
Libro III - Seconda giornata - Mattino
18 dicembre, in casa di
Virio Nicomaco Flaviano
Le conversazioni di argomento virgiliano della seconda giornata sono lacunose nel testo tradito all'inizio di questo libro.
Si parla comunque di diritto pontificale e di costumanze religiose, basandosi su esempi di comportamento di
Enea
. Parla
Pretestato
, come era stato stabilito il giorno precedente.
Vengono citati vari passi dell'
Eneide
in cui si parla di purificazione tramite abluzione prima dello svolgimento dei riti e di precetti religiosi inerenti l'offerta di sacrifici.
In particolare si approfondisce il concetto di toccare con le mani l'ara sacrificale come era previsto nei riti più antichi, stando a
Varrone
, e l'uso del termine
vitula
, canto di gioia, peana.
Il senso dell'esposizione consiste in linea generale nel dimostrare la grande proprietà di termini pontificali e la grande competenza nel diritto religioso posseduta da
Virgilio
.
Sempre a proposito della competenza in materia rituale di
Virgilio
si approfondisce l'analisi dell'uso che egli fa nelle sue opere dei termini sacro, profano, santo, religioso. Ne deriva questa spiegazione: sacro è tutto ciò che si riferisce o appartiene agli dei, profano è tutto ciò che è estraneo al culto, cioè esterno al tempio (fanum), santo è ciò che pur non essendo di origine divina è puro ed incorrotto; il termine religione viene infatti fatto derivare da
relinquere
(abbandonare, isolare) per indicare la distanza che separa le cose religiose dagli interessi profani.
Stante la premessa di cui sopra vengono ricordati i termini "sacri" usati in alcuni brani da
Virgilio
. In particolare si discute dei
Penati
trasportati in
Italia
da
Enea
che potrebbero essere gli stessi che
Dardano
aveva portato da
Samotracia
in
Frigia
prima della nascita di
Troia
.
I sacrifici nell'opera virgiliana, per esempio quello offerto da
Entello
dopo aver battuto
Darete
nel pugilato (giochi funebri per
Anchise
,
Eneide
2, 702-717). Varie modalità e particolarità dei riti sacrificali.
Quando
Enea
giunge a
Delo
non immola vittime, adeguandosi ai costumi locali; era infatti a
Delo
un altare di
Apollo Genitore
che
Pitagora
aveva venerato come "immacolato" perché non vi si svolgevano sacrifici cruenti.
Ercole
è chiamato vittorioso nel poema virgiliano con riferimento ai due templi romani dedicati, appunto, a
Ercole Vittorioso
. Viene qui ricordata la gente dei
Pinarii
, custodi del tempio di
Ercole
del quale si diceva che avesse salvato l'
Ara Massima
da un incendio.
Dotto anche nelle scienze augurali,
Virgilio
non mancava di farvi riferimento nelle sue opere. Vengono citati esempi delle
Bucoliche
e dell'
Eneide
.
Interpretando opportunamente alcuni passi di
Virgilio
si scopre come la sua erudizione in materia religiosa arrivasse a tener conto di rare versioni in cui
Venere
era considerata non una donna ma un ermafrodito.
Si passa quindi a discutere il nome di
Camilla
, l'eroina dell'
Eneide
. Il nome significa "serva degli dei" come viene dimostrato con citazioni dei versi di altri autori antichi.
Commentando un passo dell'
Eneide
(2 - 351-352), si parla dell'antica usanza dei
Romani
di pronunciare particolari formule per chiamare fuori dalle città che stavano per conquistare gli dei protettori della città stessa. Per questo motivo i
Romani
tenevano segreto il nome del dio protettore di
Roma
ed il vero nome della città.
Viene riportata la formula usata per l'evocazione degli dei fuori dalla città, la fonte di
Macrobio
è qui l'antiquario del secondo secolo d.C.
Sammonico Sereno
. Segue la formula della maledizione alla città ed ai suoi eserciti, che poteva essere recitata solo dai dittatori o dai generali.
Evangelo
interviene interrompendo
Pretestato
e vuole negare la perizia di
Virgilio
in materia rituale. Cita perciò un passo dell'
Eneide
in cui veniva sacrificato un toro a
Giove
, contrariamente alla norma.
Pretestato
ribatte che l'errore è volontario, per giustificare il fatto che a quel sacrificio seguirono prodigi negativi.
Evangelo
insiste con altri due esempi nel sostenere l'incompetenza di
Virgilio
,
Pretestato
confuta entrambi gli esempi con argomenti, in verità, un po' capziosi.
Evangelo
insiste constatando la mansione dei
Salii
in un rito per
Ercole
e le fronde di pioppo sulle loro fronti.
Evangelo
sostiene che in tempi antichi i
Salii
erano sacerdoti del solo
Marte
e che nei sacrifici ad
Ercole
si usano le fronde di alloro e non di pioppo.
Pretestato
risponde che la scelta dei
Salii
dipende dalla dottrina di
Virgilio
in materia di riti arcaici e cita varie fonti antiche che identificavano
Ercole
con
Marte
. Quanto all'alloro, il suo uso sarebbe nato con il sorgere del boschetto sull'
Aventino
, evento molto posteriore al rito di
Evandro
di cui parla
Virgilio
.
A questo punto la discussione fra
Evangelo
e
Pretestato
si interrompe a causa di una lacuna.
Seconda giornata - Pomeriggio
Parla
Cecina Albino
, sul lusso dei
Romani
antichi. Si narrava che
Quinto Ortensio Ortalo
, il famoso oratore, fosse estremamente ricercato nel vestire e ostentasse volentieri un certo lusso. Fu il primo a servire carne di pavone nei banchetti ed innaffiava con il vino i platani della sua tenuta.
Quinto Cecilio Metello Pio
offuscò la fama ricavata dai molti successi militari concedendosi i lussi più sfrenati.
Cecina Albino
prosegue con vari esempi di personaggi illustri per dimostrare che anche in tempi antichi si dedicavano cure e mezzi notevoli alle "gioie delle mensa".
Rufio Albino
interviene per appoggiare il discorso di
Cecina
citando altri esempi.
Scipione Africano
e
Catone
si scandalizzavano per il dilagare ai loro tempi della moda di imparare a danzare, a cantare e ad esibirsi in pubblico. Al contrario
Cicerone
non reputò scandaloso stringere amicizia con l'attore
Roscio
.
Altra forma di lusso era costituita dal consumo di prodotti ittici raffinati. La moda era tanto diffusa da procurare ai consumatori di pesci pregiati soprannomi come Murena e Orata.
Ricche pescherie erano tenute dai cittadini più nobili e facoltosi.
Particolarmente pregiate erano le murene provenienti dalla
Sicilia
.
Lo storione era rinomato già all'epoca della seconda guerra punica.
Plauto
lo lodava nella commedia Baccaria. Così
Cicerone
(De Fato) e così
Plinio
(N.H. 9.60).
L'erudito
Sammonico Sereno
affermava che lo storione veniva servito "a suon di flauto da camerieri inghirlandati".
Molto rinomato era anche il pesce del
Tevere
.
Ai tempi di
Catone
fu emanata una legge (Lex Orchia) tesa a limitare il lusso nei banchetti. Ventidue anni dopo la legge Fannia fissava la spesa massima per un banchetto. Seguì, diciotto anni dopo, la legge Didia che accentuava le limitazioni e le estendeva alle province. Seguì ancora la legge Licinia che ammetteva i banchetti solo in determinati giorni del mese ed indicava perfino cosa e quanto mangiare negli altri giorni.
La Legge Cornelia, emanata da
Silla
, impose un calmiere sui prezzi dei cibi.
Campioni del lusso furono
Antonio
e
Cleopatra
. Si raccontava che
Cleopatra
, per superare gli sperperi di
Antonio
, scommise di spendere in una sola cena almeno dieci milioni di sesterzi. Vinse la scommessa sciogliendo nell'aceto e trangugiando un'enorme perla che portava all'orecchio.
Seconda giornata - Sera
Viene servita una cena che fornisce ad uno dei convitati,
Servio
, l'occasione di parlare diffusamente di vari tipi di frutti, noci, pesche, fichi, olive, ecc. descrivendo l'etimologia dei loro nomi.
Terza giornata
19 dicembre - In casa di
Quinto Aurelio Simmaco
Si discute sugli artifici retorici di
Virgilio
.
Vengono citati alcuni passi dell'
Eneide
e delle
Georgiche
particolarmente efficaci per esprimere situazioni di tensione, dolore o commozione.
Precetti retorici per la commozione: le frasi devono suscitare sdegno se pronunciate da un accusatore, compassione se pronunziate da un accusato.
Il discorso, soprattutto l'inizio, deve essere piuttosto concitato.
Questi concetti vengono verificati nell'opera virgiliana tramite una serie di esempi (l'ira di
Giunone
, il dialogo fra
Turno
e
Giuturna
, ecc.).
Sulla commozione derivante dalla condizione dei personaggi, gli effetti ottenuti da
Virgilio
(infanzia, vecchiaia, rovina personale).
Sulla commozione derivante dalle causee della morte e delle sofferenze: vari esempi tratti dalle opere virgiliane.
Sulla commozione indotta tramite la forma retorica del "modo" (es. "uccise nascostamente") e della "materia" (es. "uccise con il veleno").
Altre forme retoriche per indurre compassione o commozione sono quelle "di relazione all'evento" (circa rem).
Il primo procedimento di questa forma è detto "a simili", se ne distinguono tre tipi: l'esempio, il paragone, l'immagine.
Il secondo procedimento è detto "a minori". Consiste nel paragonare qualcosa di per se grande definendo la minore di quelle che si vuole rappresentare (es. L'infelicità proverbiale di A è minore di quella di B).
Il terzo procedimento è detto "oltre la speranza": si suscita compassione partendo dalla delusione di una precedente speranza.
Gli oratori chiamano poi omeopatia la commozione provocata da affinità di sentimento (per es.
Didone
paragona la propria sorte a quella di
Enea
in
Eneide
I, 628).
Si ottiene ancora commozione rivolgendosi ad oggetti inanimati (es. "...e tu, ottima Terra, tieni stretto il ferro" -
Eneide
12. 777-778).
Viene quindi l'
aporesis
, cioè la domanda retorica dubitativa: "che fare? dove recarsi?"
L'attestazione di quanto si è visto: "Vedi che mostra le ferite ricevute dal figlio crudele" (
Eneide
6 - 446);
L'iperbole o esagerazione: "avessi io dato la mia vita colpevole con ogni morte" (
Eneide
10, 854);
L'
Ekphonesis
o esclamazione e la figura contraria.
L'
Aposiopesis
, cioè il tacere.
L'
Epanaphora
o ripetizione dell'inizio della frase.
L'
Epitemisis
cioè il rimprovero.
Libro V
Eusebio
, che ha parlato nei paragrafi precedenti, ha completato la sua esposizione, ma
Avieno
gli chiede di confrontare l'arte oratoria di
Virgilio
con quella di
Cicerone
.
Eusebio
evita il difficile paragone portando il discorso sulle varie forme dell'arte oratoria.
Ci sono quattro tipi di eloquenza, dice: sovrabbondante come quello di
Cicerone
, coinciso come quello di
Sallustio
, scarno come quello di
Frontone
, fiorito come quello di
Plinio il Giovane
.
Quanto a
Virgilio
seppe inserire nelle sue opere esempi di tutti e quattro i tipi di eloquenza.
Evangelo
, al quale è sempre affidato il ruolo di provocatore, afferma che
Virgilio
non conosceva a fondo la letteratura greca.
Per dimostrare il contrario
Eustatio
inizia una dissertazione in merito.
Tra i maggiori modelli di
Virgilio
furono, come è noto,
Teocrito di Siracusa
,
Esiodo
e, ovviamente,
Omero
.
Vengono dunque esaminate le principali analogie strutturali fra l'
Eneide
e i poemi omerici. L'
Eneide
è paragonabile nella prima parte all'
Odissea
(il viaggio) e nella seconda all'
Iliade
(la guerra nel
Lazio
).
Come nell'
Odissea
la narrazione non segue un ordine cronologico ma parte da un punto intermedio e sfrutta un espediente narrativo per risalire all'inizio (
Ulisse
racconta le sue avventure ai
Feaci
,
Enea
le racconta a
Didone
).
L'
Odissea
è richiamata anche nel naufragio dell'eroe e nel soccorso di monarchi ospitali (
Alcinoo
e
Didone
), nella discesa agli inferi. L'
Iliade
è ricordata nella descrizione delle battaglie, nei cataloghi degli eserciti, nei giochi funebri (per
Patroclo
nell'
Iliade
, per
Anchise
nell'
Eneide
), nel duello finale (
Achille
-
Ettore
e
Enea
-
Turno
) ed in molti altri episodi.
Le analogie indicate sopra vengono dimostrate con numerose citazioni comparative.
Ora le comparazioni vengono scelte per dimostrare alcuni casi in cui lo stile di
Virgilio
supera quello di
Omero
o viceversa.
Virgilio
imitò
Omero
anche nei "difetti", cioè in alcune costruzioni anomale del verso. Imitò anche il procedimento con cui
Omero
spesso inserisce nella narrazione eventi precedenti all'inizio della narrazione stessa, facendoli citare o raccontare dai personaggi.
Come
Omero
,
Virgilio
compone i cataloghi degli eserciti combattenti, ma a differenza di quello non elenca secondo un criterio geografico la loro provenienza.
Vengono elencate numerose imprecisioni dell'
Eneide
riferite a personaggi ed alle loro parentele, imprecisioni a noi note come probabili effetti della stesura non definitiva del poema.
Da
Omero
,
Virgilio
ereditò anche l'uso di inserire digressioni di argomento mitologico per interrompere la monotonia dei cataloghi, nonché l'uso di massime poi divenute famose.
Una figura virgiliana assente in
Omero
è, invece, la
Fortuna
.
In
Omero
Virgilio
non trovò spunti per le causee della guerra e furono quindi invenzioni personali gli interventi di
Giunone
, il sogno di
Turno
, la furiosa follia di
Amata
, moglie di
Latino
.
Per la favola di
Didone
innamorata
Virgilio
si ispirò invece alla
Medea
delle
Argonautiche
di
Apollonio Rodio
, ma lo fece con tanta originalità ed abilità che la sua versione del tutto immaginaria della storia di
Didone
riscosse universale consenso.
Imitò anche
Pindaro
, per l'esattezza l'ode
Pitica I
, in una descrizione delle eruzioni dell'
Etna
(En. 3, 570-577).
In generale
Virgilio
mostrò grande attenzione per la lingua greca di cui spesso imitò desinenze e costruzioni. Gli stessi nomi
Bucoliche
,
Georgiche
ed
Eneide
sono dei grecismi.
Il relatore passa ora ad esaminare una serie di riferimenti alla cultura greca presenti in
Virgilio
ma molto meno evidenti di quelli fin qui citati.
Nelle
Georgiche
(I, 7-9)
Virgilio
usa il termine
Acheloo
(fiume dell'
Acarnania
) per indicare genericamente l'acqua. Si riferisce ad un'antica usanza rituale e letteraria dei
Greci
attestata in
Eforo
,
Didimo
,
Acusilao
ed
Euripide
.
Nel VII libro dell'
Eneide
è scritto che gli
Ernici
usavano combattere con un piede calzato e l'altro nudo. Questa usanza, che viene correttamente attribuita agli
Ernici
ritenuti originari dell'
Etolia
, è attestata negli
Etoli
da
Euripide
nel
Meleagro
.
L'episodio del capello di
Didone
reciso da
Iride
in punto di morte è ripreso dall'
Alcesti
di
Euripide
.
Le erbe magiche con cui
Didone
cerca di lenire la propria passione amorosa richiamano un passo di
Sofocle
riguardante
Medea
.
In un passo dell'
Eneide
,
Virgilio
nomina il culto siciliano dei fratelli
Palici
, figli della ninfa
Talia
e di
Giove
, erano stati partoriti nel luogo sotterraneo dove
Talia
si era nascosta per eludere le gelosia di
Giunone
.
In
Sicilia
il culto dei
Palici
era associato a due piccoli laghi di acqua sulfurea ai quali si attribuivano poteri magici e divinatori. Vengono citate varie fonti greche in proposito.
Nel primo libro delle
Georgiche
,
Virgilio
parla del
Monte Gargara
, in
Misia
, e della città omonima ai piedi del monte stesso, come esempio di territorio proverbialmente fertile. Questa qualità del terreno della
Misia
è attestata da numerose fonti greche fra cui
Omero
ed
Aristofane
.
Anche per termini molto comuni (coppa, boccale),
Virgilio
utilizza termini greci molto rari, reperibili in antichi autori come
Asclepiade
,
Sofocle
e
Cratino
.
Nell'
Eneide
(II, 532-535),
Virgilio
parla di un'ancella di
Diana
di nome
Opi
, per i poeti greci (
Alessandro Etolo
)
Opi
era uno dei nomi della stessa
Artemide
.
Ad
Euripide
Virgilio
doveva il concetto degli dei che abbandonano la città sconfitta.
Libro VI
Terminata la dissertazione di
Eustatio
sulle fonti greche di
Virgilio
,
Rufio
e
Cecina
vengono invitati a parlare di quelle romane antiche.
Rufio
premette che le numerose citazioni non costituiscono plagio ma operazioni lecite di emulazione. Inoltre
Virgilio
seppe ambientare le citazioni in un contesto che senz'altro le valorizza. Segue un lungo elenco di versi di
Virgilio
comparati con quelli di
Ennio
,
Lucrezio
,
Aulo Furio
,
Lucilio
,
Nevio
,
Catullo
,
Accio
.
Rufio
passa a puntualizzare come certi passi di
Virgilio
che si ritengono derivati da
Omero
siano in effetti citati per il tramite di autori latini. Segue un altro elenco di citazioni del genere ancora da
Ennio
,
Aulo Furio
ed altri.
La parola passa a
Cecina Albino
che disquisisce sulla ricercatezza di alcuni termini che
Virgilio
scelse ed inserì nei suoi versi, ancora citando poeti e scrittori precedenti come
Lucilio
,
Cicerone
,
Sisenna
.
Prende a parlare
Servio
che tratta delle "figure sia di parole che di pensiero" originali ed innovative nell'opera virgiliana.
Anche in questo caso segue un elenco di esempi: si tratta qui di costruzioni poetiche particolari, metafore, ecc. che non trovano origine o ispirazione in altri poeti latini o greci.
Servio
risponde ad alcune domande di
Avieno
sui versi di
Virgilio
dove sembra che il poeta abbia usato termini inadeguati. Ad esempio "indegno di lode" rivolto ad un criminale: nessuno, dice
Servio
, è così corrotto da non dire o non fare qualcosa di lodabile, la locuzione "indegno di lode", quindi, lungi dall'essere debole, si basa su un estremo.
Forme ellittiche in
Virgilio
, esempi di eloquenza nella costruzione delle frasi, ecc. Viene citata la frase "affrettati lentamente", tratta dall'epistolario di
Augusto
come esempio e paragone.
Ancora prendendo spunto da un verso di
Virgilio
, si discute il significato del termine "vestibolo" che anticamente indicava un ampio spazio fronteggiante la casa che separava la casa stessa dalla strada.
L'appellativo
bidenti
delle pecore sacrificali in
Virgilio
viene spiegato da
Avieno
come corruzione di
Bienni
che indicava animali che avevano due anni di età.
Libro VII - Pomeriggio
Dopo il pasto si discute se sia corretto, in un simposio come quello che si sta svolgendo, discutere di filosofia.
Eustatio
sostiene che sia lecito solo quando la maggioranza dei convitati sia composta di persone esperte o almeno appassionate di filosofia. Anche in questo caso si dovrà evitare la trattazione di questione astruse e complesse, scegliendo argomenti più facili e utili.
Eustatio
disquisisce di regole di conversazione: a molti è gradito di avere l'occasione di parlare delle materie nelle quali sono più esperte, di raccontare i propri successi e le proprie imprese. In genere può essere piacevole parlare di pericoli e disgrazie sopportate quando siano ormai superati, a meno che non si tratti di episodi infamanti. Agli anziani piace molto rievocare gli episodi della loro vita passata.
Eustatio
parla delle varie forme di rimprovero, dell'ingiuria e dell'irrisione, dalle quali consiglia di astenersi nei conviti. Cita esempi tratti da
Cicerone
e da altri illustri personaggi.
Secondo la regola dell'opera per cui gli argomenti pomeridiani sono meno impegnativi di quelli del mattino,
Pretestato
propone di discutere di questioni e curiosità scientifiche approfittando della presenza di
Disario
che è medico.
Pretestato
pone il primo quesito: se siano più digeribili i cibi semplici o quelli composti.
Disario
risponde che senz'altro i cibi semplici sono più salutari, come dimostrano anche gli animali. Segue una dettagliata descrizione delle varie fasi della digestione con la quale il medico spiega come cibi misti, il cui tempo di trasformazione è diverso, complichino lo svolgersi delle fasi fisiologiche della loro assimilazione.
Su provocazione di
Evangelo
, sempre polemico,
Eustatio
viene costretto a confutare la tesi di
Disario
, esercizio dialettico che egli sembra accettare solo per questioni di etichetta.
Eustatio
contesta che gli animali si nutrano solo di cibi semplici, portando come esempio la varietà di erbe nei pascoli; contesta inoltre che la loro salute sia migliore di quella degli uomini, adducendo come prova il fatto che la vita degli animali è in genere più breve di quella umana. Infatti sostiene che se dall'alimentazione possono nascere disturbi e malattie, essi sono dovuti solo agli abusi e non alla varietà dei cibi.
Prende la parola
Flaviano
che introduce un nuovo argomento. Egli sostiene che il vino sia "freddo" e non "caldo" come ritenuto dai più. Nel corpo il vino si scalda assorbendo il calore dei visceri, ma all'esterno esso è un liquido "freddo".
Flaviano
chiede quindi a
Disario
perché gli effetti del vino siano minori nelle donne e molto più accentuati negli anziani. Il medico spiega il fenomeno con l'umidità del corpo, particolarmente alta nelle donne e particolarmente bassa nei vecchi. Tale umidità, "diluendo" il vino, ne mitiga gli effetti.
Simmaco
ed
Oro
discutono sul "calore" del corpo femminile.
Oro
sostiene che il corpo della donna è più caldo di quello maschile a causa della maggiore quantità di sangue che viene infatti "spurgato" periodicamente.
Simmaco
, al contrario, sostiene che il corpo della donna sia freddo, quanto al ciclo mestruale lo attribuisce ad umori "malsani".
Simmaco
passa quindi a chiedere al medico come mai il mosto non ubriachi quanto il vino.
Disario
risponde che ciò dipende dalla presenza di acqua in maniera maggiore e dal fatto che il sapore troppo dolce del mosto non induce a berne abbastanza per ubriacarsi.
Rufio Albino
chiede a
Disario
perché il pasticcio di carne tritata detto
isicium
riesce difficile da digerire. Il medico spiega che la sua elaborazione rende questo cibo leggero e pieno d'aria, quindi difficilmente attaccabile dai processi digestivi. Analogamente le carni grasse e sostanziose del bue sono più digeribili di quelle di certi pesciolini.
Cecina Albino
chiede perché la senape ed il pepe possono irritare la pelle ma non lo stomaco. La risposta è che i succhi gastrici riescono a diluire e modificare le spezie prima che possano nuocere.
Evangelo
chiede a
Disario
perché una persona che giri su se stessa viene colpita da vertigine:
Disario
risponde che il moto rotatorio causa un'agitazione degli "umori del capo".
Le parti molto secche (capelli, denti, ossa) e quelle molto umide (cervello e midollo) erano considerate insensibili al dolore, il mal di denti o il dolore provocato da una frattura dipende dalla carne circostante. Segue una descrizione relativamente esatta delle funzioni del cervello che governano i sensi e le principali attività vitali.
Con
Eusebio
il medico parla dell'età senile, attribuendo fenomeni come la canizie, la caduta dei capelli e l'insonnia all'alternarsi degli umori del corpo umano a causa dell'età.
Alla maggior quantità di "umori freddi" viene attribuita anche la voce acuta delle donne e degli eunuchi.
La domanda del timido
Servio
verte su quel fenomeno che fa arrossire le persone in imbarazzo ed impallidire quelle spaventate.
Disario
risponde che si tratta di movimenti del sangue provocati dalle varie situazioni emotive.
Avieno
chiede perché il sale possa aiutare a conservare la carne.
Disario
risponde che il fenomeno dipende dall proprietà del sale di disperdere l'umidità (in realtà il sale assorbe, non disperde l'umidità).
Avieno
chiede ancora perché il vino filtrato tenda più facilmente ad inacidire e
Disario
risponde che le proprietà della feccia, che viene rimossa filtrando, in qualche modo proteggono il vino.
La feccia affonda nel vino e negli altri liquidi e galleggia nel miele essendo di questa meno densa.
Il tempo migliora il vino privandolo di parte dell'umidità e, per lo stesso motivo, fa peggiorare il miele. Anche l'olio, perdendo di umidità, risulta migliorato.
Ancora l'accesso o la carenza di umidità nel corpo provoca la sete.
Si passa quindi a discutere del calore corporeo e dei danni che possono provocare cibi troppo caldi o troppo freddi, e di quelli che si subiscono bevendo neve sciolta.
I liquidi più fluidi sono quelli che gelano meno facilmente.
Oro
chiede al medico perché la sete faccia soffrire più della fame. Ciò dipende, risponde
Disario
, dal fatto che il calore interno consumi per i primi i liquidi che, quindi, è più urgente reintegrare.
Si parla quindi del dito detto "medico" (l'anulare) e dell'uso di portarvi gli anelli. Viene esposta la teoria (presente anche in
Gellio
10,10) che in questo dito termini un lungo nervo proveniente direttamente dal cuore. In tempi antichi gli anelli erano usati solo come sigilli per contrassegnare i documenti, si portavano alla mano destra ed erano usati solo da persone di condizione libera. Quando si formò l'usanza di ornare gli anelli con pietre preziose si prese a portarle a sinistra perché questa mano, muovendosi di meno, espone le pietre a rischi minori.
Oro
chiede ancora perché l'acqua dolce lavi gli indumenti meglio di quella salata e
Disario
risponde che l'acqua dolce, essendo meno densa, penetra meglio fra le fibre. Dissente
Eustatio
che sostiene che l'acqua marina non è adatta a lavare non perché densa ma perché "grassa" a causa del grasso contenuto nel sale.
Eustatio
chiede perché gli oggetti immersi nell'acqua sembrino più grandi.
Disario
da una spiegazione relativamente corretta del fenomeno della rifrazione. Sulla percezione visiva
Disario
sostiene la teoria dell'emanazione di un'energia visibile da parte degli oggetti, teoria risalente a
Democrito
ed
Epicuro
mentre
Eustatio
propone la teoria del "fuoco visivo", cioè di raggi emessi dagli occhi, già presente in
Platone
(Timeo, 45) che la riceveva da autori più antichi.
Disario
, per sostenere la propria tesi, accusa la filosofia di occuparsi talvolta di dottrine che le sono estranee. Lo stesso
Platone
aveva asserito assurdamente che mentre i cibi solidi raggiungono lo stomaco tramite l'esofago, i liquidi passando per la trachea vanno nei polmoni.
Erasistrato
, fisiologo greco, confutando
Platone
, aveva spiegato come cibi e bevande vadano nello stomaco tramite l'esofago mentre il fiato transita per la trachea. La valvola detta epiglottide provvede a separare opportunamente i due condotti.
Eustatio
non demorde ed insiste con varii argomenti per sostenere le affermazioni di
Platone
.
Evangelo
propone una questione canonica: "E' nato prima l'uovo o la gallina?", evidentemente il suo intento è ironico ma
Disario
prende sul serio la questione. Non potendo ovviamente fornire una risposta univoca, il medico espone gli argomenti pro e contro le due ipotesi.
A favore dell'uovo è la teoria che questo faccia parte dei principi primordiali creati dalla natura in origine. E' invece favorevole alla precedenza del volatile chi invece sostiene che la natura crei solo cose in se perfette e compiute.
Evangelo
propone un altro quesito: racconta di cinghiali cacciati di notte le cui carni si guastano più rapidamente di quelle di animali uccisi di giorno.
Disario
risponde che il calore del sole, diminuendo l'umidità delle carni, ne rallenta la putrefazione.
Eustatio
interviene per precisare meglio la spiegazione di
Disario
: egli sostiene che non tutto il calore sia originale e che la luce della luna abbia la particolare proprietà di infondere umidità. Da questa proprietà
Eustatio
deriva le usanze agricole connesse alle fasi lunari (l'epoca per seminare, quella per raccogliere, ecc.).
Il testo si interrompe per una lacuna.