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EURIPIDE

ERACLE


Personaggi:
Anfitrione
Megara
Coro
Lico
Eracle
Iride
Lissa
Messo
Teseo

Anfitrione si presenta come "l'uomo che condivise la propria moglie con Zeus", padre naturale di Eracle. Egli si trova a Tebe in compagnia di Megara, figlia di Creonte e moglie di Eracle. Ad Anfitrione è vietato l'accesso nella nativa Argo per aver ucciso Elettrione. Per ottenere la revoca del bando, Eracle si è impegnato a servire il re argivo Euristeo. Giunto all'ultima delle sue fatiche egli è sceso nell'Ade per catturare il cane Cerbero e non ha più fatto ritorno. Il trono di Tebe è stato usurpato da Lico che ha ucciso Creonte, padre di Megara, ed ora vuole eliminare la famiglia di Eracle temendo che i bambini, una volta cresciuti, vogliano vendicare il nonno. Anfitrione, Megara ed i bambini si trovano presso l'altare di Zeus, in cerca di protezione.
Interviene Megara descrivendo l'angoscia sua e dei suoi figli; Anfitrione tenta di infonderle speranza.
Interviene il coro, composto da vecchi cittadini tebani. Il lamento del coro per la debolezza della vecchiaia fa da contorno al tema dominante del personaggio di Anfitrione. Il coro annuncia l'arrivo in scena di Lico.
Con grande arroganza Lico minaccia Anfitrione, Megara ed i bambini, minimizzando il valore di Eracle e mostrando di dubitare del suo famoso coraggio, il suo arco - dice - è infatti un'arma da vili che permette di ferire e fuggire senza mai veramente combattere.
Anfitrione ribatte difendendo la grandezza di Eracle e deprecando la viltà dell'usurpatore. Lico continua a minacciare e nel contesto interviene anche il coro schierandosi in difesa dei figli di Eracle.
Megara ringrazia i vecchi del coro ma ciò che più le preme, persa ormai ogni speranza, è che i familiari di Eracle muoiano dignitosamente e non bruciati vivi nel tempio come Lico ha appena minacciato. Lico concede dunque che Megara vesta i bambini con abiti adeguati e che possano trovare la morte nella casa di Eracle.
Dopo un'invocazione quasi blasfema di Anfitrione contro Zeus che nega la propria protezione ai suoi discendenti, il coro intona un lungo canto di rievocazione delle gesta di Eracle. Al termine del canto rientra Megara con i bambini abbigliati per la morte e pronuncia il suo lamento. Prega l'ombra dello sposo di intervenire, di manifestarsi. Le fa eco Anfitrione invocando ancora Zeus.
Improvvisamente sopraggiunge Eracle che, felice di essere tornato a casa, non riesce a spiegarsi i paramenti a lutto e la disperazione dei suoi familiari. Commossa ed emozionata, Megara racconta a Eracle  delle atrocità sofferte ad opera di Lico e dello sterminio che questi stava per compiere.
Eracle grida vendetta e vuole sterminare Lico ed i suoi sostenitori, ma Anfitrione gli consiglia maggior prudenza: attendendolo in casa Eracle potrà incontrare Lico da solo ed averne facilmente ragione. Soltanto dopo aver eliminato l'usurpatore, Eracle potrà ripulire la città dai traditori.
In un breve dialogo con Anfitrione, Eracle racconta di aver catturato Cerbero e di essersi attardato nell'Ade per liberare Teseo.
Nel secondo stasimo il coro riprende il tema dell'amarezza senile ma vi aggiunge un'esaltazione dell'arte poetica, in relazione ad un canto sulla grandezza di Eracle. Eracle, Megara ed i bambini sono entrati in casa quando sopraggiunge Lico a chiamare le sue vittime per il sacrificio. Anfitrione lo attira in casa, ovviamente tacendogli il ritorno di Eracle.
Dall'interno della case si odono le urla ed i gemiti di agonia di Lico mentre il coro intona un canto di gioia e di ringraziamento.
Sul tetto della casa appaiono due divinità. Iride e Lissa, personificazione del furore e della rabbia. Ora che le fatiche di Eracle sono compiute, spiega Lissa, egli è privo della protezione di Zeus e del favore del destino. Era, quindi, vuole che egli si macchi del sangue dei propri figli e ciò avverrà per il furore che Lissa stessa provocherà nell'eroe.
Lissa oppone resistenza, vorrebbe evitare questa volta di svolgere il suo orribile compito, tuttavia deve cedere al volere di Era e a quello di Iride, sua messaggera.
Iride torna sull'Olimpo e Lissa si scatena sulla casa di Eracle, dal cui interno di nuovo si odono grida e lamenti.
Un messaggero esce dalla casa e racconta al coro gli orrori avvenuti: improvvisamente impazzito Eracle si era creduto a Micene, a combattere contro il suo antico nemico Euristeo. Aveva brutalmente ucciso i suoi figli e Megara, convinto che si trattasse della famiglia di Euristeo. Quando stava per uccidere Anfitrione era apparsa Atena e lo aveva colpito con un masso facendogli perdere i sensi. Anfitrione ed i servi avevano legato Eracle ad una colonna per impedire alla sua pazzia di nuocere ancora.
Al suo risveglio Eracle non ha memoria di quanto è accaduto e si stupisce di trovarsi legato alla colonna. E' Anfitrione a svelargli l'orribile verità. Sconvolto Eracle parla di uccidersi quando sopraggiunge Teseo.
Teseo, grato a Eracle che lo ha liberato dal regno dei morti, ha armato un esercito ed è giunto a Tebe per combattere l'usurpatore Lico ma, alla vista dei cadaveri, crede di essere arrivato tardi. Anche a Teseo Anfitrione spiega gli ultimi tragici avvenimenti ma Eracle, vergognandosi per il sangue dei suoi congiunti si è coperto il capo con il mantello e rifiuta di parlare.
Teseo gli parla con amicizia, ricorda l'aiuto ricevuto e mostra di non temere in alcun modo di essere contaminato dal sacrilegio. Nel fitto dialogo fra i due eroi Eracle insiste sul suicidio: ormai giudica insopportabile l'odio di Era che lo perseguita dalla nascita.
Teseo lo invita a seguirlo in Atene, promettendogli di purificarlo e di donargli parte delle proprie ricchezze. Eracle accetta perché comprende che il suicidio sarebbe da vile.
Chiede ad Anfitrione di dare sepoltura a Megara ed ai suoi figli i cui cadaveri non possono essere toccati dalle sue mani macchiate di sacrilegio. Rivolge quindi un estremo, straziante saluto alle sue vittime e chiede a Teseo di accompagnarlo ad Argo dove dovrà esigere la propria ricompensa per aver catturato Cerbero.
Prima di uscire di scena sorretto da Teseo, Eracle abbraccia Anfitrione e si volge a guardare per un'ultima volta i poveri cadaveri di sua moglie dei suoi figli.