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PLUTARCO DI CHERONEA




VITE DI DEMETRIO E ANTONIO





VITA DI DEMETRIO


Antigono I Monoftalmo ebbe due figli dalla moglie Stratonice: Demetrio e Filippo. Filippo morì molto presto mentre Demetrio divenne un uomo di alta statura dotato di grande fascino e bellezza. Aveva un ottimo carattere, era cordiale e amava la tavola e la compagnia pur essendo molto attivo e diligente quando si trattava di svolgere attività importanti, era molto affettuoso verso i genitori e nella sua discendenza vi fu un solo caso di delitto familiare, cosa unica fra le casate dei Diadochi.
Anche verso gli amici dimostrava sentimenti di grande lealtà e quando seppe che suo padre intendeva uccidere il giovane Mitridate avvisò l'amico che fuggì e in seguito, conquistati ampi territori anche a scapito di Antigono, divenne il capostipite della dinastia regnante del Ponto.
La prima missione militare come comandante fu svolta da Demetrio all'età di ventidue anni contro Tolomeo. Fu sconfitto e Tolomeo fece molti prigionieri e un grande bottino ma con grande cortesia restituì tutto al giovane comandante nemico che da allora desiderò ardentemente di potersi sdebitare.
Pur avvilito per la sconfitte, Demetrio continuò a mantenere in allenamento i suoi soldati e a fare scrupolosi preparativi per la prossima battaglia. Quando Cille, ufficiale di Tolomeo, attaccò la Siria con un grosso esercito Demetrio era pronto a combattere e questa volta vinse facendo settemila prigionieri e un ricco bottino che, con il consenso di Antigono, restituì a Tolomeo.
Demetrio riportò un'altra vittoria sui Nabatei quindi passò in Mesopotamia e occupò una delle due rocche di Babilonia cacciandone il presidio di Seleuco. Saccheggiò la regione e si ritirò verso il mare, poco dopo accorse a liberare alicarnasso che era assediata da Tolomeo.
Antigono e Demetrio intendevano liberare tutta la Grecia dalla signoria di Tolomeo e di Cassandro e decisero di iniziare da Atene, dove Demetrio si diresse con una flotta di duecentocinquanta navi.
Atene era governata da Demetrio Falereo per conto di Cassandro. L'improvviso arrivo della flotta che entrò nel porto senza incontrare resistenza suscitò grande confusione ma Demetrio di Antigono riuscì ad ottenere l'attenzione della folla e a dichiarare di non essere venuto per conquistare Atene ma per liberarla da Cassandro e restituirle le sue leggi.
Gli Ateniesi ne furono entusiasti, i sostenitori di Cassandro implorarono e ottennero clemenza e Demetrio Falereo fu lasciato libero di ritirarsi a Tebe. Demetrio cacciò le guarnigioni di Cassandro da Munichia e da Megara quindi, racconta Plutarco, rischiò di essere catturato dai nemici mentre organizzava un incontro galante con la bella Cratesipoli, già moglie di Alessandro Poliperconte.
Rese omaggio al filosofo Stilpone e parlò al popolo di Atene, le antiche leggi furono rispristinate e la città tornò libera dopo aver subito quindici anni il potere dispotico di Demetrio Falereo.
Gli Ateniesi tributarono onori eccessivi a Demetrio e Antigono "salvatori", quasi divinizzandoli, soprattutto per iniziativa di un certo Stratocle, noto adulatore.
Episodi di maltempo improvviso furono interpretati come prodigi negativi, provocati dagli dei offesi per essere stati assimilati ai due "salvatori", tuttavia Demetrio, esaltato da tanti onori, prese a comportarsi in modo irragionevole.
Ad Atene sposò Euridice, discendente di Milziade e vedova di Ofelta re di Cirene. Aveva già altre mogli fra cui Filla figlia di Antipatro ed ex consorte di Cratero. Aveva dovuto prenderla, nonostante fosse molto più giovane di lei, per volere del padre e convenienza politica. Era inoltre molto lussurioso e intratteneva legami con meretrici e donne libere.
Quando il padre gli ordinò di armarsi di nuovo contro Tolomeo per liberare Cipro, per non lasciare i suoi ozi ateniesi, Demetrio cercò di corrompere Cleonida capitano di Tolomeo ma non vi riuscì e fu costretto a partire.
A Cipro sconfisse Menelao fratello di Tolomeo ma quest'ultimo raggiunse personalmente l'isola e si venne a una grande battaglia che Demetrio vinse. Tolomeo fuggì con poche navi superstiti, Menelao consegnò Salamina di Cipro a Demetrio e questi si impossessò delle ricchezze e della servitù che Tolomeo aveva lasciato sull'isola. Fra le donne catturate era la celebre Lamia, suonatrice di flauto famosa per l'arte amatoria, che divenne la concubina più amata di Demetrio.
Dopo queste vittorie Antigono e Demetrio iniziarono ad attribuirsi il titolo di re, come non avevano mai fatto in precedenza. Saputolo, anche gli Egiziani presero a chiamare re Tolomeo e presto la cosa fu imitata da tutti i successori di Alessandro ad eccezione di Cassandro.
Antigono e Demetrio tentarono di attaccare Tolomeo direttamente in Egitto, il primo comandando l'esercito e il secondo la flotta, ma rendendosi conto della difficoltà del territorio e della costa priva di porti rinunciarono all'impresa e tornarono indietro.
Antigono, quasi ottantenne, lasciava volentieri il comando al figlio perché, pur sapendolo dedito al vino e ai piaceri, lo sapeva anche capace di cambiare completamente atteggiamento quando si trattava di combattere.
Demetrio aveva anche un singolare ingegno nel progettare navi a molti ordini di remi e sofisticate macchine da guerra, dette elepoli, che erano in pratica delle grandi torri mobili dalle quali i suoi soldati lanciavano frecce contro i nemici assediati rimanendo al sicuro. Per se e per un suo ufficiale di nome Alcimo fece fare due armature di ferro eccezionalmente resistenti.
Chiamato dagli Ateniesi, Demetrio cacciò Cassandro dall'Attica e prese Eraclea che gli si consegnò spontaneamente. Si stabilì quindi a Atene presso il tempio di Atena e continuò a coltivare la sua libidine mentre gli Ateniesi, spaventati dalla sua potenza, lo circondavano di ogni adulazione.
Passato nel Peloponneso conquistò Atte e l'Arcadia tranne Argo e Mantinea.
Riscattò Sicione e Corinto pagando quelli che le presidiavano, sposò Deidamia figlia di Eacide re dei Molossi e sorella di Pirro continuando però a tenere la concubina Lamia per la quale sosteneva spese esorbitanti che copriva con riscossioni forzate dai sudditi.
Quando gli altri re si coalizzarono contro Antigono, Demetrio accorse presso il padre per fronteggiare insieme il pericolo, ma Antigono che aveva sempre affrontato le battaglie con coraggio e arroganza, questa volta si aggirava pensoso e tetro fra i soldati ed ebbe un lungo colloquio privato con il figlio (cosa insolita), al momento di uscire alla testa della falange inciampò e cadde battendo il viso a terra: tutti segni che i soldati interpretarono come nefasti.
Demetrio combattè con grande valore e mise in fuga i suoi nemici ma volendo inseguirli rovinò la vittoria perché Seleuco lo divise dalla fanteria con gli elefanti impedendogli di congiungersi con la falange. A questo punto molti soldati di Antigono passarono al nemico e l'esito della battaglia cambiò completamente. Antigono venne ucciso e Demetrio fuggì con cinquemila fanti e quattromila cavalieri prima a Efeso e poi a Atene.
Demetrio, che aveva lasciato tutte le sue ricchezze e la moglie Deidamia ad Atene, contava sulla benevolenza degli Ateniesi ma durante il viaggio fu avvertito da ambasciatori che non sarebbe potuto rientrare in città e che la moglie era stata trasferita a Megara.
Fu un duro colpo per Demetrio che non potendo vendicarsi si limitò a chiedere la restituzione delle sue navi rimaste a Atene e con queste giunse al Chersoneso dove attaccò e saccheggiò il territorio di Lisimaco per rifornirsi e risollevare il morale dei soldati.
Seleuco chiese di sposare Stratonice, figlia di Demetrio il quale non volle perdere questa occasione insperata di procurarsi un potente alleato e si affrettò a Orosso dove incontrò Seleuco.
Demetrio e Seleuco trascorsero un periodo insieme molto amichevolmente quindi Seleuco tornò ad Antiochia portando con se Stratonice.
Deidamia raggiunse Demetrio ma morì poco dopo e Demetrio concordò con Tolomeo, con il quale era tornato in amicizia grazie a Seleuco, di sposare la figlia Tolemaide. I buoni rapporti si guastarono quando Demetrio rifiutò di cedere per denaro a Seleuco la Cilicia e le città di Tiro e Sidone.
Avendo saputo che Atene era stata occupata dal tiranno Lacare decise di attaccarla sperando di riprendere la città ma durante il viaggio, a causa di una tempesta, subì gravi danni e rinunciò all'impresa, passò quindi nel Peloponneso ed assediò Messene. Durante l'assedio fu ferito gravemente. Quando si fu rimesso attaccò ancora l'Attica e con nuove navi che aveva fatto allestire riuscì a bloccare i rifornimenti ad Atene riducendo la popolazione alla fame.
Lacare fuggì e gli Ateniesi aprirono le porte a Demetrio il quale si comportò con moderazione, rifornì di viveri gli abitanti, ma non mancò di stabilire in città un presidio militare per evitare in futuro nuove sorprese.
Posta Atene sotto controllo si rivolse contro Sparta e sconfisse a Mantinea il re Archidamo, ma quando sembrava che stesse per conquistare la Laconia gli giunse notizia che Lisimaco aveva occupato le sue città in Asia mentre Tolomeo era sbarcato a Cipro e stava assediando Salamina dove si trovavano sua madre e i suoi figli.
Intanto erano morti Cassandro e suo figlio Filippo. Gli altri due figli, Antipatro e Alessandro, erano in guerra fra loro e Antipatro aveva ucciso la madre Tessalonica.
Alessandro chiamò in suo aiuto Pirro dall'Epiro e Demetrio dal Peloponneso. Pirro arrivò prima di Demetrio e ricevette come ricompensa una grande porzione della Macedonia. Alessandro liquidò cortesemente Demetrio spiegando che il suo intervento non era più necessario. Alessandro organizzò un attentato per eliminare Demetrio durante un banchetto ma non ebbe il coraggio di attuarlo. Fu Demetrio, invece, ad eliminare Alessandro e i Macedoni, che odiavano la famiglia di Cassandro, lo accettarono come loro re.
Tolomeo liberò i parenti di Demetrio e fece loro doni preziosi. Antioco figlio di Seleuco si innamorò perdutamente della matrigna Stratonice, figlia di Demetrio e moglie di Seleuco, ma ritenendo la sua passione insana e impossibile da soddisfare decise di lasciarsi morire di inedia. Il medico Erasistrato intuì la causa della condizione di Antioco e in breve venne anche a sapere chi fosse l'ogetto dei desideri del principe e riuscì a convincere Seleuco a cedere al figlio la propria moglie. Inoltre Seleuco, convocata una dieta generale, fece incoronare Antioco e Stratonice re e regina delle province settentrionali.
Il dominio di Demetrio ora comprendeva gran parte della Macedonia, della Tessaglia, del Peloponneso oltre alle città di Megara e Atene. egli si rivolse quindi alla Beozia e cominciò a fare convenzioni con metodi diplomatici ma l'intervento a Tebe di Cleonimo di Sparta incoraggiò i Beoti che respinsero le convenzioni, tuttavia quando Demetrio assediò Tebe Cleonimo fuggì e i Tebani si arresero.
Nel periodo che seguì i Tebeni si ribellarono più volte e più volte Demetrio, che contemporaneamente doveva guardarsi da Pirro, assediò la città con grande dispendio di vite umane e di risorse ed egli stesso fu ancora ferito. Infine conquistò di nuovo Tebe ed anche in questa occasione si mostrò clemente verso gli sconfitti.
Tornato in Macedonia organizzò una spedizione contro gli Etoli, penetrò in Etolia e vi lasciò un grosso presidio comandato da Pantauco il quale venne sconfitto da Pirro mentre Demetrio attaccava a sua volta l'Epiro.
Demetrio non era amato dai suoi sudditi perché era vanitoso e altero, amava il lusso e si comportava con arroganza. Estremamente ambizioso, aveva il progetto di recuperare tutto il dominio che era stato del padre e per riuscirvi aveva allestito un enorme esercito e faceva continuamente costruire nuove navi.
Contro Demetrio si allearono Seleuco, Tolomeo e Lisimaco e spinsero Pirro a compiere nuove azioni contro la Macedonia. Attaccato su più fronti, Demetrio si rivolse inizialmente contro Lisimaco ma vedendo che molti dei suoi soldati passavano al nemico provò a spostare il fronte contro Pirro pernsando che questi, in quanto straniero, non avesse attrattive per i suoi uomini. Si ingannava: i Macedoni stimavano Pirro per il coraggio e le capacità militari e presto scoppiò una rivolta nel campo di Demetrio.
Demetrio indossò un travestimento e fuggì mentre Pirro prendeva possesso del suo campo. La Macedonia dopo sette anni di dominio di Demetrio fu divisa fra Pirro e Lisimaco.
Con le truppe e le navi che gli rimanevano, Demetrio pensò di assediare Atene che gli si era ribellata ma ne fu dissuaso dal filosofo Crate, rappresentante degli Ateniesi, e si rivolse contro Lisimaco portandosi in Asia.
A Mileto incontrò Euridice, sorella di Filla che si era suicidata dopo l'ultima sconfitta del marito, e Tolemaide figlia di Euridice e Tolomeo che era già stata promessa a Demetrio con la mediazione di Seleuco. Demetrio sposò Tolemaide con il consenso di Euridice.
Alcune città della Caria e della Lidia accolsero Demetrio, altre ne prese con la forza, puntò quindi verso la Frigia e l'Armenia. Ma era incalzato da Agatocle figlio di Lisimaco con una grossa armata, era a corto di viveri e perdeva molti uomini a causa della malnutrizione e delle malattie. Decise quindi di tornare indietro e si fermò a Tarso mandando a Seleuco una lettera in cui lo pregava di aiutarlo.
Seleuco accettò di aiutarlo ma gli concesse di restare nei suoi domini solo per due mesi e con la garanzia di ostaggi. La risposta non piacque a Demetrio che presto riaprì le ostilità contro un perplesso Seleuco preoccupato dai continui mutamenti della fortuna di Demetrio.
Se verificarono scontri e Demetrio a volte ne uscì vincitore ma quando si ammalò molti dei suoi soldati lo abbandonarono, una volta guarito era quasi privo di soldati. Disperato continuò a fare progetti per fuggire, riconquistare territori, riprendere il potere ma infine si lasciò convincere dagli amici ad arrendersi a Seleuco.
Seleuco era deciso ad accoglierlo benignamente e aveva già dato disposizioni per ricevere Demetrio con grandi onori ma maligni e invidiosi lo misero in guardia sul pericolo che la presenza di Demetrio suscitasse disordini e così lo sconfitto monarca invece di essere portato alla presenza di Demetrio fu deportato nel Chersoneso dove gli fu riservato un dignitosissimo trattamento che era pur sempre una prigionia.
Antigono figlio di Demetrio si offrì in ostaggio per la liberazione del padre, anche molte città e potentati chiesero a Seleuco di rilasciarlo ma Seleuco rimandava la decisione all'arrivo di Antioco e Stratonice.
Intanto Demetrio si lasciava andare all'ozio e al vino trovando infine nella sua comoda prigionia una serenità che forse aveva sempre desiderato. Morì dopo tre anni di prigionia per gli eccessi nel mangiare e nel bere. Aveva cinquantaquattro anni.
Seleuco si pentì di non aver avuto clemenza nei suoi confronti e gli tributò esequie regali. Consegnò l'urna con le ceneri di Demetrio al figlio che le ricevette con tutta la flotta e navigò visitando diverse città greche perché tutti rendessero omaggio alle spoglie del padre.
Dopo aver ricevuto gli onori e le ghirlande di Corinto, Antigono depose le spoglie del padre a Demetriade presso Iolco.
Demetrio lasciò diversi figli: Antigono e Stratonice avuti da Filla, Demetrio detto il Gracile da una schiava illirica, un altro Demetrio che regnò in Cirene da Tolemaide, da Deidamia Alessandro che visse in Egitto, Corrabo da Euridice.
La sua discendenza si conclusoe con Perseo sotto il quale i Romani conquistarono la Macedonia.

VITA DI ANTONIO


Nonno di Antonio era il Marco Antonio famoso oratore che essendo favorevole a Silla fu ucciso da Mario. Suo padre era Marco Antonio Cretico, uomo non particolarmente celebre nè facoltoso, ma di buoni sentimenti.
La madre Giulia Antonia apparteneva alla famiglia di Cesare e dopo la morte del marito allevò da sola i suoi figli finché non si risposò con Cornelio Lentulo. Quest'ultimo, avendo partecipato alla congiura di Catilina, fu giustiziato per ordine di Cicerone e questa probabilmente fu una causa dell'odio che sempre divise Antonio dall'Oratore.
Antonio, che in gioventù era molto avvenente, divenne intimo di Curione che lo indusse a darsi al vino e alla lussuria accumulando debiti che non era in grado di pagare con la garanzia dello stesso Curione.
Cacciato dal padre di Curione, divenne seguace di Clodio ma dopo poco, per timore delle pericolose attività politiche di costui, lasciò l'Italia e si recò in Grecia per studiare l'eloquenza ed esercitarsi nelle attività militari.
Conobbe Gabinio e lo seguì come comandante della cavalleria in una spedizione per reprimere la rivolta di Aristobulo e in quell'occasione si comportò con grande valore recuperando le fortezze occupate dai ribelli e uccidendo lo stesso Aristobulo.
Convinse Gabinio ad accettare la proposta di Tolomeo che gli offriva un ingente ricompensa per aiutarlo a riconquistare il trono. Guidò la cavalleria fino in Egitto ed occupò Palusio aprendo la strada all'esercito di Gabinio. Durante questa campagna si procurò la reputazione di abile e coraggioso comandante e una grande ammirazione da parte dei suoi soldati che apprezzavano la sua cordialità e la sua liberalità.
Quando iniziò l'opposizione fra Pompeo che si trovava a Roma ed era sostenuto dall'aristocrazia e Giulio Cesare che stava combattendo nelle Gallie e aveva l'appoggio del partito popolare, Antonio fu convinto a parteggiare per Cesare da Curione che riuscì a farlo nominare augure e tribuno della plebe.
Con queste cariche sostenne Cesare in senato opponendosi a chi voleva affidare ulteriori truppe a Pompeo e quando si giunse a discutere se Cesare e Pompeo dovessero licenziare le legioni, Antonio propose che lo facessero entrambi riscuotendo il consenso della maggioranza dei senatori ma si oppose Catone e il console Lentulo allontanò Antonio dal senato.
Antonio si precipitò da Cesare per dichiarare che Roma era nel caos e che ai tribuni della plebe non era più consentito esprimersi liberamente. Secondo Cicerone fu questo allarme di Antonio a spingere Cesare a invadere l'Italia, ma l'Oratore espresse questa opinione nelle Filippiche mentre lottava duramente in senato contro Antonio.
Cacciato Pompeo dall'Italia, Cesare decise di attaccare le forze del rivale in Spagna e affidò Roma a Lepido e l'Italia a Antonio. In questo periodo Antonio, sempre amato dai suoi soldati, si rese odioso ai civili trascurando le loro necessità e comportandosi in modo arrogante.
Dopo la Spagna Cesare passò ad affrontare Pompeo in Oriente e ordinò a Gabinio e Antonio di raggiungerlo rapidamente con i loro soldati in Macedonia. Gabinio, temendo il mare nella brutta stagione, affrontò un lungo viaggio via terra mentre Antonio, respinti i tentativi del pompeiano Libone di bloccare il porto di Brindisi, imbarcò le sue truppe e salpò.
Durante il viaggio evitò le navi che lo inseguivano e riuscì a superare una tempesta, conquistò la città di Lisso e raggiunse Cesare con cospicui rinforzi. Riconoscendo il suo valore Cesare affidò ad Antonio il comando dell'ala sinistra nella battaglia di Farsalo e dopo la vittoria assunse la dittatura e nominò Antonio maestro di cavalleria affidandogli Roma mentre continuava a inseguire Pompeo.
Dolabella, tribuno della plebe che proponeva una legge per l'estinzione dei debiti, cercò l'alleanza di Antonio mentre Asinio e Trebellio lo esortavano a opporsi. Quando Antonio sospettò sua moglie di adulterio con Dolabella la ripudiò e si schierò con Asinio. Presto vennero ad uno scontro armato e Antonio attaccò Dolabella nel foro uccidendo alcuni seguaci dell'avversario e perdendo alcuni suoi uomini, con il risultato di procurarsi l'odio dei popolari.
Era comunque inviso a molte persone per i suoi modi licenziosi, per l'abitudine di farsi vedere ubriaco in pubblico, per le sue frequentazioni dei mimi ai quali offriva sontuosi banchetti dilapidando grosse somme di denaro. Questo comportamento in assenza di Cesare provocò anche vari disordini fra i soldati, abusi e episodi di violenza sulla popolazione. Rientrato a Roma, Cesare indusse rapidamente Antonio a cambiare atteggiamento, perdonò Dolabella, preferì Lepido ad Antonio per il consolato.
Antonio sposò Fulvia già moglie di Clodio, donna autoritaria che, secondo Plutarco, voleva essere "conduttrice di un condottiero". Quando Cesare tornò dalla campagna in Spagna tutti i personaggi importanti di Roma gli andarono incontro per un lungo tratto e in quell'occasione Antonio ebbe l'onore di concludere il viaggio sulla stessa biga di Cesare.
Per il suo quinto consolato, Cesare scelse come collega Antonio ma più tardi ripresero i contrasti fra Antonio e Dolabella indisponendo Cesare. In occasione dei Lupercali, Antonio tentò di porre una corona sul capo di Cesare che assisteva allo spettacolo, Cesare non lo permise e ricevette l'entusiastico applauso del pubblico, ma l'episodio era comunque significativo.
Prima di agire i congiurati valutarono se uccidere anche Antonio ma Bruto si oppose perché non voleva compromettere la "purezza" della loro azione, tuttavia si organizzarono per fare in modo che Antonio venisse distratto nel momento cruciale dell'attentato.
Dopo la morte di Cesare, Antonio si nascose ma vedendo che i congiurati erano sul Campidoglio e non tentavano di versare altro sangue, prese in mano la situazione e convinse il senato ad assegnare province a Bruto e Cassio e a ratificare le leggi di Cesare. In questo modo Antonio godeva il prestigio di chi aveva evitato una guerra civile, ma non si accontentò e nell'elogio funebre che pronunciò per Cesare inserì molte accuse contro gli uccisori stimolando l'ira del popolo che costrinse Bruto e Cassio a fuggire da Roma.
Ottenne dalla vedova Calpurnia i documenti di Cesare e li falsificò per poter destituire i magistrati e nominarne di nuovi di suo gradimento, richiamare esuli, creare senatori.
Del resto Antonio era console, i fratelli Gaio e Lucio erano rispettivamente pretore e tribuno della plebe e tutto ciò unito a quelle che spacciava per estreme volontà del defunto dittatore gli consentiva di concentrare nelle proprie mani un potere pressoché totale.
In questa situazione giunse a Roma da Apollonia il giovane Ottaviano, nipote ed erede di Cesare. Ottaviano chiese a Antonio di utilizzare il denaro ricevuto in deposito da Calpurnia per le elargizioni al popolo stabilite nel testamento di Cesare, Antonio rifiutò, si oppose duramente a Ottaviano, arrivò a minacciarlo di arresto ma quando il giovane, con l'aiuto di Cicerone, ottenne il favore del senato mentre guadagnava la simpatia del popolo e dei soldati, Antonio si spaventò ed accettò di trattare.
Fu una tregua di breve durata e presto i due rivali cominciarono ad armarsi l'uno contro l'altro reclutando veterani mentre Cicerone riusciva a persuadere il senato a dichiarare Antonio nemico pubblico, nominare pretore Ottaviano e incaricare i consoli Irzio e Pansa di scacciare Antonio dal senato.
In una battaglia presso Modena Antonio fu sconfitto ma i consoli persero entrambi la vita.
Con un'energia e uno spirito di sacrificio che non si sarebbero sospettati nell'ubriacone che Antonio era stato fino a poco prima, egli guidò il suo esercito oltre le Alpi affrontando coraggiosamente fame e privazioni. Mirava a congiungersi con Lepido che credeva suo amico ma le sue aspettative furono deluse non ricevendo l'accoglienza e gli aiuti in cui aveva sperato. I soldati di Lepido, tuttavia, si mostravano favorevoli ad Antonio e lo convinsero a tentare un atto di forza. Vedendo che molti suoi uomini avrebbero cambiato fazione, Lepido accolse finalmente Antonio e i suoi esausti soldati e presto anche Munazio Planco, che aveva il campo nelle vicinanze, si unì a loro.
Raccolte così diciassette legioni e diecimila cavalieri, Antonio ridiscese in Italia insieme a Lepido. Aveva inoltre lasciato in Gallia altre sei legioni comandate da un certo Cotila, suo compagno di bevute.
Antonio e Lepido tennero un lungo convegno con Ottaviano e i tre si accordarono per dividere fra loro il dominio di Roma come se si fosse trattato di un'eredità. I triumviri decisero di far morire i loro nemici e strinsero fra loro patti ignobili sacrificando l'uno i propri amici per l'odio degli altri, così ad esempio Ottaviano permise che Cicerone, già suo alleato, perisse per l'odio di Antonio.
Affidando a Lepido il governo di Roma, Antonio e Ottaviano andarono insieme in Macedonia al comando dell'esercito per affrontare Bruto e Cassio. Nei primi scontri Ottaviano fu battuto e messo in fuga da Bruto mentre Antonio sconfisse Cassio che si fece uccidere da un suo liberto. Pochi giorni dopo Bruto, sconfitto a sua volta, si suicidò. A questa battaglia non prese parte Ottaviano che era infermo.
Antonio ordinò onori funebri per Bruto e più tardi fece morire un liberto che aveva speculato sulle spese per le esequie. Fece scannare anche Ortensio che giudicò colpevole della morte del fratello Gaio.
Mentre Ottaviano veniva portato a Roma ancora gravemente malato, Antonio passò in Grecia con un grosso esercito. Si mostrò particolarmente benevolo verso gli Ateniesi dimostrando di apprezzare la cultura e la storia della loro città.
Lasciò in Grecia Lucio Censorino e andò in Asia dove si abbandonò ai piacevoli costumi orientali circondandosi di loschi individui e facendosi chiamare Bacco. Nel complesso, ritiene Plutarco, Antonio era una persona semplice, un po' tardo di comprendonio e vulnerabile all'adulazione e alle menzogne. Non si offendeva se veniva deriso ma ricambiava con i suoi scherzi, aveva difficoltà a riconoscere le persone sincere fra gli ipocriti. Di una tale natura fu facile per Cleopatra acquisire il controllo.
Mentre stava per iniziare una campagna contro i Parti, Antonio convocò in Cilicia Cleapatra che era accusata di aver fornito aiuti a Cassio. La regina si presentò in modo molto scenografico navigando il fiume Cidno su una barca dalla poppa d'oro con le vele di porpora e i remi d'argento, circondata da fanciulli e bellissime ancelle.
Ben presto Cleopatra, con la sua affascinante personalità più che con la sua bellezza, conquistò Antonio che, dimentico dei suoi affari a Romna e della guerra con i Parti, la seguì a Alessandria per dedicarsi a una vita di piacere incredibilmente dispendiosa. Intanto in Italia scoppiò una guerra che vedeva sua moglie Fulvia e suo fratello Lucio schierati contro Ottaviano mentre in Asia il suo luogotenente Labieno era passato ai Parti e con loro stava conquistando vasti territori.
Antonio fu costretto a partire, l'improvvisa morte di Fulvia concluse rapidamente la guerra in Italia e Antonio e Ottaviano concordarono la divisione delle province: le occidentali a Ottaviano, le orientali a Antonio, la Libia a Lepido.
Per consolidare i loro patti i due decisero che Antonio avrebbe sposato Ottavia, sorella di Ottaviano, vedova di Gaio Marcello. Trattandosi di una donna molto bella e intelligente molti speravano che Antonio se ne innamorasse e dimenticasse Cleopatra.
Ottaviano e Antonio si incontrarono al Capo Miseno con Sesto Pompeo che in quel periodo tormentava le coste italiane con azioni di pirateria insieme ai suoi comandanti Mena e Menecrate e trovarono un accordo. Pompeo avrebbe avuto Sicilia e Sardegna ma doveva cessare le ostilità e garantire a Roma una certa quantità di frumento.
Antonio inviò Ventidio in oriente per fronteggiare i Parti e si trattenne in Italia finché non decise di dare ascolto a un indovino egiziano che gli consigliava di allontanarsi da Ottaviano e si trasferì a Atene con Ottavia dalla quale aveva avuto una bambina.
Ventidio portò avanti con successo la campagna contro i Parti ed uccise Labieno e Farnapate, in seguito il principe Pacoro invase la Siria e Ventidio lo sconfisse ed uccise in una famosa battaglia. I Parti furono respinti nelle loro regioni ma Ventidio, temendo l'invidia di Antonio, rinunciò a perseguirli ancora e assediò Antioco di Commagene in Samosata. Antonio tentò di attribuirsi almeno il successo di questo assedio ma constatata la resistenza di Antioco scese a patti con questi e mandò Ventidio a Roma a celebrare il meritato trionfo.
Anche Sossio e Canidio, luogotenenti di Antonio, conseguirono successi in Siria e in Armenia.
Le relazioni fra Ottaviano e Antonio si fecero di nuovo tese e Antonio sbarcò a Taranto con intenzioni non pacifiche ma Ottavia, che aveva avuto un'altra figlia, fece da mediatrice e riuscì a riconciliare fratello e marito che si incontrarono a Taranto, ridistribuirono fra loro le risorse militari e strinsero nuovi patti. Antonio passò in Asia lasciando con Ottavia la prole avuta da lei e da Fulvia e mandò Fonteio Capitone a prendere Cleopatra per condurla da lui. Le regalò la Fenicia, la Celesiria, Cipro, parte della Cilicia, della Giudea e dell'Arabia.
Questi doni scandalizzarono molti Romani e anche la superbia con cui assegnò ai gemelli nati da Cleopatra i soprannomi di "Sole e Luna" accrebbe l'odio di molte persone verso Antonio.
Per attaccare il nuovo re dei Parti Fraate IV, Antonio fu costretto a separarsi di nuovo da Cleopatra rimandandola in Egitto e per la fretta di raggiungerla commise grossi errori nel comando della campagna. Lasciò indietro le macchine d'assedio e quando Fraate lo seppe se ne impadronì uccidendo diecimila soldati che le sorvegliavano e il loro comandante Staziano.
Mentre il morale del suo esercito precipitava e l'alleato armeno Artavasde abbandonava la guerra, Antonio cercò la battaglia campale con i Parti e la vinse ma le perdite del nemico furono vive e la vittoria non bastò a ridare animo ai soldati. Poco dopo i Medi attaccarono l'accampamento romano mettendo in fuga i difensori. Sdegnato per la viltà dei soldati Antonio applicò la decimazione, cioè ne uccise uno ogni decina.
Fraate cominciò a far giungere ai Romani messaggi propagandistici contro Antonio accusandolo di non voler trattarela pace e di voler esporre il suo stesso esercito alla fame e ai rigori dell'inverno.
Quando ritenne che Antonio fosse pronto per cedere, Fraate gli offrì di lasciare in pace il suo paese senza più combattere e Antonio accettò. Era un tranello e mentre l'esercito romano si ritirava fu più volte attaccato dai Parti, tuttavia la cavalleria protesse i soldati a piedi e per quattro giorni consecutivi respinse le imboscate.
Il quinto giorno l'ufficiale Flavio Gallo tentò un'azione troppo pericolosa e fu sopraffatto dai Parti, altri ufficiali commisero errori nel tentativo di aiutarlo e solo il personale intervento di Antonio con il grosso dell'esercito riuscì a limitare i danni.
Migliaia di morti e feriti furono la conseguenza di questa sconfitta, tuttavia nei giorni successivi i Romani, contrariamente alle aspettative del nemico, continuarono a marciare coprendosi con la formazione a testuggine quando venivano attaccati.
Questo modo di procedere richiedeva molto tempo e l'esercito che avanzava lentamente cominciò a soffrire per la carenza di cibo e per le difficoltà nel procurarlo. Mangiando erbe e radici sconosciute molti di loro si cibarono di una pianta velenosa che induceva prima alla follia poi alla morte.
I Parti, che comunque non riuscivano a sfondare gli schieramenti dei Romanied erano stati battuti più volte quando avevano tentato di farlo, cominciarono a mostrarsi meno aggressivi e a avvicinare i Romani che cercavano rifornimenti con atteggiamento pacifico informandoli che avevano deciso di non ostacolare più la marcia dell'esercito che si allontanava. Ma ancora una volta si trattava di un inganno, in sealtà volevano indurre Antonio ad attraversare una pianura dove li attendeva tutto il loro esercito evitando la via delle montagne, più faticosa ma più sicura. Per loro fortuna i Romani furono avvertiti da un disertore parto e si misero in marcia di notte per valicare i monti. La retroguardia fu attaccata dai Parti mentre altri morirono per aver bevuto l'acqua velenosa di un fiume che incontrarono.
Una notte i soldati romani presero a derubarsi a vicenda suscitando gravi disorsini, la fame e la sete erano al limite della sopportazione eppure l'esercito riuscì a raggiungere un fiume le cui acque erano potabili e dopo altri sei giorni di marcia superò finalmente il fiume Araspe che segnava il confine con l'Armenia.
La marcia dalla città di Fraata al confine era durata ventisette giorni, i Romani avevano respinto diciotto attacchi dei Parti ed avevano perso ventimila fanti e quattromila cavalli.
I soldati di Antonio volevano vendicare il tradimento del re d'Armenia Artavasde che con la sua defezione aveva contribuito non poco alle disgrazie dei Romani in Media, ma Antonio non ritenne prudente ascoltarli avendo l'esercito in pessime condizioni, così approfittò dell'aiuto che Artavasde poteva fornirgli rimandando a momenti migliori il regolamento dei conti.
Antonio condusse l'esercito fino alla costa con un'altra marcia estenuante nei rigori invernali e perse altri ottomila uomini, in un luogo fra Berito e Sidone attese Cleopatra che tardò a lungo ma che finalmente arrivò portando rifornimenti ai soldati.
In quei giorni il re dei Persiani, venuto in contrasto con i Parti, propose ad Antonio la propria alleanza per una nuova spedizione, progetto che entusiasmò il Romano che non dubitava che con le nuove risorse avrebbe riportato una vittoria.
Ottavia, con il consenso del fratello, sbarcò a Atene per ruinirsi con Antonio al quale portava molti doni e provviste oltre a un contingente di duemila armati. Antonio le ordinò di attenderlo a Atene e mandò un incaricato a prendere quanto Ottavia gli recava.
Cleopatra usò tutta la sua abilità per far credere che si struggeva di amore e di gelosia e convincere Antonio a raggiungerla in Alessandria rimandando la spedizione in Media alla primavera successiva. Quanto Antonio si incontrò infine con il re persiano i due strinsero l'alleanza convalidandola con un matrimonio fra i figli.
Ottavia tornò a Roma senza aver incontrato Antonio ma non volle lasciare la casa del marito come Ottaviano le chiedeva perché riteneva ingiusto scatenare una guerra civile per questioni private. Continuò ad educare i figli come se nulla fosse accaduto ma questo nobile comportamento aumentò il pubblico disprezzo nei confronti di Antonio.
Intanto in Alessandria Antonio distribuiva province romane ai suoi figli e a Cesarione, figlio postumo di Cesare nato da Cleopatra. Ottaviano ne approfittava per screditare in senato Antonio che a sua volta, tramite ambasciatori, accusava il rivale di aver più volte abusato del suo potere.
Antonio e Cleopatra concentrarono a Efeso navi e risorse militari in vista della guerra, quindi si stabilirono a Samo dedicandosi ai soliti piaceri mentre tutti i re clienti gareggiavano nel mandare loro i doni più preziosi. Dopo qualche tempo Cleopatra convinse Antonio a ripudiare Ottavia e a cacciarla dalla sua casa.
Ottaviano era in difficoltà perché per preparare a sua volta la guerra era costretto a esigere onerosi tributi suscitando il malcontento della cittadinanza e Antonio certamente commise un errore non approfittando di questa situazione. Tizio e Planco, uomini di Antonio che erano al corrente delle sue disposizioni testamentarie, essendo in contrasto con Cleopatra passarono a Ottaviano e lo informarmarono in merito. Ottaviano prese possesso del testamento che era depositato presso le vestali e convocò il senato per darne lettura suscitando notevole scandalo. Deprecavano, i senatori, che Antonio volesse essere sepolto in Egitto e la loro indignazione fu accresciuta dalla testimonianza di Calvisio che rivelò vari episodi disdicevoli della condotta di Antonio.
Quando Ottaviano fu pronto a combattere dichiarò che intendeva togliere ad Antonio il dominio di un esercito non meno potente, erano suoi alleati molti re come Bocco di Libia, Tarcondemo della Cilicia, Archelao di Cappadocia, Filadelfo di Paflagonia, Mitridate di Commagene, Adalla di Tracia. Aiuti gli giungevano anche dal Ponto, dalla Giudea e dalla Tracia.
Ottaviano aveva un numero inferiori di navi ma le sue erano leggere, ben manovrabili e gestite con ottimi equipaggi mentre quelle di Antonio erano grandi e pesanti e gli equipaggi inesperti le manovravano con difficoltà. Antonio sfidava il rivale con arroganza ma sapeva che il suo esercito tardava a raggiungere la flotta a Azio, tanto che avvicinandosi il nemico schierò i rematori sui ponti delle navi dopo averli fatti vestire come soldati per far credere di essere in grado di bloccare il porto.
I re Aminta e Deiotaro passarono a Ottaviano mentre Canidio cercava di convincere Antonio ad allontanare Cleopatra e attirare il nemico in una battaglia terrestre. Tuttavia lo scontro fu in mare come voleva Cleopatra che intanto aveva preparato la propria fuga.
Antonio e Publicola comandavano l'ala destra dello schieramento, Celio la sinistra, al centro erano Marco Ottavio e Marco Justeio. Canidio guidava le truppe terrestri. Ottaviano aveva personalmente il comando della sua ala destra mentre la sinistra rispondeva a Agrippa, Tauro comandava le truppe terrestri.
Il combattimento iniziò nella tarda mattinata, Plutarco scrive che fu paragonabile agli assedi perché si vedevano tre o quattro piccole imbarcazioni di Ottaviano circondarne una di Antonio e lanciare picche, pali, frecce incendiarie mentre il nemico rispondeva con le catapulte. Una manovra di Agrippa mise in pericolo Publicola e nel momento cruciale dello scontro si videro sessanta navi di Cleopatra allontanarsi rapidamente dalle acque della battaglia.
Senza pensare al tradimento che stava compiendo verso i suoi uomini, Antonio passò su unaquinqueremi e seguì la nave di Cleopatra finché non riuscì ad accostarla e salirvi. Eluso un tentativo di inseguimento, Antonio rimase per tre giorni da solo seduto a poppa senza incontrarela regina e solo dopo lo sbarco a Tanaro persone della corte indussero i due amanti a riconciliarsi.
Antonio venne a sapere che la flotta era perduta ma le truppe di terra non avevano sofferto danni, scrisse quindi a Canidio l'ordine di portare in fretta l'esercito in Macedonia. Prima di partire per la Libia donò molto denaro agli amici e fece quanto poteva per metterli in salvo.
Canidio non eseguì l'ordine e fuggì abbandonando il campo. I soldati ancora fedeli a Antonio attesero per sette giorni e infine si consegnarono a Ottaviano.
Antonio lasciò Cleopatra in Egitto e vagò in Libia con due soli amici, il retore Aristocrarte e Lucilio, un partigiano di Bruto che risparmiato da Antonio a Filippi gli era rimasto fedele. Meditò il suicidio ma gli amici glielo impedirono e lo riportarono in Egitto dove Cleopatra stava tentando un'impresa incredibile. Voleva trasportare la sua flotta via terra oltre l'istmo fra Africa e Asia per raggiungere il Mare Arabico e fuggire lontano con grandi ricchezza, ma veniva ostacolata dagli Arabi che bruciarono alcune sue navi e dovette abbandonare il progetto.
Antonio si ritirò a vivere in solitudine nell'isola di Faro dichiarando di voler vivere come Timone, personaggio ateniese famoso odiatore degli uomini.
Ricevuta la notizia della perdita dell'esercito e della defezione di Erode di Giudea e di tutti gli altri alleati, abbandonò il suo rifugio e raggiunse Cleopatra nella reggia per inaugurare un nuovo periodo di smodati festeggiamenti.
Antonio scrisse a Ottaviano per chiedergli di lasciarlo vivere da privato cittadino, Cleopatra gli chiese di lasciarle il regno d'Egitto. Ottaviano non rispose a Antonio ma fece sapere a Cleopatra che l'avrebbe accontentata se lei avesse ucciso o consegnato Antonio.
La guerra fu differita da Ottaviano chiamato a Roma da Agrippa per affari urgenti ma riprese in primavera e Ottaviano, presa Pelusio, si accampò nei pressi di Alessandria. Antonio fece una sortita e riportò una vittoria. Inorgoglito sfidò di nuovo a duello Ottaviano e di fronte al suo rifiuto decise di combattere in terra e mare per chiudere in un modo o nell'altro la partita.
All'inizio della battaglia Antonio fu tradito dalla flotta e dalla cavalleria che passarono al nemico, la sua fanteria fu sconfitta ed egli si rifugiò nella reggia.
Cleopatra si nascose nel sepolcro e gli fece dire di essere morta. A questo punto Antonio ordinò a un servo di ucciderlo ma quello preferì suicidarsi, allora Antonio si ferì al ventre ma il colpo non fu mortale. Lo trasportarono al sepolcro e questa volta la regina gli dimostrò grande compassione mentre Antonio, lieto che fosse ancora viva, la esortava a mettersi in salvo.
Quando Antonio spirò Ottaviano era già stato informato della situazione e presto giunsero suoi legati che per impedire a Cleopatra di uccidersi la affidarono alla rispettosa sorverglianza di Epafrodito liberto di Ottaviano.
Antillo, figlio di Antonio e di Fulvia, venne giustiziato, mentre i figli di Cleopatra furono posti sotto custodia, in seguito fu ucciso anche Cesarione.
A Cleopatra fu consentito di seppellire Antonio con grandi onori ma non di uccidersi o di lasciarsi morire di fame. Quando Ottaviano le fece visita era moralmente e fisicamente in stato miserevole eppure conservava ancora parte del suo fascino e riuscì a persuadere Ottaviano che il suo maggior desiderio fosse vivere. Ottaviano le garantì la sua clemenza ma in realtà desiderava che vivesse per esporla nel suo trionfo. Al termine del colloquio era certo di averla ingannata.
Pochi giorni dopo Cleopatra pianse un'ultima volta sulla tomba di Antonio, si fece servire una cena eccellente e si fece portare, nascosta in un cesto di fichi, l'aspide che le tolse la vita. Poco prima di morire aveva scritto a Ottaviano pregandola di seppellirla con Antonio. La trovarono già morta e con lei le due schiave più fedeli. Ottaviano la fece seppellire con Antonio come aveva chiesto ma nel trionfo dovette accontentarsi di esporre la sua statua con un'aspide attaccata al braccio.
Cleopatra morì a trentanove anni, aveva regnato per ventidue anni di cui quattordici con Antonio. Antonio morì a cinquantatre o cinquantasei anni, aveva avuto tre mogli e sette figli di cui solo il maggiore Antillo fu giustiziato. Gli altri furono allevati da Ottavia: Cleopatra figlia di Cleopatra sposò Giuba, Antonio figlio di Fulvia sposò una figlia di Ottavia, le due figlie di Antonio e Cleopatra sposarono l'una Domizio Enobarbo e l'altra Druso figlio di Livia, da questo matrimonio nacquero Germanico e il futuro imperatore Claudio.
Germanico fu padre di Gaio, che fu imperatore e venne assassinato dopo aver regnato con infamia, e di Agrippina che sposò Claudio Cesare il quale adottò il figlio di lui Nerone, nato da un precedente matrimonio, che fu imperatore e rischiò di distruggere con la sua follia l'ultimo dominio romano.

PARAGONE FRA DEMETRIO E ANTONIO


Demetrio e Antonio furono entrambi protagonisti di grandi vicende. Demetrio figlio di Antigono ereditò dal padre un grande dominio mentre Antonio, figlio di un uomo onesto e pacifico, scelse di seguire la sorte di Cesare e poi costruì con le proprie mani la sua fortuna.
Antigono si compiacque del matrimonio di Demetrio con Filla di Antipatro, donna più anziana di lui ma molto potente mentre tutti considerarono disonorevole l'unione di Antonio con Cleopatra, sovrana delle più importanti del suo tempo.
Demetrio, prima di cadere in disgrazia, difese la libertà della Grecia mentre Antonio cercò di sottomettere il popolo romano ed uccise coloro che avevano posto termine alla tirannia di Cesare.
L'unica vera dote di Antonio fu la generosità ma Demetrio lo superò anche in questa. Antonio ebbe il merito di tributare onori funebri a Bruto, Demetrio rimandò liberi e carichi di doni i prigionieri a Tolomeo.
Entrambi si abbandonarono spesse al lusso e ai piaceri più sfrenati ma Demetrio non lasciò mai che queste cosi influenzassero le sue imprese mentre Antonio si lasciò spogliare dalle armi da Cleopatra.
Demetrio ebbe molte mogli, come i costumi della sua gente gli consentivano, e le trattò tutte onorevolmente mentre Antonio si comportò in modo infame con Cleopatra che aveva sposato contro la legge. Per contro Demetrio era molto libidinoso, vizio che lo spinse a una condotta spesso scandalosa e a volte criminale.
Demetrio rispettò i suoi parenti mentre Antonio consegnò il fratello di sua madre mandandolo a morte sicura per ottenere la morte di Cicerone. Quanto alle loro vittorie, Demetrio ne fu sempre personalmente protagonista mentre Antonio le ottenne tutte per mezzo dei suoi luogotenenti.
Demetrio cadde in disgrazia quando fu abbandonato dai Macedoni, Antonio quando abbandonò chi combatteva per lui.
Nella morte fu più onorevole Antonio che si tolse la vita prima di cadere nelle mani del nemico che Demetrio il quale accettò di vivere i suoi ultimi anni bevendo e crapulando come le bestie.