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PLUTARCO
VITE DI
PIRRO
E MARIO
VITA DI
PIRRO
Il primo signore dei
Tesproti
e
Molossi
fu
Faetonte
compagno di
Pelasgo
, tra i
Molossi
vissero anche
Deucalione e Pirra
. Con
Neottolemo
figlio di
Achille
la popolazione aumentò e
Neottolemo
fu capostipite di una stirpe di sovrani detti Pirridi.
Seguì un'epoca barbarica durata diverse generazioni fino a
Tarripa
che fu il primo re ad adottare costumi e cultura dei
Greci
. A
Tarripa
seguirono
Alceta
,
Ariba
,
Eacide
che ebbe da
Ftia
due figlie,
Deidamia
e
Troiade
e un figlio di nome
Pirro
.
Eacide
fu deposto dal popolo ma Androclide e Angelo salvarono
Pirro
ancora bambino e con una fuga avventurosa lo portarono a Glaucia re degli
Illiri
. Glaucia accolse il piccolo e lo fece allevare insieme ai suoi figli e quando
Pirro
ebbe dodici anni lo riportò in
Epiro
e lo mise sul trono.
A diciassette anni
Pirro
tornò tra gli
Illiri
per il matrimonio di uno dei figli di Glaucia ma in sua assenza i
Molossi
si ribellarono nuovamente privandolo del potere.
Pirro
si avvicinò a
Demetrio
figlio di
Antigono
che aveva sposato sua sorella
Deidamia
, combatté valorosamente con lui nella battaglia di
Ipso
e quando
Demetrio
fu sconfitto
Pirro
gli rimase vicino durante le trattative e accettò di andare in ostaggio in
Egitto
.
Qui ebbe modo di farsi apprezzare dal re
Tolomeo
e dalla regina Berenice che gli fecero sposare
Antigone
, figlia di Berenice e del suo precedente marito Filippo. Dopo il matrimonio,
Pirro
ottenne denari e un esercito col quale tornare in
Epiro
per riprendere il potere.
Riuscì ad accordarsi con Neottolemo che regnava in
Epiro
e cominciò a regnare insieme a lui. Non mancarono tuttavia i maldicenti che cercarono di mettere uno contro l'altro i due sovrani provocando vicendevoli sospetti. Due cortigiani di Neottolemo tramarono contro
Pirro
, Neottolemo lo venne a sapere e ne fu soddisfatto ma la voce giunse a
Pirro
che attirò Neottolemo in un tranello e lo uccise. In seguito
Pirro
volle onorare i suoi benefattori
Tolomeo
e Berenice chiamando
Tolomeo
il figlio che ebbe da
Antigone
e Berenicide una città che fondò in
Epiro
.
Alessandro
figlio di
Cassandro
, cacciato dal fratello Antipatro, chiese aiuto a
Demetrio
e a
Pirro
.
Demetrio
era impegnato in altre faccende e
Pirro
concordò con
Alessandro
di aiutarlo avendo come ricompensa l'
Acarnania
e altri territori. Concluso l'accordo
Pirro
iniziò una campagna militare occupando tutti i territori conquistati da Antipatro. Il re
Lisimaco
, alleato di Antipatro, inviò a
Pirro
una lettera fingendo che a scrivere fosse
Tolomeo
che ordinava di cessare le ostilità contro Antipatro.
Pirro
comprese l'inganno e smascherò
Lisimaco
ma poi concluse la pace con Antipatro, tuttavia non firmò gli accordi i pace a causa di un presagio negativo.
Liberatosi dei suoi impegni,
Demetrio
raggiunse
Alessandro
e si dichiarò re di
Macedonia
. Anche
Demetrio
e
Pirro
presero a sospettare l'uno dell'altro, soprattutto quando morì
Deidamia
e presto fu la guerra.
Demetrio
prese a saccheggiare l'
Epiro
mentre
Pirro
si scontrava con Pantauco, legato di
Demetrio
, e lo feriva gravemente in duello, quindi gli Epiroti misero in fuga la falange di Pantauco.
Pirro
era molto ammirato dai suoi connazionali e anche dai
Macedoni
che a volte lo paragonavano a
Alessandro Magno
. Era profondamente appassionato alle cose militari, per il resto era mite, disponibile e clemente.
Dopo la morte di
Antigone
sposò altre donne: la figlia del re dei
Peoni
, poi
Bircenna
figlia del re degli
Illiri
e infine
Lanassa
figlia di
Agatocle di Siracusa
che gli portò in dote l'isola di
Corcira
.
Da
Antigone
ebbe il figlio
Tolomeo
, da
Lanassa
Alessandro, da
Bircenna
Eleno. Li educò tutti all'uso delle armi.
Quando seppe che
Demetrio
era ammalato si precipitò ad invadere la
Macedonia
e la occupò quasi interamente senza incontrare chi lo ostacolasse.
Vedendosi in pericolo,
Demetrio
radunò un esercito nonostante le sue non buone condizioni di salute e mosse contro
Pirro
ma questi, che si era mosso per saccheggiare più che per conquistare, tornò indietro senza resistere, inseguito dai
Macedoni
.
Demetrio
stava coltivando altri progetti e non volle dover combattere contro
Pirro
nè lasciarlo minacciare la
Macedonia
, perciò firmò la pace e si dedicò a combattere contro altri nemici.
In quei giorni
Lanassa
abbandonò
Pirro
e si ritirò a
Corcira
, cercò un nuovo marito e finì per sposare proprio
Demetrio
. Altri re, stupiti per la pace conclusa da
Pirro
quando avrebbe potuto sconfiggere
Demetrio
che, oltre tutto, gli aveva portato via la moglie e la sua dote, sollecitarono
Pirro
a riprendere le armi contro la
Macedonia
.
Quando
Tolomeo
e
Lisimaco
attaccarono
Demetrio
, anche
Pirro
tornò in campo e occupò la città di Beroe.
Demetrio
, che temeva che molti suoi uomini lo abbandonassero per passare a
Lisimaco
, volse l'esercito contro
Pirro
e si accampò a sua volta nei pressi di Beroe. Cittadini di Beroe, fra i quali erano uomini di
Pirro
in incognito, visitarono il campo di
Demetrio
parlando ai soldati dei meriti di
Pirro
e della sua benignità con i soldati e con gli sconfitti. Come previsto molti uomini di
Demetrio
passarono a
Pirro
e altri arrivarono a consigliare a
Demetrio
di abbandonare la lotta.
Da parte su
Demetrio
pensò alla propria sicurezza e si camuffò per non essere riconosciuto,
Pirro
si impadronì così del campo di
Demetrio
senza combattere e fu proclamato re di
Macedonia
, titolo che dovette condividere con
Lisimaco
. L'accordo tra i due re era tuttavia instabile e presto
Lisimaco
prese a incitare i
Macedoni
contro il "re straniero" che avevano accettato. Per prudenza
Pirro
si allontanò con il suo esercito rinunciando alla
Macedonia
e si ritirò in
Epiro
. Qui avrebbe potuto vivere in pace governando il suo regno ma non voleva rinunciare alla gloria e alla guerra e quando ne ebbe occasione intraprese senza esitare nuove avventure. L'occasione la fornirono i
Tarantini
che essendo in guerra contro i
Romani
offrirono a
Pirro
il comando supremo. Quando la decisione fu messa ai voti a
Taranto
un certo Matone, cittadino anziano e saggio, inscenò una pantomima per rappresentare ai cittadini il pericolo di essere dominati da
Pirro
una volta finita la guerra. Molti se ne resero conto ma per altri i
Romani
costituivano un pericolo maggiore e questi prevalsero: Matone fu cacciato dall'assemblea e il decreto venne approvato.
I
Tarantini
e i loro alleati italici mandarono ambasciatori a
Pirro
per chiedergli di intervenire in loro favore e assumere il comando di ventimila cavalieri e trecentocinquantamila fanti. Non soltanto
Pirro
ma anche molti Epiroti furono attratti dalla proposta.
Plutarco
inserisce qui un episodio moraleggiante, l'oratore
Cinea
, considerato saggio e sapiente, chiese a
Pirro
quale fosse lo scopo della spedizione che stava preparando,
Pirro
rispose "la conquista dell'
Italia
" e
Cinea
insistendo: "e poi cosa faremo?" la conquista della
Sicilia
, poi quella di
Cartagine
rispose
Pirro
ma infine convenne che una volta realizzate tante conquiste lui e i suoi amici sarebbero vissuti nell'ozio godendo le delizie della tranquillità. L'oratore, che aveva portato il re fino a questo punto, chiese ancora che cosa impedisse di vivere tranquillamente senza fare la guerra. A quest'ultima domanda
Pirro
non seppe rispondere, ma non per questo volle rinunciare alla gloria dell'impresa.
Mandò
Cinea
a
Taranto
con tremila soldati, quindi fece venire da
Taranto
molte navi e imbarcò tremila cavalieri, ventimila fanti e altre milizie oltre a venti elefanti.
Durante il viaggio molte navi naufragarono,
Pirro
si salvò a nuoto con alcuni compagni mentre gran parte dell'esercito risultava dispersa.
Pirro
giunse a
Taranto
con meno di duemila soldati a piedi ed attese per qualche tempo sperando di essere raggiunto da altri dispersi.
Quando il console
Levino
con un grande esercito giunse nei pressi di
Taranto
,
Pirro
tentò di avviare una trattativa ma non trovò i
Romani
disposti a trattare, quindi si accampò presso il fiume Siri con i
Tarantini
attendendo rinforzi da parte degli alleati di
Taranto
.
I
Romani
, prevedendo che il nemico ricevesse rinforzi, superarono il fiume ed attaccarono per primi.
Pirro
prese immediatamente il comando e correndo da una parte all'altra del campo gridava ordini e spronava i soldati. L'attacco ben portato di un nemico mise in pericolo la sua vita e lo indusse a comportarsi con maggior prudenza. Scambiò le armi con uno dei suoi amici di nome Megacle. Questi fu ferito e uno dei
Romani
, toltegli la celata e la clamide, le mostrò a
Levino
affermando di aver ucciso
Pirro
. Anche i
Greci
credettero che
Pirro
fosse morto ma quando il re si mostrò loro con il viso scoperto ripresero coraggio ed attaccarono ancora con grande energia.
Pirro
caricò con la cavalleria e fece strage dei
Romani
. Le fonti sono discordi sul numero dei caduti, è comunque certo che
Pirro
vinse la battaglia e prese l'accampamento dei
Romani
, quindi procedette fino a trecento stadi da
Roma
.
Lucani
e
Sanniti
, alleati dei
Tarantini
, giunsero quando la battaglia era già finita, ma
Pirro
si rallegrò di aver sconfitto i
Romani
avendo con se soltanto i suoi uomini e i
Tarantini
.
Pirro
inviò
Cinea
a
Roma
per offrire la pace ai
Romani
, i senatori lo ascoltarono e stavano per accettare le sue proposte quando intervenne il vecchio
Appio Claudio il Cieco
, deplorò la loro arrendevolezza e li mise in guardia dai pericoli che la pace con uno straniero armato avrebbe comportato.
Cinea
fu rimandato a
Pirro
con il messaggio che
Roma
non avrebbe trattato la pace finché l'esercito straniero fosse rimasto sul suolo italiano.
Cinea
parlò a
Pirro
del senato romano che sembrava "un consesso di re" e dell'esercito che i
Romani
stavano allestendo per sostituire quello sconfitto nella recente battaglia.
Tra i
Romani
prigionieri di
Pirro
era
Caio Fabricio
, uomo di grande prestigio ma molto povero.
Pirro
tentò di corromperlo promettendogli dell'oro che
Fabricio
rifiutò, tentò allora di spaventarlo con un elefante ma anche in questo caso non ottenne risultati. Con queste ed altre dimostrazioni di grandezza d'animo,
Fabricio
ottenne la stima di
Pirro
che gli permise di tornare a
Roma
con gli altri prigionieri per festeggiare i
Saturnali
, a patto che dopo la festa tornassero alla loro prigionia, patto che fu rispettato dai
Romani
.
In seguito
Fabricio
ebbe il comando dei
Romani
e fu contattato dal medico del re che si offriva di avvelenare
Pirro
per un compenso. Inorridito
Fabricio
scrisse a
Pirro
per avvisarlo del pericolo.
Pirro
fece punire il medico infedele e per riconoscenza liberò i prigionieri romani, beneficio che i senatori ricambiarono liberando
Sanniti
e
Tarantini
loro prigionieri.
Cinea
fu di nuovo mandato a
Roma
a proporre la pace ma questa volta non gli fu neanche consentito di parlare.
Si tornò a combattere e dopo due giorni di battaglia presso
Ascoli
i
Romani
si ritirarono sconfitti non potendo affrontare gli elefanti, ma le perdite furono gravi da entrambe le parti tanto che
Pirro
disse che un'altra vittoria come quella avrebbe completamente rovinato il suo esercito.
Ambasciatori siciliani proposero a
Pirro
di liberare la loro isola dai
Cartaginesi
offrendogli in cambio la signoria su
Agrigento
,
Siracusa
e
Lentini
. Contemporaneamente altri personaggi provenienti dalla
Grecia
lo informarono che
Tolomeo Cerauno
era morto e gli consigliarono di proporsi come re dei
Macedoni
. Dopo molte esitazioni
Pirro
scelse la
Sicilia
e, presi accordi con le città interessate, passò lo stretto e prese a combattere contro i
Cartaginesi
. Combattè nell'assedio di
Erice
dando personalmente l'attacco alle mura e riportando grande successo. Passò quindi ad affrontare i
Mamertini
che da
Messina
imponevano tributi ai
Greci
in
Sicilia
. Intanto respinse le proposte di pace dei
Cartaginesi
e prese a trattare da tiranno le città che aveva liberato.
Tenone e Sostrato erano i principali cittadini di
Siracusa
, erano loro che avevano chiamato
Pirro
in
Sicilia
e lo avevano poi aiutato in tutte le sue imprese. Quando si allontanarono a causa degli abusi di
Pirro
, questi uccise Tenone e presto l'atteggiamento dei
Siciliani
mutò radicalmente. Alcune città si allearono con i
Cartaginesi
, altre con i
Mamertini
e tutte si schierarono contro
Pirro
.
Messaggi e richieste di aiuto dei
Sanniti
e dei
Tarantini
fornirono a
Pirro
il pretesto per lasciare la
Sicilia
senza che la sua partenza sembrasse una fuga.
Alla partenza dalla
Sicilia
si scontrò di nuovo con i
Cartaginesi
perdendo molte navi, con le superstiti giunse in
Italia
dove cadde nell'agguato tesogli da diecimila
Mamertini
. Uno dei nemici, uomo di grande corporatura, lo sfidò personalmente e
Pirro
, benchè già ferito, lo affrontò e lo tagliò in due con un solo colpo di spada. Proseguì fino a
Taranto
dove prese con se altri uomini e mosse contro i
Romani
che erano accampati in territorio sannita. Mandò una parte del suo esercito in
Lucania
contro uno dei consoli e mosse contro l'altro console,
Manio Curio
, che era fermo presso
Benevento
perché gli indovini lo dissuadevano dall'attaccare.
Pirro
giunse ad attaccare all'alba ma i
Romani
reagirono con grande forze uccidendo molti nemici e volgendo gli altri in fuga. Incoraggiato dal successo,
Manio
attirò i nemici in pianura e qui li massacrò. Dopo sei anni di guerra,
Pirro
tornò in
Epiro
con le scarse truppe che gli restavano e, non avendo denaro, per nutrire i soldati tentò di depredare campagne in
Macedonia
dove regnava
Antigono
figlio di
Demetrio
. Riuscendo a conquistare alcune città riprese le speranze e decise di attaccare
Antigono
. Alla fine un una cruenta battaglia,
Pirro
risultò vincitore e inoltre riuscì a far passare dalla sua parte molti soldati di
Antigono
.
Preso possesso di ampi territori,
Pirro
vi stabilì un presidio composto dai
Galli
che militavano nel suo esercito, questi saccheggiarono, devastarono e profanarono le tombe di antichi re.
Pirro
non volle dare peso a questi episodi e non punì i sacrileghi.
Pirro
venne contattato da
Cleonimo
, membro in esilio di una casata reale di
Sparta
, che lo convinse ad entrare in guerra contro gli
Spartani
per recuperare il suo trono. Procedette saccheggiando fino a
Sparta
dove si accampò senza timore perché sapeva che in città di trovavano pochi uomini.
La notte seguente i
Lacedemoni
scavarono un fossato intorno alla città con l'aiuto delle donne e disposero lungo la fossa molti carri con le ruote interrate per impedire il passaggio agli elefanti di
Pirro
. Al mattino iniziò la battaglia lungo le sponde del fossato e gli uomini di
Pirro
non riuscirono ad entrare in città. I
Lacedemoni
, attivamente aiutati dalle loro donne, resistevano con coraggio eccezionale e quando stavano ormai per soccombere ricevettero un aiuto insperato: un rinforzo di soldati stranieri comandati da Aminia, ufficiale di
Antigono
, Poco dopo sopraggiunse anche
Areo
re di
Sparta
reduce da una battaglia a
Creta
, che aveva con se duemila uomini.
Di fronte all'inattesa riscossa dei nemici,
Pirro
si ritirò e si diede a devastare la campagna, progettando di trascorrere qui l'inverno, ma quando fu chiamato in aiuto da Aristea di
Argo
, di nuovo cedette alla speranza di compiere grandi imprese e accorse ad
Argo
abbandonando
Sparta
. Durante la ritirata l'esercito di
Pirro
fu raggiunto dagli
Spartani
che trucidarono la retroguardia. Tra i molti caduti fu anche
Tolomeo
, figlio di
Pirro
, come un indovino aveva predetto.
Pirro
attaccò personalmente gli inseguitori e ne fece strage per vendicare il figlio. Dopo le esequie del giovane, riprese il cammino verso
Argo
.
I cittadini di
Argo
mandarono ambasciatori a
Antigono
e a
Pirro
pregandoli di non nuocere alla loro città e di considerarla amica.
Antigono
acettò la proposta e consegnò il proprio figlio in ostaggio agli
Argivi
, anche
Pirro
accettò e promise di allontanarsi ma senza consegnare ostaggi.
Si verificarono pessimi presagi e la sacerdotessa di
Apollo
previde la distruzione della città.
Pirro
penetrò in
Argo
di notte ma gli
Argivi
se ne accorsero e chiamarono
Antigono
in loro aiuto.
Antigono
accorse e fece a sua volta entrare soldati in città insieme ad altri agli ordini di
Areo
. Il combattimento si svolse nelle tenebre con grande confusione, solo all'alba
Pirro
potè rendersi conto di quanto fossero numerosi i nemici. Nel vedere due sculture che ritraevano il combattimento tra un toro e un lupo,
Pirro
ricordò che un oracolo lo aveva avvertito che sarebbe morto quando avesse incontrato quei due animali e si perse d'animo. Decise di ritirarsi e per non incontrare ostacoli mandò un messaggero ai suoi uomini che erano ancora fuori dalla città con l'ordine di abbattere parte delle mura, ma il messaggero confuse l'ordine ricevuto e il figlio di
Pirro
entrò in città con altri uomini e altri elefanti aggravando ancora di più la confusione.
In breve le vie della città furono così affollate che non era più possibile combattere. In questo caos
Pirro
tentò di guadagnare l'uscita ma fu colpito sul capo da una tegola scagliata da una donna argiva che osservava la lotta da un tetto e cadde in terra privo di sensi. Dei soldati di
Antigono
lo raccolsero e quando lo ebbero riconosciuto lo decapitarono.
Alcioneo
, figlio di
Antigono
, raccolse la testa e la portò al padre il quale deprecò il suo comportamento e fece cremare il cadavere di
Pirro
con grande rispetto. Ancora
Alcioneo
incontrò Eleno figlio di
Pirro
e lo accompagnò dal padre che lo accolse benevolmente e lo rimandò in
Epiro
. Rimasto padrone del campo,
Antigono
prese con se l'esercito di
Pirro
trattando tutti con mansuetudine.
VITA DI MARIO
Non si conosce il terzo nome di
Gaio Mario
, quanto al suo aspetto,
Plutarco
ricorda una sua statua in
Ravenna
che lo rappresentava rude e rustico come pare fossero i suoi costumi. Ebbe un'educazione militare più che civile e fu sempre di animo "feroce e inflessibile".
Non volle studiare il greco e disprezzò gli spettacoli teatrali greci rimanendo sempre rozzo e spietato.
Nacque da genitori di umile condizione che si mantenevano con il lavoro delle proprie mani. Anche suo padre si chiamava Mario, sua madre Fulcinia, trascorse l'infanzia e l'adolescenza nelle campagne di
Arpino
conducendo vita rude e modesta.
La sua prima esperienza militare fu contro i
Celtiberi
nell'assedio di
Numanzia
dove per il coraggio e la capacità di sopportare la fatrica si fece notare dal comandante
Scipione (Emiliano)
che intuì le sue potenzialità.
Cominciò a occuparsi di politica e con l'aiuto di
Cecilio Metello
, per il quale lavorava, fu nominato tribuno della plebe.
Come tribuno propose una legge sulle votazioni contraria agli interessi degli ottimati. Gli si oppose il console
Lucio Aurelio Cotta
che convinse il senato a bocciare la proposta e citare
Mario
.
Mario
si presentò, minacciò di far arrestare
Cotta
e fece effettivamente arrestare l'altro console
Cecilio Metello
, infine il senato cedette e la proposta fu approvata. Questo successo lo rese gradito al partito popolare ma qualche tempo dopo
Mario
si oppose a una distribuzione gratuita di frumento guadagnando anche il favore dei patrizi.
Dopo il tribunato concorse senza successo per l'edilità ma non perse l'iniziativa e si candidò alla pretura. In questa occasione fu accusato di andito (broglio elettorale) ma riuscì a respingere le accuse e a ottenere la magistratura che svolse in modo mediocre. Uscendo dalla pretura ebbe in sorte la provincia della
Spagna Ulteriore
dove svolse alcune azioni militari contro il brigantaggio.
Con il governo provinciale e il sostegno di quella parte della cittadinanza che apprezzava il suo contegno intraprendente,
Mario
acquisì popolarità e ricchezze, gli furono conferiti onori ed arrivò a contrarre un prestigioso matrimonio con
Giulia
, della famiglia dei Cesari, zia di
Giulio Cesare
.
Incaricato di affrontare la guerra contro Giugurta, il console
Cecilio Metello
la affidò a
Mario
nominandolo suo luogotenente.
Mario
approfittò dell'occasione per mettere in evidenza le sue doti di comandante e la sua capacità di farsi amare dai soldati senza preoccuparsi di mettere così in ombra il console quando per consuetudine a questi sarebbe dovuto andare il merito dell'impresa.
A guastare del tutto i rapporti tra console e luogotenente fu l'episodio di un certo Turpilio. Era costui intimo amico di Metello e un giorno fu fatto prigioniero dai soldati di Giugurta e poco dopo rilasciato senza aver subito offesa.
Mario
montò contro Turpilio una falsa accusa di tradimento che sostenne con tanta efficacia che Metello, suo malgrado, condannò Turpilio a morte.
Avvicinandosi le elezioni consolari, Metello negò una licenza a
Mario
per impedirgli di candidarsi fino a pochi giorni prima delle votazioni, tuttavia
Mario
, precipitandosi a
Roma
, riuscì ad arrivare in tempo per parlare in pubblico calunniando Metello e per farsi eleggere console con ampia maggioranza di voti.
Divenuto console,
Mario
non mancava di ingiuriare i ricchi e i nobili parlandone con grande arroganza in pubblico e in privato per assicurarsi sempre di più le simpatie della plebe. Ostentava le sue imprese esagerando i propri meriti ed ostentando le proprie cicatrici. Metello, afflitto per il successo di
Mario
e offeso dalla sua ingratitudine, evitò di incontrarlo e delegò al luogotenente Rutilio il compito di consegnare l'esercito al nuovo console
Quando Giugurta, sconfitto, riparò presso il suocero Bocco (re di Mauretania), questi lo accolse malvolentieri e presto concepi l'idea di consegnarlo ai
Romani
, tuttavia dichiarò a
Mario
che non avrebbe mai tradito il genero ma mandò a chiamare
Lucio Silla
, questore di
Mario
con il quale era in ottimi rapporti, e gli consegnò Giugurta. Fu questo episodio, secondo
Plutarco
, l'origine dei contrasti tra
Mario
e
Silla
che rischiarono di portare
Roma
alla rovina.
Gli avversari di
Mario
che attribuivano i risultati iniziali della guerra giugurtina a Metello ora riconoscevano a
Silla
il merito di aver concluso positivamente quella guerra e tentavano così di spegnere gli entusiasmi del popolo nei confronti di
Mario
.
Le azioni contrarie a
Mario
, le calunnie, le dicerie furono rapidamente dissipate quando giunse la notizia dell'irruzione dei
Teutoni
e dei
Cimbri
in territorio romana. Si trattava di trecentomila uomini atti a combattere seguiti dalle famiglie che cercavano terreno che potesse nutrirli e città in cui stabilirsi. Di loro si sapeva pochissimo: li si considerava germanici per l'alta statura e gli occhi azzurri, si diceva che venissero dall'estremo nord e che fra loro fosse una parte dei Cimmeri, ma erano soltanto congetture. Di certo si sapeva che procedevano saccheggiando e devastando, che avevano già sconfitto i comandanti romani che cercavano di difendere la
Gallia Transalpina
e che non si sarebbero fermati prima di aver conquistato
Roma
.
In questa situazione nessun patrizio era disposto ad assumere il consolato e il comando dell'esercito, tutti furono quindi concordi nell'eleggere
Mario
, benché fosse lontano, in deroga alle leggi che stabilivano l'obbligo di trovarsi a
Roma
al momento della nomina e prevedevano un intervallo tra un consolato e l'altro.
Mario
partì dalla
Libia
con il suo esercito e fu per il primo gennaio a
Roma
dove celebrò il trionfo esibendo grandi quantità d'oro e d'argento e, tra i prigionieri, lo stesso Giugurta che fu poi condotto in prigione e, gettato in un pozzo, lasciato morire di fame.
Al termine della cerimonia
Mario
riunì il senato sul
Campidoglio
, si presentò con la veste trionfale ma vedendo che i senatori se ne mostravano offesi si assentò brevemente per cambiare abiti.
Ricevuto il comando si mise subito in marcia sottoponendo durante il viaggio i soldati a durissimi addestramenti. Quelli che sopportavano meglio la fatica erano detti "muli di
Mario
".
I soldati ebbero modo di approfondire la conoscenza del loro comandante e rendersi conto che la disciplina imposta da
Mario
poteva essere salutare e che la sua durezza doveva spaventare non loro ma i suoi nemici. Era particolarmente gradito alla truppa il modo in cui
Mario
amministrava la giustizia, come del caso del giovane Trebonio, un soldato che
Mario
premiò per aver ucciso il superiore Caio Lusio che aveva tentato di violentarlo, decisione che fece grande impressione perché molti volevano punire Trebonio e perché Lusio era nipote di
Mario
.
I
Cimbri
e i
Teutoni
, invece di invadere l'
Italia
, si erano diretti in Iberia e
Mario
rimase a lungo accampato in attesa del loro attacco dedicandosi all'addestramento dei soldati. In questa situazione trascorsero due anni in cui
Mario
fu di nuovo eletto console. Quando ebbe il suo quarto consolato, con
Lutazio Catulo
come collega, i nemici finalmente si avvicinarono e
Mario
si affrettò a spostare il suo campo sulle rive del
Rodano
. Fece inoltre scavare un canale alla foce del fiume per facilitare lo scarico dei rifornimenti che arrivavano in nave.
I
Cimbri
mossero verso il
Norico
contro
Catulo
impegnando del tempo per raggiungerlo mentre
Teutoni
e
Ambroni
costeggiavano il mare in
Liguria
per attaccare
Mario
. Erano in gran numero e avevano aspetto selvaggio. Si accamparono occupando un vasto territorio e provocarono i
Romani
, ma
Mario
non rispondeva e attendeva che i suoi soldati, osservano il nemico dal riparo degli steccati, si abituassero al suo aspetto bestiale e ai suoi schiamazzi. Una volta superata la prima impressione i soldati si stancarono dell'attesa e
Mario
, per tenerli tranquilli, fingeva di seguire le indicazioni di un oracolo: aveva nel campo un'indovina siriana ritenuta molto abile in questo genere di vaticini.
I
Teutoni
tentarono un assalto al campo di
Mario
ma i
Romani
, senza uscirne, li respinsero con una pioggia di frecce. Essi allora aggirarono il campo proseguendo verso l'
Italia
e
Mario
si mosse a sua volta per seguirli da vicino. quando giusero in un luogo chiamato Acque Sestilie, i nemici si accamparono lungo un fiume e
Mario
ordinò di preparare un campo fortificato.
Gli ausiliari romani addetti ai servizi scendendo ad attingere acqua al fiume videro un gruppo di nemici che si bagnavano nelle fonti calde che sgorgano in quella zona e attaccarono. I rumori della rissa richiamarono molti nemici e in particolare la truppa degli
Ambroni
, oltre trentamila uomini tra i più pericolosi che già avevano sconfitto i
Romani
sotto Manlio e sotto Cepione. Gli
Ambroni
avanzavano compatti ma attraversando il fiume si separarono e giunti all'altra riva furono attaccati dai soldati di
Mario
, primi tra tutti i Liguri, che ne fecero strage. Quanti fuggirono furono attaccati dalle loro stesse donne perché la fuga era considerata un tradimento.
I
Romani
avevano vinto la battaglia ma nel territorio circostante rimanevano migliaia di nemici. Dopo due giorni
Mario
e Claudio Marcello circondarono ed attaccarono il campo dei
Teutoni
. Sulla strage di Aquae Sextie fu scritto molto, si parlò di oltre centomila morti, di palizzate costruite con le ossa dei caduti e dell'eccezionale fertilità che quella terra raggiunse per la putrefazione dei cadaveri.
Mario
stava offrendo sacrifici dopo la battaglia quando giunse la notizia del suo quinto consolato, notizia che fu accolta dai soldati eccitati con grandi strepiti e clamori.
Catulo
, che era rimasto a difendere il confine dell'
Italia
sui monti, per non disperdere le sue forze in molti luoghi aveva preferito scendere a valle, accamparsi presso l'
Adige
e munirne entrambe le rive con trincee per impedire il passaggio del fiume ai nemici. Nudi sotto la neve, i
Cimbri
discesero rapidamente le pendici dei monti usando i loro scudi come slitte, quindi presero a far precipitare tronchi, rocce e terra nel fiume per poterlo superare ed attaccare il campo romano. Lo spettacolo spaventò i
Romani
, molti dei quali presero a indietreggiare e
Catulo
, non riuscendo a trattenerli, preferì cavalcare aventi a loro perché sembrasse che seguissero il loro comandante in una manovra. I
Cimbri
conquistarono il campo ma, ammirando il coraggio di quanti erano rimasti a difenderlo, li lasciarono andare.
Mario
si recò a
Roma
per assumere il consolato ma rifiutò di celebrare il trionfo senza i suoi soldati, quindi raggiunse rapidamente
Catulo
e, chiamate le sue truppe dalla
Gallia
, respinse i
Cimbri
oltre l'
Adige
. I
Cimbri
inviarono ambasciatori a chiedere a
Mario
terra e città per loro stessi e per i
Teutoni
ma quando appresero che i
Teutoni
erano stati debellati mossero contro i
Romani
.
In questa occasione
Mario
introdusse una modifica al "pilum", il giavellotto dei legionari, fece sostituire uno dei perni di ferro che fissavano la punta all'asta dell'arma con un perno di legno che si rompeva all'impatto contro lo scudo del nemico, in questo modo era più difficile estrarre il pilum dallo scudo e il nemico doveva rinunciare alla sua protezione, inoltre il pilum deformato non poteva essere rilanciato contro i
Romani
.
Beorice re dei
Cimbri
sfidò
Mario
a combattere, fu deciso il giorno della battaglia e fu scelto il luogo, una pianura presso
Verona
.
Mario
distribuì le truppe in modo che i soldati di
Catulo
rimanessero indietro e i suoi avessero tutta la gloria della battaglia, ma il caso favorì
Catulo
perché i soldati di
Mario
furono ostacolati dal vortice di polvere che si alzò durante la carica e che offuscò la visione del campo di battaglia. I
Cimbri
, benché molto più numerosi dei
Romani
, furono sconfitti e dispersi. Quelli che fuggirono preso il campo vi trovarono le mogli che li uccidevano, che strangolavano i figli e si toglievano la vita.
Nonostante i numerosi suicidi dei
Cimbri
, oltre settantamila ne furono presi prigionieri e si diceva che gli uccisi fossero il doppio. Vi fu contesa tra i soldati di
Mario
e quelli di
Catulo
per aggiudicarsi il merito della vittoria. Infine prevalsero il prestigio e i trascorsi di
Mario
che tuttavia volle condividere il trionfo con
Catulo
per mostrarsi moderato.
Impavido in battaglia,
Mario
perdeva spesso il controllo di se nelle pubbliche riunioni, temeva sempre di essere criticato e cercava con ogni mezzo di avere il favore e il suopporto del popolo, procurandosi però l'ostilità degli ottimati. Fra questi
Mario
temeva soprattutto
Cecilio Metello
, verso il quale si era dimostrato ingrato, e tramava per cacciarlo dalla città.
Nelle successive elezioni consolari
Mario
superò Metello, secondo alcuni distribuendo denaro agli elettori, ed ebbe come compagno Valerio Flacco che svolse un ruolo di secondo piano. Era il sesto consolato per
Mario
, un primato con pochi precedenti.
Il tribuno della plebe Saturnino propose una legge per la distribuzione dei terreni con una clausola che prevedeva l'esclusione dei senatori dalla discussione della legge stessa.
Mario
fece mostra di opporsi a questa clausola ma poco dopo cambiò posizione e approvò che i senatori giurassero di non intervenire. Soltanto Metello rifiutò di giurare e mentre Saturnino chiedeva che fosse bandito, andò a
Rodi
in esilio volontario.
Saturnino tendeva alla tirannide e
Mario
si trovò in difficoltà non volendo dispiacere ai nobili nè al popolo, ma quando senatori e cavalieri si schierarono uniti contro il demagogo,
Mario
in quanto console fu costretto a intervenire e a chiamare i soldati. Saturnino e i suoi seguaci si rifugiarono sul
Campidoglio
ma, privi di tutto, furono presto costretti ad arrendersi e si consegnarono nelle mani di
Mario
. Mentre questi cercava il modo di salvarli, Saturnino e i suoi furono uccisi dalla folla.
Sentendosi non al sicuro in quei giorni,
Mario
evitò di candidarsi come
censore
e non riuscendo ad evitare che Metello fosse richiamato in patria, preferì imbarcarsi per l'oriente fingendo di voler offrire un sacrificio alla Madre degli Dei. In realtà si recò da Mitridate re del Ponto per provocarlo contro i
Romani
.
Mario
era infatti consapevole che il suo successo si basava sulle sue imprese militari mentre in tempo di pace la sua inettitudine politica era evidente. Una guerra in oriente sarebbe dunque stata per lui la migliore occasione per essere richiamato al potere. Era particolarmente geloso nei confronti di
Silla
e dei suoi successi in Numidia, si preparava ad attaccare direttamente il suo rivale quando le popolazioni italiche si sollevarono contro
Roma
dando inizio alla
guerra sociale
.
La
guerra sociale
permise a
Silla
di ottenere molta gloria mentre
Mario
si mostrò lento nell'agire, pigro e tardo. Aveva sessantacinque anni e non era in buona salute, comunque riuscì ad ottenere un'importante vittoria uccidendo molti nemici per poi rimanere a lungo dietro le sue trincee evitando di combattere ancora. Infine rinunciò al comando dell'esercito non sentendosi più in grado di detenerlo.
Sulpicio tribuno della plebe, inaspettatamente propose
Mario
come comandante nella guerra contro Mitridate. Mentre la popolazione era divisa tra i sostenitori di
Mario
e quelli di
Silla
, Sulpicio nominò
Mario
comandante in Oriente ma
Silla
rifiutò di consegnare l'esercito consolare e lo condusse invece contro
Roma
.
Silla
fece trucidare i legati di
Mario
che gli chiedevano la consegna delle legioni,
Mario
in città fece uccidere molti amici di
Silla
e offrì la libertà agli schiavi disposti a combattere per lui.
Dopo breve resistenza a
Silla
che entrava in città,
Mario
fuggì, durante la fuga abbandonò al suo destino il figlio che riuscì avventurosamente a imbarcarsi per la
Libia
.
Anche
Mario
si imbarcò con un gruppo di seguaci, tra cui
Granio
suo figliastro, ma il mare cattivo lo costrinse a sbarcare presso il Circeo dove presto si accorse di essere ricercato dai soldati di
Silla
. Inizialmente trovò scampo su una nave di passaggio ma fu abbandonato su una spiaggia. Si rifugiò nell'abituro di un vecchio del posto ma infine venne catturato e portato a Minturno dove venne a sapere che era stato condannato a morte e che chiunque aveva licenza di ucciderlo.
I notabili del luogo stabilirono di tenere consiglio per decidere cosa fare di
Mario
, nel frattempo lo portarono nella casa di Fannia, una donna che in passato aveva perduto una causa giudicata da
Mario
. Tuttavia la donna non serbava rancore e si prese cura del prigioniero con grande gentilezza.
Mario
era ottimista perché arrivando in quella casa aveva visto un cavallo venirgli incontro e poi spiccare salti di briosa contentezza e aveva giudicato che si trattasse di un presagio positivo.
Il consiglio deliberò di uccidere subito
Mario
e un soldato gallo o cimbro fu incaricato di eseguire la sentenza ma quando il soldato entrò nella stanza buia in cui
Mario
riposava gli sembrò che gli occhi del condannato emanassero fiamme e sentì una voce misteriosa chiedergli come osasse compiere un tale delitto. Il soldato fuggì inorridito e tutti furono presi dal terrore e dal pentimento per la sentenza che avevano pronunciato. Fu deciso di lasciare
Mario
al suo destino, gli furono date una nave e molte provviste.
Mario
arrivò rapidamente all'isola di
Enaria (Ischia)
dove ritrovò alcuni amici con i quali decise di andare in
Libia
ma la mancanza di acqua li costrinse a fare tappa in
Sicilia
nei pressi di Erice dove
Mario
fu riconosciuto e rischiò di essere catturato. Giunto all'isola Meninga (Gerba, Tunisia) fu informato che il figlio era in salvo e si trovava presso Jampsa re dei Numidi per chiedere aiuti.
Mario
si recò a
Cartagine
ma appena arrivato fu fermato da un messo del pretore di
Libia
Sestilio che gli vietò di sbarcare. Intanto
Mario il Giovane
era trattenuto da Jempsa re dei Numidi le cui intenzioni non erano chiare, infine decise di partire di nascosto con l'aiuto di una concubina del re che si era innamorata di lui e raggiunse
Mario
sulla spiaggia di
Cartagine
. I due partirono insieme su una barca di pescatori per l'isola di Cercina.
Intanto a
Roma
, mentre
Silla
era impegnato in
Beozia
contro Mitridate, i consoli Ottavio e
Cinna
litigarono e il primo espulse il secondo sostituendolo con Cornelio Merula.
Cinna
raccolse un esercito e si preparò a muovere contro
Roma
. Informato di queste cose,
Mario
decise di portarsi subito in
Italia
e salpò con un migliaio di uomini. Approdato a
Talamone
in
Etruria
, grazie alla sua notorietà riunì rapidamente un consistente esercito. Decise di schierarsi con
Cinna
il quale lo accolse volentieri ma rifiutò di assumere le insegne di
proconsole
che
Cinna
gli aveva inviato preferendo mantenere un aspetto dimesso e compassionevole da anziano in difficoltà. Tuttavia le sue forze erano intatte e l'animo inferocito per le disavventure: rapidamente conquistò le località costiere, fra cui Ostia, tagliando i rifornimenti ai nemici, quindi marciò verso la città e occupò il Gianicolo.
Per eccesso di zelo nel rispettare le leggi, il console Ottavio rifiutava l'arruolamento degli schiavi ed altre misure utili, presto perse la fiducia dei soldati i quali si rivolsero a Metello invitandolo a assumere il comando, Metello tuttavia rifiutò e consigliò ai soldati di rimettersi al console.
Da parte sua Ottavio, che riponeva estrema fiducia negli indovini, era trattenuto a
Roma
da un pronostico dei Caldei e non aveva potuto, quindi, muovere contro
Mario
prima che questi entrasse in città.
Mario
mandò avanti gli uomini che uccisero il console.
Cinna
entrò in città,
Mario
si fermò sulla porta ed inscenò una patetica richiesta di annullare il bando di espulsione che gli vietava di entrare. Chiese che il popolo votasse in tal senso ma mentre si votava abbandonò la finzione e si inoltrò in città seguito da un gruppo scelto di seguaci. Iniziò la strage dei cittadini da parte di
Cinna
e di
Mario
, ma quando
Cinna
fu sazio del sangue versato,
Mario
continuò a far uccidere tutti coloro che aveva in sospetto.
Plutarco
racconta episodi di cittadini che cercavano la salvezza nascondendosi nelle case degli amici e spesso venivano traditi e denunciati. Altri cercavano la morte per sfuggire ai loro persecutori, così fece Lutazio
Catulo
che era stato console insieme a
Mario
e con lui aveva trionfato sui
Cimbri
: si chiuse in un ambiente piccolissimo e accese tanti carboni da morire soffocato.
Particolamente odiosi erano i Bardiei che trucidavano nelle case i padroni, ne svergognavano i figli e ne violavano le mogli rubando e contaminando tutto.
Cinna
e
Sertorio
penetrarono nottetempo nel loro campo e li uccisero tutti.
Giunse la notizia che
Silla
, conclusa la
guerra mitridatica
, navigava verso
Roma
con l'esercito.
Mario
fu nominato console per la settima volta ma ormai era provato nel corpo e nello spirito ed era consapevole della gravità della guerra contro
Silla
che sarebbe presto iniziata.
Non riuscendo dormire cercò nel vino e nella crapula un rimedio contro l'insonnia. Questi eccessi, la paura, gli incubi lo fecero cadere malato e poco dopo morì, nel diciottesimo giorno del suo settimo consolato.
Roma
trasse un sospiro di sollievo per essersi liberata di un tiranno ma presto ebbe a conoscere la crudeltà di
Mario
figlio del morto il quale fece morire molti ottimi personaggi finché, assediato in
Preneste
da
Silla
, si tolse la vita.