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PLUTARCO DI CHERONEA
ISIDE
E
OSIRIDE
Il trattato è dedicato a Clea, una Tiade (sacerdotessa di
Dioniso
) in
Delfi
che, probabilmente, era anche sacerdotessa di
Iside
, già dedicataria di un trattato morale di
Plutarco
sulle virtù femminili.
Rivolgendosi dunque a Clea,
Plutarco
afferma che il dono più sacro che gli umani possano ricevere dagli dei è la conoscenza. Sono infatti caratteristiche divine il pensiero e la conoscenza della verità che ne deriva; la ricerca di tale verità è l'attività spirituale più nobilitante. Tale ricerca è particolarmente gradita alla dea
Iside
la quale insegna ai suoi iniziati una regola di vita basata sulla "tensione verso il divino", l'astinenza e la morigeratezza dei costumi.
Considerata figlia di
Ermes
o di
Prometeo
(entrambi divinità correlate alla conoscenza) la dea era assistita da sacerdoti iniziati che si attenevano scrupolosamente a questa regola e praticavano la meditazione.
I sacerdoti isiaci si radevano completamente e vestivano solo panni di lino in quanto i capelli, la lana ed ogni peluria umana o animale era da considerarsi impura.
In base alla loro regola di moderazione evitavano di mangiare carne di maiale, montone e parte dei legumi, tutti alimenti che producono eccessiva sazietà. Si astenevano dal condire il cibo con il sale perché questo può far aumentare la sete e l'appetito.
Evitavano di bere l'acqua del Nilo che - si diceva - procurava l'obesità e impedivano anche che se ne abbeverasse il
bue Api
, da loro custodito. Anche l'uso del vino era molto limitato e del tutto sospeso durante i rituali periodi di purificazione.
Il pesce di mare, generalmente poco gradito a tutti gli Egiziani, era escluso dalla dieta dei sacerdoti in quanto la religione egiziana considerava il mare qualcosa di infetto e di alieno.
Plutarco
sottolinea interessanti casi nei quali abitudini e tradizioni alimentari degli Egiziani in generale e dei sacerdoti in particolare, pur basandosi su ragioni pratiche e consuetudini igieniche trovavano spiegazioni di ordine morale e religioso. Così la cipolla era proibita perché "mette sete e fa piangere" ma anche perché, nel mito, il figlioccio di
Iside
era caduto nel fiume ed affogato mentre coglieva cipolle; non si mangiava il maiale per motivi igienici (animale impuro, carni troppo grasse per il clima locale) ma anche per connessioni mitologiche dell'animale con
Tifone
, odioso nemico di
Osiride
.
I re d'
Egitto
erano sempre scelti fra i sacerdoti o fra i militari, nel secondo caso il re entrava a far parte della casta sacerdotale e veniva iniziato ai misteri religiosi. La dottrina sacerdotale egizia era "intessuta di sapienza enigmatica" ed anche il nome del dio
Amun
veniva collegato al significato di "occultamento".
Molti sapienti greci avevano avuto contatti con i sacerdoti egiziani, tra questi
Solone
,
Talete
,
Platone
,
Eudosso
,
Pitagora
e
Licurgo
.
Pitagora
aveva particolarmente apprezzato i precetti degli egiziani tanto che, secondo
Plutarco
, alcune delle sue massime derivavano proprio da quanto egli aveva appreso nei suoi viaggi in
Egitto
.
Dopo queste premesse
Plutarco
raccomanda alla sua dedicataria Clelia (ed ai lettori in generale) di tener sempre presente la tendenza all'allegoria che caratterizzava la filosofia e la religione egiziane nell'interpretare i miti che egli si appresta a narrare.
Quando
Rea
e
Crono
(=
Nut
e
Geb
) si unirono, il Sole (=
Amun
) per gelosia li colpì con la maledizione di non poter generare figli "né in un mese, né in un anno"; ma la maledizione fu scongiurata dall'astuzia di
Ermes
(=
Toth
) il quale giocò a carte con la luna vincendole la settantesima parte di ogni lunazione.
Ermes
-
Toth
utilizzò quanto aveva vinto per formare cinque giorni "intercalari" nei quali
Rea
poté concepire i propri figli:
Osiride
, Horos il Vecchio,
Tifone
(=
Seth
),
Neftys
e
Iside
.
Neftys
, identificata con
Afrodite
, sposò
Tifone
. Di
Osiride
ed
Iside
si diceva che fossero così innamorati da accoppiarsi già nel grembo materno.
Fin dal principio del suo regno
Osiride
fu un grande civilizzatore, viaggiò per tutto l'
Egitto
insegnando l'agricoltura ed i rituali religiosi, ma al suo ritorno
Seth-Tifone
riuscì con un inganno a chiuderlo in un sarcofago che fu gettato nel Nilo e trascinato in mare dal fiume.
Disperata,
Iside
cercò ovunque lo sposo finché dei bambini non la informarono di aver visto il sarcofago giungere al mare.
La dea cercò anche un bambino avuto dalla sorella
Neftys
quando questa si era unita ad
Osiride
facendogli credere di essere
Iside
. Per timore del marito
Tifone
,
Neftys
aveva esposto il bambino ma la dea lo salvò e lo allevò. Il bambino fu chiamato
Anubis
e divenne fedele guardiano degli dei.
Infine
Iside
seppe che la bara di
Osiride
di era arenata sulle coste fenicie, presso la città di Byblos. Intorno vi era cresciuta una pianta di erica di portentose dimensioni, il re del luogo - senza notare la bara - aveva fatto prelevare il tronco della pianta per farne una colonna della sua casa.
Iside
, giunta a Byblos, prese l'abitudine di sedere a lungo presso una fontana piangendo e meditando sul proprio dolore finché non fu notata dalla regina di quel paese che la volle sua amica e nutrice di suo figlio.
E' evidente come qui il racconto ricalchi quello delle peregrinazioni di
Demetra
in cerca di
Persefone
(
Inno Omerico a Demetra
) infatti anche
Iside
decide di rendere immortale il figlio del re con un rito purificatorio svolto con il fuoco ma lo sgomento della regina interrompe il rito ed impedisce il compimento del prodigio.
Infine
Iside
(come
Demetra
) si manifesta e chiede che le venga consegnato il fusto dell'erica del quale farà un monumento funebre per
Osiride
.
Dopo aver svolto drammatici lamenti funebri,
Iside
tornò in
Egitto
e nascose la bara in un luogo isolato ma
Seth
la trovò e fece a pezzi la salma di
Osiride
, quindi sparse i pezzi per tutto il paese. Questo particolare del mito, dice
Plutarco
, serviva a spiegare il fatto che in diverse loclità dell'
Egitto
si venerassero altrettanti sepolcri di
Osiride
.
Iside
riprese la ricerca e, navigando il Nilo e le sue paludi su zattere di papiro, rintracciò tutti i resti del corpo dello sposo, costruendo appunto una tomba per ogni parte. Non riuscì a trovare solo il membro virile di
Osiride
, che era stato mangiato dai pesci, e ne fece uno finto inaugurando alcune celebrazioni falliche della liturgia egiziana, riti propiziatori della fertilità che contribuivano, fra l'altro, all'identificazione di
Osiride
con il greco
Dioniso
.
Successivamente
Osiride
tornò dall'Oltretomba per istruire
Horos
nell'arte della guerra.
Plutarco
distingue questo
Horos
, figlio di
Iside
e
Osiride
, dal loro fratello Horo il Vecchio.
Quando fu pronto,
Horos
attaccò
Tifone
e dopo una lunga battaglia lo sconfisse e lo consegnò in catene ad
Iside
. La dea, tuttavia, trattò il nemico con clemenza, gli risparmiò la vita e lo lasciò libero. Questa decisione offese
Horos
che strappò la corona regale dal capo della madre, corona che fu poi sostituita con un elmo a forma di testa bovina (qui
Plutarco
ingentilisce il racconto: nella tradizione egiziana
Horos
decapitava
Iside
, la cui testa veniva sostituita con quella di una vacca).
Durante la permanenza di
Osiride
nel mondo dei vivi
Iside
si unì ancora a lui generanto
Arpocrate
, offeso negli arti inferiori.
Concluso il racconto del mito,
Plutarco
- che continua a rivolgersi alla sua dedicataria - ne affronta un'interpretazione.
Egli non sposa le tesi razionalistiche che cercavano di spiegare tutti i racconti mitologici con le gesta di esseri umani particolarmente valorosi e possenti vissuti in epoche arcaiche, anzi polemizza apertamente con queste tesi, in particolare con quella di
Evemero di Messene
. Per contro non intende neanche accettare alla lettera la narrazione mitica con tutti i suoi particolari fantasiosi ed a volte scabrosi.
Egli abbraccia invece la dottrina demonologica della scuola platonica e degli stoici, dottrina che concepiva i demoni come uno stadio intermedio fra la divinità increata, eterna, immortale e la condizione degli esseri umani.
Pur essendo immensamente più potenti degli uomini, dice l'autore, i demoni dispongono di un elemento divino che "non si presenta mai puro e incorrotto", sono sensibili al piacere ed al dolore e da questi possono essere influenzati. Cosi si spiegano alcuni racconti mitici i cui sovrannaturali protagonisti subiscono sofferenze o commettono atti di ingiustizia o crudeltà come certo non si addice ad una più alta e spirituale concezione del divino.
Come gli essere umani, i demoni sono tenuti a dar conto, prima o poi, delle loro azioni; come gli esseri umani possono avere natura buona o maligna.
Quindi
Seth
era un demone malvagio, mentre
Iside
e
Osiride
erano in origine demoni buoni che, per le loro virtù, furono poi trasformati in dei, come fra i Greci
Eracle
e
Dioniso
.
A
Tifone
si dedicavano feste e rituali particolari che prevedevano invettive contro le persone con i capelli rossi (come quelli di
Tifone
, appunto) ed il sacrificio di un asino, animale considerato nefasto e in qualche modo correlato con questa malvagia divinità.
Qui
Plutarco
nota che per gli Egiziani i sacrifici non consistevano, come per i Greci, nell'offrire agli dei qualcosa a loro gradito, al contrario sacrificavano loro oggetti ritenuti infasti ed empi (volendo forse rappresentare una vittoria delle forze benigne su quelle malvage). In questo contesto si inquadrano il suddetto sacrificio dell'asino e la consuetudine di scagliare maledizioni sulle vittime prima di immolarle.
Così come i Greci identificavano, ad esempio,
Crono
con il tempo ed
Efesto
con il fuoco, gli Egiziani identificavano spesso
Osiride
con il Nilo, potenza benigna e fecondatrice e
Tifone
con il mare, elemento che essi ritenevano impuro e malvagio, come già annotato in precedenza.
O ancora, nell'interpretazione dei "sacerdoti più sapienti" si poneva
Osiride
in relazione con tutto ciò che è umido ed apportatore di vita mentre
Tifone
si identificava con quanto è arido e causa di siccità.
Plutarco
torna sul tema dell'identificazione di
Osiride
con
Dioniso
dimostrandola anche con le analogie fra i riti dionisiaci e quelli professati dai sacerdoti di
Osiride
in occasione della morte del toro
Api
e citando in merito una serie di autori per noi generalmente perduti.
In inverno, quando il livello del Nilo decresce e la terra si spoglia, si celebravano i riti relativi all'imprigionamento di
Osiride
, alla sua scomparsa ed al suo ritrovamento. Un'urna d'oro che rappresentava la bara di
Osiride
veniva riempita di acqua potabile che alludeva alla natura umida e fecondatrice del dio, si modellava poi - con un impasto di terra fertile, acqua pura e profumi - la figura di una falce di luna a rappresentare
Iside
e la sua unione con
Osiride
.
Anche la guerra di
Horos
contro
Seth
, che viene sconfitto ma non distrutto, era riconducibile ai fenomeni naturali, in particolare al lento processo di sedimentazione che aveva formato la valle del Nilo in un'area un tempo occupata dal mare.
Problematica l'analisi dell'identificazione di queste divinità con i corpi celesti. Sulla base di ragionamenti svolti sull'umidità e sull'aridità
Osiride
viene identificato con la luna e
Seth
con il sole in quanto - ad esempio - ci si riferisce al rapporto fra i cicli lunari e le fasi di piena del Nilo, mentre è più semplice mettere in rapporto il calore del sole con la siccità.
Tuttavia, e questo rende molto ostica l'esposizione plutarchea, in questa parte del trattato non si può fare a meno di considerere il sole stesso come potenza genitrice ed allora la luna, di questa potenza, diviene in qualche modo mediatrice: "fecondata e resa gravida dal sole, essa rilancia ancora nell'aria degli elementi germinali e li dissemina".
Esposte questa ed altre teorie correlate,
Plutarco
conclude che è nell'insieme di questa simbologia e di questi sforzi di interpretazione che si deve ricercare la verità. L'universo, per
Plutarco
, non è retto dal caso, ma neanche da una sola volontà intelligente, è piuttosto il risultato di elementi innumerevoli e complessi in ciascuno dei quali sono presenti il bene ed il male, quindi nulla è completamente puro.
Simili argomentazioni, racconta
Plutarco
, erano presenti anche nella religione persiana così come formulata da Zoroastro (Zaratustra). Questa dottrina parlava di un dio benevolo, Horomases (Auha Mazda) e di uno malvagio, Arimanios (Ahura Mayniu), corrispondenti alla luce ed alle tenebre, al bene ed al male.
Da queste due divinità derivavano una serie di numi e demoni minori attraverso i quali bene e male finivano per mescolarsi e confondersi ma quando il dio malvagio sarà distrutto dai mali da lui stesso creati, nel mondo torneranno armonia e felicità.
Il dualismo dei
Persiani
, dei
Caldei
e degli Egiziani era presente anche nella religione greca (
Plutarco
cita ad esempio la contrapposizione fra
Zeus
ed
Ades
), nonché nel pensiero dei maggiori filosofi.
La parte migliore, la natura divina, si compone a sua volta di tre elementi: il principio intellegibile, la materia, ed il risultato della loro unione, rispettivamente rappresentati nella religione egiziana da
Osiride
,
Iside
ed
Horos
.
Osiride
è dunque "l'origine", il principio generativo,
Iside
è l'elemento ricettivo in grado di generare la vita e
Horos
il prodotto della loro unione.
Questo modello, per
Plutarco
, è conciliabile anche con quello esiodeo (
Caos
, Terra,
Tartaro
,
Eros
) se si fa corrispondere
Osiride
ad
Eros
(principio vivificante),
Iside
alla Terra (generazione),
Tifone
con il
Tartaro
(le tenebre, il male) e si lascia al
Caos
il ruolo di "spazio sottostante l'Universo".
Dopo aver approfondito la disanima degli aspetti dualistici del mito e la loro diffusione trasversale nella cultura egiziana, nella greca ed in quelle orientali,
Plutarco
propone un'interpretazione di più ampio respiro nella quale
Osiride
ed
Iside
rappresentino "quanto risulti ordinato, buono e utile", mentre
Tifone
tutto ciò che non è equilibrato per eccesso o per difetto.
Questa concezione universale, sottolinea
Plutarco
, supera ogni visione limitativa del divino, dall'idea che gli dei dei quali si tratta possano essere solo egiziani a quella di identificarli con questo o quel fenomeno naturale.
Fondamentale, per chiarire questa concezione, la frase "non ci sono dei diversi per popoli diversi".
Per evitare i pericoli della superstizione e dell'ateismo,
Plutarco
propone un "criterio razionale che nasca dalla filosofia", quindi esorta ancora a non prendere alla lettera i significati delle varie religioni, a non confondere, per esempio, un animale consacrato ad un dio con il dio stesso, e così via.
Particolarmente insensate le credenze che derivano dal mito nel quale gli dei, per sfuggire
Tifone
, si sarebbero trasformati in animali, oppure da quello in cui
Tifone
stesso avrebbe avrebbe assunto varie forme animali. A questi miti si correlavano una serie di riti sacrificali e propiziatori che in qualche caso arrivavano a prevedere anche vittime umane.
Ed ancora
Plutarco
prosegue nel considerare come le rappresentazioni figurative degli dei, i rituali, le tradizioni svolgano un ruolo simbolico di grande importanza e denso di significati che però, se non interpretati alla luce razionale della filosofia, rischiano di essere travisati e di provocare la superstizione.