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PLUTARCO
VITE PARALLELE
VITA DI
TEMISTOCLE
E
CAMILLO
Temistocle
Temistocle
era figlio di Neocle, che non era uno dei notabili di
Atene
: il suo demo era quello di Pftearrhioi, la tribu quella dei Leontidi. Sua madre era di "sangue misto", si chiamava Abrotono o, secondo altri, Euterpe e proveniva dalla
Tracia
o dalla
Caria
.
Fin da ragazzo,
Temistocle
dimostrò gli aspetti salienti del suo carattere: indole perspicace ed intelligenza pratica.
Faceva grande affidamenteo sul proprio intuito e ciò lo portò ad essere trascurato e superficiale negli studi, tanto che da adulto fu spesso oggetto di derisione da parte delle persone colte. Lo scrittore
Stesimbroto
narrava che
Temistocle
era allievo di
Anassagora
e di
Melisso
, ma
Plutarco
confuta questa affermazione per motivi cronologici. Certo invece è che quando già aveva preso ad occuparsi di politica fu suo maestro
Mnesifilo
, filosofo che
professava quella che allora si chiamava la sapienza ed era la destrezza in politica e nell'intelligenza pratica
.
Temistocle
, più tardi, riconobbe di aver commesso in gioventù molti errori ed atti impulsivi dovuti al suo carattere ma osservava che
anche i puledri più impetuosi diventano ottimi corsieri quando ricevono l'addestamento e la scozzonatura convenienti
.
Plutarco
respinge anche la notizia - che leggeva in alcune sue fonti - che
Temistocle
da giovane venisse diseredato dal padre, provocando un tale scandalo che la madre si uccise per il disonore.
Entrato in politica giovanissimo,
Temistocle
si scontrò presto con il rivale
Aristide
che, secondo
Plutarco
, aveva carattere opposto ed era particolarmente moderato. Quando
Milziade
ottenne il grande successo militare di
Maratona
contro i
Persiani
,
Temistocle
intuì che quella battaglia, lungi dall'essere la conclusione della guerra, era il preambolo di un più grande conflitto. Su questa previsione si concentrò e basò la linea della sua politica futura.
Temistocle
convinse gli
Ateniesi
a rinunciare alla spartizione degli utili delle miniere del
Laurio
per destinarli alla costruzione di una flotta di triremi con la quale combattere contro
Egina
.
Secondo
Plutarco
,
Temistocle
riuscì a promuovere questa deliberazione perché in quegli anni (
483
-
482 a.C.
) il pericolo rappresentato dagli
Egineti
era più immediato e visibile, per gli
Ateniesi
, dell'eventualità di un attacco da parte persiana.
La legge navale voluta da
Temistocle
segnò la nascita della potenza marittima ateniese.
Temistocle
era estremamente ambizioso e per rendersi popolare usava offrire dispendiosissimi banchetti e festini, pratica questa che finanziava con un'intensa e a volte spregiudicata attività di affarista. A proposito della liberalità di
Temistocle
,
Plutarco
racconta che fu corego (cioè finanziò la rappresentazione teatrale) per le
Fenicie
di
Frinico
nel
476
, dramma politico dedicato alla battaglia di
Salamina
.
Quando infine i
Persiani
cominciarono a pretendere la sottomissione delle città greche,
Temistocle
che reggeva quell'anno la carica di arconte (
481 a.C.
) portò avanti con estrema decisione il suo programma politico respingendo da un lato le richieste dei
Persiani
e adoperandosi dall'altro perché le città greche - accantonando le proprie contese - facessero fronte comune.
Temistocle
partecipò ad una spedizione a
Tempe
, per presidiare l'ingresso in
Tessaglia
contro la penetrazione persiana via terra, quindi guidò la flotta ateniese all'
Artemisio
per sorvegliare gli stretti. In questa operazione
Atene
aveva conferito il maggior numero di navi (centoquaranta su duecentoottanta, stando a
Diodoro
) ma
Temistocle
, diplomaticamente, lasciò il comando al navarco spartano
Euribiade
per evitare che contrasti con
Sparta
indebolissero la coesione dei
Greci
di fronte ai
Persiani
.
Plutarco
parla qui di un episodio di corruzione:
Temistocle
avrebbe accettato denaro dagli abitanti di
Eubea
per garantire loro particolare protezione e lo avrebbe girato ad
Euribiade
. Lo stesso episodio è riportato da
Erodoto
, ma questo afferma che
Temistocle
tenne per se la maggior parte del denaro.
Gli scontri all'
Artemisio
non portarono a risultati particolarmente significativi, tuttavia furono una preziosa occasione per gli
Ateniesi
di esperienza nei combattimenti navali.
Quando giunse la notizia della battaglia delle
Termopili
(agosto
480 a.C.
) e della caduta in mano persiana dei pozzi sulla terraferma, la flotta ripiegò verso l'interno della
Grecia
. Durante il viaggio
Temistocle
fece propaganda presso le colonie della
Ionia
perché prendessero posiziona contro i
Persiani
.
In generale i
Greci
non trovarono la forza e la coesione necessarie per affrontare il grande esercito di
Serse
e gli
Ateniesi
si trovarono presto isolati. Per fronteggiare questa situazione,
Temistocle
propose ai concittadini di evacuare la città e di prepararsi a combattere in mare. Per far approvare la proposta non esitò a ricorrere a metodi spregiudicati e a far leva sulla religione e sulle superstizioni: strumentalizzando opportunamente l'interpretazione degli oracoli e dei presagi, riuscì a convincere gli
Ateniesi
che gli dei volevano che la città venisse abbandonata.
Gran parte della cittadinanza si trasferì dunque a
Trezene
, dove venne accolta con grande generosità (secondo altri autori, fra cui
Diodoro
, la popolazione fu smistata anche in altre località come
Egina
e
Salamina
).
Temistocle
promosse un decreto per riammettere gli esiliati, fra i quali
Aristide
che proprio per sua istigazione era stato ostracizzato circa due anni prima. Secondo
Plutarco
,
Temistocle
propose questa sorta di aministia generale per evitare che gli esuli si associassero ai
Persiani
.
Quando i
Greci
si trovarono di fronte alla vastissima flotta persiana mentre lo sterminato esercito di
Serse
procedeva indisturbato nell'entroterra, furono colti dal panico e molti decisero di tentare la fuga. Qui
Temistocle
operò la più spericolata delle sue manovre: inviò un certo
Sicinno
, precettore dei suoi figli, in ambasceria segreta presso
Serse
ad avvertirlo che i
Greci
stavano preparando una ritirata. Fingendo di essere passato al nemico,
Temistocle
consigliava a
Serse
di attaccare immediatamente le navi greche, senza dar loro il tempo di preparare una difesa e di ricevere soccorso da terra. (Questo espisodio è considerato da molti critici moderni una pura invenzione, anche se
Plutarco
non è il solo autore a farne menzione).
Quando i
Greci
, la cui flotta era radunata presso
Salamina
, si trovarono accerchiati dalle navi persiane, non ebbero altra via di scampo che il combattimento. In quell'occasione anche
Aristide
, rientrato dall'esilio in forza del decreto di cui sopra, prestò a
Temistocle
il supporto del suo aiuto e del suo prestigio personale.
Le navi ateniesi erano centoottanta, ciascuna imbarcava diciotto uomini (quattordici
opliti
e quattro arcieri), le navi persiane erano invece milleduecentosette. A vantaggio dei
Greci
giocavano la migliore governabilità delle loro triremi e la conoscenza del luogo che consentiva loro un miglior sfruttamento dei venti. Gli scontri durarono tutto il giorno ed alla fine il coraggio degli
Ateniesi
e l'abilità di
Temistocle
permisero di portare a termine
la più splendida impresa che
Greci
o barbari abbiano mai compiuto in mare
.
Dopo la vittoria ateniese,
Serse
continuava a trattenersi in
Grecia
, facendo nuovi tentativi di attacco via terra. Fra i
Greci
si discusse se tagliare il ponte di barche costruito da
Serse
sull'
Ellesponto
, intrappolando in questo modo le forze persiane in
Europa
, oppure - al contrario - agire in modo da provocare la più rapida ritirata di
Serse
in
Asia
.
Il racconto di questa discussione è riportato da molte fonti anche se variano i nomi e le posizioni degli interlocutori. In
Plutarco
è
Aristide
ad auspicare la ritirata persiana davanti a
Temistocle
che aveva proposto, ma solo per provocazione, il taglio del ponte. Viene inoltre inserito un altro episodio di dubbia storicità in cui
Temistocle
invia di nuovo un messaggero a
Serse
per "consigliargli" di lasciare l'
Europa
, avvertendolo che i
Greci
tramavano di intrappolarlo all'
Ellesponto
. Di fatto l'esercito persiano tornò a casa e
Temistocle
ricevette grandi onori dai suoi concittadini ed anche dagli
Spartani
.
Atene
fu ripopolata e
Temistocle
pose immediatamente mano alla sua ricostruzione ed alla sua fortificazione. Come racconta anche
Tucidide
, in questo periodo
Temistocle
intratteneva difficili relazioni diplomatiche con gli
Spartani
che non vedevano di buon occhio la costruzione delle mura di
Atene
.
Venne attrezzato il porto del
Pireo
(la cui costruzione era in realtà iniziata alcuni anni prima) con il progetto di congiungere l'intera città al mare. La politica di
Temistocle
rivolta al mare e le sue conseguenze sull'economia giocarono a favore delle classi popolari mentre l'aristocrazia rimaneva tradizionalmente legata all'agricoltura.
Ben presto, mentre il tempo diluiva il ricordo glorioso di
Salamina
, vari detrattori presero ad infangare la reputazione di
Temistocle
. Per diversi motivi egli era avversato dagli
Spartani
, dei quali cercava di contenere l'influenza e l'autorità, e in
Atene
contava parecchi antagonisti.
Plutarco
ricorda gli attacchi verbali mossi contro
Temistocle
dal poeta
Timocreonte
, del quale riporta alcuni frammenti.
Timocreonte
era stato esiliato da
Atene
perché sospettato di simpatie persiane, pare, e
Temistocle
era stato fra i promotori della sua condanna.
Questa situazione culminò con l'ostracismo subito da
Temistocle
per soffocare il prestigio e la supremazia di cui godeva
.
Plutarco
sostiene che l'ostracismo non era una vera punizione ma era una misura necessaria
contro tutti coloro la cui potenza era giudicata oppressiva e sproporzionata rispetto all'uguaglianza democratica
.
Temistocle
, esiliato, si trasferì ad
Argo
ma i suoi nemici continuarono ad agire contro di lui e quando il re spartano
Pausania
fu processato e condannato a morte per aver stretto rapporti segreti con i
Persiani
,
Temistocle
venne coinvolto a causa di certe sue lettere che furono ritrovate presso
Pausania
. Secondo
Plutarco
è vero che
Temistocle
ricevette proposte compromettenti da
Pausania
, ma le avrebbe respinte rifiutando di partecipare ad un tradimento ai danni della
Grecia
.
Temistocle
cercò di difendersi scrivendo lettere, ma quando seppe che ad
Atene
era stato deciso il suo arresto lasciò
Argo
e rifugiò a Corcira. I Corciresi avevano verso
Temistocle
un debito di gratitudine in quanto anni prima, chiamato a far da giudice in una disputa fra Corcira e
Corinto
per il possesso di
Leucade
, egli li aveva agevolati comminando un risarcimento ai
Corinzi
. Dopo una breve sosta, comunque,
Temistocle
lasciò Corcira e fuggì in
Epiro
, presso
Admeto re dei Molossi
. Fra
Temistocle
ed
Admeto
non correva buon sangue in quanto, ai tempi della sua potenza,
Temistocle
aveva respinto una richiesta di aiuto che
Admeto
aveva rivolto agli
Ateniesi
. Tuttavia, ricorrendo ad un rituale antico e consolidato presso i
Molossi
,
Temistocle
prese in braccio il figlioletto del re e si inginocchiò in atteggiamento da supplice. Davanti a questo comportamento
Admeto
, per motivi religiosi, fu costretto ad accordare protezione al supplice. Questo episodio è ricordato anche da
Tucidide
che, come
Plutarco
, precisa che fu probabilmente la moglie di
Admeto
a consigliare
Temistocle
istruendolo sui particolari del rituale.
Mentre soggiornava presso
Admeto
,
Temistocle
fu raggiunto dalla moglie e dai figli che avevano potuto lasciare
Atene
grazie all'aiuto dell'amico
Epicrate di Acarnania
al quale, più tardi,
Cimone
farà pagare con la vita questa azione. Il pellegrinaggio di
Temistocle
continuò a lungo con varie tappe più o meno precisamente testimoniate dalle fonti di
Plutarco
il quale non manca di esprimere le proprie perplessità in merito.
Giunse infine in
Asia Minore
dove fu per qualche tempo ospite del ricco
Nicogene
(in altre fonti il personaggio ha il nome di
Lisitide
), in questo periodo un sogno premonitore convinse
Temistocle
a cercare definitivo rifugio in
Persia
, presso i suoi antichi nemici.
Giunto in
Persia
,
Temistocle
chiese udienza al re. Se si trattasse di
Serse
o di suo figlio
Artaserse
era questione già dubbia e discussa nell'antichità, tanto che
Plutarco
non prende posizione e precisa le fonti dalle quali poteva leggere l'una o l'altra versione.
Con grande audacia ed abilità,
Temistocle
riuscì ad ottenere il rispetto prima e la fiducia poi del re persiano. Chiese ed ottenne un anno di tempo per imparare la lingua e le usanze dei
Persiani
, quindi divenne influente presso la corte tanto che gli furono assegnate le rendite di tre città:
Magnesia
,
Lampsaco
e
Miunte
. Questi successi attirarono su
Temistocle
l'invidia e l'odio di molti notabili
persiani
e
Plutarco
racconta come
Temistocle
sfuggì per caso (o per un altro sogno premonitore) ad un agguato mortale.
Stabilitosi a
Magnesia
,
Temistocle
vi visse a lungo in serenità e prosperità mentre il re, impegnato in problemi interni, poco si occupava dei rapporti con la
Grecia
. Quando però la rivolta egiziana contro la dominazione persiana fu sostenuta dagli
Ateniesi
e
Cimone
cominciò a riaffermare la supremazia greca sul mare, i
Persiani
decisero di riaprire le ostilità e a
Temistocle
venne ordinato di
mettere mano agli affari della
Grecia
e di attuare le promesse da lui fatte
.
Temistocle
non volle scendere in guerra contro i propri concittadini e decise di suicidarsi. Secondo una tradizione che
Plutarco
cita con perplessità, lo fece bevendo sangue di toro (ritenuto letale dagli antichi), comunque morì di veleno all'età di sessantacinque anni. Il re ammirò la fatale decisione di
Temistocle
che ebbe un bel monumento funebre sulla piazza di
Magnesia
ma alcune fonti sostennero che le sue ceneri fossero successivamente trafugate dagli
Ateniesi
e riportate in patria, oppure disperse. Suggestiva l'ipotesi che
Plutarco
riprende da
Diodoro il Periegeta
, per cui i resti di
Temistocle
sarebbero in un basamento a forma di altare nel grande porto del
Pireo
.
Camillo
Furio Camillo
ricoprì molte cariche pubbliche, fu cinque volte
dittatore
e gli venne tributato il titolo di "secondo fondatore di
Roma
" ma non ebbe mai la carica di
console
. Le ragioni sono da ricercarsi nella particolare situazione politica dell'epoca: la
plebe
stava combattendo in quegli anni per ottenere l'accesso alla massima magistratura dello Stato, il consolato era ancora prerogativa dei
patrizi
. Tuttavia i
patrizi
, a causa delle contingenti attività militari contro
Veienti
,
Equi
e
Volsci
, decisero di conferire poteri consolari ai tribuni militari, poiché questa carica poteva essere rivestita anche dai
plebei
, la deliberazione servì a mitigare le tensioni sociali.
La Gens Furia, il casato di
Camillo
, non era molto illustre ed egli conquistò con le proprie risorse il prestigio personale a cominciare da quando, giovanissimo, partecipò alla battaglia del
Monte Algido
, sotto il
dittatore
Aulo Postumio Tuberto
compiendo atti di eroismo che gli arrecarono molti onori fra cui l'elezione alla carica di censore. (
La cronologia proposta da
Plutarco
è discussa. Dai
Fasti
, infatti, risulta che
Camillo
fu censore nel
403 a.C.
, ventotto anni più tardi della battaglia. Del resto all'epoca della battaglia (
431
o
432 a.C.
)
Camillo
doveva avere circa sedici anni e la carica di censore era di solito ricoperta da uomini maturi, spesso ex
consoli
.
).
Come censore
Camillo
prese due provvedimenti particolari: la tassa sul celibato per indurre i celibi a sposare le vedove rese molto numerose dalle frequenti guerre e l'abrogazione delle esenzioni fiscali di cui godevano gli orfani, provvedimento quest'ultimo reso necessario dagli alti costi della guerra contro i
Veienti
.
Ricca e potente città etrusca, da sempre avversaria dei
Romani
,
Veio
era da anni assediata. L'esercito romano, in questa occasione, aveva dovuto cambiare abitudini passando dalle consuete e rapide campagne estive ad un lungo assedio che proseguiva durante l'inverno. Al settimo anno di assedio il
Senato
destituì i comandanti risultati inabili a concludere la guerra rapidamente e ne nominò anticipatamente di nuovi, fra cui
Camillo
, allora tribuno militare.
Tuttavia a
Camillo
toccò in sorte di agire non contro
Veio
, ma contro
Falerii
e
Capenati
i quali, approfittando della situazione avevano più volte violato il territorio romano.
In quell'anno (
399 a.C.
, ma
389 a.C.
in altre fonti) le acque del
lago Albano
strariparono: verificandosi in un periodo di siccità il fenomeno fu considerato un prodigio originato dalla volontà degli dei.
Un aruspice veiente catturato dai
Romani
svelò un antico presagio secondo il quale
Veio
non sarebbe caduta finché le acque del
lago Albano
non fossero state canalizzate. Il
Senato
inviò una delegazione a
Delfi
per consultare l'oracolo il quale confermò il vaticinio dell'indovino prigioniero aggiungendo che la tracimazione del lago era una punizione per i
Romani
che, impegnati nell'assedio di
Veio
, avevano trascurato alcuni riti religiosi. (
Poiché il
lago Albano
e la città di
Veio
sono piuttosto lontani non è chiaro il nesso fra lo straripamento dell'uno e la caduta dell'altra. La critica moderna ritiene che si tratti della contaminazione fra due diverse tradizioni. Inoltre il racconto dell'indovino catturato e dell'espiazione necessaria per la vittoria presentano analogie con alcuni episodi omerici come la cattura di
Eleno
che svela le segrete profezie di
Troia
)
. Al decimo anno di guerra il
Senato
decise di sospendere tutte le magistratire e di nominare
Camillo
dittatore
.
Camillo
scelse come comandante della cavalleria
Cornelio Scipione
quindi fece voto di celebrare i "ludi magni" e di erigere un tempio alla
Mater Matuta
in caso di vittoria. Prima di attaccare
Veio
,
Camillo
sconfisse definitivamente
Falerii
e
Capenati
. Preso atto delle difficoltà dell'assedio
Camillo
ordinò di scavare cunicoli sotterranei per penetrare di nascosto all'interno della città. La tradizione narra, ma
Plutarco
esprime la propria perplessità, che i soldati romani uscirono dal cunicolo proprio all'interno di un tempio dove il re dei
Veienti
stava celebrando un sacrificio.
Veio
fu comunque espugnata e dal suo saccheggio i
Romani
ricavarono un ricco bottino.
Camillo
decise di trasferire a
Roma
la statua di
Giunone
che si trovava nel più importante tempio di
Veio
. Si narravano diversi prodigi, in merito all'episodio, tramite i quali la dea avrebbe espresso il suo assenso.
Plutarco
, pur osservando che la rapida ascesa di
Roma
deve aver incontrato il favore degli dei, invita alla prudenza nel valutare i prodigi e, in generale, le cose divine.
Il successo conseguito e la lode generale stimolarono l'orgoglio di
Camillo
che volle per se un trionfo fastoso, su una quadriga di cavalli bianchi, questa ostentazione danneggiò pericolosamente la sua popolarità. Contribuirono inoltre a renderlo inviso alla popolazione le sue esitazioni in merito alla spartizione del bottino e alla proposta di trasferire a
Veio
una parte della popolazione.
Il contegno di
Camillo
fu ambiguo ed irritante anche in un'altra occasione: dopo aver spartito il bottino egli "ricordò" di aver fatto voto di inviare un donativo al santuario di Apollo Delfico in caso di vittoria. Il
Senato
fu costretto ad imporre ai soldati la restituzione di una parte di quanto avevano ricevuto (provvedimento che ovviamente risultò molto impopolare).
Le donne romane offrirono spontaneamente i loro ornamenti d'oro per inviare un donativo a
Delfi
. La nave della delegazione romana che doveva portare l'offerta al Santuario patì numerose vicissitudini e finì per essere catturata dagli abitanti delle
Isole Eolie
che ritenevano si trattasse di una nave pirata. Risolse la situazione lo stratego di
Lipari
, che fece scortare a destinazione la nave romana.
Trascorso del tempo (
394 a.C.
) i
Falisci
riaprirono le ostilità e
Camillo
fu eletto tribuno militare per la terza volta, in considerazione del suo prestigio e della sua esperienza.
Camillo
attaccò la città di
Falerii
(Civita Castellana) e la cinse di assedio. Qui
Plutarco
racconta un episodio che, sia pur privo di fondamento storico, fu a lungo usato come "exemplum" di lealtà dagli oratori romani. Un abitante di
Falerii
, precettore dei giovani, consegnò a
Camillo
i suoi allievi perchè li usasse come ostaggi.
Camillo
, inorridito da un simile tradimento, rifiutò l'offerta, rimandando in città i ragazzi e facendo loro trascinare l'infedele precettore denudato e flagellato. Colpiti dalla lealtà del nemico, i
Falisci
si arresero, subirono solo un lieve tributo e divennero alleati dei
Romani
. In realtà la guerra con
Falerii
si concluse in modo incruento con la resa dei
Falisci
.
Il mancato saccheggio di
Falerii
non piacque al popolo, così come l'opposizione di
Camillo
al progetto di trasferire parte della popolazione a
Veio
e, nonostante la gloria delle sue imprese ed il lutto che aveva colpito la sua casa per la perdita di un figlio,
Camillo
divenne molto impopolare (i fatti narrati in questa parte del racconto sono però di origine tradizionale e la loro storicità è molto discussa anche perché non trovano concordanti le varie fonti antiche). Infine, quando stava per essere sottoposto ad un processo perché ingiustamente accusato di essersi appropriato di una parte del bottino di
Veio
,
Camillo
decise di lasciare
Roma
e partire in esilio volontario (
391
). Vuole la tradizione che
Camillo
, partendo, scagliasse una maledizione contro la patria ingrata, maledizione che molti associarono alla tragica invasione dei
Galli
che seguì di lì a poco.
Non fu invece preso in considerazione il racconto di un plebeo di nome
Marco Cedicio
che riferì di essersi sentito chiamare da una voce misteriosa mentre camminava in strada di notte e disse che la voce gli aveva ordinato di avvertire i tribuni che i Galli stavano per arrivare.
I
Galli
(che
Plutarco
definisce "celti di razza" mentre altri autori consideravano celti e
galli
come sinonimi) cominciarono ad espandersi ed emigrare perché la loro terra era diventata insufficiente. Una parte di loro si diresse nel Nord
Europa
, un'altra si stabilì ad est dei
Pirenei
(
Francia Meridionale
).
Plutarco
riporta il racconto tradizionale secondo il quale i
Galli
si spinsero in
Italia
dopo aver scoperto il vino. A farglielo assaggiare fu un etrusco di nome Arunte, in cerca di vendetta per essere stato costretto a lasciare la sua città dalle trame del pupillo e della moglie adultera.
Superate le
Alpi
, i
Galli
invasero la Padania venendo in conflitto con gli
Etruschi
e conquistando molte delle loro città.
Quando i
Galli
arrivarono a
Chiusi
, gli abitanti di questa città chiesero aiuto ai
Romani
. Il
Senato
inviò una delegazione formata da tre membri della
famiglia dei Fabii
a parlamentare con gli assedianti, ma il re dei
Galli
Brenno
non accettò trattative. Gli ambasciatori romani si unirono quindi ad una sortita dei
Chiusini
contro gli assedianti ed uno di loro,
Quinto Fabio Ambusto
, fu riconosciuto mentre duellava con un gallo.
Brenno
sfruttò l'episodio per aprire le ostilità con
Roma
ed inviò ambasciatori a chiedere soddisfazione per la violazione del "diritto delle genti" che
Fabio Ambusto
aveva commesso impugnando le armi nel corso di una missione diplomatica. A
Roma
si discusse sul da farsi, alcuni proposero di consegnare
Fabio Ambusto
ai
Galli
o di offrire loro un risarcimento in denaro, ma l'assemblea popolare stabilì di respingere la richiesta, anzi
Ambusto
e i suoi fratelli furono nominati tribuni militari. A queste notizie i
Galli
mossero contro
Roma
e poiché i
Romani
avevano preparato la difesa con molta negligenza furono tragicamente sconfitti sulle sponde del
fiume Allia
(
390 a.C.
). Per fortuna dei
Romani
, i
Galli
si lasciarono prendere dall'euforia della vittoria, si accontentarono di saccheggiare il campo nemico e lasciarono agio alla popolazione rimasta in città di rifugiarsi sul
Campidoglio
, al riparo delle fortificazioni.
Vestali
e sacerdoti portarono in salvo molti oggetti sacri custoditi nei templi. Qui
Plutarco
ricorda alcuni episodi tradizionali di carattere eroico riportati anche da molte altre fonti: la pietà del popolano
Lucio Albinio
che cedette il proprio carro alle
vestali
e le aiutò a mettersi in salvo con gli arredi sacri, la descizione degli anziani rimasti nel foro dopo aver fatto voto della propria vita per la salvezza della città e dei concittadini.
Tre giorni dopo la battaglia dell'
Allia
l'esercito dei Celti entrò in
Roma
, trovandola indifesa e quasi disabitata ad eccezione della rocca capitolina. I
Galli
trucidarono gli anziani che erano rimasti nel foro (anche
Plutarco
ricorda l'episodio del barbaro che tirò la barba ad un senatore che reagì colpendolo con un bastone, il che scatenò l'eccidio), quindi si dettero a devastare ed incendiare abitazioni, templi e monumenti, esasperati dalla tenace resistenza dei
Romani
asserragliati sul
Campidoglio
.
Di tanto in tanto i
Galli
inviavano contingenti a razziare le campagne e le città limitrofe. Un nutrito gruppo di loro si spinse fino alle porte di
Ardea
dove
Camillo
, esule, viveva da privato cittadino. Ma
Camillo
, appresa la notizia del
sacco di Roma
, aveva organizzato un esercito di volontari ardeatini con il quale attaccò di notte il campo dei razziatori galli e ne fece strage.
I reduci dell'
Allia
e quanti erano riusciti a fuggire da
Roma
rifugiandosi a
Veio
, chiesero a
Camillo
di assumere il comando ma egli disse che avrebbe rifiutato se non fosse stato nominato ufficialmente dai senatori assediati sul
Campidoglio
. Un giovane
plebeo
di nome
Ponzio Cominio
(il suo nome varia in altre fonti) si sobbarcò la pericolosa impresa di penetrare nottetempo nel
Campidoglio
eludendo la sorveglianza dei
Galli
e portare la proposta agli assediati. I senatori deliberarono immediatamente di conferire la dittatura a
Camillo
e rimandarono indietro il messaggero.
Ottenuta la carica,
Camillo
radunò un esercito di oltre ventimila uomini fra
Romani
ed alleati e si preparò ad attaccare. Nel frattempo i
Galli
avevano notate le impronte e le tracce che
Cominio
aveva lasciato scalando la rocca capitolina ed avevano deciso di tentare un assalto passando per la stessa strada. Il tentativo fu sventato dagli schiamazzi delle famose oche sacre del tempio di
Giunone
, che svegliarono i
Romani
assediati. Fra i difensori si distinse l'ex-console
Marco Manlio
.
Il protrarsi dell'assedio creò grandi difficoltà anche ai
Galli
che non potevano più razziare la campagna a causa della sorveglianza di
Camillo
e, accampati fra le macerie ed i cadaveri, venivano decimati da una grave pestilenza.
Si venne infine ad un patto per cui i
Galli
avrebbero tolto l'assedio dietro il pagamento di un compenso in oro, ma al momento della pesa dell'oro i
Galli
bararono con grande arroganza (in questa occasione
Brenno
avrebbe pronunciato la famosa frase "Guai ai vinti"). Proprio mentre si effettuava il pagamento del riscatto sopraggiunse
Camillo
ed invalidò l'accordo dichiarandolo privo di valore in quanto era stato concluso in sua assenza, dunque senza il consenso della massima autorità dello Stato. (
La critica moderna ritiene che lo spettacolare intervento di
Camillo
fu inventato dalla tradizione antica per addolcire il ricordo bruciante dell'onta subita dai
Romani
con il pagamento del riscatto
).
L'esercito di
Camillo
mise in fuga i
Galli
che si accamparono fuori dalla città, Il mattino seguente
Camillo
li raggiunse e li sconfisse duramente. Molti
Galli
fuggirono ma furono sterminati dagli abitanti dei villaggi della zona,
Roma
veniva così liberata dopo sette mesi di assedio.
Camillo
celebrò naturalmente il trionfo ma l'astio dei suoi avversari non tardò a farsi nuovamente sentire. La ricostruzione della città devastata dall'assedio comportava gravissimi sacrifici e l'idea di trasferire la popolazione a
Veio
tornò quindi di grande attualità,
Camillo
fu fra quanti la ostacolarono, come ricorda anche
Livio
, e con l'appoggio del
Senato
riuscì a convincere la popolazione a rimanere sul posto e a lavorare con grande impegno alla ricostruzione.
Non molto tempo dopo i
Romani
si trovarono nuovamente in guerra con
Equi
,
Volsci
e
Latini
, nonché con gli
Etruschi
che avevano assediato la città di
Sutri
, così
Camillo
fu eletto
dittatore
per la terza volta. Arruolando gli anziani ancora validi,
Camillo
condusse nel
389
una guerra rapida, battendo
Volsci
e
Latini
al Monte Mecio e liberando
Sutri
dall'assedio etrusco.
Camillo
celebrò un altro trionfo, aumentando ancora il suo prestigio ma anche l'invidia degli avversari. Fra questi era quel
Marco Manlio
che dopo aver difeso eroicamente la rocca contro i
Galli
era stato chiamato "Capitolino". Geloso del successo di
Camillo
ed assetato di potere, costui tentò di guadagnare l'appoggio popolare difendendo gli indigenti e sobillandoli alla rivolta: finì per essere processato e, nonostante il ricordo dei suoi meriti, giustiziato sul
Campidoglio
.
Tribuno militare per la terza volta nel
381
,
Camillo
, benché ormai anziano, dovette combattere ancora contro Prenestini e
Volsci
e grazie alla sua esperienza riuscì a riportare altre vittorie nonostante la difficile situazione che il suo collega
Lucio Furio Medullino
aveva provocato con giovanile avventatezza. Risolse inoltre in maniera incruenta la defezione di
Tuscolo
i cui abitanti si arresero spontaneamente, timorosi del potere e del prestigio del generale romano.
Nel
376
Camillo
fu nominato
dittatore
per la quarta volta con lo scopo di reprimere i disordini nati dalle proposte di legge avanzata da
Caio Licinio Stolone
, tese a limitare la potenza dei
patrizi
. Restio a combattere contro i propri concittadini,
Camillo
- con il pretesto delle precarie condizioni di salute - rassegnò le dimissioni. Seguì un periodo di anarchia in quanto i moti popolari impedivano le elezioni dei
consoli
.
Nel
367 a.C.
giunse la notizia che i
Galli
si erano nuovamente mobilitati e, dalle regioni costiere dell'
Adriatico
, marciavano verso
Roma
.
Camillo
combattè contro i
Galli
nella battaglia svoltasi sull'
Aniene
(nel territorio di
Alba
per altre fonti) e utilizzando nuove tecniche di combattimento mise definitivamente in fuga gli invasori barbari.
Conclusa questa, che fu la sua ultima campagna militare,
Camillo
fu ancora coinvolto nei contrasti politici che nascevano dalla richiesta popolare di accesso dei
plebei
alla carica di
console
e rischiò di essere imprigionato dai
tribuni della plebe
. Quando finalmente la legge venne approvata,
Camillo
presiedette alle elezioni consolari in cui la prima volta fu fatto
console
un
plebeo
.
Camillo
morì l'anno seguente (
365
), vittima di una grande pestilenza che colpì gran parte della cittadinanza, aveva ottantadue anni.