4/vgF0McT6WBi1RPOKg40mK96lk1bJq1dTncfbVzjMYsVgdkLfU3L2ZoQ
Sunelweb
Guida rapida
A
B
C
D
E
F
G
H
I
J
K
L
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
V
W
Y
Z
Home
Storia
Storia antica
Storia greca
Biografie
Approfondimenti
Cronologia
Governanti
Atene
Sparta
Tebe
Argo
Corinto
Magna Grecia
Macedonia
Tirannidi
Glossario
Storia romana
Biografie
Approfondimenti
Cronologia
Governanti
Re di Roma
Consoli
Imperatori
Glossario
Storia ebraica
Biografie
Cronologia
Governanti
Giudici di Israele
Re di Israele fino a Salomone
Regno di Israele o di Samaria
Regno di IGiuda
Glossario
Storia della Mesopotamia
Biografie
Cronologia
Glossario
Storia persiana
Biografie
Cronologia
Achemenidi
Glossario
Storia bizantina
Biografie
Cronologia
Imperatori di Bisanzio
Glossario
Storia egiziana
Biografie
Cronologia
Glossario
Storia siriana
Biografie
Cronologia
Dinastia dei Seleucidi
Governatori romani
Glossario
Storia italiana
Biografie
Cronologia
Governanti
Glossario
Storia europea
Storia francese
Biografie
Cronologia
Governanti
Glossario
Storia spagnola
Biografie
Cronologia
Governanti
Glossario
Storia inglese
Biografie
Cronologia
Governanti
Glossario
Storia tedesca e austriaca
Biografie
Cronologia
Sacro Romano Impero
Glossario
Storia altri Paesi Europei
Belgio
Danimarca
Polonia
Portogallo
Ungheria
Storia della Chiesa
Biografie
Cronologia
Papi e Antipapi
Glossario
Pagine tematiche
Cronologia generale
Governanti
Famiglie
Città
Guerre
Popolazioni
Letteratura
Letteratura greca
Letteratura latina
Letteratura italiana
Letteratura spagnola
Letteratura francese
Letteratura inglese
Letteratura tedesca
Premi letterari
Mitologia
Dei, eroi ed altri personaggi
Le leggende di Tebe
Letteratura e mitologia
Teatro
Indice per autore
Indice per titolo
Cinema
Ricerca
Cronologia
Ricerca
Glossario
PLUTARCO
VITE PARALLELE
VITE DI
PERICLE
E
FABIO MASSIMO
PERICLE
Pericle
appartenne alla tribù di
Acamante
della gente di Colargo. Entrambi i genitori erano nobili:
Santippo
, vincitore a
Micale
, e
Agariste
nipote di
Clistene
che scacciò da
Atene
i discendenti di
Pisistrato
e stabilì ottime leggi.
Nacque proporzionato nel corpo ma con il capo lungo fuor di misura, per questo le sue statue avevano sempre un elmo per nascondere il difetto, mentre i poeti comici motteggiavano spesso su questa caratteristica.
Studiò con Damone che con il pretesto della musica gli insegnò le cose della politica finché non fu esiliato come fautore della tirannide. Fu anche uditore di
Zenone di Elea
ma il suo maestro più importante fu
Anassagora di Clazomene
detto Mente. Da
Anassagora
Pericle
apprese molte cognizioni ed anche il suo portamento elegante e la sua grande compostezza. Inoltre le nozioni di astronomia avute dal maestro lo liberarono dalle superstizioni che spaventavano i suoi concittadini.
Per aspetto fisico e modo di parlare,
Pericle
ricordava
Pisistrato
ai cittadini più anziani. Inoltre era nobile e ricco e tutto ciò lo poneva a rischio di ostracismo, per questo in gioventù si tenne lontano dalla politica. Partecipava invece volentieri alle azioni militari mostrandosi sempre coraggioso.
Dopo la morte di
Aristide
e l'esilio di
Temistocle
, mentre
Cimone
combatteva fuori dalla
Grecia
,
Pericle
entrò in politica scegliendo il partito popolare, contrariamente a quanto la sua condizione e la sua natura avrebbero fatto pensare. Lo fece forse per non essere sospettato di mirare alla tirannia o forse per opporsi a
Cimone
che era dalla parte degli aristocratici.
Si allontanò dalla compagnia delle persone del suo rango ma si mostrava raramente in pubblico ed evitava di occuparsi di questioni minori riservando per se le cose più importanti e lasciando le altre ai collaboratori.
In occasione del processo di
Cimone
e del suo richiamo dall'esilio,
Pericle
si comportò con moderazione per intercessione di
Elpinice
, sorella di
Cimone
, la quale fece anche da mediatrice nei patti segreti tra i due rivali. Prendendo spunto da queste considerazioni,
Plutarco
respinge con forza l'opinione di Idomeneo che riteneva che
Pericle
avesse ucciso
Efialte
per gelosia.
Quando
Cimone
morì a
Cipro
combattendo contro i
Persiani
, l'aristocrazia ateniese per evitare che tutto il potere fosse nelle mani del solo
Pericle
, gli oppose Tucidide, militarmente inferiore a
Cimone
ma superiore nelle cose della politica e del foro.
La competizione e l'emulazione tra
Pericle
e Tucidide, dice
Plutarco
, divisero la città in due fazioni.
Pericle
si sforzava di essere sempre più gradito alla fazione popolare non facendo mai mancare spettacoli, pubblici banchetti e divertimenti, inoltre ogni anno stipendiava molti cittadini per andare in mare con sessanta triremi per otto mesi e fare esperienza dell'arte nautica. Dedusse colonie nel
Chersoneso
, in
Tracia
, in
Italia
e in altri luoghi per allontanare migliaia di persone inoperose che avrebbero potuto creare problemi e, nello stesso tempo, per venire incontro alle esigenze degli indigenti.
Plutarco
dedica un brano all'eloquenza di
Pericle
, all'influenza di
Anassagora
e alla cura scrupolosa di
Pericle
nel preparare i suoi discorsi. Aristocratico di estrazione e democratico per scelta politica, aveva di fatto instaurato il governo di un solo basando il suo primato sul grande ascendente che esercitava sul popolo. Fu questo ascendente, ottenuto con il suo carisma ma anche con premi e donazioni erogati col denaro pubblico, che gli consentì di ridimensionare le funzioni dell'
Areopago
e di mandare in esilio il rivale
Cimone
.
Quando gli
Spartani
invasero il territorio di
Tanagra
in
Beozia
e gli
Ateniesi
mossero contro di loro,
Cimone
intervenne dall'esilio con i suoi seguaci per dimostrare false le accuse di simpatia per
Sparta
in base alle quali aveva subito l'ostracismo.
Pericle
e i suoi lo allontanarono dai campi di battaglia ma in seguito fu proprio
Pericle
a richiamare
Cimone
per far cosa gradita al popolo, tuttavia lo fece con il segreto accordo che
Cimone
ripartisse per combattere i
Persiani
.
Rientrato in
Atene
,
Cimone
concluse la pace con gli
Spartani
.
Quando
Pericle
intraprese la costruzione dei grandi templi ed edifici che sotto di lui abbellirono
Atene
, i suoi nemici lo accusarono di aver frodato le altre città greche perché i lavori erano finanziati con il fondo comune custodito ad
Atene
per la difesa contro i
Persiani
.
Pericle
rispondeva che
Atene
di fatto garantiva quella difesa e quindi aveva diritto di spendere quei depositi. Inoltre i lavori impegnavano artigiani e lavoratori di ogni genere creando in città occupazione e benessere.
Le costruzioni furono eseguite con sorprendente rapidità e grande accuratezza. Ad ogni edificio lavorarono artefici ed architetti di grande valore mentre direttore e sovrintendente generale era
Fidia
. Al tempio di
Atena
lavorarono gli architetti
Ictino
e
Callicrate
, Corebo, Metagene. Mnesicle costruì i vestiboli della rocca (Propilei). In occasione del completamento dell'
Odeon
Pericle
istituì la gara di musica che si svolgeva durante le
feste panatenee
.
Durante i lavori un operaio molto bravo si ferì gravemente cadendo dall'alto.
Pericle
riuscì a curarlo seguendo indicazioni avute in sogno da
Atena
alla quale dedicò una statua di rame nella rocca. Alla dea fu dedicata anche la statua d'oro che recava sul piedistallo il nome di
Fidia
suo autore.
Fidia
aveva la direzione dei lavori grazie alla sua amicizia con
Pericle
, amicizia che rese entrambi bersaglio di invidia e di maligne dicerie. Si disse che
Fidia
ospitava nella sua casa le frequenti avventure galanti di
Pericle
il quale, a detta dei pettegoli, avrebbe avuto una relazione anche con la moglie di Menippo, suo amico e suo secondo nel comando militare, e addirittura con la propria nuora ma
Plutarco
attribuisce queste informazioni al livore degli avversari dello statista.
Quando
Pericle
propose all'assemblea di farsi carico personalmente delle spese fatte per i monumenti ma attribuendosi il merito della loro realizzazione (proposta forse inattuabile data l'enormità dell'importo), il popolo per non essere privato della gloria di quelle opere lo autorizzò a spendere senza alcun limite, con buona pace della fazione di Tucidide.
Quando i contrasti con Tucidide cominciarono a provocare eccessiva tensione,
Pericle
riuscì a farlo esiliare e la fazione aristocratica ne fu annientata. Tornò la pace in
Atene
mentre
Pericle
aveva l'assoluto dominio: controllava i tributi, le spedizioni militari, la flotta ed aveva grande autorità in tutta le
Grecia
grazie a amicizie e alleanze. Non era più docile e mansueto verso il popolo come in passato e pur mantenendo un comportamento irreprensibile sapeva come imporre la sua volontà agli
Ateniesi
che del resto gli obbedivano volentieri. Con grande abilità riuscì a trasformare la democrazia nel governo di un solo uomo. Come scrisse
Tucidide
,
Pericle
riuscì a tanto non solo con l'eloquenza ma anche con il prestigio che aveva ottenuto grazie al suo modo di vivere morigerato, al rifiutare i doni e alla sua grande onestà, infatti in tutta la vita non accrebbe minimamente quanto aveva avuto in eredità dal padre. L'economia della sua casa, gestita da un esperto domestico, garantiva la preservazione del suo patrimonio con un regime molto austero del quale la famiglia di
Pericle
si lamentava.
Pericle
inviò messaggeri in ogni città greca per convocare un'assemblea generale che avrebbe dovuto avere per argomento la pace in tutta la
Grecia
e la sicurezza per la navigazione ma il convegno non ebbe luogo per l'opposizione degli
Spartani
che non gradivano la crescente potenza ateniese.
Pericle
era molto prudente in ambito militare e non avrebbe mai intrapreso un'azione rischiosa. Quando il giovane Tolmide propose di invadere la
Beozia
e reclutò migliaia di volontari,
Pericle
tentò di dissuaderlo parlandogli in pubblico e quando l'impresa si concluse miseramente con la sconfitta di
Coronea
, tutti lo lodarono per la sua prudenza.
L'impresa militare più ammirata di
Pericle
fu la spedizione nel
Chersoneso
con la quale liberò i
Greci
della regione dagli attacchi dei barbari e garantì la sicurezza futura con una colonia militare e con grandi fortificazioni. In un'altra occasione navigò con cento triremi lungo le coste del
Peloponneso
devastando le città marittime e spingendosi a volte all'interno, sconfisse gli abitanti di
Sicione
e prima di rientrare a
Atene
depredò l'
Acarnania
.
Pericle
visitò il
Ponto
con una grande flotta per mostrare a tutti la potenza ateniese e per accogliere le richieste delle città greche della regione. Lasciò a
Sinope
tredici navi con seicento uomini per fronteggiare il tiranno Timesilao che era già stato deposto e scacciato. Gli
Ateniesi
, incoraggiati dalla buona sorte del loro impero aspiravano a nuove conquiste fuori della
Grecia
ma
Pericle
, prudentemente, non accettava proposte in questo senso preferendo dedicare tutte le risorse a proteggere quanto già la città possedeva, soprattutto nei confronti degli
Spartani
.
Il territorio di
Delfi
era in mano ai
Focesi
, gli
Spartani
intervennero in armi e lo restituirono agli abitanti ma poco dopo
Pericle
intervenne a sua volta per ridarlo ai
Focesi
. Gli eventi che seguirono dimostrarono che
Pericle
aveva avuto ragione nel trattenere in
Grecia
le risorse militari ateniesi, infatti l'
Eubea
e
Megara
si ribellarono e mentre
Pericle
muoveva contro di loro un esercito spartano attaccava l'
Attica
al comando del re
Plistoanatte
.
Poiché
Plistoanatte
era molto giovane,
Pericle
corruppe il suo consigliere
Cleandrida
convincendolo a ritirare l'esercito dall'
Attica
. Gli
Spartani
condannarono
Plistoanatte
a una multa tanto forte che lo indusse a lasciare la città e condannarono a morte in contumacia
Cleandrida
. Questi era padre di
Gilippo
che debellò gli
Ateniesi
in
Sicilia
e che fu a sua volta esiliato per essere stato colto in "operazioni malvage" (si era impadronito di parte del bottino).
Sembra che
Pericle
inviasse ogni anno grosse somme ai magistrati spartani per evitare che attaccassero
Atene
. Si concluse infatti una tregua di trent'anni tra
Sparta
e
Atene
e
Pericle
passò a sottomettere definitivamente l'
Eubea
. Mandò quindi la flotta contro
Samo
che aveva attaccato
Mileto
ma si disse che lo fece per far cosa gradita a
Aspasia
, originaria di
Mileto
. Era costei una donna di grande intelligenza, dotata di eloquenza e cultura che spesso si intratteneva con intellettuali come
Socrate
e i suoi amici. Si diceva che fosse direttrice di un bordello, nonostante ciò era stimata e ammirata dalle donne.
Pericle
, che aveva divorziato dalla madre dei suoi due figli, la amava intensamente e la teneva nella sua casa. Per lei dunque
Pericle
avrebbe attaccato
Samo
dove abrogò l'oligarchia. Prese cinquanta ostaggi e li mandò a
Lemno
ma quando ripartì i
Sami
recuperarono gli ostaggi con l'aiuto del persiano
Pissutne
e si ribellarono.
Pericle
tornò indietro e li sconfisse in una grande battaglia all'isola di Tragia. Commise tuttavia l'errore di ripartire lasciando a
Samo
un presidio insufficiente che fu rapidamente sopraffatto.
Questa volta
Pericle
assediò
Samo
cingendola con un muro perché preferì impiegare del tempo piuttosto che esporre i soldati ai pericoli della battaglia campale. Nell'assedio furono usate per la prima volta macchine ideate da uno stravagante personaggio di nome
Artemone detto Periforeto
perché essendo zoppo si faceva trasportare su una sedia.
Dopo nove mesi di assedio, i
Sami
si arresero.
Pericle
smantellò le loro mura, tolse loro le navi e li condannò a una grossa multa. Tornato in
Atene
,
Pericle
preannunciò l'orazione funebre per i caduti ma
Elpinice
, sorella del defunto
Cimone
, lo criticò pubblicamente per aver fatto morire tanti concittadini in una guerra contro altri
Greci
.
Dopo questi eventi
Pericle
fece approvare un intervento in favore di
Corcira
che era minacciata da
Corinto
, tuttavia inviò soltanto dieci navi affidandone il comando a Lacedemonio figlio di
Cimone
e venne da molti criticato per aver messo il figlio dell'antico rivale a rischio di grossi insuccessi.
Anche la città di
Potidea
si era ribellata agli
Ateniesi
ed era sotto assedio ma probabilmente la guerra non sarebbe scoppiata se
Pericle
avesse accettato una riconciliazione con
Megara
, ma su questo punto lo statista fu inamovibile e per questa ragione la responsabilità della guerra fu attribuita a lui e a
Aspasia
.
Pericle
aveva forse motivi personali di inimicizia contro i
Megaresi
che ufficialmente venivano accusati di aver coltivato terreni sacri e di aver ucciso un ambasciatore ateniese. Non è semplice, tuttavia, determinare le vere cause del rigido atteggiamento di
Pericle
di fronte ai
Megaresi
e all'eventualità della guerra.
Fra le varie ipotesi che si fecero la più negativa nei confronti di
Pericle
fu di aver provocato la guerra per distogliere l'opinione pubblica dalle vicende giudiziarie di
Fidia
e di
Aspasia
nelle quali era coinvolto.
Fidia
fu accusato di aver sottratto parte dell'oro destinato alla statua di
Atena
da lui realizzata.
Pericle
dimostrò che questa accusa era infondata ma i suoi avversari passarono a parlare di eresia perché
Fidia
aveva ritratto se stesso e
Pericle
nelle decorazioni dello scudo della dea e, per questa accusa, lo scultore finì in prigione dove morì di malattia o forse di veleno.
Nel caso di
Aspasia
, l'accusa era di immoralità e coinvolgeva anche
Pericle
il quale inoltre era a sua volta tacciato di ateismo in relazione agli insegnamenti di
Anassagora
.
Pericle
riuscì a salvare
Aspasia
e mise al sicuro il maestro allontanandolo dalla città, quanto ai suoi rischi personali li avrebbe appunto evitati con lo scoppio della guerra.
Plutarco
conclude comunque che la verità rimane incerta.
Nella speranza di esautorare
Pericle
, gli
Spartani
richiesero agli
Ateniesi
di esiliare i discendenti di quanti avevano commesso il sacrilegio di
Cilone
fra i quali era anche
Pericle
per arte di madre, ottennero l'effetto contrario perché molti furono colpiti dall'odio e dal timore che
Pericle
suscitava nei nemici.
Gli
Spartani
invasero l'
Attica
con un grosso esercito reclutato nel
Peloponneso
e in
Beozia
. Giunti nei pressi di
Atene
si accamparono attendendo la reazione dei cittadini ma
Pericle
giudicò troppo pericoloso affrontare in campo aperto una simile armata e chiuse le porte della città, dispose le guardie e rimase in attesa nonostante le pressioni sempre più insistenti di quanti volevano combattere. I suoi avversari ne approfittarono per criticarlo e tacciarlo di viltà. Ignorando tutti gli attacchi, compresi quelli degli amici,
Pericle
inviò un'armata di cento navi nel
Peloponneso
e rimase a governare
Atene
finché i nemici non si allontanarono per andare a difendere le loro città. Allora si preoccupò di indennizzare quanti erano stati danneggiati dagli invasori.
Anche il
Peloponneso
subì gravi devastazioni e forse
Pericle
, predicendo che la guerra non sarebbe durata a lungo, avrebbe avuto ragione se gli dei non avessero disposto diversamente.
Una terribile pestilenza colpì
Atene
uccidendo molte persone. Gli avversari di
Pericle
lo accusarono di aver causato il morbo col trasferire in città troppe persone provenienti dal contado creando condizioni non igieniche. Per dare coraggio alla popolazione,
Pericle
armò di nuovo la flotta per una spedizione militare e al momento di salpare si verificò un'eclissi solare che terrorizzò molte persone, tuttavia
Pericle
spiegò il fenomeno e riportò la calma.
La spedizione assediò
Epidauro
ma ottenne scarsi risultati a causa della malattia che colpiva i soldati. Questa volta
Pericle
, nonostante la sua eloquenza, non riuscì a controllare la situazione, venne processato, condannato a un'esosa multa e, soprattutto, privato del comando militare. Le fonti di
Plutarco
non concordano sul nome dell'accusatore di
Pericle
in giudizio, si parlava di
Cleone
, o di Simmia o di Lacratida.
A causa della pestilenza
Pericle
perse diversi parenti, aveva inoltre problemi con il figlio maggiore Santippo che, non condividendo la frugalità del padre, contraeva debiti a suo nome e parlava male di lui addirittura accusandolo di avere rapporti sessuali con sua moglie. L'astio di Santippo durò fino alla fine, quando l'epidemia portò via anche lui.
Pericle
sopportò tutti i lutti con grande forza d'animo e soltanto al funerale di Paralo, l'ultimo figlio rimastogli, lo si vide piangere. Si ritirò in privato con il suo dolore ma gli
Ateniesi
, non trovando alcuno pari a lui, lo richiamarono al governo della repubblica e al comando della milizia.
Tornato al potere,
Pericle
abolì la legge che riconosceva la cittadinanza solo ai figli legittimi di padre e madre ateniesi. Lui stesso aveva varato la legge anni prima ma questa incoerenza gli fu perdonata dal popolo che gli consentì di dare il suo nome al figlio illegittimo (
Pericle
il Giovane) che in seguito fu uno dei comandanti della battaglia delle
Arginuse
condannati e giustiziati.
Anche
Pericle
si ammalò ma la sua malattia ebbe un lento decorso che lo privò gradualmente delle forze. Negli ultimi momenti di vita dichiarò agli amici che il suo più grande vanto era quello di non aver mai fatto vestire il lutto a un ateniese.
Morto
Pericle
tutti gli
Ateniesi
, compresi i suoi detrattori, dovettero rendersi conto di quale grande uomo avevano perduto.
FABIO MASSIMO
La famiglia dei
Fabi
faceva risalire a
Ercole
le proprie origini e si diceva che il nome derivasse da
fodi
, buche scavate in terra come trappole per gli animali. Molti membri della famiglia furono uomini famosi come
Rulliano
che ebbe il soprannome di Massimo, il quarto suo discendente fu il
Fabio Massimo
protagonista di questa biografia.
Ebbe il soprannome di Verrucoso per la piccola verruca che aveva sopra il labbro e quelli di
Ovicola
(pecorella) per il suo carattere serio e tranquillo fin dall'infanzia. Per la sua mansuetudine fu a volte considerato stolto ma quando prese a occuparsi delle cose della repubblica dimostrò che la sua imperturbabilità era segno di grande forza e costanza.
Si esercitava per la guerra e curava la sua eloquenza efficace ed essenziale che veniva paragonata alla prosa di
Tucidide
.
Fu cinque volte
console
, la prima trionfò sui
Liguri
. Quando
Annibale
entrò in
Italia
e vinse la battaglia del fiume
Trebbia
, iniziò a saccheggiare la
Toscana
mentre strani prodigi che non preannunciavano nulla di buono spaventavano i
Romani
, ma non il
console
Caio Flaminio
che era pieno di coraggio e di orgoglio per la sua recente vittoria sui
Galli
, nè tanto meno li temeva
Fabio
che esortava i
Romani
a pazientare sapendo che
Annibale
aveva pochi uomini e penuria di denaro.
Il
console
Flaminio
non volle ascoltare
Fabio Massimo
e mosse incontro a
Annibale
, I due eserciti si affrontarono sul
Lago Trasimeno
, i
Romani
furono sconfitti e
Flaminio
ucciso con molti dei suoi.
Annibale
, riconoscendo il valore dell'avversario, avrebbe voluto dare sepoltura a
Flaminio
ma non fu possibile trovare il suo corpo e non si seppe mai dove fosse finito.
La sconfitta sul
Trebbia
era stata minimizzata dai comandanti ma questa volta il
pretore
Pomponio convocò l'assemblea ed espose senza mezzi termini la gravità della situazione. Fu deciso di nominare dittatore
Fabio Massimo
il quale elesse comandante della cavalleria
Lucio Minucio
e fino dalla prima comparsa in pubblico si fece precedere da ventiquattro
littori
per mostrare l'importanza del suo grado ed ottenere la massima obbedienza. Parlò al popolo attribuendo la sconfitta del
Trasimeno
agli errori di
Flaminio
ed esortò tutti a non temere i nemici e onorare gli dei. Furono consultati i
Libri Sibillini
e
Fabio Massimo
fece voto di offrire le primizie della successiva primavera e di celebrare spettacoli scenici e musicali.
Fabio
tornò alla sua tattica di temporeggiare seguendo il nemico a breve distanza senza mai provocarlo e senza accettare provocazioni. Era certo che l'attesa e l'inazione avrebbero sempre più indebolito i
Cartaginesi
che erano già in minoranza e a corto di mezzi di sussistenza. Molti criticavano il dittatore nel suo esercito e tra i nemici, solo
Annibale
aveva compreso cosa
Fabio
voleva ottenere e cercava in tutti i modi, ma senza successo, di farlo combattere.
Minucio
, il comandante della cavalleria, era il più accanito nel criticare e nel deridere
Fabio Massimo
e cercava di guadagnare la simpatia e la stima dei soldati a danno del dittatore.
Annibale
commise un grave errore: ordinò alle guide di condurlo nella campagna di
Cassino
dove contava di trovare rifornimenti ma a causa della sua pronuncia straniera le guide fraintesero e lo accompagnarono, con l'intera armata, in una valle nei pressi di
Casilino (Capua antica)
circondata dalle paludi e dal mare.
Fabio
chiuse la valle con quattromila soldati intrappolando i
Cartaginesi
e uccidendo ottocento uomini della loro retroguardia.
Per trovare scampo in quella situazione disperata,
Annibale
attese la notte e fece sospingere verso i valichi della valle una mandria di buoi con fasci di sterpi incendiati legati alle corna. Presi dal panico i buoi fuggirono appiccando il fuoco alla vegetazione e i
Romani
, nel buio, credettero si trattasse della carica di nuove truppe nemiche. Sfruttando la confusione i
Cartaginesi
occuparono i passaggi e l'armata si liberò dalla trappola.
Quando
Fabio
si rese conto dell'inganno ritenne troppo pericoloso attaccare il nemico di notte e attese il mattino per inseguire i
Cartaginesi
e colpirne l'ultima schiera, tuttavia
Annibale
, tramite una banda di soldati iberici armati alla leggera e abituati a quel tipo di terreno accidentato, respinse i
Romani
che erano intralciati dalle armature pesanti e li costrinse a ritirarsi.
Gli avversari di
Fabio
colsero ovviamente l'occasione per denigrarlo, i
tribuni della plebe
parlarono in pubblico contro di lui e il senato rifiutò di rimandargli la somma necessaria per riscattare i prigionieri, somma che
Fabio
pagò di tasca sua per non venir meno all'accordo con
Annibale
. A peggiorare la situazione contribuì
Annibale
che fece devastare molti poderi risparmiando solo quello che
Fabio Massimo
possedeva nella stessa zona.
Chiamato a
Roma
dai sacerdoti per un obbligo rituale,
Fabio
consegnò l'armata a
Minucio
ordinandogli di non combattere.
Minucio
, tuttavia, alla prima occasionre favorevole attaccò i nemici riportando una modesta vittoria il cui resoconto a
Roma
fu esagerato e spinse il tribuno Metilio ad accusare pubblicamente il dittatore di tradimento e di cospirazione per ottenere il potere.
Fabio
ignorò le accuse e dichiarò che avrebbe punito
Minucio
e Metilio arringò al popolo chiedendo che
Fabio
venisse deposto. Alla fine fu decretato di conferire la dittatura anche a
Minucio
, era la prima volta che
Roma
aveva contemporaneamente due dittatori.
Fabio Massimo
trascurò l'offesa fatta alla sua persona e si preoccupò della situazione della guerra. Tornato al campo trovò
Minucio
trionfante per la sua nuova carica.
Minucio
propose di stabilire turni alterni di comando ma
Fabio
preferì cedergli il comando di due delle quattro legioni e di metà delle forze alleate.
Minucio
con la sua parte di armata andò ad accamparsi in una posizione separata,
Annibale
se ne accorse e durante la notte dispose strategicamente i suoi soldati occupando un poggio che dominava la valle. Al mattino
Minucio
attaccò i
Cartaginesi
che occupavano il poggio senza avvedersi dell'insidia che
Annibale
aveva preparato alle sue spalle. Le forze di
Minucio
si trovarono in breve circondate, molti furono uccisi, molti tentarono la fuga ma furono raggiunti e soppressi dai
Numidi
.
Fabio Massimo
, che aveva tenuto d'occhio il poggio e le mosse del collega, intervenne con il suoi soldati al momento opportuno, prese alle spalle i nemici impegnati nel combattimento e ne uccise una parte. Anche
Annibale
aveva previsto come sarebbero andate le cose e richiamò i suoi prima di subire altre perdite.
Dopo la battaglia
Minucio
rese grazie a
Fabio
chiamandolo padre e riconoscendo il proprio errore mentre i suoi soldati abbracciavano quelli di
Fabio
loro salvatori.
Fabio
, comunque, depose la carica e si tornò ad eleggere i
consoli
. I primi due nominati proseguirono sulle orme di
Fabio
evitando la battaglia, fu quindi eletto
Terenzio Varrone
noto per la sua temerarietà, che subito arruolò tutta la gioventù romana disponibile, deciso a eliminare
Annibale
con un unico scontro.
Fabio
e molti altri
Romani
considerarono che se tutte le risorse arruolate da
Varrone
fossero perite per
Roma
sarebbe stata la fine.
Per prevenire il pericolo,
Fabio
riuscì a convincere
Paolo Emilio
, collega di
Terenzio Varrone
, a non combattere e attendere che
Annibale
, il quale ormai aveva solo un terzo degli uomini con cui era giunto in
Italia
, fosse costretto a arrendersi o a ripartire.
Paolo Emilio
evitò di combattere ma
Varrone
si affrettò a schierare l'esercito contro i
Cartaginesi
.
Annibale
, notando che i suoi erano spaventati dal gran numero dei nemici, trovò il modo di risollevare loro il morale con una facezia, quindi con grande abilità di spose le sue forze in modo da avere il vento alle spalle e di poter circondare i
Romani
quando questi penetrarono in profondità nel suo schieramento.
Varrone
si salvò fuggendo a
Venosa
mentre
Paolo Emilio
, coperto di ferite, ebbe modo di mandare un messaggio a
Fabio Massimo
perché sapesse che si era comportato secondo i suoi consigli, quindi cercò e trovò la morte tra le schiere nemiche.
I
Romani
persero cinquantamila uomini e molte migliaia di loro furono fatti prigionieri.
Annibale
, non se ne conosce la ragione, non approfittò della situazione per attaccare direttamente
Roma
.
Ora che le sue ragioni erano state dimostrate,
Fabio Massimo
fu di nuovo considerato l'unico possibile salvatore di
Roma
e tutti furono disposti (tardivamente) ad ascoltare i suoi consigli. Da parte sua
Fabio
tentò di fare in modo che il lutto non degenerasse in disperazione, evitò di celebrare le feste di
Cerere
che non si addicevano alla situazione e
Fabio Pittore
, parente di
Fabio Massimo
, fu inviato a
Delfi
a consultare l'oracolo. Il
console
Varrone
tornò in città e, nonostante tutto, vi fu accolto onorevolmente.
La vittoria di
Annibale
aveva cambiato notevolmente le fortune dei
Cartaginesi
perché molte città del Meridione, fra cui
Capua
, si arresero spontaneamente e gli invasori ebbero disponibilità di derrate e di beni necessari come mai ne avevano avuta dal loro arrivo in
Italia
.
Incoraggiati dal fatto che
Annibale
non aveva attaccato
Roma
, i
Romani
si armarono di nuovo affidando il comando a
Fabio Massimo
e a
Claudio Marcello
. Questi, al contrario del collega, era ansioso di combattere, ma i due erano comunque legati da un forte rapporto di reciproca stima.
Fabio
rimase fedele alla sua strategia evitando lo scontro diretto, mentre
Marcello
teneva
Annibale
continuamente in tensione con rapide azioni volte a indebolirlo progressivamente.
Marcello
provocava continue perdite ai
Cartaginesi
,
Fabio
impediva loro di riposare e riorganizzarsi. In questo stato di cose la guerra si protrasse tanto che
Fabio
e
Marcello
furono cinque volte
consoli
.
Durante il quinto consolato,
Marcello
cadde vittima di un agguato del nemico.
Annibale
tentò con varie astuzie di catturare anche
Fabio
, ad esempio con false lettere tentò di fargli credere che la città di
Metaponto
voleva consegnarsi a lui per attirarlo in una trappola, ma non riuscì mai a ingannarlo.
I
Cartaginesi
occuparono la città di
Taranto
e
Fabio
riuscì a riprenderla con degli espedienti e con il tradimento di un ufficiale nemico amante della sorella di un romano.
Fabio
celebrò il trionfo e fra i molti onori che decretarono per lui i
Romani
conferirono il consolato a suo figlio, anche egli di nome
Fabio
. Purtroppo quel figlio morì e
Fabio
ne lesse l'orazione funebre sopportando il lutto con grande dignità.
Dopo aver ottenuto grandi successi contro i
Cartaginesi
in
Spagna
,
Cornelio Scipione
tornò a
Roma
, ottenne il consolato, e decise di portare la guerra in
Libia
per costringere
Annibale
a lasciare l'
Italia
.
Fabio
, forse per gelosia e invidia, si oppose al progetto e convinse il senato, ma non il popolo, ad ostacolare
Scipione
, fece anche pressioni su l'altro
console
,
Crasso
, ma infine ottenne soltanto di limitare le milizie affidate a
Scipione
per l'impresa africana.
Scipione
partì e qualche tempo dopo giunsero a
Roma
ottime notizie sulle sue gesta, confermate da una gran quantità di spoglie nemiche. Mentre tutti inneggiavano a
Scipione
,
Fabio
consigliava di mandare in
Africa
chi lo sostituisse non essendo prudente contare troppo sulla fortuna di un solo uomo. Questa volta l'anziano consolare perse il favore del popolo, fu considerato invidioso e maligno e si disse che con la vecchiaia avesse perso il coraggio.
Anche quando
Annibale
tornò in
Africa
,
Fabio
continuò a fare fosche previsioni dicendo che il generale nemico sarebbe stato certamente più forte nel suo paese che non in
Italia
e che avrebbe avuto la meglio sull'esercito di
Scipione
già provato dalle battaglie precedenti.
Scipione
, contrariamente alle previsioni di
Fabio
, sconfisse
Annibale
ma
Fabio
non seppe di questa vittoria perché morì prima che la notizia giungesse in
Italia
.
Ciascun romano versò una piccola moneta per le esequie di
Fabio
in modo che fosse onorato come padre comune del popolo.
PARAGONE TRA
PERICLE
e
FABIO MASSIMO
Pericle
ebbe il vantaggio di governare un popolo già fortunato e potente, ebbe modo di celebrare feste e solennità invece di dover difendere la città con la guerra.
Fabio
invece visse in tempi difficili in cui la sua città correva grandi pericoli e partendo da una situazione negativa riuscì a soccorrere lo stato e a migliorarne la condizione pur lottando in uno scenario tragico e sanguinoso, non solo contro i nemici ma anche contro gli errori dei concittadini.
Pericle
ebbe la capacità di frenare le insolenze e l'audacia di un popolo reso superbo dal benessere,
Fabio
la forza di non lasciarsi mai sopraffare dalle disgrazie e dai pericoli.
Plutarco
paragona le conquiste di
Pericle
,
Samo
e l'
Eubea
, con quelle di
Fabio Massimo
,
Taranto
e
Capua
;
Pericle
innalzò nove trofei per altrettante vittorie mentre
Fabio
celebrò un solo trionfo, tuttavia
Pericle
non poteva vantare un'impresa paragonabile a quella compiuta da
Fabio
quando salvò
Minucio
e l'intero suo esercito. D'altra parte
Pericle
non incorse mai in un errore come quello di
Fabio
quando si lasciò ingannare da
Annibale
con lo stratagemma dei buoi.
Pericle
seppe prevedere l'esito della guerra, non così
Fabio
che fu contraddetto dal successo di
Scipione
.
A
Pericle
si fa carico di aver provocato la guerra con la sua inflessibilità verso gli
Spartani
ma anche
Fabio Massimo
non avrebbe mai ceduto ai
Cartaginesi
.
Fabio
fu generoso e clemente con
Minucio
mentre
Pericle
perseguitò
Cimone
e Tucidide.
Dotato di maggior potere,
Pericle
riuscì ad evitare, con una sola eccezione, azioni avventate e pericolose dei comandanti, cosa che spesso non riuscì a
Fabio
con gravi conseguenze per i
Romani
.
Entrambi dimostrarono di non dare importanza alla ricchezza:
Pericle
non accettando alcun dono,
Fabio Massimo
riscattando i prigionieri a sue spese.
Per quanto riguarda le costruzioni di
Pericle
in
Atene
non c'è a
Roma
nulla di paragonabile prima dei Cesari.