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POLIBIO
STORIE
Libro I
L'
Autore
dichiara in apertura dell'opera il suo intento di narrare gli eventi che portarono i
Romani
in soli cinquantatre anni (
221 a.C.
-
168 a.C.
) a conquistare "quasi tutta la terra abitata", fatto storico senza precedenti che non trova confronti nei grandi imperi del passato (
Persiani
,
Spartani
,
Macedoni
).
La narrazione, dice
Polibio
, avrà inizio dai tempi della 140ma
Olimpiade
(
220 a.C.
-
216 a.C.
), quando in
Grecia
si combatteva la "guerra sociale" fra
Achei
ed
Etoli
ed in
Asia
Antioco III re di Siria
si batteva con
Tolomeo IV Filopatore
per il possesso della
Celesiria
. La trattazione della storia romana inizierà dalla
prima guerra punica
. Tuttavia
Polibio
ritiene opportuno premettere alla narrazione del periodo suddetto gli antefatti della guerra che costituiranno il primo ed il secondo libro.
Viene introdotto un concetto importante:
Polibio
intende scrivere di "storia universale" ritenendo che lo studio delle storie locali non fornisca una visione globale dei fatti e crei un'idea incompleta dei grandi eventi che fanno il destino dell'umanità. "Solo dalle connessioni e dal confronto delle singole parti fra loro - scrive
Polibio
- si può giungere a godere insieme dell'utilità e del diletto della storia.
Ricollegandosi alla fine dell'opera di
Timeo di Tauromenio
,
Polibio
inizia dalla prima spedizione dei
Romani
fuori d'
Italia
, in
Sicilia
. Dopo l'assedio gallico subito nel
387 a.C.
, i
Romani
avevano cominciato a combattere tutte le popolazioni confinanti fino a prendere possesso dell'intera penisola. Lo loro lotta contro
Latini
,
Etruschi
,
Celti
e
Sanniti
li aveva resi "maestri della guerra", tanto che riuscirono a cacciare il potente
Pirro
chiamato in
Italia
dai
Tarantini
.
I
Mamertini
, mercenari campani al soldo del tiranno di
Siracusa
Agatocle
, avevano conquistato a tradimento la città di
Messina
. Analoga sorte aveva subito la città di
Reggio
, della quale si era impossessata un presidio romano che i
Reggini
avevano richiesto contro
Pirro
e contro i
Cartaginesi
. Il presidio reo di tradimento era comandato da
Decio Vibullio
.
Roma
intervenne appena la soluzione della guerra con
Pirro
glielo permise, oltre trecento prigionieri vennero riportati a
Roma
e decapitati mentre ai
Reggini
veniva restituito il maltolto. Poco dopo venne liberata
Messina
ad opera dei
Siracusani
comandati da
Gerone
, futuro re di
Siracusa
. Successivamente (
268 a.C.
)
Gerone
si scontrò ancora con i
Mamertini
che vennero definitivamente sconfitti.
I
Mamertini
chiesero aiuto sia ai
Cartaginesi
sia ai
Romani
. A
Roma
la richiesta fu accolta con perplessità data la condotta barbara a
Messina
di chi la poneva, tuttavia prevalse nel popolo romano l'interesse per i vantaggi di un'eventuale espansione in
Sicilia
, nonché l'intenzione di non permettere che i
Cartaginesi
si impossessassero dell'isola.
Nel
264 a.C.
il
console
Appio Claudio
passò lo stretto per accorrere in aiuto di
Messina
. I
Mamertini
allontanarono lo stratego
cartaginese
da loro stessi chiamato e consegnarono la città ai
Romani
.
Cartagine
prese la cosa come una provocazione e strinse alleanza con
Gerone di Siracusa
, muovendo contro
Messina
.
Appio Claudio
tentò di trattare ma, non avendo successo la diplomazia, passò alle vie di fatto e si scontrò con i
Siracusani
. Il giorno successivo
Appio Claudio
attaccò i
Cartaginesi
. Anche questa volta ebbe la meglio e, lasciata
Messina
liberata dall'assedio in mano ai
Mamertini
, prese ad avanzare verso
Siracusa
saccheggiandone il territorio.
A questo punto
Polibio
, avendo esposto gli antefatti, anticipa quello che sarà lo schema della trattazione nella parte introduttiva dell'opera:
la guerra in
Sicilia
fra
Romani
e
Cartaginesi
la guerra libica
le imprese in Iberia di
Amilcare
e di
Asdrubale
i
Romani
in
Illiria
e la lotta contro i
Celti
in
Italia
la guerra cleomenica in
Grecia
.
Fra questi argomenti
Polibio
dice che approfondirà più il primo che non gli sembra sia stato trattato con la dovuta esattezza da
Filino di Agrigento
e da
Fabio Pittore
, filocartaginese il primo, filoromano il secondo.
Nel
263 a.C.
, avendo saputo dei successi di
Appio Claudio
, i
Romani
decisero di inviare in
Sicilia
entrambi i nuovi
consoli
(
Manio Otacilio
e
Manio Valerio
) con i rispettivi eserciti.
Gerone di Siracusa
, considerata la superiorità militare dei
Romani
, passò ad allearsi con loro e firmò un trattato con i
consoli
che prevedeva il rilascio dei prigionieri ed il pagamento di un indennizzo. Il trattato fu ratificato a
Roma
e due delle quattro
legioni
vennero ritirate dalla
Sicilia
in quanto si riteneva che la situazione fosse ormai normalizzata. I
Cartaginesi
, invece, preoccupati di conservare il dominio dell'isola inviarono in
Sicilia
nuovi contingenti assoldati fra
Liguri
,
Celti
e
Iberi
.
Nel
262 a.C.
i
Cartaginesi
avevano concentrato le loro forze ad
Agrigento
, il più importante dei centri in loro possesso. I
consoli
Otacilio
e
Valerio
furono sostituiti dai loro successori
Lucio Postumio
e
Quinto Mamilio
. I nuovi
consoli
, giunti in
Sicilia
, decisero di attaccare direttamente
Agrigento
che cinsero d'assedio. Respinta con difficoltà una pericolosa sortita dei
Cartaginesi
, i
Romani
proseguirono per cinque mesi l'assedio della città che conteneva oltre cinquantamila uomini.
Quando ad
Agrigento
cominciò ad imperversare la carestia,
Cartagine
spedì rinforzi in
Sicilia
al comandante
Annone
il quale conquistò
Erbesso
, la città che inviava la maggior parte dei rifornimenti agli assedianti. La situazione dei
Romani
peggiorò notevolmente anche a causa di una pestilenza,
Annone
si posizionò nei pressi e il doppio assedio si protrasse per oltre due mesi.
Alla fine gli eserciti si scontrarono e dopo lunghi combattimenti i
Romani
ebbero la meglio.
Annibale, figlio di Giscone
, comandante dell'esercito assediato, riuscì a lasciare la città portando in salvo le proprie truppe senza subire gravi perdite, ma i
Romani
presero possesso di
Agrigento
e la saccheggiarono.
Dopo la conquista di
Agrigento
molte città dell'interno dell'isola si allearono ai
Romani
, non così le città della costa, timorose di rappresaglie da parte della flotta
cartaginese
. I successi conseguiti indussero i
Romani
alla decisione di affrontare i
Cartaginesi
anche in mare. Si trattava della prima impresa bellica per mare dei
Romani
: data l'inesperienza l'allestimento della flotta (cento quinquiremi e venti triremi) comportò gravi difficoltà. Gli armatori usarono come modello una nave da guerra
cartaginese
che i
Romani
avevano catturato durante uno scontro quando avevano passato lo stretto per intervenire a
Messina
.
La flotta salpò verso la
Sicilia
al comando di
Cneo Cornelio Scipione Asina
. Questi, in avanguardia con diciassette navi, fu aggredito da venti navi
Cartaginesi
nei pressi di
Lipari
e costretto ad arrendersi. Poco dopo però una flotta di cinquanta navi
cartaginesi
comandata da
Annibale
si scontrò con il grosso della flotta
romana
e subì gravi perdite. In questo periodo i
Romani
idearono i
Corvi
, sorta di ponteggi che servivano per arpionare le navi avversarie ed invaderle.
Caio Duilio
, informato della cattura del collega
Cneo Cornelio
, raggiunse rapidamente la flotta in
Sicilia
e si scontrò con i
Cartaginesi
nei pressi di
Milazzo
. Nonostante la maggiore perizia marittima dei
Cartaginesi
, i
Romani
riuscirono a vincere la battaglia grazie ai "corvi" che permettevano loro di combattere corpo a corpo.
Approdati in
Sicilia
i
Romani
liberarono
Segesta
. Nel
259 a.C.
Annibale
aggredì l'accampamento romano nei pressi di
Termini Imerese
(quaranta km. a est di
Palermo
) uccidendo circa quattromila uomini quindi partì verso la
Sardegna
ma qui venne intercettato da navi romane, fu catturato ed impiccato.
Nel
258 a.C.
(
Polibio
non fa menzione di alcune sconfitte subite dai
Romani
di cui parla
Diodoro
), i
Romani
comandati dai
consoli
Aulo Atilio Calatino
e
Gaio Sulpicio Patercolo
combatterono in
Sicilia
prendendo le città di Ippana (non localizzata), Mittistrato (Mistretta),
Camarina
ed
Enna
. Quindi assediarono
Lipari
.
L'anno seguente il
console
Caio Atilo
si scontrò in mare con i
Cartaginesi
presso
Lipari
in una battaglia dall'esito incerto.
Nel
256 a.C.
i
Romani
si organizzarono per sbarcare in
Africa
e minacciarono direttamente
Cartagine
. I
Cartaginesi
, dal canto loro, potenziarono la flotta per impedire l'attuazione del disegno dei
Romani
. Nella grandissima battaglia che seguì comandavano la flotta
romana
i
consoli
Marco Atilio
e
Lucio Manlio
mentre i
Cartaginesi
erano guidati dai generali
Annone
e
Amilcare Barca
.
Anche in questo caso l'esito della battaglia non fu del tutto chiaro ma i
Romani
ne uscirono nel complesso avvantaggiati essendo riusciti a catturare numerose navi nemiche. La flotta
romana
, poco dopo la battaglia, sbarcò in
Africa
, nella baia di
Cartagine
. Conquistata la città di
Aspida
i
Romani
razziarono il territorio e deportarono molti prigionieri.
I
Cartaginesi
affidarono la difesa al comando di tre strateghi:
Asdrubale figlio di Annone
,
Bostar
e
Amilcare
. Il primo scontro fra i
Romani
e le difese
Cartaginesi
fu sfavorevole a questi ultimi a causa dell'infelice scelta del terreno di battaglia. I
Cartaginesi
si erano infatti collocati in posizione difficile, in luoghi impraticabili che ostacolavano i movimenti della cavalleria e degli elefanti.
Dopo questa vittoria il
console
Marco Atilio
propose delle trattative di pace (secondo
Diodoro
la proposta fu invece dei
Cartaginesi
) ma i delegati
Cartaginesi
respinsero le condizioni dei
Romani
giudicandole eccessivamente onerose.
In quei giorni giunsero a
Cartagine
aiuti dalla
Grecia
, fra questi era lo
spartano
Santippo
che, avendo dimostrato notevole perizia in cose militari, fu incaricato di riorganizzare le truppe e ben presto preparò un nuovo attacco contro i
Romani
.
Nella battaglia successiva i
Romani
ebbero la peggio, subirono forti perdite ed il
console
Atilio Regolo
fu fatto prigioniero. Qui
Polibio
inserisce una digressione per sottolineare l'insegnamento morale insito nelle vicende narrate: bastò l'avveduto consiglio di
Santippo
per risollevare la sorte
cartaginese
mentre
Regolo
che non aveva mostrato alcuna pietà verso i vinti si trovava improvvisamente nella situazione di dover sperare nella clemenza del nemico. L'uomo, dice
Polibio
, può migliorare solo tramite la sofferenza propria e quella altrui. L'insegnamento della prima è più efficace, quello della seconda meno doloroso.
L'anno seguente (
255 a.C.
) i
Romani
raggiunsero l'
Africa
con una nuova flotta e, sconfitte le navi cartaginesi che tentavano di fermarli, recuperarono le truppe superstiti rimaste in territorio africano che si erano arroccate nella città di
Aspida
. Durante il viaggio di ritorno però la flotta
romana
incappò in una terribile tempesta che la distrusse quasi totalmente.
Incoraggiati da questi avvenimenti, i
Cartaginesi
intensificarono la propria espansione in
Sicilia
, inviandovi un nuovo esercito comandato da
Asdrubale
. Nel
254 a.C.
i
Romani
, ricostruita la flotta in tempi eccezionalmente brevi, tornarono in
Sicilia
con i
consoli
Aulo Atilio
e
Gneo Cornelio
(già precedentemente catturato dai
Cartaginesi
e liberato in uno scambio di prigionieri). Le
legioni
assediarono e conquistarono
Palermo
, la maggiore città del dominio
cartaginese
in
Sicilia
.
Nell'estate del
253 a.C.
i
consoli
Gneo Servilio
e
Caio Sempronio
sbarcarono di nuovo in
Africa
senza compiere imprese notevoli. Anche la loro flotta durante il viaggio di ritorno fu semidistrutta da una tempesta e questa volta i
Romani
decisero di tornare ai combattimenti terrestri. Trascorsero tre anni senza episodi di rilievo, i
Romani
erano scoraggiati e temevano in modo particolare gli elefanti, micidiale risorsa dell'esercito
cartaginese
.
Nel
250 a.C.
,
consoli
Caio Atilio
e
Lucio Manlio
, decisero di armare nuovamente la flotta.
Asdrubale
tentò di riprendere
Palermo
ma l'operazione non gli riuscì ed i
Romani
, in quell'occasione, non solo misero in fuga i
Cartaginesi
ma riuscirono anche ad impadronirsi dei loro elefanti.
Dopo questi successi, nel quattordicesimo anno di guerra, i
Romani
erano padroni di tutta la parte della
Sicilia
che era stata dei
Cartaginesi
ad eccezione di
Trapani
e di
Lilibeo
e decisero di ritentare di combattere in
Africa
per chiudere definitivamente il conflitto.
Per privare
Cartagine
del suo più importante porto in
Sicilia
i
Romani
assediarono
Lilibeo
. L'assedio fu molto duro ed i
Cartaginesi
si trovarono in difficoltà anche a causa della vacillante fedeltà dei loro mercenari. Dalla madre patria giunse in loro soccorso una flotta guidata da
Annibale
che riuscì con grande ardimento ad entrare nel porto di
Lilibeo
senza che i
Romani
potessero ostacolarlo.
Nonostante questi rinforzi l'assedio durò a lungo. In questo periodo, ricorda
Polibio
, si distinse l'audacia del
cartaginese
Annibale Rodio
che - grazie alla sua esperienza di navigatore - riuscì ad entrare ed uscire più volte dal porto di
Lilibeo
per portare notizie a
Cartagine
finchè non fu catturato dai
Romani
.
Durante il lungo assedio una tempesta fornì agli assedianti l'occasione per distruggere le macchine da guerra dei
Romani
, approfittando del vento favorevole essi scagliarono dalle mura proiettili incendiari dando fuoco alle attrezzature belliche che erano tutte realizzate in legno, mentre i
Romani
, ostacolati dalle intemperie ed accecati dal fumo, non riuscivano a spegnere le fiamme.
Distrutte le macchine, i
Romani
scavarono trincee e si dispersero per mantenere nel tempo la loro posizione.
Nel
249 a.C.
il
console
Publio Claudio
raggiunse la
Sicilia
con diecimila uomini e si unì agli assedianti, quindi decise di attaccare il porto di
Trapani
. Scorgendo la flotta romana in arrivo il comandante di
Trapani
Aderbale
preferì affrontarla in mare piuttosto che subire un assedio.
Publio Claudio
che non aveva previsto la reazione di
Aderbale
, tentò una rapida ritirata ma le navi, ormai già nel porto, non riuscirono a compiere la manovra e, accerchiate dalla flotta
cartaginese
, furono costrette ad affrontare la battaglia in condizioni svantaggiose. Lo scontro fu vinto da
Aderbale
che catturò i tre quarti delle navi romane acquisendo grande prestigio personale.
Publio Claudio
fu invece accusato di imperizia e di imprudenza e condannato al pagamento di una forte multa. Il suo collega
Lucio Giunio
raggiunse la
Sicilia
per portare rifornimenti agli assedianti di
Lilibeo
, quindi concentrò a
Siracusa
le forze navali romane operanti in
Sicilia
.
Il
cartaginese
Cartalone
, su ordine di
Aderbale
, sferrò un nuovo attacco alla flotta
romana
dislocata in
Sicilia
riuscendo ad affondare numerose navi. Poco dopo una nuova tempesta finiva di annientare le navi romane mentre
Cartalone
che, dotato di maggiore esperienza marinara aveva previsto il mutare del tempo, portava in salvo la propria flotta oltre capo Pachino.
Questi avvenimenti portarono i
Romani
a rinunciare a combattere in mare e
Giunio
, per riparare ai danni subiti, iniziò nuove imprese terrestri che lo portarono a conquistare il
Monte Erice
, sul quale sorgeva un famoso santuario di
Afrodite
.
I
Cartaginesi
nominarono stratego
Amilcare Barca
(Baraq = il fulmine) che saccheggiò le coste dell'
Italia
Meridionale e si impadronì di Eircte, località nei pressi di
Palermo
, sul monte Pellegrino. Da questa posizione
Amilcare
insidiò le coste italiane ed i presidi romani in
Sicilia
per tre anni.
Nel
244 a.C.
Amilcare
riuscì finalmente a prendere
Erice
e la lotta proseguì in quel luogo per altri due anni senza che nessuna delle due parti riuscisse a prevalere.
A questo punto i
Romani
decisero di riprendere dopo cinque anni i combattimenti in mare e fu allestita una flotta di duecento quinquiremi con il supporto finanziario dei privati. Ne assunse il comando
Caio Lutazio
che salpò nell'estate del
242 a.C.
Il 10 marzo
241 a.C.
,
Caio Lutazio
affrontò una flotta
cartaginese
comandata da
Annone
che stava raggiungendo la
Sicilia
per portare rinforzi e vettovagliamento ad
Amilcare
. I
Cartaginesi
, con le navi appesantite dal carico e con equipaggi che non erano fra i migliori, ebbero la peggio e presero centoventi navi, in parte affondate, in parte catturate. Il resto della flotta fuggì mentre
Caio Lutazio
raggiungeva a
Lilibeo
il resto dell'esercito romano portando con se migliaia di prigionieri.
Dopo queste sconfitte
Cartagine
conferì pieni poteri ad
Amilcare
che inviò ambasciatori a
Lutazio
per trattare la pace. Il
console
stilò un accordo che prevedeva la rinuncia alla
Sicilia
da parte dei
Cartaginesi
ed il risarcimento dei danni di guerra oltre alla liberazione di tutti i prigionieri.
Roma
non ratificò immediatamente il trattato ma inviò una commissione di inchiesta che alla fine lo approvò con alcuni aggravi delle condizioni. Si concluse così, dopo venticinque anni, la guerra più lunga e grave della storia
romana
.
Dopo la pace i
Romani
affrontarono una guerra contro i
Falisci
e la vinsero in pochissimi giorni. I
Cartaginesi
invece dovettero affrontarne una ben più grave contro i mercenari numidi ed i
Libici
che si erano a questi associati.
Tornati a
Cartagine
i mercenari erano stati concentrati nella vicina città di Sicca in attesa di ricevere il soldo ma, anche a causa delle difficoltà finanziarie
Cartaginesi
, scoppiò la ribellione.
Concentrare tanti mercenari in un solo luogo era stato un grosso errore ed i
Cartaginesi
, per limitarne le conseguenze, furono costretti ad abbondanti concessioni. Infine i mercenari accettarono il generale
cartaginese
Gescone
, che aveva combattuto con loro in
Sicilia
, come arbitro della controversia.
Nonostante l'accorta diplomazia di
Gescone
la ribellione, guidata dal campano
Spendio
e dal libico
Matone
, si aggravò rapidamente fin quando nel
240 a.C.
, coinvolgendo anche alcune città libiche, divenne una vera e propria guerra. I mercenari assediarono le città di
Utica
e di
Ippona Diarrito (odierna Biserta)
.
I
Cartaginesi
furono colti di sorpresa da questa situazione. Erano a corto di mezzi e di navi a causa degli oneri sostenuti durante la lunga guerra in
Sicilia
, inoltre avendo l'abitudine di avvalersi in prevalenza di truppe mercenarie si trovavano in forte minoranza quando furono i mercenari stessi a ribellarsi. Dal canto loro i
Libici
colsero volentieri l'occasione per tentare di liberarsi del governo di
Cartagine
che li aveva gravemente vessati per finanziare le imprese contro i
Romani
.
In un primo momento il comando delle milizie
Cartaginesi
venne affidato ad
Annone
il quale si rivelò tanto abile nell'organizzazione dei preparativi quanto insicuro ed inesperto nel comando delle azioni belliche vere e proprie.
Annone
fu sconfitto dai ribelli durante un tentativo di liberare
Utica
e venne sostituito da Amilcare Barca il quale riuscì a liberare la città assediata. Proseguiva invece l'assedio di
Ippona Diarrito
. Inoltre si ribellarono anche i mercenari che presidiavano la
Sardegna
per i
Cartaginesi
.
Contro questi fu inviato
Annone
ma i suoi mercenari disertarono unendosi ai ribelli, lo stesso
Annone
e molti
Cartaginesi
residenti in
Sardegna
furono catturati e trucidati. La
Sardegna
si liberò dal dominio punico.
Intanto
Amilcare Barca
, adottando una politica di clemenza verso i prigionieri, cominciava a recuperare parte dei ribelli e ad indebolire l'unità della fazione rivoltosa, con grande preoccupazione dei due caporioni
Spendio
e
Matone
.
Ben presto i ribelli incrudelirono.
Gescone
, che era stato fatto prigioniero, venne barbaramente torturato e trucidato con gli uomini del suo seguito, analoga sorte subirono quanti osavano predicare la moderazione.
La guerra si fece più dura,
Amilcare
depose la tattica conciliante e prese a rispondere sempre più aspramente alle provocazioni. Aggravavano la situazione dei
Cartaginesi
la discordia fra i loro capi militari, la carestia provocata dalla perdita della
Sardegna
, le defezioni di
Utica
ed
Ippona
che, dopo lungo assedio, si consegnarono spontaneamente ai ribelli.
Per contro i
Cartaginesi
potevano contare sull'amicizia di
Gerone
(che preferiva non vedere distrutta l'unica potenza in grado di controbilanciare quella crescente dei
Romani
) e sulla lealtà dei
Romani
che, fedeli alle clausole del trattato, garantirono rifornimenti e rifiutarono qualsiasi appoggio ai mercenari ribelli.
Matone
e
Spendio
tentarono l'assedio di
Cartagine
ma
Amilcare
riuscì abilmente a capovolgere la situazione. I ribelli, accerchiati ed isolati, furono costretti ad allontanarsi ed
Amilcare
passò a sua volta ad assediare il loro accampamento, portandoli alla fame ed alla disperazione. Quando arrivarono al cannibalismo i ribelli decisero di arrendersi ed inviarono una delegazione a trattare con
Amilcare
.
Amilcare
arrestò i delegati ed attaccò i
Libici
sopraffacendoli. Poco dopo lo stratego
Annibale
, giustiziato
Spendio
e gli altri delegati catturati da
Amilcare
, si scontrò con
Matone
a
Tunisi
ma ebbe la peggio. I
Cartaginesi
dovettero ritirarsi e lo stesso
Annibale
venne ucciso.
Infine i
Cartaginesi
organizzarono l'estrema difesa contro i ribelli, presso la città di
Leptis Minor
, affidandone il comando ad
Amilcare Barca
e ad un generale di nome Annone. I
Cartaginesi
vinsero la battaglia decisiva e catturarono
Matone
, subito dopo tutte le città che avevano aiutato i mercenari si arresero ad eccezione di
Utica
e di
Ippona
, che resistettero ancora per qualche tempo. Ebbe termine così una guerra violentissima che era durata tre anni e quattro mesi.
I
Romani
intervennero in
Sardegna
provocando incidenti diplomatici con
Cartagine
ma i
Cartaginesi
, troppo provati dalle recenti vicende, preferirono cedere l'isola piuttosto che affrontare una nuova guerra.
Libro II
Dopo la guerra libica (
238 a.C.
) i
Cartaginesi
affidarono al generale
Amilcare
una campagna di espansione in
Spagna
.
Amilcare
, che era partito con il figlio
Annibale
di appena nove anni, assoggettò con metodi più o meno bellicosi molte tribù di
Iberi
. Morì in battaglia nel
229 a.C.
, nono anno della sua campagna. Ricevette il comando suo cognato
Asdrubale
.
Nello stesso periodo i
Romani
affrontavano gli
Illiri
, abitanti nella parte occidentale della penisola balcanica.
Il re illirico
Agrone
aveva accettato di allearsi con
Demetrio III di Macedonia
contro la
Lega Etolica
che assediava la città di Medione in
Acarnania
. Nel
231 a.C.
un contingente illirico di cinquemila uomini sbarcò presso Medione che stava per capitolare e capovolse le sorti dell'assedio.
Agrone
morì poco dopo per cause naturali. Al posto di suo figlio ancora minorenne, assunse il potere la moglie
Teuta
. Sotto
Teuta
la flotta degli
Illiri
commise atti di pirateria e saccheggi lungo le coste dell'
Elide
e della
Messenia
, infine conquistò la città di
Fenice
in
Epiro
. Dopo aver subito una sconfitta, gli
Epiroti
chiesero aiuto agli
Achei
che accorsero ma il generale illirico
Scerdilaida
, fratello di
Agrone
, essendo stato richiamato in patria per sedare una ribellione, trattò il riscatto di
Fenice
e firmò la pace con gli
Epiroti
.
Successivamente gli
Epiroti
si allearono con gli
Illiri
contro
Achei
ed
Etoli
. La pirateria degli
Illiri
spinse le vittime a chiedere aiuto ai
Romani
e questi nel
230 a.C.
inviarono
Gaio e Lucio Coruncanio
in
Illiria
per svolgere un'inchiesta. La regina
Teuta
, offesa per l'intrusione, fece uccidere uno dei due creando un grave incidente diplomatico.
Durante la successiva primavera gli
Illiri
tentarono la conquista di
Epidamno (Durazzo)
, fallita l'impresa assediarono
Corcira
che si arrese dopo qualche resistenza. Di presidiare
Corcira
fu incaricato
Demetrio di Faro
. Nel frattempo (
229 a.C.
) i
consoli
Gneo Fulvio
e
Lucio Postumio
mossero da
Roma
rispettivamente a capo della flotta e dell'esercito.
Giunto a
Corcira
Gneo Fulvio
prese sotto la sua protezione gli abitanti dell'isola contro gli
Illiri
. Si unì a lui anche
Demetrio
che, caduto in disgrazia presso
Teuta
, era passato ai
Romani
. Gli
Illiri
furono allontanati anche da
Epidamno
ed
Apollonia
, quindi i
Romani
iniziarono la penetrazione in
Illiria
. Alla fine della campagna lasciarono
Demetrio
a governare l'
Illiria
sottomessa, mentre la regina
Teuta
si era arroccata nella città di
Rizone (odierna Risano)
.
In primavera
Teuta
scese a patti con i
Romani
che si ritirarono dall'
Illiria
in cambio di tributi e dell'impegno a rinunciare alla pirateria contro i
Greci
. Ne nacquero buone relazioni con la
Grecia
, tanto che i
Romani
furono per la prima volta ammessi a partecipare ai
Giochi Istmici
.
Nel frattempo
Asdrubale
aveva rafforzato il potere
cartaginese
in
Spagna
e vi aveva fondato (
221 a.C.
) una nuova città che più tardi sarà chiamata
Cartagena
. I
Romani
erano preoccupati da questi fatti ma lo erano di più per la minaccia costituita dai
Celti
, quindi si limitarono a firmare nel
225 a.C.
un trattato con
Asdrubale
che impegnava i
Cartaginesi
a non oltrepassare in armi il fiume
Ebro
.
Prima di narrare le vicende relative ai
Celti
(o
Galli
),
Polibio
ritiene opportuno inserire una breve descrizione del loro territorio attraversato dalle
Alpi
che lo dividono in due paesi (
Gallia Cisalpina
e
Gallia Transalpina
). I
Galli Cisalpini
abitavano l'ampia e ricca pianura del
Po
, già appartenuta agli
Etruschi
che ne erano stati scacciati, appunto, dai
Galli
. I
Galli
insediati nella
Pianura Padana
erano suddivisi in numerose popolazioni fra le quali
Polibio
ricorda i
Lai (o Levi)
, i
Labeci
, gli
Insubri
, i
Cenomani
, gli
Anari
, i
Boi
, i
Lingoni
ed i
Senoni
.
I loro costumi erano semplici e rozzi, agricoltori e pastori conducevano una vita "ignara di ogni scienza e di ogni arte".
In tempi antichi i
Galli
avevano più volte minacciato i
Romani
arrivando nel
390 a.C.
a saccheggiare
Roma
. In seguito si erano stipulati trattati di pace, alternati con periodi di conflittualità. Più volte i
Galli
invasero e razziarono territori sottomessi a
Roma
. Nel
295 a.C.
, alleatisi con i
Sanniti
, sconfissero i
Romani
nel territorio di
Camerino
, nel
284 a.C.
furono a loro volta battuti nella grande battaglia di
Sentino
. Circa dieci anni dopo i
Galli
assediarono
Arezzo
ma questa volta i
Romani
reagirono duramente ed i
Galli
persero i loro territori più meridionali, dove fu fondata la colonia romana di
Sena dei Galli
. Nel
283 a.C.
si svolse un altro tentativo di attacco a
Roma
da parte dei
Galli
, questa volta alleati con gli
Etruschi
. I
Romani
vinsero presso il lago Vadimone (Bracciano).
Seguirono quarantacinque anni di pace fra
Galli
e
Romani
ma, cambiata la generazione, i
Galli
ripresero le ostilità, tuttavia prima di attaccare i
Romani
vennero a guerra fra le loro stesse tribù. Nel
232 a.C.
i
Romani
ripartirono fra i coloni il territorio che era stato dei
Senoni
. In quegli anni
Gaio Flaminio Nepote
,
tribuno della plebe
, riuscì a far approvare una legge agraria che
Polibio
definisce demagogica attribuendole la causa prima della successiva guerra contro i
Galli
.
I
Galli Cisalpini
si accordarono infine con quelli che abitavano oltre le
Alpi
e nel bacino del
Rodano
per sferrare insieme un attacco decisivo contro
Roma
. Come si è detto i
Romani
, preoccupati da questa situazione, conclusero un trattato con
Asdrubale
in
Spagna
per non doversi impegnare contemporaneamente su due fronti.
Nel
225 a.C.
un esercito di
Galli Gesati
giunse al fiume
Po
e si unì alle forze celtiche locali, muovendo verso l'
Etruria
mentre i
Romani
preparavano per la difesa tutte le loro risorse.
Polibio
fornisce una descrizione piuttosto dettagliata delle
legioni
romane e delle forze alleate che, nell'insieme, costituivano un enorme potenziale bellico.
I
Galli
si scontrarono vittoriosamente con una parte dell'esercito romano presso
Chiusi
, tuttavia, soddisfatti del bottino, decisero di ritirarsi prima di dover affrontare l'esercito del
console
Lucio Emilio
che, di stanza a
Rimini
, stava accorrendo in aiuto di
Roma
. I
Galli
in ritirata si trovarono presi presso
Talamone
fra i due eserciti dei
consoli
Lucio Emilio
e
Gaio Atilio
, quest'ultimo reduce dalla
Sardegna
ed appena sbarcato sulle coste toscane. I
Galli
furono sconfitti ma
Gaio Atilio
venne catturato ed ucciso.
Il successo incoraggiò i
Romani
che l'anno successivo inviarono i
consoli
Quinto Fulvio
e
Tito Manlio
contro i
Celti
stanziati nella
Pianura Padana
. Dopo una vittoria sui
Boi
i
consoli
sospesero la campagna a causa di un'epidemia.
L'anno successivo (
223 a.C.
) i nuovi
consoli
Publio Furio
e
Gaio Flaminio
penetrarono nel territorio degli
Anari
e di qui passarono ad attaccare gli
Insubri
. Inferiori nel numero ma superiori nella preparazione militare, i
Romani
sconfissero gli
Insubri
sul fiume
Oglio
.
Nel
222 a.C.
, falliti i negoziati con i
Romani
, i
Celti
si riunirono ed armarono di nuovo.
consoli
Marco Claudio
e
Gneo Cornelio
, si combattè ancora fra
Acerra (Pizzighettone)
,
Clastidium (Casteggio)
e
Mediolano
. Infine i capi
Insubri
si arresero ai
Romani
senza condizioni.
Polibio
conclude qui la sua narrazione delle guerre contro i
Galli
, guerre che furono terribili per l'impeto dei barbari ma che, secondo l'
Autore
, furono vinte facilmente dalla superiore organizzazione dei
Romani
.
La narrazione, dopo la digressione sui
Celti
, torna ai
Cartaginesi
.
Asdrubale
, dopo aver regnato sulla
Spagna
per otto anni (
229 a.C.
-
221 a.C.
) venne ucciso da nemici personali. Il governo della provincia iberica passò al venticinquenne
Annibale
che subito adottò una politica fortemente antiromana. Tuttavia, nell'intento di fornire una descrizione delle "terre conosciute",
Polibio
rinvia ancora la trattazione della
seconda guerra punica
per sintetizzaare le vicende
greche
, in particolare quelle che portarono alla pacificazione del
Peloponneso
sotto il segno della cultura
achea
.
L'
Autore
risale al
quarto secolo
, epoca di grande fermento rivoluzionario fra le colonie della
Magna Grecia
, durante la quale gli
Achei
inaugurarono la loro politica pacificatrice. Successivamente tale politica servì a risolvere la crisi del
Peloponneso
. Protagonisti ne furono, secondo
Polibio
, tre
Achei
:
Arato di Sicione
,
Filopemene di Megalopoli
e
Licorta
, dei quali l'
Autore
si accinge a ricordare le opere.
Si era ai tempi della 124ma
Olimpiade
(
284
-
280 a.C.
) quando
Patre (Patrasso)
e
Dime
strinsero la prima alleanza. Morirono in quegli anni molti dei successori di
Alessandro
:
Tolomeo Sotere
,
Lisimaco
,
Seleuco
,
Tolomeo Cerauno
. Dopo la morte di
Alessandro
le dodici città della
Lega Achea
però conobbero un periodo di grande discordia che andò a danno della loro indipendenza. Fu appunto durante la 124ma
Olimpiade
che la situazione si risolse e gli
Achei
tornarono all'antica concordia, la lega venne rapidamente ricostituita. Dopo venticinque anni le città achee elessero per la prima volta uno stratego comune,
Margo di Carinea
. Nel
251
la strategia toccò ad
Arato di Sicione
che aveva appena liberato la propria città dal tiranno
Nicocle
.
Arato
seppe ingrandire la
Lega Achea
e trascorse la sua vita lottando contro il dominio macedone nel
Peloponneso
. Promosse la lega con condizioni di favore per i tiranni che accettavano di aderire deponendo il potere assoluto e con gravi minacce per quelli che rifiutavano.
Contro la
Lega Achea
gli
Etoli
si allearono con la
Macedonia
, allora governata da
Dosone
, e con
Cleomene III
di
Sparta
. Nonostante
Cleomene
avesse invaso alcune città degli
Etoli
questi cercarono la sua alleanza pur di battere gli
Achei
. Nel
228 a.C.
ebbe così inizio la guerra cleomenica.
Inizialmente gli
Achei
affrontarono la guerra da soli ma
Arato
, non troppo sicuro dell'esito che quelle vicende avrebbero potuto avere, decise di cercare di portare dalla sua parte
Antigono Dosone
. Ritenendo politicamente non opportuno effettuare il tentativo apertamente, trovò il modo di farlo attraverso
Megalopoli
, città dell'
Arcadia
tradizionalmente ostile a
Sparta
.
Tramite l'ambasciata dei
Megalopolitani
, abilmente organizzata,
Arato
ottenne dai
Macedoni
promesse di aiuto e fece in modo che tale disponibilità venisse accettata dall'intera
Lega Achea
.
Cleomene
di
Sparta
continuò la sua campagna espansionistica e nel
225 a.C.
conquistò
Corinto
.
Arato
approfittò della situazione per rinforzare la sua alleanza con
Antigono
offrendo a questi
Corinto
, quando fosse stata riconquistata.
Nel
224 a.C.
Antigono
si schierò con gli
Achei
contro
Cleomene
.
Cleomene
, al quale gli
Achei
avevano nel frattempo ripreso
Argo
, dovette retrocedere e portarsi sulla difensiva.
Antigono
prese l'
Acrocorinto
, penetrando nel
Peloponneso
. Giunto ad
Argo
rinnovò l'accordo con gli
Achei
. Nella primavera del
223 a.C.
Macedoni
ed
Achei
assediarono
Tegea
, quindi presero d'assalto
Orcomeno
e
Mancende (poi Antigonea)
indebolendo progressivamente le posizioni
spartane
.
Cleomene
attaccò improvvisamente
Megalopoli
e, nonostante la coraggiosa difesa degli abitanti, riuscì ad impadronirsene e la devastò crudelmente.
A questo punto
Polibio
confuta
Filarco
, autore di
Storie
che aveva fornito degli eventi narrati versioni molto diverse e contrastanti con quelle di
Arato
(e di
Polibio
stesso): è l'occasione per ribadire la funzione educativa della storia ed il dovere dello storico di attenersi ai puri fatti senza aggiungere personali interpretazioni.
La città di
Mantinea
, che era passata spontaneamente a
Cleomene
, fu ripresa da
Arato
, ma la clemenza di questi spinse i cittadini a ricongiungersi liberamente e di buon grado con la
Lega Achea
. Tuttavia poco tempo dopo
Mantinea
ripassò a
Sparta
ed il presidio acheo venne trucidato.
Polibio
contesta a
Filarco
di aver fornito una versione artefatta di questo episodio. Altro episodio discusso è la morte di
Aristomaco
, tiranno di
Argo
.
Filarco
dice che fu barbaramente torturato a morte,
Polibio
confuta ed aggiunge comunque che la condanna era ampiamente motivata dalle empietà commesse dal tiranno.
Al principio della primavera, avendo
Antigono
ritirato le sue truppe,
Cleomene
attaccò
Argo
. Si trattò di un'azione temerarie perchè la città era considerata imprendibile, tuttavia
Cleomene
aveva scelto il momento giusto ed ottenne, se non altro, di atterrire gli avversari ed incoraggiare le proprie truppe.
All'inizio dell'estate
Antigono
avanzò con gli alleati verso la
Laconia
, ma giunto ai confini di questa trovò fortissime le difese organizzata da
Cleomene
e prese tempo accampandosi lungo il fiume Gorgilo.
Quando si giunse alla battaglia (
221 a.C.
?
223 a.C.
?) nell'esercito di
Antigono
si distinse il giovane
Filopemene di Megalopoli
che ebbe la meglio sul comandante
spartano
Eucleida
. Infine
Antigono
vinse, gli
Spartani
furono sconfitti e
Cleomene
fuggì alla volta di
Alessandria
.
Antigono
trattò con grande clemenza i cittadini di
Sparta
e dopo pochi giorni tornò in
Macedonia
per scacciare un'invasione di
Illiri
.
Presenziò ad
Argo
alle
feste Nemee
dove gli furono tributati grandi onori da parte degli
Achei
ma, dopo poco tempo, morì di malattia (
220 a.C.
) lasciando il trono di
Macedonia
a
Filippo
, figlio di
Demetrio
.
Nello stesso periodo moriva
Tolomeo Evergete
lasciando l'
Egitto
al figlio
Tolomeo Filopatore
. Morì anche
Seleuco III Sotere
, re di
Siria
, combattendo per la riconquista dell'
Asia Minore
, sottrattagli da
Attalo
, e lasciò il trono al fratello
Antioco III
.
Qui si conclude il proemio introduttivo alle
Storie
di
Polibio
.
Libro III
Polibio
precisa meglio gli argomenti della successiva narrazione: la guerra sociale, la guerra annibalica, la guerra per la
Celesiria
.
La trattazione avrà inizio dalla 143ma
Olimpiade
(
220 a.C.
-
216 a.C.
). Si racconterà delle causee e degli effetti della seconda guerra con
Cartagine
e di come
Filippo di Macedonia
, sconfitti gli
Etoli
, si sia alleato con i
Cartaginesi
, di come
Antioco
e
Tolomeo Filopatore
si siano contesi la
Celesiria
, delle vicende di
Gelone Siracusa
e di quelle egiziane, dopo la morte di
Tolomeo
. Si analizzerà la costituzione
romana
: il fine principale dell'opera, si deve ricordare, è l'esame del processo che ha portato
Roma
a dominare il mondo.
Il racconto continuerà con la guerra contro
Filippo
e con quella contro
Antioco
e i
Galati
.
Nel giro di circa mezzo secolo avvennero eventi importantissimi: i
Romani
in
Spagna
dichiararono guerra ai
Celtiberi
ed ai
Vaccei
, i
Cartaginesi
a
Massinissa
, re dei
Libici
;
Attalo II di Pergamo
combattè contro l'invasione di
Prusia
, re di
Bitinia
. In
Cappadocia
Ariarate V Filopatore
fu spodestato dal fratello
Oroferne
e reinsediato con l'aiuto di
Attalo
e di
Demetrio I Sotere
, re di
Siria
.
Infine i
Romani
vennero a guerra contro i
Cartaginesi
, proponendosi di annientarli definitivamente.
Dopo la vasta anticipazione
Polibio
riprende la trattazione dettagliata contestando subito l'opinione degli storici che indicavano nella presa di
Sagunto
da parte dei
Cartaginesi
la causa prima della
seconda guerra punica
: questo fu solo un pretesto - scrive
Polibio
- le cause vere ed originali del conflitto furono l'odio ed il risentimento che
Cartagine
aveva dovuto reprimere accettando le terribili condizioni di resa nella guerra precedente, quando aveva dovuto perdere la
Sardegna
pur di non combattere contro i
Romani
mentre la rivolta dei mercenari la minacciava dall'interno.
In particolare fu causa attiva l'odio risoluto di
Amilcare Barca
, padre di
Annibale
, e di tutti i membri della sua famiglia.
Amilcare
era riuscito a salvare dalla guerra precedente buona parte delle sue risorse militari e si era insediato in
Spagna
dove aveva governato rendendosi sempre più indipendente dal
Senato
cartaginese
. Il suo esempio fu seguito da
Annibale
che, non di meno, fu per diciassette anni a capo delle forze
Cartaginesi
contro i
Romani
.
Secondo
Fabio Pittore
i Barcidi tendevano alla tirannide e non riuscendo a prendere il potere a
Cartagine
avevano preso possesso della
Spagna
e la governavano con un regime monarchico, di fatto indipendente dal
Senato
cartaginese
. Quando
Annibale
occupò
Sagunto
i
Romani
mandarono ambasciatori a
Cartagine
chiedendo che fosse loro consegnato il generale ed ottennero un diniego. Ora, obietta
Polibio
, se il
Senato
cartaginese
fosse stato in contrasto con
Annibale
e non avesse partecipato alla decisione, perché non avrebbero dovuto consegnarlo liberandosi di un uomo pericoloso ed evitando la guerra?
Polibio
indica tre cause determinanti della
seconda guerra punica
: la politica antiromana di
Amilcare
, la perdita della
Sardegna
e l'incoraggiamento che i
Cartaginesi
ricavarono dai successi in
Spagna
. In sintesi, pur essendo morto anni prima dell'inizio della guerra,
Amilcare
sarebbe stato il primo artefice della belligeranza
cartaginese
.
Per dimostrare l'intensità dell'odio di
Amilcare
verso i
Romani
Polibio
racconta del giuramento di inimicizia che fece fare al figlio
Annibale
quando aveva solo nove anni, episodio narrato anche da
Livio
.
Alla morte di
Asdrubale Maggiore
le truppe cartaginesi in
Spagna
proclamarono stratego
Annibale
e a
Cartagine
la scelta venne ratificata all'unanimità.
Annibale
condusse una breve campagna contro la tribù degli
Olcadi
quindi si stabilì a
Cartagena
per trascorrervi l'inverno.
Nell'estate successiva (
220 a.C.
)
Annibale
attaccò i
Vaccei
prendendo Elmantice e Arbucula. Fu a sua volta attaccato dai Carpesi, una delle popolazioni più forti della penisola, che insieme ai loro alleati schierarono un esercito di oltre centomina uomini, ma
Annibale
con fine strategia riuscì ad ucciderne molti mentre erano impegnati nell'attraversare il Tago, quindi contrattaccò e mise in fuga i superstiti.
Sollecitati dai
Saguntini
che prevedevano di essere attaccati, i
Romani
inviarono ad
Annibale
un'ambasceria che fu ricevuta a
Cartagena
. Gli ambasciatori diffidarono
Annibale
dal molestare
Sagunto
e dal violare il trattato dell'
Ebro
ma
Annibale
, accampando il pretesto di ingiustizie compiute dai
Romani
ai danni dei
Saguntini
, non volle dar loro soddisfazione. Gli ambasciatori salparono per
Cartagine
per ripetere la diffida, pur avendo compreso che la guerra era ormai inevitabile.
Sapendo che la guerra sarebbe stata lunga e impegnativa, i
Romani
decisero di liberarsi dai problemi in corso con gli
Illiri
.
Demetrio di Faro
aveva tradito il patto di alleanza con i
Romani
, si era accordato con i
Macedoni
ed in quel periodo andava saccheggiando e devastando i territori controllati da
Roma
e dai suoi alleati. Nella primavera del
219 a.C.
mosse contro di lui il console
Lucio Emilio Paolo
.
Contemporaneamente
Annibale
, in anticipo sulle previsioni dei
Romani
, assediò
Sagunto
. Gli occorsero otto mesi per prendere la città ma alla fine aveva raggiunto l'obiettivo: si era procurato ricchezze per finanziare successive operazioni, aveva premiato ed incoraggiato i suoi soldati ed inviando parte del bottino in patria aveva aumentato il consenso dei
Cartaginesi
nei suoi confronti.
Demetrio di Faro
aveva preparato le sue forze per affrontare i
Romani
nella fortezza di Dimalo (lungo le coste dell'
Illiria
Greca) che era ritenuta inespugnabile ma che cadde nelle mani di
Lucio Emilio
dopo soli sette giorni di assedio. Il console passò quindi ad attaccare
Demetrio
nell'isola di Faro facendo sbarcare segretamente gran parte delle truppe nella notte precedente l'assalto. Questo stratagemma risultò utile al mattino perché le truppe sbarcate di notte presero alle spalle gli
Illiri
che stavano combattendo con quelle appena approdate e li scoprissero.
Demetrio
riuscì a fuggire in
Macedonia
dove rimase per il resto della vita. Sarebbe morto più tardi nel tentativo di conquistare Messene per conto di
Filippo V
.
Lucio Emilio
tornò a
Roma
dove fu accolto trionfalmente. Appresa la notizia della caduta di
Sagunto
i
Romani
inviarono a
Cartagine
ambasciatori che recavano un messaggio molto chiaro: o la consegna di
Annibale
e dei suoi consiglieri, o la guerra.
I
Cartaginesi
affermarono che il trattato dell'
Ebro
era nullo in quanto non ratificato dal
Senato
e si rifecero al trattato conclusivo della guerra precedente che non riguardava
Sagunto
.
I
Romani
rigettarono questa posizione ed insistettero per la consegna dei responsabili della caduta di
Sagunto
. Per maggiore chiarezza
Polibio
ritiene opportuno approfondire i trattati fra
Romani
e
Cartaginesi
.
Un primo trattato fu sottoscritto ai tempi del primo consolato (
509 a.C.
) e prevedeva il divieto per i
Romani
di navigare in acque cartaginesi ed il divieto per i
Cartaginesi
di entrare in territorio romano o latino, oltre ad altre clausole minori.
Il secondo trattato (
348 a.C.
) ribadiva il precedente ed aggiungeva clausole per regolare i rapporti commerciali. In entrambi questi trattati l'
Africa
Settentrionale, la
Sardegna
e parte della Sicilia venivano considerate dominio
cartaginese
.
Il terzo trattato (
279 a.C.
) era stato firmato ai tempi di
Pirro
e oltre a confermare gli accordi precedenti prevedeva mutuo aiuto militare.
Successivamente, dopo la
prima guerra punica
, furono conclusi accordi che prevedevano la rinuncia cartaginese alla Sicilia e poi alla
Sardegna
. Infine nel
226 a.C.
fu siglato il trattato dell'
Ebro
con
Asdrubale
per regolare la questione spagnola.
Secondo l'
Autore
i
Cartaginesi
avrebbero violato, aggredendo
Sagunto
, le clausole dei vari trattati che prevedevano l'incolumità degli alleati della controparte ed avrebbero violato oltrepassando l'
Ebro
in assetto di guerra il trattato del 266 a.C.
In questo senso la responsabilità della guerra annibalica ricadrebbe pienamente su
Cartagine
, tuttavia i
Romani
avevano commesso la loro parte di ingiustizia con le requisizioni della
Sardegna
e l'imposizione dei tributi. L'ambasciata dei
Romani
a
Cartagine
si concluse con una reciproca dichiarazione di guerra.
Annibale
che svernava a
Cartagine
iniziò i suoi preparativi istruendo il fratello Asdrubale su come condurre in sua assenza le operazioni in
Spagna
ed affidandogli adeguate risorse militari e navali.
Prese contatto con i
Celti
che abitavano sulle
Alpi
ed oltre per saggiare la loro disponibilità ad aiutarlo durante la marcia verso l'
Italia
, avutane conferma all'inizio della primavera del
218 a.C.
lasciò i quartieri d'inverno.
Partì con circa novantamila fanti e dodicimila cavalieri e, superato l'
Ebro
, sottomise gli Ilergeti, i Bargusi, gli Erenosi e gli Andosini.
Affidò tutta la regione ad Annone lasciandogli circa diecimila soldati, altrettanti ne congedò e, considerando le perdite subite nel combattere le popolazioni iberiche, arrivò ai
Pirenei
con cinquantamila fanti e novemila cavalieri.
I
Romani
, venuti a conoscenza della partenza di
Annibale
, decisero di inviare con un esercito il console
Publio Cornelio
in Iberia ed il collega
Tiberio Sempronio
in
Africa
.
In quel periodo, incoraggiati dall'imminente arrivo dei
Cartaginesi
, i Galli Boi si allearono con gli
Insubri
e si sollevarono. Devastarono il territorio di
Piacenza
e
Cremona
, colonie recentemente dedotte, ed assediarono
Modena
. Accorse la quarta legione comandata dal pretore Lucio Melio ma venne sconfitta e i superstiti si chiusero nel villaggio di Tanneto dove furono assediati.
Furono mandate in quei luoghi le
legioni
preparate per
Publio Cornelio
(al quale furono ordinati nuovi arruolamenti) al comando del pretore Caio Atilio Serrano.
Tiberio Sempronio
con centosessanta navi raggiunse Lilibeo in Sicilia ed iniziò grandi preparativi.
Cornelio
, partito da Pisa, raggiunse
Marsiglia
ed approdò alla foce del
Rodano
. Venuto a sapere che
Annibale
, in forte anticipo sulle previsioni, era arrivato a quel fiume, mandò in ricognizione trecento cavalieri.
Per passare il
Rodano
Annibale
acquistò tutte le imbarcazioni disponibili presso la popolazione locale e molto legname per costruire zattere. Tutto fu preparato molto rapidamente ma
Annibale
notò che un grande numero di barbari (i
Volci
secondo
Livio
) aspettava sulla riva opposta per impedirgli di sbarcare. Divise allora le sue truppe e ne affidò una parte ad Annone perché le facesse traghettare in un punto più a monte. Quando queste truppe ebbero superato il fiume attaccarono i barbari alle spalle ed ingaggiarono un combattimento mentre il resto dell'esercito, con cavalli ed elefanti, traghettava a sua volta.
Compiuta la traversata
Annibale
presentò ai soldati gli ambasciatori delle genti celtiche (Galli Boi, secondo
Livio
) che avevano offerto aiuti ed alleanza, pronunciò quindi un discorso per incoraggiare i soldati in vista della marcia del giorno successivo.
Tornarono al campo
cartaginese
i cavalieri numidi che
Annibale
aveva inviato in ricognizione, avevano subito molte perdite scontrandosi con quelli romani mandati da
Cornelio
. Il console, informato così della posizione del nemico salpò immediatamente lungo il
Rodano
per raggiungere ed attaccare
Annibale
ma questi all'alba tolse il campo e riprese il cammino verso l'
Italia
.
Polibio
critica gli storici che hanno esagerato le difficoltà del viaggio con l'intenzione di mettere in risalto l'audacia di
Annibale
e riuscendo soltanto a farlo apparire come un comandante stolto ed imprudente. Prima dei
Cartaginesi
le
Alpi
erano state spesso attraversate dai
Celti
ed
Annibale
si era approfonditamente informato sui luoghi e si era procurato molte guide esperte.
Quando il console
Cornelio
giunse al sito del campo
cartaginese
,
Annibale
era già partito da tre giorni.
Cornelio
affidò allora il comando in
Spagna
al fratello
Gneo Cornelio Scipione
e partì rapidamente per anticipare
Annibale
attraverso l'
Etruria
.
Giunto in una località chiamata l'Isola (Isere),
Annibale
trovò una contesa in corso fra due fratelli per il potere sulle popolazioni locali. Aiutò uno dei due a cacciare l'altro e fu ricompensato con molti rifornimenti per i suoi soldati e con una scorta fino al passo alpino.
Iniziato il transito del valico i
Cartaginesi
scoprirono che gli Allobrogi avevano bloccato alcuni passaggi obbligati. Le guide di
Annibale
lo informarono che le sentinelle si allontanavano durante la notte ed il generale ne approfittò per occupare le loro postazioni.
Al mattino gli Allobrogi attaccarono ma
Annibale
aveva acquisito vantaggio occupando posizioni più elevate. Durante il combattimento molti caddero da entrambe le parti anche a causa della natura impervia del terreno con molti insidiosi burroni. I
Cartaginesi
persero anche molti animali da soma con il relativo carico di masserizie, tuttavia quando
Annibale
ebbe sterminato gli Allobrogi conquistò una loro città trovandovi animali e rifornimenti per compensare le perdite subite.
Dopo quattro giorni alcuni
Galli
si presentarono ad
Annibale
dicendo di offrire amicizia per evitare il destino di quanti lo avevano attaccato.
Annibale
era diffidente ma, per evitare che un rifiuto gli rendesse difficile trovare alleanze in futuro, accettò.
I
Galli
fornirono guide ma si trattava di una trappola e le guide portarono i
Cartaginesi
nel luogo di un'imboscata.
I
Cartaginesi
riuscirono a resistere ma quando il nemico si allontanò contarono molte perdite. Dopo questo episodio
Annibale
proseguì verso il valico non subendo ulteriori attacchi ma solo modesti tentativi di disturbo da parte dei barbari.
Un nuovo pericolo minacciò la discesa: la neve fresca caduta su quella gelata rendeva il sentiero impraticabile e molti uomini ed animali persero la vita scivolando nei precipizi. Furono necessari pesanti lavori per spalare la neve e proseguire nella discesa.
Comunque i
Cartaginesi
, dopo cinque mesi di viaggio, avevano superato le
Alpi
raggiungendo la
Pianura Padana
.
Cornelio
, sbarcato a Pisa, aveva risalito l'
Etruria
e giunto nel territorio degli
Insubri
aveva preso in consegna le
legioni
ivi stanziate.
Annibale
fece riposare e ristorare le sue truppe stremate dalla fatica e dai combattimenti. Fra le popolazioni della zona gli si opposero solo i
Taurini
che furono massacrati come chiaro monito per gli altri.
I
Romani
costruirono un ponte per superare il Ticino ed oltre il fiume si scontrarono per la prima volta con i
Cartaginesi
. La cavalleria di
Annibale
prevalse sull'esercito di
Cornelio Scipione
. Dopo la sconfitta del Ticino
Cornelio
, che era stato ferito durante la battaglia, decise di ritirarsi verso
Piacenza
. Superato il ponte da loro costruito i
Romani
lo distrussero per bloccare i
Cartaginesi
che li inseguivano.
Annibale
dovette a sua volta costruire un ponte di zattere per passare il fiume. I
Galli
che avevano deciso di aderire alla causa del più forte, vista la vittoria di
Annibale
, gli offrirono aiuti ed alleanza, che il generale accettò volentieri.
Raggiunti i
Romani
, i
Cartaginesi
piantarono il proprio accampamento a breve distanza da quello nemico.
I
Celti
che militavano con
Cornelio
disertarono e dopo aver ucciso durante la notte molti
Romani
, passarono al campo di
Annibale
che li accolse con entusiasmo e li mandò alle rispettive città a fare propaganda filocartaginese. Dopo questo tradimento era inevitabile che tutti i
Celti
della zona passassero ai
Cartaginesi
, lo comprendeva
Annibale
e lo sapeva anche
Cornelio
che per precauzione decise di spostarsi verso il fiume
Trebbia
.
Inseguiti dai
Cartaginesi
, i
Romani
superarono il fiume e presero il campo fortificandolo con fosse e staccionate.
Il console
Tiberio
marciò a tappe forzate fino a
Rimini
per portare aiuto al collega.
Annibale
si impadronì della città di
Clastidio
, dove erano state stivate molte vettovaglie, corrompendone il prefetto. Venuto a sapere che alcune tribù di
Celti
facevano il doppio gioco ordinò la devastazione del loro territorio ed il console
Tiberio
immediatamente reagì. Ne seguì un combattimento dall'esito incerto che
Annibale
non volle portare avanti.
Il console
Tiberio
era ansioso di arrivare alla battaglia campale prima della scadenza della sua carica mentre
Cornelio
, ancora infermo per le ferite, si mostrava più prudente anche perché molti dei loro soldati erano reclute inesperte.
Annibale
comprendeva chiaramente la situazione e per gli stessi motivi che inducevano
Cornelio
a ritardare lo scontro sperava di combattere quanto prima.
Annibale
affidò al fratello Magone il compito di tendere un agguato ai
Romani
e lo fece appostare durante la notte con mille cavalieri scelti. Egli stesso all'alba si preparò ad uscire con la cavalleria numida. Vedendo uscire i cavalieri numidi
Tiberio
schierò immediatamente tutte le sue forze, ma presto i
Romani
chiamati improvvisamente sul campo di battaglia senza essersi nutriti e preparati cominciarono a soffrire per il freddo ed il digiuno.
Annibale
fece uscire anche le forze alleate schierando oltre diecimila cavalieri.
Le due fanterie leggere iniziarono a combattere e subito i
Romani
si trovarono in difficoltà per vari motivi fra cui l'attacco laterale delle ali della cavalleria nemica. Quando intervennero i cavalieri di Magone attaccando i
Romani
alle spalle l'esito della battaglia fu deciso e le
legioni
subirono gravissime perdite. I superstiti fuggirono verso
Piacenza
e i
Cartaginesi
a causa della tempesta rinunciarono ad inseguirli.
Annibale
ed i suoi erano soddisfatti ma rientrando al campo molti uomini, cavalli ed elefanti morirono assiderati.
Tiberio
cercò di minimizzare la notizia della sconfitta ma presto la verità divenne evidente. A
Roma
si decise di potenziare l'esercito e la flotta ed i nuovi consoli Gneo Servilio e
Gaio Flaminio
ebbero l'incarico di stanziare contingenti in
Sicilia
,
Sardegna
,
Taranto
ed i tutti i luoghi ritenuti strategici.
Intanto
Gneo Cornelio
era sbarcato in
Spagna
e si era procurato l'amicizia di molte città costiere sottoponendo con la forza quelle che si opponevano. Quindi cominciò a penetrare verso l'interno dove si scontrò con le truppe di Annone riportando una vittoria presso la città di
Cissa
. Asdrubale per affrontare i
Romani
oltrepassò l'
Ebro
e pose i suoi quartieri di inverno a
Cartagena
mentre Gneo si accampava a Tarragona.
I nuovi consoli
Flaminio
e Servilio si stabilirono rispettivamente ad Arezzo e
Rimini
.
Annibale
, rimasto presso il luogo dell'ultima battaglia, trattava con clemenza i prigionieri catturati fra gli alleati dei
Romani
e molti ne liberò per procurarsi la simpatia della loro gente. Per dare soddisfazione alle forze galliche che erano con lui ed erano ansiose di combattere fuori dal proprio territorio per poter fare bottino,
Annibale
decise di passare in
Etruria
e scelse la via più breve e difficile, quella che attraversava le paludi, con grande preoccupazione dei soldati.
Marciarono ininterrottamente per quattro giorni nell'acqua e nel fango: Africani ed
Iberi
, più abituati alla fatica, procedevano con relativa facilità nelle paludi ancora intatte ma i
Celti
che li seguivano erano più deboli ed erano in maggiore difficoltà per il fango sconvolto dal passaggio degli altri; la cavalleria di retroguardia, comandata da Magone, impediva loro di fermarsi o tornare indietro.
Annibale
viaggiava sull'unico elefante sopravvissuto al freddo della
Trebbia
. Soffriva di un attacco di oftalmia che lo portò a perdere un occhio.
Compiuta la traversata delle paludi
Annibale
localizzò il campo di
Flaminio
. Si informò e venne a sapere che il nuovo console era un abile oratore ma aveva scarsa esperienza militare, pensò quindi di provocarlo razziando il territorio per indurlo a combattere senza aspettare l'arrivo del collega. Infatti
Flaminio
fu indignato dello sprezzante comportamento del nemico che avanzava fra
Cortona
ed il lago
Trasimeno
e fu subito disponibile a combattere senza aver valutato l'opportunità del momento e la natura dei luoghi.
Annibale
si accampò presso il lago su un colle che sovrastata un vallone lungo il quale dispose numerose insidie in attesa dell'arrivo di
Flaminio
.
Quando i
Romani
in una fitta nebbia che limitava estremamente la visibilità furono attaccati da ogni direzione e molti di loro perirono senza aver avuto il tempo di comprendere la situazione e di decidere come comportarsi, altri annegarono nel tentativo di fuggire a nuoto nel lago. Morirono quindicimila
Romani
, oltre seimila che erano fuggiti arroccandosi in un vicino villaggio vennero assediati, si arresero e furono fatti prigionieri. Il console
Flaminio
perse la vita nella battaglia.
Di nuovo
Annibale
liberò i prigionieri italici. A
Roma
la notizia gettò la popolazione nello sconforto ma i senatori si sforzarono di correre ai ripari.
A questa sciagura presto si aggiunse la sconfitta dei rinforzi che Gneo Servilio aveva inviato al collega e che erano giunti in ritardo. A
Roma
si decise di ricorrere ad una procedura straordinaria eleggendo un
dittatore
.
Annibale
rinviò il progetto di assediare
Roma
e si dedicò a saccheggiare l'
Umbria
, il
Piceno
e la costa adriatica.
Memore degli inverni trascorsi all'aperto e delle loro conseguenze sulla salute dei soldati,
Annibale
procurò per il suo esercito una sistemazione più confortevole per attendere la primavera. Mandò quindi messi a
Cartagine
per comunicare il buon esito delle sue imprese.
A
Roma
fu nominato
dittatore
Quinto Fabio Massimo
,
Marco Minucio
fu il suo maestro della cavalleria.
Annibale
attese che i soldati fossero curati e ristorati, fece medicare la scabbia dei cavalli con il vino vecchio e quindi si mosse lungo la costa adriatica depredando il
Piceno
e la
Daunia
.
Fabio Massimo
partì da
Roma
con quattro nuove
legioni
e si riunì con l'esercito consolare nei pressi di
Narnia
, esonerò dal comando il console Gneo e lo mandò a
Roma
a preparare difese in caso di attacco navale, quindi raggiunse i
Cartaginesi
piantando il campo ad una certa distanza da loro.
Subito Fabio inaugurò la sua tattica: quando
Annibale
schierò il suo esercito i
Romani
non uscirono dal campo. Fabio sapeva che
Annibale
aveva uomini più preparati dei suoi e che la vittoria, trovandosi in terra straniera, costituiva per loro l'unica via di salvezza. Dalla sua Fabio aveva l'abbondanza di mezzi e di uomini, così decise - ignorando le critiche - di aspettare, esasperando il nemico e salvaguardando il suo esercito.
Fabio continuò ad evitare la battaglia limitandosi, quando questo non comportava gravi pericoli, ad attaccare e uccidere i
Cartaginesi
che uscivano dal campo in cerca di cibo.
Annibale
si spostò nella zona di
Benevento
, poi in quella di
Capua
, conquistò
Venosa
ricca di provviste, senza che Fabio intervenisse mai.
Minucio
era contrario alla tattica di Fabio e tacciava il
dittatore
di vigliaccheria, ma Fabio fu irremovibile. La regione circostante
Capua
era fra le più belle e fertili dell'
Italia
, possedeva porti, città e coltivazioni di ogni tipo.
Annibale
vi si accampò senza essere ostacolato da
Fabio Massimo
.
Annibale
devastò l'intera Pianura Flegrea raccogliendo un enorme bottino mentre
Fabio Massimo
si limitava a procedere in parallelo con il nemico per non dare agli alleati l'impressione di aver abbandonato il campo. Quando infine
Annibale
decise di cercare il luogo adatto per ritirarsi per l'inverno, Fabio comprese che sarebbe dovuto necessariamente transitare per un passo molto stretto e vi collocò quattromila uomini.
Anche
Annibale
intuì le intenzioni del nemico e ricorse ad uno stratagemma per superare la gola: fece legare fascine di legno alle corna di duemila buoi e le fece incendiare.
Il corteo di fuochi nella notte fece grande impressione sui
Romani
che non riuscivano a comprendere di cosa si trattasse. Fabio intuì che doveva essere un tranello e, come suo costume, rinunciò ad intervenire benchè i soldati fremessero dal desiderio di combattere. Lasciò che i
Cartaginesi
uscissero dalla valle e si andassero ad accampare in un luogo sicuro.
Dovendo recarsi a
Roma
per celebrare i sacrifici, Fabio raccomandò a
Marco Minucio
di adeguarsi ai suoi metodi ma
Minucio
aveva ben altre intenzioni.
Intanto in
Spagna
Asdrubale fece salpare da
Cartagena
le quaranta navi che aveva preparato durante l'inverno e le fece navigare lungo la costa fino alla foce dell'
Ebro
, analogo percorso fece compiere alla fanteria marciando lungo il litorale.
Gneo Scipione, considerando inferiori le proprie forze terrestri a quelle del nemico decise di combattere in mare e si portò nella stessa zona con trentacinque navi ben equipaggiate.
La battaglia fu breve ed i
Romani
riportarono una bella vittoria impossessandosi di venticinque navi nemiche.
Da
Cartagine
furono inviate altre settanta navi che passarono dalla
Sardegna
ma quando si seppe che da
Roma
il console Servilio era partito contro di loro con una grande flotta rinunciarono e tornarono a
Cartagine
.
Servilio tentò di inseguirle ma essendo troppo distanziato si fermò a Lilibeo e, lasciata la flotta all'ancora, tornò a
Roma
.
Soddisfatti della vittoria navale, i senatori romani decisero di aumentare l'impegno in
Spagna
ostacolando fra l'altro gli aiuti ed i rifornimenti che dalla
Penisola Iberica
i
Cartaginesi
avrebbero potuto inviare ad
Annibale
. Fu così mandato in
Spagna
Publio Scipione che si riunì al fratello Gneo presso la foce dell'
Ebro
. Insieme risalirono il fiume portandosi nei pressi di
Sagunto
. Qui erano custoditi numerosi ostaggi, figli dei personaggi più importanti di varie città spagnole, che
Annibale
aveva preteso prima di partire per tenere sotto controllo gli alleati. Un certo Abilice (Abeluce in
Livio
), spagnolo che era sempre stato fedele ai
Cartaginesi
, decise di cambiare partito e passare ai
Romani
. Convinse perciò il prefetto di
Sagunto
Bostar
a liberare gli ostaggi dicendogli che tutti gli
Iberi
gliene sarebbero stati grati:
Bostar
avrebbe certamente ricevuto grandi doni e
Cartagine
rinsaldato le alleanze. Invece Abilice prese accordi con i
Romani
e consegnò loro gli ostaggi, così molte città già filocartaginesi passarono per gratitudine ai
Romani
e
Bostar
rischiò la vita per la sua ingenutà.
Intanto in Italia Annibale giunse alla città di Gerunio (Gerconio in
Livio
, Apulia Settentrionale). Tentò di trattare con gli abitanti ma poiché questi resistevano ne fece strage, si impadronì della città allestendovi i suoi quartieri per l'inverno ed ordinò alle truppe di fare incetta di grano.
Marco Minucio
aveva il comando dell'esercito in assenza del
dittatore
Fabio Massimo
: venuto a sapere della conquista di Gerunio si portò nei pressi cercando l'occasione per attaccare i
Cartaginesi
, occasione che si presentò molto presto, ne seguì una battaglia che si concluse con un modesto successo dei
Romani
.
La notizia di questa vittoria giunse a
Roma
molto amplificata, tanto che fu deciso di conferire anche a
Minucio
l'autorità di
Fabio
, fatto inaudito perché
Roma
non aveva mai avuto due dittatori contemporaneamente. Quando
Fabio
tornò presso le truppe
Minucio
si comportò in modo altezzoso e i due generali si accordarono sul comandare ciascuno due delle quattro
legioni
disponibili.
Dal canto suo Annibale, quando comprese la situazione di rivalità che si era creata fra i due condottieri romani decise di approfittarne. Durante una nottata collocò molti uomini in agguato nascosti dove la natura del luogo lo permetteva e all'alba provocò
Minucio
che reagì prontamente per trovarsi poi in difficoltà per le insidie preparate dal nemico.
Il disastro fu evitato per l'intervento di
Fabio Massimo
che quando vide i pericoli che stavano correndo i soldati di
Minucio
uscì con le sue due
legioni
risolvendo la situazione.
Furono eletti consoli
Lucio Emilio Paolo
e
Caio Terenzio Varrone
(
216 a.C.
), Fabio e
Minucio
deposero il comando.
Il console
Emilio
affidò il comando delle forze in campo ai consoli uscenti Gneo Servilio e Marco Regolo nominandoli proconsoli e si dedicò a curare nuovi arruolamenti.
Si voleva esercitare i soldati con piccole azioni belliche e con intensi allenamenti in quanto si riteneva che le recenti sconfitte fossero state causate prevalentemente dalla scarsa preparazione delle milizie.
All'inizio della primavera Annibale si impadronì della rocca di
Canne
dove l'esercito romano aveva stivato le proprie provviste. I
Romani
furono molto colpiti per la perdita delle vettovaglie e di un'ottima posizione per il controllo del territorio. Il
Senato
decise di combattere ed inviò sul luogo i consoli. Furono schierate otto
legioni
, fatto non comune per un'unica battaglia.
Lucio Emilio
tenne un discorso ai soldati per incoraggiarli e dimostrare loro che si trovavano in circostanze molto più favorevoli di quelle degli scontri precedenti.
I due consoli non erano concordi sul luogo e sul momento opportuni per combattere.
Lucio Emilio
valutava la cavalleria cartaginese più forte della romana e voleva evitare lo scontro su terreno piano e spoglio. Era usanza che i consoli comandassero a giorni alterni e, toccando a
Caio Terenzio
, questi ordinò di avanzare verso il nemico: ne seguì una battaglia che i
Romani
vinsero con molte difficoltà. Il giorno successivo
Emilio
, più esperto e prudente, evitò di combattere e preferì spostare le
legioni
in posizione più propizia.
Si giunse quindi al giorno della grande battaglia (2 agosto
216 a.C.
) che si svolse lungo il fiume
Ofanto
, nei pressi di
Canne
. Tutti combatterono con grande coraggio ma alla fine prevalse la superiorità della cavalleria cartaginese. I
Romani
subirono moltissime perdite, morirono anche
Lucio Emilio
ed i consoli dell'anno precedente
Gneo Servilio
e Marco Regolo. Migliaia di soldati
Romani
vennero fatti prigionieri, pochi si salvarono fuggendo a
Venosa
, fra questi
Caio Terenzio
.
Come era prevedibile i
Cartaginesi
furono molto incoraggiati dalla vittoria, fino a sperare di poter conquistare la stessa
Roma
, mentre i
Romani
rischiarono di cadere nella più cupa disperazione anche a causa della fine del pretore
Lucio Postumio
e del suo esercito, caduti in un'imboscata dei Galli Boi pochi giorni dopo
Canne
. Tuttavia il
Senato
seppe fronteggiare la tragica situazione e
Roma
trovò la forza per riprendersi.
Libro IV
In questo libro
Polibio
intende esporre quanto accadeva in
Grecia
contemporaneamente alla guerra fra
Romani
e
Cartaginesi
narrata nel libro precedente. Per riprendere il filo del racconto l'
Autore
riepiloga rapidamente il secondo libro, da Tisameno figlio di Oreste all'inizio dei regni di
Filippo V di Macedonia
, Antioco III il Grande e Tolomeo IV Filopatore.
La situazione in quel periodo:
Filippo V
era salito ancora bambino sul trono di
Macedonia
succedendo al padre Demetrio II (229 a.C.), Antioco III era divenuto re di
Siria
dopo la morte del fratello Seleuco (
223 a.C.
) ma dovette affrontare la rivolta di Acheo prima di detenere completamente il potere, Ariarate IV era re di
Cappadocia
dal
220 a.C.
, Tolomeo IV Filopatore re di Egitto dal
221 a.C.
Gli
Etoli
, gente che
Polibio
definisce arrogante e violenta, erano stati tranquilli durante il regno di
Antigono
, ma alla morte di questi (
222 a.C.
) cominciarono a cercare pretesti per agire contro il
Peloponneso
.
Dorimaco era stato inviato nella città di Figalia (
Arcadia
) che faceva parte della lega etolica, con l'incarico ufficiale di difendere la città e quello sostanziale di sorvegliare il
Peloponneso
. Dorimaco permise ad una banda di pirati di depredare la
Messenia
con continue scorrerie finché i
Messeni
esasperati lo citarono in giudizio.
In seguito al processo, pur mantenendo il suo comportamento arrogante e respingendo le accuse, Dorimaco fu costretto a rifondare i danni subiti dai
Messeni
e a consegnare loro gli autori dei crimini più gravi ma, stando a
Polibio
, serbò tale rancore da provocare in seguito - e senza alcun motivo - la guerra fra
Etoli
e
Messeni
.
Il suo risentimento verso i
Messeni
era troppo noto ed evidente perché Dorimaco potesse proporre apertamente la guerra, si dedicò quindi a persuadere all'attacco Scopas, che deteneva il potere in
Etolia
. Lo convinse sostenendo che l'azione non sarebbe stata rischiosa perché il nuovo re macedone era troppo giovane mentre
Spartani
ed Elei non avevano ragioni per aiutare i
Messeni
. Valse inoltre come argomento persuasivo l'idea delle grandi ricchezze delle quali gli
Etoli
avrebbero potuto impadronirsi.
Gli
Etoli
cominciarono la guerra col catturare navi e depredare le coste. Si impadronirono anche della fortezza di Clario nel territorio di
Megalopoli
e ne fecero il proprio quartier generale. Timosseno, stratego degli
Achei
, riprese rapidamente la fortezza e gli
Etoli
passarono a saccheggiare e devastare la
Messenia
.
I
Messeni
inviarono ambasciatori all'assemblea degli
Achei
per chiedere aiuto contro gli
Etoli
, aiuto che gli
Achei
accordarono deliberando di intervenire. In quei giorni allo stratego Timosseno subentrò
Arato
che procedette agli arruolamenti ed ai preparativi con grande energia.
Arato era un abile politico, valente oratore ed esperto nello stringere alleanze e nel tendere trappole ai nemici come aveva dimostrato più volte prendendo con i suoi stratagemmi Sicione,
Mantinea
, Pellene e l'acropoli di
Corinto
.
Era invece pavido ed insicuro quando si trattava di affrontare direttamente il nemico e combatterlo in campo aperto.
Dunque Arato riunì le forze achee a
Megalopoli
ed inviò messaggeri a Dorimaco e Scopas intimando loro di ritirarsi dalla
Messenia
. I due capi
Etoli
valutarono opportuno obbedire, almeno per il momento, e portandosi presso gli Elei loro alleati, mandarono a chiedere rinforzi in
Etolia
.
Credendo ingenuamente nelle intenzioni degli
Etoli
, Arato congedò gran parte delle sue truppe, quindi avanzò in
Acaia
per seguire i movimenti degli
Etoli
, accompagnato da forze molto limitate. Dorimaco decise di approfittarne ed attaccarlo, anche per proteggere le operazioni di imbarco del bottino.
Stoltamente gli
Achei
persero l'occasione per combattere su un terreno loro favorevole e vennero sconfitti in quella che
Polibio
definisce la battaglia di Cafie.
I
Megalopolitani
accorsi in aiuto agli
Achei
arrivarono il giorno successivo e poterono soltanto dar sepoltura ai caduti. Gli
Etoli
vittoriosi assalirono Pellene e il territorio di Sicione prima di lasciare il
Peloponneso
.
Gli avversari di Arato gli attribuirono la responsabilità della sconfitta per i molti errori commessi, ma Arato seppe far valere il proprio prestigio e fu sollevato da tutte le accuse. Gli
Achei
interpellarono
Filippo di Macedonia
e tutti i loro alleati per formare un esercito che punisse gli
Etoli
e liberasse da questi la
Messenia
.
Dal canto loro gli
Etoli
decisero di evitare di combattere se non con gli
Achei
e solo in caso in cui questi avessero continuato a proteggere i
Messeni
.
Polibio
giudica assurda questa decisione in quanto gli
Etoli
avevano in precedenza firmato patti di alleanza sia con gli
Achei
, sia con i
Messeni
.
Gli
Epiroti
e
Filippo
si indignarono per le azioni degli
Etoli
ma alla fine decisero di non intervenire. Gli
Spartani
conclusero un patto segreto di amicizia con gli
Etoli
. Gli
Illiri
tentarono di conquistare
Pilo
e le
Cicladi
e si allearono con gli
Etoli
.
La città di Cineta, in
Acaia
, abitata da gente di stirpe arcade, era tormentata da lotte interne. Il partito favorevole agli
Achei
aveva preso il potere ed esiliato molti avversari. I fuoriusciti furono riammessi grazie all'intercessione degli stessi
Achei
ma continuarono a tramare e chiamarono gli
Etoli
che distrussero la città.
Gli
Etoli
tentarono quindi di assediare la città di Clitore, non riuscendo a prenderla tornarono a depredare il territorio di Cineta ed infine incendiarono la città. Quando presero il largo
Demetrio di Faro
tentò troppo tardi di tagliare loro la strada, quanto ad Arato, memore della precedente sconfitta, lasciò che gli
Etoli
agissero a loro piacimento senza mai intervenire.
Polibio
dedica un brano alla rozza natura dei Cineti: gli Arcadi antichi avevano stabilito di mitigare il carattere del loro popolo, reso particolarmente aspro dalla regione montuosa e dal clima inclemente, istituzionalizzando lo studio della musica e della danza; i Cineti, che vivevano isolati nella zona più inospitale, avevano perduto questi costumi sviluppando una durezza di carattere che li aveva infine indotti ad odiarsi e a combattersi fra loro.
Intanto gli
Spartani
, che erano rimasti senza re, lottavano fra loro nella contesa per il potere. Il partito era favorevole agli
Etoli
ma questi avevano lasciato il
Peloponneso
mentre
Filippo
si stava avvicinando alla città. I capi del partito filomacedone vennero improvvisamente trucidati ed i loro avversari inviarono messaggeri a
Filippo
per invitarlo a non entrare in città finché i disordini (dei quali attribuivano la responsabilità alle loro vittime) non si fossero sedati. Dopo aver consultato i suoi consiglieri,
Filippo
decise di evitare interventi violenti contro gli
Spartani
- che per altro gli avevano offerto la loro amicizia - e di tornare a
Corinto
.
In assemblea Filippo e si suoi alleati, ascoltate le proteste di ognunoo per le azioni degli Etoli, decisero di dichiarare guerra all'Etolia. La guerra ebbe inizio (220 a.C.) e mentre gli alleati attaccavano, Filippo scrisse agli Etoli dichiarandosi ancora disponibile a trattare. I capi degli Etoli, per prendere tempo, fissarono un incontro ma in seguito lo annullarono con un pretsto.
Gli Etoli nominarono stratega Scopas, il principale responsabile delle azioni che avevano portato alla guerra, ciò che Polibio ritiene una vera nefandezza, dal canto suo Filippo portò l'esercito in Macedonia per i preparativi, aprì una campagna di arruolamento e strinse alleanza con Scerdilaida comandante degli Illiri.
In effetti Scerdilaida era stato alleato degli Etoli ma poiché questi lo avevano ingannato non spartendo il bottino conquistato nella città di Cinete, passò volentieri dalla parte di Filippo al quale per altro chiese un congruo compenso in denaro per la sua partecipazione alla guerra.
Gli ambasciatori di Filippo si recarono presso gli Acarniani che senza esitare aderirono all'alleanza pur disponendo di forze modeste ed essento molto esposti al pericolo perché confinanti con gli Etoli. Gli Epiroti, invece, decretarono di entrare in guerra solo quando lo avesse fatto Filippo. Ambiguamente si dichiararono neutrali con gli ambasciatori degli Etoli.
I Messeni, che pure avevano causato l'inizio del conflitto, rifiutarono di entrare in guerra per una decisione degli aristocratici non condivisa dal popolo che Polibio critica duramente. I capi dei Messeni, secondo lo scrittore, avevano l'abitudine di evitare la guerra perché preoccupati dal loro personale vantaggio, avevano gli Arcadi per amici e gli Spartani come avversari ma da moltro tempo riuscivano a mantenersi comunque neutrali.
Da parte sua Polibio auspica che il patto di alleanza Messeni e Megalopolitani rimanga solido e che le due nazioni collaborino sempre contro il comune avversario e sostiene questo augurio fornendo esempi di vantaggiosa collaborazione tra Megalopoli e Messene avvenuti in passato.
Gli Spartani congedarono gli ambasciatori senza risposta e poco dopo ricevettero in assemblea un ambasciatore degli Etoli di nome Macata che propose l'alleanza tra Sparta e l'Etolia con argomenti che Polibio ritiene non veritieri. Dopo lunga discussione l'assemblea decise di respingere la proposta e di rispettare l'alleanza con la Macedonia.
I promotori della ribellione, tuttavia, non accettarono la decisione e durante una cerimonia uccisero gli efori prendendo il potere. Mandarono in esilio tutti gli avversari e conclusero l'alleanza con gli Etoli.
Quando giunse la notizia della morte di Cleomene, gli Spartani decisero di ripristinare la diarchia. I nuovi efori scelti dai ribelli elessero re Agesipolide figlio e Agesipolide e nipote di Cleombroto, che era ancora un bambino, fu nominato reggente Cleomene figlio di cleobroto.
Erano vivi e disponibili molti membri della dinastia degli Euripontidi ma gli Efori li ignorarono per accettare il denaro di un certo Licurgo e nominarlo re insieme a Agesipolide.
Informato sulla nuova situazione, Macata tornò in città e convinse gli Spartani a far subito guerra agli Achei per togliere di mezzo gli avversari del nuovo governo. Prese il comando Licurgo, attaccò gli Achei e trovandoli impreparati riuscì a conquistare alcune città. Intanto Macata convinceva anche gli Elei ad attaccare gli Achei. Questi erano in difficoltà perché Filippo era ancora impegnato nei preparativi, gli Epiroti indugiavano e i Messeni non intervenivano.
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Intanto scadeva la strategia di Arato e gli Achei eleggevano suo figlio, anche egli di nome Arato. Stratego degli Etoli era Scopas. In questo periodo Annibale assediò Sagunto, i Romani inviarono Lucio Emilio in Illiria contro Demetrio di Faro, Antioco si accingeva alla guerra per la Celesiria e Tolomeo si preparava ad attaccare Antioco, Licurgo assediava Megalopoli, Filippo mosse con l'esercito dalla Macedonia e i Rodii fecero guerra a Bisanzio.
I Bizantini abitavano in una posizione felice per il controllo sull'imboccatura del Ponto e per la ricchezza del territorio circostante. Producono e commerciano molte merci delle quali la Grecia sarebbe altrimenti priva.
Il Ponto (Mar Nero) comunica con la Propontide (Mar di Marmara) attraverso lo stretto detto
Bosforo Tracio
, e con la Palude Meotide (Mar d'Azof) attraverso il
Bosforo Cimmerio
. Le acque di questi bacini defluiscono continuamente verso l'esterno per effetto dei molti fiumi che vi sfociano. La palude Meotide e il Ponto si stanno lentamente colmando a causa dei detriti trasportati dai fiumi e un giorno saranno completamente interrati.
All'imboccatura del
Bosforo Tracio
nella Propontide si trovano le città di Calcedone e Bisanzio, tuttavia la posizione di Bisanzio risulta più favorevole a chi voglia avvicinarsi di mare grazie alla direzione delle correnti.
Giunse a Bisanzio il re dei Galati che fece da mediatore tra i Bizantini, Rodi e Prusia. Si stabilì che Bisanzio non avrebbe più chiesto il pedaggio, che i Rodii ponessero fine alle ostilità e che Prusia restituisse senza riscatto i prigionieri e i territori occupati. In questo modo la guerra fu conclusa.
Nell'isola di Creta scoppiò la guerra tra gli abitanti delle città di Cnosso e Gortina, tra loro alleate, e quelli delle altre città, in particolare contro Litto. Quest'ultima venne conquistata e distrutta mentre gli uomini erano usciti per una spedizione in territorio nemico. I Litti superstiti furono accolti nella città di Lappa, così Litto, antica colonia spartana, fu completamente annientata.
Cnosso e alleati avevano aiuto dagli Etoli, contro di loro le altre città chiesero e ottennero aiuti da Filipo di Macedonia e dagli Achei. Mitridate mosse guerra alla città di Sinope che si trovava su una piccola penisola della riva destra del Ponto. Ottenuti aiuti da Rodii, i Sinopei prepararono fortificazioni e difese contro un prevedibile assedio da parte di Mitridate (219 a.C.).
Bisanzio deve sostenere una guerra continua con le numerose tribù di Traci che la circondano, che invadono il suo territorio, devastano le sue campagne e pretendono tributi. Quando sopraggiunsero anche i Galli sotto il comando di Comontorio, i i Bizantini si trovarono in una situazione disperata. Le orde di Galli che avevano raggiunto l'Ellesponto avevano vinto i Traci e avevano imposto pesanti tributi ai Bizantini che avevano dovuto pagare finché i Galli non erano stati annientati dai Traci. Non avendo ottenuto aiuti finanziari dai Greci, i Bizantini avevano dovuto far pagare il pedaggio alle navi dirette al Ponto. Quando i pedaggi erano diventati troppo esosi si era creata una forte tensione fino alla dichiarazione di guerra contro Bisanzio da parte dei Rodii che chiesero aiuto a Prusia re di Bitinia.
Da parte loro i Bizantini di allearono con Acheo, parente e generale di Antioco III di Siria, che aveva ripreso tutti i territori in Asia Minore dei Seleucidi occupati da Attalo I di Pergamo e ne aveva fatto un regno indipendente del quale si era dichiarato re. All'inizio della guerra (220 a.C.) Prusia occupò alcuni territori dei Bizantini mentre i Rodii molestavano le navi dei mercanti diretti al Ponto. Per portare dalla loro parte Acheo, i Rodii convinsero il re di Egitto Tolomeo a liberare Andromaco, padre di Acheo, che era prigioniero in Alessandria e in questo modo privarono Bisanzio del più forte alleato. Morì inoltre Tibete, parente di Prusia ma amico dei Bizantini i quali cominciarono a perdersi d'animo. Prusia combatteva energicamente e usava mercenari traci per chiudere ai Bizantini le uscite occidentali della città.
Filippo partì dalla Macedonia portando il suo esercito contro la Tessaglia e l'Epiro. Intanto Alessandro, Dorimaco e Archidamo con l'aiuto di un disertore tentavano la presa di Egira, città del Peloponneso sul golfo di Corinto. Avevano con loro milleduecento Etoli e riuscirono ad entrare in città con uin assalto notturno ma per la brama di bottino gli Etoli si dispersero per saccheggiare le case private e in questo modo persero il vantaggio sui cittadini che riuscirono a sopraffarli. Alessandro morì in combattimento, Archidamio fu schiacciato nella ressa dei fuggitivi e morì soffocato. Molti Etoli furono uccisi e molti precipitarono nei dirupi che circondavano la città, i pochi superstiti tornarono alle navi e fuggirono vergognosamente.
Euripide, comandante degli Etoli, attaccò le città di Dime, Fare e Tritea. Gli abitanti di queste città chiesero aiuto agli Achei ma Arato non disponeva di milizie da impegnare, perciò quelle città decisero di interrompere il versamento dei tributi agli Achei e assoldarono milizie mercenarie. L'operazione fu legittima ma fornì un precedente a quanti volevano uscire dalla lega achea.
Intanto Filippo aveva aumentato le proprie forze prendendo con se soldati esperti cretesi e achei, ma giunto nel territorio di
Ambracia
, per accontentare gli Epiroti, attaccò
Ambracia
perdendo l'occasione per cogliere gli Etoli di sorpresa.
Scopas con l'esercito di Etoli attaccò la Macedonia e distrusse il raccolto della Pieria, quindi distrusse la città di Dio (già abbandonata dagli abitanti) senza risparmiare il tempio e gli oggetti sacri. Fu molto onorato dagli Etoli che in questa occasione concepirono false speranze.
Intanto Filippo espugnò Ambraco, la consegnò agli Epiroti e raggiunse il punto più stretto del Golfo di
Ambracia
, attraverso l'Acarnania giunse a Fezia che conquistò in due giorni quindi si andò ad accampare sul fiume Acheloo. Riprese l'avanzata conquistando Metropoli, Canope e la fortezza di Itoria, distrusse la piccola città di Peonio, e giunto a Eniade ordinò di fortificare la città e il porto che erano in posizione favorevole per gli attacchi al Peloponneso.