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GIORGIO VASARI
LE VITE DEI PIU' ECCELLENTI PITTORI, SCULTORI E ARCHITETTI
IN PREPARAZIONE
Dedica a
Cosimo Medici duca di Firenze e Siena
La seconda edizione dell'opera, completato dopo diciotto anni dalla precedente, viene presentata e dedicata dall'
Autore
a
Cosimo I de' Medici
, duca di
Firenze
, poi Granduca di
Toscana
.
Vasari
descrive le numerose aggiunte e correzioni apportate alla prima edizione e l'inserimento dei ritratti di quasi tutti gli artisti nominati.
Secondo il gusto dell'epoca la dedica, scritta in tono encomiastico, termina con l'invito dell'
Autore
a scusare i difetti dell'opera.
Sostanzialmente gli stessi temi sono trattati nella dedica della prima edizione, anche in questo caso il destinatario è
Cosimo I de' Medici
. Il dichiarato obiettivo di
Vasari
è quello di preservare da un immeritato oblio i nomi, le vite e le opere dei grandi artisti dai tempi di
Cimabue
ai suoi giorni.
Agli artefici del disegno
Proemio di tutta l'opera
Introduzione alle tre arti del disegno
Cimabue
Nacque a
Firenze
nel
1240
Giovanni Cimabue
da nobile famiglia. Fu mandato a studiare presso il convento di
Santa Maria Novella
dove un parente insegnava grammatica.
Giovanni
trascorreva molto tempo a disegnare e quando vennero a
Firenze
dei pittori greci trascurò spesso le lezioni per guardarli lavorare finchè il padre comprese la sua disposizione all'arte e fece in modo che potesse studiare con quei pittori. Grazie al suo talento naturale
Giovanni
apprese rapidamente e presto superò la tecnica dei maestri. Il suo nome divenne molto noto ed egli, per tener fede alla sua fama, si dedicò a dipingere con molta diligenza. A
Firenze
realizzò una tavola su
San Francesco
ed alcune
Madonne
fra le quali la
Maestà di Santa Trinità
(oggi agli
Uffizi
). Affrescò nell'
Ospedale del Porcellana
un'Annunciazione ed un
Cristo
. Dipingeva le figure e le loro vesti in modo più naturale di quanto non facessero i Greci.
Dipinse un Crocifisso in legno per i Frati di
Santa Croce
che lo presentarono al
convento di San Francesco a Pisa
dove realizzò un altro Crocifisso ed una
Madonna con Bambino ed Angeli
(oggi alla
Galleria dell'Accademia
a
Firenze
).
Ancora a
Pisa
dipinse una tavola con la storia di
S. Agnese
per la chiesa di
San Paolo in Ripa d'Arno
.
Divenuto celebre fu chiamato ad affrescare la
Basilica di Assisi
: dipinse storie della vita di
Gesù
e della vita di
San Francesco
, l'Assunzione in Cielo di
Maria
, i
Quattro Evangelisti
, i
Quattro Dottori della Chiesa
. Completate le volte dipinse sulle pareti storie del
Vecchio Testamento
. Richiamato a
Firenze
da esigenze personali, lasciò incompiuto il lavoro che fu terminato da
Giotto
molti anni più tardi. A
Firenze
dipinse nel chiostro di
Santo Spirito
e, per
Santa Maria Novella
, la
Madonna Rucellai
(oggi agli
Uffizi
). Pare che mentre
Cimabue
dipingeva questa tavola, fu condotto ad ammirarlo il re
Carlo d'Angiò
che si trovava in visita a
Firenze
. Ottenne un incarico come architetto per la fabbrica di
Santa Maria del Fiore
a
Firenze
insieme ad
Arnolfo Lapi
.
Morì a sessanta anni, nel
1300
(pare che la data non sia del tutto esatta) e fu sepolto in
Santa Maria del Fiore
. Fra i suoi discepoli fu
Giotto
. La sua fama, considera il
Vasari
, sarebbe stata maggiore se non fosse stata oscurata da quella di
Giotto
e cita in merito i versi in cui
Dante
afferma altrettanto. Un ritratto di
Cimabue
si trova negli affreschi di Simone Senese nel capitolo di
Santa Maria Novella
.
Arnolfo di Lapo (Arnolfo di Cambio)
Questa biografia inizia con una lunga digressione sugli antichi architetti che non hanno lasciato traccia della propria identità nelle loro opere e sui primi ad averle firmate.
Fra questi ultimi era
Buono (o Bon)
che nel
XII secolo
lavorò a
Ravenna
, a
Napoli
dove completò
Castel Capuano
e restaurò
Castel dell'Ovo
, a
Venezia
dove gettò le fondamenta del
Campanile di San Marco
, a
Pistoia
(Chiesa di
Sant'Andrea
), a
Firenze
(S. Maria Maggiore) e ad
Arezzo
.
La digressione continua citando gli architetti
Guglielmo
e Bonanno, artefici della Torre di Pisa, e
Marchionne Aretino
autore della Torre delle Milizie a
Roma
, della Pieve di
Arezzo
e di altre opere.
Poco dopo la morte di
San Francesco
, i frati di
Assisi
decisero di costruire un grande santuario e chiamarono il maestro tedesco Jacopo che progettò il noto complesso comprendente tre chiese sovrapposte.
Divenuto molto famoso, Jacopo venne chiamato a
Firenze
dove rimase il resto della sua vita prendendo, secondo il costume fiorentino, il nome di Lapo. A
Firenze
ed in altre città della
Toscana
, Lapo realizzò ponti, chiese ed altre opere. Quando morì lasciò erede della sua arte il proprio figlio
Arnolfo
allora trentenne.
Arnolfo
, che aveva studiato architettura con il padre e disegno con
Cimabue
, godeva a
Firenze
di una grande reputazione ed ebbe incarico di importanti realizzazioni come la Loggia di Orsammichele e quella di Piazza dei Priori.
Restaurò la Badia di
Firenze
e ne costruì il campanile.
Nel
1294
progettò la chiesa di
Santa Croce
in
Firenze
e ristrutturò il
Battistero di San Giovanni
.
Il successo della sua opera gli procurò la cittadinanza fiorentina ed il compito di realizzare il primo progetto della Basilica di
Santa Maria del Fiore
. A giudizio di
Vasari
è grazie all'ottima progettazione di
Arnolfo
che la struttura della Chiesa può sopportare il peso della cupola di
Brunelleschi
.
Nel
1298
fu gettata la prima pietra alla presenza delle massime autorità civili e religiose e di tutto il popolo e fu scelto il nome di
Santa Maria del Fiore
.
Nello stesso anno
Arnolfo
iniziò la costruzione del
Palazzo dei Signori
, opera che fu ostacolata da problemi politici in quanto avrebbe dovuto in parte occupare un terreno di proprietà degli Uberti, in quel periodo ribelli ed esuli.
Dopo aver realizzato queste ed altre opere minori,
Arnolfo di Lapo
morì nel
1300
. Aveva circa settant'anni.
Nicola
e
Giovanni
Pisani
Lavorando al Duomo di
Pisa
, il giovane
Nicola Pisano
ebbe occasione di studiare alcune sculture antiche, fra cui un
Meleagro e Cinghiale Calidonio
, e secondo il
Vasari
questa esperienza influenzò profondamente il suo stile conferendogli qualità e realismo a quel tempo inusitati.
Nel
1225
Nicola
fu chiamato a
Bologna
dove realizzò l'arca funebre di
San Domenico
, completata nel
1231
.
Tornato in
Toscana
,
Nicola
lavorò alla Badia di
Firenze
ed al Palazzo degli Anziani di
Pisa
(demolito e rifatto ai tempi del
Vasari
) e a vari palazzi e chiese pisane. Sua opera architettonica di particolare rilievo fu il campanile di San Nicola di
Pisa
con un sistema di scale a chiocciola interne che
Antonio da Sangallo
imiterà nel pozzo di
Orvieto
.
A
Lucca
scolpì una
Deposizione
nella facciata del Duomo (lunetta del portale).
L'arte ed il successo di
Nicola
suscitarono l'invidia di molti artisti contemporanei che si sforzarono di emularlo, così accadde, ad esempio, fra quanti in quegli anni lavorarono al Duomo di Milano.
Nicola
lavorò alle decorazioni del
Duomo di Siena
ed al progetto del Battistero nella stessa città; ristrutturò il Duomo di
Volterra
quindi, tornato a
Pisa
, realizzò il Pergamo del Battistero nel quale intagliò fra l'altro un
Giudizio Universale
.
Visto il Pergamo di
Pisa
, i Senesi ne commissionarono un altro per il loro
Duomo
.
Ancora in
Toscana
lavorò come architetto ad
Arezzo
e a
Cortona
, nel
1267
fu chiamato da papa
Clemente IV
a
Viterbo
dove restaurò la chiesa dei Frati Predicatori, quindi da
Carlo d'Angiò
a
Napoli
per costruire una chiesa in memoria dei caduti della battaglia di Tagliacozzo.
Sostò quindi ad
Orvieto
dove lavorò alla facciata della Chiesa di Santa Maria, allora in costruzione.
Divenuto anziano,
Nicola
si ritirò a
Pisa
affidando la bottega al figlio
Giovanni
.
Giovanni
realizzò il monumento funebre di papa
Urbano IV
a
Perugia
e, nella stessa città, le decorazioni in marmo e in bronzo della
Fontana Maggiore
.
Quando
Giovanni
tornò a
Pisa
il padre
Nicola
era ormai morto. A
Pisa
Giovanni
realizzò le decorazioni della chiesa di Santa Maria della Spina, quindi ebbe la commissione di costruire il nuovo Camposanto nei pressi del Duomo.
Finita quest'opera si recò a
Napoli
(
1283
) dove fu ingaggiato da
Carlo d'Angiò
nella costruzione di
Castel Nuovo
. Tornato in
Toscana
disegnò la facciata del
Duomo di Siena
, quindi scolpì l'altare maggiore per il Vescovato di
Arezzo
.
Passato a
Firenze
partecipò alle decorazioni di
Santa Maria del Fiore
e del
Battistero
, quindi lavorò a
Bologna
(chiesa di San Domenico) e a
Prato
(monastero femminile di San Nicola).
Per i Pistoiesi realizzò il pulpito della
chiesa di Sant'Andrea
scolpendovi un
Giudizio Universale
e
Storie della vita di Gesù
.
Chiamato di nuovo a
Perugia
,
Giovanni
si occupò del monumento sepolcrale di papa
Benedetto IX
morto in quella città.
Dai Pisani ebbe l'ordine di costruire il pulpito della Cattedrale, opera notevolissima che completò nel
1320
.
L'ultima opera di
Giovanni
fu il progetto della Cappella del Sacro Cingolo nel duomo di
Prato
dove venne custodita una reliquia portata dalla Terra Santa e ritenuta la cintura della Vergine Maria.
Giovanni
morì nel
1320
e fu sepolto nel Camposanto di
Pisa
, nella stessa tomba che custodiva le spoglie del padre
Nicola
.
Andrea Tafi
Come
Cimabue
,
Andrea Tafi (Andrea di Ricco detto Tafo)
destò meraviglia per la novità del suo stile. Fu considerato eccezionale maestro dell'arte del mosaico ma in realtà, racconta
Vasari
, dovette andare in cerca di aiuto fra i pittori greci impegnati a
Venezia
per affrontare le decorazioni del
Battistero di San Giovanni
a
Firenze
.
Insieme ad un pittore greco di nome Apollonio,
Andrea Tafi
realizzò i mosaici della tribuna del
Battistero
: Angeli, Arcangeli, Cherubini, Serafini, Potestà, Troni e Dominazioni, storie dell'Antico Testamento, della vita di
Gesù
e della vita di
San Giovanni Battista
.
Fece inoltre, senza l'aiuto di Apollonio, il mosaico del Cristo situato sopra la cappella maggiore.
Secondo
Vasari
l'opera di
Andrea Tafi
è di pregevole esecuzione ma stilisticamente mediocre, come quella di frate Jacopo da Turrita (altro artefice dei mosaici del
Battistero
); ma per il livello artistico di quei tempi quei mosaici furono considerati capolavori ed i loro autori riccamente premiati e altamente considerati.
Andrea
visse ottantuno anni e morì nel
1294
(ma la notizia non è sicura).
Le sue opere furono studiate da
Gaddo Gaddi
e da
Giotto
,
Buonamico Buffalmacco
fu suo discepolo. In conclusione il merito di quest'artista, secondo il biografo, consiste più nella sua funzione di introduttore in Italia dell'arte musiva e di perfezionatore della tecnica che non nella stesse sue realizzazioni.
Gaddo Gaddi
La tecnica pittorica di
Gaddo Gaddi (Gaddo di Zenobi)
si rivelò migliore di quella di
Andrea Tafi
e di altri pittori. Ciò fu dovuto anche alla grande dimestichezza di Gaddo con
Cimabue
del quale fu sincero amico.
Fu amico anche di
Andrea Tafi
con il quale collaborò nel
Battistero
apprendendo l'arte del mosaico e realizzando le figure dei Profeti.
Passato a lavorare da solo decorò la lunetta di un portale di
Santa Maria del Fiore
con un mosaico (
Incoronazione della Vergine
) e fu chiamato a
Roma
nel
1308
da papa
Clemente V
per altri mosaici in
San Giovanni in Laterano
,
San Pietro
e
Santa Maria Maggiore
.
Tornato in
Toscana
lavorò ad
Arezzo
(Duomo Vecchio più tardi crollato e ricostruito) e a
Pisa
(Assunzione della Madonna in Duomo).
Seguì un periodo di riposo a
Firenze
durante il quale Gaddo si dedicò con grande pazienza a piccoli mosaici composti da frammenti di gusci d'uovo.
Dipinse inoltre molte tavole, tutte di apprezzabile qualità.
Morì a settantatre anni nel
1312
e fu sepolto in
Santa Croce
.
Fra i suoi allievi fu il figlio Taddeo che completò la sua preparazione nella bottega di
Giotto
e lasciò un ritratto del padre in compagnia di
Andrea Tafi
.
Margaritone
Margarito di Magnano, detto Margaritone
, fu pittore, scultore ed architetto di
Arezzo
.
Vasari
lo considera membro del gruppo di artisti del XIII secolo che "lavoravano alla greca", la cui fama fu oscurata da
Cimabue
e da
Giotto
.
Margaritone
lavorò a lungo dipingendo tavole ed affreschi nell'abbazia camaldolese di San Clemente in
Arezzo
, poi demolita ai tempi di
Cosimo de'Medici
durante il rifacimento della cinta muraria.
Le opere superstiti dimostrano che l'artista lavorava "con buon giudizio e con amore", nonostante lo stile "greco" che
Vasari
non apprezza.
Fra i suoi numerosi dipinti
Vasari
ricorda un Crocifisso ligneo che l'artista inviò a
Firenze
a
Farinata degli Uberti
e che fu successivamente esposto nella Chiesa di
Santa Croce
.
Fu attivo in varie località della
Toscana
ed anche a
Roma
nel portico di
San Pietro
, su commissione di
Urbano IV
.
Nel
1275
incontrò papa
Gregorio X
che, in viaggio dalla
Francia
verso
Roma
, sostava a
Firenze
ed entrò a far parte della corte del pontefice. Quando
Gregorio X
morì ad
Arezzo
(
1276
),
Margaritone
lavorò alla sua tomba collocata nel duomo di quella città dimostrandosi, a giudizio di
Vasari
, migliore come scultore che come pittore.
Come architetto lavorò al Vescovado di
Arezzo
, opera finanziata da un donativo di
Gregorio X
, che non completò a causa della guerra fra Aretini e Fiorentini culminata nella battaglia di Campaldino del
1289
.
Fu ideatore di nuove tecniche per la preparaziione dei supporti in legno e in tela da dipingere.
Vasari
ricorda ancora opere di
Margaritone
collocate a
San Giovanni
a
Roma
, nella chiesa di Santa Caterina a
Pisa
e in quella di San Francesco ad
Assisi
, nonché il disegno per il Palazzo dei Governatori di
Ancona
eseguito nel
1270
.
Margaritone
morì a settantasette anni e fu sepolto nel Duomo Vecchio di
Arezzo
, poi crollato e demolito.
Giotto
Giotto
figlio di Bondone nacque nel
1267
a Vespignano, nel contado di
Firenze
.
All'età di dieci anni divenne discepolo di
Cimabue
che notò il suo talento vedendolo disegnare mentre badava alle pecore del padre. Molto presto, grazie alle sue innate capacità ed agli insegnamenti del maestro, divenne il più famoso pittore del suo tempo.
Amico e coetaneo di
Dante Alighieri
, lo ritrasse insieme a
Brunetto Latini
e a
Corso Donati
nella Badia di
Firenze
. Viene ricordato ed elogiato anche da
Boccaccio
in una novella del
Decameron
.
Le prime opere di
Giotto
si trovano a
Firenze
: Cappella dell'Altar Maggiore della Badia,
Santa Croce
(
Vita di San Francesco, Storie di San Giovanni Battista, Storie di San Giovanni Evangelista, Martirio degli Apostoli, Natività, Sposalizio della Vergine, Adorazione dei Magi, Incoronazione di Maria, ecc.
), Chiesa del Carmine (Vita di San Giovanni Battista), Palazzo di Parte Guelfa (ritratto di
Clemente IV
).
Recandosi in
Assisi
per completare opere iniziate da
Cimabue
, sostò ad
Arezzo
dove dipinse nella Pieve (
San Francesco e San Domenico
e nel Duomo (
Lapidazione di Santo Stefano
).
Nella basilica superiore di
Assisi
dipinse trentadue
Storie della vita di San Francesco
, opere che gli procurarono grande fama. Passò quindi alla
Basilica Inferiore
dove realizzò le allegorie delle virtù ed un
San Francesco che riceve le Stigmate
.
Giotto
tornò a
Firenze
e dipinse una tavola di
San Francesco alla Verna
da mandare a
Pisa
(oggi si trova al Louvre). Recatosi quindi a
Pisa
affrescò la facciata del Camposanto con
Storie della vita di Giobbe
che comprendevano il ritratto di
Farinata degli Uberti
.
In quel periodo un inviato del papa
Benedetto IX
visitava la
Toscana
per conoscere i migliori pittori e ad ognuno chiedeva dei disegni da mostrare al Pontefice.
Giotto
si limitò a disegnare un cerchio perfetto che bastò a dimostrare la sua superiorità al Papa e ai suoi consiglieri.
Benedetto IX
convocò
Giotto
a
Roma
e gli commissionò opere in
San Pietro
. A
Roma
Giotto
divenne amico di
Oderisi da Gubbio
, il miniatore molto abile e noto al quale
Vasari
dice di preferire Franco Bolognese.
Oderisi da Gubbio
e Franco Bolognese sono entrambi citati da
Dante
nell'XI canto del
Purgatorio
.
Tornato a
Firenze
dopo sei anni di assenza, presto
Giotto
ripartì per seguire ad
Avignone
il nuovo papa
Clemente V
(probabile errore di
Vasari
, sembra che il pittore non si sia mai recato in
Francia
).
Fu poi a
Padova
dove dipinse una cappella nella chiesa di Sant'Antonio, a
Verona
per lavorare per gli Scaligeri e per i frati di San Francesco e a
Ferrara
presso gli Estensi.
Fece visita all'esule
Dante Alighieri
a
Ravenna
dove i signori da Polenta gli commissionarono un affresco, soggiornò quindi ad
Urbino
, ad
Arezzo
e a
Lucca
producendo altre opere.
Chiamato a
Napoli
da Roberto d'Angiò, dipinse affreschi in Santa Chiara e in Castel dell'Ovo. Arguto conversatore oltre che grande artista,
Giotto
entrò in confidenza con il re che amava intrattenersi con lui guardandolo lavorare.
Da
Napoli
si recò a
Gaeta
,
Roma
, quindi a
Rimini
dove dipinse per i
Malatesta
opere nella chiesa di San Francesco (oggi perdute). Ancora a
Firenze
realizzò un crocifisso in legno per la chiesa di San Marco ed uno per
Santa Maria Novella
.
Nel
1327
disegnò il sepolcro del vescovo Guido Tarlati di Pietramala, signore di
Arezzo
(cattedrale di San Donato,
Arezzo
).
Dello stesso periodo: il Crocifisso del Monastero degli Angeli a
Firenze
, le opere per Frati Umiliati d'Ognissanti di
Firenze
ed una piccola tavola a tempera con la
Morte della Madonna
il cui realismo fu particolarmente lodato da
Michelangelo
. Il 9 luglio
1334
iniziarono i lavori per il Campanile di
Santa Maria del Fiore
con una solenne cerimonia per la posa della prima pietra.
Giotto
era autore del progetto del campanile ma non visse tanto a lungo da vederlo completato e dopo di lui i lavori furono diretti da Taddeo Gaddi.
Dopo un nuovo periodo a
Padova
ed un altro a
Milano
, infatti,
Giotto
tornò a
Firenze
e vi morì nel
1336
con grande dispiacere dei cittadini. Fu sepolto in
Santa Maria del Fiore
.
Furono suoi allievi Taddeo Gaddi e Puccio Capanna, quest'ultimo autore di affreschi a
Rimini
,
Assisi
,
Firenze
e
Pistoia
.
Vasari
cita numerose opere di Puccio Capanna lodandolo per aver fatto sua la maniera di
Giotto
e ricorda che morì giovane per eccesso di lavoro.
Altri discepoli di
Giotto
furono Ottaviano da Faenza che lasciò opere a
Faenza
e
Ferrara
, Pace da Faenza (opere a
Bologna
e
Forlì
), Guglielmo da Forlì (cappella dell'altar maggiore di San Domenico a
Forlì
), Piero Laurati, Simone Menni, Stefano Fiorentino, Pietro Cavallini.
La biografia si conclude con due aneddoti. Il primo è tratto da una novella di
Franco Sacchetti
e parla di come
Giotto
si prese gioco di una persona grossolana che pretendeva di farsi dipingere un blasone senza aver alcun titolo di nobiltà, il secondo racconta di una mosca dipinta da
Giotto
sul naso di una figura di un quadro di
Cimabue
. La mosca era così verosimile che
Cimabue
tentò più volte di scacciarla.
Lorenzo il Magnifico
fece scolpire una statua di
Giotto
da Benedetto la Maiano e la espose in
Santa Maria del Fiore
con un'epigrafe latina composta
Angelo Poliziano
.
Agostino e Agnolo
I due fratelli senesi Agostino ed Agnolo (Agostino di Giovanni attivo fra il
1312
e il
1347
e Agnolo di Ventura attivo fra il
1312
e il
1349
) si dedicarono alla scultura e all'architettura con grande talento ed ottimi risultati.
Agostino divenne aiuto di
Giovanni Pisano
quando questi si trovava a
Siena
per lavorare alla facciata del Duomo e presto coinvolse nell'apprendistato il fratello Agnolo.
Con
Giovanni Pisano
i due fratelli lavorarono ad
Arezzo
e a
Pisa
.
Dopo la morte del maestro tornarono a
Siena
dove lavorarono alla facciata settentrionale del Duomo (
1317
) e alla porta romana (
1321
).
Divenuti ormai famosi furono chiamati a
Orvieto
per scolpire alcuni profeti per la facciata della chiesa di Santa Maria.
Passando per
Orvieto
mentre si recava a Napoli,
Giotto
apprezzò queste statue e raccomandando i due scultori fece loro avere la commissione di scolpire il sepolcro del vescovo Guido Tarlati di Pietramala su disegno dello stesso
Giotto
.
Adornano il sepolcro dodici storie della vita del vescovo intagliate da Agostino e Agnolo: la ricostruzione delle mura di
Arezzo
, la presa di Lucignano, di
Chiusi
, quella del castello di Fronzoli, la resa del castello di Rondine agli assedianti aretini, la presa del castello del Bucine in Valdarno, della rocca di Caprese, la distruzione del castello di Laterino, la conquista di Monte Sansavino, infine i soggiorni del vescovo ammalato a Montenero e a Massa e la traslazione del suo corpo ad
Arezzo
.
Nel
1329
Agostino ed Agnolo erano a
Bologna
per scolpire statue di santi per la chiesa di San Francesco.
Durante il loro soggiorno i bolognesi consegnarono spontaneamente la città al papa il quale chiese si costruisse una fortezza per ospitare le sue permanenze in città. Il progetto fu affidato ad Agostino e Agnolo ma venne poi interrotto a causa di mutamenti della situazione politica.
Nello stesso periodo i due fratelli guidarono la costruzione di argini ed altre opere per contenere le acque del Po dopo una disastrosa inondazione nel Ferrarese.
Tornati a
Siena
nel
1338
lavorarono alla chiesa di Santa Maria nei pressi del Duomo ed alle opere idrauliche per la fontana della piazza principale.
Nel
1344
portarono a completamento la costruzione della torre campanaria del
Palazzo della Signoria
.
Agnolo andò ad
Assisi
per realizzare una cappella nella chiesa inferiore e Agostino, rimasto a
Siena
, morì e fu sepolto nel Duomo. Non si conoscono invece le circostanze della morte di Agnolo.
Vasari vuole concludere questa biografia ricordando alcuni artisti minori del periodo, come gli orefici aretini Pietro e Paolo che appresero il disegno da Agostino e Agnolo, l'orefice fiorentino Cione, autore delle decorazioni in argento dell'altare di S. Giovanni Battista in
Firenze
e di un reliquiario in argento di San Zanobi nella chiesa di Santa Reparata; l'aretino Forzore di Spinello e il fiorentino Lionardo di Giovanni, discepoli del precedente.
Discepoli di Agostino e Agnolo furono anche Iacopo Lanfrani di
Venezia
, autore della chiesa di San Francesco a Imola e di varie opere a
Bologna
e fondatore della chiesa di Sant'Antonio a
Venezia
; Iacobello e Pietro Paulo veneziani (chiesa di San Domenico a
Bologna
).
Stefano
Pietro Laurati
Andrea Pisano
Secondo
Vasari
Andrea Pisano
, contemporaneo di
Giotto
, fu il maggior scultore della sua epoca. Fu tanto apprezzato a
Firenze
che vi si stabilì trascorrendovi gran parte della vita.
In gioventù studiò con attenzione le statue antiche che la flotta pisana, forte di conquiste e vittorie, riportava da tutto il
Mediterraneo
. Queste ricerche, unite all'esame del disegno di
Giotto
, gli permisero di formarsi uno stile scultoreo del tutto nuovo per i suoi tempi.
Iniziò scolpendo delle piccole statue per la chiesa di Santa Maria a Ponte a
Pisa
ed il successo di questo lavoro gli procurò l'ingaggio per lavorare alla fabbrica del
Duomo di Firenze
.
Qui
Andrea
scolpì una statua di
Bonifacio VIII
, quelle di San Girolamo, Sant'Ambrogio, Sant'Agostino, San Gregorio, Santo Stefano e
San Lorenzo
, tutte per la facciata di
Santa Maria del Fiore
.
Oltre che per il Duomo,
Andrea
lavorò per altre chiese ed edifici su incarico del Comune di
Firenze
, come scultore e come architetto.
Vasari
legge nelle sue fonti che lo scultore si allontanò per un periodo da
Firenze
per lavorare a
Venezia
ma fornisce la notizia come non accertata.
Dopo aver costruito fortificazioni presso Porta al Prato, ebbe l'incarico di fondere in bronzo una delle porte del
Battistero di San Giovanni
.
Andrea
lavorò a quest'opera e al tabernacolo dell'altar maggiore di San Giovanni per ventidue anni, inoltre scolpì su disegno di
Giotto
le piccole statue in marmo che adornano la porta del campanile di
Santa Maria del Fiore
ed altre decorazioni per lo stesso edificio.
I rilievi della prota rappresentano momenti della vita di
San Giovanni Battista
. L'opera fu posta all'entrata principale del
Battistero
, poi spostata sul lato che guarda verso la chiesa della Misericordia al momento di collocare la porta realizzata da
Lorenzo Ghiberti
.
Andrea
fu aiutato nel lavoro dal figlio Nino e, nella fusione, da alcuni maestri veneziani.
In quegli anni
Andrea Pisano
lavorò anche a
Pistoia
dove progettò la chiesa di San Giovanni e scolpì la tomba di
Cino da Pistoia
, letterato e poeta.
Operò come architetto per
Gualtieri di Brienne
(signore di
Firenze
,
1342
-
43
) occupandosi prevelentemente delle mura e di varie fortificazioni e preparando progetti mai realizzati a causa della caduta del duca.
Come riconoscimento alla sua arte,
Andrea
ottenne dalla Signoria la cittadinanza fiorentina.
Fra i suoi allievi fu Tommaso Pisano che lavorò al Camposanto e al Duomo di Pisa e fu forse suo figlio.
Il figlio Nino si dedicò alla scultura e fra le se prime opera fu una statua della Madonna in
Santa Maria Novella
che era stata iniziata dal padre.
Andrea Pisano
morì nel
1345
e fu sepolto in
Santa Maria del Fiore
. Aveva settantacinque anni.
Buonamico Buffalmacco
Buonamico di Cristofano
(in realtà
Buonamico di Martino
) detto
Buffalmacco
fu discepolo di
Andrea Tafi
.
Scrissero di lui
Boccaccio
nel
Decamerone
e
Franco Sacchetti
nel Trecentonovelle.
Da quest'ultima opera
Vasari
riporta due aneddoti: per evitare che il maestro lo svegliasse per lavorare prima dell'alba,
Buffalmacco
trovò il modo di fissare delle piccole candele sul dorso degli scarafaggi facendo credere ad
Andrea Tafi
che si trattasse di demoni che lo perseguitavano. L'unico rimedio era quello di lavorare di giorno perché i demoni possono agire soltanto al buio.
Nel secondo episodio
Buffalmacco
, disturbato da una vicina che filava di notte, riesce a versare sale nelle vivande preparate dalla donna e poi convince il marito di lei che questi errori dipendevano dall'eccessiva stanchezza della donna in modo da farle proibire i lavori notturni.
Concluso l'apprendistato,
Buffalmacco
lavorò al Monastero delle Donne affrescando
Storie della vita di Cristo
, opera già distrutta ai tempi di
Vasari
.
Vasari
, che mostra di gradire l'aneddotica burlesca sul conto di
Buffalmacco
, racconta altri due episodi che si sarebbero svolti in questo convento. Poiché il pittore usava lavorare in un abbigliamento molto poco curato le monache credettero che si trattasse di un garzone e sollecitarono l'intervento personale del maestro.
Buffalmacco
le ingannò tenendo presso di se un fantoccio con cappello e mantello che le religiose osservavano attraverso un'apertura.
Quando le suore dissero che il colorito delle figure dipinte sembrava troppo pallido,
Buffalmacco
asserì che fosse necessario stemperare i colori nel vino ed ottenne generosi rifornimenti dell'ottima vernaccia della badessa.
Buonamico
dipinse poi
Storie di San Giacomo
nella Badia di Settimo, anche questi affreschi si rovinarono presto a causa di un sale che il pittore usava mescolare ai colori.
Dipinse tavole con soggetti religiosi per la Certosa di
Firenze
e per la Badia di
Firenze
.
Il biografo nota, parlando di queste tavole, che a dispetto della sua reputazione comica,
Buffalmacco
lavorava con talento e professionalità.
Lavorò a
Bologna
e
Assisi
, fu quindi chiamato dal vescovo Guido Tarlati e qui gli capitò uno strano caso narrato dal
Sacchetti
: avendo trovato colori e dipinti devastati dopo una pausa domenicale,
Buffalmacco
credette che l'atto vandalico fosse opera di un rivale invidioso e ne parlò al vescovo che pose uomini armati a guardia degli affreschi. Si scoprì così che il vandalo era una bertuccia di proprietà del vescovo che voleva imitare il pittore.
Si diceva che, tornato a
Firenze
,
Buffalmacco
scampò per caso al crollo di un ponte avvenuto durante la festa di Calendimaggio.
Passò quindi a
Pisa
dove affrescò
Storie del Vecchio Testamento
nella
San Paolo in Ripa d'Arno
.
Collaborò a quest'opera Bruno di Giovanni, altro pittore ricordato da
Boccaccio
, che dipinse una
Sant'Orsola
nella stessa chiesa.
Soddisfatti dal lavoro di
Buonamico
, i Pisani gli commissionarono altri affreschi nel Camposanto.
Buonamico
dipinse
Storie del Vecchio Testamento, Dio Creatore con le gerarchie degli Angeli, Passione di Cristo, Resurrezione, Apparizione di Cristo Risorto agli Apostoli
.
Buffalmacco
e Bruno spesero rapidamente quanto avevano guadagnato a
Pisa
e, poveri come prima, tornarono a
Firenze
dove lavorarono in
Santa Maria Novella
ad un
Martirio di San Maurizio
che
Vasari
dice di aver studiato dovendo dipingere delle armi antiche.
Dopo un periodo trascorso a
Cortona
(opere perdute) il pittore fu ad
Assisi
per affrescare la cappella del cardinale Egidio Alvaro (
Egidio Albornoz
) nella
Basilica Inferiore
, quindi a
Perugia
(
Chiesa di San Domenico
,
Storie di Santa Caterina
).
Ottenuto dai Perugini l'incarico di dipingere un
Sant'Ercolano
, racconta
Sacchetti
,
Buffalmacco
fu disturbato dall'impazienza dei committenti e si vendicò ornando il capo del Santo con una corona di lasche (pesci di lago).
A sessantotto anni, dopo una vita ricca di opere e di burle,
Buffalmacco
morì in miseria nell'ospedale di Santa Maria Nuova.
Ambrogio Lorenzetti
Il pittore senese Ambrogio Lorenzetti (notizie dal
1327
al
1347
) fu esperto realizzatore di affreschi. Secondo
Vasari
la scena di tempesta da lui dipinta nel convento dei frati minori di
Siena
fece scuola per la tecnica adottata.
Si parla dei suoi affreschi per l'Ospedale (
Natività della Madonna
, per il convento di Sant'Agostino (
Apostoli, Santa Caterina, Passione di Cristo
),
Palazzo della Signoria
(
Guerra di Sinalunga
), tutti a
Siena
.
Dopo aver lavorato a Massa e a
Orvieto
, dipinse a
Firenze
una tavola (Trittico, oggi agli Uffizi) e degli affreschi per la chiesa di San Procolo.
Nel
1335
lavorò a
Cortona
, quindi tornò a
Siena
dove visse il resto della sua vita serenamente, dedicandosi anche a studi di lettere e filosofia e partecipando alla vita politica della città.
Morì a ottantatre anni anni, la sua ultima opera fu una tavola per l'abbazia di Monte Oliveto.
Pietro Cavallini
Simone
Taddeo Gaddi
Andrea di Cione Orcagna
Nato a
Firenze
si dedicò ancora bambino alla scultura come allievo di
Andrea Pisano
, pochi anni dopo studiò la pittura con l'aiuto del fratello Bernardo con quale collaborò nel dipingere nella Cappella Maggiore di
Santa Maria Novella
un affresco che più tardi fu rovinato dall'umidità e rifatto dal
Ghirlandaio
.
Sempre in
Santa Maria Novella
,
Andrea
e Bernardo affrescarono la Cappella degli Strozzi con scene del Paradiso e dell'Inferno ispirate alla
Divina Commedia
.
A
Firenze
i due fratelli lavorarono insieme anche nella chiesa di San Pietro Maggiore, nella chiesa dei Servi, in San Romeo e in Sant'Apollinare.
Andrea
fu chiamato a
Pisa
a lavorare nel Camposanto dove dipinse un
Giudizio Universale
inserendo fra le varie figure un ritratto di
Castruccio
signore di Lucca.
L'affresco comprende una raffigurazione della morte che indica numerosi cadaveri di ogni età, sesso e condizione. Presso ad alcune figure sono scritte parole, come se parlasseso, sono versi dell'
Orcagna
stesso che si dilettava anche di poesia.
Lasciando il fratello a lavorare a
Pisa
,
Andrea
tornò a
Firenze
dove dipinse un altro
Giudizio Universale
in
Santa Croce
. Fra le figure di questo affresco compaiono il papa
Clemente VI
, il famoso medico Dino del Garbo, il mago Cecco d'Ascoli.
In quel periodo l'artista si dedicò allo studio dell'architettura e vinse il concorso indetto dal Comune di
Firenze
per progettare la loggia della piazza comunale. Per questa loggia
Andrea
scolpì sette statue rappresentanti le virtù teologali e cardinali. Durante la costruzione della loggia dipinse una tavola per la Cappella Strozzi in
Santa Maria Novella
(
Cristo in gloria e santi
) che firmò e datò
1357
.
Gli fu quindi assegnato l'incarico di realizzare un tabernacolo per la Madonna della Compagnia di Or San Michele, opera che fu finanziata con le donazioni votive per la peste del
1348
e che
Andrea
realizzò con un progetto molto complesso, unendo ai marmi altri materiali pregiati e collegando le parti senza calce con legamenti di rame. Fra le figure scolpite che circondano il tabernacolo una è l'autoritratto dell'
Orcagna
.
Andrea Orcagna
morì a sessant'anni nel
1389
lasciando molte opere, alcune delle quali incompiute che furono completate da Bernardo il quale sopravvisse pochi anni al fratello.
Furono suoi discepoli Bernardo Nello di Giovanni Falconi che lavorò nel Duomo di Pisa, Tommaso di Marco fiorentino e Francesco Traini.
Tommaso detto Giottino
Giovanni da Ponte
Agnolo Gaddi
Duccio
Antonio Viniziano
Il pittore veneziano Antonio studiò a
Firenze
con Agnolo Gaddi e terminato l'apprendistato tornò a
Venezia
dove ebbe l'incarico di dipingere una delle sale del consiglio. Lavorò molto bene ma, causa l'invidia di altri pittori, non ottenne il meritato riconoscimento e tornò deluso a
Firenze
eleggendola sua patria.
Nella chiesa di
Santo Spirito
a
Firenze
dipinse
Storie della vita di Cristo
, quindi nella chiesa di Santo Stefano al Ponte Vecchio scene della vita del santo, opere di ottima fattura.
I suoi affreschi a Sant'Antonio al ponte della Carraia erano andati distrutti per la demolizione della chiesa già ai tempi di
Vasari
.
Lavorò quindi a
Pisa
, nel Camposanto, dove dipinse scene della vita del Beato Ranieri con molto realismo.
Vasari
descrive con ammirazione le scene dei miracoli del beato piene di personaggi della vita quotidiana (osti, ragazze, mendicanti, malati), resi con grande naturalezza.
Antonio lavorava sempre a fresco, mai ritoccando a secco, e questo ha garantito alle sue opere un ottimo livello di conservazione.
Da
Pisa
Antonio tornò a
Firenze
dove realizzò altri dipinti fra i quali una bella
Trasfigurazione di Cristo
nella Certosa.
Appassionato studioso di scienze naturali, fu anche un buon medico. Morì a
Firenze
nel
1384
, forse di peste, aveva settantaquattro anni.
Furono suoi discepoli Gherardo Starnini e Paolo Uccello.
Iacopo di Casentino
Spinello
Gherardo Starnina
Lippo
Il pittore fiorentino Lippo nacque intorno al
1354
e si avvicinò tardi alla carriera artistica ma il suo talento naturale diede presto i suoi frutti.
Iniziò nel monastero camaldolese di San Benedetto poco fuori
Firenze
, affrescando una cappella. Ad
Arezzo
affrescò un'
Adorazione dei Magi
nella chiesa di S. Antonio e la cappella di San Iacopo e San Cristoforo nel Vescovado.
Dopo aver lavorato a
Bologna
e a
Pistoia
, tornò a
Firenze
dove nel
1383
affrescò in Santa Maria Maggiore le
Storie di San Giovanni Evangelista
.
Dipinse gli sportelli del tabernacolo di San Giovanni (Vasari confonde diversi pittori di nome Lippo, in questo caso si tratto di Lippo di Benivieni) e, ancora nel Battistero, restaurò i mosaici sopra la porta (Lippo di Corso,
1402
).
Nei dintorni di
Firenze
lavorò nella chiesa di San Giovanni fra l'Arcora e in Sant'Antonio, fuori Porta a Faenza.
Lippo era un pittore molto abile ed originale ma molte sue opere andarono perdute nell'assedio di
Firenze
. Inoltre morì ancora giovane, ucciso da un suo avversario con il quale aveva avuto una lite violenta.
Nello stesso periodo visse a
Bologna
un altro pittore di nome Lippo Dalmasi (Lippo di Dalmasio) che fu autore, fra l'altro, di una
Madonna
in San Petronio, degli affreschi della porta di San Proclo e di un
Cristo con San Pietro e San Paolo
nella Chiesa di San Francesco.
Don Lorenzo monaco degli Angeli di Firenze
Taddeo Bartoli
Taddeo di Bartolo di Mino (non di Bartolo di Fredi come scrive erroneamente
Vasari
) nacque a Siena nel
1362
.
Fra le sue prime opere l'autore ricorda una
Circoncisione di Nostro Signore
del
1388
(oggi al Louvre).
Il pittore divenne famoso quando affrescò la cappella del Palazzo della Signoria di Siena e fu chiamato a
Padova
da Francesco da Carrara per lavorare nella Cappella dell'Arena (gli sono attribuiti gli affreschi del Coro) e nella Basilica del Santo.
Dopo un breve soggiorno a Siena si trasferì a Pisa dove affrescò la Cappella dell'Annunziata nel Duomo, una Madonna nel Campo Santo ed una tavola per la sagrestia della Chiesa di San Francesco, quest'ultima firmata e datata
1394
.
Nello stesso periodo dipinse a
Volterra
e Monte Uliveto, ritrasse papa Gregorio XI per la chiesa di S. Agostino di
Arezzo
.
A
Perugia
decorò una cappella nella
Chiesa di San Domenico
(ma la critica moderna attribuisce l'opera a Benedetto di Bindo) e lavorò nella chiesa di San Francesco.
Dopo il
1398
tornò a Siena dove continuò a dipingere finché non morì di malattia a cinquantanove anni (
1422
).
Fu suo nipote e discepolo Domenico Bartoli che lasciò opere di buona qualità in S. Trinità a
Firenze
e nell'Ospedale di Siena.
Lorenzo di Bicci
Proemio della parte seconda
Iacopo della Quercia
Iacopo di maestro Piero di Filippo della Quercia
(località del senese), scultore, iniziò a diciannove anni realizzando a
Siena
una statua equestre per le esequie del capitano Giovanni d'Azzo Ubaldini. La statua era composta di vari materiali (legno, fieno, terra, colla) e la tecnica usata sarebbe invenzione dello stesso
Iacopo
.
Per il
Duomo di Siena
fece due tavole intagliate ed alcune statue di profeti in marmo ma la cacciata di Orlando Malevolti, suo protettore, lo costrinse ad abbandonare il lavoro.
Si trasferì a
Lucca
dove il signore della città, Paolo Guinigi, la cui moglie era morta in quei giorni, gli commissionò un monumento funebre, il celebre Monumento di Ilaria del Carretto, che fu collocato nella cattedrale di San Martino. Quando Paolo Guinigi fu deposto (
1429
) il monumento rischiò di essere distrutto ma la sua bellezza indusse gli insorti a conservarlo.
Iacopo
andò a
Firenze
per partecipare al concorso per una delle porte del Battistero, preparò una bellissima formella in bronzo (perduta) ma non vinse, perciò si spostò a
Bologna
dove Giovanni Bentivoglio gli commissionò i rilievi che incorniciano il portale della chiesa di San Petronio.
Tornato a
Lucca
scolpì un polittico per la cappella della famiglia Trenta (nella chiesa di San Frediano). Dopo alcuni lavori a
Firenze
Iacopo
tornò a
Siena
dove ottenne l'importante incarico di realizzare una fontana per Piazza del Campo. Le figure scolpite per
Fonte Gaia
comprendono una
Madonna col Bambino, le sette Virtù Teologali, Storie dell'Antico Testamento, Storie della vita di San Giovanni Battista
.
Il successo di
Fonte Gaia
fu tale che la signoria di
Siena
nominò
Iacopo
cavaliere e gli affidò la direzione dei lavori di costruzione del
Duomo
inoltre da quel momento molti lo chiamarono
Iacopo Della Fonte
.
Lo scultore morì dopo tre anni. Fu uno dei pochi artisti che riuscirono ad ottenere in vita il giusto riconoscimento da parte dei concittadini.
Furono suoi discepoli il lucchese Domenico Galigano e Niccolò Bolognese, detto Niccolò dell'Arca per aver completato l'arca di San Benedetto lasciata incompiuta da Nicola Pisano.
Niccolò Aretino
Dello
Nanni d'Antonio di Banco
Luca della Robbia
Paolo Uccello
Paolo Uccello dedicò molto tempo e molte energie allo studio della prospettiva, esagerando secondo il
Vasari
.
Le sue prime opere furono affreschi con temi religiosi in varie chiese fiorentine. In una cappella di Santa Maria Maggiore dipinse un'Annunciazione con particolari effetti prospettici che danno allo spettatore l'illusione di uno spazio più ampio del reale.
A proposito di un suo lavoro in San Miniato si raccontava che avesse abbandonato l'opera incompiuta perché stufo del formaggio che gli veniva quotidianamente servito all'abbazia, ma quando spiegò il problema a due frati che lo riferirono all'abate questi, molto divertito, lo fece tornare e gli procurò altri cibi.
Amava dipingere animali, specialmente gli uccelli (da cui il soprannome). Moltissimi ne dipinse nelle sue
Storie della Creazione
nel chiostro di Santa Maria Novella.
Nello stesso chiostro realizzò un
Diluvio Universale
, una delle sue opere migliori che gli procurò grande fama. Vicino al Diluvio dipinse l'
Ebbrezza di Noè
(nel quale il personaggio di
Cam
aveva le fattezze del pittore Dello, amico di Paolo) e il
Sacrificio di Noè
all'approdo dell'arca.
Affrescò in Santa Maria del Fiore il condottiero
Giovanni Acuto
a cavallo, lavorò quindi a un ciclo di storie di San Benedetto nella chiesa di Santa Maria degli Angeli (opera perduta).
Invitato da
Donatello
, Paolo si recò a
Padova
per affrescare i
Giganti
nel palazzo Vitali (opera perduta).
Teneva in casa una tavola da lui dipinta con i ritratti di cinque personaggi che considerava innovatori: Giotto come iniziatore della pittura dei suoi tempi, Brunelleschi nell'architettura,
Donatello
per la scultura, se stesso per la prospettiva e l'amico Giovanni Manetti per la matematica.
Infine, vecchio e depresso per il giudizio negativo di
Donatello
sull'affresco
Incredulità di San Tommaso
sulla chiesa di San Tommaso nel Mercato Vecchio, si ritirò nella sua casa e smise di lavorare.
Morì povero e dimenticato nel
1432
all'età di ottantatre anni.
Lorenzo Ghiberti
Lorenzo Ghiberti
, figlio di Cione o di Bartoluccio (nato a
Firenze
fra il
1378
e il
1381
) imparò dal padre l'arte dell'orefice, ma fin da giovane si interessò anche di disegno, scultura e pittura.
Nel
1400
a causa di un'epidemia e di disordini politici,
Lorenzo
lasciò
Firenze
e si recò a
Rimini
dove dipinse alcune stanze della residenza di Pandolfo Malatesta.
Conclusa la pestilenza,
Lorenzo
fu avvertito dal padre che la corporazione dei Mercanti di
Firenze
aveva indetto una gara per due nuove porte in bronzo per il
Battistero
e, nonostante i tentativi di Pandolfo Malatesta per trattenerlo, lasciò la
Romagna
e tronò alla sua città.
Furono scelti sette artisti fra i quali
Brunelleschi
,
Donatello
e
Iacopo della Quercia
e fu loro assegnato il compito di realizzare in un anno una formella di bronzo che rappresentasse il
Sacrificio di Isacco
.
Allo scadere del termine una giuria di trentaquattro esperti scartò quattro delle prove, quindi
Brunelleschi
e
Donatello
si ritirarono spontaneamente affermando che l'opera di
Lorenzo
era migliore della loro.
Così
Lorenzo
, procuratosi un locale per fondere nei pressi di
Santa Maria Novella
, avviò il lavoro iniziando dal telaio.
Seguì lo schema adottato a suo tempo da
Andrea Pisano
fondendo venti storie del Nuovo Testamento ed altre otto formelle raffiguranti gli Evangelisti e i Dottori della Chiesa. Nelle venti formelle superiori fece:
L'annunciazione, La nascita di Cristo, La visita dei Magi, Cristo che disputa con i dottori, Il battesimo di Cristo, Il diavolo che tenta Gesù, La cacciata dei mercanti dal tempio, Il naufragio degli Apostoli, La trasfigurazione sul Monte Tabor, La resurrezione di Lazzaro, L'arrivo di Gesù a Gerusalemme, La cena con gli Apostoli, La meditazione nell'orto degli ulivi, L'arresto di Gesù, La flagellazione, Cristo davanti a Pilato, Cristo che porta la Croce, La Crocifissione, La Resurrezione, La Pentecoste.
Quando furono installate le porte procurarono a
Lorenzo
la pubblica ammirazione ed egli ebbe l'incarico di realizzare una statua di bronzo di San Giovanni Battista che fu collocata in una delle nicchie esterne di Orsanmichele.
Passò quindi a
Siena
per
Due storie di San Giovanni Battista
per il Battistero di quella città, poi tornò a
Firenze
per altre statue nelle nicchie di Orsanmichele, quelle di San Matteo e di Santo Stefano.
Realizzò per
Santa Maria Novella
il sepolcro di Leonardo Dati, generale dei frati predicatori per
Santa Croce
, i sepolcri di Lodovico degli Albizi e di Niccolò Valori.
Su commissione dei
Medici
fece un reliquiario dei martiri Proto, Iacinto e Nemesio che fu collocato nella chiesa del Monastero degli Angeli. Lavorò quindi al sepolcro di San Zenobi vescovo di
Firenze
. Si cimentò anche come orefice per i
Medici
, per papa
Martino V
e per papa
Eugenio IV
.
La Corporazione dei Mercanti gli commissionò la terza porta del
Battistero
decidendo che avrebbe sostituito quella di
Andrea Pisano
da spostarsi all'entrata laterale dell'edificio. I committenti concessero piena libertà alla creatività di
Lorenzo
e non posero limiti di tempo o di spesa.
Lorenzo
divise la porta in dieci riquadri raffiguranti episodi biblici. Fra i molti personaggi pose il proprio ritratto e quello del padre.
I riquadri rappresentano:
Adamo
ed
Eva
,
Caino
e
Abele
, L'arca di Noè,
Abramo
e
Isacco
, Giacobbe e Esaù, Le storie di Giuseppe, Mosè che riceve la Legge, Giosuè e le trombe di Gerico,
Davide
e
Golia
,
Salomone
e la regina di Saba.
Quando gli fu chiesto un giudizio sulle porte di
Lorenzo
,
Michelangelo
le definì adatte per il Paradiso.
L'opera richiese venti anni di lavoro. Collaborarono con
Lorenzo Ghiberti
grandi artisti quali
Filippo Brunelleschi
, Masolino da Panicale, Niccolò Lamberti, Parri Spinelli, Antonio Filareto, Paolo Uccello,
Antonio Pollaiolo
.
In riconoscimento alla sua arte
Lorenzo
fu nominato magistrato e ricevette un podere presso Badia di Settimo.
Il progetto di far rifare a
Lorenzo
la porta di
Andrea Pisano
non fu realizzato per l'improvvisa morte dell'artista.
Il figlio Bonaccorso completò con grande diligenza le rifiniture delle porte del
Battistero
, ma non fece altre opere perché morì molto giovane.
Masolino
Parri Spinelli
Masaccio
Filippo Brunelleschi
Filippo di Ser Brunellesco
fu
sparuto nella persona
ma di ingegno incomparabile e dotato di numerose virtù.
Il padre Ser Brunellesco, stimato cittadino di
Firenze
, aveva sposato una giovane della nobile famiglia degli Spini dalla quale nel
1377
nacque
Filippo
. Gli studi di
Filippo
tendevano a farlo diventare notaio come il padre ma, poiché egli dimostrava altre inclinazioni, Brunellesco lo mandò a lavorare come apprendista presso un suo amico orefice.
Filippo
apprese rapidamente l'arte orafa e prese ad esercitarla ad alto livello dedicandosi anche all'orologeria, quindi si interessò alla scultura e strinse una profonda amicizia con il giovane
Donatello
, contemporaneamente cominciò a realizzare le sue prime opere architettoniche.
La sua prima scultura di grandi dimensioni fu una statua di
Maria Maddalena
in legno che andò perduta in un incendio nel
1471
. Dipingeva spesso ambienti cittadini per portare avanti il suo studio della prospettiva e perfezionare la sua tecnica in questo senso, tecnica che insegnò all'amico
Masaccio
.
Fu introdotto da messer Paolo del Pozzo Toscanelli allo studio della matematica e della geometria.
Una volta criticò un crocifisso di
Donatello
e si dedicò a scolpirne uno, poi esposto in Santa Maria Novella, che
Donatello
giudicò miracoloso per la perfezione delle membra.
Filippo
e Donato furono chiamati dalle arti dei Beccai e dei Lanaioli per scolpire due statue per Orsanmichele ma
Filippo
lascià la commissione all'amico che la svolse con maestria.
Nel
1401
si svolse il concorso per una nuova porta del Battistero alla quale parteciparono sia
Filippo
che
Donatello
ma conclusero entrambi che la prova di
Lorenzo Ghiberti
era stata la migliore e si prodigarono con grande generosità per convincere i giudici ad assegnare la vittoria a Lorenzo.
Filippo
donò la formella con il
Sacrificio di Isacco
preparata per il concorso a
Cosimo de' Medici
che la fece esporre nella sagrestia di
San Lorenzo
.
Poco dopo
Filippo Brunelleschi
e
Donatello
si trasferirono a
Roma
per studiare sui modelli classici rispettivamente l'architettura e la scultura. In particolare
Filippo
studiò la volta del
Pantheon
mentre si concentrava nella ricerca di una soluzione per la cupola della nuova basilica di
Firenze
.
Quando i loro fondi furono esauriti, Donato tornò a
Firenze
e Filippo rimase a
Roma
dove per mantenersi cominciò a collaborare con alcuni orefici suoi amici.
Tornò a
Firenze
nel
1407
e presentò una sua revisione del progetto di Arnolfo di Cambio per la basilica nella quale la cupola risultava alleggerita e più facile da costruire.
Per molti anni
Filippo
si trattenne a
Firenze
proseguendo nei suoi studi per la cupola e collaborando di tanto in tanto con
Ghiberti
. Ripartì per
Roma
ma fu presto richiamato a
Firenze
per essere consultato sul problema della cupola che non si riusciva a costruire in quanto le imbracature in legname allora in uso risultavano inadeguate per il volume e per il peso dell'opera.
Filippo
, pur ardendo dal desiderio di ottenere la direzione dei lavori, si mostrò indifferente e propose di indire un concorso convocando i migliori architetti d'Italia e d'Europa ed anche quando nel
1417
gli fu offerto l'incarico non si lasciò coinvolgere e ripartì per
Roma
. In realtà
Filippo
aveva proposto il concorso perché voleva che l'impossibilità di costruire la cupola con i metodi tradizionali venisse ufficialmente sancita dai maggiori esperti del tempo.
Il convegno si tenne nel
1420
e furono presentate alcune soluzioni complesse e costose, ma quando
Filippo
sostenne che l'unico modo per realizzare l'opera era costruita a sezioni che si regessero reciprocamente senza bisogno di pilastri ed impalcature fu giudicato folle ed allontanato bruscamente.
Filippo
non si lasciò scoraggiare e contattando uno ad uno giudici ed esperti li convinse a riaprire la discussione ed infine, pur rifiutando di spiegare nei dettagli il suo progetto, riuscì ad ottenere l'incarico, sia pure con molte difficoltà e con l'intesa di verificare la fattibilità del lavoro quando la cupola fosse stata costruita fino all'altezza di dodici braccia.
Tuttavia una fazione di artigiani e di cittadini sostenne che sarebbe stato imprudente affidare una simile opera ad un solo architetto e pretese che
Filippo
venisse affidato da un collega nella direzione dei lavori. Fu scelto
Lorenzo Ghiberti
e Lorenzo fu così offeso da questa imposizione che fu sul punto di rinunciare all'impresa. La collaborazione fu difficile ed i due artisti si trovarono presto in competizione.
Irritato dal fatto che Lorenzo, pur percependo lo stesso compenso, evitava di assumere responsabilità,
Filippo
si finse malato costringendo
Ghiberti
ad ammettere di non essere in grado di dirigere da solo la costruzione, quindi lo obbligò a farsi carico di un compito di sua scelta e riuscì finalmente a dimostrare l'inadeguatezza del collega e rivale.
Alla fine a
Filippo
fu resa piena autonomia decisionale ma presto incontrò altre difficoltà con una parte dei lavoratori che reagiva negativamente al suo rigore.
Filippo
seppe risolvere con grande energia anche questa situazione licenziando i lavoratori sediziosi e poi riassumendoli a salario ridotto.
Quando decise di mostrare pubblicamente il modello dettagliato della cupola che aveva costruito fu a tutti evidente la cura minuziosa della sua progettazione e la grande ingegnosità delle soluzioni.
Filippo
organizzò il lavoro con idee brillanti, come un sistema di ruote e contrappesi per trasportare i carichi in alto o come l'iniziativa di aprire un'osteria nella cupola in costruzione per evitare che gli operai perdessero tempo scendendo e risalendo quando avevano bisogno di ristoro. Infaticabile, seguiva personalmente ogni momento del lavoro e vigilava anche sulla preparazione e la cottura dei mattoni.
Anche per la lanterna sulla sommità della cupola vennero presentati vari progetti e
Filippo
sosteneva che il modello giusto era soltanto uno, quello rispondente ai suoi calcoli del peso necessario a dare coesione alla struttura.
Mentre la costruzione della cupola procedeva,
Brunelleschi
si occupava anche di altre fabbriche e progetti a
Firenze
per i Medici e a
Milano
per i Visconti.
Progettò l'abbazia di Fiesole, finanziata da
Cosimo de' Medici
, partecipò al progetto per la chiesa di
San Lorenzo
in
Firenze
iniziata da Giovanni di Bicci dei Medici e completata dal figlio di questi
Cosimo
, per la stessa chiesa realizzò la sacrestia.
Realizzò il modello di un Palazzo Medici che non venne mai costruito e progettò la rotonda di Santa Maria degli Angeli che rimase incompiuta a causa della guerra fra
Firenze
e
Lucca
.
Su commissione della famiglia Pitti,
Brunelleschi
progettò il grande palazzo che fu realizzato dopo la sua morte dal suo collaboratore Luca Fancelli. Fu anche scenografo e realizzò gli apparati scenici per la rievocazione dell'Annunciazione che si teneva in San Felice in Piazza, costruendo ingegnosi macchinari che animavano effetti sorprendenti come un volo di angeli sul pubblico che
Vasari
descrive con dovizia di particolari.
Nel
1445
il Marchese di
Mantova
lo invitò nella sua città per progettare gli argini del Po. Lavorò quindi a Pisa e a molti altri progetti per edifici fiorentini.
Intanto
Filippo
era impegnato anche nel progetto di ristrutturazione della chiesa di Santo Spirito a
Firenze
e del convento annesso.
Filippo
morì il 16 aprile
1446
e fu sepolto solennemente in
Santa Maria del Fiore
nel cordoglio generale dei concittadini. Il Buggiano, suo discepolo, eseguì il suo ritratto in un busto che fu collocato nel Duomo.
Donato, scultore fiorentino
Michelozzo Michelozzi
Antonio Filarete e Simone
Giuliano da Maiano
Piero della Francesca
Fra' Giovanni da Fiesole
Leon Battista Alberti
Lazzaro Vasari
Antonello da Messina
Alessio Baldovinetti
Vellano da Padova
Fra' Filippo Lippi
Paolo Romano, Mino, Chimenti Camicia
Andrea del Castagno e Domenico Veneziano
Gentile da Fabriano e Vittore Pisanello
Pesello e Francesco Peselli
Benozzo
Francesco di Giorgio e Lorenzo Vecchietto
Galasso Galassi
Antonio Rossellino e Bernardo suo fratello
Desiderio da Settignano
Mino da Fiesole
Lorenzo Costa
Ercole Ferrarese
Iacopo, Giovanni e Gentile Bellini
Cosimo Rosselli
Cecca
Don Bartolomeo abate di San Clemente
Gherardo
Domenico Ghirlandaio
Antonio e Piero Pollaiolo
Sandro Botticelli
Alessandro detto Sandro
era figlio di Mariano Filipepi. Si mostrò irrequieto e insoddisfatto dell'istruzione ricevuta, tanto che il padre lo affidò al suo compare Botticello, orefice.
Sandro
, che era un abile disegnatore, chiese di essere introdotto alla pittura e fu condotto a Frà Filippo del Carmine che ne fece un vero pittore.
Ancora giovinetto dipinse nella mercatura di
Firenze
e nella
chiesa di S. Spirito
(cappella dei Bardi). Nella chiesa di Ogni Santi dipinse a fresco un S. Agostino sforzandosi di superare i contemporanei e in particolare
Domenico Ghirlandaio
, autore di un San Girolamo nella stessa chiesa.
Aveva raggiunto una buona reputazione quando realizzò un'incoronazione della Madonna in San Marco. Lavorò per Lorenzo de Medici il Vecchio e nella villa del duca Cosimo realizzò la Nascita di Venere e la Primavera.
In casa Pucci illustrò in quattro tavole una novella di
Boccaccio
. In San Pietro Maggiore dipinse per Matteo Palmieri una tavola con l'assunzione di Maria e innumerevoli figure di santi e angeli.
Nella piccola tavola "adorazione dei Magi" in
Santa Maria Novella
, i tre re avevano le fattezze di
Cosimo il Vecchio
,
Giuliano de Medici
padre di
Clemente VII
e Giovanni figlio di Cosimo. La notorietà raggiunta con queste opere gli procurò la commissione di papa
Sisto IV
per gli affreschi della
Cappella Sistina
:
Cristo tentato dal diavolo, Mosè che uccide l'egiziano, Mosè dissetato dalle figlie di Ietro
. Concluso questo incarico
Botticelli
tornò a
Firenze
dove si dedicò ad illustrare la Divina Commedia. Questo lavoro richiese molto tempo durante il quale il pittore non ebbe incarichi retribuiti e si trovò in grandi ristrettezze tanto che evitò la fame per gli aiuti degli amici e di Lorenzo de'Medici.
Sandro
era piacevole e spiritoso e amava organizzare scherzi per i discepoli e gli amici. Una volta, racconta
Vasari
, truccarono un dipinto di un apprendista sovrapponendo ai volti degli angeli che circondavano la Madonna le facce dipinte su carta di alcuni cittadini. Il giovane pittore fu molto stupito dalla sostituzione ma i presenti fecero finta non non vederla e lo convinsero di aver veduto ciò che non era.
Quando nella casa vicina alla sua si stabilì un tessitore con otto telai molto rumorosi,
Sandro
gli chiese di risolvere il problema e quello rispose che in casa sua poteva fare quello che voleva.
Sandro
allora sistemò una pietra in bilico su un muro della sua casa, messa in modo tale che cadendo avrebbe distrutto il tetto e i telai del vicino. Alle proteste del tessitore,
Botticelli
rispose che in casa sua poteva fare quello che voleva e così fu necessario trovare accordi ragionevoli.
Una volta
Sandro
accusò un amico di eresia perché
senza avere lettere o a pena saper leggere commenta Dante e mentova il suo nome invano
.
Durante la sua vita guadagnò molto ma tutto dilapidò con il suo disordine. Da vecchio camminava aiutandosi con due bastoni.
Morì di malattia a settantotto anni nel 1515 e fu sepolto in
Ogni Santi
a
Firenze
.
Vasari
cita ancora alcune opere: il ritratto dell'amante di Giuliano de'Medici e quello di
Lucrezia Tornabuoni
, un Bacco che beve da un barile; un'Assunta con coro d'angeli nel duomo di
Pisa
, il baldacchino di Or San Michele, la tavola dei Magi in
Santa Maria Novella
.
Benedetto da Maiano
Andrea Verrocchio
Andrea Mantegna
Filippo Lippi
Bernardino Pinturicchio
Francesco Francia
Francesco Raibolini detto il Francia
nacque a
Bologna
nel
1450
da onesta famiglia artigiana.
Ancora bambino fu preso come apprendista nella bottega di un orefice ed imparò molto bene quest'arte come dimostrano molti suoi lavori in argento custoditi a
Bologna
. La sua eccellenza di orefice di mostrò soprattutto nel conio delle medaglie, attività che svolse per la zecca dei
Bentivoglio
finché questi ressero
Bologna
. Quando i
Bentivoglio
furono cacciati da
Giulio II
,
Francesco
coniò una medaglia con l'immagine del pontefice che gli valse la conferma del suo lavoro per la zecca anche sotto il nuovo governo.
Dedicatosi anche alla pittura studiò a lungo le tecniche del colorito, fra i suoi primi dipinti furono una
Madonna con santi e offerente
che fu collocata nella chiesa della Misericordia fuori
Bologna
(oggi si trova nella
Pinacoteca Nazionale di Bologna
), una
Natività
per la stessa chiesa ed un'
Annunciazione
per la chiesa dell'Annunziata.
Alla pittura ad olio aggiunse l'affresco e, su commissione di Giovanni Bentivoglio, dipinse in una sala del Palazzo Bentivoglio
Giuditta ed Oloferne
, opera che fu molto ammirata dai contemporanei.
La fama di
Francesco
uscì dall'ambiente bolognese ed egli fu chiamato a realizzare opere per Modena,
Parma
, Reggio Emilia,
Cesena
,
Ferrara
.
Dopo aver dipinto altre tavole per le chiese bolognesi di San Lorenzo e di San Giobbe, passò in Toscana per lavorare a
Lucca
, quindi nel ducato di
Urbino
.
Quando era ormai anziano, il Francia entrò in rapporti epistolari con
Raffaello Sanzio
, che all'epoca lavorava a
Roma
.
Quando
Raffaello
dipinse una
Santa Cecilia
che gli era stata commissionata per la chiesa di San Giovanni in Monte di
Bologna
, spedì il quadro al Francia pregandolo di curarne la sistemazione e il Francia, che desiderava molto vedere la opere di
Raffaello
ma non ne aveva mai avuto occasione, si affrettò a liberare il dipinto ricevuto dall'imballaggio.
Secondo alcuni l'emozione di
Francesco Francia
nell'ammirare l'opera di
Raffaello
fu tale che il pittore cadde in un profondo stato di malinconia misconoscendo la propria arte e pochi giorni dopo ne morì.
Forse non fu questa la causa, comunque il Francia morì improvvisamente nel
1510
e fu sepolto in
Bologna
.
Pietro Perugino
Fu la povertà a fare da stimolo per
Pietro Perugino
che in gioventù non si arrese mai al freddo, alla fame e alla fatica pur di vincere la miseria.
Nacque a Perugia da un pover'uomo di Castello della Pieve di nome Cristofano. Fu allevato tra gli stenti, mandato a lavorare come fattorino presso un pittore medioche che parlava sempre della grandezza degli artisti fiorentini e di come
Firenze
fosse la città perfetta per chi voleva diventare famoso. Questi discorsi, confermati da molte altre persone, indussero
Pietro
a trasferirsi a
Firenze
.
Studiò con Andrea Verrocchio e dalle sue prime opere divenne apprezzato e conosciuto a
Firenze
. In pochi anni i suoi lavori furono collocati in Italia, Francia,
Spagna
e altri paesi dai mercanti che lo tenevano in grandissima considerazione.
Molte cose di
Pietro
erano anche nella chiesa del convento dei frati gesuiti di
Firenze
.
Vasari
si sofferma su questa chiesa che era andata distrutta. Dedicata a San Giusto, era stata progettata da Antonio di Giorgio da Settignano. L'interno era riccamente decorato e custodiva una tavola di
Domenico Ghirlandaio
e un crocifisso di Benedetto da Maiano. Vengono descritti con ammirazione il coro di questa chiesa, il portale, il porticato esterno, il chiostro, si parla anche del monastero e dei suoi ambienti, del curatissimo orto. Uno dei più bei complessi religiosi di
Firenze
.
Questi edifici andarono distrutti nell'assedio di
Firenze
e delle opere che
Pietro Perugino
vi aveva dipinto si salvarono solo due tavole, una raffigurante Gesù nell'orto con gli Apostoli addormentati e l'altra una Pietà.
Il priore dello stesso convento degli Ingesuati gli fece affrescare diversi ambienti ma era avaro e diffidente e temendo che il pittore rubasse il colore blu ultramarino, particolarmente costoso, era sempre presente mentre
Pietro
dipingeva. Infastidito,
Pietro
si prese la soddisfazione di recuperare il colore dall'acqua in cui puliva i pennelli e renderlo al priore deprecando apertamente la sua diffidenza.
Pietro
dipinse altre tavole per le chiese di San Francesco e Sant'Agostino a Siena e per San Gallo a
Firenze
. Per il Cristo morto con San Giovanni e la Madonna dipinto sulla scala laterale di San Pier Maggiore,
Pietro
usò i colori con tale perizia che l'opera resistette alla pioggia e al vento conservandosi perfettamente.
Grazie alla fama raggiunta in Italia e all'estero, il
Perugino
fu chiamato a
Roma
da
Sisto IV
per lavorare nella
Cappella Sistina
insieme ad altri grandi artisti. Dipinse
Cristo che consegna le chiavi a San Pietro
con l'aiuto di
Bartolomeo della Gatta
.
La nascita e il battesimo di Cristo, Mosè bambino salvato alla figlia del Faraone, e nella parete dell'altare l'Assunzione della Madonna (in quest'ultimo dipinto era raffigurato anche
Sisto IV
in ginocchio) furono distrutti sotto
Paolo III
quando
Michelangelo
dipinse il Giudizio Universale.
Oltre agli affreschi della
Sistina
Pietro
dipinse in
Roma
per palazzo Borgia, nella chiesa di San Marco, nel palazzo degli Apostoli. Queste opere gli procurarono lauti guadagni con i quali il pittore decise di lasciare
Roma
per tornare a Perugia dove realizzò molte altre opere fra cui gli affreschi della sala delle udienze del
Collegio del Cambio
, lo
Sposalizio della Vergine
per il Duomo, il
Polittico di S. Agostino
,
Venne il momento in cui, dopo aver tanto lavorato,
Perugino
cominciò a ripetersi e le sue figure a somigliarsi eccessivamente fra loro. Geloso di
Michelangelo
, faceva spesso mordaci battute nei suoi confronti, quando il
Buonarroti
reagì definendo goffa la sua arte la questione finì in tribunale,
dove ne rimase
Pietro
con assai poco onore
.
Quando Filippino Lippi morì lasciando incompiuta la pala per l'altare maggiore della chiesa dei Frati de'Servi di
Firenze
(la Basilica della Santissima Annunziata), i frati ne affidarono il completamento a
Pietro
, ma il lavoro finito venne duramente criticato dai Fiorentini perché il pittore aveva riprodotto le stesse figure di molte opere precedenti. Il
Perugino
si difese sostenendo che quelle figure erano sempre piaciute a coloro che ora le criticavano ma, continuando le polemiche, preferì lasciare
Firenze
e tornare nella sua città.
Vittore Scarpaccia ed altri
Iacopo detto l'Indaco
Luca Signorelli
Luca Signorelli
, nato a
Cortona
intorno al
1445
, fu discepolo di Pietro dal Borgo a San Sepolcro (Piero della Francesca) la cui pittura imparò ad imitare perfettamente.
Fra le sue prime opere furono gli affreschi della Cappella di Santa Barbara in San Lorenzo di
Arezzo
, i dipinti a olio per la Compagnia di Santa Caterina, la tavola di San Nicola da Tolentino e i due angeli in affresco per la chiesa di S. Agostino ad
Arezzo
.
Ancora ad
Arezzo
affrescò la Cappella degli Accolti nella chiesa di San Francesco. Per il Duomo di
Perugia
dipinse la Pala di S. Onofrio rappresentando la Madonna, alcuni Santi ed un bellissimo angelo che accorda il liuto.
Per San Francesco di
Volterra
dipinse una
Circoncisione di Gesù
più tardi restaurata dal Sodoma. Nelle chiese di
Città di Castello
dipinse una serie di affreschi (ne restano pochi frammenti). A
Cortona
, sua città natale, lavorò per la chiesa di Santa Margherita, per la Compagnia di Gesù e nella Pieve.
Lavorò a
Siena
in S. Agostino, quindi si recò a
Firenze
dove dipingendo per
Lorenzo il Magnifico
se ne procurò il favore.
Le sue opere furono apprezzate a
Chiusi
(Monaci di Monte Oliveto), Montepulciano, Foiano ed altri luoghi della Valdichiana.
Affrescò una cappella del Duomo di
Orvieto
completando il lavoro di Giovanni da Fiesole e dipingendo con grande inventiva impressionanti storie dell'Apocalisse.
Il livello dell'arte di
Luca
fu tale che anche
Michelangelo
non disdegnò in alcune occasioni di riprenderne lo stile.
Su commissione di papa
Sisto
,
Signorelli
affrescò la sagrestia del Santuario di
Loreto
. Lo stesso papa lo chiamò a
Roma
per le decorazioni della
Cappella Sistina
(
Testamento e morte di Mosè
).
In vecchiaia, dopo aver lavorato per i più importanti principi italiani,
Luca
tornò a
Cortona
dove continuò a dipingere per passione. In questo periodo realizzò una grande pala,
Madonna col Bambino e Santi
su commissione della Compagnia di San Girolamo di
Arezzo
.
In occasione della collocazione di quest'opera
Signorelli
si recò ad
Arezzo
dove soggiornò in casa
Vasari
e l'Autore, che all'epoca aveva otto anni, ricorda con affetto come il pittore si interessasse ai suoi progressi nel disegno e come raccomandasse al padre di farlo proseguire negli studi artistici.
Tornato a
Cortona
,
Luca
accettò una commissione per il palazzo del Cardinale Silvio Passerini, ma morì durante il lavoro all'età di ottantadue anni.
PARTE TERZA
Proemio
Leonardo da Vinci
Giorgione
Antonio da Correggio
Piero di Cosimo
Bramante
Fra' Bartolomeo
Mariotto Albertinelli
Raffaellino del Garbo
Torrigiano
Giuliano e Antonio da Sangallo
Raffaello da Urbino
Raffaello
, dice il Vasari, fu dotato non solo di eccezionali doti artistiche ma anche di tutte le virtù dell'animo che rendono una persona modesta, affabile e gradevole.
Nacque in
Urbino
nel
1483
, figlio di Giovanni de'Santi, un pittore modesto ma ottima persona che volle allevare e educare il figlio nella propria casa insegnandogli i migliori costumi. Crescendo
Raffaello
dimostrò presto la propria inclinazione artistica e ancora bambino divenne un valido aiuto del padre.
Quando si rese conto di non poter insegnare di più, il brav'uomo provò a far entrare il ragazzo nella bottega di Pietro Perugino che in quel momento era considerato uno dei migliori pittori in attività. Giovanni si recò a Perugia e vi soggiornò per un periodo in attesa di Pietro che era a Roma, quindi attese di essere entrato in confidenza prima di chiedere al maestro di accettare suo figlio come allievo. Il Perugino accettò e dal primo incontro fu colpito dalla gentilezza del giovane.
Raffaello
imparò così rapidamente e così bene la lezione di Pietro che presto divenne difficile distinguere i suoi disegni da quelli del maestro.
Con Pietro lavorò a Perugia a una tavola a olio per Maddalena degli Oddi, la tavola rappresenta la Madonna assunta in Cielo con Cristo e i dodici Apostoli, solo un occhio molto esperto potrebbe riconoscere le figure dipinte dal Perugino e quelle di
Raffaello
(l'opera è oggi nella Pinacoteca Vaticana). Completato questo lavoro,
Raffaello
visitò Citta di Castello dove dipinse tavole per le chiese di Sant'Agostino, San Domenico e San Francesco.
Pinturicchio che stava lavorando al duomo di Siena lo invitò a collaborare e
Raffaello
disegnò alcuni cartoni ma quando sentì parlare di
Leonardo
e Michelangelo non seppe resistere al desiderio di vedere le loro opere a
Firenze
. Qui fu ospitato da Taddeo Taddei con il quale si sdebitò dipingendo dei quadri per lui. Fece amicizia con Ridolfo Ghirlandaio, Aristotele San Gallo, Lorenzo Nasi, quer quest'ultimo dipinse la Madonna del Cardellino.
Raffaello
fu costretto dalla morte dei genitori a tornare a
Urbino
dove dipinse due Madonne ed altri quadri per Guidobaldo da Montefeltro.
Di nuovo a Perugia dipinse opere per la chiesa dei Frati de'Servi, in San Severo, nel monastero femminile di S. Antonio da Padova. Per la nobildonna Atlanta Baglioni dipinse un "compianto su Cristo morto" (pala Baglioni).
Tornato a
Firenze
eseguì i ritratti di Agnolo Doni e della consorte Maddalena Dossi e un quadro con Gesù Bambino e San Giovannino. Secondo Vasari durante il soggiorno a
Firenze
Raffaello
cambiò profondamente il suo stile, tanto che le sue opere precedenti potrebbero essere di un altro pittore, e ciò grazie allo studio approfondito dei più eccellenti maestri del suo tempo.
Il Bramante gli procurò l'incarico di affrescare in Vaticano le stanze di Giulio II. Giunto a Roma
Raffaello
constatò che quelle stanze erano già state in parte decorate da Piero della Francesca, Luca da Cortona, Pietro della Gatta, Bramantino da Milano. Iniziò quindi il suo lavoro dalla Stanza della Segnatura dove fece un grande affresco con le figure di filosofi, sapienti e scienziati (
La scuola di Atene
) fra i quali rappresentò Bramante, Federico II duca di Mantova e se stesso.
Dopo aver ammirato questo affresco, Giulio II ordinò di distruggere tutte le opere presenti in quegli ambienti per lasciare le pareti libere per
Raffaello
.
Ancora nella stanza della segnatura,
Raffaello
dipinse il
Parnaso
con le figure dei grandi poeti dell'antichità, con Apollo tra le
Muse
e ancora un gruppo di poeti più moderni:
Dante
,
Petrarca
,
Boccaccio
ed altri.
Nella parete di fronte alla Scuola di Atene,
Raffaello
dipinse Cristo e la Madonna con numerosi santi sulle nuvole, sotto altri santi disputano sui Vangeli ed ascoltano le spiegazioni di quattro dottori della Chiesa. Su tutti il Padre Eterno, dal punto più alto del dipinto, fa scendere lo Spirito Santo.
Sulla parete seguente (di fronte al Parnaso) dipinse Giustiniano che consegna le leggi ai dottori perché le perfezionino, il papa che consegna le decretali canoniche e, in alto, le virtù teologali: Temperanza, Fortezza e Prudenza.
Entusiasta del risultato, Giulio II chiamò per gli arredi Frà Giovanni da Verona, famoso intagliatore di cui Vasari ricorda opere a Chiusi, Siena e Napoli (Il rivestimento ligneo delle pareti sotto gli affreschi andò probabilmente distrutto durante il sacco dei Roma del
1527
).
Guglielmo da Marcilla
Cronaca
Domenico Puligo
Andrea da Fiesole
Vincenzio da San Gimignano e Timoteo da Urbino
Andrea del Monte Sansovino
Benedetto da Rovezzano
Baccio da Montelupo
Lorenzo di Credi
Lorenzetto
Baldassarre Peruzzi
Giovan Francesco detto il Fattore e Pellegrino da Modana
Andrea del Sarto
Per
Vasari
l'unico limite di
Andrea del Sarto
fu il carattere timido e troppo mite che riflettendosi nella sua pittura le toglieva ardore e fierezza. Se non avesse sofferto di ciò, la sua pittura "senza errori" sarebbe stata paragonabile a quella dei più grandi maestri.
Andrea
, detto del Sarto dal mestiere del padre, nacque a
Firenze
nel
1478
. Compiuti gli studi elementari inizià ad apprendere l'oreficeria ma un pittore di nome Gian Barile notò il suo modo di disegnare e lo prese nella sua bottega come apprendista.
Dopo tre anni, notando l'innata abilità dell'allievo, Gian Barile lo sistemò presso la bottega di
Piero di Cosimo
, pittore più capace e conosciuto, il quale si affezionò rapidamente al nuovo apprendista.
Con grande passione
Andrea
trascorreva il suo tempo libero in una sala del convento di
Santa Maria Novella
dove erano esposti costumi di
Michelangelo
e di
Leonardo
. Qui conobbe Francia Bigio del quale divenne molto amico. I due giovani decisero di prendere una stanza in comune per dividere le spese ed iniziarono insieme ad occuparsi dei primi lavori: dipinti di argomento religioso commissionati da un sacrestano parente del Francia.
Andrea
dipinse quindi dodici storie di San Giovanni Battista, fra le quali il Battesimo di
Cristo
, nel Chiostro dello Scalzo da poco realizzato a spese della compagnia che portava lo stesso nome.
Poco dopo realizzò una tavola per la chiesa dei Frati Eremitani di S. Agostino presso la porta di San Gallo.
In quel periodo
Andrea
strinse amicizia anche con Jacopo di Sannazzaro ed accettò di dipingere per un compenso irrisorio le storie di San Filippo Benizzi nel Chiostro della Ss. Annunziata accogliendo la proposta di un sacrestano che prometteva un piccolo guadagno ma grande celebrità.
In effetti la rinomanza di questo lavoro gli procurò mole commissioni fra cui quella dei monaci di Vallombrosa (per i quali dipinse una pala con quattro santi: San Benedetto, San Giovanni Gualberto, San Salvi e San Bernardino degli Uberti), ritratti di personaggi illustri ed immagini sacre.
Lavorò ancora per la Ss. Annunziata, quasi in competizione con l'amico Francia Bigio del quale ammirava la tecnica nell'affresco, e realizzò la Natività della Vergine ed il Viaggio dei Magi. In questo ultimo dipinto ritrasse se stesso, Iacopo Sansovino ed il musico Aiolle.
Allo stesso periodo risalgono una tavola per la Badia di San Godenzo ed un'Annunciazione per i frati di San Gallo. Presso questa opera dipinse una predella
Iacopo da Pontormo
, allievo di
Andrea
.
Dipinse anche delle
Madonne
per vari committenti fiorentini, opere che furono considerate fra le sue migliori, e divenne molto apprezzato.
Benché si facesse pagare molto poco guadagnava di che vivere agiatamente per se e per la sua famiglia. La sua serenità, tuttavia, fu turbata quando si innamorò di una giovane vedova e la sposò, vivendo da allora nei tormenti della gelosia.
Per i frati di
Santa Croce
dipinse una Madonna dette delle Arpie per le figure che ornano il piedistallo sul quale si trova Maria.
Vasari
descrive dettagliatamente quest'opera, fra le più importanti del pittore: la figura della Madonna con il Bambino in braccio ed un libro in una mano è sostenuta da due putti. Ai suoi lati sono rappresentati
San Francesco d'Assisi
e San Giovanni Evangelista.
Grazie alla crescente fama di
Andrea
che aveva decorato anche alcuni carri per l'annuale processione di San Giovanni, i Frati dello Scalzo decisero di fargli completare il loro cortine. Nell'aggiungere nuove Storie di San Giovanni a quelle già dipinte pare che
Andrea
si ispirasse a Albrecht Durer.
Baccio Bandinelli
, noto disegnatore e scultore, commissionò un suo ritratto ad
Andrea del Sarto
per studiarne la tecnica mentre lo dipingeva, tuttavia non risulta che mise mai in pratica quanto apprese in quell'occasione.
Alcune opere di
Andrea
erano state vendute in
Francia
dove anche il re si interessò alla produzione dell'artista che infatti alcuni anni dopo si trasferì in
Francia
per qualche tempo.
Intanto
Andrea
lavorò a
Firenze
a molte opere fra le quali gli apparati scenici per accogliere una visita di papa
Leone X
e alcuni dipinti per i Frati di San Gallo.
Quando finalmente si recò in
Francia
(
1518
),
Andrea
fu accolto con grande entusiasmo da Francesco I che gli fece ricchi doni di benvenuto e ricompensò sempre il suo lavoro con generosità. In
Francia
Andrea
dipinse, fra l'altro la
Carità
(ora al Louvre) ma dopo meno di due anni, pressato dalle lettere della moglie chiese licenza al re per rientrare a
Firenze
, giurando di tornare entro pochi mesi. Non mantenne la parola e Francesco I, indignato, interruppe i rapporti con lui.
A corto di danaro,
Andrea
tornò a lavorare per i Frati dello Scalzo e dipinse quattro nuove storie di argomento biblico. Fra le opere di questo periodo una Madonna con le fattezze della moglie di
Andrea
. Partecipò inoltre, insieme a Francia Bigio ed al
Pontormo
, alle decorazioni della Ville Medicea di Poggio a Caiano (
1520
).
Nel
1523
un'epidemia di peste colpì
Firenze
e
Andrea
si trasferì con la famiglia nel
Mugello
dove lavorò ad una tavola per il monastero femminile di San Pietro a Luco.
A questo punto
Vasari
racconta un curioso episodio: il duca di
Mantova
Federico II, di passaggio a
Firenze
, notò in casa
Medici
un ritratto di
Leone X
opera di
Raffaello
e se ne innamorò. Giunto a
Roma
il duca chiese il quadro allo stesso
Leone X
che cortesemente promise di farglielo avere.
Ottaviano dei Medici, che non intendeva separarsi dall'opera, ne fece fare una copia a
Andrea del Sarto
e la spedì a
Mantova
spacciandola per l'originale. La copia risultò così perfetta che nè il duca nè il suo pittore di corte
Giulio Romano
si accorsero della sostituzione. Qualche tempo dopo
Vasari
, allora molto giovane, fece visita a
Giulio Romano
e seppe dimostrargli che il ritratto era di mano di
Andrea
.
Giulio Romano
affermò di apprezzare ancora di più il quadro
perché è cosa fuor di natura che un uomo eccellente imiti si bene la maniera d'un altro e la faccia così simile
.
Andrea
completò il ciclo del Chiostro dello Scalzo con un'ultima storia (la nascita di San Giovanni Battista) che dipinse in uno stile rinnovato e con proporzioni diverse, sotto l'influenza di
Michelangelo
.
Dipinse quindi per i monaci di Vallombrosa, avanzando dei colori voleva fare un altro ritratto alla moglie ma poiché questa rifiutava di posare,
Andrea
dipinse il suo autoritratto (oggi agli
Uffizi
).
Fra le ultime opere di
Andrea
fu
il Sacrificio di Isacco
dipinto su invito di Giovanbattista della Palla che tentava di riconciliare il pittore con il re di
Francia
.
Ottaviano dei Medici non comprò da
Andrea
un'altra
Madonna col Bambino e San Giovannino
perché impegnato nella difesa di
Firenze
, ed esortò il pittore a vendere l'opera ad altri, ma
Andrea
conservò il quadro e lo ripresentò dopo la fine della guerra ad Ottaviano che fu lieto di acquistarlo.
I mercenari che assediavano
Firenze
la lasciarono infetta.
Andrea
si ammalò gravemente, trascurò il cibo e poco dopo morì in solitudine, abbandonato anche dalla moglie che temeva il contagio. Fu sepolta nella Chiesa dei Servi a cura dei Frati dello Scalzo, aveva quarantadue anni.
Era stato un uomo timido, schivo, faceva pagare pochissimo la propria opera e dimostrò sempre un carattere mansueto.
Vasari
in certa misura se ne rammarica in quanto ritiene che se
Andrea
avesse avuto una personalità più forte anche la sua pittura ne avrebbe tratto beneficio.
Fra i suoi numerosi discepoli (molti dei quali furono allontanati dall'arroganza della moglie) furono il
Pontormo
, Francesco Salviati e
Giorgio Vasari
.
Madonna Properzia de'Rossi
Alfonso Lombardi, Michelagnolo da Siena, Girolamo S. Croce, Dosso e Battista
Giovanni Antonio Licinio da Pordenone a altri pittori del Friuli
Giovanni Antonio Sogliani
Girolamo da Trevigi
Pulidoro da Caravaggio e Maturino Fiorentino
Rosso Fiorentino
Bartolomeo da Bagnacavallo e altri pittori fiorentini
Francia Bigio
Morto da Feltro e Andrea Cosimo Feltrini
Marco Calavrese
Francesco Mazzuoli
Iacomo Palma e Lorenzo Lotto
Fra' Iocondo, Liberale e altri Veronesi
Francesco Granacci
Baccio d'Agnolo
Valerio Vicentino, Giovanni da Castel Bolognese, Matteo dal Nasaro e altri
Marcantonio Bolognese
Antonio da Sangallo il Giovane
Nato a
Firenze
il 12 aprile
1484
, si chiamava in realtà Antonio Cordini. Suo padre Bartolomeo Picconi di
Mugello
gli insegnò il suo mestiere di bottaio e legnaiolo. Apparteneva ad una famiglia di architetti ed artisti, suo nonno era Francesco Giamberti, scultore ed intagliatore in legno, suoi zii gli architetti Antonio da Sangallo il Vecchio e Giuliano da Sangallo.
Nato a
Firenze
il 12 aprile
1484
, si chiamava in realtà Antonio Cordini. Suo padre Bartolomeo Picconi di
Mugello
gli insegnò il suo mestiere di bottaio e legnaiolo. Apparteneva ad una famiglia di architetti ed artisti, suo nonno era Francesco Giamberti, scultore ed intagliatore in legno, suoi zii gli architetti Antonio da Sangallo il Vecchio e Giuliano da Sangallo.
Nel
1503
si trasferì a
Roma
dove lavoravano gli zii Antonio e Giuliano. Quando Giuliano tornò a
Firenze
per curare la sua calcolosi,
Antonio
divenne apprendista e presto aiutante del
Bramante
. Secondo
Vasari
Antonio il Giovane
si dimostrò tanto capace e solerte da guadagnare la piena fiducia del
Bramante
che nel
1512
gli affidò importanti lavori riguardanti il Corridoio dei fossati di
Castel Sant'Angelo
, opera che tuttavia venne interrotta dalla morte di
Giulio II
.
Antonio
completò la costruzione della chiesa di
Santa Maria di Loreto
e costruì il Palazzo Baldassini su ordine del giurista Melchiorre Baldassini il quale, soddisfattissimo, fece affrescare una sala del palazzo da Perino del Vaga. Costruì la casa dei Centelli presso la Torre di Nona ed il Palazzo Farnese di Gradoli. Ancora a Gradoli restaurò la rocca di Capo di Monte quindi progettò la fortezza di Caprarola.
Per il cardinale
Albornoz
realizzò una cappella ed una sepoltura nella chiesa romana di San Iacopo degli Spagnoli, la cappella fu dipinta da Pellegrino da Modena ed ornata con una statua di S. Iacopo opera del Sansovino. Poco dopo Bartolomeo Ferrantino gli commissionò un palazzo in
Amelia
.
Antonio
continuò a realizzare le sue opere: un palazzo in
Roma
per Antonio di Monte cardinale di Santa Prassede, uno a Tolentino su commissione del cardinal d'Arimini. Intanto morì
Bramante
e papa
Leone
nominò tre architetti per la fabbrica di
San Pietro
:
Raffaello Sanzio
, Giuliano da Sangallo, fra' Giocondo da Verona. Poco dopo Giocondo lasciò
Roma
e Giuliano, ormai molto anziano, si ritirò a
Firenze
.
Antonio
ottenne l'incarico dello zio Giuliano e continuò la fabbrica in compagnia di
Raffaello
. In quel periodo fu scelto, per le fortificazioni di
Civitavecchia
, il progetto di
Antonio
, ciò procurò grande prestigio all'autore che fu incaricato anche i porre riparo ad un errore di progettazione di
Raffaello
che minacciava di far crollare le logge papali.
Leone,
Antonio
restaurò la rocca di Montefiascone e realizzò due tempietti sull'isola Visentina nel lago di Bolsena e la chiesa di Santa Maria di Monferrato a
Roma
. Alla morte di
Leone
fu eletto
Adriano VI
che non fu certo un protettore delle arti tanto che minacciò di demolire la
Cappella Sistina
perché considerava oscene le figure nude. Sotto il suo pontificato la fabbrica di
San Pietro
fu praticamente arrestata ed
Antonio
si dedicò a piccole opere di restauro. Per buona fortuna delle arti
Adriano VI
morì ed il Seggio passò a
Clemente VII
che riprese immediatamente i lavori. Per
Clemente
,
Antonio
sistemò i giardini del
Vaticano
, rifece la facciata della Zecca Vecchia di
Roma
e completò le Logge Vaticane interrotte dalla morte di
Leone
. Tracciò le basi per le fortificazioni di
Parma
e
Piacenza
e, affidatone il completamento ad altri architetti, tornò a
Roma
dove realizzò nuovi ambienti nei palazzi del
Vaticano
per poi passare a
Loreto
. Qui ampliò, consolidò e restaurò la cattedrale dando prova di grande perizia ed esperienza.
Dopo il sacco di
Roma
il papa rifugiò ad
Orvieto
ed ordinò ad
Antonio da Sangallo
di costruire il famoso pozzo per garantire l'approvvigionamento idrico in caso di assedio.
Antonio
realizzò il pozzo con due scale che non si incrociano mai per evitare ostacoli alle bestie da soma utilizzate per il trasporto dell'acqua: una soluzione del tutto nuova che destò stupore e ammirazione.
Ancora durante il pontificato di
Clemente
,
Antonio
progettò la fortezza fiorentina di Porta al Prato con Alessandro Vitelli e Pierfrancesco da
Viterbo
, opera che fu completata con straordinaria velocità.
In quel periodo si trovò impegnato contemporaneamente in cinque grandi opere distanti fra loro: le fortezze di
Firenze
e di
Ancona
, la cattedrale di
Loreto
, il Pozzo di San Patrizio e il palazzo Apostolico di
Orvieto
.
Antonio
non mancò mai di seguire minuziosamente i lavori supplendo alle distanze con la collaborazione del fratello Battista.
Per
Paolo III
, successore di
Clemente VII
, lavorò alla fortezza ed al palazzo della città di Castro e realizzò un grande arco trionfale in legno per la visita a
Roma
dell'imperatore
Carlo V
. Lavorò alle fortificazioni e all'urbanistica di Nepi, ai bastioni di
Roma
che comprendono la Porta di Santo Spirito ed alla Cappella Paolina in
Vaticano
. Costruì la fortezza di
Perugia
(Rocca Paolina) per la quale vennero abbattute le case dei Baglioni e la fortezza di
Ascoli
. Anche queste due opere destarono stupore per la velocità della realizzazione.
Rivedendo e modificando l'originario progetto di
Bramante
, realizzò un grandioso modello in legno per la
Basilica di San Pietro
, secondo un suo disegno successivamente modificato da
Michelangelo
. In ogni caso ad
Antonio da Sangallo
sono dovute molte opere di fondazione che assicurarono in modo magistrale la stabilità della
Basilica
.
Nel
1546
Antonio
fu inviato da
Paolo III
a regolare le acque delle
Marmore
per risolvere una contesa fra
Narni
e
Terni
che risaliva ai tempi di
Cicerone
.
Antonio
svolse il lavoro (un'opera di ingegneria idraulica sul fiume
Velino
detta Cava Paolina) ma per i disagi dell'ambiente e del clima si ammalò e poco dopo morì.
In conclusione della biografia
Vasari
ricorda un concorso indetto da
Paolo III
(
Alessandro Farnese
) per i cornicioni del suo palazzo al quale partecipò
Vasari
stesso e che fu vinto da
Michelangelo
. Questa iniziativa non fu molto gradita al
Sangallo
, evidentemente geloso dei suoi rapporti con la Chiesa e con la famiglia Farnese.
Giulio Romano
Sebastiano del Piombo
Perino del Vaga
Domenico Beccafumi
Giovann'Antonio Lappoli
Niccolò Soggi
Niccolò detto il Tribolo
Pierino da Vinci
Baccio Bandinelli
Giuliano Bugiardini
Cristoforo Gherardi detto Doceno
Iacopo da Pontormo
Simone Mosca
Girolamo e Bartolomeo Genga e Giovambattista San Marino
Michele San Michele
Giovannantonio detto il Sodoma
Bastiano detto Aristotile
Benvenuto Garofalo e Girolamo da Carpi
Ridolfo, Davide e Benedetto Grillandai
Giovanni da Udine
Battista Franco
Giovanfrancesco Rustichi
Giovann'Agnolo Montorsoli
Francesco de'Salviati
Daniele Ricciarelli da Volterra
Taddeo Zucchero
Michelangelo Buonarroti
Vasari
apre questa biografia affermando che Dio fece nascere
Michelangelo
per dimostrare cosa sia la perfezione dell'arte.
Michelangelo
nacque nel
Casentino
nel
1474
, figlio di
Ludovico di Leonardo Buonarroti Simoni
, discendente dei conti di
Canossa
, che in quell'anno era podestà di
Chiusi
e
Caprese
.
Finito l'incarico di podestà la famiglia Buonarroti tornò nella sua villa di
Settignano
, a tre miglia da
Firenze
, in una zona di estrazione del marmo e
Michelangelo
ebbe come balia la moglie di uno scalpellino.
Col tempo
Ludovico
ebbe altri figli ed essendo in ristrettezze economiche li affidò all'Arte della Seta e della Lana mentre
Michelangelo
andò a scuola di grammatica da maestro
Francesco da Urbino
ma la sua passione per il disegno era già sbocciata anche se i suoi genitori cercavano di contrastarla. L'amico
Francesco Granacci
allievo del
Ghirlandaio
notò la sua abilità e ne parlò al suo maestro, infine
Ludovico
f si rassegnò e lasciò che anche
Michelangelo
, che aveva quattordici anni, entrasse nella bottega del
Ghirlandaio
.
L'abilità di
Michelangelo
crebbe rapidamente e il suo lavoro non mancava di stupire il maestro,
Vasari
conservava un disegno del
Ghirlandaio
corretto dal giovane
Michelangelo
.
Lorenzo il Magnifico
teneva nel suo giardino in Via Larga [
nota: si tratta dei Giardini di San Marco, non più esistenti
] una collezione di opere antiche e aveva assunto l'anziano scultore Bertoldo, già allievo di
Donatello
, come insegnante di scultura.
Lorenzo
si fece mandare dal
Ghirlandaio
parte dei suoi discepoli e fra questi
Michelangelo
che in brevissimo tempo stupì e affascinò il
Magnifico
. Vedendo una testa di satiro che
Michelangelo
aveva scolpito senza mai prima di allora aver usato uno scalpello,
Lorenzo
decise di tenerlo con se, gli assegnò una camera nella sua casa e lo volle ogni giorno alla sua tavola insieme ai suoi figli.
Michelangelo
aveva allora quindici anni, rimase in quella casa circa quattro anni, fino alla morte del
Magnifico
avvenuta nel
1492
. Studente e lavoratore instancabile, stupiva tutti con le sue perfette riproduzioni di opere antiche e contemporanee riscuotendo ammirazione ma anche molta invidia per le sue capacità e per il favore che
Lorenzo
gli dimostrava.
Il Torrigiano, per invidia appunto, una volta scherzando con lui lo colpì rompendogli il naso e segnandolo per sempre e fu per questo bandito da
Firenze
.
Morto
Lorenzo
,
Michelangelo
tornò presso il padre e scolpì un
Ercole
che rimase per molti anni in Palazzo Strozzi prima di essere donato al re di Francia Francesco I da Giovan Battista della Palla. Si racconta che una volta Piero de' Medici commissionò a
Michelangelo
una statua di neve approfittando di una fitta nevicata su
Firenze
.
Lavorò quindi per la chiesa di Santo Spirito scolpendo un crocifisso di legno, il priore di quella chiesa gli mise a disposizione dei locali che
Michelangelo
usò per studiare l'anatomia sui cadaveri.
Quando i
Medici
furono cacciati da
Firenze
Michelangelo
, che aveva previsto l'evento e temuto di essere in pericolo, era da qualche settimana a
Bologna
. Qui gli capitò di trovarsi in difficoltà dovendo pagare una multa e fu soccorso da messer Giovan Francesco Aldrovandi, membro del governo cittadino) che lo ospitò per più di un anno commissionandogli due statue per la chiesa di San Domenico.
Tornato a
Firenze
scolpì un
Giovannino
per Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici e un Cupido che fu venduto dal mercante Baldassarre del Milanese spacciandolo per antico e dopo vari passaggi di mano finì a
Mantova
da Isabella d'Este. L'inganno fu scoperto ma il cardinale di San Giorgio (Raffaele Riario) volle avere presso di se l'autore del Cupido e
Michelangelo
si trasferì a Roma.
Il cardinale tenne con se
Michelangelo
per un anno ma senza commissionargli opere, l'artista fece amicizia con un barbiere che colorava a tempera e fece per lui un cartone con
San Francesco che riceve le stimmate
, poi collocato in San Pietro in Montorio.
Per il gentiluomo Iacopo Galli scolpì un Cupido. Il
cardinale Rovano
di San Dionigi gli commissionò la
Pietà
che fu collocata in San Pietro. L'opera, di cui
Vasari
esalta la perfezione, è l'unica firmata di
Michelangelo
. Scolpì il suo nome sulla cintura che attraversa il petto della Madonna dopo aver sentito che dei visitatori attribuivano la statua ad altro scultore.
A
Firenze
chiese un grande marmo che giaceva abbandonato nella fabbrica di Santa Maria del Fiore, era stato rovinato da uno scultore (
Vasari
scrive Simone da Fiesole ma si trattava di Agostino di Duccio) che aveva sbagliato nell'impostare il suo progetto. Il gonfaloniere Pier Soderini gli concesse il marmo considerandolo inutile e
Michelangelo
lo usò per il
Davide
. La statua colossale fu scolpita nel cantiere della basilica poi trasportata in piazza della Signoria con una macchina appositamente realizzata da Giuliano e Antonio da Sangallo.
Vasari
racconta un episodio di gusto satirico: volendo dir la sua Soderini critico il naso del Davide ma fu soddisfatto quando
Michelangelo
finse di correggerlo battendo sullo scalpello e lasciando cadere della polvere senza in realtà toccare il marmo.
Vasari
elenca le altre opere di
Michelangelo
in quel periodo: un altro
David
in bronzo, rilievi abbozzati e non finiti, una statua in marmo di San Matteo non finita (oggi all'Accademia di
Firenze
), una Madonna in tondo di bronzo. Il fiorentino Agnolo Doni volle avere un'opera di
Michelangelo
il quale dipinse per lui la Sacra Famiglia nel famoso tondo. L'accordo sul prezzo fu difficile e alla fine della trattativa
Michelangelo
, offeso, pretese ed ottenne il doppio di quello che aveva chiesto inizialmente.
Il gonfaloniere Piero Soderini commissionò a
Michelangelo
un affresco per la parete della Sala Grande del Consiglio antistante a quella che stava dipingendo
Leonardo
.
Michelangelo
preparò un grande cartone con una scena della guerra di Pisa (la Battaglia di Cascina): un gruppo di soldati che si sta bagnando in
Arno
viene sorpreso dall'arrivo improvviso dei nemici e si affretta a rivestirsi e a prendere le armi. Il cartone era realizzato con tale perfezione che fu studiato a fondo da grandi artisti fra i quali
Raffaello
, Andrea del Sarto, il
Ghirlandaio
e molti altri. Condotto in casa
Medici
, una notte il cartone fu trafugato e diviso in molti pezzi che ancora si trovavano un vari luoghi al tempo dell'autore.
Ormai molto famoso, nel
1503
Michelangelo
fu chiamato a
Roma
dal nuovo papa
Giulio II
che gli commissionò il proprio monumento funebre. Trascorsero mesi prima che il papa approvasse il progetto della tomba presentato da
Michelangelo
ed altri mesi spese lo scultore a Carrara per scegliere ed acquistare i blocchi di marmo più adatti per il lavoro. Finalmente, trasportati i marmi a Roma e allestito un ambiente dove lavorare,
Michelangelo
iniziò a scolpire, sempre molto infastidito dal papa che spesso lo osservava da un ponteggio che aveva appositamente fatto costruire. L'opera che
Michelangelo
aveva concepito era grandissima e prevedeva oltre quaranta statue, ne fu realizzata soltanto una parte che fu sistemata nella chiesa di
San Pietro in Vincoli
, ma questa parte comprende il Mosè che
Vasari
, giustamente, considera un capolavoro sovrumano.
Quando arrivò a Roma l'ultima parte dei marmi ordinati per il monumento,
Michelangelo
li pagò di tasca sua per sveltire le operazioni ma in seguito il papa rifiutò di riceverlo. Offeso e in collera, lo scultore tornò a
Firenze
e quando fu raggiunto dai messi del papa che avevano l'ordine di riportarlo a Roma li fece ripartire con una lettera in cui dichiarava la propria offesa e invitava il papa a rivolgersi ad altri.
Michelangelo
rimase a
Firenze
per tre mesi durante i quali
Giulio II
scrisse più volte al gonfaloniere Soderini ordinandogli di rimandare l'artista a Roma. Infine fu Soderini a convincere
Michelangelo
a incontrare il papa fornendolo di garanzie quale ambasciatore di
Firenze
. L'incontro avvenne a
Bologna
dove il papa si trovava in quei giorni.
Michelangelo
era accompagnato dal cardinale Soderini fratello del gonfaloniere. Il cardinale tentò di giustificare il comportamento dello scultore definendolo ignorante, cosa che fece andare in collera il papa con il risultato che il prelato, colpito dal bastone del pontefice, venne strattonato via dalle guardie mentre
Michelangelo
ebbe il perdono e la benedizione papale.
Giulio II
ordinò a
Michelangelo
di ritrarlo in una statua in bronzo che fu posta in una nicchia sopra la porta della chiesa di San Petronio. Il Francia, noto pittore, pronunciò un commento sulla statua che non piacque a
Michelangelo
il quale reagì con una risposta mordace, ma certamente maggiore fu l'offesa che i
Bentivoglio
recarono a quella statua vendendola al duca Alfonso di Ferrara che la fuse per farne un cannone.
Tornato il papa a Roma, l'architetto
Bramante
che era ostile a
Michelangelo
lo convinse a accantonare il sepolcro e far dipingere la volta della
Sistina
sperando in questo modo di mettere in difficoltà
Michelangelo
. Lo scultore cercò di evitare l'incarico ma il papa lo costrinse ad accettarlo.
Su incarico di
Giulio II
,
Bramante
realizzò i ponteggi necessari ma lo fece bucando la volta e
Michelangelo
, con l'assenso del papa, li fece demolire e ricostruire da un artigiano appoggiandoli sui
sorgozzoni
, cioè su travi di legno fissate a mensola o fori nelle pareti senza danneggiare il soffitto. Non avendo mai lavorato a fresco,
Michelangelo
fece venire da
Firenze
dei pittori che avevano una certa pratica per farsi aiutare ed osservare il loro metodo ma ben presto, insoddisfatto, li rimandò indietro e decise di lavorare da solo.
Iniziò il lavoro e, chiuso nella cappella, proibiva a chiunque di vedere quanto stava dipingendo. Non lasciava entrare neanche il papa, cosa che provocò non poche discussioni.
Quando nell'affresco comparve la muffa,
Michelangelo
si disperò e disse a
Giulio II
di voler rinunciare ma il papa chiamò Giuliano da Sangallo che indicò un rimedio risolvendo il problema che era dovuto alla particolare miscela di calce e pozzolana usata per l'intonaco.
Quando l'opera fu arrivata a metà il papa pretese di scoprirla e mostrarla al popolo. Vedendola
Raffaello
mutò il suo stile per imitare
Michelangelo
tanto che
Bramante
propose al papa di affidargli la metà mancante della volta ma
Giulio II
non accolse la richiesta e si limitò a minacciare
Michelangelo
di farlo buttar giù dalle impalcature se non avesse concluso il lavoro rapidamente.
L'artista impiegò in tutto venti mesi durante i quali lavorò sempre da solo sopportando la fatica e il disagio della posizione. Nella volta rappresentò scene della Bibbia dalla creazione del mondo al diluvio e all'ebbrezza di Noè, tutto intorno Sibille e Profeti e nelle lunette gli antenati di Cristo. La prima scena rappresenta la separazione della luce dalle tenebre all'atto della creazione, nella seconda Dio, sostenuto da molti angeli, crea il sole e la luna. Seguono la creazione degli animali, la separazione delle acque dalla terra, la creazione di
Adamo
dove Dio tende la mano destra verso quella dell'uomo.
Nella creazione di
Eva
si vede
Adamo
addormentato per l'asportazione della costola mentre
Eva
prende vita. Segue la scena in cui
Adamo
prende la mela da un essere per metà donna e per metà serpente e quella di
Adamo
ed
Eva
cacciati dal paradiso terrestre.
Vengono quindi il sacrificio di
Caino
e
Abele
, il diluvio con le immagini degli uomini terrorizzati che cercano inutilmente un rifugio, infine la figura di Noè nudo ed inebriato che viene coperto da due figli mentre il terzo lo deride.
Vasari
descrive i profeti e le sibille: Geremia, Eritrea, Ezechiele, Persica, Gioele, Zaccaria, Delfica, Isaia, Cumana, Daniele, Libica.
Nei quattro angoli della volta:
Davide
che decapita
Golia
dopo averlo abbattuto,
Giuditta
e una fantesca con la testa di
Oloferne
, il serpente di bronzo di Mosè, la punizione di
Aman
.
Vasari
cita senza descriverla la serie degli antenati di Cristo ma si sofferma sul virtuosismo con cui
Michelangelo
dipinse
Giona
, ultima figura della Cappella. La posizione del veggente che si piega all'indietro guardando verso l'altro compensa la curvatura della parete in modo che l'osservatore la percepisca come verticale.
Quando la volta venne scoperta i visitatori accorsi da ogni luogo rimasero trasecolati e ammutoliti, il papa ne fu immensamente orgoglioso e ricompensò lautamente l'artefice del capolavoro.
Giulio II
si mostrava duro e esigente ma era consapevole dell'arte di
Michelangelo
"e se talvolta per una sua cotale amorevolezza gli faceva villania, la medicava con doni e favori segnalati".
Finita la cappella,
Michelangelo
si dedicò al monumento funebre del pontefice ma
Giulio II
morì durante il lavoro e il nuovo papa,
Leone X
, volle avere
Buonarroti
a
Firenze
come direttore dei lavori per la facciata della chiesa di
San Lorenzo
costruita dai
Medici
.
Mentre
Michelangelo
si trovava a Carrara per scegliere i marmi per la tomba di
Giulio II
e per la facciata di
San Lorenzo
, gli giunse una lettera di
Leone X
che ordinava di prendere i marmi a Seravezza anziché a Carrara, ne derivarono grandissimi ritardi perché la cava di Seravezza era difficilmente raggiungibile e fu necessario costruire una strada di parecchie miglia fra le montagne. Alla fine
Michelangelo
ne ricavò cinque colonne di marmo, una sola delle quali fu collocata in Piazza San Lorenzo. Intanto
Michelangelo
aveva riiutato la commissione per la facciata della chiesa perché non accettava di collaborare con altri artisti.
Tornato a
Firenze
riprese a lavorare alla tomba di
Giulio II
perché
Leone X
era deceduto, ma morto anche
Adriano VI
, divenne papa
Clemente VII
e richiamò
Michelangelo
a Roma per la libreria e la sagrestia nuova.
Giorgio Vasari
, ancora fanciullo, che era diventato allievo di
Michelangelo
, passò alla bottega di Andrea del Sarto.
Il maestro partì lasciando di nuovo i lavori per la sepoltura nonostante le proteste di Francesco Maria duca di Urbino nipote di
Giulio II
. A Roma concordò con
Clemente VII
di completare la chiesa di
San Lorenzo
e quindi dovette ripartire.
Realizzò la cupola di
San Lorenzo
e le tombe dei
Medici
. Nelle decorazioni della Sacrestia Nuova e nella Libreria usò uno stile talmente innovativo da rompere con tutte le tradizioni precedenti e che in seguito fu imitato dai massimi artisti.
In quel periodo avvennero il Sacco di Roma e la cacciata dei
Medici
da
Firenze
. I nuovi governanti nominarono
Michelangelo
commissario generale delle fortificazioni.
Per questa attività
Michelangelo
si recò a
Ferrara
per studiarne le fortificazioni e fu accolto con onore dal duca Alfonso I che gli chiese qualcosa di suo. Per accontentarlo
Michelangelo
, tornato a
Firenze
, dipinse a tempera una
Leda
che per
Vasari
fu "cosa divina". Mentre procedevano i lavori delle fortificazioni a volte l'artista si dedicava alle sepolture di
San Lorenzo
ma senza mai distogliere la sua attenzione dai bastioni di San Miniato che dovevano proteggere una posizione particolarmente delicata.
Scolpì una
Madonna nell'atto di allattare il Bambino (Madonna Medici)
, rimasta incompiuta. Per le tombe di Giuliano de'Medici e di Lorenzo duca di Urbino, oltre alle statue dei nobili defunti,
Michelangelo
scolpì quattro tatue che dovevano rappresentare l'intero mondo:
La Notte e il Giorno, L'Aurora e il Crepuscolo
.
Nel
1529
fu costretto dall'assedio di
Firenze
a interrompere il lavoro per le tombe medicee e dedicarsi completamente alle fortificazioni. Quando gli assediati persero la speranza di ricevere aiuti, l'artista decise di provvedere alla propria sicurezza personale e lasciò
Firenze
in incognito dirigendosi a Venezia in compagnia del suo aiutante Antonio Mini e dell'amico Pilato. Durante una sosta in una locanda di
Ferrara
, l'oste comunicò la presenza di
Michelangelo
alle autorità, il duca ne venne informato e volle ospitare il Maestro.
Michelangelo
visitò il palazzo ducale apprezzando la cortesia di Alfonso I ma non fu possibile convincerlo a rimanere a
Ferrara
e presto i tre viaggiatori ripresero la via di Venezia.
Si dice che durante il soggiorno a Venezia
Michelangelo
progettò il ponte di Rialto su richiesta del doge Gritti, ricevette gli omaggi di molte persone ma non gradendo le frequenti visite tornò a
Firenze
terminando la
Leda
durante il viaggio.
Il campanile di San Miniato rischiava di essere distrutto dall'artiglieria nemica ma
Michelangelo
escogitò una difesa fatta di materassi e balle di lana che assorbendo i colpi protesse la torre.
Finita la guerra, papa
Clemente
lo fece rintracciare perché riprendesse l'opera di
San Lorenzo
.
Il duca Alfonso inviò un incaricato a ritirare il dipinto che
Michelangelo
aveva fatto per lui ma l'uomo mostrò di non apprezzare la
Leda
e l'artista rifiutò di consegnargliela, in seguito la donò all'aiutante Antonio Mini con molti suoi disegni.
Michelangelo
tornò a Roma da papa
Clemente
che lo perdonò e gli ordinò di completare a
Firenze
la libreria e la sacrestia di
San Lorenzo
. Per procedere più speditamente
Michelangelo
prese come aiuto gli scultori Tribolo, Raffaello da Montelupo e frate Giovan Agnolo de'Servi che scolpirono statue partendo da modelli che
Michelangelo
realizzava in argilla, lavorarono su modelli di questo tipo anche gli intagliatori Carota, del Tasso, Batista del Cinque e Ciapino che eseguirono il palco e i banchi in legno. Lo stucco della tribuna fu rifinito da Giovanni da Udine (che
Vasari
definisce "divino") appositamente chiamato a
Firenze
.
Mentre questi lavori venivano completati, il papa richiamò
Michelangelo
a Roma per affrescare sulle pareti della
Cappella Sistina
il Giudizio Universale e la Caduta degli Angeli Ribelli, ma l'artista era pressato dal duca di Urbino per la tomba di
Giulio II
e temeva che a
Firenze
il duca Alessandro de'Medici volesse punirlo per aver smesso di seguire le fortificazioni. Si trovò una soluzione di compromesso che prevedeva che
Michelangelo
si occupasse della tomba di
Giulio II
(della quale fu ridimensionato il progetto) ma dedicasse quattro mesi l'anno alle richieste del papa, tuttavia i committenti continuarono ad ossessionare il Maestro finche nel
1533
la morte di papa
Clemente
fermò i lavori di
San Lorenzo
che non furono mai del tutto completati.
Il nuovo papa
Paolo III
fu inamovibile, dicendosi pronto a tutto pur di avere
Michelangelo
al suo servizio. Trattò con gli agenti del duca di Urbino e concluse un accordo che ridimensionava ulteriormente il progetto della tomba di
Giulio II
per il qual
Michelangelo
, che aveva già completato la statua di Mosè al centro del monumento, scolpì ancora quelle di Lia (la vita attiva e di Rachele (la vita contemplativa) che furono collocate nelle due nicchie laterali. Le altre statue che ornano la parte superiore del monumento furono realizzate da altri artisti:
Giulio II
giacente da Maso del Bosco, la Madonna con il Bambino da Scherano da Settignano, un profeta e una sibilla da Raffaello da Monte Lupo.
Liberatosi da questo impegno,
Michelangelo
fu al servizio di
Paolo III
il quale volle che completasse il progetto concordato con il suo predecessero senza cambiamenti. Durante una visita del papa alla cappella, quando il lavoro era già a buon punto, il maestro delle cerimonie
Biagio da Cesena
criticò duramente l'opera per le molte nudità che
sì disonestamente mostran lor vergogne
. Offeso,
Michelangelo
si vendicò dipingendo Minosse con le gambe avvolte nelle spire di un serpente e il volto di
Biagio da Cesena
.
Nè bastò il raccomandarsi di messer
Biagio
al papa e a
Michelangelo
che lo levassi, che pure ve lo lassò, per quella memoria, e ancor si vede
.
Tranne che per l'interruzione dovuta a una caduta i cui danni furono curati dall'amico medico Baccio Rontini,
Michelangelo
lavorò ininterrottamente al Giudizio Universale che fu mostrato per la prima volta al pubblico il giorno di Natale
1541
.
Vasari
usa le più calde parole di ammirazione arrivando a definire quest'opera più bella della volta e ad affermare che in questa occasione
Michelangelo
superò se stesso. Citando ora la possente figura centrale del Cristo, ora quelle dei beati e dei dannati, soffermandosi sul Caronte di evidente impronta dantesca come su San Bartolomeo che mostra la propria pelle e su molti altri particolari,
Vasari
addita il Giudizio Universale come la massima perfezione raggiunta dalla pittura.
Completato il Giudizio ed espostolo allo stupore di Roma e del mondo,
Michelangelo
fu incaricato da
Paolo III
di affrescare le pareti della Cappella Paolina che aveva recentemente fatto realizzare da Antonio da Sangallo (il Giovane). Qui l'artista eseguì i suoi ultimi due affreschi: la
Conversione di San Paolo
e la
Crocifissione di San Pietro
. San Paolo è rappresentato caduto da cavallo e stordito dalla luce intensa che Gesù Cristo dal cielo dirige verso di lui. San Pietro è già crocifisso mentre si scava una buca per erigere la croce in modo che la testa del santo rimanga in basso.
Michelangelo
confidò a
Vasari
la grande fatica che gli costarono questi due affreschi: aveva settantacinque anni.
Incapace di oziare,
Michelangelo
intraprese senza committente la scultura di una pietà nella quale raffigurò il Cristo morto appena deposto dalla croce, sorretto da Niccodemo in piedi e da due donne.
Morì nel
1546
Antonio da Sangallo e
Michelangelo
fu costretto dal papa ad assumere la direzione della fabbrica di San Pietro. Ben presto
Michelangelo
si rese conto che i Sangallo tentavano di prolungare il lavoro per trarne maggior guadagno e che il modello preparato dal defunto Antonio era troppo complicato ed anacronistico.
In pochi giorni preparò un nuovo modello (quello che venne effettivamente realizzato) e esasperato dalle critiche e dall'insistenza dei Sangallo li dichiarò pubblicamente sollevati da ogni incarico in merito al progetto procurandosi il loro odio e molti successivi fastidi.
Da parte sua
Paolo III
conferì pieni poteri a
Michelangelo
autorizzandolo a disfare a sua discrezione le opere già realizzate. Tanta fiducia commosse l'artista che non volle mai accettare alcun compenso per questo lavoro.
Vasari
non si sofferma a lungo sulle innovazioni del progetto volute da
Michelangelo
ma si limita a dire che definì la forma della nuova basilica in modo da rendere difficile modificarla in futuro.
Michelangelo
venne consultato per la sistemazione del
Campidoglio
e realizzò il progetto della piazza, della scalinata con la balaustra, della sistemazione del Palazzo Senatorio e del Palazzo dei Conservatori, della costruzione del Palazzo Nuovo. Collocò le statue antiche del Tevere e del Nilo alla base del Palazzo Senatorio e ad centro della piazza la statua equestre di Marco Aurelio facendola trasportare dalla piazza del Laterano dove era stata posta da
Sisto IV
.
Il Sangallo morì prima di aver completato Palazzo Farnese e
Paolo III
volle che quella residenza della sua famiglia fosse portata a termine da
Michelangelo
il quale perfezionò la facciata con il finestrone sopra la porta principale e con il cornicione del tetto, realizzò i cortini interni e apportò varie miliorie agli ambienti del Sangallo. Era prevista la sistemazione nel palazzo di alcune statue antiche il cui restauro era affidata a
Sebastiano del Piombo
, questi morì nel
1547
e il suo allievo Guglielmo della Porta gli subentrò grazie alla raccomandazione di
Michelangelo
che aveva notato le sue capacità.
Nel
1540
morì
Paolo III
e il suo successore
Giulio II
I incaricò Guglielmo della Porta di occuparsi della tomba ma la collocazione che questi scelse per il monumento funebre nella Basilica fu sconsigliata da
Michelangelo
che suggerì un'altra posizione. Credendo che
Michelangelo
parlasse per invidia, Guglielmo lo prese in odio dimenticando i benefici ricevuti. Il papa, anche per consiglio di
Vasari
che si trovava a
Roma
, approvò la scelta di
Michelangelo
ma l'opposizione di Guglielmo portò a lasciare incompiuto e imperfetto il progetto.
Giulio III
affidò a
Vasari
la realizzazione di una cappella in San Pietro in Montoro,
Michelangelo
espresse dei suggerimenti dei quali
Vasari
dubitò ma che, come sempre, si rivelarono correttissimi.
Michelangelo
si pronunciò anche sulla scelta dello scultore per le statue della cappella.
Vasari
aveva proposto Raffaello di Montelupo ma
Michelangelo
lo sconsigliò perché ne aveva avuto una cattiva esperienza in passato. Approvò invece
Bartolomeo Ammannati
nonostante alcuni precedenti contrasti.
Vasari
ricorda con affetto e nostalgia quel suo soggiorno romano durante il quale trascorse molto tempo in compagnia di
Michelangelo
e consigliò al papa di non dare ascolto alla "setta sangallesca" che tentava di estromettere il
Buonarroti
dalla fabbrica di San Pietro.
In quei giorni fu stampata la prima edizione delle
Vite
di
Vasari
, l'unico artista vivente che vi compariva era
Michelangelo
in quale ringraziò l'autore con un sonetto.
In seguito
Vasari
e il console di
Firenze
Bindo Altoviti tentarono di convincere il papa a far realizzare la cappella per i suoi familiari nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini che all'epoca non era ancora stata completata, i lavori erano fermi da tempo e la cappella avrebbe fornito un'ottima occasione per portarli a termine. Anche
Michelangelo
aderì alla proposta e in un primo momento il papa la approvò ma sopravvennero delle difficoltà (che l'autore non specifica) e il progetto naufragò. Si riprese quindi la costruzione della cappella di San Pietro in Montorio con grande dispiacere di
Vasari
che comunque vuole sottolineare come
Michelangelo
cercò di giovare sempre alla nazione sua et agli amici suoi et all'arte
.
Il duca Cosimo pregava
Michelangelo
di tornare a
Firenze
per completare la sacrestia di
San Lorenzo
ma
Michelangelo
rifiutava con il pretesto della vecchiaia. perciò Cosimo incaricò
Vasari
di chiedere a
Michelangelo
istruzioni per completare la scale della libreria di
San Lorenzo
per la quale erano stati acquistati i materiali.
Michelangelo
rispose di non ricordare quale fosse stata la sua idea, fornì comunque indicazioni sufficienti per completare il lavoro. Morì
Giulio III
e gli avversari di
Michelangelo
ripresero a infastidirlo. Cosimo de Medici scrisse più volte al maestro invitandolo a
Firenze
dove sarebbe stato suo ospite senza dover lavorare ma quando il nuovo papa Paolo IV lo pregò di completare San Pietro,
Michelangelo
si sentì in obbligo di rimanere e declinò l'offerta del duca con una lettera al
Vasari
che esprime gratitudine per l'invito ma sottolinea la responsabilità che sentiva nei confronti della fabbrica di San Pietro che probabilmente si sarebbe fermata se l'avesse abbandonata in quella fase.
In un'altra lettera dello stesso periodo
Michelangelo
parla della morte del suo domestico Urbino che aveva lavorato per lui per ventisei anni. Era nata fra i due una grande amicizia,
Michelangelo
aveva reso Urbino benestante e vegliò al suo letto fino alla fine.
Michelangelo
fu impiegato come consulente da Paolo IV per le fortificazioni di
Roma
e per il portone di
Castel S. Angelo
al quale lavorava Salustio Peruzzi, finché avvicinandosi l'esercito francese a
Roma
non volle lasciare per qualche tempo la città concedendosi un soggiorno nel territorio di
Spoleto
.
Nella sua vita
Michelangelo
portò a termine poche statue, quasi tutte in gioventù, perché non era mai soddisfatto dei risultati e spesso lasciava le sue opere incompiute. Così donò a Francesco Bandini la statua della Pietà alla quale aveva lavorato negli ultimi anni lasciandola incompleta e addirittura rompendola per insofferenza.
All'età di ottantuno anni
Michelangelo
continuava a occuparsi della fabbrica di San Pietro mentre il duca Cosimo, tramite
Vasari
, insisteva perché si trasferisse a
Firenze
. Nel
1557
un errore del capomastro nel cantiere di San Pietro comportò la perdita di mesi di lavoro e
Michelangelo
ne fu addolorato perché a causa dell'età non era stato presente per evitare che quell'errore fosse commesso.
Procedendo lentamente i lavori della basilica,
Michelangelo
decise di realizzarne un modello in scala e
Vasari
, con il dichiarato intento di testimoniare il progetto concepito dal grande artista contro eventuali contraffazioni, lo descrive minuziosamente.
Michelangelo
aveva realizzato un piccolo modello in argilla e con l'aiuto di questo e delle molte piante e disegni che aveva preparato affidò a un artigiano la realizzazione del modello in legno.
Morì Paolo IV e il suo successore Pio IV confermò gli incarichi di
Michelangelo
relativamente alla basilica affidando all'architetto Pirro Ligorio altre opere in corso nel Vaticano. Per Pio IV
Michelangelo
progettò la tomba del marchese Marignano, fratello del papa, che fu realizzata per il duomo di Milano dallo scultore Lione Lioni. Questi realizzò anche uno dei rari ritratti di
Michelangelo
.
Quando Giovanni de'Medici, figlio del duca Cosimo, si recò a
Roma
per ricevere il cappello cardinalizio da Pio IV,
Vasari
fece parte del suo seguito, soggiornò a
Roma
per un mese, lieto di trovarsi di nuovo in compagnia dell'amico
Michelangelo
.
Vasari
portò con se un modello del palazzo ducale di
Firenze
e i disegni di un progetto di ampliamento. Prima di autorizzare la realizzazione di quel progetto il duca voleva conoscere l'opinione di
Michelangelo
, il quale approvò con entusiasmo. Nello stesso anno Cosimo e sua moglie Leonora visitarono
Roma
e
Michelangelo
li incontrò più volte. Il duca lo trattava con grande cordialità descrivendogli tutte le opere di pittura e scultura che aveva fatto dare o che intendeva commissionare e
Michelangelo
si rammaricava di essere troppo vecchio per poterlo servire ancora.
Su richiesta di Pio IV
Michelangelo
preparò tre progetti per Porta Pia, il papa fece eseguire il meno costoso quindi commissionò all'artista disegni per altre porte di
Roma
che intendeva restaurare.
Il progetto di
Michelangelo
per Santa Maria degli Angeli nelle terme di Diocleziano fu preferito a quello di molti altri architetti famosi.
Le famiglie fiorentine chiesero a
Michelangelo
un progetto per la chiesa di San Giovanni in Via Giulia a
Roma
.
Michelangelo
, ormai troppo vecchio per disegnare, si avvalse della collaborazione del suo allievo Tiberio Calcagni per realizzare cinque progetti, di quello scelto il Calcagni fece anche il modello in legno, tuttavia la costruzione fu interrotta per insufficienza di fondi, con grande dispiacere di
Michelangelo
.
Tra i funzionari della curia, che
Vasari
definisce "deputati", molti avrebbero voluto estromettere
Michelangelo
dalla fabbrica di San Pietro che ormai dirigeva da diciassette anni.
Quando morì il "soprastante" (direttore dei lavori) Cesare da Casteldurante,
Michelangelo
avrebbe voluto sostituirlo con il giovane Luigi Gaeta ma i "deputati" lo allontanarono.
Michelangelo
propose allora
Daniele da Volterra
al quale fu preferito Nanni di Baccio Bigio, uomo fedele ai "deputati".
Michelangelo
presentò allora le sue dimissioni al papa chiedendo licenza di tornare a
Firenze
, ma Pio IV ordinò a Gabrio Serbelloni (comandante della guardia pontificia) di svolgere una sorta di inchiesta che portò in luce le manovre dei deputati e le loro calunnie ai danni di
Michelangelo
. La vicenda si concluse con il licenziamento di Nanni e la conferma dell'incarico al
Buonarroti
. Pio IV vietò di apportare cambiamenti ai progetti di
Michelangelo
e più tardi Pio V confermò il divieto e licenziò Pirro Ligorio, uno degli architetti subentrati dopo la morte di
Michelangelo
, perché aveva tentato alcune modifiche del progetto.
Negli ultimi tempi della vita di
Michelangelo
il duca Cosimo e il papa si accordarono per organizzare l'assistenza all'artista e la vigilanza sui suoi documenti e disegni, per evitare furti e perdite.
Michelangelo
morì il 18 febbraio
1564
.
Vasari
ricorda la passione di
Michelangelo
per la sua arte, i suoi studi di anatomia approfonditi su cadaveri e corpi di animali.
Diversamente da molti altri fu apprezzato già in vita. Lavorò per
Giulio II
,
Leone X
,
Clemente VII
,
Paolo III
,
Giulio III
, Paolo IV e Pio IV. La sua opera e la sua presenza furono richieste da capi di stato come Francesco I di Francia, l'imperatore Carlo V, il duca Cosimo de Medici, la signoria di Venezia e perfino Solimano imperatore dei Turchi.
Prima di morire distrusse molti disegni per non lasciare tracce della sua arte se non perfette. Amò la solitudine perché la sua passione non ammetteva distrazioni, ciò nonostante ebbe amici sinceri fra cui molti prelati. Fu amico di Messer Bindo Altoviti al quale donò il cartone dell'
Ebbrezza di Noè
Michelangelo
fu molto legato al giovane
Tommaso de'Cavalieri
per il quale fece stupendi disegni come il
Ratto di Ganimede
, la
Caduta di Fetonte
e un ritratto a grandezza reale dello stesso
Tommaso
. Amò altri artisti come Iacopo Sansovino,
Rosso Fiorentino
,
Pontormo
,
Daniele da Volterra
e Giorgio Vasari, discorreva volentieri con loro ed era disponibile con chi gli chiedeva consigli.
Si dilettava nel comporre versi ed ammirava in particolare
Dante
e
Petrarca
. Scambiava spesso scritti con la marchesa di Pescara (Vittoria Colonna) per la quale disegnò una
Pietà
, un
Crocifisso
e un
Cristo con la Samaritana al Pozzo
.
Completamente preso dalle sue opere viveva molto modestamente, dormiva poco e mangiava pochissimo. Non è vero che fosse avaro come qualcuno insinuava, regalò infatti disegni e dipinti di grande valore ad amici e discepoli come Messer Bindo e Antonio Mini.
Era di statura media, spalle larghe, ben proporzionato, a sua complessione era asciutta, la salute ottima anche in vecchiaia.
Vasari
si dice grato di essere stato suo contemporaneo e di aver avuto la sua amicizia.
Con una solenne cerimonia il corpo di
Michelangelo
fu deposto in Ss. Apostoli, ma si trattava di una sepoltura provvisoria perché il papa intendeva dedicare a
Michelangelo
un adeguato monumento funebre in San Pietro. Cosimo de'Medici pensò di far trafugare la salma per averla in
Firenze
ma i membri dell'Accademia delle arti del disegno, di cui
Michelangelo
era stato nominato presidente, affidarono a un comitato l'incarico di organizzare le onoranze funebri e il comitato, composto dal
Bronzino
, da
Vasari
,
Cellini
e
Ammannati
decise di dar sepoltura definitiva a
Michelangelo
in
San Lorenzo
a
Firenze
e scrisse al duca Cosimo per la necessaria autorizzazione. Il duca approvò immediatamente ma nel frattempo Lionardo Buonarroti, nipote di
Michelangelo
, aveva segretamente trasferito a
Firenze
il corpo dello zio e l'aveva deposto nella Compagnia dell'Assunta. Qui la bara fu aperta (dopo venticinque giorni dalla morte) e con generale sorpresa si constatò che il cadavere era ancora in ottimo stato. Il giorno successivo, tra una grande moltitudine di persone, la salma fu trasportata in Santa Croce.
La cerimonia funebre ufficiale si tenne il 14 luglio in
San Lorenzo
. Curarono l'allestimento gli artisti dell'Accademia che realizzarono un grande catafalco e molte immagini di episodi della vita di
Michelangelo
mentre l'intera chiesa fu addobbata con drappi neri.
L'orazione funebre di Benedetto Varchi fu letta dall'autore durante la cerimonia e in seguito venne pubblicata.
Il sepolcro di
Michelangelo
fu disegnato dal
Vasari
e realizzato da Battista Lorenzi con marmi donati dal duca Cosimo. Mentre
Vasari
scriveva il monumento era ancora in corso di realizzazione e tre scultori fiorentini: Battista Lorenzi, Giovanni dell'Opera e Valerio Cioli lavoravano alle statue che rappresentano la Pittura, la Scultura e l'Architettura che ornano la tomba di
Michelangelo Buonarroti
.
Francesco Primaticcio
Tiziano dal Cadore
Iacopo Sansovino
Lione Lioni
Giulio Clovio
Diversi artefici italiani
Diversi artefici fiamminghi
Degli Accademici del disegno, pittori, scultori e architetti e delle opere loro e prima del Bronzino
Descrizione delle opere di Giorgio Vasari
L'autore agli artefici del disegno