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Publio Virgilio Marone
ENEIDE
LIBRO PRIMO
L'opera si apre con la celebre dichiarazione dell'intento dell'Autore di cantare le armi e l'uomo che per primo, profugo da
Troia
, raggiunse l'
Italia
e le sponde lavinie.
Molto soffrì durante il viaggio per volontà di
Giunone
e molto in guerra pur di fondare nel
Lazio
la stirpe dalla quale derivarono i
Romani
. Ma quali le causee di tanto odio da parte della dea?
Virgilio
lo chiede alla
Musa
con un tipo di invocazione frequente nello stile epico già di
Omero
e passa così ad introdurre la narrazione.
La grande
Giunone
, sorella e sposa di
Giove
, amava e prediligeva la città di
Cartagine
che avrebbe voluto dominatrice del mondo, tuttavia sapeva che il fato aveva disposto diversamente e che dai
Troiani
sarebbe discesa la gente vincitrice sui
Cartaginesi
. Inoltre i
Troiani
sono invisi a
Giunone
fin dalle loro origini, discendevano infatti da
Dardano
, nato dall'unione di
Giove
con
Elettra
, una delle
Pleiadi
, e le ricordavano quindi una delle molteplici infedeltà del suo sposo. Ed ancora erano per lei motivo di offesa il giudizio del troiano
Paride
che aveva posposto la bellezza sua e di
Minerva
a quella di
Venere
, nonchè l'assunzione in cielo di
Ganimede
, figlio del re troiano
Troo
, che
Giove
aveva rapito per farne il coppiere degli dei.
Mentre le navi di
Enea
, superata la
Sicilia
, navigano tranquillamente verso la loro meta,
Giunone
si reca da
Eolo
, re dei venti, a chiedere aiuto.
Eolo
la accontenta prontamente scatenando i venti contro le navi troiane, nell'orribile tempesta che segue molti compagni di
Enea
sono dispersi. Interviene
Nettuno
, dio del mare, sdegnato per l'intrusione dei venti nel suo dominio e placa immediatamente la tempesta mentre le navi superstiti trovano approdo in una terra sconosciuta, con l'aiuto della
nereide
Cimotoe
e di
Tritone
, figlio di
Nettuno
.
Esausti i naufraghi si accampano sulla spiaggia e preparano un pasto frugale con il grano scaricato dalla nave mentre
Enea
, salito su un'altura tenta di scorgere le navi disperse nella tempesta.
Avvistato un branco di cervi ne abbatte tre procurando ai suoi uomini un più lauto banchetto nel corso del quale tiene un discorso per confortare i compagni ed incoraggiarli a superare la recente sventura.
Intanto
Venere
si rivolge a
Giove
per ottenere aiuto per il figlio
Enea
, espone le sue sofferenze e ricorda come altri esuli (
Antenore
) siano già stati in grado di trovare pace e sicurezza.
Giove
la conforta ricordandole il particolare destino di
Enea
e della sua discendenza. In questo brano
Giove
fa espresso riferimento ad
Augusto
(ma qualcuno ritiene trattarsi di
Cicerone
) secondo i fini propagandistici dell'Eneide.
Quindi
Giove
invia
Mercurio
a
Cartagine
perchè propizi il cuore della regina
Didone
in favore di
Enea
.
Nell'alba
Enea
, poste al sicuro le navi si incammina con il fido compagno
Acate
per esplorare il territorio circostante. Nel bosco gli appare
Venere
, in sembianze di cacciatrice, che gli fornisce spiegazioni sul paese nel quale si trovano.
Sono sul territorio di
Cartagine
, città libica fondata dai
Tirii
e governata da
Didone
, partita da
Tiro
per sfuggire al fratello. A
Tiro
Didone
aveva sposato
Sicheo
, ma il fratello
Pigmalione
, perfido tiranno della città aveva ucciso
Sicheo
tenendo la cosa nascosta finchè la vittima - insepolta - non era apparsa in sogno alla vedova.
L'ombra di
Sicheo
aveva denunciato il delitto ed aveva indicato alla sposa per aiutarla nella fuga il sito di un tesoro nascosto. Con un seguito di amici e di sudditi a lei fedeli,
Didone
aveva presto abbandonato la città fenicia e giunta in
Libia
, vi aveva fondato
Cartagine
.
Interrompendo il suo racconto la dea chiede ad
Enea
di parlare di se, ma il lamento del figlio la comuove e per rincuorarlo gli indica dodici cigni che un'aquila aveva minacciato e che ora stavano tranquilli, quale presagio della tranquillità di cui
Enea
ed i suoi avrebbero goduto dopo la tempesta.
Incitato
Enea
a proseguire verso la città,
Venere
si rivela e, dopo aver avvolto i viandanti in una nebbia protettiva, si dilegua.
Raggiunta
Cartagine
, ancora in costruzione,
Enea
trova i cittadini intenti a lavorare alacremente, tanto che
Virgilio
li paragona ad api operose all'inizio dell'estate.
Entrati in città, ancora invisibili per la nebbia miracolosa di cui
Venere
li aveva avvolti,
Enea
ed
Acate
visitano il tempio dedicato a
Giunone
, circondato dal bosco dove la Dea aveva indicato a
Didone
il punto in cui erigere la città. (Una leggenda vuole che il segno fosse il teschio di un un cavallo da guerra rinvenuto scavando, simbolo di vittoria, mentre i
Fenici
avevano evitato di soffermarsi nel luogo ove avevano rinvenuto il teschio di un bue, simbolo di schiavitù.)
Nel tempio
Enea
si commuove alla vista di affreschi che raffigurano le vicende delle guerra di
Troia
. Descrivendo gli affreschi
Virgilio
rievoca vari passi dell'
Iliade
.
Mentre
Enea
contempla gli affreschi entra nel tempio
Didone
con un seguito di giovani e siede in trono.
Inaspettatamente compaiono
Anteo
,
Sergesto
,
Cloanto
ed altri compagni di
Enea
ritenuti dispersi nella tempesta, dalla supplica che di uno di loro,
Ilioneo
, rivolge alla regina, si intende che i
Cartaginesi
avevano intenzione di bruciare le navi dei
Troiani
, credendoli pirati.
Ilioneo
svela a
Didone
la loro origine e la loro intenzione di raggiungere l'
Italia
e chiede che venga loro concesso di cercare notizie di
Enea
e quindi ripartire, verso il
Lazio
se con
Enea
, verso la
Sicilia
se
Enea
è morto (presso il re
Aceste
di sangue troiano).
Il discorso di
Ilioneo
contiene una promessa di ricompensa da parte di
Enea
e di
Aceste
se la regina tratterà con benevolenza i compagni ed una larvata minaccia in senso contrario.
Didone
assicura ai
Troiani
il suo aiuto ed offre la sua ospitalità, invitandoli a stabilirsi a
Cartagine
. Dispone inoltre perché si cerchino
Enea
e gli altri naufraghi. Finalmente
Enea
ed
Acate
escono dalle ombre che le avevano celati e si mostrano a
Didone
e agli astanti.
Elogio di
Enea
a
Didone
e abbracci con i compagni ritrovati.
Didone
a sua volta loda
Enea
e lo invita nel suo palazzo mentre invia viveri in abbondanza agli altri naufraghi in attesa sulla riva.
Mentre si prepara il sontuoso banchetto offerto da
Didone
in onore di
Enea
, questi invia
Acate
alle navi a prendere
Ascanio
. Ordina inoltre di portare doni a
Didone
, degli oggetti preziosi salvati dalle rovine di
Troia
.
Venere
decide di prevenire ogni intervento ostile di
Giunone
: vuole che
Didone
si innamori di
Enea
in modo da non mutare atteggiamento verso di lui per nessun motivo. Chiede dunque al figlio
Cupido
di assumere le sembianze di
Ascanio
e di sostituirsi a lui.
Mentre
Venere
immerge
Ascanio
in un sonno magico e lo nasconde nel monte
Idalio
,
Cupido
si reca al palazzo di
Didone
nelle sembianze di
Ascanio
.
Ha inizio il banchetto durante il quale
Didone
, ignara, abbraccia il fanciullo e
Cupido
comincia ad infonderle il folle amore per
Enea
, facendole dimenticare
Sicheo
.
Dopo le libagioni
Didone
chiede ad
Enea
di raccontare le proprie avventure.
LIBRO SECONDO
Il libro si apre con un verso che rende il senso di attesa e di attenzione dei presenti all'inizio del racconto di
Enea
:
concuere omnes intentique ora tenebant
(tacquero tutti e tenevano attento lo sguardo).
Enea
premette che il suo racconto sarà tanto doloroso da commuovere gli stessi nemici, se lo udissero, ma per far piacere alla sua ospite esporrà "i fatti tristissimi dei quali fu testimone e protagonista".
Il racconto di
Enea
: dopo dieci anni di guerra, i
Greci
costruirono un immane cavallo di legno, con voto a
Minerva
- dissero - ed abbandonarono il campo facendo credere di essere tornati in patria.
I
Troiani
, ben lieti dell'accaduto, uscirono dalla città e discussero cosa fare del cavallo.
Timete
, fratello di
Priamo
fu il primo a proporre di portarlo in città e collocarlo sulla rocca.
Capi
(futuro compagno di
Enea
) propose invece di distruggere il cavallo o almeno di esplorarne la cavità.
Il solo ad intuire la verità fu il sacerdote
Laocoonte
che mise in guardia i
Troiani
sulla possibilità che nel cavallo si celino guerrieri greci.
Lo fece con una breve orazione terminando con la frase proverbiale
timeo Danaos et dona ferentis
(II, 49).
Subito dopo sferrò un colpo d'asta contro il fianco del cavallo.
Intanto venne catturato un greco,
Sinone
. Interrogato dai
Troiani
,
Sinone
ammise subito di essere greco e raccontò una storia preparata per perfezionare l'inganno. Era stato compagno ed amico di
Palamede
il quale era caduto in disgrazia per una falsa accusa di
Odisseo
ed era stato lapidato. (
Palamede
era odiato da
Odisseo
perché lo aveva smascherato quando, fingendosi pazzo, aveva tentato di evitare la guerra).
Avendo giurato di vendicare l'amico,
Sinone
aveva attirato su di se l'odio di
Ulisse
e quando
Euripilo
, inviato a
Delfi
, aveva riferito che l'oracolo ordinava un sacrificio umano per propiziare il mare durante il ritorno,
Ulisse
aveva fatto in modo che
Sinone
fosse la vittima designata.
Ora, continua il racconto di
Sinone
, gli
Achei
sono partiti perché stanchi della guerra ed egli era riuscito a fuggire ed era rimasto nascosto in uno stagno fino al momento della cattura da parte dei
Troiani
. I
Troiani
, impietositi, liberarono il prigioniero e gli chiesero spiegazioni in merito al cavallo.
Sinone
raccontò - e questo è il passo cruciale del suo episodio - che il cavallo era stato costruito come dono votivo per placare l'ira di
Atena
, offesa da
Ulisse
e
Diomede
che avevano rapito il
Palladio
e lo avevano toccato con le mani insanguinate.
L'
augure
Calcante
aveva ordinato di costruire il cavallo di quelle dimensioni per impedire che i nemici lo portassero nelle mura. Se i
Troiani
avessero compiuto sacrilegi contro il cavallo ne avrebbero ricavato grande rovina, mentre se il cavallo fosse stato accolto in città la rovina sarebbe caduta sugli
Achei
e sui loro discendenti.
I
Troiani
credettero all'inganno di
Sinone
ed a rafforzare la loro convinzione avvenne l'orribile fine di
Laocoonte
. Mentre questi sacrificava un toro a
Nettuno
, arrivarono dal mare due enormi serpenti e divorarono prima i due figli di
Laocoonte
, quindi
Laocoonte
stesso.
A questo punto i
Troiani
, convinti che
Laocoonte
sia stato punito per aver colpito il cavallo, aprirono una breccia nelle mura e trasportarono in città l'enorme simulacro.
L'operazione si svolse in un clima di tripudio, convinti come erano i
Troiani
che la guerra fosse finita e che il cavallo fosse latore di giorni felici.
Durante la notte, invece, i
Greci
nascosti nel cavallo fuoriuscirono furtivamente ed uccise le sentinelle aprirono le porte al grosso delle loro milizie che si erano allontanate nascondendosi nell'isola di
Tenedo
.
Enea
cita alcuni dei
Greci
nascosti nel cavallo:
Tessandro
,
Steneo
,
Ulisse
,
Acamante
e
Toante
,
Neottolemo
,
Macaone
ed
Epeo
, artefice materiale del cavallo.
In quelle ore
Enea
aveva sognato l'ombra di
Ettore
che, apparendogli nell'aspetto straziato che aveva dopo essere stato vinto da
Achille
, lo esortava a fuggire dalla città ormai perduta ed a portare in salvo i
Penati
ed i sacri arredi. Al suo risveglio aveva scoperto quanto il sogno fosse stato veritiero e come la città invasa dai nemici fosse ormai sconvolta dai combattimenti e dagli incendi.
Enea
incontra
Pantoo
, sacerdote di
Apollo
, che tenta di porre in salvo gli oggetti sacri del tempio ed ottiene da lui conferma della disastrosa situazione. Non gli resta che unirsi alla disperata resistenza dei
Troiani
. Con lui è
Corebo
, spasimante di
Cassandra
, non troiano, venuto a
Troia
proprio in quei giorni.
Enea
ed il gruppo con il quale sta combattendo riportano qualche successo sui nemici, soprattutto grazie ad un equivoco: un greco di nome
Androgeo
li aveva scambiati per
Greci
ed era caduto loro facile vittima. Incoraggiati dall'episodio si impossessano delle armi dei nemici abbattuti ma è una mossa disgraziata perché vengono fatti bersaglio delle frecce degli stessi
Troiani
.
I combattenti incontrano
Cassandra
mentre viene rapita da
Aiace
, trascinata via dal tempio di
Minerva
(questo sacrilegio, come è noto, scatenerà la vendetta della dea sulla flotta greca).
Corebo
infuriato interviene per salvare la propria fidanzata e viene ucciso da
Peneleo
.
Enea
con alcuni compagni sopravvive a questi scontri ed accorre in soccorso del palazzo di
Priamo
ormai asserragliato dai nemici. Davanti al palazzo
Neottolemo (Pirro)
, figlio di
Achille
, comanda l'attacco degli
Achei
, infine abbatte il portone con una scure e penetra nei vasti saloni dove sorprende ed uccide
Polite
, figlio di
Priamo
, proprio al cospetto del padre.
Il vecchio re, che pateticamente ha preso le armi abbandonate da tempo, sfoga il proprio dolore tentando di colpire
Neottolemo
con la lancia, ma il colpo è troppo debole e lascia il nemico illeso. A questo punto
Neottolemo
trucida
Priamo
.
Dopo aver assistito a questi eventi
Enea
, ormai rimasto isolato, scorge vicino al
tempio di Vesta
Elena
che tenta di nascondersi temendo sia i
Troiani
che l'ira del marito. Vedendo in
Elena
la causa prima di tante sciagure,
Enea
decide di ucciderla ma gli appare
Venere
che lo distoglie dall'intento e lo incita a soccorrere i suoi familiari:
Anchise
,
Creusa
,
Ascanio
. Non ci sono più speranze, dice la dea, per la città condannata dal fato e dagli dei che combattono accanto agli
Achei
,
Enea
deve dunque pensare a fuggire ed a mettere in salvo
Ascanio
.
Scomparsa
Venere
,
Enea
raggiunge la casa paterna ma
Anchise
si rifiuta di seguirlo e di abbandonare i luoghi dove è sempre vissuto. Davanti a questo rifiuto anche
Enea
, nonostante la disperazione di
Creusa
, decide di rinunciare al proposito di fuga ed affrontare la morte, ma interviene un prodigio: una fiamma avvolge senza bruciare il capo del piccolo
Ascanio
, subito dopo una stella cadente solca luminosamente il cielo tracciando una lunga scia. Dopo questi segni, che
Anchise
interpreta come evidenti manifestazioni della volontà divina, il vecchio muta proposito ed accetta di fuggire.
Enea
deve caricare il vecchio paralizzato sulle spalle e, seguito da
Creusa
ed
Ascanio
, si avvia fra i molti orrori della città morente. Giunto alle porte di
Troia
Enea
si avvede della scomparsa della moglie e, disperato, torna indietro a cercarla. Gli appare l'ombra di
Creusa
che pronuncia una famosa profezia sul destino di
Enea
e di
Ascanio
e sul lungo vagare che dovrà seguire alla sua fuga. Gli dei non consentono che
Creusa
segua lo sposo ma egli potrà consolarsi sapendola non schiava degli
Achei
ma salvata ed assunta in cielo dalla madre degli dei. Nel destino di
Enea
c'è un nuovo regno ed una nuova sposa, "ed ora addio - gli dice
Creusa
- serba l'amore di nostro figlio".
Enea
tenta tre volte inutilmente di abbracciare l'ombra della moglie prima che questa scompaia.
Tornato dal padre e dal figlio,
Enea
trova, con stupore, radunatasi una folla di nuovi compagni pronti a seguirlo e votati all'esilio.
LIBRO TERZO
Il racconto di
Enea
al banchetto di
Didone
continua senza interruzioni. Gli esuli allestiscono una flotta ed iniziano il viaggio, dopo una sosta nella città di
Antandro
.
La prima tappa del viaggio è in
Tracia
dove
Enea
fonda una città che chiama Eneada. In questa occasione si verifica un prodigio:
Enea
, accingendosi a compiere sacrifici propiziatori, raccoglie rami per l'altare quando un arbusto appena divelto comincia a sanguinare, così un secondo ed un terzo arbusto. Infine l'inorridito
Enea
ode una voce lamentosa che lo prega di non infliggere altre ferite. Sotto la selva si trova
Polidoro
, l'ultimo figlio di
Priamo
da questi affidato al re di
Tracia
per proteggerlo dalla guerra.
Polidoro
aveva con se un tesoro di grande valore che suscitò la cupidigia del suo ospite
Polimestore
il quale, appena saputo della caduta di
Troia
, fece uccidere il giovane per derubarlo. Le piante che
Enea
sta recidendo sono i dardi che hanno ucciso
Polidoro
, miracolosamente trasformati in arbusti.
I
Troiani
si consultano sull'orribile prodigio e decidono di partire senz'altro abbandonando la "terra scellerata". Prima di partire erigono un tumulo a
Polidoro
e svolgono riti funebri perché l'anima del povero giovane rimasto insepolto possa finalmente trovare la pace.
La seconda tappa della flotta dei reduci si svolge nell'isola di
Delo
, sacra ad
Apollo
.
Anio
, re dell'isola e sacerdote di
Apollo
, li accoglie benevolmente, riconoscendo il vecchio amico
Anchise
.
Enea
chiede ad
Anio
di concedere ai
Troiani
di stabilirsi nell'isola ma l'oracolo tuona misteriosamente che essi dovranno ripartire per cercare l'"antica madre", cioè la terra originaria dei loro antenati.
Anchise
interpreta erroneamente l'oracolo ed annuncia che si dovrà andare a
Creta
, dalla quale era venuto il mitico
Teucro
.
I
Troiani
raggiungono rapidamente
Creta
, vi si stabiliscono ed iniziano a costruire una nuova città che chiamano Pergamo, ma un'improvvisa epidemia di peste spegne il loro entusiasmo gettandoli nella disperazione. Per il vecchio
Anchise
la peste è senz'altro un presagio e si sta organizzando una spedizione per tornare a consultare l'oracolo quando
Enea
ha un sogno, o visione notturna: sono i
Penati
di
Troia
che gli parlano e chiariscono l'equivoco. "L'antica madre" di cui aveva parlato l'oracolo di
Delo
non è
Creta
ma l'
Italia
, da cui era provenuto
Dardano
, altro progenitore della stirpe troiana.
Informato del sogno da
Enea
,
Anchise
ricorda come già
Cassandra
avesse profetizzato, come sempre inascoltata, quelle stesse vicende che ora andavano verificandosi. I
Troiani
si rimettono in mare ma, dopo qualche tempo, vengono colti dall'uragano che li porta fuori rotta. Perdutisi trovano rifugio dopo tre giorni sulle
isole Strofadi
.
Trovandosi sulla spiaggia gran quantità di bestiame non vigilato, gli esuli cacciano alcuni capi ed apprestano un banchetto in onore degli dei quando vengono improvvisamente aggrediti dalle
Arpie
. I tre mostri mefitici contaminano per due volte i cibi con i loro escrementi, la terza volta i
Troiani
reagiscono con le armi mettendo in fuga le
Arpie
, ma una di esse -
Celeno
- si ferma su un'altissima rupe e pronunzia una profezia che scoraggia i viaggiatori: prima di arrivare alla loro meta finale essi dovranno conoscere grandi sofferenze e grande fame, al punto da dover "divorare le mense".
Enea
ed i suoi riprendono la navigazione passando incolumi nei pressi di molte isole greche fra cui
Zacinto
,
Dulichio
,
Samo
, Nerito,
Itaca
. Infine sostano nell'isola (o sul promontorio) di
Leucade
in
Epiro
. Sulla riva di
Azio
i giovani celebrano dei ludi (l'intenzione di
Virgilio
è quella di creare un precedente mitico ai "
Ludi Actiaci
" istituiti da
Augusto
in quel sito per celebrare la vittoria di
Azio
) ed
Enea
appende alle porte del tempio di
Apollo
lo scudo del guerriero greco
Abante
da lui ucciso in combattimento la notte della caduta di
Troia
.
Dopo alcuni mesi di sosta gli esuli riprendono il mare e, costeggiando l'
Epiro
, raggiungono la città di
Butroto (Butrinto)
.
Qui
Enea
incontra
Andromaca
, la vedova di
Ettore
, che diventata schiava di
Neottolemo
è stata da questi ceduta ad
Eleno
, indovino troiano, anche egli già schiavo degli
Achei
.
L'incontro fra
Enea
ed
Andromaca
è l'incontro commosso fra due vite condannate alla sofferenza. Se
Enea
lamenta la desolazione del suo esilio, l'incertezza del futuro, la mancanza di sicurezza e tranquillità,
Andromaca
piange la fine di
Ettore
e l'onta della patita schiavitù.
Brevemente
Andromaca
racconta come sia divenuta schiava di
Neottolemo
, quindi da questa ceduta ad
Eleno
, anche egli schiavo.
Neottolemo
era quindi stato ucciso da
Oreste
, a causa della loro rivalità in amore nei confronti di
Ermione
, ed aveva lasciato in eredità parte del suo regno ad
Eleno
.
Andromaca
non spiega le ragioni di questo mutamento della situazione sua e di
Eleno
, evidentemente
Virgilio
non vuole introdurre elementi disonorevoli per i
Troiani
(il presunto tradimento di
Eleno
) o che alterino l'immagine da egli resa di
Andromaca
(come la nascita di
Molosso
, figlio di
Neottolemo
e di
Andromaca
).
Facendo notare ad
Enea
come
Eleno
abbia costruito una città il più possibile simile a
Troia
, la donna cambia abilmente discorso e passa a chiedere ad
Enea
notizie di
Ascanio
. Entra in scena a questo punto
Eleno
che accoglie festosamente
Enea
e i suoi compagni. Dopo due giorni, prima di partire,
Enea
prega
Eleno
di esercitare le sue facoltà di veggente per chiarire gli oracoli che ha ascoltato in precedenza, in particolare quello minaccioso dell'
arpia
.
Eleno
lo accontenta e per sua bocca si esprime nuovamente
Apollo
. L'oracolo conferma che la meta finale è l'
Italia
ma ordina ad
Enea
di costeggiare la
Sicilia
evitando di passare fra
Scilla
e
Cariddi
. Gli indica inoltre di evitare le città greche dell'
Italia
meridionale. Superata la
Sicilia
Enea
giungerà alle coste italiche dove, nei pressi di
Cuma
, visiterà l'antro della
Sibilla
che dovrà consultare per conoscere il resto del suo futuro ed i destini delle sue guerre con i popoli di
Italia
.
Dopo aver pronunciato la profezia,
Eleno
offre ricchi doni ad
Enea
ed ai suoi compagni esortandoli a partire al più presto come ordinato dall'oracolo.
Andromaca
reca doni ad
Ascanio
, che le ricorda il figlio
Astianatte
.
Dopo una serena navigazione i
Troiani
raggiungono le coste italiane ma, seguendo i precetti di
Eleno
, si tengono lontani dalle città greche che ivi si trovano e rinunciano ad attraversare lo stretto fra
Scilla
e
Cariddi
.
Anche a grande distanza, nel Golfo di Squillace, si sentono gli effetti sul mare dei gorghi che sconvolgono lo stretto, ma le navi di
Enea
, puntando decisamente verso occidente, riescono ad allontanarsi incolumi, per giungere infine all'isola dei
Ciclopi
.
Approdati in un porto vasto e tranquillo ma dominato dalla vicinanza tuonante dell'
Etna
, i
Troiani
sbarcano e trascorrono la notte. All'alba si presenta loro un uomo dall'aspetto miserabile, in atteggiamento di supplice. Si tratta del greco
Achemenide
, compagno di
Odisseo
dimenticato in quei luoghi durante la fuga da
Polifemo
.
Achemenide
chiede di poter lasciare l'isola insieme ai
Troiani
o, se questi non sono disposti ad aiutare un greco, di essere ucciso per sfuggire alla sua orribile situazione. Con generosità
Anchise
lo accoglie e rincuora.
Achemenide
racconta l'episodio del
Ciclope
accecato da
Ulisse
, le terribili ore trascorse nella grotta del
Ciclope
, la sorte dei suoi compagni divorati dal mostro. Da tre mesi egli vive di bacche e radici, nascondendosi nella foresta per scampare alla ferocia di
Polifemo
e dei suoi fratelli.
Il racconto di
Achemenide
viene interrotto da
Polifemo
che vaga sulla spiaggia e deterge con l'acqua marina gli umori dell'occhio accecato. Silenziosamente i
Troiani
si danno alla fuga, ma
Polifemo
ode il rumore dei remi e non potendo afferrare le navi lancia un tremendo urlo che richiama gli altri
ciclopi
alla spiaggia. Mentre l'immagine dell'"orrido concilio" si staglia mostruosa sulla costa, la flotta troiana prende il largo e con l'aiuto dei venti propizi raggiunge l'isola di
Ortigia
e prosegue la circumnavigazione della
Sicilia
;
Enea
cita alcuni luoghi del viaggio:
Pachino
,
Camarina
,
Gela
,
Agrigento
,
Selinunte
.
Durante una sosta a
Drepano
muore
Anchise
.
Con la morte dell'ottimo padre, evento mai annunciato dagli oracoli, si conclude il racconto di
Enea
alla regina
Didone
e si chiude il terzo libro.
LIBRO QUARTO
Il libro si apre con un intenso dialogo fra
Didone
e sua sorella
Anna
alla quale la regina confida di essere innamorata di
Enea
.
Didone
vorrebbe conservarsi fedele alla memoria del defunto
Sicheo
, ma
Anna
la sprona a cedere a questa nuova passione. L'unione con
Enea
, secondo
Anna
, non recherà offesa alla memoria di
Sicheo
e servirà a dare sicurezza al giovane regno spesso insidiato da bellicosi vicini.
Didone
comincia a vacillare.
Virgilio
descrive gli incontri sempre più frequenti con
Enea
, ce la mostra intenta a sacrificare ed a consultare gli auspici per conoscere il destino del suo amore, intanto disattende alle cure del governo e la costruzione della città ne risulta rallentata.
Intanto
Giunone
, preoccupata per la sorte dell'amata
Cartagine
, cerca l'alleanza di
Venere
e le propone di favorire l'unione di
Didone
con
Enea
. Sarà lei stessa, propone
Giunone
, a fare in modo che i due si trovino soli durante una caccia, isolati da una pioggia improvvisa e costretti a cercare riparo in una spelonca, dove le cose giungeranno presto a prevedibili conclusioni.
Venere
accetta la proposta e promette di non opporsi. Infatti durante la battuta di caccia si verificano gli eventi predetti dalla dea. Con somma eleganza,
Virgilio
non scrive un solo verso sull'incontro amoroso nella grotta ma lo sottintende descrivendo una scena misteriosa: al segnale della Terra e della pronuba
Giunone
l'aria risplende di folgori e dalle vette più alte ululano le
ninfe
. E' un'immagine tenebrosa che vuole alludere al valore fattuale dell'evento, non si tratta solo del primo amplesso fra due amanti ma dell'origine di una lunghissima serie di sventure (più tardi
Didone
abbandonata voterà con la sua maledizione l'eterna inimicizia fra la propria gente e quella di
Enea
, vale a dire fra
Cartaginesi
e
Romani
).
La Fama, che viene presentata nel testo come una divinità mostruosa che ingigantisce mentre svolge la sua opera, ben presto porta lontano la notizia dell'amore fra la regina e l'eroe. Ne viene a conoscenza il re
Iarba
, a suo tempo respinto da
Giunone
, che folle di ira e gelosia si rivolge a
Giove
per ottenere vendetta.
Giove
lo ascolta, non certamente per soddisfare le brame dell'empio
Iarba
, ma perché le nozze di
Enea
con
Didone
impedirebbero lo svolgersi degli accadimenti prescritti dal Fato. Non servono, con il pio
Enea
, metodi coercitivi, basterà ricordargli la sua missione perché rinsavisca e riprenda il mare. A farlo è
Mercurio
che appare brevemente all'eroe.
Impressionatissimo,
Enea
da ordine ai compagni perché preparino la partenza con discrezione mentre egli cercherà il modo migliore di prendere commiato da
Didone
, ma questa, con femminile intuizione, comprende immediatamente le sue intenzioni e le accoglie con profonda disperazione.
Nel dialogo che segue
Didone
piange e supplica, ordina e si indigna, ma
Enea
, pur soffrendo per il pianto di lei, è inamovibile nella decisione di partire immediatamente.
Virgilio
insiste sulla sofferenza di
Enea
nel vedere la disperazione dell'amante e sulla forza d'animo di cui ha bisogno per obbedire comunque al volere degli dei. Infine
Enea
si allontana da lei e raggiunge i compagni che stanno completando i preparativi per la partenza.
Lo raggiunge
Anna
pregata da
Didone
perché interceda presso
Enea
convincendolo, almeno, a rimandare la partenza; ma neanche il tentativo di
Anna
riesce a mutare la decisione dell'eroe.
Intanto
Didone
è ormai alla follia: mentre offre agli dei ha l'orribile visione del latte che annerisce e del vino mutato in sangue; ode voci misteriose, il verso di un gufo risuona per lei come un lugubre gemito, nei suoi sogni si vede crudelmente perseguitata da
Enea
o abbandonata, sola, nel deserto. Infine decide di morire. Confida ad
Anna
di aver incontrato la maga del giardino delle
Esperidi
che le ha promesso aiuto nei confronti di
Enea
. La maga ha prescritto di bruciare il letto nuziale e gli oggetti appartenuti ad
Enea
su un rogo, rogo che
Didone
prega
Anna
di preparare.
Didone
inizia la celebrazione del rito magico con il fermo proposito di uccidersi durante la cerimonia. Intanto
Enea
riposa sulla nave ancora nel porto ed in sogno gli appare nuovamente
Mercurio
che lo incita a prendere il mare senza ulteriore indugio:
Didone
sta per uccidersi, lo avverte, ed egli dovrà portare le sue navi lontano a riparo dall'ira dei
Cartaginesi
.
Intanto
Didone
pronuncia la sua maledizione: se il disegno del fato è immutabile ed è scritto che i
Troiani
raggiungeranno la loro meta possa
Enea
non godere del proprio regno e cadere prima della sua ora, rimanendo insepolto. Che l'odio di
Didone
per
Enea
possa tramandarsi al popolo dei
Tirii
e non vi sia mai pace fra i
Cartaginesi
e le genti che discenderanno dai
Troiani
. In pochi, memorabili versi,
Didone
rievoca la sua vita, lo sposo vendicato, il fratello punito, la grande città che ha fondato e con un'ultima maledizione si getta sulla spada donatale da
Enea
fra lo sgomento delle ancelle.
Accorre
Anna
alla quale non resta che assistere all'agonia di
Didone
.
Giunone
, commiserando la difficile morte di lei, invia dall'
Olimpo
Iride
che, recidendo un capello di
Didone
, ne libera l'anima dalla prigionia del corpo.
LIBRO QUINTO
Dalle navi i
Troiani
vedono risplendere il rogo di
Didone
e pur non conoscendo la causa di quel fuoco la intuiscono.
Una volta in mare aperto incontrano una nuova tempesta che minaccia seriamente la flotta tanto che il timoniere
Palinuro
propone ad
Enea
di cercare rifugio sulla costa siciliana che non considera lontana. Vengono accolti dal troiano
Aceste
. Si tratta della seconda sosta di
Enea
in
Sicilia
, la prima era stata narrata nel terzo libro, gli esuli tornano nei luoghi dove è sepolto
Anchise
.
Di
Aceste
si è parlato anche nel primo libro quando
Ilioneo
ritenendo
Enea
disperso esprime il proposito di rifugiarsi presso di lui. Tuttavia il personaggio non è comparso durante la descrizione della prima tappa in
Sicilia
, nel terzo libro. Qui appare come un personaggio quasi barbaro, "irto di dardi e della pelle di un'orsa libica", non di meno accoglie gli esuli fraternamente e dimostra grande rispetto per la memoria dei comuni alleati. Le dissonanze e le contraddizioni che si possono notare a proposito di
Aceste
sono da attribuirsi alla non definitiva redazione del testo che
Virgilio
non riuscì a sottoporre ad una completa revisione.
Ricorrendo l'anno dalla morte di
Anchise
e per di più trovandosi nei pressi della sua sepoltura,
Enea
decide di celebrare degne onoranze alla memoria del padre, alle quali faranno seguito dei giochi rituali.
La cerimonia si svolge solennemente e mentre
Enea
compie i sacrifici dal sottosuolo emerge un grande serpente che tranquillamente si abbevera ai calici e si ciba delle offerte votive.
Enea
, non sapendo se il serpente rappresenti suo padre o un nume del luogo, devotamente rinnova le offerte e continua i sacrifici imitato dai compagni.
Come stabilito, dopo nove giorni si da inizio ai giochi. La prima è una gara navale alla quale partecipano quattro navi della flotta troiana. Le comandano
Mnesteo
, capostipite dei Memmi,
Gia
,
Sergesto
(capostipite dei Sergi),
Cloanto
, dal quale si vuole discendano i Cluenzi.
Virgilio
descrive la gara con grande profusione di immagini suggestive: paragona i comandanti delle navi agli auriga protesi a frustare i cavalli nelle gare del circo e dipinge lo scenario della costa boschiva che risuona del clamore di quanti, rimasti a terra, incitano i partecipanti alla gara.
Gia
conquista inizialmente la prima posizione ma quando giunge a doppiare uno scoglio la prudenza del timoniere
Menete
, che per evitare le rocce si tiene troppo a largo, fa si che
Cloanto
lo sorpassi. Infuriato
Gia
scaglia in mare
Menete
e prende personalmente il timone mentre tutti deridono il vecchio timoniere che faticosamente raggiunge a nuoto gli scogli.
Gli altri contendenti incalzano e cercano a loro volta di superare
Gia
.
Sergesto
si avvicina troppo agli scogli e rimane incagliato.
Mnesteo
supera
Gia
e contende il primo posto a
Cloanto
.
Cloanto
vince la gara con un minimo vantaggio,
Mnesteo
arriva secondo,
Gia
terzo,
Sergesto
quarto ed ultimo. Il premio di
Cloanto
è una clamide ornata d'oro e porpora che reca ricamate scene del mito di
Ganimede
. A
Mnesteo
,
Enea
dona la lorica che egli stesso aveva strappato al greco
Demoleo
.
Gia
riceve, come terzo premio, due bacini di bronzo e coppe d'argento. Anche
Sergesto
, nonostante la disonorevole conclusione della gara, viene premiato da
Enea
che gli fa dono di una schiava cretese.
I giochi continuano con la gara di corsa. A differenza della prima, riservata solo a contendenti troiani, questa competizione è aperta anche agli indigeni sicani. Vi partecipano fra gli altri
Eurialo e Niso
che compaiono qui per la prima volta nel poema.
Enea
promette doni a tutti i partecipanti e stabilisce quali saranno i premi dei primi tre classificati, quindi da inizio alla gara.
Niso
è in testa, seguito da
Salio
, quindi da
Eurialo
. Sfortunatamente verso il termine della corsa
Niso
scivola nel sangue dei sacrifici che si erano svolti in quel luogo. Per aiutare
Eurialo
,
Niso
fa in modo di intralciare, rialzandosi, la corsa di
Salio
, infatti anche
Salio
cade ed
Eurialo
vince la gara, seguito da
Elimo
(compagno di
Aceste
) e da
Diore
(troiano).
Salio
protesta e pretenderebbe annullata la vittoria di
Eurialo
, ma
Enea
, convalidato l'ordine di arrivo, concede premi di consolazione a lui e a
Niso
.
Alla corsa segue il pugilato. Di nuovo
Enea
stabilisce i premi in palio ed invita i concorrenti ad iscriversi. Il primo a farsi avanti è
Darete
, guerriero troiano famoso per la sua forza, che un tempo competeva con
Paride
e che aveva battuto il potentissimo
Bute
. La baldanza del personaggio scoraggia tutti e poiché non si trovano avversari
Darete
chiede ad
Enea
di consegnargli - senza combattimenti - il magnifico toro che costituisce il primo premio della gara. Ma fra i
Sicani
di
Aceste
c'é
Entello
, un vecchio campione, secondo alcuni di origine troiana. Incitato da
Aceste
e provocato dall'arroganza di
Darete
,
Entello
si fa avanti mostrando i cesti (i guantoni) appartenuti ad
Erice
(eroe eponimo del monte
Erice
, figlio di
Venere
, quindi fratello di
Enea
, di cui
Entello
è stato allievo in gioventù). Con quei cesti
Erice
aveva combattuto contro
Ercole
, con quei cesti
Entello
aveva disputato i suoi scontri quando poteva contare su forze migliori.
Enea
dispone che lo scontro si svolga con guantoni dello stesso peso (quelli di
Erice
sono enormi), e la gara comincia. L'agilità di
Darete
compensa la straordinaria forza di
Entello
, appesantito dagli anni, ma quando questi inciampa e cade l'ira lo spinge a combattere con maggior impeto ed il giovane
Darete
viene rapidamente ridotto a mal partito finché
Enea
non interviene ad interrompere il combattimento dando la vittoria ad
Entello
.
Entello
, orgoglioso della vittoria, dimostra la sua forza uccidendo con un solo pugno il toro vinto che dedica ad
Erice
invece della morte di
Darete
. Dal passo si evince, fra l'altro, che l'eroe
Erice
era diventato la vera e propria divinità del luogo se
Darete
trova opportuno offrirgli un toro in sacrificio.
Segue il tiro con l'arco.
Enea
, stabiliti i premi, lega alla cima dell'albero della nave di
Sergesto
una colomba perché funga da bersaglio. Gli aspiranti a partecipare sono numerosi e si sorteggiano quattro concorrenti:
Ippocoonte
,
Mnesteo
(il secondo classificato della gara nautica),
Euritione
ed il vecchio re
Aceste
.
La freccia di
Ippocoonte
colpisce l'albero, quella di
Mnesteo
recide la fune che legava la colomba e quella di
Euritione
trafigge l'uccello quando già volava molto in alto. La vittoria sarebbe già quindi di
Euritione
ma
Aceste
tira comunque ed il suo è un dardo prodigioso che si incendia durante il volo e scompare nel cielo.
Troiani
e
Sicani
attoniti prendono ad adorare gli dei per il prodigio mentre
Enea
, donando ad
Aceste
un prezioso cratere appartenuto ad
Anchise
, lo proclama vincitore.
I giochi si concludono con la gara di giavellottto (che non viene descritta), ma prima di chiudere le celebrazioni
Enea
ha preparato uno spettacolo: la sfilata equestre di
Ascanio
e dei suoi coetanei.
I cavalieri sono divisi in tre schiere guidate da altrettanti capitani:
Priamo
, figlio di
Polite
dunque nipote dell'omonimo re di
Troia
,
Ati
, al quale si fa risalire la
gens Atia
(cui apparteneva la madre di
Augusto
) ed
Ascanio
.
Dopo aver sfilato al passo, i cavalieri presentano al pubblico varie figure equestri simulando combattimenti e fughe, in un intreccio così complicato che
Virgilio
lo paragona al
labirinto
cretese. Questo tipo di manifestazione, narra l'autore, sarà istituzionalizzato da
Ascanio
in
Albalonga
e da qui trasferito a
Roma
: si tratta di un'allusione ai "giochi troiani" istituiti da
Augusto
.
Frattanto sulla spiaggia le donne troiane svolgono il lamento per
Anchise
. Fra di loro compare la dea
Iride
, inviata da
Giunone
sotto le mentite spoglie di una vecchia, per far leva sul loro malcontento. Le donne sono infatti stanche del lungo vagare per mare cui sono costrette dalla caduta di
Troia
e la dea le istiga ad incendiare le navi. Una di loro, l'anziana Pirgo nutrice dei figli di
Priamo
, comprende che chi parla è in realtà una dea. Tutte sono incerte sul da farsi ma quando
Iride
riprende il suo aspetto e vola via tracciando l'arcobaleno le assale il furore e bruciano le navi.
Accorrono gli uomini, primi fra tutti
Ascanio
ed
Enea
, e mentre le donne fuggono sconvolte dal loro stesso gesto, cercano di domare gli incendi.
I loro sforzi sono vani di fronte alla dimensione del disastro ed
Enea
rivolge una supplica a
Giove
perché salvi la flotta.
Giove
l'ascolta e scatena un nubifragio che riesce a spegnere il fuoco. Si perdono solo quattro navi.
Enea
cade in uno stato di profonda depressione tanto che per la prima ed unica volta nel poema pensa di abbandonare la sua missione fatale e di rinunciare alla conquista del
Lazio
.
Viene in suo aiuto il vecchio
Naute
, sapiente ed indovino, che gli consiglia di lasciare in
Sicilia
solo una parte dei
Troiani
: gli anziani, le donne stanche e quanti non aspirano a condividere le sue future glorie. La città che essi fonderanno, propone
Naute
, si chiamerà
Acesta
, in onore di
Aceste
che ne sarà re (la città prenderà poi il nome di
Segesta
).
I consigli di
Naute
, ispirati da
Minerva
, confortano
Enea
ma non abbastanza perché egli riesca a prendere una serena decisione. Durante la notte gli appare l'ombra di
Anchise
che lo esorta a seguire il consiglio e ad affrettarsi a compiere la discesa nell'
Averno
per incontrarlo: nell'Elisio
Enea
verrà a conoscenza del proprio destino e della propria discendenza.
Svanita l'apparizione,
Enea
depone ogni perplessità e, convocato
Aceste
, gli espone gli eventi e le proprie intenzioni.
Mentre si restaurano le navi danneggiate dalle fiamme,
Enea
traccia il perimetro della nuova città con l'aratro ed
Aceste
assume il governo.
Viene fondato un tempio a
Venere
presso la vetta del
Monte Erice
ed un bosco viene consacrato ad
Anchise
.
Giunge il giorno della partenza e del patetico distacco fra quanti hanno deciso di rimanere e quanti seguiranno
Enea
. Compiuti gli opportuni sacrifici, il ridotto gruppo di
Troiani
prende il largo, con i venti favorevoli.
Venere
, sempre sollecita verso il figlio, rivolge a
Nettuno
la preghiera di aiutare le navi troiane a raggiungere la loro meta senza correre altri pericoli.
Nettuno
la conforta assicurandole che, come altre volte in passato, sarà favorevole ad
Enea
che giungerà sicuro ai porti dell'
Averno
. Solo uno dei
Troiani
dovrà morire durante questo viaggio. Ciò detto
Nettuno
percorre il mare seguito da un corte di divinità marine mentre i
Troiani
navigano a gonfie vele verso l'
Italia
.
Durante la notte la flotta naviga tranquillamente quando il dio
Sonno
appare al nocchiero
Palinuro
con l'aspetto di
Forbante
, uno dei
Troiani
, e tenta di convincerlo a riposare.
Palinuro
resiste pensando alla sicurezza di
Enea
e di tutta la flotta ma il dio asperge le sue tempie di una rugiada soporifera ed appena il pilota si addormenta lo scaraventa in mare.
Più tardi
Enea
, destatosi, scopre la scomparsa di
Palinuro
e prende personalmente il timone. E' così compiuto il sacrificio di un solo uomo che
Nettuno
aveva predetto a
Venere
e la flotta troiana continua il viaggio oltrepassando indisturbata i famosi scogli delle
Sirene
, che tanto pericolo avevano rappresentato per
Ulisse
nell'
Odissea
.
LIBRO SESTO
Piangendo la scomparsa di
Palinuro
,
Enea
approda alle spiagge di
Cuma
. Subito
Enea
si reca al tempio di
Apollo
che si voleva fondato da
Dedalo
dopo la sua fuga da
Creta
. Nella porta del tempio
Enea
contempla scolpita la rappresentazione di episodi dei miti minoici: la morte di
Androgeo
,
Pasifae
e la nascita del
Minotauro
, le vite umane tributate al mostro nel
Labirinto
.
Enea
ed i suoi compagni sono introdotti nell'antro (non è chiaro se la sacerdotessa Deifobe che li accoglie all'esterno sia la
Sibilla
stessa o una sua assistente). Appena compiuti i sacrifici del caso i troiani assistono all'invasamento della
Sibilla
.
Il primo fenomeno è molto breve e serve a pronunciare una stringente esortazione ad
Enea
a non indugiare e ad esporre le proprie richieste. Ovviamente
Enea
chiede di sapere in quale modo lui e i suoi compagni potranno stabilirsi nel
Lazio
e promette grandi onori, nel nuovo regno, ad
Apollo
e a sua sorella
Diana-Ecate
ed alla stessa
Sibilla
.
Finalmente la
Sibilla
pronuncia la profezia preannunciata da
Eleno
nel terzo libro, profezia tutt'altro che incoraggiante: i
Troiani
giungeranno al regno di
Lavinio
ma qui li aspettano orribili guerre; nel
Lazio
Enea
dovrà competere con un nuovo
Achille
(
Turno
) e non verrà mai meno l'ostilità di
Giunone
verso i
Teucri
. Nuove e dure prove dunque attendono
Enea
che dovrà dimostrare qualità tali da superare le avversità della Fortuna. Il primo aiuto - e con questa frase la profezia si conclude con una nota positiva - verrà inopinatamente da una città greca: si allude al Pallanteo di
Evandro
che fornirà in vari modi appoggio alla causa degli esuli troiani.
Si placa il furore della sacerdotessa ed
Enea
, ormai abituato al pericolo, non si mostra particolarmente impressionato dai foschi presagi appena ascoltati. Gli preme supplicare la
Sibilla
perchè lo lasci oltrepassare la soglia dell'
Averno
per incontrare lo spirito di
Anchise
. La risposta della
Sibilla
, questa volta, non viene pronunciata nel furore dell'invasamento: la
Sibilla
avverte
Enea
della grandezza dell'impresa e gli spiega che mentre è facile discendere negli inferi a pochissimi viene concesso il ritorno, gli fornisce quindi alcune prescrizioni rituali: dovrà ricercare nel bosco una pianta d'oro e prendere un ramo da recare in omaggio a
Proserpina
(il significato di quest'atto non è chiaro ai commentatori. La pianta d'oro è forse il vischio e l'offerta potrebbe alludere ad antiche liturgie italiche). Prima di compiere la discesa dovrà inoltre dare sepoltura ad un suo compagno, morto nel frattempo ad insaputa dell'eroe. Infatti, tornato presso i compagni,
Enea
rinviene il cadavere di
Miseno
, trombettiere dei troiani, caduto in mare durante il viaggio e trasportato a riva dalle onde.
Per tributare degne esequie a
Miseno
,
Enea
ordina di abbattere degli alberi del bosco e vi lavora egli stesso sperando di scorgere la pianta d'oro di cui ha parlato la
Sibilla
. In quel momento gli appare una coppia di colombe (uccelli sacri a
Venere
) ed egli le esorta ad indicargli il ramo d'oro. Gli uccelli esaudiscono il desiderio di
Enea
e lo guidano con rapido volo al sito della pianta prodigiosa. Mentre
Enea
torna con il ramo all'antro della
Sibilla
i compagni compiono le onoranze funebri di
Miseno
, al luogo del tumulo viene dato il nome di
Capo Miseno
.
Enea
e la
Sibilla
compiono sacrifici propiziatorii presso le coste dell'
Averno
. La dea invocata,
Ecate-Diana-Selene
, da segno del suo gradimento dei sacrifici facendo tremare la terra: a questo segno la
Sibilla
entra nell'antro infernale seguita dall'impavido
Enea
.
Ha inizio qui (v. 264) la descrizione dell'oltretomba visto da
Virgilio
; all'ingresso si incontrano le simboliche personificazioni dei vari aspetti della miseria e dell'angoscia umane. "Sub luce maligna" si incontrano il Pianto e gli Affanni, i Morbi e la Vecchiaia, la Paura, la Fame, la Miseria, la Morte ed il Dolore, il
Sonno
(parente della Morte), i malvagi Piaceri dell'animo, la Guerra, la Discordia. Alle foglie di un immenso olmo oscuro aderiscono i Sogni fallaci. A tali inquietanti presenze si aggiungono quelle di orribili mostri: i
Centauri
, le
Scille
biformi,
Briareo
dalle cento braccia e la
belva di Lerna
, la
Chimera
, le
Gorgoni
, le
Arpie
e
Gerione
.
Enea
impugna la spada per difendersi da tutte queste mostruose apparizioni ma la
Sibilla
lo avverte che si tratta soltanto di ombre, vane parvenze. Giungono alle rive dell'
Acheronte
, custodite dal nocchiero
Caronte
, la cui descrizione è molto simile a quella che ne darà
Dante
nel III canto dell'Inferno. Sulla sponda si affollano le anime dei trapassati. Come la
Sibilla
spiega ad
Enea
le anime di coloro che non hanno avuto sepoltura dovranno vagare per cento anni presso la riva prima di essere ammesse a varcare il fiume. Tra gli insepolti
Enea
scorge l'ombra di
Palinuro
, il suo timoniere recentemente annegato.
Palinuro
gli rivela di essersi in realtà salvato dal mare e che, dopo aver vagato lungamente sulle onde aggrappato al timone che aveva divelto cadendo, era arrivato sulla costa italica dove era stato ucciso da una popolazione selvaggia. Ora
Palinuro
è costretto ad attendere sulla riva del fiume e prega
Enea
di aiutarlo dando sepoltura al suo corpo o portandolo con se oltre l'
Acheronte
in forza del volere divino che gli consente di trovarsi in quei luoghi da vivo. Il testo presenta nell'episodio e nel racconto di
Palinuro
qualche discrepanza con quanto è narrato nel quinto libro sulla morte del timoniere, discrepanza che probabilmente
Virgilio
avrebbe sanato nella revisione generale dell'opera che non ebbe modo di compiere. La
Sibilla
interviene disilludendo
Palinuro
sulla possibilità di trovare aiuto in
Enea
ma lo consola rivelandogli che sarà onorato dai
Troiani
con un cenotafio e che il luogo della sua morte sarà in eterno chiamato
Palinuro
(quello dell'eponimia era un onore altissimo per gli antichi).
Lasciando così il rincuorato
Palinuro
,
Enea
e la
Sibilla
si presentano al cospetto di
Caronte
il quale sembra tutt'altro che lieto di vedere un vivo presentarsi alle sue sponde. La
Sibilla
interviene garantendo per
Enea
e mostrando il virgulto d'oro, questo gesto - misteriosamente - placa
Caronte
che si affretta a traghettare i due oltre il fiume.
Sull'altra sponda li attende il mostruoso
Cerbero
che viene placato dalla
Sibilla
con l'offerta di una focaccia affatturata.
Oltre l'
Acheronte
si trovano alcune categorie di anime non sottoposte ad alcuna pena. La prima è quella dei bambini morti anzitempo, la seconda quella di coloro che sono stati giustiziati per accuse ingiuste, i cui casi vengono rivisti e giudicati da
Minosse
. Seguono i suicidi, desolati nel rimpianto per la vita, ed i morti per amore.
Fra le vittime d'amore
Enea
incontra
Didone
.
Enea
pronuncia frasi all'indirizzo di
Didone
che sono frasi di pietà e di rimpianto, constata vera la notizia della morte di lei e le giura che solo il volere dei fati ha potuto por fine alla loro unione; ma
Didone
rimane in silenzio, gli occhi fissi al suolo, infine corre via senza aver pronunciato parola, verso il bosco dove l'attende
Sicheo
. Si tratta di un brano di assoluta maestria: il realismo delle frasi di
Enea
che suonano improvvisate ed imbarazzate per l'emozione dell'incontro è pari solo a quello dell'atteggiamento di
Didone
così umano e femminile. La pietà di
Enea
qui più che come simbolo o attributo appare come vera e profonda emozione; pena per la morte di lei, senso di colpa, angoscioso senso del destino sono i sentimenti che risaltano dalle parole dell'eroe con nitidezza che contrasta il contesto fantastico in cui si svolge l'azione. Istintivamente
Enea
tenta per qualche passo di seguire l'ombra fuggente di
Didone
e lo fa piangendo, consapevole che non la rivedrà mai più. "Quindi riprende il cammino assegnato" dice
Virgilio
dipingendo con una sola frase una volta di più la rassegnazione di
Enea
ai voleri del fato.
Seguono i caduti in guerra fra i quali, ovviamente, molte vittime della guerra di
Troia
e di altri mitici conflitti. Fra questi
Tideo
, uno dei
Sette contro Tebe
, ed
Adrasto
, capo della stessa spedizione. I troiani
Glauco
,
Medonte
e
Tersiloco
, i figli di
Antenore
(
Polibo
,
Agenore
,
Acamante
),
Polibete
ed
Ideo
. I
Troiani
si affollano intorno ad
Enea
accogliendolo lietamente, mentre le anime degli
Achei
si tengono in disparte, timorose. A questo punto
Enea
incontra
Deifobo
, fratello di
Ettore
, morto nell'ultima notte di
Troia
.
Deifobo
appare orribilmente mutilato, dal dialogo dei due si rivela un'antica amicizia: prima di partire da
Troia
Enea
, non potendo trovare il cadavere di
Deifobo
, gli aveva eretto un cenotafio e tributato le rituali onoranze.
Deifobo
racconta le circostanze della sua morte e delle sue mutilazioni. La notte della caduta di
Troia
, mentre i
Troiani
festeggiavano la fine della guerra,
Elena
aveva organizzato una danza bacchica per poter dare segnali agli
Achei
con le fiaccole.
Deifobo
(che dopo la morte di
Paride
aveva avuto per se
Elena
) dormiva nella sua casa quando i nemici presero la città, fu
Elena
a togliergli di nascosto le armi e a chiamare
Menelao
ed
Ulisse
perchè lo uccidessero. Per orgoglio o per pudore
Deifobo
sorvola sui colpi e sulle torture subite, per altro ben evidenti dai segni che ne recano le sue membra. Concluso il suo racconto
Deifobo
chiede ad
Enea
di raccontare le proprie vicende, in particolare quelle che lo hanno portato vivente a visitare l'Oltretomba, ma si intromette la
Sibilla
sollecitando
Enea
a proseguire.
Deifobo
si allontana indirizzando un augurio ad
Enea
.
Enea
e la
Sibilla
giungono infine alle porte della
città di Dite
che, a differenza di quella dantesca, contiene sia i luoghi di eterna dannazione, sia quelli dove vengono premiate le anime dei giusti. Come in
Dante
la città appare cinta da mura ciclopiche ma qui è circondata dal
Flegetonte
anzichè dalla
palude Stigia
. A guardia del vestibolo è la furia
Tisifone
(in contraddizione con la precedente collocazione in questo libro delle tre furie all'entrata dell'Orco). Si odono strida e lamenti tali da sgomentare
Enea
. La
Sibilla
intraprende una descrizione dei luoghi di pena che racconta di essere stata ammessa a visitare quando
Ecate
la pose a guardia dei boschi averni. Qui governa
Radamanto
, fratello di
Minosse
, che giudica e punisce tutti i crimini, compresi quelli rimasti impuniti nella vita terrena. I condannati vengono flagellati da
Tisifone
prima di essere gettati nel
Tartaro
. Nel
Tartaro
scontano pene eterne i
Titani
, abbattuti dalla folgore divina,
Oto ed Efialte
, capi della ribellione dei giganti,
Salmoneo
che aveva tentato di emulare la grandezza di
Giove
, il gigante
Tizio
la cui libidine è punita da un avvoltoio che gli rode continuamente il fegato;
Issione
e
Piritoo
(il primo aveva tentato di sedurre
Era
, il secondo di rapire
Proserpina
), che sono puniti con una pena simile a quella di
Tantalo
. La descrizione della
Sibilla
continua esemplificando i vari crimini puniti nel
Tartaro
e la molteplicità delle pene.
Nel frattempo i due giungono alle porte dei
Campi Elisi
dove
Enea
, dopo una rituale abluzione, fissa sulla soglia il ramo d'oro recato in offerta. Nella luce dei
Campi Elisi
, dove i beati danzano, cantano e giocano,
Orfeo
esegue le sue melodie. Fra i beati
Enea
scorge i progenitori della propria razza:
Ilo
,
Assaraco
e
Dardano
. La
Sibilla
si rivolge all'anima di
Museo
, discepolo di
Orfeo
, considerato il padre della poesia, chiedendogli indicazioni per trovare
Anchise
.
Museo
indica il luogo dove
Anchise
attende
Enea
esaminando le anime dei suoi futuri discendenti.
Il luogo in cui
Enea
e la
Sibilla
incontrano
Museo
è la sede delle anime destinate alla beatitudine eterna, mentre il luogo ove trovano finalmente
Anchise
ospita quelle anime che dopo un periodo di purificazione sono destinate a tornare sulla terra.
Anchise
appartiene ai beati ma si trova nel secondo luogo per contemplare e conoscere i suoi discendenti, alcuni dei quali avranno grande importanza nella storia di
Roma
.
Anchise
accoglie
Enea
con commozione, parlando dell'impazienza con cui ha atteso la sua visita e della sua apprensione nel seguire le vicende
Cartaginesi
del figlio.
Enea
, commosso a sua volta, tenta tre volte di abbracciarlo vanamente. Quindi
Enea
scorge in lontanaza una folla di anime presso le rive del
Lete
e chiede spiegazioni ad
Anchise
. Il discorso di risposta è complesso ed ha provocato molte discussioni fra gli studiosi. Si tratta in sostanza del concetto pitagorico-platonico della reincarnazione. Anime che hanno già vissuto sulla terra ed hanno già scontato negli
Inferi
le pene per i loro peccati sono destinate a tornare nel mondo per un'ulteriore purificazione o evoluzione. Evidentemente si tratta di una condizione diversa da quella dei condannati alle pene eterne ma anche da quella di chi - come
Anchise
- ha ormai raggiunto la definitiva beatitudine. Qualcosa di simile dunque al concetto di Purgatorio in cui però una parte della pena si sconti sulla terra. Oltre ad esporre questa teoria il brano ha la funzione di introdurre quello che sarà l'apice del sesto libro, ovvero la rassegna dei futuri discendenti di
Enea
che
Anchise
indicherà fra quelle anime in attesa. Ad
Enea
che immagina l'insostenibile sofferenza di chi - dopo aver soggiornato nei
Campi Elisi
- debba tornare alle passioni mondane,
Anchise
spiega come il bagno nelle acque del
Lete
abbia il potere di cancellare la memoria e fa rinascere il desiderio di vivere in un corpo. Finalmente
Anchise
accompagna
Enea
e la
Sibilla
presso quella schiera ed ha inizio la rassegna.
Il primo personaggio indicato è
Silvio
, che nascerà da
Enea
e da
Lavinia
, sarà re e padre di re. Qui l'opera risente di alcune di quelle contraddizioni che
Virgilio
avrebbe forse eliminato in una ulteriore revisione del testo, infatti non è chiaro perchè si taccia di
Ascanio
nel definire la discendenza di
Enea
. Molti altri autori indicano
Ascanio
come fondatore di
Albalonga
e
Silvio
come suo successore, in alcuni casi come suo figlio. Una versione del mito narrava che
Ascanio
, dopo la morte di
Enea
, perseguitò
Lavinia
che nascostasi nei boschi mise al mondo
Silvio
, figlio postumo di
Enea
.
Nella rassegna seguono altri re di
Albalonga
(
Proca
,
Capi
,
Numitore
,
Silvio Enea
) che compaiono anche in
Tito Livio
sia pure in ordine diverso. La lista dei re di
Alba
fu concepita in epoca relativamente tarda per giustificare il periodo di tempo che divide la vicenda di
Enea
da quella di
Romolo
e
Remo
. A sostegno del suo discorso sulla futura grandezza dei discendenti dei
Troiani
Anchise
cita alcune città della confederazione albana che si dicevano fondate dai re di
Alba
(
Gabi
,
Nomentum
,
Fidene
,
Pomezia
,
Castro d'Inuo
,
Bola
,
Cora
).
Romolo
regnerà brevemente su
Alba
con il nonno
Numitore
prima di fondare
Roma
, già appare ornato degli attributi divini e con i suoi auspici
Roma
dominerà il mondo.
La rassegna continua con
Augusto
additato come rifondatore dell'età dell'oro del
Lazio
e come colui che estenderà l'impero romano fino ai confini del mondo; con
Numa Pompilio
il cui regno sarà basato sulle istituzioni religiose e sulla pace, con
Tullo Ostilio
che riaccenderà la grandezza militare, con l'orgoglioso
Anco Marzio
e con la dinastia dei
Tarquini
.
Viene quindi indicato
Bruto
che sarà il primo
console
e che non esiterà a condannare al supplizio i propri figli colpevoli di tradimento. I Deci ed i
Drusi
,
Torquato
e
Camillo
.
Cesare
e
Pompeo
che come tutte le anime in quel luogo si mostrano ora concordi e che daranno luogo ad una terribile ed esecrata guerra civile. Ancora viene additato
Lucio Mummio
, vincitore della
Lega Achea
(
146 a.C.
) e
Lucio Emilio Paolo
, vincitore a
Pidna
contro
Perseo
nel
168 a.C.
, la stirpe dei
Gracchi
e quella degli
Scipioni
,
Catone il Censore
ed il leggendario
Aulo Cornelio Cosso
, vincitore sul re di
Veio
Tolumnio
nel
428 a.C.
, infine
Atilio Regolo
e
Fabio Massimo
.
Il discorso di
Anchise
termina con una considerazione fondata sul concetto della Pax Romana: missione di
Roma
sarà di legiferare e governare la pace, "risparmiare i sottomessi e debellare i superbi".
Come a sostenere questa tesi
Anchise
addita ancora un futuro campione dei
Romani
, si tratta di
Claudio Marcello
, vincitore dei
Galli Insubri
a
Clastidium
(
222 a.C.
), eroe della
seconda guerra punica
e conquistatore di
Siracusa
(
212 a.C.
), caduto nel
208
combattendo contro
Annibale
. Fra la folla di anime, presso quella dell'appena menzionato
Claudio Marcello
,
Enea
nota un giovane bello e regale sul cui capo "aleggia una trista ombra". Si tratta, come spiega
Anchise
, del giovane
Marcello
che morirà appena diciannovenne e che, se potesse sfuggire questo destino, diventerebbe grande ed insigne come il suo proavo.
Infine
Anchise
informa
Enea
(ma non si dice in quali termini) sulle sue prossime vicende belliche, sui popoli del
Lazio
e sulla città di
Latino
.
Enea
esce dall'Oltretomba attraverso una delle porte del
Sonno
, quella d'avorio dalla quale passano di solito i sogni mendaci, l'altra - di corno - è usata dai sogni e dalle visioni veritiere. L'interpretazione del passo è oscura: il particolare delle due porte dei sogni ha origine nell'
Odissea
ma non è chiaro il motivo per cui
Anchise
faccia uscire
Enea
dalla porta dei sogni ingannevoli. Forse perchè corrisponde a quella da cui è entrato?
Virgilio
vuole sottintendere che tutto il viaggio è stato un sogno? La porta dei presagi veriteri è preclusa ad
Enea
perchè vivente? Comunque sia
Enea
, tornato dai compagni, si affretta a riprendere il mare ed il sesto libro si conclude con il suo arrivo a
Gaeta
.
LIBRO SETTIMO
La nutrice di
Enea
,
Caieta
, muore e viene sepolta nel luogo dove i
Troiani
sono appena approdati, luogo al quale in suo onore danno il nome di
Gaeta
. Ripartite, le navi di
Enea
costeggiano il promontorio del
Circeo
. Qui si trova, fra boschi inviolati, la dimora della maga
Circe
con il suo serraglio di uomini magicamente tramutati in maiali, orsi e belve feroci. Con l'aiuto di
Nettuno
la flotta naviga velocemente allontanandosi dai pericoli del luogo. Improvvisamente i venti si calmano ed il mare diviene immoto, in quel momento
Enea
scorge in lontananza un ampio bosco e, al centro, la foce del
Tevere
.
Accompagnate dal canto di uccelli variegati e sospinte dai remi, le navi cominciano a risalire le placide correnti del fiume. Con un'invocazione alla musa
Erato
,
Virgilio
comincia a narrare le vicende e le condizioni del
Lazio
al momento dell'arrivo di
Enea
in quello che è stato definito il secondo proemio del Poema. Si è infatti conclusa con il sesto libro la prima parte dell'Eneide. Se i primi sei libri sono confrontabili con l'
Odissea
per i temi del viaggio, delle avventure amorose dell'eroe e della discesa agli Inferi, la seconda parte viene rapportata all'
Iliade
per gli episodi guerreschi che vi si narrano.
Regnava a quei tempi sul
Lazio
il vecchio re
Latino
, figlio di
Fauno
e della
ninfa
Marica
, padre di
Fauno
fu
Pico
, a sua volta figlio di
Saturno
.
Latino
, per volere degli dei, aveva perso ancora giovanissimi tutti i figli maschi e gli restava una sola figlia in età di matrimonio:
Lavinia
. Come è naturale
Lavinia
aveva molti pretendenti, primo fra questi il potente
Turno
.
Fatti prodigiosi avvenuti alla reggia di
Latino
erano stati interpretati come presagi di guerra. Uno sciame di api si posò su un ramo del sacro lauro del cortile della reggia, albero dal quale i
Laurenti
prendevano il nome. Gli indovini videro nello sciame il presagio dell'arrivo di una schiera straniera che avrebbe dominato la rocca.
Durante un rito sacrificale le chiome di
Lavinia
si incendiano improvvisamente e presto l'incendio interessa l'intero palazzo (ma senza recare danni, si direbbe) ed anche questo fatto miracoloso viene interpretato come presagio di grandi eventi riguardanti la giovane e di una guerra imminente.
Latino
aveva dunque deciso di consultare l'oracolo di
Fauno
presso la fonte Abulnea (da alcuni identificata con
Tivoli
, da altri con la località di Zolforate nella zona Laurentina). Il responso di
Fauno
era stato estremamente chiaro,
Lavinia
avrebbe dovuto sposare un genero straniero ed alla loro stirpe sarebbe toccata in sorte grandissima gloria.
Al momento dell'arrivo di
Enea
in tutte le città ausonie di parlava di questa profezia.
Enea
ed i suoi, sbarcati, preparano un frugale pasto sotto gli alberi della nuova terra. Per ispirazione divina i
Troiani
dispongono i cibi su delle sottili focacce che, alla fine, vengono mangiate con appetito. La cosa diverte
Ascanio
che lo fa notare scherzosamente. Immediatamente
Enea
intuisce che si è verificata la profezia dell'
arpia
Celeno
e che, quindi, quella dove si trovano è la terra italica alla quale i fati li hanno destinati. E' da notare che nel discorso che segue
Enea
dichiara di ricordare una tale profezia come pronunciata da
Anchise
, invece che da
Celeno
, ancora una volta il particolare denuncia l'intenzione di
Virgilio
di rivedere il poema ed apportarvi modifiche. Alle preghiere ed ai voti di
Enea
si degna di rispondere
Giove
facendo sentire tre volte il tuono e mostrando una nuvola prodigiosa "ardente di raggi luminosi e d'oro".
Con grande entusiasmo i
Troiani
esplorano il luogo e rinnovano i sacrifici.
Enea
organizza un'ambasceria dei cento troiani più abili nell'arte oratoria perché si presenti agli abitanti del luogo portando segni e parole di pace. Gli ambasciatori vengono ricevuti nel palazzo del re, circondato da selve sacre.
Virgilio
descrive la solenne reggia di
Latino
, adorna di statue dei re e degli dei del
Lazio
arcaico.
Latino
accoglie benevolmente i
Troiani
offrendo loro ospitalità e ricordando le origini italiche di
Dardano
, fondatore di
Troia
.
Gli risponde
Ilioneo
che rivela che i
Troiani
sono giunti nel
Lazio
comandati da precise indicazioni degli oracoli, che sono guidati da
Enea
e che chiedono un piccolo territorio dove vivere offrendo in cambio amicizia ed alleanza. Quindi
Ilioneo
porge alcuni doni inviati da
Enea
, oggetti appartenuti ad
Anchise
ed a
Priamo
.
Latino
associa subito la venuta di
Enea
con la profezia che parlava di un genero straniero e dopo aver assicurato
Ilioneo
a proposito della terra richiesta lo incarica di invitare
Enea
alla reggia e gli rivela la profezia.
Gli ambasciatori ricevono in dono splendidi cavalli ed un magnifico carro da portare ad
Enea
.
La comprensibile letizia dei
Troiani
viene notata dalla sempre ostile
Giunone
che non intende desistere dalla sua persecuzione. La dea sa di non poter mutare i disegni del fato ma sa anche di poterli ritardare provocando difficoltà e guerre. Per attuare i suoi propositi,
Giunone
convoca l'orribile furia
Aletto
perché sparga la discordia fra i
Troiani
e le genti italiche.
La furia agisce sulle passioni umane esacerbandole. La prima ad essere visitata da
Aletto
è
Amata
, moglie di
Latino
.
Aletto
le getta in grembo uno dei serpenti che formano la sua chioma: l'animale non la morde ma la intossica con il suo alito viperino e le rimane indosso assumendo ora la forma di un monile, ora di un nastro.
Amata
, ispirata dal serpente, comincia a compiangere la sorte di
Lavinia
presso
Latino
ed a calunniare
Enea
. Per convincere
Latino
a dare la figlia in sposa a
Turno
, cavilla sull'origine straniera del Rutulo, qui definito discendente di
Acrisio
, di stirpe argiva.
Di fronte alla persistenza di
Latino
nel suo proposito,
Aletto
rinvigorisce la propria infernale influenza su
Amata
la quale, ormai in preda al furore, fugge nei boschi portando con se
Lavinia
ed inizia uno scatenato rito bacchico al quale presto si uniscono molte altre donne.
Mentre si svolge l'orgia,
Aletto
si reca ad
Ardea
per comparire in sogno a
Turno
(assumendo l'aspetto di un'anziana sacerdotessa) ed incitarlo a cacciare i
Troiani
dal
Lazio
. Nel sogno
Turno
schernisce la vecchia e le ordina di non intromettersi in questioni di guerra: infuriata l'
Erinni
assume il suo vero ed orribile aspetto e scaglia sul giovane una torcia, "e confisse nel suo cuore fiaccole fumanti di nera luce".
Turno
si desta sconvolto e corre alle armi.
Mentre
Turno
convoca i
Rutuli
e dichiara guerra ai
Troiani
ed ai
Latini
,
Aletto
- non ancora soddisfatta - escogita un ulteriore espediente per seminare la discordia. Fa in modo che
Ascanio
, che stava cacciando, colpisca il cervo addomesticato dell'allevatore
Tirro
(si ritiene che costui fosse un colono rutulo in territorio latino).
Silvia
, figlia di
Tirro
, vedendo uccidere l'animale a lei caro, chiama aiuto.
Tirro
raduna uomini,
Aletto
suonando il suo corno che si ode in tutto il
Lazio
richiama alla rissa schiere di contadini, mentre i
Troiani
escono dall'accampamento in soccorso di
Ascanio
. Ne nasce una vera e propria battaglia nella quale cadono fra gli altri
Almone
, primogenito di
Tirro
, ed il vecchio Galeso, saggio agricoltore latino che tentava di riportare la pace.
Aletto
vola da
Giunone
e, vantandosi dei risultati ottenuti, propone di allargare la guerra che ha scatenato alle città confinanti; ma
Giunone
(che forse ritiene di aver ecceduto, le ordina di allontanarsi dalla sede degli dei dove la presenza della furia non sarebbe gradita a
Giove
. Se saranno necessari altri interventi, dichiara
Giunone
, li compirà personalmente.
Aletto
torna negli inferi attraverso un antro appenninico, liberando il cielo e la terra della sua nefasta presenza.
Il popolo circonda la reggia di
Latino
mostrando i corpi dei caduti e chiedendo al re di combattere i
Troiani
,
Turno
furente lo incita con i suoi argomenti, ma
Latino
si chiude nel palazzo rifiutando di aprire le porte del tempio di
Giano
, gesto che avrebbe rappresentato l'inizio della guerra (da notare che l'istituzione di questa usanza è generalmente attribuita a
Numa Pompilio
).
Interviene personalmente
Giunone
che apre, anzi scardina, le porte del tempio.
Un lungo catalogo contiene molti nomi di località e popolazioni, in pratica la guerra scatenata da
Giunone
ed
Aletto
vedrà
Enea
impegnato contro tutto il
Lazio
e parte della
Sabina
, dell'
Umbria
e della
Campania
.
Per ultimi, nel catalogo, sono citati i
Volsci
, guidati dalla vergine
Camilla
, figlia del re
Metabo
.
Il catalogo degli alleati di
Turno
Atina
Ardea
Tivoli
Crustumerio
Antemnae
Mezenzio d'Etruria
Lauso
Agillina (Cere)
Aventino
figlio di
Ercole
Catilo
-
Cora
-
Tiburte
Ceculo
fondatore di
Preneste
Messapo
Fescennini
Falisci
Clauso
Ereto
Mutusca
Nomento
Velino
Tetrica
Monte Severo
Casperia
Foruli
Fiume Imella
Fabari (Farfa)
Tevere
Norcia
Orte
Allia
Aleso
Aurunci
Sidicini
Volturno
Cale
Saticoli
Osci
Ebalo di Telone e Sebetide
Sarrasti
Sarno
Batulo
Rufra
Celenne
Avella
Nersa
Ufente
Equicoli
Umbrone
Angizia
Fucino
Aricia
Virbio
Argivi
Aurunci
Rutuli
Sicani
Sacrani
Labici
Circeo
Feronia
Camilla
Diversamente dai cataloghi inclusi nell'
Iliade
e in altri poemi epici, quello proposto da
Virgilio
non presenta le coppie "popolazione - comandante", ma è un elenco eterogeneo che comprende nomi di popoli, di comandanti, di località e vari riferimenti geografici. Il risultato è certamente più godibile di una mera elencazione.
LIBRO OTTAVO
Turno
, portando le insegne fuori dalla rocca di
Laurento
, apre le ostilità ed i vari personaggi citati nel catalogo del settimo libro passano ai fatti. Si raccolgono milizie nella campagna e viene inviato un certo
Venulo
a chiedere aiuto, in
Argo
, a
Diomede
(che rifiuterà).
Frattanto
Enea
è assorto in gravi pensieri. Una notte, dopo aver vagato lungo il
Tevere
meditabondo, si addormenta presso la riva e nel sogno gli appare
Tiberino
, dio del fiume, che lo rassicura sulla sorte dei
Troiani
e pronuncia una profezia: la nuova città dovrà essere fondata nel luogo in cui
Enea
troverà una scrofa bianca appena sgravata di trenta porcellini. Trent'anni dopo
Ascanio
fonderà un'altra città di nome
Alba
. Infine il dio fluviale comanda ad
Enea
di recarsi alla città di Pallanteo, sulla quale regna l'esule arcade
Evandro
, che lo aiuterà nella guerra. Destatosi
Enea
rende il dovuto omaggio al dio fluviale e subito fa preparare due biremi per recarsi a Pallanteo risalendo il
Tevere
. Subito si manifesta la prodigiosa apparizione della scrofa bianca come predetto da
Tiberino
.
Dopo una navigazione agevolata del
Tevere
che scorre placidamente, le due navi di
Enea
avvistano una rocca ed un piccolo abitato. Trovano
Evandro
intento a svolgere sacrifici in compagnia del figlio
Pallante
e di tutti i notabili della modesta città.
Pallante
va incontro alle navi e dalla riva chiede ai visitatori di presentarsi.
Enea
mostra un ramo di ulivo (simbolo di pace) e chiede di vedere
Evandro
.
Nella cultura classica l'
Arcadia
rappresentava un ideale modello di vita bucolico particolarmente caro a
Virgilio
, infatti
Enea
, pur essendo
Evandro
un greco non lo considera un nemico, anzi nel suo primo discorso ad
Evandro
cita una parentela mitologica fra
Troiani
ed
Arcadia
, risalenti ad
Elettra
madre di
Dardano
e
Maia
, sorella di
Elettra
e madre di
Mercurio
, dal quale discendevano gli
Arcadia
.
Enea
propone subito un'alleanza ad
Evandro
per fronteggiare quanti vogliono cacciare i
Troiani
dal
Lazio
. Se questi riuscissero nel loro intento, avverte
Enea
, penserebbero certamente di poter dominare l'intera
Italia
e recherebbero danno anche alle colonie degli
Arcadi
.
L'accoglienza di
Evandro
è fraterna, egli ricorda di aver conosciuto ed ammirato da giovane
Priamo
ed
Anchise
in visita all'
Arcadia
e di aver ricevuto doni dal secondo.
Evandro
assicura
Enea
che gli fornirà rinforzi, nel frattempo invita i
Troiani
a partecipare ai riti annuali ed alle mense.
Durante il banchetto rituale che segue
Evandro
, per spiegare ad
Enea
il senso e l'origine di quelle cerimonie racconta la vicenda di
Ercole
e
Caco
, svoltasi in quei luoghi.
Caco
era una mostruosa creatura che abitava un'oscura spelonca alla cui porta pendevano sempre teste umane, resti delle stragi bestiali che soleva compiere. Figlio di
Vulcano
, egli continuò a spargere il terrore finchè non giunse nel regno di
Evandro
Ercole
, reduce dall'uccisione di
Gerione
, portando con se un armento di splendidi bovini. Presto
Caco
riuscì a rubare quattro tori e quattro giovenche che nascose nella spelonca trascinandoli per la coda al fine di non lasciare orme visibili. Frattanto
Ercole
, che si preparava a ripartire, faceva uscire le bestie dalle stalle: al muggito delle mucche rispondevano gli animali nascosti facendosi udire da
Ercole
, il quale infuriato correva a cercare i capi mancanti impugnando la clava. A quella vista
Caco
fuggì spaventato nella spelonca e spezzò le catene che reggevano un enorme masso facendolo cadere a bloccare la porta dell'antro.
Ercole
tentò tre volte di rimuovere il masso, infine lo distrusse facendone precipitare un altro dalla rupe che sovrastava la spelonca.
Caco
tentò di difendersi scagliando tronchi e macigni contro
Ercole
, quindi vomitò dalle fauci un'immensa fumata che avvolse l'antro nella caligine. Contro
Ercole
però il fumo e le fiamme emesse da
Caco
non servirono, l'eroe riuscì ad afferrare e strangolare la mostruosa creatura. La popolazione accorse felice a contemplare il cadavere di
Caco
e da allora si celebrò il culto, intorno all'
Ara Massima
posta dallo stesso
Ercole
, culto che fu istituito da
Potizio
e di cui furono custodi i
Pinarii
.
Da allora è tradizione che i
Salii
danzino cantando le gesta di
Ercole
(questo particolare è anacronistico, inoltre i
Salii
erano sacerdoti di
Marte
, non di
Ercole
: si è quindi ritenuto che i
Salii
a cui si riferisce
Virgilio
non siano quelli romani ma altri sacerdoti, forse di
Tivoli
, di cui non si ha memoria certa).
Compiuti i riti
Evandro
ed il figlio si avviano alla rocca discorrendo con
Enea
.
Evandro
racconta ad
Enea
le origini del
Lazio
. Vi abitavano
fauni
e
ninfe
, esseri selvatici che vivevano della caccia e dei frutti degli alberi, finché non giunse
Saturno
a dare loro leggi civili, inaugurando un'età dell'oro di carattere bucolico. A questa età seguì un periodo di decadenza nel corso del quale varie popolazioni si avvicendarono nel dominio del
Lazio
.
Quanto a se stesso,
Evandro
racconta di essere giunto esule come
Enea
, guidato dagli oracoli di
Apollo
e dalla chiaroveggenza di sua madre, la
ninfa
Carmenta
. Quindi
Evandro
mostra ad
Enea
luoghi che faranno poi parte della
Roma
arcaica e della tradizione romulea: la
Porta Carmentale
, il bosco sacro che
Romolo
dedicherà a quanti vorranno trasferirsi nella nuova città, il
Lupercale
, la
rupe Tarpea
, il
Campidoglio
, il
Gianicolo
con le antiche rocche costruite da
Saturno
e
Giano
.
Infine
Evandro
accoglie
Enea
nella sua modesta dimora. Sono importanti i particolari di questo passo, la povertà della casa del re, il bestiame che pascola nei luoghi dove sorgono ricchi quartieri romani: tutti dettagli che sostengono il concetto virgiliano dell'origine agreste della civiltà romana.
Lasciando
Enea
nella casa di
Evandro
,
Virgilio
passa a
Venere
che, angosciata per i pericoli che il figlio sta correndo, si reca da
Vulcano
a chiedere armi di fattura divina per
Enea
. Per ottenere l'aiuto dello sposo la dea usa le sue armi di divina seduttrice. Nell'officina delle
Isole Eolie
Vulcano
si mette dunque al lavoro, aiutato dai
Ciclopi
, per forgiare le nuove armi di
Enea
.
Intanto
Evandro
si desta alle prime luci dell'alba e si reca, con il figlio
Pallante
, ad incontrare
Enea
, a sua volta accompagnato da
Alete
.
Evandro
conferma il suo aiuto ad
Enea
e descrive la situazione presente del suo paese, quasi un seguito del racconto del passato del
Lazio
pronunciato la sera precedente. Gli
Arcadi
sono minacciati dagli
Etruschi
da un lato e dai
Rutuli
dall'altro. Non lontana sorge la città di
Agilla
(poi
Cere
,
Cerveteri
), già dominio del crudele
Mezenzio
, tristemente noto per stragi e torture fra cui quella di legare prigionieri vivi a cadaveri e lasciarli morire in tale situazione.
Il tiranno, cacciato dai propri concittadini, aveva trovato rifugio presso i
Rutuli
. Il rifiuto di
Turno
di consegnare
Mezenzio
alla sua gente avrebbe già provocato la guerra se la profezia di un veggente non avesse imposto agli
Etruschi
di trovare un capo straniero. Gli abitanti di
Agilla
hanno offerto il comando ad
Evandro
ma questi, impedito dalla vecchiaia, intende cederlo ad
Enea
.
Enea
dunque sarà aiutato nella guerra da un forte esercito etrusco, oltre che da quattrocento cavalieri arcadi, ed avrà come compagno
Pallante
.
Appena finito il discorso di
Evandro
si verifica un prodigio: un fulmine a ciel sereno è seguito da un immenso fragore e compaiono dal cielo le armi che
Venere
ha fatto preparare da
Vulcano
.
Incoraggiato dal prodigio,
Enea
decide di recarsi subito al campo etrusco per assumere il comando delle truppe di
Agilla
;
Evandro
saluta il figlio (che parte con
Enea
) piangendo e rammaricandosi di non poter partecipare personalmente alla guerra.
Quando
Enea
sta per raggiungere il bosco sacro dove si radunano gli
Etruschi
, gli appare
Venere
e gli consegna le magnifiche armi.
Sullo scudo
Vulcano
ha rappresentato gli episodi futuri della storia di
Roma
: i gemelli allattati dalla lupa, il
ratto delle Sabine
e la guerra conseguente; il supplizio di
Mettio Fufezio
, capo degli
Albani
che non aveva rispettato i patti di alleanza con
Tullo Ostilio
, l'assedio di
Roma
ad opera di
Porsenna
dopo la cacciata di
Tarquinio il Superbo
e l'eroismo di
Orazio Coclite
e di
Clelia
; ancora
Manlio Torquato
che difende il
Campidoglio
dall'assalto dei
Galli
, i riti dei
Salii
e dei
Luperci
, il prodigio degli
scudi ancili
caduti dal cielo; la congiura di
Catilina
; le leggi di
Catone
; poi la battaglia di
Azio
e le immagini di
Augusto
,
Agrippa
,
Antonio
e
Cleopatra
.
LIBRO NONO
Giunone
invia
Iride
ad avvertire
Turno
dell'opportunità di attaccare il campo troiano immediatamente, approfittando dell'assenza di
Enea
.
Turno
accetta subito il consiglio e muove con tutta la sua armata contro i
Troiani
. Questi, rispettosi degli ordini lasciati da
Enea
, si chiudono nel campo e lo difendono dall'interno, resistendo ai veementi attacchi dei
Rutuli
. Allora
Turno
ordina di dar fuoco alle navi troiane che si trovano all'ancora alla foce del
Tevere
, ma le navi sono protette dal volere divino.
Enea
le aveva fatte costruire con gli alberi di un bosco sacro a
Cibele
, la madre degli dei, e questa aveva chiesto a
Giove
di renderle indistruttibili.
Giove
non aveva potuto accogliere la richiesta perché neanche agli dei il Fato consente di rendere immortali oggetti costruiti dagli uomini, aveva però giurato di trasformare, una volta arrivate alle sponde del
Lazio
, le navi superstiti in
ninfe
marine. Infatti, come animate di vita propria, le navi strappano gli ormeggi e si inabissano, poco dopo riaffiorano altrettante figure femminili che si allontanano sul mare davanti agli occhi attoniti dei
Rutuli
.
Turno
non si perde di coraggio, anzi sprona i suoi a combattere sostenendo che anche
Giove
ha voluto privare i
Troiani
delle navi (quindi della possibilità di fuga) e che si dovrà espugnare il campo e cacciare i
Teucri
per vendicare l'affronto da lui subito nel vedersi sottrarre la promessa sposa.
I
Rutuli
cingono quindi d'assedio il campo troiano e si dispongono a bivaccare per la notte. Frattanto
Mnesteo
e
Sergesto
, come disposto da
Enea
, hanno assunto il comando,
Niso
ed
Eurialo
sono di guardia alla porta del campo. Desideroso di gloria
Niso
confida ad
Eurialo
la sua intenzione di tentare una sortita nel campo dei
Rutuli
che sembrano essersi lasciati andare alle libagioni ed al sonno, ma
Eurialo
rifiuta di lasciarlo andare solo ed insiste per seguirlo. I due giovani si recano dai capi troiani e chiedono il permesso di tentare la sortita per raggiungere
Enea
ed avvertirlo dell'attacco di
Turno
.
Il vecchio
Alete
elargisce grandi lodi e promette premi ai ragazzi, ancora di più ne promette
Ascanio
al quale
Eurialo
chiede di proteggere sua madre. Fra commoventi saluti ed auguri da parte dei compagni,
Eurialo e Niso
lasciano il campo. Mentre attraversano il bivacco degli assedianti
Niso
decide di fare strage dei nemici addormentati. I due uccidono molti uomini e prendono alcuni cimeli fra cui un elmo, indossato da
Niso
, infine fuggono silenziosi nella notte. Li scorge, a causa dei bagliori dell'elmo, un manipolo di trecento uomini latore di messaggi di
Latino
al campo dei
Rutuli
. I due giovani cercano riparo nel fitto del bosco mentre i nemici, più esperti dei luoghi, li circondano.
Eurialo
, confuso dall'oscurità, cade presto in un'imboscata e si batte come può, circondato da molti nemici.
Niso
, accorgendosi dell'assenza dell'amico, torna indietro a cercarlo e tenta di aiutarlo da lontano scagliando lance, ma quando vede il capo del manipolo
Volcente
alzare la spada per colpire
Eurialo
esce allo scoperto. Il suo sacrificio non serve a salvare
Eurialo
che viene trafitto con un colpo di spada e muore "come un fiore purpureo reciso dall'aratro".
Prima di morire sotto l'assalto dei nemici,
Niso
decide di uccidere
Volcente
. Al campo di
Turno
si piangono i molti guerrieri uccisi da
Eurialo e Niso
fra i quali l'indovino
Ramnete
.
Turno
, all'alba, ordina di riprendere la battaglia ed ostenta come insegne le teste dei due giovani conficcate sulle lance.
La madre di
Eurialo
, avvertita della morte del figlio, corre alle mura ed incurante delle frecce dei
Rutuli
pronuncia un accorato lamento invocando la morte. Mentre
Ascanio
ed altri tentano di calmare la donna, i
Volsci
sferrano un pesante attacco; i
Troiani
si difendono rotolando macigni contro di loro,
Mezenzio
cerca di appiccare incendi,
Messapo
di scalare le mura degli assediati, ma il più terribile dei guerrieri è
Turno
che alla testa dei suoi attacca la torre del campo troiano e la incendia facendola crollare. Fra quanti erano nella torre si salvano solo due giovani:
Elenore
e
Lico
. Il primo viene circondato dai
Rutuli
ed ucciso, il secondo fugge verso il muro di cinta e cerca di rientrare nel campo ma viene afferrato da
Turno
.
La battaglia continua furibonda,
Virgilio
elenca molti caduti dei due fronti.
Ascanio
combatte per la prima volta nella sua vita, ma è un tiratore abile, allenato alla caccia, ed abbatte
Numano
, detto anche Remulo, cognato di
Turno
, che urlava insulti e derideva i
Troiani
.
Apollo
, assunte le sembianze del vecchio
Bute
, appare vicino ad
Ascanio
e lo esorta a non esporsi, a desistere dalla guerra, poi per ottenere ubbidienza si manifesta prima di allontanarsi. Incoraggiati dall'apparizione del dio i compagni di
Ascanio
combattono con rinnovato vigore ed escono allo scoperto.
Due giovani troiani,
Pandaro e Bizia
, osano aprire la porta del campo. Subito ne approfitta
Turno
che uccide molti
Troiani
fra i quali
Bizia
. A questa vista
Pandaro
chiude velocemente le porte non accorgedosi però che
Turno
ha fatto in tempo ad entrare. Il primo scontro di
Turno
è con
Pandaro
al quale spacca letteralmente la testa. Se avesse pensato - dice
Virgilio
- ad aprire le porte ai compagni per i
Troiani
non ci sarebbe stato scampo, ma
Turno
è eccitato dalla paura che sa di suscitare nei suoi nemici e, combattendo da solo, uccide molti
Troiani
. Il primo a reagire alla furia di
Turno
è
Mnesteo
che incita i compagni a non fuggire e a non lasciarsi sconfiggere da un solo uomo. A questo punto le cose si mettono male per
Turno
che, circondato dai
Troiani
è privo anche del consueto aiuto di
Giunone
al quale
Giove
ha proibito di intervenire. Infine
Turno
si salva tuffandosi nel
Tevere
con tutte le armi e riuscendo a raggiungere illeso il proprio campo.
LIBRO DECIMO
Sull'
Olimpo
,
Giove
convoca un consiglio degli dei per discutere delle vicende laziali di
Enea
e con un breve discorso esorta
Giunone
e
Venere
a far cessare la guerra e rimanere neutrali.
La prima a rispondere è
Venere
che, dopo aver sottolineato le responsabilità di
Giunone
in merito alla guerra presente ed a tutte le precedenti traversie di
Enea
, prega che le sia almeno concesso, se il volere dei fati è cambiato ed è ora avverso ai
Troiani
, di salvare la vita di
Ascanio
.
Giunone
ribatte furiosamente accusando
Venere
di essere stata lei, ispirando
Paride
perché rapisse
Elena
, la causa della guerra di
Troia
e di tutte le conseguenti sventure.
Giove
conclude la discussione con un discorso che in breve significa che egli, esasperato dalla contesa fra le due dee, intende lasciare che gli eventi seguano il loro corso senza intervenire In effetti questo discorso equivale a confermare la vittoria dei
Troiani
poiché
Giove
conosce il Fato ed ha già più volte previsto la futura dominazione del
Lazio
da parte di
Enea
e della sua stirpe.
Riprende la descrizione della battaglia che vede i
Troiani
stretti nell'assedio dei
Rutuli
. In assenza di
Enea
i più forti guerrieri troiani (
Asio
,
Glauco e Lade Imbrasidi
,
Timete
, Timbri,
Acmone
ed altri) sono in prima fila e difendono come possono il campo dall'assalto violentissimo del nemico. Fra loro combatte il giovanissimo
Ascanio
(in contraddizione con l'episodio del libro precedente in cui si racconta che
Ascanio
si asteneva dal combattere per ordine di
Apollo
).
Frattanto
Enea
, giunto presso gli
Etruschi
, ha stretto un'alleanza con il loro re
Tarconte
come suggerito da
Evandro
e, seguito dai nuovi alleati, ha intrapreso il viaggio di ritorno per mare. A questo punto
Virgilio
, dopo un'invocazione alle
Muse
, inizia una celebre descrizione delle schiere etrusche al seguito di
Enea
, nel corso della quale compaiono i nomi di molti eroi spesso non citati in alcun altro luogo dell'opera:
Massico
con i guerrieri di
Chiusi
e di Cosa,
Abante
con seicento combattenti di
Populonia
, l'
aruspice
Asila
al comando dei
Pisani
,
Asture di Cere
e molti altri.
Mentre la nave di
Enea
naviga alla testa della flotta, si avvicinano le
ninfe
marine che sono state le sue navi ed una di esse,
Cimodocea
, si rivolge all'eroe e gli rivela che
Turno
ha aggredito il campo troiano. Gli narra inoltre della metamorfosi che ha mutato lei e le sue compagne in
ninfe
del mare per volere di
Cibele
e di
Giove
e lo incita a combattere contro i
Rutuli
. Allontanandosi la
ninfa
imprime una potente spinta alla nave di
Enea
che viaggia velocissima verso i luoghi della battaglia.
Ancora prima di approdare
Enea
scorge i combattimenti in corso ed esorta compagni ed alleati a battere i
Rutuli
.
Enea
inizia a combattere uccidendo
Terone
, ferendo
Lica
, due guerrieri rutuli non nominati altrove, quindi continua a far strage dei nemici. La battaglia è durissima, gli
Arcadia
di
Evandro
esitano davanti al gran numero dei
Latini
ma li incoraggia con le parole e con l'esempio il giovane
Pallante
. L'impeto di
Pallante
è uguagliato sul fronte opposto da quello del giovane
Lauso
, figlio di
Mezenzio
. Infine interviene
Turno
che ordina di lasciargli lo scontro con
Pallante
. In un momento di grande drammaticità
Pallante
e
Turno
si fronteggiano, il giovane arcade invoca, prima di iniziare il duello, l'aiuto di
Ercole
. Qui
Virgilio
, con una tecnica utilizzata anche il altri luoghi dell'opera, introduce una scena esterna alla battaglia: un dialogo fra
Ercole
che si duole di non poter aiutare il giovane che lo invoca e
Giove
che lo consola parlando della gloria che
Pallante
riceverà dalla sua morte, ormai decisa dal Fato.
La lancia di
Pallante
ferisce solo superficialmente
Turno
, ma quella del Rutulo perfora con grande veemenza la corazza ed il petto del giovane che "crollò sulla ferita ... e morendo percosse la terra ostile con il volto insanguinato". Superbamente
Turno
si impossessa delle armi dell'ucciso ma concede agli
Arcadia
di portarne via il corpo per le onoranze funebri.
Con una riflessione
Virgilio
anticipa al lettore che
Turno
avrà motivo di dolersi dell'uccisione di
Pallante
.
Enea
, che stava evidentemente combattendo il altro luogo, viene informato della morte di
Pallante
e reagisce con furore contro i nemici, nei versi che seguono
Virgilio
descrive in rapidissimi episodi la fine di molti nemici per mano dell'eroe.
Di nuovo la scena si sposta sull'
Olimpo
dove
Giove
e
Giunone
seguono lo svolgersi della battaglia, il dio fa notare alla sua sposa come il Fato si stia facendo strada e come le sorti dello scontro stiano ormai divenendo favorevoli ai
Troiani
.
Giunone
lo supplica di salvare
Turno
, ma
Giove
consente soltanto di sottrarlo temporaneamente alla morte imminente.
Giunone
interviene in modo molto singolare, facendo apparire agli occhi di
Turno
una falsa immagine di
Enea
in fuga perché lo insegua. Ciò facendo il rutulo sale su una nave etrusca ormeggiata sulla spiaggia e
Giunone
spezza gli ormeggi perché l'imbarcazione prenda il largo portando
Turno
lontano dal luogo del pericolo.
Turno
, vedendo sparire l'ombra di
Enea
, capisce di essere vittima di un prodigio e si dispera all'idea che i compagni lo credano fuggito.
Intanto entra in battaglia
Mezenzio
che viene descritto possente come una roccia mentre affronta ed uccide da solo molti nemici. Infine
Mezenzio
si scontra con
Enea
che lo ferisce con una lancia, ma quando
Enea
sta per vibrare il colpo di grazia interviene
Lauso
che, ostacolondolo, permette ai compagni di portare in salvo il padre. E' un altro dei molti luoghi di sublime ispirazione del libro:
Enea
appare titanico mentre fronteggia, riparandosi con lo scudo, l'attacco dei seguaci di
Mezenzio
e quello di
Lauso
che esorta a non sfidare la morte, perché comprende che il giovane lo affronta per difendere il padre.
Ma il destino di
Lauso
è segnato, "le
Parche
raccolgono gli ultimi fili di
Lauso
" ed
Enea
, in uno scatto d'ira, lo uccide con un colpo di spada. Ma appena vede gli occhi del morente il suo cuore è stretto dalla pietà e dal sentimento dell'amore paterno. In segno di rispetto
Enea
evita di privare
Lauso
delle armi (il passo è significativo perché poco prima
Mezenzio
aveva promesso al figlio, con arroganza, quelle di
Enea
) ed incita i compagni di
Lauso
a rendergli onore mentre solleva egli stesso il cadavere deturpato dal sangue.
Poco dopo
Mezenzio
viene a sapere della morte del figlio e, folle per il dolore e per la vergogna di aver lasciato che
Lauso
perisse al suo posto, si fa portare il cavallo e nonostante le ferite rientra in battaglia e chiama a gran voce
Enea
in duello. Lo scontro vede
Mezenzio
a cavallo che galoppa intorno ad
Enea
, che è a piedi, scagliando le sue lance. Infine
Enea
abbatte il cavallo e si precipita sul nemico caduto. Prima di morire
Mezenzio
prega il vincitore di concedergli sepoltura accanto al figlio perché teme che i suoi molti nemici possano far scempio del suo cadavere.
LIBRO UNDICESIMO
E' mattino,
Rutuli
e
Latini
si sono ritirati ed ora non si combatte più.
Enea
offre le
spoglie opime
di
Mezenzio
a
Marte
ed incoraggia i compagni. Si seppelliscono i caduti e si invia ad
Evandro
la salma di
Pallante
, davanti alla quale
Enea
pronuncia un commosso lamento. A
Pallante
vengono dedicate le
spoglie opime
di alcuni nemici uccisi.
Enea
ricopre il cadavere con un manto tessuto da
Didone
e vengono sacrificati tre prigionieri (usanza dei tempi eroici che riecheggia le onoranze di
Achille
per
Patroclo
).
Mentre il corteo funebre si avvia mestamente verso la città degli
Arcadi
,
Enea
si dirige verso le mura di
Latino
.
Ambasciatori latini chiedono una tregua per dar sepoltura ai loro morti, tregua che
Enea
si affretta a concedere e propone che la guerra si risolva con un duello fra lui e
Turno
. Gli ambasciatori lo ringraziano e, lodandolo per la sua giustizia, promettono di riportare la proposta al re
Latino
.
Nella guerra di dodici giorni che segue,
Troiani
e
Latini
onorano i propri morti, intanto le spoglie di
Pallante
arrivano in patria ed
Evandro
, nel suo lamento, invia ad
Enea
la richiesta di vendicare il figlio uccidendo
Turno
.
Nella città di
Latino
la gente, colpita dai molti lutti della guerra, vuole che si accetti la proposta di
Enea
e che
Turno
affronti il duello. A capo della fazione favorevole a
Turno
, fazione sempre più esigua, è ancora la regina
Amata
.
Latino
convoca una riunione nella reggia. Il primo a parlare è
Venulo
che torna da un'ambasciata ad
Arpi
, dove si era recato per chiedere aiuto a
Diomede
.
Diomede
non è disposto ad intervenire nella guerra, racconta
Venulo
, perché ricorda la maledizione che ha colpito molti reduci greci durante il ritorno in patria.
Diomede
ricorda inoltre
Enea
come un grande e nobile eroe e quindi consiglia ai
Latini
di concludere la pace.
Latino
è ormai dell'opinione di concedere terreni ai
Troiani
e di chiedere la loro amicizia, oppure se essi intendono ripartire, di aiutarli nel proposito fornendo loro delle navi. Il nobile
Drance
, che era stato a capo dell'ambasceria inviata ad
Enea
per proporre una tregua è fortemente favorevole alla proposta ed insiste perché
Latino
conceda la figlia ad
Enea
.
Drance
accusa duramente
Turno
di aver provocato tante tragedie e lo invita polemicamente a farsi da parte.
Turno
reagisce altrettanto duramente, sostenendo la continuazione della guerra e dichiarandosi disposto ad affrontare
Enea
in duello. Mentre si discute un messaggero porta la notizia che i
Troiani
in armi avanzano lungo il
Tevere
.
Turno
ne approfitta per troncare l'assemblea e correre a sua volta alle armi.
Le donne si riuniscono nel tempio di
Pallade
a pregare per le sorti della guerra, mentre
Turno
ed i suoi alleati si preparano ad affrontare i
Troiani
.
Turno
affida a
Camilla
il compito di fronteggiare le schiere etrusche mentre egli prepara un agguato in una valle nei pressi del
Tevere
.
Per ricordare le origini di
Camilla
,
Virgilio
introduce una lunga digressione mostrando
Diana
che incarica
Opi
di uccidere chi colpirà
Camilla
e spiega i motivi per i quali la vergine le è cara.
Camilla
era figlia di
Metabo
, esule da
Priverno
, che era stato cacciato per vicende politiche con la figlia neonata. Nascondendosi nei boschi,
Metabo
si era trovato nella necessità di superare le acque del fiume
Amaseno
, mentre era braccato dai nemici e non aveva trovato altra soluzione che quella di legare la bambina alla sua lancia e scagliarla oltre il fiume prima di tuffarsi. In questo grave pericolo
Metabo
aveva invocato su
Camilla
la protezione di
Diana
e la piccola si era salvata.
Camilla
era cresciuta nei boschi e dalla più tenera età aveva imparato l'arte venatoria. Divenuta famosa per la sua bellezza e per il suo coraggio, aveva poi ricevuto molte proposte nuziali ma aveva sempre scelto la verginità e le armi.
Si giunge infine allo scontro che sarà fatale a
Camilla
. Fra durissimi combattimenti e cruenti duelli grandeggia la figura di
Camilla
, descritta come un'
amazzone
, a cavallo e con un seno scoperto. Circondata da un gruppo di ancelle guerriere,
Camilla
combatte con la scure e con l'arco uccidendo molti
Troiani
ed
Etruschi
. Per vincere lo sgomento dei suoi provocato dall'irruenza di
Camilla
, il re etrusco
Tarconte
si getta nella mischia ed in un epico duello uccide il latino
Venulo
che abbiamo già conosciuto come ambasciatore presso
Diomede
. Ma è un altro etrusco,
Arrunte
, ad escogitare l'insidia adatta a fermare
Camilla
. Tenendosi a prudente distanza egli segue le gesta della giovane per cogliere il momento opportuno per colpirla: ci riesce quando
Camilla
viene distratta dalla bellezza del troiano Cloreo e, scagliata la sua lancia, riesce ad infiggerla nel torace della vergine.
Camilla
cade dal cavallo moribonda ed
Arrunte
, sconvolto dalla dimensione della sua impresa, fugge tra i boschi in un "misto di giubilo e timore".
Morendo
Camilla
incarica le ancelle che la circondano di avvertire
Turno
della sua fine perché entri in battaglia e difenda la città dai
Troiani
, rinunciando a preparare l'imboscata.
Come ordinato da
Diana
,
Opi
rintraccia
Arrunte
nei boschi e lo uccide con una freccia.
Perduta
Camilla
, i
Volsci
volgono in fuga, fuggono anche i
Rutuli
ed i
Troiani
incalzano facendo strage dei nemici e costringeldoli a rifuggiarsi fra le mura della città che viene rapidamente cinta d'assedio.
Turno
, avvertito della morte di
Camilla
, accorre furente a difendere la città. Il suo esercito e quello di
Enea
si avvistano da lontano ma ormai è notte, quindi si accampano davanti alla città trincerandosi nei rispettivi campi.
LIBRO DODICESIMO
L'apertura del dodicesimo ed ultimo libro dell'Eneide mostra
Turno
di nuovo in presenza di
Latino
. Fra la chiusura del libro precedente e l'inizio di questo la narrazione presente un'evidente lacuna. Non si dice come e quando
Turno
sia rientrato in città ma soprattutto non è chiaro come si sia giunti alla definitiva decisione di
Turno
di sfidare
Enea
a singolar tenzone. Evidentemente la stesura di questi passi non era definitiva e probabilmente
Virgilio
avrebbe integrato il testo con altre immagini più esplicative. Comunque
Turno
appare ora deciso al duello: spetta a lui precipitare
Enea
nell'Oltretomba o perire gloriosamente lasciando che il troiano abbia il regno e la sposa.
Latino
propone una soluzione incruenta, tentando di evitare il duello che prevede fatale per il rutulo. E' stato suo l'errore - dice
Latino
- di promettere a
Turno
la mano di
Lavinia
quando gli oracoli avevano più volte annunciato un diverso volere dei fati. Accetti dunque
Turno
l'imperscrutabile volere del destino e se ne torni illeso ad
Ardea
dopo aver scelto un'altra sposa fra le nobili fanciulle latine.
Turno
non vuole ascoltare le ragioni di
Latino
e si dimostra sempre più deciso ad affrontare
Enea
. Anche
Amata
tenta di dissuaderlo promettendo di uccidersi in caso di vittoria di
Enea
.
Lavinia
, sentendosi causa di tanto dolore, pudicamente arrossisce e la sua vista accende ancora di più l'amore e l'ira di
Turno
che, senza altro ascoltare, invia messaggi ad
Enea
per sfidarlo a duello.
Ritiratosi nella sua tenda
Turno
si prepara al duello, mentre i suoi stallieri di occupano dei bianchi cavalli egli indossa le armi: una corazza d'oro, la spada forgiata per suo padre
Dauno
da
Vulcano
(come le armi di
Enea
), la sua lancia, spoglia di precedenti vittorie.
All'alba i due eserciti si fronteggiano senza combattere, attendendo l'inizio del duello. Sul monte che si chiamerà
Albano
,
Giunone
osserva la scena e chiama a se la
ninfa
Giuturna
, sorella di
Turno
, alla quale
Giove
, dopo averla sedotta, aveva concesso l'immortalità.
Giunone
rivela a
Giuturna
che il Fato ha decretato che
Turno
rimanga ucciso nel duello e la esorta a tentare quanto l'amore fraterno le suggerisce per salvare il fratello.
Intanto sul campo giungono
Turno
accompagnato da
Latino
ed
Enea
accompagnato da
Ascanio
.
Prima di combattere
Enea
pronuncia un breve discorso chiedendo che in caso di sua sconfitta i
Troiani
possano ritirarsi nella città di
Evandro
impegnandosi a non tentare di asservire gli
Italici
e a stipulare equi patti con
Latino
, mentre i
Troiani
fonderanno una nuova città che si chiamerà
Lavinia
.
Latino
risponde giurando di rispettare l'accordo e pronuncia tale giuramento con una formula molto solenne alla quale fanno subito seguito gli opportuni sacrifici agli dei.
I
Rutuli
sono preoccupati per l'evidente superiorità della forza di
Enea
ed anche
Turno
appare incerto e turbato. Seguendo l'esortazione di
Giunone
,
Giuturna
tenta di intervenire ed assunto un aspetto umano si insinua fra i
Rutuli
ed i
Latini
per sobillarli contro
Enea
. Inoltre
Giuturna
provoca un prodigio, si vede nel cielo una grande aquila volare fra stormi di uccelli ed afferrare un cigno per essere subito sorprendentemente aggredita da tutti gli altri uccelli. Non potendo sopportare l'assalto il rapace è costretto ad abbandonare la preda e fuggire. I
Rutuli
interpretano il presagio a loro favore, primo fra tutti l'
augure
Tolumnio
, che li incita a scatenare di nuovo la guerra. La battaglia dilaga rapidamente con estrema violenza e
Latino
è costretto a fuggire portando con se i simulacri degli dei, offesi per il patto violato. Le are dei sacrifici vengono rovesciate,
Messapo
uccide l'etrusco
Auleste
e con arroganza lo offre agli dei, come se fosse una vittima migliore di quelle appena offerte da
Enea
e da
Latino
.
Enea
nella mischia cerca di fermare la battaglia ordinando ai suoi di non combattere e di rispettare il rito. Mentre parla viene ferito da una freccia scagliata da una mano ignota. Vedendo
Enea
ferito allontanarsi dal campo,
Turno
si anima di speranza, balza sul cavallo e comincia ad attaccare i
Troiani
facendone strage.
Intanto
Mnesteo
,
Acate
ed
Ascanio
accompagnavano alla sua tenda
Enea
ferito.
Enea
tenta di strappare la freccia che lo ha colpito e chiede che la ferita venga allargata per poter estrarre la punta del dardo. Accorre in suo aiuto l'anziano medico
Iapige
che in gioventù, amato da
Apollo
, aveva da questi ottenuto grandi conoscenze in medicina. Tuttavia la ferita è grave e la freccia è conficcata profondamente. Interviene
Venere
che sostituisce segretamente le medicine di
Iapige
con una pozione di dittamo ed altri magici ingredienti. L'impacco miracoloso espelle subito la freccia e guarisce immediatamente la ferita.
Iapige
, consapevole di un intervento divino, esulta ed esorta
Enea
a riprendere la lotta.
Enea
grandeggia, seguito dai suoi compagni, cercando
Turno
nel campo e sfidandolo a battaglia, ma
Giuturna
ha assunto le sembianze di
Metisco
, l'auriga di
Turno
, e guidando il carro cerca di tenere lontano il fratello da
Enea
.
La battaglia infuria,
Enea
e
Turno
- senza riuscire a fronteggiarsi - fanno strage di nemici. Fra i
Rutuli
cade
Tolumnio
che aveva spinto la sua fazione a riaprire le ostilità violando i patti.
Infine i
Troiani
assaltano le mura di
Laurento
. Dentro la città la gente è divisa fra quanti vogliono resistere e quanti giungere alla resa. La regina
Amata
credendo morto
Turno
è presa da cocenti rimorsi, si accusa di essere la causa delle stragi e dopo una scena di disperazione si impicca. Questo gesto contagia la disperazione fra i
Latini
:
Lavinia
ed altre donne si strappano vesti e capelli,
Latino
cosparsosi di cenere piange per non aver accolto da amici i
Troiani
ed
Enea
.
Intanto
Turno
si accorge del fumo e del clamore che in lontananza avvolgono la città e
Giuturna
, ancora nelle vesti dell'auriga, vuole dissuaderlo dall'accorrere in aiuto degli assediati, ma
Turno
l'ha riconosciuta. Mentre
Turno
, ormai pronto a morire, parla a
Giuturna
giunge uno dei suoi ferito a morte che lo informa che la città sta per cadere sotto l'assalto di
Enea
, che i
Latini
ripongono in lui le loro estreme speranze e che
Amata
si è uccisa.
A queste parole
Turno
prende la sua definitiva decisione ed allontanandosi dalla sorella si incammina deciso verso le mura assediate.
Si giunge finalmente al duello decisivo.
Enea
interrompe tutte le azioni dei suoi e si fa il vuoto intorno ai due contendenti.
Il duello è molto duro, infine la spada di
Turno
si spezza ed egli cerca di allontanarsi ma è circondato da
Troiani
che glielo impediscono.
E' fama, dice
Virgilio
, che nella confusione
Turno
avesse preso la spada di
Metisco
invece della sua che, come quella di
Enea
, era opera di
Vulcano
, per questo motivo l'arma di fabbricazione umana non aveva retto ai colpi di quella costruita da un dio, lasciandolo disarmato.
Turno
chiama i compagni e chiede la sua spada ma
Enea
minaccia di morte chiunque intervenga. Il rutulo cerca di fuggire ed il troiano lo insegue in una lunga corsa intorno al campo di battaglia. La lancia scagliata da
Enea
che, ferito, non riesce a raggiungere
Turno
rimane conficcata nel tronco di un albero consacrato a
Fauno
che i
Troiani
avevano abbattuto. Continuando a correre
Turno
invoca
Fauno
perché impedisca ad
Enea
di estrarre la lancia. In effetti
Enea
non riesce a svellere l'arma confitta nel legno e ne approfitta
Giuturna
, di nuovo mutata in
Metisco
, per portare la spada al fratello. Sdegnata interviene anche
Venere
che, invisibile, estrae la lancia dal tronco. Il duello riprende.
Intanto
Giove
parla a
Giunone
, le attribuisce la responsabilità della ferita di
Enea
e degli interventi di
Giuturna
e la esorta a rassegnarsi una volta per tutte al Fato.
Giunone
, ormai sconfitta, accetta la volontà dell sposo ed allontanandosi dalla scena della battaglia chiede a
Giove
un'unica grazia, quella di conservare il nome dei
Latini
per la nuova gente che nascerà dall'unione di questi con i
Troiani
.
Giove
concede di buon grado quanto richiestogli e promette a
Giunone
che le stirpi laziali che verranno le saranno quanto mai devote; quindi invia una delle furie a
Giuturna
per farla cessare di soccorrere
Turno
.
La furia assume l'aspetto di una civetta e prende a volare intorno al volto ed allo scudo di
Turno
. Il presagio è chiaro per
Giuturna
che, disperata, abbandona il campo.
Enea
incalza e
Turno
tenta di scagliargli contro un grosso masso ma il lungo combattimento e l'influsso malefico della civetta lo hanno indebolito tanto che il colpo va a vuoto.
Enea
scagli la lancia e ferisce
Turno
ad una coscia. Il rutulo cade e si arrende. Prega
Enea
di risparmiargli la vita o, almeno, di rimandare il suo cadavere ad
Ardea
. Il pio
Enea
esita, il discorso di
Turno
sta per muoverlo a compassione ma nota sulle spalle dell'altro le armi di
Pallante
e, in memoria di questi, sopprime il nemico abbattuto.