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FOZIO

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PREFAZIONE

La prefazione è in realtà una lettera con la quale l'autore dedica l'opera al fratello Tarasio affermando di voler riassumere, per il piacere del dedicatario, tutti i libri letti e studiati durante il suo soggiorno in Siria. Si tratta quindi di una raccolta di epitomi di numerose opere di varia erudizione (molte delle quali per noi perdute) che Fozio ha compilato autore per autore ma senza dar loro un ordine particolare.

Da Agatarchide
Agatarchide fu grammatico, allievo di Cinea quindi segretario di Eraclide. Scrisse opere geografiche ed etnografiche su diversi paese asiatici ed europei. Fozio loda l'eleganza del suo stile.
Estratti: Mar Rosso - Libro I.
1. Tolomeo I fu il primo re egiziano a cacciare gli elefanti.
2,3. Sull'origine del nome del Mar Rosso. Esisteva la teoria che il nome derivasse dal colore delle coste e dei loro riflessi nell'acqua. Un'altra ipotesi faceva derivare il nome da Eritra ( = rosso in greco), figlio di Perseo.
Un racconto persiano parlava invece di un uomo di nome Eritra, proprietario di molti armenti, che avrebbe per primo navigato quel mare, scoperto isole, fondato colonie ed ottenuto con ciò tanta gloria da venirgli dedicato il mare Eritreo.
4,5. Agatarchide ricordava il mito di Perseo e molti altri fra i quali i Centauri, Gerione, i Ciclopi, la Sfinge, le Sirene, Ulisse, Tantalo, ecc.
Alcune leggende parlavano di discesa negli inferi per rapire Proserpina o per consultare i morti, altre di ierogamie , di metamorfosi e di altre vicende impossibili.
Il capitolo è in pratica un elenco dei miti greci, tutti considerati stupide fantasie sia da Fozio, sia da Agatarchide.
6,7. Cenni geografici su Egitto ed Etiopia. Guerra di Tolomeo contro gli Etiopi.
Sugli oratori greci che preannunciarono il pericolo macedone:
- Egesia parlò in modo poco chiaro, con molte oscure metafore;
- Demostene fu il più grande per stile, chiarezza e brevità;
- Stratocle, Agatarchide ne lodava lo stile;
- Eschine, anche per lui si elogia la sintesi della frase.
8-10. Breve descrizione della regione di Menfi in Egitto e del delta del Nilo.
11. Miserrima condizione degli schiavi nelle miniere egiziane. Estrazione e lavorazione dell'oro.
12-16. Regioni e popolazioni costiere del Mar Rosso. Gli Ittiofagi ed i loro sistemi di pesca.
17-18. Abitudini e stili di vita degli Ittiofagi.
19-21. Isole Sporadi. Situate oltre lo stretto che "divide l'Arabia dal paese opposto", sono numerose, tutte piccole e sterili. I loro abitanti si cibano di tartarughe molto grandi che le popolano e delle balene talvolta gettate sulla spiaggia dalle correnti.
22. Sulle rive del fiume Astrabaran, affluente del Nilo, vive un popolo che si ciba di radici, i Rizofagi. Sono esposti al pericolo dei leoni, mitigato dal fatto che le zanzare che infestano le paludi allontanano queste belve che non sopportano il loro ronzio.
23-26. Gli Ilofagi vivono sugli alberi e si cibano di virgulti. A Ittiofagi ed Ilofagi seguono popolazioni di cacciatori che si nutrono di elefanti ed altre fiere, come gli Struzzofagi che si cibano di struzzi.
27. Gli Acridofagi si nutrono di locuste. Verso i quaranta anni sono invasi da pidocchi infetti che li portano alla morte.
28. Lungo il Mar Rosso si trovano anche aree disabitate, regni degli scorpioni e degli insetti.
29. I Cinamulgi allevano cani per cacciare il bestiame brado. Bevono il latte delle cagne.
30. Presso i Trogloditi mogli e figli sono in comune. In inverno di nutrono si una miscela di sangue e latte, nella buona stagione del bestiame che allevano. In genere indossano solo un perizoma di pelle. Seppelliscono i loro morti lapidandoli e non li piangono. Gli anziani ed i malati che non sono più in grado di occuparsi del bestiame vengono strangolati "per un sentimento di benevolenza".
31. Agatarchide affermava di aver trattato della parte dell'Orbe abitabile rivolta a mezzogiorno mentre Lico, Timeo e Basilide si erano occupati delle altre.
32. Per passare dall'estremo freddo (Palude Meotide) all'estremo caldo (Etiopia) in fondo bastavano venticinque giorni di navigazione, eppure innumerevoli erano le popolazioni che vivevano fra questi due estremi e diversissimi i loro costumi.
33-36. Notizie sulle varietà animali in Arabia, Africa ed Asia.
37,38. Sfingi, cinocefali e cepi. Le sfingi sono miti ed intelligenti. I cinocefali hanno corpo umano e testa di cane, le femmine hanno l'utero fuori dal corpo. Il cepo è un incrocio fra leone e pantera, con il manto multicolore.
39. Esiste nel paese dei Trogloditi una razza di carnivori particolarmente feroci ed inafferrabili.
40,41. Gli Etiopi chiamano cracotta un animale composto da lupo e cane.
42. Procedendo da Arsinoe si incontrano terme formate da una fonte d'acqua salata ed amara, quindi il letto del Nilo. Un grande porto chiamato di Venere, quindi alcune isole fra cui la Serpentina dove si trovano molti topazi.
43,44. Il tratto mediterraneo del paese è ricco di fauna selvatica, il mare di cetacei. Lungo le coste crescono molti palmeti.
45-50. Descrizione dell'Arabia, sempre più ricca e fertile procedendo verso est, con grandi allevamenti di bestiame, boschi ameni e copiosa produzione di spezie pregiate. Gli Arabi più ricchi sono i Sabei che hanno capitale nella splendida città di Saba. Il loro re, per antica tradizione, non più mai uscire dal palazzo, pena la lapidazione.
51-55. Agatarchide riferiva le opinioni correnti al suo tempo sull'origine delle maree, dei terremoti e di altri fenomeni naturali ma concludeva rigettandole tutte poichè le trovava prive di preciso fondamento.

Aminziano su Alessandro Magno
L'opera di Aminziano era dedicata all'imperatore Marco Aurelio. Aminziano aveva composto altre biografie: Filippo di Macedonia, Augusto, Domiziano, ecc.
In merito alla Vita di Alessandro, Fozio lamenta eccessive omissioni e debolezza di stile.

Anonimo. Vita di Pitagora
Usi degli allievi di Pitagora, suoi successori e suoi figli.
Aspetti del pensiero pitagorico: la dualità è infinita (uno più l'eccesso e questo procede all'infinito).
L'unità è il principio di tutte le cose (il punto della linea, la linea della superficie, ecc.).
Insegnamenti della scuola pitagorica su vari aspetti "scientifici": i cinque sensi, l'astronomia, il fato, lo zodiaco.
La natura umana è complessa in quanto contiene tutte le virtù degli dei, degli elementi, dei bruti e delle piante e proprio questa varietà comporta che ogni virtù sia presente in modo limitato. E' facendo uso di ciò che di divino è in noi che possiamo usare nel modo migliore tutti gli altri componenti.
Otto sono gli organi della cognizione: senso, immaginazione, arte, opinione, prudenza, scienza, sapienza, mente. La mente è il principio e la fonte di ogni bene.
Riflessioni sul clima e sui suoi effetti sugli uomini, i primati dei Greci furono possibili grazie al clima temperato.

Appiano Alessandrino
La sua Storia Romana era divisa in ventiquattro libri.
Il primo trattava dei re di Roma.
Il secondo delle conquiste italiche dei Romani.
Il terzo delle Guerre Sannitiche.
Il quarto della guerra contro i Galli.
Il quinto della conquista della Sicilia.
Il sesto della conquista della Spagna.
Il settimo e l'ottavo della guerra contro Annibale.
Il nono delle Guerre Macedoniche.
Il decimo delle vicende greche e puniche.
L'undicesimo della guerra contro i Parti.
Il dodicesimo delle Guerre Mitridatiche.
I libri seguenti fino al ventunesimo parlavano delle varie guerre civili combattute nella storia di Roma (Mario e Silla, Pompeo e Cesare, Antonio ed Ottaviano contro i cesaricidi, Ottaviano contro Antonio).
Il ventiduesimo era intitolato "Centuria d'anni".
Il ventitreesimo parlava delle "Cose Daciche".
Il ventiquattresimo delle "Cose Arabiche".
L'opera iniziava con le vicende di Enea profugo in Italia dopo la caduta di Troia. Sposava Lavinia, figlia del re degli Italici Fauno detto anche Latino. Alla morte di Fauno Enea, che aveva fondato la città di Lavinio, ereditò il regno e governò per tre anni prima di morire combattendo contro i Rutuli.
Furono suoi successori il figlio Ascanio (fondatore di Alba), Silvio, Enea Silvio, Capi, Capeto, Agrippa, un Romolo (Silvio) che morì colpito da un fulmine, Aventino e Proca.
Proca ebbe due figli: Numitore ed Amulio.
Amulio usurpò il trono al fratello maggiore, gli uccise il figlio Egesto e costrinse la figlia Rea Silvia a farsi sacerdotessa.
Contro le leggi del sacerdozio, Rea Silvia partorì, Amulio la fece imprigionare ed ordinò che i suoi gemelli fossero esposti. I due nati si chiamarono Romo (Remo) e Romolo.
Appiano nacque in Alessandria ed esercitò l'avvocatura in Roma. Fiorì ai tempi di Traiano ed Adriano.

Arriano
Arriano scrisse opere sulla guerra contro i Parti, su Alessandro, sulla Bitinia (suo paese di origine) e sugli Alani.
Secondo Arriano i Parti erano di origine scita, si erano liberati dalla dominazione macedone ed avevano fondato un potente impero. Furono sottomessi da Traiano dopo secoli di guerre.
Arriano fu filosofo, fiorì ai tempi di Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio. Nella vita politica giunse fino al consolato.
Di Alessandro raccontava, nei primi cinque libri, la guerra contro i Persiani, altre conquiste in Asia e le sue imprese in India.
Nel sesto e nel settimo parlava del viaggio di ritorno e delle battaglie che dovette affrontare.
Si parlava dei matrimoni di Alessandro e dei suoi ufficiali con donne della nobiltà persiana e di altri episodi.
Infine Alessandro morì di malattia prima di compiere trentatre anni.
I dieci libri seguenti si riferivano agli eventi successivi alla morte di Alessandro. L'elezione del fratellastro Arrideo, figlio di Filippo di Macedonia e della tessala Filine, che prese il nome di Filippo e che ebbe il trono insieme al neonato Alessandro, figlio di Rossane.
Nacque intanto grande contrasto fra i generali di Alessandro che dopo lunghe trattative giunsero ad un accordo: Antipatro ebbe il comando in Europa, Cratero fu nominato primo ministro e Perdicca ereditò la falange di Efestione con il compito di amministrare tutto il regno. Meleagro, già comandante della fanteria, fu nominato luogotenente di Perdicca.
Perdicca eliminò molti potenziali rivali, fra cui Meleagro, ed assegnò l'Egitto a Tolomeo figlio di Lago, la Siria a Laomedonte, la Cilicia a Filota, la Media a Pitone, la Cappadocia, la Paflagonia e la costa del Ponto Eusino fino a Trapezunte a Eumene.
Antigono ebbe Panfilia, Licia, Frigia Maggiore; Leonnato il resto della Frigia, Cassandro la Caria e Menandro la Lidia.
Lisimaco ebbe il Chersoneso, la Tracia e i territori confinanti fino al Ponto Eusino, Cratero e Antipatro ebbero Macedonia, Grecia, Epiro e i Paesi limitrofi.
Antipatro combattè contro i Greci comandati da Leostene, prevalse a fatica perdendo Leonnato suo alleato.
Lisimaco combattè contro i Traci e venne sconfitto.
Il governatore della Cappadocia Ariarate si ribellò a Eumene ma venne sconfitto e fatto impiccare da Perdicca.
Nel sesto libro di Arriano si narrava la morte di Demostene, Iperide, Aristonico e Imereo condannati da Antipatro. Più tardi venne giustiziato anche l'oratore ateniese Demade che aveva trattato con Antipatro ed operato per far morire Demostene.
Si parla quindi di Tibrone spartano che uccise Arpalo e si impossessò di quanto rimaneva del tesoro che la sua vittima aveva rubato. Fu quindi chiamato a Cirene da un gruppo di fuoriusciti e vi si recò con un esercito di seimila uomini, combattè a lungo contro Tolomeo e finì crocifisso a Cirene.
A Perdicca fu offerto di sposare Nicea figlia di Antipatro o Cleopatra figlia di Olimpiade; consigliato dal fratello Alceta scelse Nicea.
Cinane figlia di Filippo e di Euridice, quindi sorellastra di Alessandro, aveva sposato Aminta figlio di Perdicca che Alessandro aveva fatto morire.
Cinane aveva una figlia di nome Adea o Euridice che fu promessa a Filippo Arrideo. Il matrimonio ebbe luogo ma Cinane fu uccisa (da Alceta fratello di Perdicca) e ciò aggravò notevolmente i disordini in Macedonia.
Sentendosi minacciato da Perdicca, Antigono si rifugiò presso Antipatro e Cratero, li indusse a condividere le sue preoccupazioni e a dare guerra a Perdicca.
Arrideo si recò in Egitto presso Tolomeo portando con se il cadavere di Alessandro che aveva custodito.
Intanto Perdicca aveva ripudiato Nicea e deciso di sposare Cleopatra, Antipatro ne fu offeso ed accelerò i preparativi per attaccare Perdicca. Antipatro e Cratero superarono l'Ellesponto e cercarono l'alleanza di Neottolemo e di Eumene. Solo il primo aderì e Eumene gli fece guerra facendolo fuggire presso gli alleati.
Neottolemo e Cratero affrontarono insieme Eumene ma furono sconfitti ed entrambi persero la vita.
Perdicca mosse guerra a Tolomeo ed entrò in Egitto ma fu ucciso dai suoi stessi soldati che ritenevano la guerra ingiusta ed il loro comandante troppo superbo. Da parte sua Tolomeo seppe guadagnare la stima dei soldati di Perdicca e dei Macedoni in generale.
Per sostituire Perdicca fu scelto Antipatro, temporaneamente sostituito da Pitone e Arrideo.
Non disponendo di mezzi per liquidare ai soldati i compensi promessi da Alessandro, Antipatro rischiò il linciaggio e venne salvato dal coraggioso intervento di Antigono e di Seleuco
Antipatro modificò parzialmente la divisione delle province stabilita da Perdicca: lasciò l'Africa a Tolomeo, la Cilicia a Filosseno e la Persia a Peuceste; assegnò la Siria a Laomedonte, la Mesopotamia a Anfimaco, Babilonia a Seleuco, la Susiana a Antigene capitano degli Argiraspidi.
Diede la Caramenia a Tlepolemo, la Media a Pitone, la Partia a Filippo ed operò altre assegnazioni di minore importanza, Antigono conservò la Frigia Maggiore e gli altri territori già in suo dominio.
Nel decimo libro, Arriano raccontava come Eumene, dichiarato nemico dai Macedoni si preparò alla guerra.
Recandosi a Sardi, Antipatro rischiò di cadere nelle mani di Eumene ma questi fu convinto ad allontanarsi da quella città da Cleopatra sorella di Alessandro che vi viveva e non voleva essere considerata responsabile della guerra.
Nonostante l'opinione contraria del figlio Cassandro, Antipatro affidò ad Antigono la guerra contro Eumene, fornendogli le truppe necessarie. Qui termina il racconto di Arriano relativo agli eventi successivi alla morte di Alessandro, e Fozio plaude allo stile e alla chiarezza di Arriano.

Arriano - Bitiniche libri VIII

In questi libri Arriano descriveva tradizioni e storia della Bitinia, sua nazione d'origine.
Raccontava di essere nato e cresciuto a Nicomedia e di essere stato sacerdote di Cerere e Proserpina.
Le Bitiniche andavano dalle origini mitiche fino ai tempi di Nicomede, l'ultimo re che aveva lasciato per testamento il regno ai Romani.

Candido - Libri III di Storie

Quest'opera iniziata dall'incoronazione di Leone I (457) e terminava con quella di Anastasio II (713).
Candido era isaurico di origine e di religione cristiano-ortodossa, esercitò la professione di notaio.
Fozio afferma di non aver gradito lo stile pesante e rozzo di Candido e di aver notato nella sua narrazione gravi inesattezze.
Candido raccontava della potenza di Aspare e di come egli fece incoronare a Bisanzio Leone I. Successivamente Aspare venne a contrasto con Leone e questi si alleò con gli Isaurici facendo sposare la propria figlia Arianna a Zenone (Tarasicosida).
Ardarburio figlio di Aspare cospirò contro l'imperatore ma Zenone ne fu informato e la congiura fu scoperta, perciò Leone mandò a morte Ardarburio e Aspare. Leone cercò di lasciare l'impero al genero ma il popolo si oppose, designò quindi Leone II figlio di Zenone e di Arianna, ma Leone II morì (a soli cinque anni) e Zenone salì al trono con il consenso del Senato.
Candido parlava anche della cospirazione di Basilisco e Verina per destituire Zenone e della strage degli Isaurici che vivevano a Costantinopoli.
Passava quindi a raccontare di Giulio Nepote che incoronò il figlio Romolo Augustolo imperatore d'Occidente.
Nel secondo libro di Candido di leggeva di Verina che aveva preso a odiare il fratello Basilisco quando questi le aveva fatto uccidere l'amante. Minacciata da Basilisco, Verina fu nascosta da Armazio, un generale dell'usurpatore che in seguito passò a Zenone insieme a Illo. Con il loro aiuto Zenone recuperò il potere e Basilisco fu eliminato.
Quando Verina riprese a cospirare contro Zenone e Illo fu definitivamente relegata nel castello in Cilicia.
Odoacre eliminò Nepote e depose Augustolo impadronendosi dell'Italia.
Marciano e Procopio, figli di Antemio, si sollevarono contro Zenone e furono sconfitti da Illo. Marciano fu costretto a prendere i voti e Procopio fuggì presso Teodorico. Anche Marciano fuggì e, catturato, fu relegato in Isauria.
Nel terzo libro di Candido si parlava della sollevazione contro Zenone di Illo e Verina che furono sconfitti e decapitati dopo un fallito tentativo di porre Leonzio sul trono d'Oriente.

Cefaleone - Le Muse, epitome storica, libri IX

L'opera di Cefaleone andava dall'epoca di Nino e Semiramide a quella di Alessandro Magno. Era divisa in nove libri, ciascuno dedicato ad una musa.
Cefaleone scrisse in dialetto ionico e probabilmente compose la sua opera in Sicilia dove diceva di essere stato confinato, ma non si conoscono la sua patria e la sua stirpe. Fozio, che non gradiva l'eccessiva stringatezza di Cefaleone, non aggiunge altre informazioni.


Conone - Racconti

I racconti di Conone dedicati al re Archelao Filopatore erano cinquanta, tratti da autori antichi.
Il primo narrava di Mida re dei Bibrigi che superò l'Ellesponto e colonizzò la Frigia. Per la sua ricchezza nacque il mito della conversione in oro di quanto toccava e per la sua serrata vigilanza sui sudditi si disse che aveva orecchie lunghe come quelle degli asini.
Nel secondo si parlava di Cauno che abbandonò il suo paese perché follemente innamorato della sorella Bibli la quale si impiccò per il dolore. Cauno si unì alla ninfa Pronoe e generò un figlio di nome Egialo che divenne re del suo paese.
Il terzo racconto parlava dell'isola di Scheria poi ridenominata Corcira. Morto il re Feace fra i suoi figli Alcinoo e Locro nacque il disaccordo e decisero di separarsi. Alcinoo rimase a governare l'isola mentre Locro partì con parte del popolo. Giunto in Italia fu accolto dal re Latino e ne sposò la figlia Lavinia. In quel tempo giunse in Italia anche Ercole con le vacche di Gerione. Latino tentò di impadronirsi delle bestie ma Ercole lo uccise. Involontariamente Ercole uccise anche Locro che era accorso a difendere il suocero e accortosi dell'accaduto fondò una città dedicandola a Locro.
Nel quarto racconto si narrava di Olinto sbranato da un leone e di suo figlio Reso alleato di Prima che fu ucciso da Diomede.
Il quinto racconto: le città di Reggio e di Locri erano divise da un fiume. Le cicale di Reggio erano mute, quelle di Locri cantavano. I suonatori di cetra delle due città si sfidavano spesso, una volta un suonatore di Locri vinse una gara nonostante si fosse spezzata una corda del suo strumento grazie ad una cicala che supplì col suo canto alla corda mancante.
Il sesto racconto: Mopso indovino figlio di Manto e di Apollo vaticinava in Colofone dalla morte della madre. Quando Calcante di ritorno da Troia sostò presso di lui i due contesero a lungo su chi fosse l'indovino più abile. Vinse Mopso prevedendo che Anfimaco re dei Lici sarebbe morto in guerra e Calcante si uccise per il dispiacere.
Settimo racconto: Tamiri figlio di Filammone fu un famoso musico e per ammirazione gli Sciti lo nominarono loro re. Sfidò le Muse: se avesse vinto avrebbe potuto sposarne una ma fu battuto e le Muse lo accecarono.
Ottavo racconto: Canopo, timoniere di Menelao, approdò in Egitto con Menelao e Elena e qui morì per il morso di una vipera. Presero il suo nome una città e una delle bocche del Nilo.
Nono racconto: a proposito di Semiramide Conone, che la considerava figlia e non moglie di Nino, confondeva forse con altri personaggi. Riferiva comunque che giacque con il figlio ignorandone l'identità ma quando la scoprì rese lecito l'incesto.
Decimo racconto: Oeto re del Chersoneso, figlio di Poseidone e di Ossa, ebbe la figlia Pallene dalla ninfa Mendeide. Nella gara nuziale indetta da Oeto per la mano di Pallene morirono molti pretendenti, vinse infine Clito grazie a un inganno di Pallene. Scoperta, la giovane sarebbe stata uccisa ma fu salvata da Afrodite. Sposò Clito e più tardi la coppia ereditò il regno di Oeto.
Undicesimo racconto: I Lindii sacrificavano a Eracle pronunciando imprecazioni. Il rito ricordava l'episodio di un contadino che aveva negato del cibo a Eracle e questo aveva preso uno dei suoi buoi e aveva banchettato ridendo pentre il contadino imprecava tenendosi a prudente distanza.
Dodicesimo racconto: Troo figlio di Erittonio e di Calliroe figlia di Scamandro generarono Ilo, Assaraco e Ganimede. Il primo fondò Troia, il secondo regnò in Dardania e il terzo fu rapito da Zeus.
Tredicesimo racconto: Etilla sorella di Priamo fu fatta schiava e imbarcata per la Grecia. Durante una sosta convinse le compagne ad incendiare le navi costringendo i Greci a interrompere il viaggio e fondare la città di Scione in Tracia.
Quattordicesimo racconto: Etolio figlio di Endimione colonizzò la terra che prese il suo nome togliendola ai Cureti; suo fratello Euripile vi fondò la città di Elide.
Quindicesimo racconto: come i Feneatesi aiutarono Demetra in cerca di Persefone mostrandole un'apertura nel monte Cillene dalla quale si poteva accedere agli Inferi.
Sedicesimo racconto: innamoratosi di un giovinetto di nome Leucocoma, Promaco di Cnosso affrontò molte prove e pericoli per conquistarlo ma vedendo tutto inutile si dedicò ad un altro giovane e Leucocoma, roso dalla gelosia, si uccise.
Diciassettesimo racconto: Diceo e Sileo, figlio di Nettuno, vivevano in Tessaglia. Diceo era giusto mentre Sileo era un malfattore e fu ucciso da Eracle. L'eroe si innamorò di una figlia di Sileo e la sposò ma quando dovette andare in un lontano paese la giovane rimasta sola morì per la nostalgia.
Diciottesimo racconto: i Locresi in battaglia lasciavano un posto vuoto per il loro eroe Aiace. Il crotoniate Autileone durante uno scontro tentò di occupare quel posto ma fu ferito da uno spettro. Per risanarlo fu necessario trasportarlo in Tauride dove offrì sacrifici ai Mani di Aiace. Durante il ritorno Autileone incontrò Elena che gli chiese di riferire a Stesicoro che avrebbe recuperato la vista perduta cantando di lei, come infatti avvenne.
Diciannovesimo racconto: Psammate gravida di Apollo fu condannata a morte dal padre Crotopo ma Apollo mandò la peste fra gli Argivi. Seguendo l'oracolo gli Argivi onorarono la memoria di Psammate e quella del suo neonato Lino che era stato sbranato dai cani ma la peste si placò solo quando Crotopo partì da Argo.
Ventesimo racconto: fatto prigioniero dai Bisalti, Teoclo di Calcide riuscì a chiamare i suoi concittadini che conquistarono la città nemica.
Ventunesimo racconto: Dardano e Giasone erano figlio di Zeus e di Elettra figlia di Atlante. Giasone tentò di stuprare Demetria e morì fulminato. Dardano migrò nei pressi del monte Ida dove regnava Teucro figlio del fiume Scamandro e della ninfa Idea. Dardano si accordò con Teucro che gli cedette parte del regno e dopo la morte di Teucro Dardano governò sull'intero paese.
Ventiduesimo racconto: Un giovanotto cretese allevò un piccolo dragone ma quando l'animale fu cresciuto il giovane fu costretto ad abbandonarlo nel deserto. Anni dopo il giovane venne aggredito nel deserto mentre cacciava, il dragone udì le sue grida ed intervenne salvandolo.
Ventitreesimo racconto: Prima di rapire Elena, Paride aveva sposato Enone e aveva avuto un figlio di nome Corito. Più tardi Enone mandò Corito presso Elena per suscitare la gelosia di Paride e riuscì così bene che Paride uccise il figlio.
Quando Paride fu ferito da Filottete cercò l'aiuto di Enone che conosceva le erbe e le arti magiche. Enone rifiutò di aiutarlo ma poi, pentita, accorse troppo tardi da lui. Dopo aver bruciato il cadavere di Paride, Enone si tolse la vita.
Ventiquattresimo racconto: Il giovane e bellissimo Narciso viveva in Tespi, città della Beozia. Molti lo amavano ma Narciso respingeva tutti e a un giovane particolarmente innamorato di nome Aminia consegnò una spada perché si uccidesse. Aminia ubbidì ma morì invocando su Narciso la punizione divina, infatti Narciso, innamorato di se stesso, si uccise per la disperazione.
Venticinquesimo racconto: Minosse re di Creta andò in Sicilia per trovare Dedalo e fu ucciso dalle figlie del re Cocalo. I Cretesi inviarono navi a far guerra ai Siculi ma furono sconfitti. Tornando in patria i soldati cretesi furono spinti da una tempesta nel paese degli Japigi dove restarono. Più tardi una parte di loro fu cacciata e un oracolo ordinò di fermarsi dove avrebbero ricevuto un'offerta di acqua e terra. Ciò avvenne in Macedonia dove dei bambini offrirono loro per gioco dei cibi impastati con acqua e terra.
Ventiseiesimo racconto: L'eraclide Ippota uccise uno "spettro di Apollo" e fu cacciato dalla sua gente. Gli Eraclidi tornarono nel Peloponneso, occuparono Corinto e marciarono contro l'Attica. Poiché un oracolo predisse che avrebbero conquistato l'Attica solo se non avessero fatto del male al re Codro questi, ormai settuagenario, accettò di sacrificarsi, si travestì e si espose al nemico facendosi uccidere. Quando gli Eraclidi compresero l'avvenuto rinunciarono all'impresa.
Ventisettesimo capitolo: Deucalione regnò nella Ftiotide ai tempi del diluvio e lasciò il regno al figlio Eleno. Questi ebbe tre fili, il primogenito Eolo ebbe lo scettro dell'intero regno, il secondo di nome Doro prese con se una parte del popolo, fondò colonie e fu capostipite dei Dori, il più piccolo giunse nell'Attica ed ebbe a sua volta due figli: Acheo e Jone, il primo fondò la Tetrapoli Arcaica ed il secondo fu re del paese che da lui prese il nome di Jonia.
Ventottesimo racconto: Tenete figlio di Cicno fu calunniato dalla matrigna che si era offerta a lui ed era stata respinta e venne gettato in mare. Si salvò ed arrivò ad un'isola a cui dette il nome di Tenedo.
Ventinovesimo racconto: La città di Magnesia in Asia era stata fondata da genti che avevano abitato presso il fiume Peneo e che dopo aver partecipato alla guerra di Troia avevano tentato di stabilirsi a Creta. Scacciati dagli abitanti dell'isola si erano spostati nel luogo dove avevano fondato la città.
Trentesimo racconto: Pitenio di Apollonia era custode delle pecore consacrate al sole. Quando i lupi sbranarono parte delle pecore gli abitanti della città accecarono Pitenio ma così facendo provocarono l'ira del dio che mandò la carestia finché Pitenio non fu placacto con doni e privilegi.
Trentunesimo racconto: Tereo violentò la cognata Filomela e le tagliò la lingua ma Filomela riuscì ad informare la sorella Procne ricamando la sua storia su un peplo. Procne punì il marito servendogli le carni del figlio e Tereo tentò di ucciderla insieme alla sorella ma gli dei mutarono Procne in usignolo e Filomena in rondine mentre Tereo fu trasformato in upupa, uccello che sempre caccia rondini e usignoli.
Trentaduesimo racconto: Quando Europa scomparve i fratelli furono mandati a cercarla dal padre Fenice. Fra loro era Cadmo al quale si unì Proteo fuggito dall'Egitto per timore della tirannide di Busiride. Quando abbandonarono la ricerca Proteo divenne amico di Clito re dei Sitoni di Tracia e ne sposò la figlia Crisanoe. Sconfisse i Bisalti e divenne re del loro paese, ma i suoi figli erano malvagi e furono uccisi da Eracle.
Trentatreesimo racconto: Damoclo di Delfi si recò a Mileto per consultare l'oracolo e ripartendo abbandonò involontariamente il giovane figlio Smicrone che fu adottato da un capraio del luogo di nome Eritarso. Più tardi Smicrone sposò la figlia di un notabile di Mileto che sognò di essere attraversata da un raggio di sole e partorì un figlio bellissimo al quale fu dato il nome di Branco. Amato da Apollo, Branco ricevette il dono della divinazione e pronunciò oracoli in Didima.
Trentaquattresimo racconto: Morto Paride, Eleno e Deifobo vennero a contesa per sposare Elena, vinse Deifobo e Elena si ritirò sul monte Ida. Quando venne catturato dai Greci, Elena rivelò loro le profezie secondo le quali Troia sarebbe caduta grazie a un cavallo di legno e chi avesse preso il Palladio di Atena caduto dal cielo avrebbe deciso il destino della città. Ulisse e Diomede furono incaricati di rubare il Palladio e ciascuno tentò senza successo di ingannare l'altro per attribuirsi il merito dell'impresa.
Trentacinquesimo racconto: Due pastori trovarono uno sciame d'api che vivevano in una caverna sotterranea. Uno dei due si calò nella caverna e vi trovò molto miele e molto oro che l'altro issò in superficie con una cesta legata ad una fune, ma quando il lavoro fu completato il pastore rimasto fuori nascose l'oro e abbandonò il compagno. Il pastore nella caverna non aveva modo di salvarsi ma gli apparve Apollo che gli ordinò di procurarsi qualche ferita e rimanere in attesa. Giunsero infatti degli avvoltoi che credendolo morto afferrarono l'uomo per le vesti e lo portarono fuori dalla grotta. Il pastore denunciò il compagno ed ottenne metà dell'oro mentre l'altra metà fu offerta a Apollo e Artemide.
Trentaseiesimo racconto: un racconto sulla città di Amicle data dai Dori a un certo Filonomo spartano in cambio del suo tradimento, poi riconquistata da Amicle che disperse i discendenti dei coloni insediati da Filonomo i quali si trasferirono in Creta e in altri luoghi.
Trentasettesimo racconto: Razionalizzazione del mito di Cadmo che viaggiò in Europa non per cercare la sorella ma per procurarsi un regno. Durante il viaggio lasciò il fratello Taso nell'isola che da lui prese il nome. Giunto in Beozia fondò Tebe e lottò a lungo con gli abitanti del luogo per difendere il territorio occupato, quindi sposò Armonia. Poiché l'armata fenicia di Cadmo usava armi e tattiche sconosciute ai Greci ne nacque il mito degli Spartiati nati dal terreno.
Trentottesimo racconto: In vista della conquista persiana un abitante di Mileto affidò il proprio oro ad un banchiere di Tauromenio in Sicilia ma quando lo chiese indietro il banchiere affermò di averlo già restituito. Citato in giudizio il banchiere nascose l'oro fuso in un bastone che finse di usare per appoggiarsi e al momento di giurare chiese all'uomo di Mileto di tenere quel bastone e giurò tranquillamente. Indignato il Milesio gettò via il bastone che si ruppe svelando l'inganno e il banchiere, smascherato, si uccise per la vergogna.
Trentanovesimo racconto: Melanto d'Elide fu cacciato dal suo paese dagli Eraclidi e si trasferì in Atene. Quando gli Ateniesi furono in guerra con la Beozia si decise di concludere il conflitto con un duello fra i due re ma Timete re di Atene per timore della morte offrì il regno a chi lo avesse sostituito. Si offrì Melanto e al momento del duello accusò l'avversario Xanto di avere con se un aiutante contrariamente agli accordi, Xanto istintivamente si volse indietro per verificare se qualcuno lo seguisse e Melanto lo colpì a morte.
Quarantesimo racconto: Razionalizzazione del mito di Andromeda. Figlia del re Cefeo, Andromeda aveva due pretendenti: Fenicio e Fineo, quest'ultimo fratello di Cefeo. Cefeo decise di darla a Fenicio ma per evitare liti con il fratello si accordò segretamente con il giovane perché rapisse Andromeda. La ragazza fu presa ed imbarcata su una nave detta "Balena" che per caso incrociò quella di Perseo che uccise i rapitori e sposò Andromeda.
Quarantunesimo racconto: I Pelasgi abitarono l'isola di Antandro ottenuta come riscatto per aver rapito Ascanio figlio di Enea. Secondo altri miti i Pelasgi si stabilirono dell'isola di Andro trovata deserta, e a Cizico nel Chersoneso che ebbe il nome dal loro re Cizico il quale sposò Clite figlia di Merope. I Pelasgi aggredirono gli Argonauti e Cizico cercò di far cessare il combattimento ma nella mischia fu involontariamente ucciso da Giasone.
Quarantaduesimo racconto: Il poeta Stesicoro di Imera mise in guardia con un apologo i suoi concittadini contro Gelone che volentieri combatteva per loro ma in effetti mirava alla tirannia: un cavallo si accordò con un cacciatore per punire una cerva che aveva sporcato l'acqua del fiume ma, presa la cerva, si rese conto di essere stato soggiogato dal cacciatore.
Quarantatreesimo racconto: Mentre tutti cercavano di mettere in salvo quanto avevano di prezioso fuggendo da un'eruzione dell'Etna soltanto due catanesi si caricarono sulle spalle i genitori trascurando ogni avere. Il fiume di lava si aprì miracolosamente lasciandoli incolumi.
Quarantaquattresimo racconto: Leodamante divenne re di Mileto seguendo le indicazioni di un oracolo e, come gli era stato ordinato, mandò a Branco una schiava gravida. Branco allevò il neonato che divenne a sua volta sacerdote dell'oracolo.
Quarantacinquesimo racconto: Orfeo figlio di Eagro e Calliope fu un celebre cantore. Discese nell'inferno per riprendere la sposa Euridice e grazie al suo canto ne ebbe di consenso di Plutone e Persefone ma non osservò le condizioni e nuovamente la perse. Fu ucciso dalle donne furiose perché le respingeva o perché le escludeva dalle sue orge con donne di Tracia e Macedonia. Le donne fecero a pezzi il suo corpo e lo gettarono in mare, seguì una grave pestilenza e per farla cessare fu necessario ritrovare la sua testa e seppellirla. La testa fu ritrovata da un pescatore alla foce di un fiume, era ancora intatta e ancora cantava. Fu sepolta in una grande tomba che divenne famosa come tomba di Orfeo.
Quarantaseiesimo racconto: Durante la guerra di Troia, Priamo mandò in Lidia due figli di Ettore, Ossinio e Scamandro. Alla caduta di Troia Enea andò a vivere sul monte Ida ma quando Ossinio e Scamandro tornarono dalla Lidia e presero possesso della Troade, Enea prese con se il padre Anchise ed un gruppo di compagni e per ordine della madre raggiunse il paese detto Brusiade, oltre l'Ellesponto, e ne divenne re. Secondo un'altra versione, invece, giunse in Italia dove fondò Alba nel luogo in cui con i compagni aveva mangiato anche la mensa come predetto da un oracolo.
Quarantasettesimo racconto: Altemene degli Eraclidi, in discordia con i suoi fratelli fra i quali era il minore, partì dal Peloponneso con una schiera di Dori e di Pelasgi. Su indicazione di un oracolo declinò gli inviti di Ateniesi e Spartani che partivano per fondare nuove colonie e si diresse a Creta dove lasciò parte dei suoi seguaci, quindi a Rodi dove lottò con i Carii per occupare un territorio e vi fondò le città di Lindo, Ieliso e Camiro che col tempo si fusero originando la città che ebbe il nome di Rodi come l'isola.
Quarantottesimo racconto: il racconto di Romolo e Remo con piccole varianti. Amulio uccide il fratello Numitore e usurpa il trono di Alba. Costringe la nipote Ilia a farsi vestale, ma Ilia viene amata da Marte e partorisce due gemelli. Amulio la imprigiona ed ordina a un pastore di uccidere i neonati ma questi li abbandona alle acque del Tevere. Il fiume li trascina fino alle radici di un grande fico dove una lupa li allatta. Trovati e allevati dal pastore Faustolo i gemelli diventano adulti e, conosciuta da Faustolo la verità sulla loro origine, uccidono Amulio e liberano la madre. I due regnano su Alba finché non decidono di fondare una nuova città che chiamano Roma e che dominerà il mondo. Nel foro si mostrava il fico circondato da cancelli di bronzo e nel tempio di Giove si custodiva il tugurio di Faustolo.
Quarantanovesimo racconto: La nave Argo tornando dalla Colchide con Giasone e Medea rischiò di affondare per una tempesta e fu salvata da Apollo che fece improvvisamente affiorare l'isola di Anafe. Una volta in salvo sull'isola Giasone e Medea si sposarono e durante il banchetto i convitati motteggiavano allegramente con gli sposi. Per questo motivo gli abitanti di Anafe celebrano ogni anno presso il tempio di Apollo una festa durante la quale si burlano a vicenda.
Cinquantesimo racconto: Il tiranno Alessandro aveva sposato Tebe che aveva tre fratelli: Tisifono, Licofrono e Pitolao. Alessandro meditava di uccidere la moglie e i cognati ma una volta, in preda al vino, lasciò intendere le sue intenzioni e Tebe lo fece scannare nel sonno dai fratelli dopo averlo fatto ubriacare. Rimasta vedova prese il potere e fece avere il titolo di re al fratello maggiore Tisifono.

Fozio afferma di aver letto, nello stesso volume contenente i racconti di Conone, la Biblioteca di Apollodoro ma accenna soltanto ai contenuti, in particolare ai miti di Troia e di Ulisse.


Ctesia di Cnido - Delle cose dei Persiani, libri 23

Nei primi sei libri Ctesia parlava degli Assiri e di eventi precedenti all'impero persiano. Dal settimo in poi scrisse dei re di Persia ma con notizie che Fozio ritiene false e comunque diverse dalla narrazione di Erodoto e di Senofonte.
Ctesia, diversamente da Erodoto, raccontava che Ciro aveva catturato Astiage dopo aver preso in ostaggio la sua famiglia ma poi lo aveva liberato e tenuto in grande rispetto, aveva inoltre sposato Amiti figlia di Astiage. Informati di ciò i Battriani, che erano nemici di Ciro, si sottomisero spontaneamente.
Combattè contro i Saci e catturò il loro re Amorge ma la regina Sparetra fece prigionieri dei parenti di Amiti che liberò in cambio del marito.
Conquistò la città di Sardi e fece prigioniero il re Creso ma questi continuava a liberarsi prodigiosamente dalle catene finché Ciro lo rilasciò e gli assegnò una città e un esercito.
L'eunuco Petisaca, d'accordo con Oebara ufficiale di Ciro, fece morire Astiage abbandonandolo nel deserto ma fu scoperto e consegnato a Amiti che lo fece crocifiggere dopo averlo torturato. Per timore di fare la stessa fine Oebara si lasciò morire di fame.
Il cadavere di Astiage fu trovato intatto nel deserto perché dei leoni lo avevano protetto.
Combattendo contro i Derbici, Ciro fu gravemente ferito e sarebbe stato sconfitto se non avesse ricevuto rinforzi da Amorge con il quale si era rappacificato, la battaglia fu vinta e Amoreo re dei Derbici fu ucciso.
Consapevole che la ferita ricevuta era mortale, Ciro stabilì che fosse re suo figlio Cambise ma lasciò possedimenti anche al figlio minore Tanioxarce e ai figli di primo letto di Amiti. Morì dopo trent'anni di regno.
Il primo atto di Cambise fu di dare degna sepoltura al padre,si dedicò poi all'Egitto che conquistò mandando in esilio il re Amirteo. Calunniato da un mago di nome Sfendadate (Smerdi in Erodoto), Tanioxarce venne in odio a Cambise che decise di farlo morire. Approfittando della somiglianza fra Tanioxarce e Sfendadate, Cambise uccise il primo e lo sostituì con il secondo. Anni dopo Amiti lo venne a sapere e si uccise.
Da allora nefasti presagi sconvolsero Cambise che in effetti morì poco dopo per una ferita che si era procurato accidentalmente. Sfendadate con l'aiuto degli eunuchi Bagapate e Artasira si impadronì del trono ma sette persiani cospirarono contro di lui: Onofa, Iderne, Norodabate, Mardonio, Barise, Ataferne e Dario figlio di Istaspe.
I congiurati uccisero Sfendadate che regnava da otto mesi. Avevano convenuto fra loro che il trono sarebbe andato a quello il cui cavallo avesse nitrito per primo e toccò a Dario.
Ctesia raccontava un caso particolare della vita di Dario: aveva ordinato di costruire il suo sepolcro su una montagna con due vette ma quando volle salire per vederlo i Caldei lo dissuasero. Vollero salire i suoi genitori ma precipitarono perché i sacerdoti, spaventati dai serpenti, lasciarono andare le corde con le quali li stavano tirando in alto. Dario, addolorato, fece decapitare quaranta persone che ritenne responsabili dell'incidente.
Dopo aver ordinato spedizioni contro gli Sciti per catturare schiavi, Dario attaccò direttamente gli Sciti con un grande esercito ma scambiò un arco con il re Scitarce e vedendo che l'arco del nemico era molto più forte del suo tornò indietro precipitosamente tagliandosi i ponti alle spalle e lasciando in Europa ottantamila suoi soldati che furono trucidati dagli Sciti.
Sulla via del ritorno il generale persiano Dati attaccò le isole della Grecia ma fu sconfitto e ucciso da Milziade. Tornato in Persia Dario si ammalò e dopo un mese morì. Aveva regnato per trentuno anni.
A Dario successe il figlio Serse che sposò Amistri e fu padre di un altro Dario, di Istaspe e di Artaserse. Ebbe anche due figlie di nome Amiti e Rodoguna.
Megabizo domò una rivolta a Babilonia (ma qui il racconto di Ctesia non concorda con quello di Erodoto), quindi Serse radunò un esercito di ottocentomila uomini, costruì un ponte presso Abido e passò in Grecia. Qui fu dissuaso da Demarato a invadere Sparta e passò ad affrontare Leonida alle Termopili. In diversi scontri caddero fra i Persiani migliaia di uomini a fronte di minime perdite dei Greci, infine Serse con l'aiuto di ufficiali tessali riuscì a circondare e massacrare Leonida e i suoi uomini.
Mardonio al comando di centoventimila soldati fu sconfitto e ferito a Platea da Pausania che aveva con se soltanto, trecento spartani e settemila uomini di altre città. Serse attaccò quindi Atene ma la trovò deserta perché tutti gli abitanti si erano rifugiati nell'isola di Salamina e dovette limitarsi ad incendiare la città.
Il re persiano provò a costruire un argine per superare lo stretto di mare che divideva l'Attica da Salamina e invadere l'isola ma Temistocle e Aristide chiamarono gli arcieri di Creta che impedirono i lavori. Dopo essere stato sconfitto anche in una battaglia navale in cui perse cinquecento navi Serse decise di tornare in Asia.
Rientrato in patria Serse fu ucciso in una congiura organizzata dal suo consigliere Artabano che fece ricadere la colpa su Dario figlio del re in modo che anche questi venne eliminato per ordine di Artaserse.
Artabano si accordò con Megabise per eliminare anche Artaserse ma Megabise svelò il piano e Artabano venne giustiziato.
Artaserse sconfisse i Battriani che si erano ribellati ma una rivolta più grave scoppiò in Egitto. I rivoltosi erano comandati dal lidio Inaro e appoggiati dagli Ateniesi. Inaro vinse i Persiani in terra e in mare e Achemene, fratello di Artaserse che comandava l'esercito del re rimase ucciso.
Un secondo esercito comandato da Megabise andò ad aggiungersi a quello di Achemene e questa volta la vittoria andò ai Persiani ma Inaro con seimila Greci si rifugiò a Bibli ed accettò di arrendersi solo quando Megabise giurò che lui e i suoi non avrebbero subito danni. Artaserse, benché addolorato per la perdita del fratello, rispettò i patti ma la regina Amiti non perdonò Inaro e continuò a insistere con il re per cinque anni finché non ebbe Inaro in suo potere e lo fece crocifiggere.
A questo punto Megabise si ritirò in Siria e si ribellò, vinse più volte gli eserciti di Artaserse finché il re non scese a patti e i due si riconciliarono ma dopo qualche tempo Artaserse con un pretesto esiliò Megabise che riuscì a tornare in patria dopo cinque anni e di nuovo si riconciliò con il re. Morì all'età di settantasette anni.
Morì anche Amiti, moglie di Megabise, dopo essere stata ingannata dal medico Apollonide che aveva approfittato di lei e che pagò con la vita la sua condotta.
Zopiro figlio di Megabise e Amiti si ribellò e tentò di occupare la città di Caunio ma fu ucciso. Infine morì Artaserse dopo quarantadue anni di regno egli successe Serse, suo unico figlio legittimo nato da Damaspia. Artaserse aveva avuto anche diciassette illegittimi fra cui Oco e Secindiano.
Secindiano uccise Serse e si impossessò del regno, uccise anche il ministro Bagorazo procurandosi con questi due delitti l'odio dell'esercito. Ufficiali e satrapi passarono dalla parte di Oco il quale regnò per qualche tempo con il fratello poi lo fece morire.
Oco, chiamato anche Dario (Dario II), regnò con i consigli della moglie Parisati e dei suoi eunuchi. Aveva due figli, Amistri e Arsace. Quest'ultimo prese in seguito il nome di Artaserse. Dopo l'ascesa al trono ebbe da Parisati i figli Ciro, Oxeadra e altri due che morirono prematuramente.
Fu sventata la congiura di Arsite, fratello del re, e di Artisio figlio di Artabise che furono giustiziati. Analoga fine toccò al satrapo Pisurne e al cortigiano Artoxare quando tentarono a loro volta di eliminare Oco.
Arsace/Artaserse e Amistri figlio e figlia del re sposarono Stratira e suo fratello Teritucme figli di Idarne satrapo di Ircania. Teritucme ereditò la satrapia del padre, si innamorò di un'altra sorella di nome Rossane e deside di uccidere Amistri e rivoltarsi contro Dario. Fu invece ucciso da un uomo del suo seguito di nome Udiaste e Parisati fece morire in modi atroci tutta la famiglia di Teritucme risparmiando soltanto la propria nuora Amistri.
Oco Dario morì di malattia in Babilonia dopo trentacinque anni di regno egli successe Arsace che cambiò nome in Artaserse. Artaserse fece uccidere Udiaste dando la sua satrapia al figlio Mitridate.
Ciro si ribellò al fratello Artaserse, parte del suo esercito era composto dai Greci comandati dallo spartano Clearco. Ciro vinse in battaglia Artaserse ma venne ucciso, Clearco si ritirò e occupò una città appartenente alla regina Parisati.
Parisati celebrò le esequie del figlio Ciro per la cui morte in seguito fece giustiziare molte persone con atroci torture.
Tissaferne attirò Clearco in un tranello e lo consegnò in catene ad Artaserse che fu indotto dalla moglie Statira ad ucciderlo insieme ai suoi soldati. Parisati uccise Statira con il veleno e fu messa sotto processo, benché dichiarata innocente fu mandata a morte dal figlio.
Quest'opera di Ctesia riportava quindi il contenuto di lettere e documenti relativi alle ostilità di Artaserse con Evagora re di Cipro.


Ctesia di Cnido - Delle cose dell'India

Nell'unico libro che compose sull'India, Ctesia parlava delle dimensioni del fiume Indo e diceva che gli Indiani costituivano la più popolosa delle nazioni.
Parlava degli animali: un tipo di verme che viveva nell'Indo, gli enormi elefanti, le piccole scimmie e i galli grandissimi, i pappagalli dalla voce umana e un grande avvoltoio al quale si potevano insegnare la lingua indiana e la greca.
Un animale detto manticora ha volto umano, occhi e orecchie simili ai nostri, è di colore rosso e grande come un leone, ha tre file di denti, una lunga coda simile a quella dello scorpione, un aculeo al termine della coda ed uno sulla testa, la sua puntura è sempre mortale. Può lanciare gli aculei a distanza perché gliene rinascono di nuovi, può uccidere anche con le unghie, si ciba di molti animali ma preferisce gli uomini, il suo nome infatti significa "divoratore d'uomini".
Ctesia parlava di una fontana dalle cui acque si poteva ricavare ogni anno un talento d'oro oltre un tipo di ferro che aveva la singolare proprietà di scacciare la nebbia e la pioggia.
Il clima torrido dell'India uccide a volte le persone e riscalda il mare. Non vi sono precipitazioni, l'irrigazione dipende dal fiume. Gli indiani sono di carnagione scura con pochissime eccezioni di albini.
Nell'India centrale vive un popolo di pigmei di piccolissima statura, si coprono con i capelli e la barba che non tagliano mai, gli uomini hanno il membro lungo fino alle caviglie. Allevano animali di dimensioni proporzionate alle loro. Abilissimi arcieri, tremila di loro fanno parte della guardia personale del re dell'India. Usano un olio che galleggia sulla superficie di un lago che si trova nel loro territorio.
L'India è ricca di miniere d'argento e di miniere d'oro ma queste ultime sono di difficile accesso perché abitate dai grifi, uccelli quadrupedi grandi come lupi con artigli da leone.
Fra le varie curiosità, Ctesia parlava di un'acqua che coagulava come formaggio e costringeva chi la ingeriva a dire la verità, ovviamente era usata nelle inchieste giudiziarie.
L'esposizione delle cose dell'India continuava con particolari fantasiosi su popolazioni di giganti, uomini ferini dotati di coda, serpenti dai terribili veleni e uccelli dagli escrementi velenosi.


Dexippo - Libri IV delle cose accadute dopo Alessandro, epitome storica fino all'impero di Claudio e delle cose scitiche

Dexippo scriveva in uno stile solenne ma privo di ridondanze, simile a quello di Tucidide ma più chiaro. Iniziava la narrazione dalla morte di Alessandro e parlava dell'incoronazione di Arrideo e di come il trono fosse destinato anche al figlio di Alessandro e di Rossane che doveva ancora nascere. Della reggenza di Perdicca e della divisione dell'impero: l'Egitto a Tolomeo, la Siria a Laomedonte di Mitilene, la Cilicia a Filota, la Media a Pitea, la Cappadocia e la Paflagonia a Eumene, Panfilia e Cilicia a Antigono, Caria a Asandro, Lidia a Menandro, Frigia a Leonato, Babilonia a Seleuco, Mesopotamia a Archelao. Così fu ripartita l'Asia mentre in Europa Lisimaco ebbe la Tracia e il Chersoneso e Antipatro la Macedonia, la Grecia e tutti gli altri territori di cui era già governatore. Cratero fu nominato tutore e curatore dei re.
Dexippo continuava indicando le satrapie asiatiche come, ad esempio, quella di Ossiarte padre di Rossane.


Damascio Damasceno - Vita di Isidoro Filosofo

Fozio definisce Damascio "sommamente empio" in materia religiosa, inoltre lo accusa di incompetenza riguardo alla filosofia, di vanità e superbia. Quanto allo stile di Damascio, dice ancora Fozio, potrebbe essere gradevole se non fosse rovinato dall'eccessiva ricercatezza che lo rende poco chiaro.
I maestre di Damascio furono Teone per la retorica, Marino successore di Proclo nelle scienza matematiche, Zenodoro e Armonio figlio di Ermia per la filosofia e Isidoro per la dialettica.
Estratti della Vita di Isidoro scritta da Damascio
Alcune stravaganti considerazioni sull'antichità degli Egizi e sul culto di Iside e Osiride introducono a mo' di prologo la biografia di Isidoro. Esperto nell'interpretazione dei sogni come molti Alessandrini, Isidoro aveva uno sguardo molto penetrante nei suoi occhi che erano "simulacri perfetti dell'anima". Era una persona moderata (i suoi sensi servivano solo per le necessità) e anche se a volte si adirava era sempre la ragione ad avere il controllo.
Portato dalla sua natura a fare del bene, era prontissimo anche a criticare le malvagità, odiava l'adulazione e non rinunciava alla sincerità. Ciò che amava di più era la semplicità unita alla verità. Non amava accumulare denaro ma sapeva amministrare correttamente i propri affari. Soleva destarsi all'alba e dettare la descrizione dei propri sogni.
Isidoro sosteneva che 'intelletto è un istinto divino che permette di discernere il vero dal falso e che la diligenza e la costanza nella ricerca della verità sono suoi strumenti e non sua origine. Abile nel trattare gli affari materiali, li sbrigava rapidamente per poi dedicarsi alla meditazione contemplativa. Apprese le dottrine di Platone e apprezzò i commenti di Giamblico.
Alla razionalità di Aristotele preferì le idee di Platone più vicine al suo concetto di istinto divino. Venerò come dei Platone e Pitagora. Pur riconoscendo che Aristotele e Crisippo furono ingegnosissimi, pensava che i loro studi non aiutassero ad avvicinarsi alla sapienza divina. Non credeva che la logica dei sillogismi fosse l'unica via per dimostrare la verità e riusciva a convincere con la persuasione, aiutato in questo dal suo carisma, dall'aspetto piacevole e dai modi cortesi.
Si parla brevemente di altri filosofi: Jerocle di Alessandria, neoplatonico, Tesebio seguace di Epitteto che esorcizzò un demone che possedeva sua moglie e che quando si rese conto che non riusciva ad avere figli invitò la donna a vivere con lui in castità; Ammonio commentatore dei poeti greci che aveva un asino che amava la poesia. Isidoro non amava la poesia che considerava superficiale e non scrisse mai versi.
Il racconto di Damascio, abbandonando la biografia di Isidoro, parlava di strani prodigi come spettri di caduti in battaglia che continuavano a combattere, cavalli fiammeggianti, scintille che escono dal corpo. Si parla quindi di indovini e di metodi di divinazione tramite i sogni o l'osservazione delle nuvole (Damascio non brillava per coerenza).
Il filosofo Ermia padre di Amnero e di Eliodoro fu discepolo di Siriano insieme a Proclo. Tenace nello studio e dotato di ottima memoria, non era troppo svelto di mente e non aveva mezzi per disputare sulla verità, era però un buon uomo, semplice e onesto.
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Teopompo - Filippica, libri LIII (codice 176)

Una parte dei cinquantatre libri dell'opera di Teopompo era perduta. Secondo alcuni lo era anche il libro XII ma Fozio afferma di averlo letto e ne riepiloga il contenuto.
Vi si trattava di Evagora che divenne re di Cipro destituendo Abdemone con l'aiuto del re egiziano Acoris. Poiché Cipro era protettorato persiano, il re di Persia (Artaserse II) inviò una spedizione contro Evagora comandata da Autofradate satrapo di Lidia e dall'ammiraglio Ecatomno, Teopompo narrava la conclusione di questa guerra (i Persiani ridimensionarono il regno di Evagora lasciandogli la sola Salamina).
Il libro narrava anche le vicende del re Acoris e dei suoi alleati Pisidii e Aspendii, si parlava dei medici asclepiadi di Coo e di Cnido e dei posteri di Podalirio.
Teopompo passava quindi all'indovino Mopso eponimo di Mopsuestia e delle sue figlie Rode (da cui Rodia di Licia), Maliade e Pamfilia (da cui il nome della Panfilia). Infine il libro XII descriveva la guerra fra Lici e Telmessi.
Teopompo era nativo di Chio, in gioventù fu cacciato insieme al padre per idee filospartane e fu riammesso più tardi per intercessione di Alessandro Magno. Fu oratore, scrittore e storico molto prolifico e pare che nelle sue opere si vantasse molto della sua facondia.
Insieme a Eforo fu discepolo di Isocrate e Fozio nota affinità stilistiche fra le loro opere.