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NONNO DI PANOPOLI

DIONISIACHE


CANTO I


Il proemio, con la rituale richiesta alla musa di "narrare", anticipa alcuni temi del poema: l'amore di Zeus per Semele, la morte di Semele, il doppio parto di Dioniso. Nonno chiama a nume tutelare del poema il dio Proteo, creatura metamorfica per antonomasia, ad indicare come il tema del continuo mutamento sarà basilare nella sua opera. Saranno le mutazioni di Proteo, dice Nonno, ad ispirargli di volta in volta il canto delle gesta di Dioniso, della prima infanzia alla guerra in India, dai suoi amori all'invenzione del vino. L'ultimo verso del proemio avverte il lettore che la narrazione inizierà dal mito di Cadmo, antenato di Dioniso.

Zeus, tramutatosi in toro, rapisce la giovane Europa e nuotando con la fanciulla sulla groppa è osservato da alcune divinità marine, stupite dall'insolito spettacolo. Anche un uomo, un marinaio acheo, assiste alla scena e, retoricamente, commenta il prodigio. Anche Europa parla, esprime il suo lamento intuendo le intenzioni erotiche del toro e chiede aiuto al mare ed ai venti .
Alla ricerca di Europa parte quindi Cadmo, suo fratello .
A quel tempo, dice Nonno, gli dei dell'Olimpo, sotto forma di uccelli erano fuggiti in Egitto per paura di Tifeo (Tifone), questi si era impadronito delle armi (la folgore ed il fuoco) che Zeus aveva nascosto sotto terra mentre si univa a Pluto per generare Tantalo.
Tifeo rappresenta la forza bruta del Caos primordiale, le sue innumerevoli membra sono descritte come "eserciti" di belve, la "messe delle sue braccia" arriva ad attaccare lo Zodiaco e sconvolgere il corso degli astri. Con una sorprendente descrizione apocalittica viene presentato il mostro che blocca l'aurora ed interrompe l'avanzare della primavera. Ora l'attacco di Tifeo si sposta al mare (egli cattura il carro di Poseidone e lo scaglia sulla terra) quindi alla terra dove afferra un carro trainato da buoi per lanciarlo contro la luna arrestandone il corso. Il cosmo reagisce: mentre Zeus è impegnato nella sua impresa galante con Europa e gli altri dei sono fuggiti la Luna, le Stelle Fisse, Orione, le Pleiadi, il Serpentario, il Sagittario e via via tutto lo Zodiaco si difendono ingaggiando una battaglia cosmica contro le "schiere" che formano il corpo di Tifeo.
Intanto il corpo di Tifeo, "vasto più dei continenti" occupa e sconvolge l'Oceano dove le creature marine sono stravolte dal terrore. Ma quando Tifeo impugna le armi trafugate di Zeus gli mancano la forza di reggerle e la capacità di usarle .
Intanto Zeus, raggiunta l'isola di Creta muta il suo aspetto in quello di un giovinetto e si unisce ad Europa mentre Era, gelosa, pronuncia un discorso di amaro sarcasmo. Per volere di Zeus Europa, rimasta incinta sposerà Asterio.
Soddisfatte le sue brame amorose, Zeus passa finalmente ad occuparsi del minaccioso Tifeo. Convoca Cadmo che, travestito da pastore a cura di Pan, dovrà affascinare il mostro con il suono del flauto. In premio - promette Zeus - Cadmo avrà l'onore di essere chiamato "salvatore dell'armonia universale" e potrà sposare Armonia. All'opera ammaliatrice di Cadmo dovrà contribuire Eros "pastore di vita".
Quando Cadmo conducendo un gregge al pascolo prende a suonare il flauto, Tifone lo ascolta e si avvicina. Cadmo, fingendo sorpresa e terrore fugge fra i boschi ma Tifeo lo richiama rassicurandolo. Lui che ha preso le armi di Zeus non vorrà certo contendere il flauto ad un capraio, lo sfida invece, grottescamente, a misurarsi con lui: suoni Cadmo il flauto e Tifeo risponderà con il fragore del tuono .
In premio per la sua musica Tifeo promette a Cadmo di recarlo con se nell'Olimpo e di porre i suoi armenti fra le costellazioni. Gli darà in sposa quella che Cadmo preferirà tra le dee, riservando per se la sola Era. Nel delirio del suo successo Tifeo già vagheggia di aver sottomesso tutti gli dei e vuole fare del pastore incontrato per caso il cantore della sua gloria .
Cadmo, fingendo di stare al gioco, afferma di poter cantare ancora meglio con la cetra, strumento con il quale si era già misurato con Apollo; Zeus tuttavia aveva distrutto la sua cetra e Tifeo gli dona i "tendini" di Zeus per costruirne una nuova. Questo accenno ai tendini di Zeus non è chiaro, sembrerebbe riferirsi ad una precedente contesa fra Tifeo e Zeus, i tendini sembrerebbero qui depositari della potenza di cui Zeus è stato privato, tuttavia non ricompariranno nel racconto. Cadmo riprende a suonare e Tifone è completamente rapito dalla musica .

CANTO II


Intanto Zeus recuperava all'insaputa di Tifeo le armi che gli erano state sottratte. Quando Cadmo smette di suonare Tifeo si riscuote e si rende conto dell'inganno subito. Subito muove contro l'Olimpo provocando con il suo corpo gigantesco un violento terremoto. Avanzando fa strage di animali domestici e selvatici, distrugge la vegetazione, sconvolge il paesaggio. Anima la scena il dialogo disperato di due Ninfe che, private repentinamente della vegetazione loro dimora, si lamentano per il dolore e per la pena di essere violentate, nel discorso delle due fanciulle ricorrono accenni a numerosi miti, come quelli di Callisto, Giacinto, Piti, Siringa, Eco, Asteria, Procne e Filomela ed ancora Fetonte, Niobe ed altra .
Scende la notte e Nike, dea della vittoria, visita Zeus incitandolo a combattere Tifeo e a non permettere che il Caos abbia il sopravvento .
La notte trascorre con Zeus che veglia preparando la riscossa e Tifeo si scatena nuovamente contro il cielo. Tifeo pronuncia un lungo discorso di guerra nel quale lui, figlio della Terra, si atteggia a vendicatore dei Titani sconfitti da Zeus. Poseidone sarà legato con la catena di Giapeto, Atlante sarà liberato, e Efesto prenderà il posto di Prometeo, Ermes sarà punito per aver liberato Ares quando i Giganti Oto ed Efialte lo imprigioneranno. Tifeo intende inoltre sovvertire i miti in cui i corteggiatori delle dee venivano puniti: Artemide dovrà essere sposa di Orione, Latona di Tizio, Atena di Efialte. Lui stesso sposerà Era mentre Zeus, che avrà sostituito Atlante nel sorreggere la volta del cielo, dovrà sopportare impotente la sua gelosia. Tifeo dichiara infine che liberati Crono, i Titani ed i Ciclopi egli eleggerà il suo trono nel Cielo, da dove governerà il suo nuovo universo .
In risposta alle lunghe minacce di Tifeo, Zeus si limita a ridere e subito ingaggia la lotta. Inizia la lunga descrizione della battaglia: Tifeo scaglia contro Zeus alberi, massi, montagne, intere isole ma Zeus schiva i colpi o, insensibile, li respinge con un soffio o con un gesto della mano. A sua volta Zeus attacca il gigante con le armi che gli sono proprie: il lampo, la folgore, una spessa coltre di nubi tempestose, la grandine, i venti. Infine Tifeo, sopraffatto dal fuoco dei fulmini e dal ghiaccio della grandine precipita a terra boccheggiante. E' la volta di Zeus di schernirlo. Lo deride riprendendo con fugace sarcasmo tutti i punti del minaccioso discorso pronunciato da Tifeo prima della battaglia .
Infine Tifeo è sepolto sotto la Sicilia, non morto ma in eterna agonia, agonia che mostra i suoi spasimi nelle periodiche eruzioni dell'Etna. Zeus pone inoltre un cenotafio del mostro in Cilicia con un'iscrizione che indichi per sempre il destino dei superbi. Il particolare del cenotafio serve a Nonno per conciliare due diverse tradizioni in merito alla sepoltura di Tifone.
La Terra piange per le sue ferite e per la sconfitta del figlio ma la Natura medica le ferite del mondo mentre gli astri ritrovano in cielo il proprio equilibrio .
Zeus si ricorda dell'aiuto avuto da Cadmo e lo convoca: come promesso egli sposerà Armonia ed al banchetto nunziale sederanno gli dei ma in futuro dovrà guardarsi dall'ira di Ares e per questo motivo Zeus pronuncia degli oscuri versi oracolari. (Cadmo morirà ucciso da Ares per aver ucciso presso Tebe un serpente figlio del Dio). Infine Zeus svela a Cadmo che Europa è andata in sposa ad Asterio, signore dell'Ida, e che i suoi fratelli Cefeo, Taso, Cilice e Fineo (che come Cadmo erano partiti in cerca di Europa) sono tutti vivi e destinati ad un glorioso futuro. Lo stesso Cadmo fonderà una città e sarà re .
Il canto si chiude con Zeus che rientra nella sua sede, anche gli altri dei tornano sull'Olimpo con grande festa mentre Temi espone le armi del gigante abbattuto .

CANTO III


Sconfitto Tifone da Zeus ha termine la stagione invernale .
Cadmo si imbarca ed i venti lo portano all'isola di Samotracia, dove dimora la sua promessa sposa Armonia. Accolto ed accompagnato da Peito, personificazione della persuasione ed ancella di Afrodite, Cadmo si reca al palazzo ove abita Armonia. Con un'evidente reminescenza di Apollonio, Nonno immagina una cornacchia parlante che critica Cadmo che si avvicina alla casa della sposa con calma eccessiva .
Cadmo si ferma affascinato ad osservare lo splendido palazzo di Elettra, opera di Efesto. Lo nota Emazione, figlio di Elettra e colpito dal nobile aspetto del giovane lo invita a banchetto. Alla fine del banchetto, interrogato da Elettra, Cadmo racconta la propria discendenza: un tempo Zeus si era innamorato di Io, figlia di Inaco, ma Inaco aveva rifiutato di concedere la figlia per devozione ad Era. Era aveva tramutato Io in vacca e l'aveva affidata alla custodia del mostruoso ed insonne Argo, dotato di cento occhi ma Ermes, per ordine di Zeus aveva ucciso il mostro e liberato Io.
Trasferita in Egitto, Io aveva generato con Zeus Epafo, dal quale nacque Libia che si congiunse con Poseidone e generò Belo. Belo ebbe cinque figli: Fineo, Fenice, Agenore, Egitto e Danao.
Agenore era il padre di Cadmo. Cadmo racconta ancora della sorella Europa, rapita da un toro misterioso e di come Agenore avesse ordinato a tutti i fratelli di ritrovarla .
Elettra risponde in tono consolatorio e a sua volta racconta le sue origini ed il rimpianto per essere stata separata dalle sorelle Pleiadi e dal figlio Dardano, partito ancora giovanissimo per andare ad abitare sull'Ida.
La consola la promessa di Zeus che un giorno lei e le sue sorelle abiteranno insieme ma nel cielo come stelle. Incoraggia quindi Cadmo suggerendo che le sue peregrinazioni possano essere premessa di un destino felice e lo invita a fermarsi nella sua terra .
Ermes, inviato da Zeus, raggiunge la reggia e, visibile alla sola Elettra la chiama in disparte e le spiega che Cadmo, come ricompensa da Zeus dovrà sposare Armonia.
Nel rivolgersi ad Elettra, Ermes saluta la progenitrice della razza che dominerà il mondo in quando Dardano sarà fra i capostipiti dei Troiani dai quali, secondo la tradizione, discenderanno i Romani.

CANTO IV


Ricevuta l'ambasciata di Ermes subito Elettra prende in disparte Armonia e le comunica che dovrà sposare Cadmo.
Armonia si dispera, ritiene che Cadmo sia un povero vagabondo e mette in dubbio le parole di Ermes sul ruolo svolto dal giovane nella "Tifonia". Astutamente Afrodite, assunto l'aspetto di una giovane vicina di nome Peisinoe (colei che persuade la mente) si presenta ad Armonia e fingendosi innamorata di Cadmo ne esalta le qualità insinuando perfino il sospetto che Cadmo sia Ermes in persona, oppure potrebbe trattarsi di Apollo, in ogni caso di un dio. L'appassionato discorso della finta Peisinoe (un vero pezzo di bravura da parte di Nonno), sortisce l'effetto voluto, grazie anche al tocco della famosa cintura di Afrodite e Armonia, mutato del tutto il suo cuore, prende a parlare a Cadmo con parole che sembrano fondersi con quelle della compagna; ben presto la decisione è presa ed Elettra, commossa, consegna la giovane a Cadmo.
I due giovani si imbarcarono su una nave pilotata dallo stesso Cadmo. Cadmo viene ora descritto come uomo di grande sapienza - addirittura inventore delle scritture - dotto di scienza della navigazione, di matematica e di astronomia .
Cadmo e Armonia raggiungono Delfi "ombellico del mondo", come era stato prennunziato da Zeus e si recano a consultare l'oracolo. L'oracolo ordina a Cadmo di abbandonare la vana ricerca del toro e di Europa: egli deve seguire una giovenca che lo condurrà nel luogo ove fondare una nuova città che, in ricordo della sua patria, chiamerà Tebe.
Appena uscito dal tempio Cadmo incontra la giovenca e, con Armonia ed i suoi compagni la segue in un lungo viaggio finchè la bestia non cade a terra, stremata dalla fatica .
Qui i viaggiatori vengono aggrediti da un gigantesco serpente, molti vengono uccisi e lo stesso Cadmo, avvolto fra le spire del mostro sta per soccombere quando gli appare Atena in armi ed esortandolo a reagire gli infonde coraggio .
Cadmo uccide il serpente provocando l'ira di Ares (padre del mostro) che più tardi lo tramuterà in un rettile .
Come ordinato da Atena durante la sua apparizione, Cadmo semina a terra i denti del drago e subito ne nasce stuolo di Giganti che l'eroe falcidia con la spada via via che sorgono dal terreno .
Infine Cadmo scaglia una pietra fra i Giganti che cominciano a combattere tra loro uccidendosi l'un l'altro .

CANTO V


Sterminati i Giganti, Cadmo ed i suoi offrono la giovenca in sacrificio agli dei. In seguito Cadmo combatterà con le popolazioni locali prima di poter fondare la città nel luogo indicato dall'oracolo. Viene quindi descritta la costruzione della città: viene tracciato il perimetro ed il percorso delle vie principali, le vie vengono lastricate con pietre policrome, si costruiscono case, templi ed altari. Infine vengono costruite le famose sette porte .
Si svolge il banchetto nuziale di Cadmo ed Armonia al quale partecipano gli dei come Zeus aveva annunciato. In qualità di padre della sposa qui Ares appare benevolo e giubilante, sembra momentaneamente accantonare la sua ira contro Cadmo uccisore del drago. Gli dei recano agli sposi doni preziosi, Nonno descrive a lungo la collana d'oro e di pietra donata da Afrodite ad Armonia, opera di Efesto.
Cadmo ed Armonia ebbero prole numerosa: Autonoe, Ino (sposa di Atamante), Agave (sposa di Echione, uno degli Sparti superstiti, nati dai denti del drago), Semele, che sarà sedotta da Zeus, unico maschio fu Polidoro, ultimo nato .
Autonoe sposò Aristeo, figlio di Apollo e della ninfa Cirene. Aristeo, uomo di grande ingegno, aveva per primo praticato la caccia con i cani, aveva inventato l'apicultura ed aveva avuto per primo l'idea di ricavare l'olio dalle olive. Pastore, aveva insegnato ai pastori l'arte di radunare il bestiame e di mettere in testa al gregge una capra che apra la via nei passaggi difficili. Come Apollonio Rodio (Arg. II, 522 - 527), Nonno ricorda inoltre che con i suoi sacrifici Aristeo aveva ottenuto da Zeus i benefici venti etesi, sconfiggendo la canicola che affliggeva le Cicladi.
Da Aristeo ed Autonoe nacque Atteone.
Abilissimo cacciatore Atteone ebbe la ventura di incappare nei boschi in Artemide che prendeva il bagno nuda con un corteggio di Ninfe. Affascinato dalle membra divine, era rimasto nascosto a spiare ma scoperto da una delle Ninfe era stato mutato in un cervo e sbranato dai suoi stessi cani .
Aristeo ed Autonoe, vedendo tornare i cani da soli, perlustrarono i boschi in cerca del figlio, trovarono ed ovviamente non riconobbero la carcassa straziata del cervo. Durante la notte Atteone appare in sogno ad Aristeo e gli svelò l'accaduto, gli chiese di seppellire i suoi resti animali e pateticamente lo pregò di non uccidere i suoi cani incolpevoli .
Con immenso dolore Aristeo ed Autonoe recuperarono le ossa del cervo e le seppellirono .
Intanto Agave, sposa di Echione, partoriva Penteo.
Ino, moglie di Atamante (già sposo di Nefele) partoriva Learco e Melicerte.
Quanto a Semele, era destinata a nozze più importanti: Zeus intendeva infatti generare un "secondo Dioniso", rimpiangendo il primo Zagreo che era nato dal suo connubio con Persefone.
C'era stato un tempo, infatti, in cui tutti gli dei avevano ardentemente desiderato Persefone - figlia di Demetra - primo fra tutti Zeus era stato posseduto dalla passione .


CANTO VI


Quando tutti gli dei erano divenuti rivali per la mano di Persefone Demetra, preoccupatissima, si era recata dal titano Astreo, padre dei venti ed esperto di astrologia per consultarlo sul futuro della figlia. La profezia di Astreo comprende un evento negativo (la violenza che Persefone subirà ad opera di Zeus in aspetto ferino) ed uno positivo: il dono delle messi che Zeus recherà a Demetra.
Per nascondere Persefone, Demetra la condusse in una profonda grotta in Sicilia, dove la ragazza, in compagnia della nutrice Calligenia, si dedicò alla tessitura. Ciò nonostante Zeus, trasformatosi in serpente, penetrò nella grotta e possedette Persefone. Da questa unione nacque Zagreo, il primo Dioniso, " adorno di corna ".
Ben presto però Era per gelosia istigò i Titani che ingannarono Zagreo con giochi infantili e lo uccisero facendolo a pezzi. Nell'estrema lotta, agonizzante, il giovane dio svolse una serie di metamorfosi, prima in forma umana (giovane - vecchio - bambino - adolescente), poi animale (leone - cavallo - serpente - tigre - toro). Nell'ultima forma, quella taurina, Zagreo viene definitivamente abbattuto dal grido di Era.
Scoperta la morte di Zagreo Zeus la vendicò precipitando nel Tartaro i Titani e devastando con il fulmine la Terra loro madre. Infine, impietosito dalle molte ferite della Terra decise di curarle con un diluvio .
Il resto del canto è dedicato alla descrizione del diluvio che sommergendo la Terra unisce e confonde gli abitanti dei boschi con quelli del mare. Le Ninfe ed altre creature si chiamano fra loro sperdute nel nubifragio. I fiumi sono deviati dal loro corso. Infine, ad un cenno di Zeus, Poseidone percuote con il suo tridente la roccia della Tessaglia aprendola (origine mitica della Valle di Tempe). Le acque defluiscono nella fenditura e sulla terra purificata ritorna a fiorire la vita .


CANTO VII


La natura crea (o ricrea dopo il diluvio ?) il genere umano .
Il dio Eone si rivolge a Zeus piangendo per l'umanità destinata a tante sofferenze. E' un discorso denso di significati allegorici in cui vengono evocati fra gli altri i miti di Pandora e di Prometeo.
Zeus profetizza che avrà un figlio che donerà agli uomini un nettare adatto alla loro natura, il vino .
Eros prepara una freccia con la quale colpire Zeus poiché si innamori di Semele. Intanto Semele fa un sogno profetico: vede nel sogno un magnifico albero che viene incenerito da una fiamma celeste, un uccello salva dal fuoco un frutto immaturo e lo porge a Zeus. Zeus si cuce il frutto in una coscia e ne nasce un uomo dotato di corna taurine .
La fanciulla racconta il sogno a Cadmo, che consultato un indovino, le ordina di offrire sacrifici. Durante la cerimonia Semele si macchia con il sangue della vittima, quindi si reca al fiume ed una ninfa ne commenta per il lettore la bellezza sovrumana, Zeus la spia con desiderio ed Eros ne approfitta per colpirlo con la sua magica freccia .
Impaziente Zeus attende la notte ed al calar delle tenebre penetra nella reggia di Tebe e possiede Semele. Durante l'amplesso compie numerose metamorfosi (toro - leone - uomo - serpente) che alludono allegoricamente a vari aspetti del mito di Dioniso.
Dopo l'unione Zeus si rivela a Semele e le preannuncia la nascita di un figlio immortale che avrà posto nell'Olimpo.


CANTO VIII


Il demone d'Invidia, geloso del destino di Dioniso e del felice amore di Zeus e Semele assume le sembianze di Ares e pronuncia un discorso accusatore nei confronti di Zeus al fine di inasprire la gelosia di Era.
Era si rivolge ad Apate, dea dell'inganno e le chiede in prestito il cinto (simile a quello di Afrodite) che aveva il potere di rendere verosimile ogni menzogna. Armata di tale cinto Era si reca a Tebe e visita Semele assumendo l'aspetto della vecchia nutrice di Cadmo. La vecchia parla a Semele istigandola a chiedere a Zeus una prova della sua identità e del suo amore. Il discorso di Era ha l'effetto voluto: Semele, rosa dall'invidia verso la stessa Era e verso le numerose amanti di Zeus insiste per unirsi al dio nel suo vero aspetto illudendosi di assistere allo spettacolo della "dolce scintilla di una folgore innocua". Zeus, sapendo che quanto accade è scritto nel destino, cede infine alla richiesta dell'amante e Semele muore in un tripudio di orgoglio mentre Ermes salva dal rogo il feto immaturo di Dioniso. Placatasi (ma solo momentaneamente) l'ira di Era, Semele viene assunta nell'Olimpo con il nome di Tione.

CANTO IX


Salvato dal rogo che aveva ucciso la madre, il feto viene cucito nella coscia del padre e da qui estratto al compiersi del tempo della gestazione. Il bambino "cornigero" viene chiamato Dioniso e trasportato da Ermes presso un gruppo di Ninfe fluviali, figlie di Lamo, perché lo .
Le Ninfe figlie del fiume Lamo (identificate con le Iadi) impazziscono per volere di Era e sono prese da furia omicida ma Ermes interviene, riprende il bambino e lo porta nella casa di Ino, sorella di Semele, che aveva recentemente partorito Melicerte.
Ino prende ad allattare Dioniso e lo affida alle cure della sua ancella Mystis. Il neonato viene tenuto in una grotta per nasconderlo all'ira di Era. L'infanzia di Dioniso in compagnia di Mystis ha valore allegorico: l'ancella inventa ed insegna al bambino quei rituali che saranno tipici del suo culto: il suono del tamburo e dei cembali, il grido "evohè", le ghirlande intrecciate con i tralci di vite, ecc. Nonostante le precauzioni, Era scopre il rifugio di Dioniso e grida vendetta ai danni di Ino. Allora Ermes interviene nuovamente trasferendo il bambino sui monti della Frigia. Per sottrarle il piccolo Dioniso, Ermes si traveste ed assume l'aspetto di Fanes, divinità primigenia della mitologia orfica, dinanzi al quale anche la superba Era si inchina e cede il passo .
Ermes affida questa volta Dioniso a Rea, madre di Zeus, come quella di Zeus l'infanzia di Dioniso viene protetta dai Coribanti che con i loro canti e le loro rumorose danze, celano il bimbo ad ogni ricerca .
A nove anni Bacco era in grado di catturare e domare leoni ed altre belve, con grande orgoglio di Rea e di Zeus.
Sull'Olimpo Semele vanta suo figlio che viene allattato da Rea-Cibele, madre degli dei esasperando la gelosia di Era.
Era fa impazzire Ino che corre ossessionata nei boschi finchè Apollo impietositosi non fa scendere su di lei un sonno tranquillizzante e ristoratore .
I servi e le ancelle di Atamante (marito di Ino) ricercano disperatamente la donna scomparsa, particolarmente disperata era Mystis che oltre che per la perdita della sua padrona piangeva per il rapimento di Dioniso.
Atamante si consolò presto della vedovanza e sposò Temisto, figlia di Ipseo. Temisto partorì due coppie di gemelli: Scheneo e Leucone, Porfirione e Ptoio ed uccise gli ultimi due per errore, volendo sopprimere i figli di Ino.


CANTO X


Atamante impazzisce, è sconvolto da visioni, massacra il bestiame credendo di punire i servi infedeli, vede ovunque belve da abbattere. Quando, dopo tre anni, Ino torna a casa, Atamante non la riconosce e tenta di ucciderla. Nella sua follia uccide il figlio Learco con una freccia, credendolo un cervo. Tenta quindi di uccidere il piccolo Melicerte gettandolo in un calderone bollente ma Ino afferra il bambino ustionato e fugge inseguita dal folle. Giunta sulla riva del mare Ino si vede perduta, nel discorso che pronuncia viene ricordato un altro mito secondo il quale Ino aveva tentato di far morire i figli di primo letto di Atamante (Frisso ed Elle), quindi quanto le sta ora capitando è la punizione per la sua empietà oltre al risultato dell'odio di Era per aver Ino allattato Dioniso.
Infine Ino si getta in mare insieme a Melicerte e viene tramutata nella dea marina Leucotea. La deificazione è il premio per l'allattamento di Dioniso, come Ermes aveva promesso .
Intanto Dioniso cresce fra i monti della Frigia beatamente giocando con i Satiri. Un giorno incontra il giovane Ampelo e se ne innamora. Ampelo è figlio di un satiro e di una ninfa ma Dioniso lo considera un dio e vive per lui una struggente passione .
Il resto del canto è occupato dalla descrizione dell'amore di Dioniso per Ampelo, dai loro giochi, fra cui una gara di lotta dove le mosse e i contatti dei due corpi sono descritti con sottile erotismo .
Si svolge quindi una gara di corsa, preparata da Dioniso, fra Ampelo e due satiri, Cisso e Leneo. L'episodio ricorda la corsa fra Aiace e Odisseo in Iliade XXIII, in cui Atena fa inciampare Aiace per dare la vittoria ad Odisseo.
Così Dioniso per favorire il suo amato, gli infonde particolare vigore mentre i rivali scivolano sul fango e perdono terreno .


CANTO XI


Dopo la gara di lotta (nella quale Dioniso si è lasciato vincere) a quella di corsa che Ampelo ha vinto per il favore del dio, Dioniso sfida Ampelo ad una gara di nuoto .
Anche questa volta Dioniso lascia vincere il compagno, in un'ennesima prova d'amore .
Dioniso sogna un cerbiatto che viene straziato dalle corna di un toro, è un sogno premonitore e Dioniso capisce che la vita di Ampelo sarà breve. Un giorno infatti mentre Ampelo cacciava da solo, viene avvicinato da un coetaneo che è in realtà Ate, dea della discordia, inviata da Era, sempre pronta a perseguitare Dioniso. Il giovane pronuncia un "discorso ingannevole" adatto a screditare Dioniso suscitando In Ampelo invidia e gelosia e convincere il satiro a cavalcare un toro. Ate si allontana e subito arriva un toro privo di giogo ad abbeverarsi al fiume. Mansueto l'animale si lascia avvicinare da Ampelo che prima di montare sulla sua groppa lo adorna di foglie, di fiori e di un manto. Ma quando Ampelo prende a cavalcare il toro questi, per volere di Era, viene aggredito dai tafani. Come impazzito il toro disarciona Ampelo e con le corna fa strage del suo corpo. Avvertito da un satiro, Dioniso accorre e non gli resta che piangere l'amico con un lungo, straziante lamento mentre, fra i Satiri piangenti, sparge petali di ambrosia sul corpo senza vita .
Per consolarlo Eros assume le sembianze di un satiro e si avvicina a Dioniso.
Eros racconta a Dioniso la storia di Carpo e Calamo, molto simile a quella di Ampelo. Calamo, figlio del fiume Meandro, amava il giovane Carpo. Durante una gara di nuoto, Carpo era affogato e Calamo, per il dolore, si era ucciso nello stesso fiume, dopo la morte entrambi i giovani subirono una metamorfosi, dal corpo di Calamo nacquero le canne e quello di Carpo "rinacque come frutto del suolo".
Mentre Eros consola Dioniso, le Ore si recano a casa di Elio. Il canto si chiude con la poetica allegoria delle quattro Ore figlie dell'Anno (le stagioni).


CANTO XII


Le quattro Ore vengono accolte nel palazzo del Sole, ricevute dalle loro sorelle le dodici Ore cicliche (probabilmente allegorie dei mesi ).
L'Autunno supplica Elio perchè il vino e la vendemmia vengano attribuiti alla sua stagione, priva di altri frutta .
Elio mostra le "Tavolette di Armonia" (Armonia è qui una divinità allegorica primordiale, non la moglie di Cadmo). Le tavolette rappresentavano una sorta di oroscopo universale, includendo tutti gli oracoli a le leggi che reggono il cosmo .
L'Ora dell'Autunno contempla nella tavoletta alcuni momenti della cosmogonia: nella prima tavoletta è narrata la storia di Crono, eviratore del padre e divoratore dei propri figli; nella seconda tavoletta si parla del diluvio, dell'arca di Deucalione e della creazione dell'uomo che qui nasce, versione inconsueta del mito, da un pino .
La terza tavoletta mostra alcune metamorfosi: quella di Argo in roccia, di Cisso in edera ed altre, concludendo la serie con la trasformazione di Ampelo in vite .
Infine sulla quarta tavoletta l'Ora trova dei versi profetici che annunciano la consacrazione della vite di Dioniso.
Intanto sulla terra Dioniso continua il suo lamento coinvolgendo nella sua tristezza tutta la natura .
Come si è visto dalle tavolette di Armonia il destino di Ampelo era già stato scritto e la sua metamorfosi nel vino era stata prevista, ma sulla terra, dove ha senso la consequenzialità degli eventi e del bene e del male che ne derivano, è il dolore di Dioniso a commuovere le inflessibili Moire. Una di esse, Atropo (colei che non si volta) parla a Dioniso e gli spiega che Ampelo non morirà ma sarà tramutato nel vino, apportatore di delizia .
Sotto gli occhi di Dioniso il cadavere di Ampelo prende a muoversi e si trasforma in una vite. Il giovane Cisso viene trasformato in edera si avvolge intorno al tronco della vite appena nata. Subito la pianta produce i suoi grappoli e Bacco, dopo averne assaggiato il succo, pronuncia un lungo inno al vino .
A questo punto Nonno, con divagazione erudita, introduce la narrazione di un altro mito - da lui definito più antico - sull'invenzione del vino. La vite esisteva già in forma selvatica e si ignoravano le proprietà del suo succo quando Bacco vide un serpente suggere con gusto il succo di un grappolo. Bacco allora scavò su una roccia una buca a forma di torchio e, con l'aiuto dei Satiri, la riempì di grappoli ottenendo il primo vino pigiato con i piedi .
I Satiri, bevendolo, si ubriacarono, nacque così - secondo questa versione- l'uso di produrre e bere il vino .


CANTO XIII


Zeus invia Iride presso la reggia di Rea perché comunichi a Dioniso che è giunto il momento di compiere una grande impresa, condizione necessaria per la sua ammissione nell'Olimpo: si tratta di vincere e scacciare dall'Asia "la razza insolente degli Indiani ignari di giustizia".
Iride raggiunge la reggia e si prostra ai piedi di Rea, questa in silenzio, impartendo solamente ordini ai Coribanti con brevi cenni, fa offrire ad Iride il cratere del vino appena inventato. Con ironia Nonno descrive l'ebbrezza che coglie Iride all'assaggio della nuova bevanda e come la dea comunichi a Dioniso il messaggio di Zeus con il capo grave per gli effetti del vino. Rea invia il danzatore Pirrico in missione perché chiami a raccolta un esercito per la guerra che Bacco dovrà affrontare .
Con un'invocazione alle Muse e ad Omero ha inizio il lungo catalogo dei partecipanti alla guerra indiana .

I Contingente: Atteone, cugino di Dioniso: Tebe, città della Beozia
II Contingente: Imeneo - Figlio di Flegia, re di Orcomeno, città della Beozia, città della Focide
III Contingente: I sette Coribanti "eroici": Primneo - Mimante - Acmone - Damneo - Ocitoo - Melisseo - Ideo, dall'Eubea
IV Contingente: Eretteo, Attica
V Contingente: Eaco, Egina
VI Contingente: Asterio, Creta
VII Contingente: Aristeo, Arcadia
VIII Contingente: Acate, Fauno, Sicilia
IX Contingente: Crategono, Libia
X Contingente: Ogiro e Eagro, Samotracia e Tracia
XI Contingente: Ledro e Lapeto, Cipro
XII Contingente: Stabio e Stamno, Lidia
XIII Contingente: Priaso, Frigia
XIV Contingente: Mileto e Cauno, Caria
Nel corso del lungo catalogo, che occupa praticamente tutto il canto, Nonno cita numerose città delle regioni partecipanti alla guerra e riprende svariati miti fra i quali quelli di Orione, di Ifigenia, dei Coribanti, di Eaco e dei Mirmidoni.


CANTO XIV


Dopo il catalogo "eroico" del canto precedente ha inizio il catalogo dei partecipanti "divini" alla spedizione, convocati da Rea:
i Cabiri, figli di Efesto
i Dattili Idei
i Telchini, demoni della metallurgia: Lico, Scelmi,
i Centauri
i Ciclopi, fra i quali manca Polifemo, distratto dalla passione per Galatea
i Pani, figli di Pan e di varie Ninfe e divinità minori
i Sileni ed i Satiri, che costituiranno l'elemento comico di varie azioni, e vengono descritti di aspetto grottesco, che marciano ridicolamente con le orecchie agitate dal vento
i Centauri Ferei (Nonno introduce un'altra versione del mito, in cui questi Centauri avrebbero preso l'aspetto ibrido per condanna di Era, avendo accudito Dioniso durante l'infanzia)
i Centauri di Cipro, nati dal seme sparso in terra da Zeus per il desiderio di Afrodite
le Baccanti e le Ninfe
le Bassaridi

Completato il catalogo, Nonno passa a descrivere la vestizione di Dioniso. L'abbigliamento del dio risulterebbe molto stravagante se non si tenesse conto che qui, più che di una vera e propria descrizione, si parla del brandire gli attributi mistici ed iconografici di Bacco: serpi legate nei capelli (simbolo ctonio), coturni purpurei (simbolo regale), un corno pieno di vino, una corazza stellata (simbolo di divinizzazione), il tirso, una fascia d'oro interno ai fianchi .
Dioniso, seguito dal suo pittoresco corteggio si mette in cammino verso Oriente, alle popolazioni che incontra offre il dono del vino e viene sempre accolto favorevolmente .
Dioniso invia Pan e due Satiri a parlamentare con gli Indiani ma Era, assunto l'aspetto di un indiano, convince il condottiero Astraente a respingere le trattative .
L'esercito di Dioniso e gli Indiani si scontrano, dunque, sul lago Astacide .
Fra i combattenti le Baccanti, con i capelli sciolti, indossano corazze o pelli di animali, si abbandonano al loro sacro furore, serpenti allacciati alla vita come cinture proteggono la loro verginità dalle intemperanze dei Satiri e dei nemici. Come in Euripide le Baccanti, sfogano la loro violenza dilaniando animali con le unghie.
Circondati dalla danza e dal parossismo dei nemici, gli Indiani vengono sterminati, finchè Dioniso, impietosito, non tramuta l'acqua del lago in vino. Come spesso accade in Nonno, la trasformazione del lago richiama un miracolo del Vangelo, quello delle nozze di Cana .


CANTO XV


Bevendo il vino in cui Bacco ha trasformato l'acqua del fiume gli Indiani si ubriacano e la loro ebbrezza presto degenera in una vera e propria follia che li spinge a massacrare animali e distruggere alberi vedendo in loro i nemici .
Quindi gli Indiani si abbandonano a danze forsennate e ad altre manifestazioni di furore finchè l'ebbrezza ed il sonno li vincono. Dioniso ordina di far prigionieri tutti gli Indiani addormentati, senza ucciderli. L'ordine viene eseguito ed un gran numero di Indiani dormienti o fortemente storditi viene catturato in modo incruento e diviene preda del corteo trionfale dionisiaco .
Viveva in quei luoghi la ninfa Nicea, dedita alla caccia, che disprezzava la consueta attività femminile e rifiutava il matrimonio .
Di Nicea si innamora il giovane pastore Inno che dopo averla lungamente spiata dichiara il proprio amore alla ninfa pregandola di divenire sua sposa o di ucciderlo .
Spietatamente la ninfa lo uccide, colpendolo alla gola con una freccia. Il canto si conclude con la descrizione, in stile bucolico, del cordoglio delle Ninfe, delle Amadriadi e delle creature della foresta per la morte del giovane pastore innamorato .


CANTO XVI


Colpito dalla freccia di Eros, Dioniso si innamora di Nicea.
La prima parte del canto è costituita dalle deliranti dichiarazioni d'amore di Dioniso che paragona la giovane ad Artemide, ad Afrodite e a molte protagoniste degli amori di Zeus.
Tuttavia Nicea, irriducibile, rifiuta sdegnosamente l'amore di Dioniso e risponde al dio con parole di arrogante derisione .
Dioniso non demorde e continua ad inseguire la cacciatrice assillandola con la sua corte. Esausta ed assetata per l'inseguimento Nicea si ferma a bere al fiume non sapendo che Dioniso ne ha tramutate le acque in vino. L'ebbrezza la travolge - come è già accaduto agli Indiani - e ben presto cade addormentata. Eros la indica a Bacco mentre Nemesi ride per l'imminente vendetta di Inno.
Senza svegliarla Dioniso si unisce a Nicea e le sue visioni oniriche durante l'amplesso sembrano confondersi - nel magistrale effetto ottenuto da Nonno - con un trionfale esplodere della natura circostante per l'avvenuta teogamia .
Vicino agli amanti aleggia l'ombra di Inno che, vendicato dalla deflorazione di Nicea, si inabissa nel Tartaro, geloso di Bacco.
Risvegliatasi, la ninfa si dispera per la perduta verginità, medita il suicidio, desidera vanamente la vendetta ed infine abbandona la foresta natia, giudicandosi ormai indegna all'arte di Artemide. Dal connubio nascerà una figlia, Telete, che entrerà a far parte del corteggio di Dioniso.
In memoria della vittoria sugli Indiani Dioniso fonda sul luogo una città che chiama Nicea, in onore della sua riluttante amante .


CANTO XVII


Dopo l'episodio di Nicea riprende la marcia del pittoresco esercito inerme verso l'India. Dioniso viene ospitato da un pastore di nome Brongo che vorrebbe sacrificargli una pecora del suo modesto gregge, ma il dio non glielo consente compiacendosi di accettare l'offerta sincera di formaggio ed olive. Prima di ripartire Dioniso lo ricompensa donandogli del vino ed insegnandogli a coltivare la vite .
Intanto Astraente, comandante dell'esercito indiano sconfitto da Dioniso sulle sponde del lago Astacide si reca dal suo superiore Oronte, genero di Deriade, a fare rapporto. A Oronte, Astraente racconta come lo strano esercito apparisse da prima spaurito ed inoffensivo e come Dioniso abbia avuto la vittoria tramutando magicamente le acque del lago in un "liquido stregato". Tutti i suoi prodi Indiani, addormentati o stravolti dalla misteriosa bevanda erano stati fatti schiavi "dai Satiri imbelli".
Oronte passa subito all'attacco schierando il proprio esercito contro quello di Dioniso e questa volta lo scontro è cruento. I Pani guerrieri di Dioniso "falciano i nemici come spighe" ed offrono a Dioniso ed alle Moire "libagioni di sangue". Mentre i Satiri e Pani combattono in modo caratteristicamente bestiale (con le mani artigliate, con le corna, con armi rudimentali) Oronte sfida Dioniso a duello, quindi si scaglia con impeto in mezzo ai nemici mettendone molti in fuga e colpendone alcuni. La vittoria sta per arridere agli Indiani quando Dioniso lancia il suo grido che Nonno descrive pari a quello di novemila uomini con espressione tipicamente omerica .
Inizia il duello fra Oronte e Dioniso: l'indiano porta a segno due colpi tremendi ma il dio è invulnerabile. Dioniso manca volutamente il bersaglio di un primo colpo di tirso ma infine, irritato dalle arringhe offensive di Oronte, gli sfiora la corazza con il ramo di vite e la corazza va in pezzi. Il prodigio fa capire al gigantesco indiano la natura divina del suo avversario ed Oronte si allontana terrorizzato quindi, dopo aver brevemente pregato, si uccide sulla sponda del fiume che prenderà il suo nome .
Dioniso deride il cadavere del nemico che ha rifiutato di bere il vino e sarà ora costretto a bere l'acqua amara dell'Acheronte, quindi sembra ritirarsi dalla battaglia lasciando il campo alle Bassaridi che armate solo di ramoscelli di vite e di edera hanno prodigiosamente la meglio sulle schiere indiane .
Mentre gli Indiani fuggono i seguaci di Dioniso fanno altri prigionieri. Intanto Aristeo, figlio di Apollo e discepolo del centauro Chirone, cura con le arti mediche paterne le ferite subite delle Baccanti e dei Satiri.
Chiude il canto l'episodio di Blemi, comandante degli "Indiani eritrei" che si sottomette a Dioniso e - ottenutone il consenso - abbandona l'India per trasferirsi in Egitto. Al tempo di Nonno i Blemi erano un popolo di nomadi pagani, fra Egitto ed Etiopia, che pur essendo stati sconfitti da Massimo nel 451 ed avendo firmato un trattato di pace, furono a lungo tristemente famosi per le loro scorrerie nei territori romanizzati .


CANTO XVIII


Stafilo, re di Assiria, venuto a conoscenza delle gesta di Dioniso si reca incontro al dio con il figlio Botri per offrire alleanza e ospitalità.
Così Dioniso visita il palazzo reale assiro, nelle cui mura sono incastonate pietre preziose, dove ha subito luogo un ricchissimo banchetto .
La danza delle Baccanti e dei Satiri (sono descritte con grande vivacità le esibizioni di Marone) coinvolge i servi e le ancelle della reggia che poi per la prima volta bevono vino .
In breve anche Stafilo, Botri e la regina Mete, sono presi dall'ebbrezza e si mettono a danzare deliranti .
Dopo aver bevuto e danzato per tutto il giorno, al momento in cui "La notte tacita s'ammantò di tenebre ricamando il cielo con la sua veste di stelle" i convitati si addormentano esausti .
All'alba Dioniso si risveglia eccitato per la speranza di nuove vittorie ma anche turbato da un sogno premonitore, quello di un terribile leone che faceva strage delle Baccanti prima che queste riuscissero a sopraffarlo. Nel sogno il leone veniva liberato da Artemide, protettrice delle belve, ma accecato da un fulmine .
Si tratta di un presagio dello scontro con Licurgo, figlio di Ares e bellicosissimo re dell'Arabia, che sarà narrato nei canti XX e XXI .
Mentre Dioniso risveglia i compagni e si prepara a partire, Stafilo lo saluta con doni ospitali e lo incita a combattere gli Indiani per emulare le gesta di Zeus. Nel discorso di commiato di Stafilo vengono ricordati episodi della lotta fra Zeus e Crono, in particolare l'uccisione, da parte di Zeus, della mostruosa Campe, creatura del Tartaro alleata di Crono.
Campe è in molti aspetti simile a Tifone, dotata di molti artigli e di molte teste animalesche, coperta di squame e con vari attributi di ibrida, spaventosa bestialità. Si ritiene che nella descrizione di Campe Nonno abbia tenuto presente anche la divinità assira Tiamat, simbolo dell'acqua marina in lotta contro il dio solare Marduk.
Ancora Stafilo mette in rapporto le gesta di Dioniso con quelle di Perseo, uccisore della Gorgone.
Eccitato dalle lodi e dagli auspici di Stafilo, Dioniso invia l'araldo Ferespondo dal re indiano Deriade per intimargli di arrendersi o combattere .
Dopo la partenza di Dioniso, Stafilo muore improvvisamente. Dioniso, dopo aver visitato l'Assiria per diffondere il suo dono fra gli abitanti, ripassa dalla reggia per salutare l'amico e, appresa la notizia inizia una commemorazione che si concluderà nel canto successivo con dei giochi rituali indetti da Dioniso. Qui Nonno riprende un tema ed uno schema sviluppati da Callimaco nel raccontare il cordoglio di Teseo per la morte improvvisa della sua anziana consigliera Ecale.

CANTO XIX


Mete, moglie di Stafilo, accoglie Dioniso lamentando la morte del marito e gli chiede una coppa di vino che lenisca il suo dolore. Dioniso accoglie la richiesta e durante le libagioni Mete ed il figlio Botri pregano di essere ammessi al seguito di Bacco. Dioniso li accoglie e decide di indire grandi giochi commemorativi in onore di Stafilo.
I giochi consisteranno in una gara poetica ed in una di pantomima, Nonno - qui non seguendo il modello omerico (Il. XXXIII) - non comprende nei giochi competizioni di abilità o potenza fisica, di atletica o di equitazione, forse perché più interessato nell'ambito della sua personale cultura ed esperienza all'agone intellettuale, forse perché questo tipo di prova più si intona alla figura di Stafilo, sovrano colto e pacifico .
I primi due candidati sono Eagro ed Eretteo. Eagro comandante del contingente della Tracia, era sposo della musa Calliope e padre di Orfeo; Eretteo, discendente di Erittonio, era comandante delle truppe ateniesi .
Nel suo canto Eretteo ricorda il celebre mito di Demetra, ospitata da Celeo quando vagava con aspetto di vecchia in cerca di Persefone. Alla versione canonica del mito viene aggiunta la scena in cui, alla morte di Celeo, Demetra consola amorevolmente la vedova Metanira e l'orfano Trittolemo. In questo modo si crea un paragone con la consolazione di Mete e Botri per la perdita di Stafilo appena operata da Dioniso.
A sua volta Eagro richiama nel suo breve canto il mito di Apollo che riporta alla vita Giacinto, paragonandolo a Dioniso che ha dato vita eterna a Stafilo. Dioniso ha infatti dichiarato di voler dare il nome di Stafilo al frutto della pianta a lui sacra (Stafilo = grappolo).
Vince la gara Eagro che riceve un magnifico toro mentre Eretteo deve accontentarsi di un "capro barbuto".
Premi per la gara di danza saranno un grande cratere per il vino, opera di Efesto e dono di Afrodite, ed un cratere più piccolo: il primo è pieno di vino vecchio, il secondo di vino nuovo .
I contendenti di questa gara sono Sileno e Marone.
Nel discorso con il quale apre la sua danza Marone invoca il favore dello spirito di Stafilo e dichiara di voler ricordare il defunto con una cerimonia festosa, in piena adesione dei valori dionisiaci. Dopo questa introduzione Marone esegue la pantomima scegliendo di rappresentare Ebe e Ganimede, coppieri degli Dei. Un tema semplice e - si è scritto - di grande diffusione nel pantomimo dell'epoca di Nonno, un tema per di più particolarmente adatto ad onorare Dioniso, dio del vino e delle libagioni .
Il soggetto della danza di Sileno è la sfida fra Dioniso ed Aristeo per decidere (giudici gli dei) quale fosse la miglior bevanda fra miele e vino. (l'episodio è già stato narrato nel XIII canto).
Sileno conclude la sua danza con una serie di esibizioni acrobatiche che mettono in risalto la sua agilità non ostacolata dalla vecchiaia, è infatti tipico miracolo dionisiaco il restituire vigore alle membra degli anziani. Tuttavia le forze vengono infine a mancare al vecchio danzatore che crolla a terra subito mutandosi in fiume (complessa simbologia di dubbia interpretazione).
Marone ottiene il primo premio e getta il cratere di vino giovane nelle acque del fiume offrendolo al suo antagonista, pronuncia quindi un breve discorso rivolto a Sileno nel quale paragona la metamorfosi appena avvenuta con altre mitiche e - fra invettive e consolazioni - sviluppa una tesi la cui sintesi potrebbe essere "il mutamento in tutte le cose è sempre continuo ma ciò che cambia è la forma non l'essenza ".


CANTO XX


Conclusi i giochi funebri per Stafilo si passa ovviamente a banchettare e la festa continua tutta la notte. All'alba, mentre tutti dormono Eris (la Discordia) appare a Dioniso con l'aspetto di Rea.
Il lungo discorso della falsa Rea è un rimprovero a Dioniso che sembra aver dimenticato la guerra contro gli Indiani e che si diverte nel palazzo di Stafilo invece di conquistarsi la gloria necessaria per essere ammesso nell'Olimpo.
Subito destatosi Dioniso ordina di partire, si unisce a lui anche Botri, figlio di Stafilo.
L'esercito di Bacco, lasciata l'Assiria attraversa il Libano e giunge in Arabia.
Qui viveva un sovrano crudelissimo, Licurgo figlio di Driante, era solito uccidere senza pietà gli stranieri ed ornare il suo palazzo con le teste delle vittime .
Era, implacabile nemica di Dioniso, invia Iride da Licurgo.
Iride, assumendo l'aspetto di Ares, incita il re ad attaccare l'esercito di Dioniso che sta avvicinandosi .
Nel discorso di Iride Licurgo viene definito "figlio di Ares", con qualche confusione di Nonno che lo aveva detto, pochi versi prima, "figlio di Driante".
La risposta di Licurgo è mutilata da una lacuna ma lascia comunque vedere le intenzioni del re di debellare Dioniso e rendere le Bassaridi sue schiave .
Iride visita anche Bacco, questa volta con l'aspetto di Ermes e gli consiglia do presentarsi in amicizia a Licurgo, che lo accoglierà pacificamente. Ovviamente l'inganno è stato ordito da Era. Disarmato e festante Dioniso si avvia verso la città di Licurgo che lo accoglie con un'aggressione furiosa .
Licurgo, armato di scure, mette in fuga le Bassaridi, quindi si rivolge a Bacco per sfidarlo in un corpo a corpo .
Era dall'Olimpo fa sentire il tuono e Dioniso, credendo Licurgo protetto da Zeus, fugge terrorizzato e va a gettarsi in mare. Viene accolto da Teti e da Nereo, che lo confortano rivelandogli gli inganni di Era.
Intanto, sulla riva, Licurgo farnetica e minaccia, parla di ripescare Dioniso e con lui Leucotea, per ridurli schiavi nel suo palazzo. Le parole sacrileghe provocano l'ira di Zeus.


CANTO XXI


Licurgo combatte con le Bassaridi, sta per ucciderne una, Ambrosia, quando questa viene accolta dalla Terra e miracolosamente trasformata in una vite rigogliosa che subito avviluppa Licurgo in un groviglio di rami, tralci e foglie .
Le altre Bassaridi si scatenano sul guerriero imprigionato .
Intanto Poseidone "scuote la terra", cioè provoca un terremoto, la scena si popola di orrore, le donne di Nisa, impazzite, uccidono i propri figli .
Era accorre a salvare Licurgo, recide i pampini di Ambrosia e dona al guerriero nuove energie. Tuttavia l'ira di Zeus renderà Licurgo cieco e ramingo, condannato all'esilio .
Intanto Dioniso è ospite delle Nereidi e la sua assenza provoca sconforto nelle sue truppe .
Il satiro Ferespondo si reca in ambasciata presso gli Indiani. Il suo aspetto è singolare: è dotato di corna taurine, di orecchie d'asino e di coda. Ferespondo è accolto con ostilità e derisione dagli Indiani. Il loro re Deriade, ascoltato il messaggio di Dioniso che gli propone di arrendersi pacificamente, risponde in modo molto duro con una vera e propria dichiarazione di guerra .
Quando l'ambasciatore ritorna fra i suoi Dioniso è uscito dal mare ed il corteggio gli sta tributando una grande festa .
Appresa la bellicosa risposta di Deriade, Dioniso ordina di costruire navi per affrontare gli Indiani sul mare, quindi si mette in marcia con il suo esercito e, oltrepassato il Caucaso, si schiera lungo il fiume Idaspe, oltre il quale ha preso posizione un battaglione di Indiani.


CANTO XXII


Le schiere di Dioniso raggiungono il fiume Idaspe. L'atmosfera è carica della tensione che prelude alla battaglia, atmosfera che Nonno, con la consueta capacità immaginifica, rende anche con strani fenomeni tipicamente dionisiaci: mentre Bassaridi e Satiri cantano cori mistici una ninfa nascosta fra gli alberi fa loro eco ed una fonte prende a versare latte invece di acqua. Altre fonti nascono improvvisamente e versano vino, miele, olio. A poco a poco la tensione si risolve in tripudio per i molti miracoli di Bacco e la natura viene coinvolta in un ampio quadro di esultanza e serenità ove le lepri danzano con i cani ed i serpenti lambiscono i piedi del dio e sembrano cantare .
Una vedetta degli Indiani, dopo aver spiato di nascosto i prodigi di Dioniso li riferisce alla sua gente che viene colta dal terrore e rinuncerebbe a combattere se non apparisse fra loro Era, in sembiante umano, per convincerli che si tratta solo di uno stregone che ha avvelenato le acque del fiume .
Gli Indiani organizzano un'imboscata ma una ninfa amadriade avverte Dioniso che prende le necessarie contromisure. Si astiene dall'attraversare il fiume in quell'ora vespertina che avrebbe facilitato un agguato e consiglia ai suoi di cenare con le armi a portata di mano bevendo acqua per evitare che il vino provochi un sonno profondo .
All'alba gli Indiani si decidono ad attaccare, l'esercito di Dioniso, fingendosi colto di sorpresa indietreggia fino ad attirare il nemico nel centro della piana. Qui Dioniso compie un personale, incruento intervento: gli basta slanciarsi verso il nemico brandendo il tirso per confondere e scompaginare le schiere degli Indiani.
Nel combattimento si distingue Eagro che fa dei nemici una strage descritta con evidente eco omerica .
L'aristia di Eagro si svolge in due parti: nella prima l'eroe combatte con la lancia e la spada, i modelli omerici sono Diomede ed Aiace; nella seconda Eagro fa strage di nemici tirando con l'arco, qui il riferimento è nell'episodio di Pandaro (Il. IV) o quello di Teucro (Il. VIII).
In un altro punto del campo di battaglia si svolge l'aristia di Eaco, questi è circondato dai nemici ma Atena lo soccorre cingendolo "delle infrangibili nubi paterne". Eaco, figlio di Zeus e di Egina, re dei Mirmidoni è connesso alla pioggia in un altro mito, narrato da Clemente Alessandrino: in quel caso implorando a nome di tutti i Greci tormentati da una grande siccità il padre Zeus, aveva ottenuto una grande pioggia salvifica. Ora, sebbene accerchiato dai nemici, riprende forze sotto la pioggia e con la sue armi miete gli Indiani come spighe .
Intanto l'ateniese Eretteo si cimenta in un duello con un fante indiano particolarmente audace. Eretteo a cavallo insegue il fante fuggente ma questi improvvisamente si ferma e, protetto dallo scudo, attende lo scontro. Eretteo verrebbe disarcionato dalla lancia del nemico ma riesce abilmente a colpire il fante nel ventre scagliando la propria asta .
Eaco intanto, colto dal furore bellico, continua a sterminare gli Indiani anticipando le gesta che suo nipote Achille compirà sullo Scamandro. Il canto si chiude con il lamento di una Naiade che prega Eaco di non versare altro sangue nelle acque dell'Idaspe.


CANTO XXIII


Continua la descrizione della battaglia e dell'aristia di Eaco.
Per evitare che Eaco venga accerchiato, Dioniso interviene in suo aiuto uccidendo con il tirso molti Indiani. Molti muoiono travolti dal fiume. Nonno rende con una descrizione magistrale l'immagine dei cadaveri rigonfi e delle armi, elmi e scudi, che abbandonati, galleggiano sul fiume trascinati dalla corrente .
Tutti gli Indiani vengono sterminati, è risparmiato il solo Tureo perché possa riferire l'accaduto a Deriade.
Era, vista la disfatta degli Indiani, scende sulla terra per incitare l'Idaspe contro Dioniso.
Mentre l'esercito di Dioniso attraversa il fiume con i mezzi più vari l'Idaspe, indignato, si solleva minaccioso. I seguaci di Dioniso si trovano in gravi difficoltà. Il passo riecheggia con evidenza l'episodio di Achille che deve lottare contro il fiume Scamandro (Il. XXI).
Dopo aver inutilmente minacciato il fiume ricordandogli che sta attaccando il figlio di Zeus, Dioniso passa all'azione e contrasta la forza delle acque con quella di un fuoco fatto miracolosamente scatutire da un ramo. Le acque del fiume ribollono, tutta la vegetazione circostante si incendia .
Il canto si chiude con un lungo discorso di Oceano rivolto alla sua sposa Teti. Indignato contro Dioniso e Zeus il dio Oceano minaccia di provocare un diluvio universale, tale da trascinare le costellazioni nel mare .


CANTO XXIV


Zeus ed Era intervengono per calmare l'ira di Dioniso e per evitare un suo scontro con Oceano, scontro che assumerebbe dimensioni cosmiche .
Idaspe si prostra davanti a Dioniso supplicandolo di spegnere l'incendio. Nella supplica il fiume riconosce la superiorità divina di Dioniso, figlio di Zeus e tenta di far leva sull'utilità delle sue acque che l'incendio prosciugherebbe .
Dioniso accetta le scuse del fiume e fa in modo che l'incendio si estingua .
Intanto Deriade andava organizzando nuove truppe per aggredire i seguaci di Bacco appena usciti dal fiume .
Zeus decide di intervenire personalmente e con l'aiuto di altre divinità porta in salvo Dioniso ed i suoi seguaci. Segue un elenco in cui ogni divinità soccorre un proprio figlio o protetto: Zeus salva Eaco, Atena Eretteo, Apollo Aristeo e così via .
Mentre i seguaci di Bacco cominciano a festeggiare la raggiunta salvezza, Tureo giunge a rapporto da Deriade. Dopo un breve e drammatico racconto Tureo insiste perché si eviti di combattere di nuovo .
Deriade si ritira con rabbia e gli Indiani si rinchiudono in una città a piangere le perdite subite. Nonno descrive, con tecnica per lui consueta, molte scene esemplari del lutto degli Indiani.
I Baccanti, accampati nei boschi adiacenti, cominciano a banchettare. Il cantore Leuco rallegra il convito narrando storie mitologiche (sul modello dell'VIII canto dell'Odissea in cui Ulisse ascolta l'aedo Demodoco presso la mensa dei Feaci). Dopo aver cantato una Titanomachia Leuco racconta un originale episodio su Afrodite.
La dea si era un giorno appassionata all'arte della tessitura prerogativa di Atena, alla quale si era dedicata con grande assiduità e scarso successo. A causa del suo disinteresse verso le normali attitudini, intanto, al mondo non avvenivano più unioni feconde. Scoperta da Atena infine Afrodite viene circondata da tutti gli dei che la deridono per la sua imperizia. Dileggiata in particolare da Ermes Afrodite, piena di vergogna abbandona il telaio e torna a Cipro, così nel mondo tornano a compiersi le opere di Amore .
Finito il canto di Leuco il banchetto si conclude e i seguaci di Dioniso si addormentano affidando agli animali del corteggio il compito di vigilare sull'accampamento .


CANTO XXV


Il canto XXV si apre con un secondo proemio che interrompe la narrazione e la sequenza temporale degli eventi .
Dopo una nuova invocazione alle Muse, Nonno dichiara di voler emulare (o superare) l'arte di Omero.
Per dimostrare la superiorità di Dioniso, il poeta confronta le sue imprese con quelle di altre tre figli di Zeus: Perseo, Minosse ed Eracle.
Perseo uccise Medusa mentre era incinta di Pegaso quindi sfruttò il potere della testa della Gorgone per pietrificare il mostro che minacciava Andromeda e Polidette, inoltre uccise Arianna duellando con Dioniso.
Si vuole abbia reso felici Andromeda ed i genitori Cassiopea e Cefeo, ma le loro sofferenze sono eternate in cielo dopo il catasterismo .
Per contro, Dioniso sterminò i Giganti (Porfirione, Encelado e Alcioneo) armato del solo tirso e mosse guerra all'intero popolo degli Indiani. Sua madre Semele fu assunta nell'Olimpo, non così Danae madre di Perseo.
Minosse conquistò Megara con l'aiuto di Scilla che tagliò il magico ricciolo del padre addormentato. Nella sua guerra contro Deriade Dioniso non ebbe di questi aiuti e vinse soltanto con il suo valore .
Eracle uccise un leone con le nude mani, lo fece anche Cirene, una fanciulla. Eracle catturò il cinghiale Erimanzio: ancora bambino Dioniso catturò e domò leoni, orsi e pantere .
All'Idra di Lerna, una "viperetta" che Eracle uccise con l'aiuto di Iolao, Nonno contrappone i capelli viperini dei Giganti abbattuti da Dioniso.
Minimizzate sono anche l'uccisione della cerva dalle corna d'oro di Cerinea e la cattura del toro di Creta, imprese analoghe a quelle delle Baccanti, mentre la lotta di Eracle con Gerione appare poca cosa a confronto di quella di Dioniso con il mostruoso Alpo .
E ancora il cane Cerbero, i pomi delle Esperidi, le stalle di Augia, gli uccelli stinfalidi, le cavalle di Diomede, il cinto di Ippolita non sono nulla di fronte alla vittoria su Deriade e Oronte.
Nonno invoca infine Omero perché gli ispiri una capacità poetica degna dell'argomento trattato .
La narrazione riprende dopo il proemio: del tempo è passato, gli Indiani piangono innumerevoli vite perdute, l'acqua dell'Idaspe è stata trasformata in vino, è in corso una lunga tregua .
Nonno inserisce l'episodio di un vecchio indiano cieco che recupera la vista bagnandosi gli occhi con il vino dell'Idaspe, l'episodio è stato posto in relazione con il miracolo del cieco nato nella Parafrasi del Vangelo di Giovanni .
Dioniso piange di frustrazione perché Era impedisce che la guerra prosegua. Lo raggiunge Attis, inviato da Cibele, per incitarlo a combattere. Cibele ha predetto che Dioniso vincerà ma Zeus ha concesso ad Era che la guerra si protragga fino al settimo anno .
Attis ripartì dopo aver consegnato a Dioniso uno scudo forgiato da Efesto, dono di Cibele.
La zona centrale dello scudo rappresenta la terra, l'oceano ed il cielo con gli astri e le costellazioni .
Circondano questa zona quattro riquadri con raffigurazioni collegate a Dioniso. La prima scena mostra Tebe, patria di Semele, e la costruzione delle sue mura ad opera di Zeto e Anfione.
La seconda è il ratto di Ganimede che prefigura l'apoteosi di Dioniso.
Il terzo riquadro narra un episodio di resurrezione tratto da un'antica e rara leggenda lidia. Tilo morì per il morso di un serpente che fu a sua volta ucciso dal gigantesco Damaseno. La femmina del serpente risuscitò il compagno usando un'erba magica, la vide una ninfa che con la stessa erba riportò alla vita Tilo .
L'episodio, che ha molti tratti in comune con la resurrezione di Lazzaro nella Parafrasi, si collega indirettamente a Dioniso per il suo significato di salvezza che ben si adatta alla funzione apotropaica dello scudo. Inoltre l'episodio è ambientato in Lidia, dove Dioniso fu allevato dalle figlie del fiume Lamo .
Il quarto ed ultimo riquadro rappresenta Cibele che porge a Crono una pietra fingendo che sia Zeus neonato, Crono la ingoia e rigetta i figli precedentemente divorati .
Così come la prima scena con la fondazione di Tebe alludeva alle remote origini terrene di Dioniso, quest'ultima rappresentando il primo episodio della vita di Zeus suo padre si riferisce alle sue origini divine .


CANTO XXVI

Atena compare in sogno a Deriade con le sembianze di Oronte e lo incita a vendicare la morte del genero .
L'episodio introduce il catalogo dei contingenti indiani:
  • Agreo e Flogio figlio di Euleo comandano i soldati di Cira, Baidion ed altre località ad ovest dell'Indo,
  • Paltanore comanda gli Zabii ma in realtà e devoto a Dioniso che seguirà dopo la guerra,
  • il terzo contingente è comandato da Morreo fratello di Oronte e dal padre Tidnaso ,
  • un contingente di popoli mostruosi fra cui i Sabiri che hanno sul cuore una folta pelliccia, gli Orecchiuti che dormono avvolti nelle proprie orecchie. Comandano questo contingente Fringo, Aspeto e Daniclo,
  • il quinto contingente è costituito dai Bolingi comandati dal loro re Tectafo del quale Nonno racconta la storia: imprigionato da Deriade e condannato a morire di fame e di sete, fu salvato dalla figlia che aveva recentemente partorito e che introdottasi nella prigione lo nutrì con il suo latte; infine Deriade, impietosito, aveva liberato entrambi,
  • Ginglo, Ireo e Ippalmo comandano il contingente degli Aracoti,
  • Abratoo comanda il settimo contingente . E' costretto a combattere ma odia Deriade che lo ha umiliato facendolo rasare, segretamente favorevole a Dioniso lo informa dei piani di Deriade tramite messaggeri ,
  • l'ottavo contingente proviene dalle isole. Popoli di mare che hanno per capi Tiami e Olcaso figli di Tarbelo ,
  • da Arizanteia, paese fantastico di uccelli canori ed alberi che stillano miele, proviene il contingente guidato da Piloite e Billeo figli di Ippalmo ,
  • Sibi e Idarci, popoli dell'India nordoccidentale, formano il decimo contingente ,
  • da un arcipelago di isole nell'Indo il contingente comandato da Cillaro e Astraente figli di Brongo ,
  • il dodicesimo contingente è agli ordini del vecchio Areto e dei suoi cinque figli avuti da Laobie: Lico, Mirso, Glauco, Perifante e Menareo, tutti nati muti che saranno più avanti miracolati da Dioniso.
    Il catalogo si conclude con una pittoresca descrizione degli elefanti in dotazione all'esercito indiano .


    CANTO XXVII

    L'Aurora lascia il letto di Cefalo ed inizia un nuovo giorno di guerra .
    Deriade tiene un discorso al suo esercito incitandolo ad uccidere e a fare molti prigionieri. Il suo discorso nega la divinità di Dioniso ed afferma la superiorità della Terra sul Cielo e sui suoi figli .
    Il re degli Indiani dichiara di non temere i figli di Zeus: già Dardano e Minosse sono morti, quindi egli non ha motivo di preoccuparsi per Dioniso e per Eaco.
    Deriade vuol far prigionieri Efesto ed i Ciclopi inferi perché lavorino per lui forgiando nuove armi che anche Zeus invidierà. La sua orazione prosegue nominando alcuni membri dell'esercito nemico già citati nel tredicesimo canto, come Eretteo, i Coribanti, Aristeo.
    Al discorso di Deriade segue la descrizione dello schieramento dell'esercito di Dioniso che si dispone ai quattro lati di una vasta area. E' la volta di Dioniso di parlare ai soldati. Egli promette che se l'Idaspe continuerà ad aiutare il figlio Deriade ne prosciugherà le acque. Minaccia anche Elio, il sole, antenato di Deriade, di combatterlo con le acque di Poseidone e di far prigioniera sua figlia Lampetia mentre l'altra figlia Astris, madre del re indiano, dovrà piangere fino a mutare in salice come le sorelle di Fetonte.
    Mentre inizia la battaglia gli dei si riuniscono sull'Olimpo. Zeus si rivolge ad Apollo spronandolo ad aiutare il fratello Dioniso al quale lo legano culti analoghi e gli analoghi destini delle madri, sia Semele, sia Letò hanno infatti sofferto per la gelosia di Era.
    Zeus chiede anche a Atena di soccorrere Dioniso, come lei nato dal corpo del padre e le ricorda i legami di Dioniso con Atene (all'ateniese Icario egli aveva donato la vite), legami che ricorda anche ad Efesto dal cui seme è nato Erittonio.
    Mentre questi dei aiuteranno i Baccanti, con gli Indiani si schierano Era, Ares e Demetra.



    CANTO XXVIII


    Nonno descrive la battaglia in stile omerico: dopo aver rapidamente dipinto il tumulto generale del combattimento passa a citare una serie di duelli che compongono l'aristia dell'indiano Corimbaso:
    - Corimbaso decapita Faleneo
    - Dexioco ferisce Flogio e viene ucciso da Corimbaso
    - Clitio scaglia contro Deriade la sua lancia, ma Era devia il colpo e Clitio viene ucciso da Corimbaso
    - uccide Sabete, Enomao, Tindario, Toonte, Antesione, Onite .
    Nonno inserisce scene fantastiche e di grande effetto: i morti che rimangono in piedi in atteggiamento aggressivo, un guerriero ateniese cui viene mozzata la mano destra che continua a combattere con la sinistra mentre la mano amputata si agita al suolo .
    Entrano in campo i Ciclopi, Argilippo lo Splendente e Sterope il Balenante che scagliano dardi incendiari mentre Bronte il Tonante spaventa i nemici con il rombo del tuono e li uccide con un martello di ferro. Bronte riesce a colpire Deriade ferendolo e facendolo cadere dal carro .
    Tracio il Roccioso, Elatreo il Pino, Eurialo l'Ampio Mare, Primneo il Poppiere, Alimede Signore del Mare completano la rassegna dei Ciclopi a cui segue quella dei Coribanti Dittei: Damneo il Domatore, Ocitoo il Veloce, Mimante il Mimo che combatte danzando, Melisseo l'Ape, Acmone l'incudine .



    CANTO XXIX


    Era infonde coraggio in Deriade che richiama i suoi soldati spronandoli a combattere .
    Morreo fa strage di Satiri con le sue frecce, ma Imeneo terrorizza gli Indiani con la forza soprannaturale che gli infonde Dioniso. Il dio protegge Imeneo e lo incita a combattere standogli sempre vicino .
    Parlandogli dei doni che gli farà Deriade, un indiano persuade l'arciere Melaneo a colpire Dioniso ma la freccia, deviata da Zeus, colpisce una coscia di Imeneo. Il colpo, rallentato dalla mano di Dioniso ed attutito da Afrodite, non risulta grave ma Dioniso sconvolto soccorre il ragazzo e lo allontana dalla battaglia .
    Gli toglie delicatamente la freccia dalle carni e promette vendetta contro Ares e Melaneo con un lungo monologo in cui afferma che preferirebbe perdere l'intero esercito piuttosto che il giovane amasio .
    Invoca l'arte medica di Apollo ma non vuole chiamarlo per non ricordargli la fine di Giacinto, invoca quindi Peone medico degli dei, ma infine guarisce da solo Imeneo con l'edera ed il vino. Il giovane risanato torna a combattere e con le sue frecce ferisce Melaneo .
    Aristeo, figlio di Apollo e di Cirene, combatte in modi diversi consoni ai suoi vari nomi: come cacciatore usa l'arco, come pastore la verga, come agricoltore lancia pesanti pietre simili alle macine per l'olio e atterrisce i nemici con il "rombo di bronzo", un rumoroso strumento che gli apicultori usavano per fermare il volo delle api .
    Eurimedonte guida un carro d'acciaio, i suoi cavalli hanno zoccoli di bronzo forgiati da Efesto. Alcone combatte con una fiaccola, una lancia ed un'affilatissima spada .
    Anche le Baccanti combattono per Dioniso, fra loro sono Eupetale, Tersicore, Trige, Enone .
    Dioniso soccorre chi viene ferito medicandolo con unguenti, con il vino, con i tralci di vite .
    Con un urlo stentoreo Bacco mette in fuga novemila guerrieri indiani, quindi sfida Deriade mentre Pan uccide Melaneo vendicando la ferita di Imeneo.
    Infine giunge la sera a porre termine alla battaglia . Ares dorme ed un sogno ingannatore mandato da Rea gli fa credere che Afrodite sia tornata da Efesto per suscitare la sua gelosia .
    Ares si desta di colpo e prende il carro per cercare Afrodite e punire l'inganno .



    CANTO XXX


    Mentre Ares geloso vola all'Olimpo "gonfio di collera", Dioniso incalza le schiere nemiche con rinnovato vigore .
    Ha inizio l'aristia di Morreo: ferisce Eurimedonte ed attacca il fratello Alcone ma Eurimedonte invoca il padre Efesto che avvolge Morreo nelle fiamme. Morreo viene soccorso dall'Idaspe che con le sue acque spegne il fuoco .
    Morreo riprende a combattere, uccide Flogio, il mimo figlio di Strofio, e mette in fuga i Sileni. Insieme a lui combatte Tectafo che uccide i Satiri Pilieo, Ontirio, Pito prima di venire a sua volta abbattuto da Eurimedonte .
    La figlia Eeria, che un tempo lo aveva salvato nutrendolo con il suo latte, lo vede morire dall'alto di una torre e pronuncia un lamento funebre preannunciando il proprio suicidio .
    Morreo uccide Dasillio figlio di Tenaro, le Baccanti Alchimachia, Codone, Euripile, Sterope, Soe, Stafile, Gigartò e Milictene .
    Era fa risplendere le armi di Deriade di un misterioso bagliore che atterrisce anche Dioniso il quale si allontana dalla mischia lasciando che il re nemico faccia strage di Baccanti. Gli appare Atena che lo rimprovera duramente ricordandogli che non ha ancora eguagliato le imprese di Perseo e lo spinge a riprendere la lotta .
    Scosso e incoraggiato, Dioniso torna in battaglia e ferisce Fringo, poi finito da Melisseo, e disperde gli Orecchiuti. Uccide Ligo, ferisce Melanione che usa nascondersi per colpire le Bassaridi a tradimento .
    Infine gli Indiani si ritirano atterriti da Dioniso.



    CANTO XXXI


    Vedendo Dioniso che fa strage degli Indiani, Era si allontana e sorvolando il Mare Eritreo che le ricorda le imprese di Perseo la sua collera aumenta. Decide di sedurre Zeus e di farlo addormentare per poter liberamente sfogare la sua ira su Dioniso.
    Era si reca da Persefone negli inferi per chiederli di suscitare le Erinni contro Dioniso in modo che gli Indiani possano riprendere fiato .
    Le parla sdegnata dei privilegi che Zeus concede a Dioniso e la pungola notando con sarcasmo come le sia stata assegnata una dimora fra le tenebre, infine le rivolge un'accorata preghiera e riesce a convincere Persefone che le accorda l'aiuto di Megera, l'Erinni del rancore .
    Ben presto Era e Megera raggiungono l'India dove la dea mostra il campo di battaglia e la carneficina subita dagli Indiani. Megera si dichiara pronta ad aiutarla e, trasformatasi in civetta, si apposta in una grotta .
    Era vola all'estremo occidente dell'Africa dove Atlante sorregge la volta del cielo per parlare con Iris.
    Vuole che Iris vada dal Sonno e lo convinca a far dormire Zeus per un giorno intero. Le consiglia di assumere l'aspetto della Notte, madre del Sonno, e di promettergli come ricompensa la mano di Pasitea della quale è innamorato .
    Iris infatti trova il Sonno nei pressi di Orcomeno che attende alla porta di Pasitea .
    Fingendo di essere la Notte si lamenta perché Dioniso la offende con le luci dei suoi riti notturni ed infastidisce lo stesso Sonno con le sue veglie. Infine lo invita a mostrarsi cortese verso Era ed allude alle future nozze con Pasitea .
    Tanto basta perché il Sonno accetti e prometta di far addormentare Zeus.
    Intanto Era si reca da Afrodite che l'accoglie con malizia alludendo ai molti adulteri di Zeus (Danae, Io, Europa, Antiope, Dia, Semele).
    Era depreca il fatto che Dioniso, figlio di una donna mortale, riceva onori divini. Prospetta di essere cacciata dall'Olimpo, e con lei tutti gli dei, per fare spazio alle amanti ed ai figli di Zeus. Infine chiede ad Afrodite di prestarle il suo famoso cinto ammaliatore per sedurre Zeus e distrarlo dalla guerra in India .



    CANTO XXXII


    Afrodite consegna la cintura a Era (la scena ne richiama una simile dell'Iliade ) e torna rapidamente sull'Olimpo per fare toeletta; si orna di gioielli, di fiori e, ovviamente, del magico cinto con il risultato che Zeus vedendola freme d'amore e di desiderio .
    Al compagno che si augura che non venga per una delle consuete scene di gelosia, la dea risponde che, in qualità di protettrice delle unioni coniugali, sta recandosi da Eros che si è innamorato di Rodope e sta trascurando i suoi uffici .
    Il discorso che Zeus pronuncia per trattenerla sostenendo di non aver provato mai tanto desiderio è occasione per Nonno di inserire un nuovo catalogo di ierogamie (Taigeta, Niobe, Io). Quindi Zeus chiama le nubi a formare una cortina che li nasconda e pieno di passione si unisce alla sposa .
    Dopo l'amore Zeus si addormenta e Megera entra in azione inducendo la follia in Dioniso tramite una serie di allucinazioni: belve, serpenti, veleni .
    Artemide vorrebbe intervenire in suo aiuto ma Era la ferma imitando il tuono di Zeus.
    Impazzito, Dioniso corre nella foresta massacrando animali ed alberi mentre Ninfe e Satiri fuggono da lui e gli Indiani ne approfittano per attaccare .
    Ares torna sul campo assumendo l'aspetto del guerriero Modeo e prende il comando di schiere di Indiani per aiutare Deriade.
    Nei combattimenti che seguono l'esercito di Bacco subisce gravi perdite. Di nuovo Nonno adotta echi omerici per descrivere scontri e duelli: Morreo uccide Echelao, Bilito, Denti, il danzatore Erigbolo, i tebani Sebeo e Eubote; intanto Deriade abbatte Crimiso, Imaleonte, Frasio, Targelo, Iao, Coilo, Cie .
    I Baccanti in rotta cercano rifugio dove possono nella foresta, nelle grotte e nelle tane degli animali .



    CANTO XXXIII


    Addolorata per la follia di Dioniso, Pasitea (una delle Cariti) prega Afrodite di intervenire. La dea invia Aglaia a cercare Eros ed Aglaia lo trova intento a giocare a cottabo con Imeneo figlio della musa Urania .
    Nonno descrive la sfida: si tratta di colpire una statuetta con una goccia di vino lanciata con una coppa (era un gioco molto diffuso durante i banchetti). Vi riesce Eros e Ganimede, giudice della gara, gli assegna ridendo la vittoria .
    Aglaia informa Eros che Afrodite è stata oltraggiata ed Eros, senza farle aggiungere altro, molto impetuosamente promette vendetta e vola dalla madre. Questa gli parla di Elio che aiuta Deriade, della follia di Dioniso e della guerra contro gli Indiani e lo prega di aiutare i Baccanti.
    Eros raggiunge l'India e colpisce con la sua freccia il cuore di Morreo. Questi si innamora di Calcomeda e prende a corteggiarla. La Bassaride inizialmente finge di gradire le sue attenzioni ma gli ricorda l'epilogo della vicenda di Apollo e Dafne .
    Tutto preso dalle pene amorose Morreo smette di combattere e in un monologo si dice disposto a tradire Deriade e passare a Dioniso pur di ottenere quanto desidera .
    Trascorre notti insonni contemplando le stelle e ricordando le storie di mitici amori: Europa, Callisto, Ippodamia, Egina, desiderando di poter cogliere con l'inganno la verginità dell'amata come tante volte ha fatto Zeus.
    Neanche Calcomeda dorme, temendo le smanie di Morreo e ricorda Melis che si gettò in mare per sfuggire Damnameneo, Britomarti e Asteria che ebbero analogo destino .
    Si ucciderebbe, ma la soccorre Teti in veste di baccante e la convince ad ingannare Morreo promettendole che non subirà alcuna violenza perché sarà sempre protetta da un immane serpente .



    CANTO XXXIV


    Sempre più sconvolto dall'amore e turbato anche dalla compassione per la moglie Chirobia, Morreo si confida con il servo Issaco .
    Sogni non veritieri lo fanno illudere che Calcomeda ricambi i suoi sentimenti ma al mattino riprende la guerra e Morreo cattura undici Bassaridi per farne dono al suocero Deriade. Quando aveva sposato Chirobia il suocero non aveva voluto da lui doni nuziali ma aveva molto apprezzato le sue imprese in Cilicia .
    Affidate a Flogio e ad Agreo le Baccanti catturate vengono fatte sfilare in catene, sono quindi torturate ed uccise con crudeltà.
    Morreo continua ad incalzare l'ala femminile dell'esercito di Dioniso fino a raggruppare molte Bassaridi e a spingerle verso la città degli Indiani, dove sono costrette ad entrare da Deriade, si dedica quindi ad inseguire l'oggetto dei suoi desideri .
    Calcomeda scaglia una lancia contro di lui infrangendo l'immagine di Chirobia che decora lo scudo di Morreo. Il guerriero sembra interpretare il fatto come un segno favorevole ed invoca la sua amata perché si fermi ed accetti di rimanere con lui e ripete la sua promessa di passare a Dioniso, ma Calcomeda gli sfugge e raggiunge i suoi compagni .



    CANTO XXXV


    In città le seguaci di Dioniso combattono con gli Indiani mentre gli anziani e le donne indiane osservano gli scontri dai tetti. Anche alcune indiane hanno preso le armi, fra queste Chirobia moglie di Morreo e Protonoe, moglie di Oronte desiderosa di vendicare la morte del marito .
    Molte Bassaridi sono giovani ed avvenenti ma Deriade ha vietato ai suoi guerrieri di far loro violenza e di lasciarsi distrarre dalla libidine. Nonno descrive, non senza una certa morbosità, gli Indiani che a stento resistono al desiderio vedendo le grazie delle loro nemiche talvolta esposte dalle vesti sollevate o stracciate nell'impeto del combattimento .
    Fuori dalle mura Morreo continua ad inseguire Calcomeda ma questa decide di ingannarlo: si ferma, si lascia avvicinare ma prega il guerriero di deporre le armi e di prendere un bagno prima di unirsi a le .
    Entusiasta Morreo decide di obbedirle e spogliatosi dalla corazza e dalle armi si tuffa nel mare sperando che il bagno renda chiara la sua pelle per piacere di più a Calcomeda. Dall'Olimpo Afrodite lo vede e deride Ares affermando che le armi dell'amore sono sempre più potenti di quelle della guerra .
    Finalmente Morreo, finite le sue abluzioni ed indossata una veste candida, si avvicina a Calcomeda per possederla ma, come aveva predetto Teti, appare un enorme serpente a difendere la giovane e costringe l'indiano ad allontanarsi .
    Intanto Ermes ha assunto l'aspetto di Dioniso ed è entrato in città per incitare le Bassaridi a resistere. Con i suoi poteri divini oscura la vista degli Indiani ed apre le porte della città in modo che le donne di Dioniso possano porsi in salvo .
    Dioniso, ormai sfinito dopo aver a lungo corso nei boschi in preda alla follia, giace inerme. Zeus, risvegliatosi, rimprovera duramente Era e minaccia severe punizioni per lei e per Ares. Per evitarle e per riconquistare il favore dello sposo Era deve rimediare ai suoi misfatti allattando Dioniso.
    La dea è costretta ad obbedire, si reca presso Dioniso e ne asperge il corpo con il latte delle sue mammelle, con quel latte lo nutre e guarisce finchè egli non riprende forze e conoscenza. Durante l'operazione Era, che pur detesta Dioniso, contempla le sue forme e ne riconosce con se stessa l'aspetto divino .
    Ormai rinsavito Dioniso torna al suo esercito, portatore di conforto e coraggio. Compiange i caduti nominandone alcuni (Ofelte, Codone, Alchimachia, Aibialo, Anteo) e promette che dopo la vittoria guarirà i feriti e soccorrerà quanti dei suoi hanno sofferto .




    CANTO XXXVI


    Quanto accade in India crea due fazioni fra gli dei, pro e contro Dioniso. Nonno sviluppa il tema della teomachia in tra momenti: le sfide, i duelli, l'intervento pacificatore di Ermes. A sfidarsi sono cinque coppie di divinità ma prima che Ermes intervenga hanno luogo soltanto tre duelli .
    Poseidone sfida Apollo, Efesto l'Idaspe, Artemide Era, Ermes Latona, Ares Atena.
    Il primo duello descritto è quello fra Ares, favorevole agli Indiani, ed Atena alleata di Dioniso. La lancia di Ares colpisce lo scudo di Atena ma riesce soltanto a scalfire la chioma della testa della Gorgone che campeggia al centro dello scudo. Atena reagisce colpendo a sua volta Ares e facendolo cadere ma poi è lei stessa a soccorrere l'avversario aiutandolo a rialzarsi .
    Artemide, alleata di Dioniso, attacca Era con le sue frecce che non hanno effetto sulla coltre di nubi con la quale si protegge l'avversaria. Per colpire Artemide Era usa un dardo di ghiaccio con cui spezza il suo arco. Con un colpo al petto fa cadere la dea della caccia quindi l'apostrofa con sarcasmo deridendo i suoi attributi e le sue armi e ironizzando anche sulla sua verginità.
    Apollo soccorre Artemide aiutandola a ripararsi fra la vegetazione e quindi passa a duellare con Poseidone.
    Per questo duello Nonno passa ad un registro epico molto più potente: si tratta della lotta fra acqua e fuoco (Apollo rappresenta il sole), cioè una lotta fra due potenze primigenie che rischia di sconvolgere l'armonia del cosmo. L'immane fragore della lotta fra Apollo armato del suo arco e Poseidone che impugna il tridente arriva a preoccupare Ade che teme che le acque marine possano invadere il suo regno sotterraneo .
    Di fronte al pericolo della catastrofe interviene Ermes con funzione di paciere ed esorta i due dei a rispettarsi reciprocamente e ad evitare di turbare l'ordine universale. Le parole di Ermes servono a mettere fine alla teomachia interrompendo lo scontro fra Apollo e Poseidone ed evitando gli altri due duelli in precedenza annunciata .
    Intanto le ostilità procedono e Deriade tiene un discorso al suo esercito incitandolo ancora una volta a combattere per la vittoria .
    Ma contro gli Indiani combattono anche fiere e serpenti e la natura stessa sembra schierarsi con Dioniso. Ora che il loro capo è guarito dalla follia le schiere dei seguaci di Dioniso hanno ritrovato tutto il loro vigore, come dimostra l'esempio della baccante Caropia che riesce ad uccidere il gigantesco Collete, paragonabile a Oto ed Efialte .
    Finalmente Dioniso affronta personalmente Deriade. Il dio combatte usando il suo potere metamorfico ed assume la forma della fiamma, dell'acqua, del leone, di un albero, di una pantera, del fulmine e del cinghiale .
    Deriade lo fronteggia ma quando sale sul suo carro Dioniso fa nascere una vite che subito avviluppa il re indiano fin quasi a soffocarlo. Immobilizzato e sconfitto Deriade finisce col chiedere clemenza all'avversario che gliela concede liberandosi ma Deriade, ferito nell'orgoglio, non si rassegna ad accettare di essere stato graziato e riprende di nuovo a lottare .
    Conclude il canto la descrizione del lavoro dei Radamani di Creta, i costruttori delle navi di Dioniso. Il dio, infatti, ricorda che una profezia di Rea lo aveva avvisato che la guerra sarebbe finita quando avrebbe affrontato gli Indiani sul mare, di conseguenza ordina l'allestimento della flotta .
    Deriade e Morreo ne vengono informati e convocano l'assemblea degli Indiani che delibera di sfidare il nemico in una grande battaglia navale .
    Vengono inviati messi per proporre questa battaglia a Dioniso che accetta volentieri ma prima che si combatta viene concordata una tregua di tre mesi per dar sepoltura ai caduti .




    CANTO XXXVII


    Durante la tregua gli Indiani seppelliscono i loro caduti consolandosi delle perdite con la loro fede nella reincarnazione .
    Dioniso ordina di abbattere alberi per il rogo della salma di Ofelte. Il guerriero Asterio sacrifica dodici prigionieri Indiani e molti animali in onore di Ofelte. Con le pietre focaie Fauno si occupa di accendere il fuoco, Dioniso invoca i venti perché soffino propizi alla combustione .
    La pira brucia per tutta la notte e al mattino Asterio raccoglie i resti di Ofelte che i Coribanti seppelliscono nella grande tomba che hanno preparato .
    Dioniso da inizio ai giochi funebri con la corsa dei carri presentandone i premi: un arco e una faretra delle Amazzoni, uno scudo ed una donna costituiscono il primo premio. Al secondo riserva una cavalla incinte, al terzo una corazza, al quarto uno scudo, al quinto due talenti .
    Nonno presenta i contendenti: Eretteo, Atteone, Scelmide, Fauno, Acate .
    Prima della corsa Aristeo parla con il figlio Atteone suggerendogli di usare astuzia ed esperienza più che forza e velocità ed elargendo una serie di consigli tecnici .
    La gara ha inizio e Nonno descrive in modo pittoresco l'impegno degli aurighi, lo slancio dei cavalli, l'eccitazione del pubblico e si sofferma su alcuni episodi: un duello fra Eretteo e Scelmide alle prime posizioni, Atteone fa cadere Fauno che si rialza e riparte, Acate schernisce Fauno che lo investe costringendolo a fermarsi. Infine Eretteo vince la gara seguito nell'ordine da Scelmide, Atteone, Fauno, Acate .
    Alla gara equestre segue quella di pugilato. I premi sono un toro ed uno scudo indiano .
    Si offre Melisseo, accetta la sfida Eurimedonte. L'incontro si conclude con la vittoria di Melisseo, l'avversario privo di sensi viene soccorso dal fratello Alcone .
    Dioniso indice la gara di lotta mettendo in palio un tripode mentre un lebete sarà il premio dello sconfitto. Si sfidano Atteone e Eaco e vince il secondo schienando l'avversario .
    Per il vincitore della gara di corsa il premio è costituito da un cratere d'argento ed una donna, al secondo andrà un cavallo, al terzo una spada. I contendenti sono Ocitoo, Eretteo e Priaso .
    Eretteo invoca l'aiuto del genero, il vento Borea, e vince il primo premio seguito da Ocitoo quindi da Priaso .
    E' la volta dei discoboli. I premi: due lance ed un elmo, un cinturone, una coppa, una nebride con fibbia d'oro. Vince Alimede, seguono Acmone, Eurimedonte e Melisseo .
    I premi per la gara dell'arco sono un mulo ed una coppa. Si tratta di colpire una colomba legata alla cima di un palo altissimo. La freccia di Asterio taglia il filo che trattiene la colomba, ma Imeneo colpisce l'uccello in volo vincendo la gara .
    Eaco vince Asterio nell'ultima gara, un duello incruento (oplomachia), il premio del vincitore è un paio di schinieri mentre al secondo va una perla .
    Asterio ha graffiato con la lancia un braccio di Eaco ma quando questi sta per colpirlo alla gola interviene Dioniso e ferma il combattimento .




    CANTO XXXVIII


    L'esercito di Dioniso riposa durante la tregua nel cui corso cade l'inizio del settimo anno di guerra, segnato da un presagio: un' eclissi in pieno giorno oscura il sole e la terra è avvolta nelle tenebre .
    All' eclissi segue subito un altro segno premonitore: il volo di un'aquila che tiene fra gli artigli un serpente e lo lascia cadere nell'Idaspe.
    L'indovino Idmone, che conosce la natura dell'eclissi, tranquillizza l'esercito e predice la vittoria ormai vicina. Il serpente precipitato nel fiume rappresenta infatti Deriade che presto sarà sconfitto da Dioniso.
    Intanto Ermes raggiunge Dioniso e conferma la profezia di Idmone. Le tenebre dell'eclissi rappresentano Deriade, la luce solare che torna a splendere preannuncia il trionfo di Dioniso.
    Quest'ultimo paragone è l'occasione per narrare il mito di Fetonte.
    Elio si innamorò della naiade Climene figlia di Oceano e di Teti. Il bambino che nacque da quell'unione ebbe il nome di Fetonte (lo splendente) e crebbe felice, adorato dalla madre e dal nonno Oceano .
    Quando una volta giocando cadde nell'acqua, Oceano si rattristò prevedendo il suo tragico destino .
    Cresciuto ma ancora imberbe trascorreva volentieri del tempo in Sicilia pascolando le greggi con Lampetia, ma il suo sogno era essere un auriga come il padre che spesso imitava giocando con un piccolo carro che aveva costruito .
    Nel fiore dell'adolescenza si recava in visita al padre per ammirare il carro ed accarezzare i cavalli e sempre supplicava Elio di lasciarlo guidare .
    Elio tentò a lungo di distogliere Fetonte dal suo desiderio, ma le lacrime del figlio unite a quelle di Climene infine lo indussero ad acconsentire .
    Egli spiegò dettagliatamente il cammino da percorrere attraverso le dodici case dello Zodiaco, raccomandando a Fetonte di non allontanarsi dal sentiero, quindi lo vestì dei suoi ornamenti e lo lasciò partire .
    Al colmo della gioia Fetonte iniziò il percorso ma distratto da quanto contemplava nel cielo lasciò che i cavalli deviassero dal cammino previsto. Quando se ne rese conto, non sapendo che fare, cominciò a frustare i cavalli e perse del tutto il controllo del carro .
    La folle corsa creò un immane scompiglio cosmico che Nonno descrive con abbondanza di particolari citando numerosi astri e costellazioni. A Zeus non rimase che fulminare Fetonte per riportare l'ordine nell'Universo .
    Una volta ristabilita la normalità della natura, Zeus portò Fetonte in cielo trasformandolo nella costellazione dell'Auriga .
    Le sorelle furono mutate in alberi e piangono eternamente per la morte di Fetonte lacrime d'ambra .




    CANTO XXXIX


    Concluso il racconto di Ermes cominciano ad arrivare la navi pilotate dai loro costruttori, i Radamani .
    Scorgendole dai bastioni Deriade cela il proprio sgomento ed ordina di radunare l'esercito lungo la costa. Tiene quindi un nuovo discorso alle truppe negando la divinità di Dioniso e definendolo uno stregone capace di trucchi come contaminare le acque del fiume .
    Anche Dioniso tiene un discorso e per incoraggiare i suoi ricorda l'alleanza con le divinità marine: Poseidone, Glauco, Forcis, Melicerte, Ino, Proteo, Teti .
    Invocherà anche l'ausilio di Eolo e dei Venti: Borea, Zefiro, Noto .
    Seguono i discorsi di Eaco ed Eretteo. Il primo invoca Zeus che già in passato lo ha aiutato a scongiurare una carestia, il secondo si rivolge al genero Borea perché aiuti la flotta dionisiaca .
    In questi brani sono presenti riferimenti espliciti ed accenni impliciti alla battaglia di Salamina che funge da modello per la naumachia nonniana così come nel complesso le guerre persiane possono essere paragonate alla guerra di Dioniso contro gli Indiani in quanto conflitto della civiltà contro un popolo barbaro .
    La battaglia ha inizio. Schiere di Ciclopi scagliano dalla costa macigni contro le navi indiane .
    Le due flotte si lanciano l'una contro l'altra ed entrambe subiscono gravi perdite . Nonno insiste su particolari macabri: cadaveri gonfi nell'acqua nera, creature marine che divorano i morti, scudi senza più padrone che galleggiano fra macchie di schiuma rossastra .
    Leucotea, Teti, Doride e Panopea assistono alla battaglia . Galatea prega Poseidone di proteggere suo figlio Polifemo e Poseidone è indignato nell'accorgersi dell'assenza del Ciclope, apostrofa Dioniso con parole di rimprovero per non averlo convocato .
    La sola presenza di Polifemo, sostiene Poseidone, sarebbe bastata per concludere la guerra rapidamente come Zeus sconfisse i Titani con l'aiuto di Briareo, altro figlio del dio del mare .
    Nel culmine dello scontro Dioniso ferisce Morreo che è costretto ad abbandonare il combattimento. Incapaci di nuotare gli Indiani che cadono in acqua annegano miseramente mentre nella stessa situazione i seguaci di Dioniso si salvano "combattendo con i flutti".
    Zeus soppesa le sorti dei combattenti ed inclina la bilancia in favore di Dioniso.
    Poseidone, Melicerte, Borea, Eris e Nike scendono in campo contro gli Indiani, quindi il cabiro Eurimedonte compie l'atto decisivo incendiando la propria nave e spingendola alla deriva contro i nemici .
    L'incendio dilaga rapidamente mettendo in fuga gli Indiani .




    CANTO XL


    Atena assume l'aspetto di Morreo per convincere Deriade a misurarsi con Dioniso.
    Lo punge nell'orgoglio accusandolo di aver paura ed invitandolo a considerare la propria immagine di fronte alla moglie Orsiboe ed alle figlie Chirobia e Protonoe .
    Deriade si giustifica rievocando le molteplici trasformazioni di Dioniso durante il precedente duello, ma decide di combattere di nuovo con il dio .
    Dopo aver scagliato alcuni colpi a vuoto contro Dioniso Deriade chiama il genero ad aiutarlo ma Atena assume il suo vero aspetto e Deriade comprende di essere stato ingannato .
    Il re degli Indiani continua a combattere ma basta un lieve colpo del tirso di Dioniso per farlo precipitare nelle acque dell'Idaspe.
    La guerra è finita e tutti gli dei che vi hanno preso parte tornano nell'Olimpo mentre i seguaci di Dioniso iniziano a festeggiare .
    Dai bastioni Orsiboe, moglie di Deriade, e le figlie Chirobia e Protonoe hanno assistito al duello ed ora si disperano levando lamenti funebri .
    Il lamento di Protonoe riprende una serie di temi tipici del genere: la disperazione, la caduta in miseria da una condizione regale, l'orrore per la schiavitù.
    Chirobia piange il padre ma è sdegnata con il marito Morreo perchè ha saputo del suo amore per Calcomeda.
    Dioniso rende onore ai caduti insepolti, quindi assegna un nuovo re agli Indiani scegliendo Modeo. Passa quindi a dividere il bottino e congeda gli alleati che fanno ritorno alle loro terre . Solo Asterio sceglie di andare a vivere in Colchide invece di tornare alla nativa Creta .
    Attraverso l'Arabia e l'Assiria Dioniso giunge a Tiro, città dalla quale proveniva Cadmo.
    Tiro giace in parte su un'isola collegata alla terraferma (anacronismo: l'istmo artificiale fu costruito da Alessandro Magno).
    Dioniso è colpito dalla fusione dell'elemento terrestre con quello marino, situazione che Nonno rende con versi di estrema efficacia:
    ... risuonavano in un sol luogo
    fragori di mare, muggito di buoi, sussurro di foglie,
    gomena, albero, navigazione, boschetto, acqua, navi, battello, aratro,
    greggi, canna, falce, scafi, reti, vele, corazza .
    ( Traduzione di Domenico Accorinti ).

    Visitando la città Dioniso vede la casa di Agenore, la camera nuziale di Cadmo e la camera verginale di Europa. Ammira le tre fontane delle sorgenti Abarbarea, Calliroe e Drosera.
    Visita quindi il tempio di Eracle Astrochitone (vestito di stelle) al quale rivolge un inno come ad una divinità solare . Eracle compare nel tempio per accogliere amichevolmente Dioniso ed offrirgli nettare ed ambrosia .
    A Dioniso che glielo chiede, Eracle racconta il mito della fondazione di Tiro. Un popolo autoctono nato dalla terra per ordine di un oracolo dello stesso Eracle aveva costruito la prima nave .
    Eracle aveva indicato come trovare il luogo ove fondare Tiro con una simbologia molto complessa: due rocce instabili, dette Ambrosie, che galleggiano sul mare; su di loro cresce un antico olivo avvolto in fiamme che non lo bruciano, sui suoi rami si trova una coppa che non cade mai e nei pressi un'aquila ed un serpente che non possono nuocersi a vicenda. Catturando e sacrificando l'aquila le due rocce si saldano insieme formando la stabile piattaforma sulla quale costruire la città.
    Eracle racconta anche delle sorgenti delle fontane di Tiro che erano state caste Ninfe finché Eros non le aveva colpite con le sue frecce per farle unire ai Figli della Terra fondatori di Tiro.


    CANTO XLI


    Lasciata Tiro Dioniso viaggia attraverso il Libano verso la città di Beroe (Berito - Beirut).
    La città porge un lato alla fertile campagna e dall'altro si affaccia sul mare . Piste sabbiose conducono alla montagna attraversano giardini e vigne da poco piantate .
    Fu edificata da Crono quando Zeus era ancora un neonato e non esistevano tutte le altre città. Accolse Afrodite appena nata dalla spuma del mare che poco dopo partorì Eros.
    La ninfa Beroe (o Amimone) nacque da Oceano e Teti oppure, secondo una leggenda più recente, da Afrodite ed Adone.
    Afrodite la partorì assistita da Ermes e da Temis su un libro attico. Questa ed altre metafore alludono al fatto che Berito era sede della scuola di diritto. Alla nascita di Beroe gli animali divennero mansueti e giocarono fra di loro rinunciando ad ogni aggressività mentre Afrodite li osservava sorridendo serenamente .
    Beroe è di straordinaria bellezza ma Zeus, prevedendo che Poseidone l'amerà, si astiene dal tentare di sedurla per evitare uno scontro con il fratello .
    Afrodite si reca da Armonia per interrogarla sul destino di Beroe e della città ed insieme consultano le tavole profetiche dei sette pianeti. Le tavole confermano che la città è la più antica ed annunciano che prenderà il nome di Berito. Gli inventori di cui parlano le tavole stesse sono occasione per una digressione: Pan inventore della siringa, Ermes della lira, Iagnide del doppio aulos, Lino dell'eloquenza, Arcade della misurazione dei mesi, Endimione del calcolo delle fasi lunari, Cadmo dell'alfabeto, Solone delle sue leggi, Cecrope del matrimonio .
    Infine la dea legge la profezia che parla delle vittorie di Augusto, dell'impero e della scuola di diritto che verrà istituita a Berito .
    Tornata a casa Afrodite prega Eros di far innamorare di Beroe Poseidone e Dioniso.


    CANTO XLII


    Eros esegue mentre Dioniso e Poseidone si trovano entrambi sulle pendici del Libano .
    Turbato dal desiderio, Dioniso prende a seguire Beroe, a spiarla, a cercare pretesti per poterla avvicinare. Assume l'aspetto di un cacciatore e compare alla ninfa ma la timidezza gli rende difficile parlare. Bacco sterminatore di Indiani ha paura di un'inerme fanciulla. Infine si fa coraggio e le rivolge la parola fingendo di scambiarla per Artemide e Beroe lusingata accetta la sua compagnia .
    Giorno dopo giorno Dioniso la segue ma senza mai osare di più. Pan si prodiga in consigli su come corteggiare la giovane (il brano ricorda l'Ars amatoria di Ovidio); Dioniso si finge un contadino e con una serie di doppi sensi erotici si offre per lavorare la terra di Beroe .
    Non ottenendo risultati i suoi travestimenti, Bacco che continua ad avere sogni appassionati in cui si unisce a Beroe, decide di comparirle nel suo aspetto divino e le parla della sua vera identità chiedendole di diventare sua compagna .
    Ma le offerte e le audaci parole di Dioniso non servono: Beroe rimane incrollabilmente votata alla castità.
    E' la volta di Poseidone di fare la propria "dichiarazione", egli propone alla ninfa di regnare con lui sui mari come Era condivide con Zeus il dominio del cielo, ma neanche questa offerta viene accettata .
    Afrodite indice una gara nuziale fra Poseidone e Dioniso facendo giurare loro che lo sconfitto non si vendicherà sulla città.


    CANTO XLIII


    Dioniso si prepara alla battaglia disponendo cinque falangi per il combattimento. I comandanti sono Oineo, Elicaone, Oinopione, Stafilo e Melanzio .
    La prima parte del canto è occupata dai discorsi di Dioniso e Poseidone che si minacciano reciprocamente. Nonno passa quindi a descrivere le scene dello scontro: Glauco che aggioga il carro marino, il canto di guerra di Dioniso, le metamorfosi di Proteo.
    Nereo si lancia nella battaglia con la schiera delle figlie, Ino attacca i Satiri, Panope combatte sul dorso di una leonessa di mare. Galatea impugna la clava di Polifemo, Melicerte scaglia il tridente contro Dioniso.
    Bassaridi, Coribanti e Sileni combattono in preda alla frenesia, Psamate invoca Zeus perché preservi da Bacco le divinità marine .
    Infine Zeus interviene assegnando la vittoria a Poseidone, Dioniso si allontana sconsolato e Poseidone celebra le nozze con Beroe mentre Nereo e molte divinità fluviali offrono doni agli sposa .
    Per consolare Dioniso Eros predice future unioni amorose con Arianna, Pallene ed Aura. Infine Dioniso lascia il Libano diretto in Grecia .


    CANTO XLIV


    Giunto a Tebe Dioniso trova il re Penteo deciso ad impedirgli di entrare in città, ma i soldati del re, attoniti dal potere del dio che spalanca le porte, non riescono ad ostacolarlo. Presagio dell'imminente rovina, un terremoto scuote il palazzo reale mentre le statue degli dei grondano sudore e sangue .
    Agave madre di Penteo ricorda di aver sognato se stessa trasformata in pantera che sbranava il figlio .
    Istruiti da Tiresia, Agave e Cadmo avevano offerto sacrifici e durante il rito due serpenti avevano avvicinato Cadmo e Armonia senza fra loro del male, presagio della metamorfosi che la coppia subirà in Illiria .
    Penteo pronuncia un discorso arrogante e minaccioso nei confronti di Dioniso e del suo seguito. Nega le origini divine di Dioniso ed arriva ad affermare che Semele sia morta nell'incendio innescato da Cadmo per nascondere il disonore della figlia .
    Dioniso invoca la luna chiedendole aiuto contro Penteo e la luna risponde con un discorso nel quale rievoca le imprese di Dioniso: la punizione di Licurgo, la vittoria sugli Indiani, l'avventura con i pirati quindi (in quanto identificata con Persefone) invia le Erinni contro il palazzo di Penteo.
    Una di esse sotterra il coltello con cui Procne uccise il figlio Iti con l'aiuto di Filomela per servirne le carni a Tereo nei pressi di un abete dove Penteo è destinato a morire .
    Intanto Dioniso penetra nel palazzo di Cadmo, arreca il delirio bacchico ad Autonoe e le fa credere che il figlio Atteone sia ancora vivo ed abbia sposato Artemide.


    CANTO XLV


    Mentre Autonoe corre in cerca di Atteone, anche Agave è invasata dallo spirito bacchico e pronuncia invettive contro Penteo.
    Tiresia celebra sacrifici per placare l'ira di Dioniso ed invita Cadmo a partecipare ai suoi riti. Li sorprende Penteo ed ordina di interrompere immediatamente la cerimonia e di togliere gli indumenti del culto dionisiaco .
    A Penteo, che insiste nel negare la natura divina di Dioniso, Tiresia racconta l'avventura del dio con i pirati di Sicilia. Erano questi un vero flagello ma Dioniso, fattosi volutamente rapire nelle vesti di un ricco giovane, li aveva sconfitti riprendendo improvvisamente il suo aspetto mentre le sartie della nave si trasformavano in serpenti .
    Tiresia racconta inoltre come Dioniso uccise il gigante Alpo che divorava passanti e pastori ma questi avvertimenti non intimoriscono Penteo che ordina ai suoi servi di catturare Dioniso.
    Dioniso sfugge quindi assume l'aspetto di uno degli uomini di Penteo e conduce un toro al re facendogli credere che si tratti di Dioniso stesso .
    Intanto le Bassaridi catturate dai servi di Penteo vengono liberate miracolosamente e tornano a danzare sui monti in preda al delirio mentre in città Dioniso compie miracoli ed il palazzo di Penteo viene ucciso da un fuoco che non brucia .


    CANTO XLVI


    Penteo parla con Dioniso e lo accusa di menzogna: egli non crede che Rea lo abbia allattato quando Zeus è stato nutrito con latte di capra, tanto meno crede che sia nato dalla coscia di Zeus.
    Dioniso sfida Penteo a camuffarsi per assistere ai suoi riti. Come aveva promesso, la luna interviene e fa impazzire Penteo che corre ad indossare un abito di Agave per seguire Dioniso sui monti .
    Il re così travestito attraversa Tebe danzando ed esce dalla città. Nonno inserisce qui un pregevole quadretto descrivendo la folla incuriosita che guarda il re fuori di senno .
    Giunti nella foresta Dioniso fa salire Penteo su un albero ma Agave, che nel suo delirio lo crede una belva, scuote l'albero per farlo cadere. Conscio della prossima fine Penteo prega invano la madre di risparmiargli la vita .
    Agave e le altre Baccanti dilaniano il corpo di Penteo e lo decapitano quindi Agave, fiera di aver ucciso quello che crede un leone, mostra il suo trofeo a Cadmo inorridito .
    Ma quando Dioniso le rende la ragione Agave, constatando di aver ucciso il proprio figlio, è presa dalla disperazione .
    Autonoe cerca di consolare la sorella Agave. Dioniso le soccorre entrambe offrendo loro vino mescolato con un farmaco che lenisce l'angoscia, quindi manda in Illiria Cadmo ed Armonia e parte per Atene.


    CANTO XLVII


    Grande festa in Atene per l'arrivo di Dioniso. Tutti partecipano alle danze mentre l'esperto agricoltore Icario accoglie Dioniso nella sua casa .
    Bacco gli fa dono del vino, ancora sconosciuto in Attica, e Icario ne beve fino all'ebbrezza mentre l'ospite gli insegna a coltivare la vite .
    Icario offre il vino ad altri agricoltori che ne bevono in abbondanza. I contadini si inebriano felici ma quando le loro menti vacillano per effetto del vino credono di essere stati avvelenati e trucidano il povero Icario con i loro attrezza .
    Quando si riprendono si rendono conto di aver ucciso un innocente e danno al cadavere una degna sepoltura. Ma lo spirito del morto appare in sogno alla figlia Erigone per avvertirla dell'accaduto .
    La fanciulla si desta e percorre la campagna in cerca del padre finché un contadino non le conferma quanto ha appreso in sogno. Disperata, Erigone si impicca ed il suo cane rimane presso l'albero per difendere il cadavere .
    Impietosito Zeus trasforma Erigone, Icario ed il Cane nelle costellazioni della Vergine, di Boote e del Cane oppure, secondo un'altra versione, pone le loro anime presso quegli astri .
    Dioniso passa all'isola di Nasso dove trova Arianna addormentata e se ne innamora .
    Arianna piange per il tradimento di Teseo ma Dioniso la consola e si unisce a lei .
    Giunto ad Argo fa impazzire le donne argive che prendono ad uccidere i figli. Era compare a Perseo con l'aspetto dell'indovino Melampo e lo persuade ad attaccare Dioniso.
    Perseo e Dioniso si fronteggiano pronti a combattere con i rispettivi eserciti già in armi e si scambiano invettive. Arianna rimane pietrificata dalla testa di Medusa che Perseo impugna, ma interviene Ermes per evitare la guerra e svela a Dioniso l'inganno di Era .
    Lo scontro viene così evitato ed il vero Melampo persuade gli abitanti di Argo ad offrire sacrifici a Dioniso.


    CANTO XLVIII


    Bacco giunge in Tracia festosamente ma Era, mai placata, istiga la Terra (Gaia) a vendicare l'eccidio degli Indiani e la Terra, a sua volta, solleva i Giganti contro Dioniso.
    I Giganti affrontano Dioniso, Nonno ne nomina alcuni: Porfirione, Peloreo, Alcioneo, Porfirione ed un "nuovo Tifeo".
    Dioniso, invulnerabile, non accusa i colpi dei Giganti che gli scagliano contro intere montagne e rapidamente stermina i mostruosi avversari .
    Prima di passare in Frigia, Dioniso intende punire Sitone il quale, preso da illecita passione per la figlia Pallene, ne impedisce le nozze.
    Sitone, che ha già ucciso molti pretendenti della figlia, indice una gara nuziale di lotta fra Dioniso e la stessa Pallene.
    Nonno descrive con sottile erotismo il combattimento fra il dio e la fanciulla nuda. Pallene prende al collo Dioniso che si libera e la prende a sua volta ai fianchi. Pallene tenta di sollevare Dioniso che si rivela troppo pesante e viene atterrata ma si rialza .
    Dioniso la fa cadere di nuovo premendole un ginocchio sul ventre quindi si lascia cadere e, rotolando, porta l'avversaria sotto di se serrandole il collo .
    Sitone interviene e, per salvare la figlia, dichiara la vittoria di Dioniso.
    Il dio uccide Sitone vendicando i pretendenti di Pallene, si celebrano quindi le nozze fra inni e danze di Sileni, Baccanti e Satiri.
    Dioniso consola la sposa per la perdita del padre facendola riflettere sui suoi indecenti desideri contro natura, passa quindi in Frigia dove vive la ninfa Aura figlia di Lelanto .
    Votata alla caccia ed alla castità, Aura fa parte del seguito di Artemide. Un giorno, mentre nuotano insieme, Aura offende Artemide dichiarandosi più bella ed Artemide si rivolge a Nemesi per chiederle soddisfazione .
    Nemesi rifiuta di uccidere o pietrificare Aura ma promette che le farà perdere la vantata verginità. Invia quindi Eros a colpire ancora una volta il cuore di Dioniso.
    Di nuovo innamorato, Dioniso vaga spiando la vergine e facendo sogni erotici in proposito .
    Durante uno di questi sogni vede l'ombra di Arianna che lo rimprovera per la sua infedeltà, infine una ninfa dei boschi gli consiglia di cogliere Aura nel sonno .
    Vedendola avvicinarsi assetata ad una fonte circondata di fiori (occasione per ricordare il mito di Narciso), Dioniso trasforma l'acqua in vino, la giovane cacciatrice ne beve avidamente e si addormenta .
    Approfittando del sonno di Aura, Dioniso la possiede e quando al risveglio la ninfa si rende conto di aver perduto la verginità viene colta dalla disperazione e dal furore .
    Aura fa strage di contadini, pastori, bestiame finché Artemide, deridendola, non le rivela l'identità del suo stupratore .
    Mentre Aura soffre le doglie del parto cerca di consolarla Nicea che ha subito lo stesso destino. Assistita da Artemide che continua a schernirla, Aura partorisce due gemelli e Dioniso, che sa che la puerpera ne ucciderà uno, invita Nicea a prendersi cura del superstite .
    Infatti Aura espone i gemelli alle fiere ma una leonessa comincia ad allattarla .
    Aura ne sottrae uno all'animale e lo divora ma prima che possa prendere il secondo Artemide interviene portandolo in salvo e lo affida a Nicea. Si tratta di Iacco, il terzo Dioniso.
    Aura si uccide gettandosi nel fiume Pangario e Zeus la trasforma in fonte .
    Dioniso, compiute tutte le sue imprese terrene, ascende all'Olimpo dove divide la tavola con il padre Zeus, con Apollo e con Ermes.