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PUBLIO OVIDIO NASONE
METAMORFOSI
LIBRO PRIMO
Rivolgendo una formale invocazione agli dei,
Ovidio
manifesta la sua intenzione di ripercorrere, attraverso l'analisi del mito, la storia del mondo dalle origini ai suoi tempi.
In principio era il
Caos
e tutti gli elementi erano confusi in un'unica massa informe, poi la natura separò la terra, il cielo ed il mare.
Allora dalla volta celeste guizzò il fuoco che ebbe la sua sede nel cielo, la terra densa e pesante attrasse gli elementi più gravi, separandola l'aria dal cielo e circondandola l'acqua.
Poi un nume, non importa chi fosse, proseguì la creazione dei fiumi, dei laghi, dei monti, delle valli. Creò la foresta e le campagne. Divise la zona torrida da quelle temperate e queste dalle glaciali.
Nell'aria volle la nebbia, le nubi, i fulmini, i tuoni ed i venti.
Gli astri e gli dei popolavano il cielo, le belve la terra, i pesci il mare, gli uccelli l'aria. Mancava solo l'animale più nobile: l'uomo. Lo creò
Prometeo
mescolando la terra e la pioggia e lo fece somigliante agli dei.
Venne per prima l'età dell'oro, età di giustizia e di fede, senza leggi e castighi. Non c'erano guerre e tutti si nutrivano dei frutti spontanei del suolo, in un'eterna primavera.
Quando
Giove
ebbe gettato
Saturno
nel
Tartaro
ebbe inizio l'età dell'argento.
Giove
volle dividere l'anno in quattro stagioni e con i primi freddi sorsero le prime piccole case. L'uomo iniziò a lavorare la terra.
Seguì l'età del bronzo, già pronta alle orribili guerre, poi quella del ferro portò con se quanto c'è di peggiore nel mondo: la guerra, la rapina, il tradimento. La natura non fu più benigna e l'uomo conobbe il lavoro, la fatica, il pericolo.
La
"vergine Astrea" (la giustizia)
abbandonò la terra lorda di sangue.
I
Giganti
, aspirando a conquistare il cielo, sovrapposero i monti, ma
Giove
li fece precipitare, quindi convocò nella sua sede tutti gli dei che accorsero lungo la Via Lattea.
Lo sdegno di
Giove
nasceva dall'inganno di
Licaone
re d'
Arcadia
:
Giove
aveva voluto visitare la terra per valutare i vizi dell'umanità e quando era stato ospite di
Licaone
questi, per accertarsi della divinità dell'ospite, gli aveva servito carne umana.
Giove
aveva distrutto la casa e trasformato
Licaone
in un lupo.
Ma l'aver punito
Licaone
non appagava il dio che aveva visto la malvagità possedere l'intero genere umano che, quindi, doveva essere distrutto. Alcuni degli dei compiansero il destino dell'uomo ma nessuno osò opporsi al signore del cielo.
Giove
scagliò innumerevoli folgori ma infine, temendo che il fuoco potesse arrivare alla reggia celeste, volle mandare il
diluvio
.
Rinchiuse il vento
Aquilone
che allontana le nubi e scatenò
Noto
, che le porta.
Iride
raccolse le acque alimentando le nuvole e
Nettuno
, fratello di
Giove
, ordinò ai fiumi di straripare e scosse la terra con il suo tridente.
Il mondo fu inondato, le campagne, le case, le città sommerse. Chi non annegò salvandosi sulle imbarcazioni più tardi morì di fame.
Sulla vetta del
Parnaso
, che ancora emergeva, ripararono
Deucalione e Pirra
, gli unici sopravvissuti, giusti e religiosi.
Allora
Giove
liberò
Aquilone
perché allontanasse le nuvole e
Nettuno
mandò
Tritone
a richiamare le acque.
Salvi ma disperati,
Deucalione e Pirra
si rivolsero alla dea
Temi
che aveva un oracolo sul monte. Fu loro ordinato di gettare sassi dietro le spalle e, miracolosamente, i sassi gettati da
Deucalione
divennero uomini, donne quelli scagliati da
Pirra
.
A poco a poco la terra rigenerò la vegetazione e la fauna.
Tra le nuove bestie nacque un mostruoso
Pitone
che
Apollo
uccise con le sue frecce, istituendo i
giochi pitici
per ricordare l'evento.
Cupido
colpì
Apollo
con una freccia d'oro che faceva innamorare e
Dafne
con una freccia di piombo che chiudeva il cuore all'amore.
Dafne
era una
ninfa
, figlia del fiume
Peneo
, molti la chiedevano in sposa ma lui rifiutava le nozze. Preso da folle passione
Apollo
la inseguì ma
Dafne
, quando stava per essere raggiunta, chiese aiuto al padre e venne tramutata in un albero di alloro, pianta che
Apollo
da allora volle consacrare.
Molti fiumi si dolsero con
Peneo
della perdita di
Dafne
ma non
Inaco
che sprofondava nel suolo piangendo la scomparsa della figlia
Io
.
Questa,
ninfa
bellissima, era stata concupita da
Giove
che per nasconderla a
Giunone
l'aveva trasformata in giovenca, ma
Giunone
aveva preteso la vacca affidandola ad
Argo
dai cento occhi.
Io
riuscì a farsi riconoscere dal padre tracciando segni con le zampe ma
Inaco
non potè far nulla per aiutarla.
Infine
Giove
, turbato dal destino della giovane, ordinò a
Mercurio
di uccidere
Argo
.
Mercurio
, assunte le sembianze di un pastore, prese a discorrere con
Argo
e, fra l'altro, gli raccontò la vicenda di
Siringa
, la
ninfa
che per sfuggire alla libidine di
Pan
chiese alle
Naiadi
di essere trasformata in un fascio di canne. In sua memoria
Pan
costruì con le canne il suo flauto, detto appunto siringa.
Conversando
Argo
si addormentò e
Mercurio
rese più profondo il suo sonno usando la sua verga magica, quindi lo decapitò.
Quando seppe che il suo servitore era stato ucciso
Giunone
volle adornare con i suoi cento occhi la coda del pavone, quindi fece impazzire
Io
che fuggì fino al
Nilo
.
Infine
Giove
placò la gelosia di
Giunone
e restituì ad
Io
la sua forma umana.
Io
, che fu poi venerata come una dea, partorì
Epafo
, coetaneo di
Fetonte
. Durante una lite
Epafo
mise in dubbio che
Fetonte
fosse veramente figlio di un dio. La madre di
Fetonte
,
Climene
, giurò di essere stata amata dal Sole e spronò il figlio ad andare a visitare la casa del padre, al confine del mondo.
LIBRO SECONDO
Febo
accolse
Fetonte
nella sua casa splendente dove sedeva con le
Ore
, le Stagioni, i Mesi e tutte le parti del tempo.
Fetonte
lo interrogò e
Febo
, abbracciandolo, confermò di essere suo padre e gli offrì di scegliere qualunque dono avesse desiderato.
Fetonte
gli chiese di poter guidare per un giorno il carro del Sole.
Apollo
aveva giurato di esaudire il desiderio e non poteva quindi ritrattare la promessa ma tentò di dissuadere il figlio spiegandogli che non si trattava di impresa adatta ad un mortale.
Ma
Fetonte
non accettò di cambiare idea e
Febo
, suo malgrado, fu costretto ad accontentarlo e a dargli istruzioni sulla guida del carro.
Giunto il momento i quattro cavalli (
Eto, Piròo, Flegonte e Eoo
) scalpitarono impazienti di partire e non appena i cancelli si aprirono si lanciarono al galoppo, ma il carro era più leggero del solito e si scuoteva instabile nell'aria. Colto dal panico
Fetonte
fu incapace di guidare e si lasciò trasportare nella folle corsa attraverso il cielo, tra figure minacciose di enormi animali: lo scorpione lo terrorizzò ed il giovane lasciò cadere le briglie.
I cavalli corsero senza meta e senza freno e quando scesero troppo in basso la terra si incendiò. Mentre il fuoco distruggeva intere nazioni e prosciugava fiumi e mari la Terra si rivolse a
Giove
implorandolo di salvare l'universo.
Giove
intervenne fulminando
Fetonte
che precipitò in fiamme nell'
Eridano
dove fu trovato e sepolto dalle
Naiadi d'Esperia
.
Disperata
Climene
cercò le spoglie del figlio e quando le trovò levò il suo pianto insieme alle figlie
Faetusa
e
Lampezie
.
Le sorelle di
Fetonte
lo piansero tanto che furono trasformate in salici. Anche il re dei
Liguri
Cicno
, grande amico di
Fetonte
, si disperò per la perdita e fu mutato in cigno.
Addolorato
Apollo
minacciò di non guidare più il carro del sole ma tutti gli dei lo scongiurarono e lo stesso
Giove
si scusò per l'accaduto.
Apollo
richiamò i cavalli e li percosse, dando loro la colpa della fine del figlio.
Mentre controllava i danni prodotti dal fuoco,
Giove
notò una
ninfa
d'
Arcadia
armata per la caccia e si innamorò di lei. Assunse l'aspetto di
Diana
e l'avvicinò, prese a baciarla con crescente passione ed infine la violentò.
La
ninfa
era
Callisto
e faceva parte del corteggio di
Diana
. Dopo lo stupro tentò di dissimulare con le compagne ma una volta fu costretta a bagnarsi con loro e la nudità svelò la sua gravidanza.
Diana
la scacciò e
Giunone
, venuta a conoscenza dell'adulterio di
Giove
, trasformò
Callisto
in un'orsa, dopo che ebbe partorito un bambino che fu chiamato
Arcade
.
Quindici anni dopo
Arcade
stava per uccidere la madre durante una caccia, per impedirlo
Giove
trasformò madre e figlio rispettivamente nella costellazione dell'Orsa Maggiore e del Guardiano, con grande sdegno di
Giunone
.
Apollo
si innamorò di una fanciulla tessala di nome
Coronide
, figlia di
Flegias
. Dopo essersi unito a lei la affidò alla vigilanza del corvo, suo servitore che aveva allora il piumaggio candido.
Coronide
tradì
Apollo
con il giovane
Ischi
ed il corvo ne informò il dio. Furibondo
Apollo
uccise
Coronide
ma quando lei, agonizzando, gli rivelò di essere incinta se ne pentì.
Prima che il corpo di
Coronide
ardesse sulla pira,
Apollo
ne estrasse il feto che affidò al
centauro
Chirone
, quindi punì il corvo che lo aveva indotto a tanta ira facendo divenire nere le sue piume.
In effetti, prima di parlare con
Apollo
, il corvo era stato avvertito del pericolo da una cornacchia che aveva incontrato recandosi dal dio. Quella cornacchia era stata un'altra
Coronide
, figlia di
Coroneo
re della
Focide
, e la sua metamorfosi era opera di
Atena
che l'aveva mutata in uccello per salvarla dalla libidine di
Nettuno
.
Chirone
era fiero dell'incarico ricevuto ma sua figlia
Ociroe
, dotata di chiaroveggenza, lo avvertì che il bambino,
Esculapio
, sarebbe divenuto un grande medico ma arrivato a far risorgere i defunti sarebbe stato punito da
Giove
. Predisse anche la fine di
Chirone
ma le sue divinazioni violavano un divieto e per impedirle di continuare gli dei la trasformarono in una cavalla.
Mentre
Apollo
era pastore in
Elide
,
Mercurio
rubò il suo bestiame, quindi comprò il silenzio del vecchio mandriano
Batto
. Non fidandosi tornò da
Batto
dopo aver mutato aspetto e finse di essere il derubato promettendo al mandriano un premio in cambio di informazioni.
Batto
, tradendo la prima promessa, indicò dove era stato portato il bestiame rubato e
Mercurio
lo mutò in una pietra.
Mercurio
si innamorò di
Erse
, una delle tre figlie di
Cecrope
e si rivolse alla sorella di lei
Aglauro
chiedendole di favorire il suo amore, ma
Minerva
era adirata con
Aglauro
.
Qualche tempo prima, infatti,
Minerva
aveva respinto
Vulcano
e dal seme disperso di lui era nato dalla terra
Erittonio
, metà uomo e metà serpente.
Minerva
aveva affidato il neonato alle tre figlie di
Cecrope
proibendo loro di aprire la cesta che lo conteneva ma
Aglauro
aveva violato il divieto.
Per punirla
Minerva
ordinò all'Invidia di contagiare
Aglauro
con il suo veleno e, ovviamente la giovane arse d'invidia per l'amante divino di
Erse
; ma quando osò ostacolare il passo a
Mercurio
questi la trasformò in sasso.
Giove
assunse l'aspetto di un toro bianco, bellissimo e mansueto e prese a giocare con una fanciulla inducendola a salirgli in groppa, quindi entrò in mare portandola con se.
LIBRO TERZO
Giove
giunse a
Creta
con la fanciulla rapita, intanto il padre di lei
Agenore
ordinava al figlio
Cadmo
di cercarla ovunque.
Cadmo
non trovò
Europa
e venne esiliato, l'oracolo di
Apollo
lo istruì: avrebbe incontrato una giovenca, avrebbe dovuto seguirla e fondare una città nel luogo dove l'animale si fosse fermato.
Cadmo
eseguì, ma quando ebbe trovato il luogo un enorme serpente fece strage dei suo compagni che erano andati in cerca dell'acqua per i sacrifici.
Dopo una terribile lotta,
Cadmo
trafisse il serpente.
Si manifestò
Minerva
ed ordinò a
Cadmo
di seminare i denti del drago. Subito ne nacquero dei giovani guerrieri che presero a combattersi fra loro finché non ne rimasero che cinque, fra i quali
Echione
.
I cinque superstiti aiutarono
Cadmo
a costruire
Tebe
.
Cadmo
visse nella città da lui fondata, sposò la figlia di
Marte
e
Venere
(
Armonia
) ed ebbe figli e nipoti. Ma il fato non gli riservava una vecchiaia felice. Il primo dolore venne dalla morte di suo nipote
Atteone
. Questi, cercando refrigerio nel bosco dopo la caccia, in un torrido giorno d'estate, involontariamente scorse
Diana
prendere il bagno nuda in compagnia delle sue ancelle. Non avendo vicine le frecce
Diana
lo spruzzò con l'acqua in cui si stava bagnando e
Atteone
venne trasformato in cervo e, poco dopo, fu dilaniato dalla muta dei suoi cani.
Gelosa dell'amore di
Giove
per
Semele
figlia di
Cadmo
,
Giunone
assunse le sembianze di
Beroe
, la nutrice della giovane, e la convinse a chiedere a
Giove
la prova della sua identità mostrandosi nel suo vero aspetto.
Semele
chiese a
Giove
di esaudire un suo desiderio ed il dio giurò di accontentarla e quando l'amante gli disse cosa voleva suo malgrado fu costretto a palesarsi.
Semele
fu bruciata viva dalla visione.
Giove
salvò il feto dal suo grembo e, poiché non era ancora maturo, se lo fece cucire in una coscia.
Quando fu tempo estrasse il neonato e lo affidò a
Ino
, sorella di
Semele
.
Dopo aver fatto l'amore, una volta,
Giove
e
Giunone
discussero fra loro quale fra l'uomo e la donna provi maggior piacere. Chiamarono come arbitro
Tiresia
che avendo colpito due serpenti magici era stato trasformato in donna per sette anni e quindi avrebbe potuto giudicare con cognizione di causa.
Tiresia
disse che il piacere femminile è maggiore, dando ragione a
Giove
e facendo adirare
Giunone
che lo rese cieco. Per compensarlo
Giove
fece di lui un indovino.
La
ninfa
Liriope
fu violentata dal fiume
Cefiso
e partorì un bambino che fu chiamato
Narciso
.
Cresciuto,
Narciso
era di incomparabile bellezza e desiderato dai giovani di ambo i sessi, ma respingeva ogni profferta amorosa. Respinse anche la
ninfa
Eco
che aveva la caratteristica di rispondere sempre ripetendo le ultime parole che le erano state rivolte. Questo bizzarro destino le era toccato per volontà di
Giunone
che aveva scoperto che
Eco
avvertiva le
ninfe
corteggiate da
Giove
all'avvicinarsi di estranei durante i loro convegni amorosi.
Narciso
rimase dunque insensibile all'amore fin quando non vide se stesso riflesso nelle limpide acque di una fonte. La sua passione crebbe al punto che, come aveva predetto
Tiresia
, morì di consunzione, compianto da
Eco
. Il suo cadavere fu mutato nel fiore che da lui prese il nome.
Il re di
Tebe
Penteo
, figlio di
Echione
e di
Agave
, derise
Tiresia
non credendo alle sue divinazioni e l'indovino gli predisse un orribile destino.
Quando giunsero a
Tebe
i seguaci del nuovo culto di
Bacco
,
Penteo
ne fu contrariato e proibì ai
Tebani
di partecipare ai riti dionisiaci. Fece arrestare ed interrogò uno dei fedeli del corteo che rivelò di chiamarsi
Acete
e di essere stato il timoniere di una nave pirata.
Quando i suoi compagni avevano rapito il giovane
Bacco
questi li aveva tramutati in delfini, tutti tranne lui perché si era opposto al rapimento.
Penteo
non credette alla storia di
Acete
ed ordinò di giustiziarlo.
Acete
fu gettato in carcere in attesa dell'esecuzione ma le sue catene si sciolsero prodigiosamente da sole, intanto la madre di
Penteo
Agave
e le sue sorelle
Ino
e
Autonoe
impazzirono per volere del dio e quando
Penteo
si recò nel luogo dei loro riti lo scambiarono per una belva feroce, lo uccisero dilaniando il suo corpo.
LIBRO QUARTO
Tiresia
ordinò di celebrare i riti di
Bacco
ma le figlie di
Minia
rifiutarono e rimasero in casa a filare. Durante il lavoro una di loro,
Alcitoe
, raccontò alle sorelle il mito di
Piramo e Tisbe
.
Erano due giovani babilonesi che abitavano in case contigue e si conoscevano dall'infanzia. Innamorati ma ostacolati dalla famiglia, dopo aver parlato a lungo di nascosto tramite una fessura in un muro, decisero la fuga. Nel luogo convenuto per l'incontro
Tisbe
giunse per prima ed incontrò una leonessa con la bocca insanguinata per aver sbranato un vitello. Si salvò ma perse il mantello che venne lacerato e sporcato di sangue dalla belva. Sopraggiunse
Piramo
: trovando il velo insanguinato credette
Tisbe
morta e si uccise, al suo ritorno
Tisbe
vedendo il cadavere di
Piramo
si uccise a sua volta. Dopo la loro morte le famiglie abbandonarono gli antichi rancori e li seppellirono insieme.
Terminato il racconto di
Alcitoe
, la sorella
Leuconoe
narra l'episodio dell'adulterio commesso da
Venere
e
Marte
ai danni di
Vulcano
. Fu il Sole a denunciare gli amanti al marito tradito e
Venere
punì provocando il suo infelice amore con
Leucotoe
, figlia del re di
Babilonia
Orcano
e di
Eurinome
.
Febo
, assumendo l'aspetto della madre di lei, si introdusse nella casa di
Leucotoe
e la sedusse. Per invidia la
ninfa
Clizia
, a sua volta innamorata di
Febo
, denunciò il fatto a
Orcano
che seppellì viva
Leucotoe
.
Febo
tentò di salvarla ma non potendo contrastare il destino la trasformò nell'albero dell'incenso.
Da allora
Febo
non volle più vedere
Clizia
la quale trascorse i suoi giorni seguendo con lo sguardo il percorso del sole finché, consunta dal dolore, venne trasformata in girasole.
Al termine della narrazione di
Leuconoe
riprese a parlare
Alcitoe
accennando ai miti del pastore
Dafni
mutato in pietra, di
Sitone
nato donna e divenuto uomo, di
Celmi
mutato in diamante, dei
Cureti
, di
Smilace e Croco
e finalmente passò a raccontare la novella della
ninfa
Salmacide
che si innamorò di
Ermafrodito
, figlio di
Ermes
ed
Afrodite
, e vedendolo bagnarsi in un lago si strinse a lui per non più separarsene finché i due corpi divennero uno solo.
Ermafrodito
ottenne dai suoi genitori che le acque di quel lago fossero fatali per la virilità di chi vi si bagna.
Finiti i racconti ed il lavoro le sorelle riposero i loro strumenti ma i tessuti divennero tralci di vite e di edera, un incendio avvampò e le fanciulle terrorizzate fuggirono lontano dal fuoco cercando il buio e divennero pipistrelli.
Gelosa di
Semele
,
Giunone
non tollerava l'ascesa di
Bacco
. Voleva distruggere la stirpe di
Cadmo
; scese quindi negli
Inferi
per scatenare le
Erinni
contro
Atamante
, marito di
Ino
.
Tisifone
raggiunse la reggia di
Atamante
ed
Ino
e scagliando contro di loro due serpenti della sua chioma li fece impazzire.
Atamante
strappò dalle braccia di
Ino
il figlioletto
Learco
e lo uccise,
Ino
corse a gettarsi in mare con il figlio
Melicerte
.
Pregato da
Venere
,
Nettuno
trasformò la madre ed il figlio in divinità del suo corteggio chiamandoli rispettivamente
Leucotea
e
Palemone
.
Infine
Giunone
volle colpire anche le compagne di
Ino
trasformandole in parte in pietre ed in parte negli uccelli detti imenidi.
Cadmo
ed
Armonia
ignoravano la deificazione di
Ino
e
Melicerte
, vinti dal dolore vagarono a lungo finché non giunsero in
Illiria
. Qui
Cadmo
ricordò il serpente che aveva ucciso tanto tempo prima e lo suppose di natura divina, spiegando con quell'uccisione la causa di tante disgrazie che colpivano la sua famiglia. Fu allora che iniziò la metamorfosi che rapidamente lo trasformò in serpente.
Il grande rettile rimase accanto ad
Armonia
che accarezzandolo pregava di essere trasformata a sua volta e venne esaudita.
Anche
Acrisio
re di
Argo
negava la natura divina di
Bacco
così come non credeva che sua figlia
Danae
fosse stata amata da
Giove
, ma quando venne a conoscenza delle imprese del nipote
Perseo
dovette ricredersi.
Dopo aver ucciso
Medusa
,
Perseo
raggiunse la sede di
Atlante
ma questi lo scacciò e
Perseo
, mostrandogli la testa di
Medusa
, lo trasformò nel monte che porta il suo nome.
Volando
Perseo
vide
Andromeda
legata ad una rupe sul mare. Colpito dalla sua bellezza scese a parlarle e volle conoscere il motivo della sua punizione.
Non appena la vergine gli ebbe narrato la sua storia (la madre
Cassiopea
aveva offeso
Posidone
sostenendo che
Andromeda
fosse più bella delle
Nereidi
), dal mare giunse il mostro mandato dal dio.
A
Cassiopea
e
Cefeo
che guardavano impotenti e disperati avanzare la belva,
Perseo
promise di salvare
Andromeda
a condizione di poterla sposare e subito si innalzò in volo per ricadere sul mostro e colpirlo più volte con la spada.
Infine, dopo una terribile lotta, la belva fu abbattuta e
Perseo
offrì sacrifici agli dei fra il giubilo di
Andromeda
e dei suoi genitori.
Durante il banchetto nuziale,
Perseo
narrò l'uccisione di
Medusa
e di come questa fosse stata un tempo una bellissima giovane, quando fu violata da
Posidone
nel tempio di
Minerva
la dea fece nascere la sua chioma di serpenti.
LIBRO QUINTO
I caduti della lotta fra
Perseo
e
Fineo
Nemici di
Perseo
:
Reto
Atis
Licabante
Forbante
Anfimedonte
Erito
Polidemone
Abari
Liceto
Flegia
Elice
Climeno
Pedaso
Alcioneo
Pelate
(ucciso da
Abante
)
Clito e Clani
Celadone
Astreo
Ezione
Toatte
Ipseo
Agirte
Echemmone
Amici di
Perseo
:
Odite
Protoenore
Brotea e Ammone
Ampico
Lincide
Licorma
Melaneo
Dorila
Neutrali:
Ida
Emazione
Lampetide
Durante il banchetto nuziale
Fineo
, fratello di
Cefeo
e promesso sposo di
Andromeda
, tentò di uccidere
Perseo
il quale nella lotta uccise involontariamente
Reto
scatenando l'ira dei
Cefeni
. Morirono molti guerrieri (vedi riquadro) e cadde anche
Emazione
che, troppo vecchio per combattere rampognava i duellanti.
Vedendosi sopraffatto dalla moltitudine,
Perseo
ricorse al volto di
Medusa
e più di duecento avversari rimasero pietrificati.
Fineo
implorò pietà ma
Perseo
, costringendolo a guardare il volto di
Medusa
, lo trasformò per sempre nella statua di un uomo che supplica.
Tornato in patria
Perseo
pietrificò anche
Preto
per vendicare la morte di
Acrisio
, e
Polidette
re di
Serifo
, suo nemico.
Minerva
fece visita alle
Muse
per vedere la fonte aperta dallo zoccolo di
Pegaso
, nato dal sangue di
Medusa
.
Una
musa
raccontò alla dea l'oltraggio di
Pireneo
che, con il pretesto di offrire riparo da un temporale, aveva tentato di catturare le
Muse
. Quando queste fuggirono mutandosi in uccelli,
Pireneo
tentò di imitarle e si sfracellò al suolo. Sopraggiunsero nove piche e le
Muse
spiegarono a
Minerva
che si trattava delle figlie di
Piero
e di
Evippe
che avevano osato sfidarle.
Una di loro aveva aperto la gara cantando le gesta di
Tifeo
ed il terrore degli dei che si erano trasformati in animali per sfuggirgli.
Le rispose
Calliope
cantando di come
Venere
abbia ordinato a
Cupido
di far innamorare
Plutone
di
Proserpina
.
Plutone
sorprese
Proserpina
mentre coglieva fiori su un prato in
Sicilia
. La
ninfa
Ciane
che tentò di fermarlo fu mutata in una fonte.
Cerere
prese a cercare dovunque, notte e giorno, la figlia. Giunta per caso presso a una capanna chiese da bere alla vecchia che vi abitava e quella le offrì una bevanda in cui aveva versato polenta. Mentre la dea si dissetava un ragazzo la derise chiamandola ingorda e fu tramutato in un geco.
Tornata in
Sicilia
Cerere
scoprì la cintura della figlia nelle acque della fonte di
Ciane
. Adirata infranse gli aratri e rese sterile la
Sicilia
.
Aretusa
,
ninfa
mutata in fonte nell'isola di
Ortigia
a
Siracusa
, le svelò che nel compiere il tratto sotterraneo del suo percorso aveva visto
Proserpina
divenuta sposa di
Plutone
.
Cerere
si rivolse a
Giove
pregandolo per la restituzione della figlia.
Giove
, pur assicurandole che
Plutone
ha rapito
Proserpina
per amore e non per ingiuria e considerando che si tratta comunque di uno degli dei maggiori, acconsentì a far tornare la fanciulla dalla madre a condizione che non avesse toccato cibo negli
Inferi
, come stabilivano le
Parche
.
Ma il demone
Ascalafo
(che per questo fu mutato da
Cerere
in barbagianni) rivelò che
Proserpina
aveva mangiato sette grani di melograna.
Allora
Giove
decise che
Proserpina
trascorra sei mesi ogni anno con lo sposo e sei con la madre.
Ritrovata la figlia,
Demetra
volle conoscere la storia di
Aretusa
la quale raccontò di essere divenuta fonte per prodigio di
Diana
che aveva invocato per sfuggire alla lussuria di
Alfeo
.
Diana
l'aveva così accontentata ed il suo corso sotterraneo, che ha inizio nell'
Elide
, trovò sbocco ad
Ortigia
.
Cerere
donò a
Trittolemo
un carro trainato da serpenti alati con il quale seminare il grano su tutta le terra.
Quando
Trittolemo
giunse alla reggia di
Linco
questi, per invidia, tentò di ucciderlo e di impadronirsi del carro ma
Cerere
lo mutò in lince.
Concluso il canto di
Calliope
, le
ninfe
chiamate ad arbitrare la gara assegnarono la vittoria alle
Muse
ma le sfidanti non smisero di dileggiare le vincitrici. Allora le
Muse
, adirate, le trasformarono in gazze.
LIBRO SESTO
I racconti delle
Muse
riportarono alla memoria di
Minerva
la storia di
Aracne
che osò sfidarla nell'arte di tessere. Prima di accettare la sfida la dea era apparsa ad
Aracne
con aspetto di vecchia per consigliarle di cambiare atteggiamento e chiedere perdono ma, di fronte all'arroganza della donna, si era manifestata ed aveva accettato di competere con lei.
Nella sua tela
Pallade
ricamò la scena della propria sfida con
Nettuno
al cospetto dei
dodici dei
per la consacrazione di
Atene
e, nei contorni, le storie di
Rodope
e
Emo
mutati in montagne, della regina dei Pigmei che divenne una gru per aver sfidato
Giunone
, di
Antigone
mutata in uccello e di
Cinira
che perse le figlie.
Completata la tela la dea ne guarnì i bordi raffigurando l'olivo a lei sacro.
Nella tela di
Aracne
si vedeva
Europa
rapita dal toro,
Asteria
che si trasformava in aquila,
Leda
che giace col cigno e
Giove
in forma di pioggia dorata con
Danae
, come fuoco con
Egina
, come pastore con
Mnemosine
, serpente con
Proserpina
. Quindi
Nettuno
con
Arne
,
Ifimedia
,
Teofane
; le ierogamie di
Apollo
, di
Bacco
e di
Saturno
. Il lavoro era guarnito di edera e fiori.
Il lavoro di
Aracne
era perfetto ma il tema scelto fece adirare
Minerva
che colpì la rivale con la spada e le strappò la tela. Non tollerando l'affronto
Aracne
si impiccò ma
Minerva
la salvò e la trasformò in un ragno perché per sempre debba filare le sue tele perfette.
L'esempio di
Aracne
non educò la sua compaesana
Niobe
che pure un tempo l'aveva conosciuta. Figlia di
Tantalo
e moglie del re di
Tebe
Anfione
, costei osò vantarsi di avere sette figli e sette figlie mentre
Latona
aveva procreato soltanto
Diana
e
Apollo
.
Offesa
Latona
si rivolse ai suoi figli ed
Apollo
con le sue frecce trafisse tutti i figli di
Niobe
(
Ismeno
,
Sipilo
,
Fedimo
,
Tantalo
,
Alfenore
,
Damasictone
,
Ilioneo
).
Anfione
si suicidò, vinto dal dolore.
Niobe
, dimessa ogni superbia, piangeva sulle spoglie dei figli, tuttavia invocando
Latona
ricordò che le rimanevano ancora sette figlie e che quindi superava ancora di molto la dea.
Allora le frecce di
Diana
in pochi istanti tolsero la vita a tutte le figlie di
Niobe
.
La madre divenne di pietra e fu trasportata sul
Sipilo
, suo luogo d'origine.
Quanti assistettero a questi eventi ricordarono quando
Latona
con i figli ancora lattanti era giunta in
Lidia
ed aveva voluto dissetarsi in uno stagno. Alcuni coloni volevano impedirglielo e nonostante le sue miti preghiere avevano malignamente intorbidito lo stagno saltandoci dentro. La collera della dea li aveva trasformati in rane.
Fu ricordato anche
Marsia
scorticato da
Apollo
ed il fiume di
Frigia
che porta il suo nome, nato dalle lacrime dei
fauni
, delle
ninfe
e dei pastori che compiangevano il
satiro
.
Mentre tutti piangevano per
Anfione
e i suoi figli
Niobe
era compianta soltanto dal fratello
Pelope
che mostrava la spalla rifatta in avorio dagli dei dopo che il padre lo aveva smembrato.
Alle esequie vennero persone da tutta la
Grecia
, mancavano soltanto gli
Ateniesi
, impossibilitati dalla guerra contro i barbari che li attaccavano. Li vinse
Tereo
re di
Tracia
.
Tereo
aveva sposato
Procne
figlia di
Pandione
che dopo cinque anni gli chiese di poter rivedere la sorella
Filomela
.
Tereo
si recò a
Tebe
per prendere
Filomela
ma quando la vide se ne innamorò.
Pandione
acconsentì controvoglia a lasciar partire la figlia e fece giurare a
Tereo
che gliela avrebbe presto riportata.
Tereo
non portò
Filomela
dalla sorella ma la rinchiuse in una grotta e la violentò. Poiché la cognata minacciava di denunciare a tutti il misfatto le mozzò la lingua.
Continuò a tenerla prigioniera per abusarne di tanto in tanto e fece sapere a
Procne
che
Filomela
era morta.
Un anno dopo
Filomela
ricamò la sua storia su una tela e, tramite un'ancella, riuscì a farla avere a
Procne
.
Meditando la vendetta
Procne
approfittò della confusione delle feste di
Bacco
per liberare
Filomela
e nasconderla a
Tereo
, quindi le promise che lo stupratore sarebbe stato punito.
Procne
uccise il figlio
Iti
e ne servì le carni al marito, quando quello ebbe mangiato gli rivelò la natura dell'orribile pasto.
Tereo
furioso sguainò la spada per uccidere la moglie e la cognata e mentre le inseguiva furono trasformati:
Tereo
in upupa,
Filomela
in rondine e
Procne
in usignolo.
Pandione
morì di dolore ed il governo dell'
Attica
passò ad
Eretteo
.
Tereo
con i
Traci
aveva combattuto
Borea
. Questi si era innamorato di
Orizia
figlia di
Eretteo
ma non era riuscito a sedurla con le sue preghiere, decise perciò di prenderla con la forza.
Nacquero così
Calai e Zete
che parteciparono all'impresa degli
Argonauti
.
LIBRO SETTIMO
Quando gli
Argonauti
giunsero in
Colchide
, la figlia del re
Medea
si innamorò di
Giasone
e decise di aiutarlo a superare le prove imposte da
Eeta
per la consegna del
Vello d'Oro
.
Giasone
giurò a
Medea
che l'avrebbe sposata e
Medea
preparò per lui misteriose pozioni che gli permisero di affrontare incolume i tori dagli zoccoli di bronzo ed aggiogarli per tracciare i solchi nei quali seminare denti di drago.
Ne nacquero dei guerrieri già completamente armati che si volsero contro
Giasone
ma quando questi scagliò un masso fra di loro presero a colpirsi reciprocamente finchè non perirono tutti.
Giasone
prese il
Vello d'Oro
addormentando con una pozione di
Medea
il drago che lo custodiva e tornò a
Iolco
con la maga.
A
Iolco
Giasone
la pregò di aiutare il padre
Esone
che stava morendo di vecchiaia. L'eroe si disse disposto a cedere al padre parte dei suoi anni ma
Medea
promise di fare di meglio e per nove giorni e nove notti vagò su un magico carro in cerca di erbe speciali con cui preparare i suoi filtri magici.
Con un filtro ed un rito misterioso rese la giovinezza ad
Esone
, lo seppe
Dioniso
e pregò la maga di fare altrettanto con le sue nutrici.
Fingendo di voler far ringiovanire
Pelia
,
Medea
convinse le sue figlie ad ucciderlo.
In seguito
Medea
fu a
Corinto
dove vendicò orribilmente l'infedeltà di
Giasone
, quindi fuggì ad
Atene
dove divenne moglie di
Egeo
. Tentò di avvelenare
Teseo
, figlio di
Egeo
, con un filtro fatto con l'aconito che si dice sia nato dalla bava di
Cerbero
. Lo stesso
Egeo
che non aveva riconosciuto il figlio appena tornato da una guerra e lo credeva un nemico stava per propinargli il veleno ma all'ultimo momento
Egeo
riconobbe l'elsa d'avorio della spada del figlio e sventò il piano della maga.
Medea
si salvò fuggendo, avvolta da magiche nebbie. Durante i festeggiamenti che seguirono per la salvezza di
Teseo
si brindò alle gesta dell'eroe.
Ma la letizia di
Egeo
non era destinata a durare:
Minosse
re di
Creta
stava infatti per muovere guerra ad
Atene
per vendicare la morte del figlio
Androgeo
.
In cerca di alleanze,
Minosse
si era rivolto anche a
Eaco
, signore di
Egina
, ma questi aveva rifiutato di combattere contro gli
Ateniesi
cui era unito da antica amicizia.
Infatti quando presso
Eaco
giunse
Cefalo
messaggero di
Atene
il re mise a disposizione ogni possibile risorsa.
Eaco
raccontò la grande pestilenza che
Giunone
aveva mandato su
Egina
e come
Giove
, commosso dalle preghiere dello stesso
Eaco
, aveva ripopolato l'isola trasformando le formiche in esseri umani che formarono il popolo dei
Mirmidoni
.
Eaco
ordinò che si preparasse un esercito per soccorrere
Atene
, quindi offrì un banchetto in onore di
Cefalo
.
L'indomani
Cefalo
narrò la sua triste storia. Era stata sua moglie
Procri
, figlia di
Eretteo
e sorella di
Orizia
, ed i due sposi si erano amati teneramente.
Un giorno
Aurora
si era invaghita di
Cefalo
che l'aveva respinta per fedeltà verso
Procri
. La dea gli aveva proposto di mettere alla prova la sposa, lo aveva reso irriconoscibile e lo aveva dotato di ricchi doni da offrire alla giovane.
Cefalo
aveva a lungo tentato
Procri
e quando l'aveva vista sul punto di cedere si era rivelato.
Procri
era fuggita lontano ma dopo qualche tempo i due si erano riconciliati.
Durante la sua assenza
Procri
aveva incontrato
Diana
che le aveva donato una lancia che non si poteva evitare ed un cane che nessun animale poteva sfuggire.
Procri
aveva ceduto i due doni al marito ma un giorno, insospettita per un malinteso lo aveva spiato durante una battuta di caccia. Sentendosi osservato
Cefalo
aveva pensato ad una bestia ed aveva scagliato la lancia fatale uccidendo la moglie.
LIBRO OTTAVO
Cefalo
tornò ad
Atene
con gli aiuti ottenuti ma intanto
Minosse
aveva assediato
Megara
.
Questa città era retta da
Niso
il quale aveva un capello purpureo alla cui conservazione il fato legava la salvezza del regno.
Scilla
, figlia di
Niso
, osservando
Minosse
dalle mura di
Megara
se ne innamorò, tagliò il capello del padre e lo portò a
Minosse
offrendogli la città ed il suo amore, ma
Minosse
, inorridito per il tradimento, rifiutò il dono, la respinse e la maledisse.
Vedendo partire
Minosse
, la giovane si gettò a mare e si aggrappò alla poppa della nave ma il padre, nel frattempo mutato in aquila, la artigliò e portatala in alto la lasciò andare. Durante la caduta
Scilla
divenne a sua volta un airone.
A
Creta
dalla libidine di
Pasifae
era nato il
Minotauro
.
Minosse
ordinò che fosse rinchiuso in un tenebroso edificio che fece costruire da
Dedalo
e nutrito con il tributo di sangue pagato dagli
Ateniesi
.
Il terzo anno
Teseo
uccise il mostro e ritrovò l'uscita con l'aiuto di
Arianna
figlia di
Minosse
che poi abbandonò sull'isola di
Nasso
.
La trovò
Bacco
che la volle con se e toltole il serto che portava sulla fronte lo lanciò in cielo dove divenne una costellazione.
Minosse
non lasciava partire
Dedalo
che volendo tornare in patria ideò le ali fatte di piume e cera di cui munì se stesso ed il figlio
Icaro
. Ma durante il volo
Icaro
fu affascinato dal cielo e dimenticando le raccomandazioni del padre salì troppo in alto: il sole sciolse la cera che teneva insieme le ali ed il fanciullo precipitò sul mare che da lui prese il nome di
Icario
.
Dedalo
recuperò le spoglie del figlio e mentre dava loro sepoltura una pernice su un ramo cantava soddisfatta. Si trattava di un nipote e discepolo di
Dedalo
, inventore della sega e del compasso che un giorno
Dedalo
aveva ucciso per invidia facendolo precipitare da una rupe ma
Atena
lo aveva salvato e trasformato in pernice.
La fama di
Teseo
vincitore del
Minotauro
si sparse per tutta la
Grecia
e gli abitanti di
Calidone
lo supplicarono di aiutarli contro il feroce
cinghiale
mandato da
Diana
per vendicare l'offesa di essere stata dimenticata nei sacrifici.
Per catturare la belva fu convocato uno stuolo di eroi:
Meleagro
,
Castore e Polluce
,
Giasone
,
Teseo
e
Piritoo
, i figli di
Testio
e quelli di
Afareo
,
Linceo
,
Ida
,
Ceneo
,
Leucippo
,
Acasto
,
Ippotoo
,
Driante
,
Fenice
, i
figli di Attore
,
Fileo
,
Telamone
,
Peleo
,
Admeto
,
Iolao
,
Eurizione
,
Echione
,
Lelege
,
Panopeo
,
Illo
,
Ippaso
,
Nestore
,
Ippocoonte
,
Anceo
,
Mopso
,
Laerte
,
Anfiarao
ed
Atalanta
della quale si innamorò subito
Meleagro
.
La caccia al
cinghiale
risultò molto difficile ed i colpi che non andavano a vuoto erano resi vani dall'intervento di
Diana
.
Il
cinghiale
uccise
Eupalamonte
,
Plagone
,
Enesimo
, Si salvò a stento
Nestore
. Quando stava per essere colpito da
Castore e Polluce
la belva fuggì nascondendosi fra la vegetazione.
Infine una freccia di
Atalanta
riuscì a ferire gravemente il
cinghiale
con grande gioia di
Meleagro
e grande invidia degli altri cacciatori. Uno di questi di nome
Anceo
, per non essere da meno, si esibì nel colpire la bestia con una bipenne ma il
cinghiale
fu più veloce e lo uccise con un morso all'addome.
Analoga sorte stava per toccare a
Piritoo
ma la lancia di
Meleagro
finì il
cinghiale
.
Il vincitore volle condividere la gloria con
Atalanta
che per prima aveva colpito la preda, cedendole le spoglie del
cinghiale
con grande disappunto di tutti.
Meleagro
venne alle mani con i figli di
Testio
ed uccide
Plesippo
e
Tocseo
.
Alla nascita di
Meleagro
le
Parche
avevano predetto che sarebbe vissuto quanto un tizzone che ardeva nel fuoco. La madre
Altea
aveva tolto il tizzone dal fuoco e lo aveva conservato in un luogo segreto. Ma
Altea
era la sorella degli uccisi e quando venne a sapere dell'accaduto decise di vendicare i fratelli.
Dopo una lotta interiore fra amore fraterno ed amore materno, lotta che
Ovidio
descrive magistralmente, la sorella prevalse sulla madre ed
Altea
gettò il tizzone nel fuoco.
Inconsapevole ed assente
Meleagro
sentì il dolore del fuoco che gli ardeva nel petto e spirò dopo un'atroce agonia.
Durante le esequie di
Meleagro
Altea
si suicidò e le sorelle, ad eccezione di
Deianira
, consunte dal pianto furono mutate in uccelli da
Diana
.
Tornando ad
Atene
dopo la caccia al
cinghiale caledonio
,
Teseo
fu ospitato con alcuni compagni da
Acheloo
. Il nume fluviale indicò le isole
Echinadi
, prossime alla sua foce, e raccontò che erano state
ninfe
che avevano dimenticato di onorarlo nei sacrifici. Offeso
Acheloo
le aveva travolte in mare.
Un'altra isola era stata
Perimele
figlia di
Ippodamante
, sedotta da
Acheloo
era stata gettata in mare dal padre.
Acheloo
l'aveva salvata ed aveva pregato
Nettuno
di aiutarla. Il dio l'aveva mutata in isola.
Piritoo
derise
Acheloo
dubitando di quanto aveva raccontato. Per dimostrargli l'onnipotenza degli dei,
Lelege
, anziano compagno di
Teseo
, gli raccontò la storia di
Bauci e Filemone
.
Un giorno
Giove
e
Mercurio
vagarono nella
Frigia
con sembianze umane. Quando cercarono ospitalità ne trovarono solo presso l'anziana
Bauci
ed il marito
Filemone
. I due vecchietti avevano trascorso insieme la vita nella loro capanna consolandosi reciprocamente della povertà.
Bauci e Filemone
accolsero cordialmente i loro visitatori ed offrirono loro cibi semplici e calore umano. Quando videro che il vino che versavano non aveva mai fine si resero conto della natura divina degli ospiti e presero a scusarsi per la modestia della loro mensa. Ma i due dei dissero loro di voler punire i vicini che non li avevano accolti e li fecero allontanare dalla capanna. Quando i due vecchi si volsero indietro videro tutte le case sommerse da un'alluvione, tranne la loro che era stata trasformata in uno splendido tempio. A
Giove
che offriva loro di esaudire un desiderio chiesero di diventare sacerdoti in quel tempio e di poter morire insieme.
Così fu e dopo aver servito gli dei fino al momento di morire,
Bauci e Filemone
furono contemporaneamente trasformati in alberi mentre pronunciavano insieme un ultimo addio.
Acheloo
raccontò a sua volta di
Proteo
e della sua capacità di mutare di forma ogni volta che vuole, narrò quindi del sacrilego
Erisittone
che, in spregio agli dei, volle abbattere una quercia sacra in cui viveva una
ninfa
.
Per punirlo
Cerere
istigò contro di lui la Fame e
Erisittone
divenne insaziabile e quando ebbe divorato il patrimonio paterno volle vendere come schiava la figlia
Mestra
. Questa era amata da
Posidone
che le donò il potere di trasformarsi.
In un primo momento
Mestra
ingannò il padre assumendo l'aspetto di un pescatore ma poi accettò di farsi vendere più volte al mercato e, mutando sembianze, sempre fuggiva dal compratore. Con questo espediente
Erisittone
riuscì a nutrirsi ancora per qualche tempo ma infine morì divorando se stesso.
LIBRO NONO
Anche
Acheloo
era dotato di facoltà metamorfiche e raccontò ai suoi ospiti come non gli giovarono quando lottò con
Ercole
per la mano di
Deianira
.
Al termine di una lunga lotta durante la quale
Acheloo
aveva assunto prima la forma di serpente e poi quella di toro, fu atterrato da
Ercole
che gli spezzò un corno.
Riempiendolo di frutta e di fiori le
Naiadi
fecero di quel corno la
Cornucopia
, simbolo dell'abbondanza.
L'unico danno subito da
Acheloo
, nota
Ovidio
, fu la perdita del corno, peggiore fu la perdita del
centauro
Nesso
che osò tentare il rapimento di
Deianira
.
Con il pretesto di aiutarla a guadare un fiume,
Nesso
aveva fatto salire sulla sua groppa
Deianira
ma giunto all'altra sponda era fuggito al galoppo. Lo aveva fermato una freccia di
Ercole
avvelenata con il sangue dell'
Idra
.
Prima di morire
Nesso
aveva dato la propria veste insanguinata a
Deianira
dicendole che aveva i poteri di un filtro d'amore.
Quando
Deianira
seppe che
Ercole
aveva preso
Iole
con se arse di gelosia e per riconquistarlo gli fece indossare la veste di
Nesso
.
Il potente veleno attaccò immediatamente le membra di
Ercole
,
Ovidio
immagina una tremenda agonia nella quale l'eroe, folle di dolore, fugge fra i boschi, incontra l'araldo
Lica
che gli aveva portato la veste fatale e lo scaglia in mare dove viene mutato dagli dei in uno scoglio dalla forma umana.
Infine
Ercole
morì sul rogo dove le fiamme divorarono quanto di lui vi era di umano e
Giove
lo trasse all'
Olimpo
quale dio fra gli dei.
Come ordinato dal padre
Illo
sposò
Iole
e questa divenne amica di
Alcmena
che le narrò del suo parto: lo aveva complicato
Giunone
che assunto aspetto umano si era seduta alla porta incrociando le gambe e le dita, questo gesto magico impediva la nascita. L'astuta ancella
Galantide
si insospettì e, fingendo che il parto fosse già avvenuto, ne diede notizia alla sconosciuta visitatrice. Per lo stupore
Giunone
balzò in piedi e così facendo sciolse l'incantesimo ed
Ercole
riuscì a nascere.
Giunone
punì
Galantide
trasformandola in nottola, animale che si credeva partorisse dalla bocca.
A sua volta
Iole
raccontò della sorella
Driope
che, dopo essere stata sedotta da
Apollo
, sposò
Andremone
e partorì
Anfisso
(figlio di
Apollo
).
Un giorno colse dei fiori di loto da dare per gioco al bambino ma la pianta sanguinò. Si trattava della
ninfa
Lotide
mutata in loto per sfuggire alla libidine di
Priapo
. Poco dopo anche
Driope
cominciò a trasformarsi in loto e fece solo in tempo a dire addio al padre, al marito e alla sorella, raccomandando loro di accudire il bambino.
Mentre
Alcmena
e
Iole
discorrevano giunse
Iolao
, miracolosamente ringiovanito. Il prodigio era stato operato da
Ebe
su preghiera di
Ercole
e
Temi
aveva predetto che
Giove
avrebbe compiuto un prodigio analogo per rendere adulti i bambini figli di
Alcmeone
e
Calliroe
affinché vendicassero la morte del padre.
I due prodigi fecero ingelosire gli dei che chiesero altrettanto a
Giove
per i loro protetti, Ma
Giove
dovette rispondere che solo il fato può tanto, il fato a cui anche egli soggiace e che gli impedì di restituire vigore all'ormai vecchio
Minosse
quando non ebbe il coraggio di fronteggiare
Mileto
, figlio di
Apollo
.
Mileto
lasciò
Creta
e giunse in
Asia
dove fondò la città che da lui prese il nome. Amando la
ninfa
Cianea
, figlia di
Meandro
, fu padre di
Cauno
e di
Bibli
.
La giovane
Bibli
si innamorò del fratello ed
Ovidio
descrive i suoi dubbi, i suoi tormenti ed infine la sofferta decisione di dichiarare il proprio amore a
Cauno
tramite una lettera.
Inorridito
Cauno
scacciò il servo latore della lettera ma
Bibli
decise di non desistere.
Cauno
la respinse più volte ed infine partì per sfuggirla. Folle di dolore
Bibli
lo inseguì a lungo piangendo e quando cadde affranta fu trasformata in una fonte che ancora porta il suo nome.
Intanto a
Creta
avveniva un'altra prodigiosa metamorfosi: un certo
Ligdo
, uomo religioso ma povero, aveva deciso che se la moglie
Teletusa
avesse partorito una femmina avrebbe dovuto sopprimerla non potendo permettersi di mantenerla. In effetti
Teletusa
ebbe una bambina ma, consigliata da
Iside
apparsale in sogno, la allevò facendo credere al marito che si trattasse di un maschio.
La neonata ebbe nome
Ifide
e quando crebbe fu fidanzata alla coetanea
Iante
. Le due fanciulle si innamorarono ma
Ifide
e
Teletusa
, sapendo la verità, erano disperate. Alla vigilia del matrimonio invocarono la dea che le volle accontentare ed
Ifide
, trasformata in un uomo, sposò felicemente la sua
Iante
.
LIBRO DECIMO
Euridice
morì per il morso di un serpente. Lo sposo
Orfeo
scese negli
Inferi
e con il suo canto convinse
Ade
a rendergli la moglie. Un vincolo, tuttavia, limitava la concessione: finché non fossero giunti all'aperto
Euridice
avrebbe dovuto seguire
Orfeo
e questi astenersi dal guardarla. Ma l'ansia per i pericoli del sentiero spinse il cantore a voltarsi per controllare che la sposa fosse ancora con lui ed
Euridice
fu perduta per sempre.
Da allora
Orfeo
non volle più unirsi ad altre donne e vagò cantando il suo dolore. Descrivendolo mentre canta affascinando anche gli alberi,
Ovidio
prende spunto per narrare altri miti: quello di
Ciparisso
, trasformato in cipresso per il dolore di aver involontariamente ucciso un cervo suo amico, quello di
Ganimede
rapito da
Giove
e divenuto coppiere degli dei, quello di
Giacinto
involontaramente ucciso da
Apollo
e trasformato in un fiore.
Le donne della città di
Amatunte
offesero
Venere
che le rese di pietra. Sdegnato per il loro comportamento,
Pigmalione
re di
Cipro
viveva da solo senza cercare una moglie. Scolpì una statua d'avorio di
Venere
, così bella che se ne innamorò e prese a vezzeggiarla come fosse stata viva. Infine
Venere
, commossa, diede vita alla statua. Dall'unione di
Pigmalione
con la sua sposa nacque
Pafo
che fu padre di
Cinira
.
Cinira
sposò
Cencreide
e ne nacque una figlia che ebbe nome
Mirra
. Cresciuta,
Mirra
si innamorò del proprio padre ed
Ovidio
descrive i tormenti della giovane combattuta fra l'orrore dell'incesto e la passione. Infine
Mirra
tentò il suicidio ma fu fermata dall'anziana nutrice che, con molte difficoltà, riuscì a farsi confessare il motivo di tanta disperazione.
La nutrice organizzò l'incontro approfittando del fatto di trovare
Cinira
ubriaco dopo un giorno di festa. L'unione fu ripetuta nelle notti successive finché
Cinira
, volendo vedere il viso della sua amante, accese il lume.
Cinira
brandì la spada sconvolto, ma
Mirra
fuggì e dopo aver a lungo vagato implorò gli dei di mettere fine alle sue sofferenze ma di punire la sua colpa "negandole il regno dei vivi e quello dei morti". Gli dei esaudirono la sua preghiera trasformandola nell'albero che secerne la resina aromatica che prese il suo nome.
Quando il tempo fu giunto il figlio dell'incesto di
Cinira
e
Mirra
nacque dall'albero che era diventata la madre. Era un bambino bellissimo, fu chiamato
Adone
e quando fu giovinetto della sua bellezza si innamorò
Venere
.
Con una tecnica che gli è peculiare,
Ovidio
intreccia due miti: quello di
Adone
e quello di
Atalanta
, quest'ultimo viene infatti narrato da
Venere
ad
Adone
mentre i due amoreggiano in un prato.
La bella
Atalanta
aveva saputo da un oracolo che il matrimonio le sarebbe stato fatale ed essendo velocissima dichiarò che avrebbe sposato solo colui che l'avesse vinta nella corsa mentre i pretendenti sconfitti avrebbero dovuto morire.
Queste gare nuziali costarono la vita a molti giovani, ma quando a sfidarla fu il bellissimo
Ippomene
,
Atalanta
esitò.
Ippomene
chiese aiuto a
Venere
che gli diede tre mele d'oro, lasciandole cadere durante la gara egli distrasse
Atalanta
e riuscì a superarla.
Ippomene
ed
Atalanta
si sposarono ma dimenticarono di offrire sacrifici a
Venere
per ringraziarla del suo intervento. Indignata la dea suscitò nei due un'improvvisa libidine spingendoli ad accoppiarsi in un luogo consacrato. Per punirli del sacrilegio
Cibele
li trasformò in due leoni.
Terminato il racconto
Venere
raccomandò ad
Adone
di non rischiare la vita nella caccia e di guardarsi dalle belve feroci, quindi si allontanò.
Ma
Adone
non ascoltò i consigli dell'amante divina e volle cacciare un feroce cinghiale che lo ferì a morte.
Venere
tornò indietro richiamata dai lamenti del moribondo e per eternarne la memoria lo trasformò in un fiore effimero e bellissimo del colore del sangue, l'anemone. Nell'operare la metamorfosi di
Adone
,
Venere
accenna al mito di
Minte
, la concubina di
Ade
trasformata da
Core
in una pianta di menta.
LIBRO UNDICESIMO
Le
baccanti
di
Tracia
offese con
Orfeo
che le aveva respinte, trovandolo a cantare in solitudine lo aggredirono e lo uccisero. Il corpo del cantore fu smembrato e la testa cadde nelle acque dell'
Ebro
insieme alla cetra. Il fiume e poi il mare portarono testa e strumento alle rive di
Lesbo
dove
Apollo
pietrificò un serpente che stava per mordere il capo del poeta.
Bacco
punì le
Menadi
che avevano ucciso
Orfeo
trasformandole in alberi.
L'accenno a
Bacco
è occasione per narrare le vicende del re
Mida
al quale il dio offrì un dono per aver ospitato il suo compagno
Sileno
.
Mida
chiese che il suo tocco potesse mutare qualsiasi oggetto in oro ma presto dovette pentirsi perché il prodigio gli impediva di nutrirsi e dissetarsi. Chiese umilmente perdono per la sua avidità e di nuovo
Bacco
lo accontentò togliendogli il dono.
Ma
Mida
era uno stolto e non perdeva occasione per dimostrarlo: assistendo ad una contesa musicale fra
Pan
ed
Apollo
fu il solo fra molti ad assegnare la vittoria al primo.
Apollo
lo punì facendogli crescere un paio di orecchie d'asino.
Mida
se ne vergognava e tentava di celarle con un copricapo ma le vide un servo che, non riuscendo a tacere, bisbigliò il segreto in una fossa scavata nel terreno. Ne nacquero canne che presero a sussurrare al vento il segreto delle orecchie di
Mida
.
In seguito
Apollo
e
Nettuno
costruirono le mura di
Troia
per il re
Laomedonte
ma questi rifiutò di pagare il compenso pattuito. Lo punì
Nettuno
che inondò le sue terre e pretese che
Esione
, figlia di
Laomedonte
, fosse esposta ad un mostro marino.
Ercole
liberò
Esione
ma vedendosi negare a sua volta il compenso espugnò
Troia
.
Proteo
aveva predetto che un figlio nato da
Tetide
sarebbe stato più forte del padre.
Giove
, che pur amava
Tetide
, decise che sposasse
Peleo
, ma
Tetide
si negava alle brame del promesso sposo mutando di forma.
Proteo
soccorse
Peleo
consigliandogli di legare
Tetide
e di attendere che avesse esaurito il repertorio delle sue trasformazioni, così
Peleo
riuscì ad unirsi alla dea ed
Achille
fu concepito.
Peleo
aveva ucciso il fratello
Foco
ed era fuggito a
Trachis
dove regnava
Ceice
. Questi raccontò la storia del fratello
Dedalione
che aveva avuto una figlia bellissima di nome
Chione
. Amata nella stessa notte da
Apollo
e
Mercurio
,
Chione
aveva generato due gemelli:
Autolico
da
Mercurio
e
Filammone
da
Apollo
.
Più tardi aveva offeso
Diana
che l'aveva uccisa con una freccia e
Dedalione
per il dolore si era gettato da un monte ma
Apollo
commosso lo aveva mutato in sparviero.
Al termine del racconto di
Ceice
giunse un mandriano ad avvertire che un enorme lupo faceva strage del bestiame.
Ceice
intuì che la belva era stata inviata dalla
nereide
Psamate
, madre di
Foco
, ed offrì sacrifici per placarla.
Ceice
decise quindi di recarsi a consultare l'oracolo per trovare scampo al proprio rimorso ma la moglie
Alcione
, turbata da un tragico presentimento, non voleva lasciarlo partire.
Ceice
le promise di tornare al più presto e si imbarcò ma durante il viaggio fece naufragio e morì annegato.
Giunone
si commosse nell'osservare la trepida ma inutile attesa di
Alcione
ed inviò
Iride
dal
Sonno
perché mandasse alla vedova un sogno veritiero.
Il
Sonno
inviò
Morfeo
che apparve in sogno ad
Alcione
con l'aspetto di
Ceice
e le svelò la triste verità.
Alcione
decise di morire a sua volta gettandosi in mare ma arrivata alla spiaggia vide affiorare il cadavere dello sposo e mentre si tuffava per raggiungerlo entrambi furono mutati in alcioni.
Assistendo per caso al prodigio, due vecchi parlarono fra loro di un'analoga metamorfosi, quella di
Esaco
, figlio di
Priamo
, che venne mutato in uccello. Colpito dalla bellezza della
ninfa
Asterope
, figlia del fiume
Cebreno
,
Esaco
l'aveva inseguita ma mentre fuggiva la
ninfa
fu morsa da un serpente e ne morì. Per il rimorso di aver causato la sua morte
Esaco
si gettò in mare ma
Teti
attenuò la sua caduta e lo trasformò in uno smergo, uccello che si tuffa in profondità.
LIBRO DODICESIMO
Ignaro della trasformazione,
Priamo
celebrò le esequie di
Esaco
con tutti gli altri figli ad eccezione di
Paride
.
Fu
Paride
a causare la guerra di
Troia
(con il ratto di
Elena
). I
Greci
reagirono immediatamente radunandosi in
Aulide
. Qui
Calcante
, osservando un serpente che razziava un nido, predisse nove anni di guerra. Lo stesso
Calcante
avvertì che la mancanza di vento che impediva la partenza delle navi dipendeva dall'ira di
Diana
che si sarebbe potuta placare solo con il sacrificio di una vergine. Ma la dea volle salvare
Ifigenia
scambiandola segretamente con una cerva, il vento tornò ed i
Greci
partirono.
Al primo scontro cadde
Protesilao
ucciso da
Ettore
, ma presto i
Greci
(soprattutto
Achille
) dimostrarono il loro valore.
Ovidio
descrive il lungo duello fra
Achille
e
Cicno
figlio di
Nettuno
, entrambi invulnerabili. Non riuscendo a ferire l'avversario
Achille
lo incalzò fino a farlo cadere quindi lo strangolò ma quando volle spogliarlo dell'armatura non trovò il corpo di
Cicno
che era stato mutato in cigno per volere del padre.
Durante il duello
Achille
, stupito dalla resistenza dell'avversario, ricorda alcune precedenti imprese rievocando la presa di
Lirnesso
e
Tenedo
ed i combattimenti contro
Eezione
e
Telefo
.
Durante una tregua si svolse un banchetto ed il vecchio
Nestore
raccontò ai commensali la storia di
Ceneo
che era stato donna (
Cenis
).
Nettuno
l'aveva violentata, quindi le aveva accordato di esprimere un desiderio e
Cenis
aveva chiesto di diventare uomo per non dover subire mai più simili oltraggi.
Nettuno
l'aveva accontentata aggiungendo il dono dell'invulnerabilità.
Nestore
raccontò anche delle nozze di
Piritoo
ed
Ippodamia
: durante il banchetto nuziale il
centauro
Eurito
tentò di rapire la sposa,
Teseo
intervenne e ne nacque una rissa nella quale molti
centauri
vennero uccisi.
I
Centauri
alle nozze di
Piritoo
Eurito
ucciso da
Teseo
Amico
uccide
Celadonte
, viene ucciso da
Pelate
Grineo
uccide
Brotea
e
Orio
, viene accecato da
Essadio
Carasso
, uccide involontariamente il
centauro
Comete
, viene ucciso da
Reto
Comete
, ucciso da
Carasso
Evagro
ucciso da
Reto
Corito
ucciso da
Reto
Driante
uccide
Reto
,
Orneo
,
Licabante
,
Medonte
,
Pisenore
,
Taomante
,
Mermero
,
Folo
,
Melaneo
,
Abante
Astilo,
Eurinomo
,
Licida
,
Atreo
,
Imbreo
,
Creneo
Forbante
uccide
Afida
Petreo
ucciso da
Piritoo
Lico
ucciso da
Piritoo
Cromi
ucciso da
Piritoo
Dicti
ucciso da
Piritoo
Elope
ucciso da
Piritoo
Afareo
ucciso da
Teseo
Bienore
ucciso da
Teseo
Nedimmo
ucciso da
Teseo
Licope
ucciso da
Teseo
Ippaso
ucciso da
Teseo
Rifeo
ucciso da
Teseo
Timeo
ucciso da
Teseo
Demoleonte
tenta di uccidere
Teseo
ma colpisce
Crantore
, viene ucciso da
Peleo
Crantore
ucciso involontariamente da
Demoleonte
Flegreo
ucciso da
Peleo
Ile
ucciso da
Peleo
Ifinoo
ucciso da
Peleo
Clani
ucciso da
Peleo
Dorila
ucciso da
Peleo
Cillaro
ucciso da un giavellotto vagante
Ilonome
, moglie di
Cillaro
, si uccide sul cadavere del marito
Feocome
uccide
Tectafo
e viene ucciso da
Nestore
Ctonio
ucciso da
Nestore
Telebas
ucciso da
Nestore
Pireto
ucciso da
Perifonte
Echeclo
ucciso da
Ampice
Erigdupo
ucciso da
Macareo
Nesso
uccide
Cimelo
Odite
ucciso da
Mopso
Stifelo
ucciso da
Ceneo
Bromo
ucciso da
Ceneo
Antimaco
ucciso da
Ceneo
Elimo
ucciso da
Ceneo
Piracte
ucciso da
Ceneo
Latreo
uccide
Aleso
e viene ucciso da
Ceneo
Monico
incita i fratelli ad attaccare insieme
Ceneo
Durante la lotta, la cui descrizione occupa buona parte del libro dodicesimo,
Ceneo
si scontrò con molti
centauri
che non riuscendo a ferirlo con i loro colpi lo coprirono con un cumulo di travi togliendogli il respiro ma, secondo l'indovino
Mopso
,
Ceneo
venne trasformato in uccello e si salvò.
Al termine del racconto di
Nestore
,
Tlepolemo
protesta perché non è stato ricordato suo padre
Ercole
, ma
Nestore
spiega che ne ha taciuto perché non può lodare le gesta di un nemico e tale considera
Ercole
che ha conquistato
Pilo
ed ucciso i suoi undici fratelli, fra i quali era
Periclimene
. Questi aveva avuto da
Nettuno
la capacità di assumere forme animali ed
Ercole
lo aveva ucciso con una freccia mentre volava trasformato in aquila.
L'uccisione di
Cicno
e la distruzione di
Troia
avevano attirato su
Achille
l'odio di
Nettuno
che esortò
Apollo
ad uccidere l'eroe.
Apollo
lo esaudì guidando la freccia di
Paride
che fu fatale ad
Achille
.
LIBRO TREDICESIMO
I comandanti greci si riunirono per decidere a chi assegnare le armi di
Achille
.
Aiace
si fece avanti per contenderle ad
Ulisse
accampando il merito delle proprie imprese e di quelle degli antenati
Telamone
ed
Eaco
, oltre ad un legame di parentela con
Achille
.
Paragonava il proprio eroismo alle tortuose astuzie di
Ulisse
e ricordava come questi avesse tentato di sfuggire all'arruolamento fingendosi pazzo finché
Palamede
non aveva svelato l'inganno.
Infine
Aiace
avanzò un'audace proposta: che si gettassero le armi di
Achille
fra i nemici e le si aggiudicasse a chi fosse stato in grado di riprenderle.
Ulisse
iniziò la sua replica negando l'importanza della parentela in quanto erano in vita parenti più stretti:
Peleo
padre di
Achille
e
Pirro
suo figlio.
Passò quindi ad enumerare le proprie imprese. Prima della guerra
Teti
, conoscendo il destino del figlio, lo aveva nascosto fra le donne ed era stato
Ulisse
a scoprirlo e a destare in lui il desiderio di gloria. Per questo motivo
Ulisse
si considerava patrono e fautore delle successive gesta di
Achille
, dalla vittoria su
Telefo
a quella su
Ettore
, dalla conquista di
Tenedo
a quella di
Troia
.
Ulisse
difese anche la propria facondia, vilipesa da
Aiace
, e ricordò come in molte occasioni tutti gli
Achei
ne avessero beneficiato.
L'
Itacense
vantò ancora l'uccisione di
Dolone
, di
Reso
,
Sarpedone
,
Cerano
,
Alastore
,
Cromio
e molti altri.
Ad
Aiace
, che lo aveva accusato dell'abbandono di
Filottete
,
Ulisse
rispose che si era trattato soltanto di un saggio consiglio ma che sarà ancora lui, non il
Telamonio
, a ritrovare il compagno sofferente e le sue frecce necessarie per la vittoria finale come prescritto dal fato.
Dopo aver ricordato di aver compiuto con
Diomede
il ratto del
Palladio
sottraendo ai
Troiani
la protezione di
Atena
,
Ulisse
concluse la sua replica.
Commossi dall'eloquenza di
Ulisse
, i
Greci
gli assegnarono il premio ma
Aiace
, non sopportando l'umiliazione, si uccise con la propria spada. Dalla terra bagnata dal suo sangue nacque un fiore uguale a quello di
Giacinto
: le lettere che si vedono in quel fiore ricordano il lamento di
Giacinto
ed il nome di
Aiace
.
Ulisse
partì quindi per recuperare
Filottete
e le sue frecce ed al suo ritorno si pose finalmente termine alla guerra con la caduta di
Troia
.
Morto
Priamo
, molte troiane furono fatte schiave ed
Astianatte
fu precipitato da una torre. La regina
Ecuba
riuscì a piangere fra i sepolcri dei figli prima di essere catturata da
Ulisse
.
Il figlio minore di
Priamo
ed
Ecuba
,
Polidoro
, viveva presso il re di
Tracia
Polimestore
al quale era stato affidato dai genitori per sottrarlo alla guerra; ma quando
Polimestore
seppe della fine di
Troia
uccise
Polidoro
per prendere i suoi beni.
Durante il viaggio di ritorno, mentre costeggiavano la
Tracia
, apparve ai
Greci
l'ombra di
Achille
che esigeva il sacrificio di
Polissena
.
Polissena
affrontò il supplizio con grande coraggio e chiese soltanto che il suo corpo fosse reso alla madre senza riscatto.
Quando la nave raggiunse la costa della
Tracia
,
Ecuba
scoprì il cadavere di
Polidoro
gettato sulla scogliera dal suo assassino. Avida di vendetta attirò
Polimestore
fingendo di volergli consegnare altro oro per suo figlio, il traditore cadde nel tranello ed
Ecuba
lo uccise con l'aiuto di tutte le Troiane smembrando orrendamente il suo corpo. Quando stava per essere a sua volta uccisa dai
Traci
Ecuba
fu tramutata in una cagna e la sua sorte commosse anche i nemici e gli dei.
Intanto
Aurora
, che piangeva la morte del figlio
Memnone
ucciso da
Achille
, pregava
Giove
perché fossero tributati onori al caduto.
Giove
l'accontentò facendo nascere dalla pira funebre due stormi di
uccelli memnonidi
che fecero guerra fra loro.
Ma il fato voleva che la stirpe troiana sopravvivesse, così
Enea
partì con il padre
Anchise
ed il figlio
Ascanio
. Durante il viaggio fecero tappa a
Delo
dove
Anchise
ritrovò il vecchio amico
Anio
, figlio e sacerdote di
Apollo
, che raccontò le sue vicende.
Il figlio
Andro
era partito per fondare un nuovo regno nell'isola a cui aveva dato il proprio nome mentre le figlie avevano avuto il dono di mutare le cose in cibo e vino ma
Agamennone
le aveva rapite per costringerle a sfamare il suo esercito. Infine
Bacco
le aveva liberate mutandole in colombe.
Al momento del commiato,
Anio
aveva donato ad
Enea
una coppa istoriata con scene dei funerali delle figlie di
Orione
che avevano accettato di sacrificarsi per liberare
Tebe
dalla carestia.
Il viaggio di
Enea
proseguì:
Creta
, le
isole Strofadi
,
Itaca
,
Samo
,
Ambracia
,
Dodona
, la
Feacia
, l'
Epiro
,
Butroto
, la
Sicilia
.
Il giungere delle navi presso lo stretto fra
Scilla
e
Cariddi
è occasione per
Ovidio
di narrare altre leggende:
Scilla
era una vergine molto bella e contesa fra numerosi pretendenti.
Il poeta immagina un dialogo fra
Scilla
e
Galatea
, quest'ultima narra del suo infelice amore per
Aci
, figlio di
Fauno
e della
ninfa
Simeta
, ostacolato dal feroce
Polifemo
che arde di passione per lei.
Ovidio
inserisce qui una sorta di serenata che il
ciclope
dedica a
Galatea
vantando con grossolana ingenuità il suo gregge, i frutti della sua terra e perfino il suo selvaggio aspetto e manifestando minacciosamente la sua gelosia nei confronti di
Aci
.
Galatea
ricorda infine come
Polifemo
, sorpreso
Aci
con lei, lo uccise scagliando un masso e come il giovane fu trasformato nel fiume che porta il suo nome.
Terminato il colloquio con
Galatea
,
Scilla
prese a contemplare il mare e scorse
Glauco
, con la coda di pesce e le lunghe chiome verdi. Spaventata fuggì su un'altura ma
Glauco
, ammirandola, la chiamò rassicurandola e le raccontò la sua storia.
Era stato un pescatore finchè un giorno, dopo aver sparso i pesci catturati su un prato per contarli, aveva assistito ad un prodigio inaudito: i pesci avevano preso a muoversi sull'erba e a saltare finché non erano tornati in acqua.
Glauco
aveva sospettato che il portento fosse dovuto ad una speciale qualità dell'erba e ne aveva colto un ciuffo per assaggiarla. Subito era stato preso da un irresistibile bisogno di entrare in mare.
Oceano
e
Teti
lo avevano accolto e con un misterioso rituale lo avevano trasformato in un essere marino e immortale: le sue membra erano diventate cerulee, verdi le chiome e la barba, le gambe tramutate in coda di pesce.
Il racconto di
Glauco
e la sua natura divina non sedussero
Scilla
che senza parlare si allontanò dalla spiaggia.
Glauco
, offeso per quel rifiuto, decise di rivolgersi a
Circe
.
LIBRO QUATTORDICESIMO
Attraverso il
Tirreno
Glauco
giunse al palazzo di
Circe
e chiese alla maga un filtro che facesse innamorare
Scilla
di lui.
Circe
, a sua volta invaghita di
Glauco
, cercò di dissuaderlo ma l'insistenza del nume marino la fece adirare con la rivale e la convinse a preparare una pozione.
Con i suoi veleni
Circe
infettò il luogo dove
Scilla
soleva bagnarsi e infatti quando la giovane entrò in acqua fu improvvisamente trasformata in un mostro.
Scilla
, nel suo nuovo corpo, riuscì ad uccidere parte dei compagni di
Ulisse
prima di diventare la roccia che ancora sovrasta lo stretto.
Dopo aver superato quello stretto le navi troiane furono spinte dal vento sui lidi della
Libia
. Quì
Enea
amò ed abbandonò
Didone
che si tolse la vita sul rogo, ripartì e sbarcò ad
Erice
dove celebrò i giochi funebri in onore di
Anchise
.
Proseguendo il viaggio
Enea
costeggiò
Pitecusa
dove vivevano bizzarri animali simili all'uomo: si trattava dei
Cercopi
, briganti e spergiuri che
Giove
aveva punito trasformandoli in scimmie.
Superò
Partenope
,
Miseno
,
Cuma
e raggiunse l'antro della
Sibilla
alla quale chiese di visitare l'
Averno
. Dopo aver accompagnato negli
Inferi
la
Sibilla
raccontò ad
Enea
di essere stata amata da
Apollo
che le aveva concesso di vivere mille anni ma, essendo stato respinto, non le aveva donato la giovinezza.
Lasciata la
Sibilla
,
Enea
si avviò verso il luogo che dal nome della sua nutrice sarebbe stato chiamato
Gaeta
. Qui aveva fatto sosta anche il greco
Macareo
, compagno di
Ulisse
che aveva ritrovato in
Sicilia
l'amico
Achemenide
ritenuto morto.
Achemenide
era rimasto a terra quando
Ulisse
e i suoi compagni erano fuggiti dopo aver accecato
Polifemo
. Aveva dovuto a lungo nascondersi per evitare di essere sbranato dal
ciclope
ed era stato tratto in salvo dai profughi troiani casualmente approdati in quei luoghi.
A sua volta
Macareo
raccontò ad
Achemenide
dei venti racchiusi negli otri che
Ulisse
aveva avuto da
Eolo
e di come i compagni, credendoli pieni d'oro, li avevano aperti scatenando la tempesta che li aveva respinti nel porto di
Eolo
.
In seguito erano giunti nella terra dei
Lestrigoni
che guidati dal loro re
Antifate
avevano ucciso molti greci e distrutte le loro navi tranne una. Giunti al lido di
Circe
i superstiti avevano scelto a sorte fra loro chi dovesse esplorare quei luoghi: era toccato allo stesso
Macareo
e a
Polite
,
Euriloco
e
Elpenore
con altri compagni.
Circe
li accolse benevolmente e offrì loro cibo e vino ma vi aggiunse un magico preparato che li trasformò in porci.
Solo
Euriloco
che non aveva bevuto evitò la trasformazione e corse a chiamare
Ulisse
. Istruito da
Mercurio
e protetto da un fiore magico consegnatogli dal dio, l'eroe entrò nella casa di
Circe
, smascherò la maga e la sedusse inducendola a restituire la forma umana ai compagni.
Ulisse
e i compagni rimasero presso
Circe
oltre un anno e
Macareo
racconta di aver notato, in quel periodo, una statua di marmo con un picchio sul capo. Un'ancella gliene aveva narrata la storia. Viveva in
Laurento
un giovane di nome
Pico
che per la sua bellezza era desiderato da tutte le
ninfe
, ma
Pico
ne amava una sola,
Canente
figlia di
Giano
e di
Venilia
dotata di una voce meravigliosa.
Un giorno, mentre
Canente
cantava e
Pico
la ascoltava ammirato,
Circe
scorse il giovane e si innamorò di lui. La maga fece apparire l'immagine di un cinghiale che attirò
Pico
nel folto del bosco e qui gli si offrì ma
Pico
rifiutò seccamente per fedeltà verso
Canente
. Offesa
Circe
operò un sortilegio e mutò
Pico
in un Picchio.
I compagni del giovane che lo cercavano preoccupati, non trovandolo sospettarono un inganno ma prima che potessero compiere qualsiasi azione la maga li trasformò in esseri mostruosi.
Dopo aver vagato inutilmente per sei giorni e sei notti in cerca dello sposo,
Canente
morì di dolore lungo le rive del
Tevere
in un luogo al quale fu dato il suo nome.
Macareo
terminò il suo racconto confessando di essere rimasto in quei luoghi per paura di partecipare alle nuove e sinistre avventure che attendevano
Ulisse
dopo aver lasciato
Circe
.
Dopo aver cremato la salma della nutrice
Caieta
,
Enea
e i suoi compagni risalirono il
Tevere
. In seguito
Enea
dovette ancora combattere per avere il regno e
Lavinia
figlia del re
Latino
. Lottò contro
Turno
re dei
Rutuli
e gli
Etruschi
suoi alleati; gli fu alleato
Evandro
mentre
Turno
chiese ma non ottenne l'aiuto di
Diomede
.
Ai messaggeri di
Turno
,
Diomede
narrò come il ritorno di molti
Greci
fu funestato dall'ira degli dei (scatenata dal sacrilegio di
Aiace di Locri
che aveva violentato
Cassandra
sacerdotessa di
Atena
). Si era salvato,
Diomede
, dal naufragio ma aveva dovuto affrontare tremendi pericoli.
Diomede
aveva una volta ferito
Venere
(
Iliade, canto V
) la quale intendeva vendicare l'affronto, inoltre uno dei compagni di
Diomede
,
Acmone
, assunse un atteggiamento provocatorio irritando la dea che lo trasformò in uccello. Analogo destino toccò a
Lico
,
Ida
,
Abante
e molti altri.
Da
Diomede
il racconto passa ad un'altra favola, quella del pastore pugliese che fu trasformato in oleandro per aver dileggiato e offeso le
ninfe
dei boschi.
Dopo la breve digressione si torna a
Turno
che, nonostante
Diomede
non gli avesse fornito aiuti, si preparava a combattere contro i
Troiani
.
Turno
riuscì ad incendiare le navi di
Enea
ma intervenne
Venere
che per salvare quelle imbarcazioni costruite con il legname del sacro
Monte Ida
, le mutò in
naiadi
marine. Le
ninfe
così nate subito si dedicarono alla loro nuova vita, immemori della loro origine, tuttavia ricordarono i pericoli sofferti in mare e spesso aiutarono i naviganti in difficoltà purché non fossero greci, guardarono infatti soddisfatte la nave di
Alcinoo
che ospitava
Ulisse
mutarsi in pietra.
La prodigiosa metamorfosi delle navi non intimorì
Turno
che continuò a combattere finché
Enea
lo sconfisse. Caduto
Turno
cadde anche
Ardea
sua città e dalle rovine si levò un volatile mai visto prima che di
Ardea
ebbe il nome.
Vinta la guerra e consolidato il potere del figlio sul nuovo regno fu tempo per
Enea
di ricongiungersi alla madre.
Venere
infatti pregò suo padre
Giove
di concedere al figlio un posto fra gli dei e
Giove
accettò.
Venere
scese a
Laurento
e comandò al
fiume Numico
di prendere
Enea
e mondarlo di quanto aveva ancora di mortale, quindi unse la salma con nettare ed
ambrosia
ed
Enea
divenne quel nume che il popolo chiamò
Indigete
.
Ascanio
tenne il regno latino, gli successero
Silvio
,
Latino
,
Alba
,
Epito
,
Capi
,
Capeto
,
Tiberino
,
Remolo
,
Acrota
,
Aventino
,
Proca
.
Durante il regno di
Proca
visse l'
Amadriade
Pomona
, esperta nel curare i giardini e le piante da frutto. Di
Pomona
si innamorarono
Pan
,
Silvano
e
Vertumno
. Quest'ultimo si travestì da contadino, da mietitore, da pescatore finché non trovò il modo di possedere la
ninfa
: trasformatosi in vecchia incontrò
Pomona
nel suo orto, lodò il suo lavoro e le parlò dell'amore di
Vertumno
, per convincerla a concedersi le narrò una storia.
Ifi
di
Cipro
, di stirpe plebea, era innamorato della nobile
Anassarete
ma la giovane si mostrava insensibile all'assiduo corteggiamento di lui. Preso dalla disperazione
Ifi
si impiccò alla sua porta e quando
Anassarete
vide passare il funerale divenne tutta di pietra, come di pietra era stato il suo cuore.
Le parole della vecchia convinsero
Pomona
e quando
Vertumno
riprese il suo aspetto la
ninfa
gli concesse il suo amore.
Regnò più tardi
Amulio
, ma
Numitore
riebbe il trono perduto grazie ai nipoti fondatori di
Roma
.
I
Sabini
di
Tazio
attaccarono
Roma
e
Tarpea
aprì loro le porte, morendo poi sotto le armi nemiche. Anche
Giunone
aiutò i
Sabini
aprendo una porta, solo
Venere
desiderò salvare i
Romani
ma non potendo un dio disfare ciò che era stato fatto da un dio, si rivolse alle
Naiadi
che vivevano presso il tempio di
Giano
che schiusero le fonti e versarono zolfo nelle acque facendo innalzare vapori bollenti che ostacolarono gli invasori dando ai
Romani
il tempo di impugnare le armi.
Romolo
scese in campo e fu grande lo spargimento di sangue sabino e di sangue romano ma infine si scelse di evitare l'ultima strage e si mise fine alla guerra,
Tazio
fu chiamato a condividere il potere.
Morto
Tazio
,
Romolo
regnava solo sui
Romani
e
Sabini
e stava dettando le leggi quando suo padre
Marte
, con il consenso di
Giove
, lo rapì e lo portò nel cielo dove divenne
Quirino
.
Ersilia
, moglie di
Romolo
, lo piangeva come morto ma
Iride
, mandata da
Giunone
, la accompagnò sul
Quirinale
dove una stella cadde nella chioma di
Ersilia
che svanì. Il fondatore di
Roma
accolse la moglie fra le sue braccia e lei divenne Ora, la dea che si venera insieme a
Quirino
.
LIBRO QUINDICESIMO
A
Romolo
successe
Numa Pompilio
, grande erudito. Spinto dalla sua passione per la conoscenza,
Numa
aveva lasciato la nativa
Curi
e aveva visitato
Crotone
per interrogare la gente del posto sull'origine della città.
Gli fu narrato che
Ercole
, in viaggio verso la
Grecia
con la mandria di
Gerione
, aveva sostato in quei luoghi e predetto la fondazione di una città. Infatti molti anni dopo il dio apparve in sogno a
Miscelo
di
Argo
ordinandogli di partire e di cercare il fiume
Esaro
.
Le leggi di
Argo
punivano con la morte chi tentava di emigrare e
Miscelo
che stava partendo fu scoperto e processato. Tutti i giudici votarono per la condanna ponendo nell'urna un sassolino nero ma
Ercole
miracolosamente fece in modo che l'urna risultasse piena di sassolini bianchi.
Miscelo
fu assolto e partì e giunto alla foce dell'
Esaro
trovò la tomba di
Crotone
che aveva ospitato
Ercole
e qui fondò la città dandole il nome del defunto.
Qui visse un uomo di
Samo
, volontario esule che aveva rifiutato la tirannia del suo paese. Costui studiò i segreti del cielo e della natura e insegnò ai suoi discepoli a nutrirsi senza la carne definendo brutale il costume di mangiare gli animali.
Ovidio
si sofferma sui precetti pitagorici narrando che nell'età dell'oro l'umanità si nutriva soltanto dei frutti della terra finché qualcuno, invidioso degli dei, non decise di uccidere. Si prese allora ad abbattere il maiale che danneggiava le sementi, il caprone che brucava le viti, ma anche gli agnelli privi di colpa e i buoi laboriosi.
E per nobilitare tanti delitti l'uomo pretende che quei cibi siano graditi anche agli dei e sacrifica sugli altari le vittime innocenti e mansuete.
Sosteneva
Pitagora
che non si deve temere la morte perché lo
Stige
è solo una favola e l'anima di volta in volta rinasce. Egli stesso ricordava di essere stato
Euforbo
durante la guerra di
Troia
ed affermava di riconoscere ancora lo scudo di quel guerriero che si custodiva in un tempio di
Argo
.
Poiché tutto muta ma nulla mai muore l'anima trasmigra da un essere vivente ad un altro, così mangiando un animale potremmo fare strazio di un nostro antenato.
Nulla è immobile nell'universo, tutto si muove e cambia aspetto, come il sole e la luna che ci appaiono diversi nei vari momenti dei loro percorsi; come l'anno che assume i colori di quattro diverse stagioni.
Anche noi cambiamo durante la vita, da quel germe che fummo nel grembo materno, attraverso tutte le età.
Muta la materia passando da un elemento all'altro: la terra si disfa in acqua, questa evapora in aria e l'aria, perdendo ogni peso, si lancia in alto fra i fuochi celesti, quindi ritornano indietro con ordine inverso.
Anche i luoghi cambiano: il mare avanza e recede, si prosciugano le paludi, la piena dei fiumi riporta la terra nel mare. Alcuni fiumi spariscono sotto la terra e riemergono altrove. Il mare separa terre che diventano isole e altre isole si riuniscono alla costa.
Di altri prodigi narrò ancora il Filosofo: del fonte
Clitorio
che rende astemio chi bene la sua acqua, di laghi etiopici che fanno impazzire quanti vi si bagnano, di un lago d'
Arcadia
con acqua innocua di giorno e velenosa di notte.
Dai corpi dei buoi sacrificati nascono le pecchie che suggono i fiori, dal cavallo le vespe, dal granchio gli scorpioni. I bruchi si mutano in farfalle, in rane i girini.
Ma la
fenice
nota agli
Assiri
vive cinquecento anni, quindi cosparge il suo nido di spezie odorose e vi si lascia morire ma dal suo corpo poco dopo nasce una nuova piccola
fenice
. Infinite sono le mutazioni, insegnava il sapiente, così
Troia
,
Sparta
,
Atene
e
Tebe
sono solo la memoria del loro grande passato mentre
Roma
cresce e sarà un giorno regina del mondo, come un tempo predisse ad
Enea
Eleno
l'indovino.
Numa
tornò dal suo viaggio con la mente colma di questa dottrina ed accettò di reggere il regno. Con il consiglio della
ninfa
Egeria
sua moglie e delle
Camene
insegnò i riti sacri e predicò la pace.
Quando
Numa
morì molto anziano,
Egeria
si nascose fra la boscaglia del piano aricino per piangere la sua perdita. Fra i tanti che tentarono di consolarla fu
Ippolito
figlio di
Teseo
che le ricordò la sua storia per recarle conforto.
Fedra
sua matrigna non era riuscita a sedurlo e lo aveva accusato della sua stessa colpa davanti a
Teseo
. Mentre
Ippolito
fuggiva esule con il suo carro un gran toro uscito dal mare spaventò i suoi cavalli che fuggirono trascinando il carro alla rovina. Sbalzato a terra,
Ippolito
era morto per atroci ferite ed era disceso nell'
Ade
.
Diana
, sua protettrice, chiese ad
Esculapio
di risuscitare
Ippolito
, quindi per proteggerlo mutò il suo aspetto e cambiò il suo nome in
Virbio
. Lo portò quindi nei boschi di
Aricia
dove serviva il culto della dea della caccia come nume minore.
Ippolito
non riuscì a consolare
Egeria
che continuò a piangere finché
Diana
non la trasformò in fonte perenne.
Ippolito
e le
ninfe
rimasero allibiti davanti a quella mutazione, come quel contadino che vide la terra trasformarsi in un uomo che fu chiamato
Tage
ed insegnò agli
Etruschi
l'arte divinatoria o come
Romolo
che vide la sua lancia confitta nel suolo trasformarsi in una pianticella o ancora come
Cipo
che guardandosi riflesso in un fiume si scoprì dotato di corna.
Cipo
consultò un indovino che predisse che sarebbe divenuto re di
Roma
, pur di non diventare un tiranno
Cipo
informò il popolo ed il Senato dell'accaduto e scelse l'esilio volontario. Per gratitudine i senatori gli donarono tanta terra quanta poteva ararne in un giorno e gli si dedicò una statua.
Quando una tremenda epidemia colpì il
Lazio
, i
Romani
si rivolsero all'oracolo di
Delfi
che ordinò loro di chiamare
Esculapio
. I senatori inviarono messaggeri ad
Epidauro
per pregare i capi di quella città di consegnare loro il nume. Sulla richiesta furono espressi pareri contrastanti e la decisione fu rinviata al giorno successivo.
Durante la notte uno dei messaggeri sognò
Esculapio
che prometteva di seguirlo trasformato in serpente. Al mattino, infatti, si trovò nel tempio un grande serpente che i fedeli adorarono genuflessi. Il serpente lasciò il tempio e strisciò fino al porto dove prese posto sulla nave dei
Romani
.
Accolto dal popolo in festa il serpente giunse a
Roma
e sbarcò sull'
Isola Tiberina
, qui riprese il suo aspetto divino ed ordinò che cessasse la peste.
Così lo straniero
Esculapio
entrò nei templi di
Roma
dove ora
Cesare
è dio, più per l'essere padre di
Augusto
che per la gloria delle sue imprese.
Quando
Venere
seppe che il destino di
Cesare
stava per compiersi cercò aiuto dagli altri dei ma invano perché neanche gli dei possono opporsi ai decreti delle
Parche
.
La morte di
Cesare
fu preceduta da funesti presagi; mentre l'ora fatale si avvicinava
Venere
si preparava a salvare
Cesare
nascondendolo in una nuvola come aveva fatto una volta con
Paride
, ma
Giove
le parlò del destino che aveva deciso altrimenti e di come
Cesare
sarebbe divenuto un dio, di come il figlio lo avrebbe vendicato per poi regnare incontrastato e pacifico sul mondo intero. Le suggerì quindi di prendere l'anima di
Cesare
e di trasfromarla in una stella, così
Venere
scese non vista in senato e preso con se lo spirito del generale lo recò in cielo dove divenne cometa.
Con un passo encomiastico nei confronti di
Augusto
ed una preghiera agli dei perchè prolunghino la vita dell'imperatore,
Ovidio
conclude il suo poema, ma è consapevole di aver conquistato con quest'opera fama eterna e sa che anche dopo la morte per questa fama
si quid habent veri vatum presagia, vivam!
(se c'è del vero nei presagi dei vati, vivrò).